Concilio Vaticano II

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Breve storia

L'annuncio ufficiale dell'indizione di un concilio venne dato da papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, a soli tre mesi dalla sua elezione al soglio pontificio, nella Basilica di San Paolo fuori le mura, insieme all'annuncio di un sinodo della diocesi di Roma e dell'aggiornamento del Codice di Diritto Canonico: «Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri! Pronunciamo innanzi a voi, certo tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta della duplice celebrazione: di un Sinodo Diocesano per l'Urbe, e di un Concilio ecumenico per la Chiesa universale.»

Il 16 maggio 1959 venne nominata la commissione antepreparatoria, presieduta dal cardinale Domenico Tardini, la quale consultò tutti i cardinali, i vescovi cattolici, le congregazioni romane, i superiori generali delle famiglie religiose cattoliche, le università cattoliche e le facoltà teologiche, per chiedere suggerimenti sugli argomenti da trattare. In dicembre il papa dichiarò inoltre che il concilio non sarebbe stato considerato una prosecuzione del Concilio Vaticano I (sospeso, ma non concluso, nel 1870) ma avrebbe avuto una propria fisionomia; fu tuttavia chiaro subito che uno dei principali compiti del Concilio sarebbe stato il completamento della riflessione sulla Chiesa, sia nel rapporto con il mondo sia nella definizione della sua identità e natura, già avviata dal Vaticano I con la costituzione Pastor Aeternus e poi interrotta. Nel 1960 venne poi nominata la commissione preparatoria, presieduta dallo stesso papa, la quale definì gli argomenti da trattare durante le sessioni plenarie del Concilio.

Nel settembre 1959, la Penitenzieria Apostolica concesse l'indulgenza per la preghiera ufficiale di invocazione dello Spirito Santo sui padri conciliari. Tale atto segnò l'inizio di un esteso periodo di preghiera in preparazione dei lavori del Vaticano II.

Il 25 dicembre 1961 Giovanni XXIII firmò la costituzione apostolica Humanae Salutis con la quale indiceva ufficialmente il concilio; il 2 febbraio 1962 promulgò infine il motu proprio Consilium con il quale stabiliva il giorno di apertura dello stesso: la data scelta fu l'11 ottobre 1962, che secondo le parole dello stesso papa «si ricollega al ricordo del grande Concilio di Efeso, che ha la massima importanza nella storia della Chiesa».

Il 1º luglio 1962 pubblicò inoltre l'enciclica Paenitentiam Agere, nella quale si invitavano clero e laicato a «prepararsi alla grande celebrazione conciliare con la preghiera, le buone opere e la penitenza», ricordando che nella Bibbia «ogni gesto di più solenne incontro tra Dio e l'umanità è stato sempre preceduto da un più suadente richiamo alla preghiera e alla penitenza».

Il Concilio fu aperto ufficialmente l'11 ottobre 1962 all'interno della basilica di San Pietro in Vaticano con cerimonia solenne. In tale occasione, papa Giovanni pronunciò il celebre discorso Gaudet Mater Ecclesia ("Gioisce la Madre Chiesa") nel quale indicò quale fosse lo scopo principale del concilio: «[…] occorre che questa dottrina certa ed immutabile, alla quale si deve prestare un assenso fedele, sia approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Altro è infatti il deposito della Fede, cioè le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altro è il modo con il quale esse sono annunziate, sempre però nello stesso senso e nella stessa accezione

Il sinodo si caratterizzò pertanto subito per una marcata natura "pastorale": non si proclamarono nuovi dogmi (benché siano stati affrontati dogmaticamente i misteri della Chiesa e della Rivelazione), ma si vollero interpretare i "segni dei tempi" (Matteo 16, 3); la Chiesa avrebbe dovuto riprendere a parlare con il mondo, anziché arroccarsi su posizioni difensive.

Nello stesso discorso Roncalli si rivolse anche ai «profeti di sventura», gli esponenti della Curia e del clero più avversi all'idea di celebrare un Concilio: «Nelle attuali condizioni della società umana essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti Concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa»

Fu un vero e proprio Concilio "ecumenico": raccolse quasi 2500 fra cardinali, patriarchi e vescovi cattolici da tutto il mondo. Al momento dell'apertura, il vescovo più anziano era l'italiano mons. Alfonso Carinci, di 100 anni, arcivescovo titolare di Seleucia di Isauria, segretario emerito della Sacra Congregazione dei Riti, nato a Roma il 9 novembre 1862 e ivi morto il 6 dicembre 1963. Il più giovane era il peruviano mons. Alcides Mendoza Castro, 34 anni, vescovo titolare di Metre, ausiliare di Abancay, nato a Mariscal Cáceres il 14 marzo 1928, consacrato vescovo il 28 aprile 1958 e morto a Lima il 20 giugno 2012.

Fu la prima vera occasione per conoscere realtà ecclesiali fino a quel momento rimaste ai margini della Chiesa. Infatti, nel corso dell'ultimo secolo la Chiesa cattolica da eurocentrica si era andata caratterizzando sempre più come una Chiesa universale, soprattutto grazie alle attività missionarie avviate durante il pontificato di Pio XI.

La diversità non era più rappresentata dalle sole Chiese cattoliche di rito orientale, ma anche dalle Chiese latino-americane e africane, che chiedevano maggiore considerazione per la loro "diversità". Non solo: al Concilio parteciparono per la prima volta, in qualità di osservatori, anche esponenti delle altre confessioni cristiane diverse da quella cattolica, come ad esempio quelle ortodosse e protestanti. Tuttavia, Giovanni XXIII e Paolo VI affermarono che il concilio non avrebbe dovuto proclamare nessuna nuova verità dogmatica cui credere sotto pena di peccato e tale da necessitare dell'assistenza infallibile dello Spirito Santo.

La morte di papa Giovanni XXIII, avvenuta il 3 giugno del 1963, spinse molti, vista la ritrosia di alcuni vescovi conservatori nel continuare le discussioni, a ritenere opportuno di sospenderne i lavori. Questa ipotesi venne meno con l'elezione al soglio pontificio dell'arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini (papa Paolo VI) il quale, nel suo primo radiomessaggio del 22 giugno 1963, parlò della continuazione del concilio come dell'«opera principale» e della «parte preminente» del suo pontificato, facendo così propria la volontà del predecessore.

Nel suo primo discorso da pontefice ai padri conciliari, Montini indicò inoltre quali fossero gli obiettivi primari del sinodo: Definire più precisamente il concetto di Chiesa; Il rinnovamento della Chiesa cattolica; La ricomposizione dell'unità fra tutti i cristiani; Dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo.

Chiusura

Dopo quattro sessioni di lavoro, il concilio venne chiuso l'8 dicembre 1965. Durante l'ultima seduta pubblica, nella sua allocuzione ai padri conciliari, il papa spiegò come il concilio avesse rivolto «la mente della Chiesa verso la direzione antropocentrica della cultura moderna», senza che però questo interesse fosse disgiunto «dall'interesse religioso più autentico», soprattutto a motivo del «collegamento [...] dei valori umani e temporali con quelli propriamente spirituali, religiosi ed eterni: [la Chiesa] sull'uomo e sulla terra si piega, ma al regno di Dio si solleva».

Il giorno successivo vennero indirizzati dal papa otto messaggi al mondo: ai padri conciliari, ai governanti, agli intellettuali (consegnato simbolicamente a Jacques Maritain), agli artisti, alle donne, ai lavoratori, ai poveri e agli ammalati, ai giovani