Debolezza del sistema manifatturiero
Il fatturato manifatturiero è risultato in sostanziale stagnazione nei primi undici mesi del 2019 (-0.2% tendenziale, a valori correnti), nonostante la crescita dei prezzi (+0.6%).
L’andamento del giro d’affari ha risentito di una domanda interna ancora debole, con la tenuta dei consumi delle famiglie che si è accompagnata a segnali contrastanti dal lato degli investimenti. In particolare, la dinamica positiva delle costruzioni (dopo anni di prolungata crisi edilizia) non si è dimostrata sufficiente per trainare l’attività industriale, data la debolezza degli investimenti in beni strumentali.
Il comportamento attendista delle imprese è stato accentuato dal clima di forte incertezza che caratterizza il contesto operativo, a cominciare, sul fronte domestico, dalla mancanza di continuità nei contenuti del pacchetto di incentivi a sostegno della trasformazione in chiave 4.0. Sul fronte estero, ha giocato un ruolo fondamentale il peggioramento del quadro geopolitico, con l’acuirsi delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, che ha determinato una brusca frenata del commercio mondiale.
Il deterioramento della domanda estera ha penalizzato anche le esportazioni italiane di beni manufatti: la crescita del 2.8% nel periodo gennaio-ottobre 2019 risulta interamente imputabile alla dinamica dei prezzi. Decisamente contenuto il contributo dell’Ue (+0.8%). In particolare, un apporto negativo è giunto dai nuovi paesi Ue, dove nel tempo è stata dislocata parte della produzione dei colossi automobilistici europei.
Si protrae, infatti, una situazione di debolezza traversale all’industria europea, che ha epicentro nell’automotive. Il settore sta affrontando una transizione difficile verso il mondo elettrico, dettata anche da normative ambientali europee sempre più stringenti. Ne è scaturita una fase di rallentamento dei livelli di attività settoriali, che ha colpito soprattutto la Germania, dove l’automotive e l’annessa filiera hanno un peso rilevante per l’attività manifatturiera complessiva. Data la centralità della Germania nella macchina produttiva europea, anche le catene produttive internazionali ne sono state intaccate, con effetti a cascata che hanno interessato alcuni fornitori strategici come l’Italia.
Non tutti i settori manifatturieri hanno risentito allo stesso modo del quadro fin qui delineato. In termini di evoluzione del fatturato a valori correnti nel periodo gennaio-novembre 2019, il settore più dinamico è stato quello dei Prodotti e materiali da costruzione (+5.8% tendenziale), in vivace recupero dai livelli di minimo toccati durante la crisi edilizia. Un importante sostegno è giunto dalla ripartenza dell’edilizia residenziale nuova e delle opere pubbliche, che si affiancano alla buona tenuta del segmento ristrutturazioni.
Sopra la media la performance dei settori produttori di beni di consumo, quali Alimentare e bevande (+2.4%), Sistema moda (+2.1%), Largo consumo (+1.5%), sostenuti soprattutto dalle vendite estere. I risultati più brillanti si registrano nei mercati a maggior capacità di spesa, dove resta tonica la domanda rivolta ai segmenti del lusso della moda italiana e della cosmesi.
In crescita anche la Meccanica (+1.1%), ma su ritmi decisamente ridimensionati rispetto al recente passato (biennio 2017-‘18). A pesare sulla performance settoriale 2019 vi sono la debolezza del ciclo degli investimenti e la stagnazione delle esportazioni.
Un discorso a parte va fatto per gli Elettrodomestici che, pur presentando un fatturato in crescita sostenuta nei primi undici mesi dello scorso anno (+5.9%), scontano criticità legate alla base produttiva nazionale. Per contro, l’evoluzione negativa del fatturato della Farmaceutica non rispecchia il buon dinamismo del settore, soprattutto sui mercati internazionali, dove l’export continua a crescere a due cifre.
Il settore degli Autoveicoli e moto si è confermato, invece, quello più in difficoltà (-7.5% il fatturato a valori correnti, sempre nel gennaio-novembre 2019). Alla complessità del quadro europeo e internazionale che caratterizza l’attività settoriale, si accompagna la debolezza del mercato nazionale, con andamento incerto della domanda dei privati e dei canali società e noleggio.
Il rallentamento degli attivanti, a partire da automotive e Meccanica, ha frenato anche la crescita dei settori connessi lungo le catene del valore, quali i produttori di intermedi (Prodotti in metallo e Metallurgia, Intermedi chimici, Altri intermedi), l’Elettronica e l’Elettrotecnica, dove solo la crescente attenzione alla ricerca di efficienza energetica e alla transizione verso le fonti rinnovabili è riuscita a scongiurare un calo più marcato dei livelli di attività.
Le attese per il 2020 sono orientate verso un recupero moderato del fatturato manifatturiero. L’indice di fiducia manifatturiero resta al momento in territorio negativo, al pari degli ordinativi, con poche eccezioni concentrate nei settori produttori dei beni di consumo e nella Meccanica, dove si intravedono spunti di miglioramento. Tuttavia, la componente delle attese sulla domanda ha smesso di peggiorare, segnale che gli operatori sono orientati verso un rasserenamento del contesto operativo 2020, perlomeno nella seconda parte dell’anno. Le aspettative sono puntate più che altro sulla domanda interna che, lato consumi, dovrebbe beneficiare del taglio del cuneo fiscale e, lato investimenti, dell’avvio del nuovo pacchetto di incentivi Impresa 4.0 (con un differente assetto rispetto al recente passato, ovvero via credito d’imposta, secondo un piano di agevolazioni che avvantaggia soprattutto le piccole e medie imprese).
Lo scenario è denso di rischi al ribasso sul fronte estero.
I nodi principali da sciogliere restano i tempi e la velocità di ripresa del commercio mondiale. La firma della tregua tra Stati Uniti e Cina, nell’ambito della guerra dei dazi, ha generato un temporaneo ottimismo. Tuttavia, le condizioni imposte per siglare ufficialmente la tregua appaiono onerose per l’economia del dragone. Il rischio è che la richiesta dell’amministrazione americana possa essere soddisfatta solo apportando pesanti modifiche alle attuali linee strategiche di import cinese, con ripercussioni pesanti sulla geografia degli scambi mondiali.
Ma soprattutto grava lo scoppio dell’epidemia del CVID, che produrrà pesanti effetti già nel breve termine così come nel medio termine.