Debolezza del Sistema Turistico
L’analisi del sistema turistico italiano restituisce l’immagine di un settore caratterizzato da enormi potenzialità, che tuttavia faticano a dispiegarsi pienamente. Negli ultimi sessant’anni, il turismo ha registrato cambiamenti ed evoluzioni inimmaginabili polarizzandosi verso due estremi: da un lato, si osservano offerte “tutto compreso” (resort, grandi alberghi, crociere) o oasi artificiali chiuse e strettamente controllate (grandi parchi tematici), che rispondono all’esigenza della fuga dalla quotidianità verso un ambiente di fantasia e di alta qualità, senza rischi e senza contatti con la realtà locale, il c.d. turismo dei “grandi numeri”; dall’altro, si assiste a esperienze di viaggio autentiche e ricche di emozioni, accompagnate da una minima presenza di organizzazione, che privilegiano il rapporto diretto con le popolazioni locali e il contatto con il paesaggio e l’ambiente, il c.d. turismo esperienziale.
Si tratta di due estremi accomunati da alcuni elementi imprescindibili: l’attenzione alla qualità delle strutture, dei servizi offerti, delle località, dell’esperienza in generale; l’importanza del tempo, poco, concentrato e da spendere al meglio.
Prima nelle classifiche dei viaggiatori come Paese più sognato, l’Italia scende in graduatoria quando si passa alla concretezza dei numeri. Siamo al quinto posto al mondo per numero di arrivi internazionali, con circa 50 milioni di turisti, al sesto in termini di spesa turistica, pari a circa 46 miliardi di dollari.
Convinti che i turisti avrebbero continuato a venire in Italia attratti dalla notorietà del suo passato, abbiamo smesso di investire sul presente e si stima che questo ci sia costato negli ultimi dieci anni circa il 2% del PIL e il 3% dell’occupazione. Eppure parliamo del Paese che detiene il maggior numero di siti Unesco (51); il primo Paese in Europa per numero di stanze d’albergo; il Paese del Mediterraneo che registra i più alti flussi di crocieristi.
Lo scenario mondiale in cui l’Italia turistica si è trovata a competere è in effetti profondamente mutato negli ultimi decenni:
- l'ascesa impetuosa delle nuove tecnologie informatiche ha completamente stravolto le dinamiche della domanda e dell'offerta (prenotazioni e recensioni on line, sharing economy, ecc.)
- la geografia del turismo, legata all'avvento sulla scena internazionale di Paesi fino a qualche tempo fa esclusi dal circuito del turismo e oggi importanti bacini di domanda e agguerriti competitor delle economie più mature, è totalmente cambiata.
A questi grandi cambiamenti l’Italia non sembra essere riuscita ad adeguarsi pienamente; negli ultimi venti anni abbiamo continuato a perdere quote di mercato. Se questo è un fenomeno comune a tutti i più diretti competitor europei, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, non si può tuttavia non evidenziare come abbia interessato l’Italia in maniera molto più marcata.
Nel 2015 l’Italia occupa l’ottava posizione nel ranking della competitività turistica mondiale calcolato dal World Economic Forum, la Spagna è al primo posto, seconda la Francia, terza la Germania, quinto il Regno Unito.
Sono soprattutto i fattori di contesto a condizionare fortemente la capacità di attrarre flussi turistici: la mancanza di infrastrutture chiave, come aeroporti, porti, alta velocità, ma anche la scarsa manutenzione del territorio, il dissesto idrogeologico, la poca cura degli agglomerati urbani, la percezione di un’eccessiva criminalità nelle città, il basso livello dei servizi pubblici locali, l’inadeguatezza dell’infrastrutturazione digitale.
Criticità del settore
Accanto a un contesto generale del sistema Paese che sembra contrastare fortemente uno sviluppo del turismo coerente con le sue potenzialità, si rilevano criticità significative e specifiche del comparto:
- le strutture ricettive, che si distribuiscono equamente in termini di posti letto tra esercizi alberghieri ed extralberghieri, si caratterizzano per un livello qualitatitivo mediamente non elevato. I posti letto degli esercizi alberghieri continuano a essere concentrati soprattutto nella categoria tre stelle (43,1%), mentre è ancora irrisorio il peso dei posti letto negli alberghi lusso ed extralusso (3,1%). Le strutture extralberghiere si contraddistinguono per la rilevante presenza di fenomeni di sommerso diffuso
- la dimensione media delle strutture alberghiere è ancora piuttosto contenuta (33 camere per esercizio rispetto alle 37 della Francia e alle 47 spagnole)
- la percentuale di alberghi appartenente a una catena alberghiera è pari al 4%, rispetto all’11% della Germania, al 23% della Francia, al 28% della Spagna e al 40% inglese
- la percentuale di strutture ricettive presenti sul web non è ancora sufficiente (88,5%) e ancora meno sono le imprese che consentono di effettuare on line le prenotazioni (68,3%). Appena il 52,8% degli alberghi italiani offre il wi-fi gratuito ai propri clienti.
L’offerta ricettiva sembra dunque inadeguata ad accogliere i nuovi turisti, sempre più attenti alla qualità e alla sostenibilità: i tassi di occupazione delle strutture ricettive italiane sono in riduzione e tra i più bassi d’Europa (40% il tasso di occupazione netta degli alberghi italiani, rispetto al 46% dei francesi, il 48% degli inglesi, addirittura il 56% degli spagnoli) la domanda continua a essere fortemente stagionale, visto che a fronte di un tasso di utilizzazione delle strutture che nel mese di agosto arriva al 64%, i mesi di gennaio, febbraio, novembre e dicembre non arrivano neanche al 20%.
A fronte di un’offerta ricettiva che necessita di essere in buona parte ripensata, si registra invece una preoccupante riduzione della capacità di investimento delle strutture. Eppure l’analisi dei bilanci alberghieri realizzata ha mostrato chiaramente come proprio la capacità di realizzare investimenti sia stata la chiave per affrontare la pesante crisi che dal 2008 ha fortemente penalizzato il comparto.
A tutto ciò si accompagna una governance complessa e un sistema normativo e amministrativo fortemente contraddittorio e instabile (negli ultimi dieci anni la formula organizzativa con cui si è declinata l’amministrazione centrale del turismo, affidata oggi al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, è cambiata sei volte).
Le debolezze del sistema turistico italiano emergono in maniera ancor più marcata dall’analisi riferita alle sole regioni meridionali. Il Sud non sembra infatti in grado di far fruttare a pieno l’immenso patrimonio artistico, storico, culturale, naturalistico e paesaggistico che possiede: l’offerta, fatta soprattutto di seconde case, continua a concentrarsi prevalentemente sul balneare, un comparto stagionale, maturo, a basso valore aggiunto e soggetto all’agguerrita concorrenza degli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.