I Simboli Cristiani
Il cristianesimo è una religione a carattere universalistico, originatasi nel I secolo in Palestina e diffusasi in seguito nell’area Greco-Romana per opera di Paolo di Tarso. Al centro del cristianesimo c’è la figura di Gesù, un ebreo nato a Betlemme, in Giudea. Le origini del Cristianesimo vanno trovate nel Giudaismo, dalla quale ripresero le sue Sacre Scritture e le dottrine fondamentali come: il monoteismo, le forme di culto, l’idea che il culto debba essere modellato secondo il modello celeste e l’uso dei salmi nelle preghiere comuni.
Le prime comunità Cristiane vivono nella preghiera, nella celebrazione della Cena, nell’ascolto della parola trasmessa agli Apostoli e nella comunione dei beni. Ma la
religione cristiana è ferocemente avversata dal potere dominante romano, per le idee di fratellanza e uguaglianza che predica in una società prevalentemente pagana e
ostile. Durante la persecuzione di Nerone nel 64 d.C. la religione dei cristiani fu considerata “una superstizione strana ed illegale”. I pagani diffidavano dei cristiani
e li tenevano a distanza, li sospettavano e li accusavano dei peggiori delitti come: il cannibalismo, l’incesto e l’alto tradimento, perseguitandoli imprigionandoli o
condannandoli all’esilio.
Non potendo professare apertamente la fede, i cristiani si servivano di simboli, che dipingevano sulle pareti delle catacombe e, più spesso, incidevano sulle lastre di
marmo che sigillavano le tombe. Come gli antichi, i cristiani amavano molto il simbolismo. I simboli richiamavano visibilmente la loro fede, il termine "simbolo" indica un segno concreto o una figura, che, nell'intenzione dell'autore, richiama un'idea o una realtà spirituale.
Il Buon Pastore con una pecora sulle spalle rappresenta Cristo salvatore e l’anima che ha salvato. Questo simbolo è con frequenza presente negli affreschi, nei rilievi dei sarcofagi, nelle statue e si trova pure inciso sulle tombe.
Gesù è il buon pastore dei suoi fedeli, come i pastori lo sono per il proprio bestiame. Un pastore custodisce il suo gregge giorno e notte, soprattutto di notte radunandolo nell’ovile per proteggerlo. Poiché l’ovile è privo di porte egli è costretto a dormire sull’apertura, per difenderlo dal male.Essendo diverso dal semplice custode delle pecore, il Buon Pastore non scappa di fronte al pericolo, perché ama il suo gregge proteggendolo dalle intemperie, dai ladri e dagli animali feroci a costo della propria vita.
Gesù rappresenta il protettore amorevole e il custode del suo gregge. Lo scopo di Gesù è quello di dare la vita per proteggerci dalla distruzione.
Il simbolismo delle braccia alzate esprime, inoltre, il desiderio del distacco, dell'elevazione a ciò che è "altro". Distacco da ciò che è terreno per innalzarsi con tutto l'essere verso il celeste. "Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me" afferma S. Paolo. La preghiera allo Spirito e nello Spirito è una delle strade che conducono a questa trasfigurazione.
La sacra ascensione dell'anima attraverso l'esperienza della morte (l'ascesi in quella spirituale) è necessaria per la risurrezione e la partecipazione alla vita mistica in Cristo. Nell'immagine della Vergine con le braccia alzate il cristiano contempla l'incarnazione e la realizzazione perfetta della preghiera nello Spirito.
L'immagine della Vergine purissima intercedente, nel corso del tempo è associata all'immagine della Chiesa, sposa di Cristo. La rappresentazione della Madre di Dio con le braccia alzate in preghiera, al centro dell'abside principale, diventa il simbolo della Chiesa, innalzata per mezzo dell'implorazione della Signora dei cieli al Cristo. È la chiesa che nel suo cammino terreno aspira a ricongiungersi a Cristo suo fondamento.
Queste due lettere sono le iniziali della parola 'Χριστός' (Khristòs), l’appellativo di Gesù, che in greco significa “unto”. Ai lati di queste due lettere, se ne trovano molto spesso altre due: una 'α' ed un 'ω', alfa ed omega, prima ed ultima lettera dell'alfabeto greco, usate come simbolo del principio e della fine.
Le due lettere, quindi, alludono alla divinità di Gesù Cristo. Talvolta sotto la gamba della P si trova una S, ultima lettera del nome 'Χριστός'. Attorno al monogramma viene inoltre disegnata una corona d'alloro, segno di vittoria. In questa forma il simbolo si presta a interpretazioni più complesse: se la lettera S è vista come un serpente trafitto dalla gamba della P, il simbolo commemora la vittoria di Cristo sul male.
Il simbolo ha origine nella parte orientale dell'Impero romano, nella quale la lingua usata, e quindi l'alfabeto, era quella greca. Il monogramma di Cristo non compare sui primi monumenti cristiani, e inizia a trovarsi a partire dal III secolo in contesti di uso privato, soprattutto su sarcofagi cristiani.
Quando erano minacciati dai Romani, nei primi secoli dopo Cristo, i Cristiani marcavano posti di riunioni e tombe con il classico segno del pesce e lo usavano anche per distinguere gli amici dai nemici. Secondo una storia antica, quando un cristiano incontrava uno straniero per la strada, il Cristiano tracciava un arco per terra e se lo straniero completava il disegno con un arco opposto, si identificava anche lui come Cristiano.
Ancora prima dei cristiani, greci, romani e altri pagani usavano il simbolo del pesce, perciò questo simbolo attraeva poco sospetto, facendo del segno del pesce un perfetto simbolo segreto per i credenti perseguitati. Dunque i primi cristiani ne fecero un uso prevalentemente di convenienza. Il pesce però aveva anche tanti toni teologici, perché Gesù sfamò 5000 persone con 2 pesci e 5 pani. Gesù inoltre chiamò i suoi discepoli “pescatori di uomini”.
Un’interpretazione ulteriore deriva dalle determinazioni astrologiche proprie dell’era dei pesci. La congiunzione tra il pianeta Giove e il pianeta Saturno ebbe luogo nell’anno 7 a.c (probabilmente il vero anno della nascita di Cristo) per 3 volte nel segno zodiacale dei Pesci; inoltre, anche l’equinozio di primavera cade in questo segno. Si volle quindi vedere in Gesù la prima incarnazione dell’età del mondo posta sotto il segno dei Pesci. In riferimento all’Ichtys, le persone da poco convertire al Cristianesimo erano definite pesciculi e il pesce stesso veniva considerato, insieme al pane, come il simbolo del pasto divino. La speculazione cristiana richiamò l’attenzione sul fatto che, come durante il diluvio universale i pesci non erano stati colpiti dalla maledizione di Dio, così i cristiani grazie al battesimo sarebbero
diventati simili ai pesci.
Nei credi pagani Ichthys era figlio dell'antica dea Atargatis, che era anche conosciuta nei vari sistemi mitici come: Tirgata, Afrodite, Pelagia o Delfine Il pesce è anche un centrale elemento in altre storie, inclusa quella della dea di Efeso e la storia del pesce del Nilo che inghiotti una parte del corpo di Osiris (il pene). Il pesce era anche considerato il simbolo della sessualità di Isis che ebbe relazioni sessuali con Osiris dopo la sua morte e dalle quali nacque un figlio, Harpocrates, Perciò, nei credi pagani, il pesce era simbolo di nascita e di fertilità.
Essi fecero ricorso alla storia della Fenice che rinasce dalla proprie ceneri; ne fecero un simbolo e addirittura una profezia o meglio la prefigurazione della resurrezione.
Perciò il misterioso uccello divenne un simbolo cristiano raffigurato anche sulle monete coniate da Costantino il grande e suo figlio. In questo caso si voleva alludere anche alla rinascita dell’impero, in conseguenza all’adozione del cristianesimo. A partite dal IV secolo se ne trovano raffigurazioni su sarcofaghi, mosaici, bassorilievi, volendo significare la resurrezione. Sono state raffigurate addirittura fenici aureolate; ma il cerchio intorno alla testa dell’uccello potrebbe raffigurare il sole e quindi un ritorno al tema astronomico nel mito della fenice.
Dal VI secolo i cristiani hanno tal volta attribuito all’aquila e al pavone il potere di sopravvivenza della fenice. La causa dello spostamento è senza dubbio il desiderio di liberare la Chiesa dalla mitologia antica. L’importanza della fenice come simbolo cristiano scompare nel medioevo.
I sette doni dello Spirito Santo (saggezza, ragione, buon consiglio, devozione, forza, sapienza e timor di Dio), vengono rappresentati con 7 colombe, che indicano anche i neobattezzati. Nel simbolismo tombale la colomba è l’uccello dell’anima, che si libra verso il paradiso dove siede sull’albero della vita, oppure beve l’acqua della vita eterna, essa alcune volte esce dalla bocca dei martiri morenti o porta nel becco la corona dei martiri. Cristo è la nostra “colomba spirituale, l’uccellino che con il suo messaggio di pace ha fatto risuonare tutto ciò che c’è sotto il cielo”.
La sigma (la esse), che nell’originale greco era scritta nella forma di sigma lunata, molto simile a una “C“, da cui le varianti tardo-antiche: IHC oppure JHC, nell’alfabeto latino divenne una S a tutti gli effetti e la H che in greco è una eta (cioè una E) fu scambiata per acca per cui nel Medio Evo il simbolo fu riportato con un significato differente: JESUS HOMINUM SALVATOR (Gesù Salvatore degli uomini).
Nel corso dei secoli il simbolo fu arricchito dai copisti con segni e tratti artistici fino ad intrecciare le lettere tra di loro e divenendo più un disegno grafico che un simbolo di qualcosa. Quando si cercò di mettere ordine e chiarezza, intorno al XVI secolo, il tratto superiore che indica in greco che si tratta di una abbreviazione, si combinò con un tratto verticale così da formare una croce o un trifoglio.
E’ così che la troviamo rappresentata un po’ dappertutto: su affreschi, quadri d’altare, miniature, chiavi di volta, paramenti sacri. A volte è rappresentato al centro di un sole raggiante, come sigillo di alcune antiche città, intendendo che l’irraggiamento del cristianesimo è il cemento ideale per ogni società.
INRI: è il Titulus crucis, un acronimo ottenuto dalla frase latina Iesous Nazarenus Rex Iudaeorum, che significa: Gesù di Nazaret, re dei giudei. Secondo i Vangeli la scritta fu voluta da Pilato e posta sopra la croce di Gesù crocifisso. Nelle rappresentazioni artistiche della crocifissione si riporta tradizionalmente come titulus le sole quattro lettere INRI, iniziali dell'espressione latina "Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum" (letteralmente, "Gesù il Nazareno, Re dei Giudei"), che traduce il testo greco del vangelo di Giovanni. Similmente sui crocifissi delle chiese ortodosse l'iscrizione ha le lettere INBI, utilizzando il testo greco equivalente ("Ἰησοῦς ὁ Ναζωραῖος ὁ Bασιλεὺς τῶν Ἰουδαίων").
Secondo i vangeli, in realtà, il cartiglio apposto sulla croce riportava come motivo della condanna: "Questi è Gesù, il re dei Giudei" (Matteo 27,37 e Luca 23,38) oppure "Gesù Nazareno, re dei Giudei", secondo il Vangelo secondo Giovanni (19,19); tale vangelo aggiunge che era scritta in ebraico, latino e greco (19,20). Inoltre lo stesso vangelo afferma che, al leggerlo, i capi dei Giudei si recarono da Ponzio Pilato per chiedere che venisse corretto: secondo loro il titulus non doveva affermare che Gesù "era" il re dei giudei, ma che si era autoproclamato tale. Pilato rispose Quod scripsi, scripsi, e si rifiutò di modificare la scritta (Giovanni 19,21-22). Nel XX secolo un erudito ebreo, Schalom Ben-Chorin, avanzò l'ipotesi che la scritta ebraica fosse: "Yeshua haNotzri (u)Melech haYehudim", cioè letteralmente: "Gesù il Nazareno e il Re dei Giudei". In tal caso le iniziali delle quattro parole corrisponderebbero esattamente con il tetragramma biblico, il nome impronunciabile di Dio, motivando con maggior forza le proteste degli ebrei.
L' Α-Ω Alfa e Omega: sono la prima e ultima lettera dell’alfabeto greco, indicano che Cristo è l’inizio e la fine di tutto secondo la citazione dell’Apocalisse. Mentre si trovava nell'isola di Patmos a causa dell'isolamento per la testimonianza di Cristo, Giovanni ebbe un’esperienza celeste con il Signore. Gli rivelò infatti, il Suo piano, cioé rivelare il Suo Figlio prediletto al mondo, salvandolo cosi e giudicando il principe del mondo presente.
Il Libro dell'Apocalisse inizia e termina con la rivelazione dell'Alfa e Omega, dimostrando il fatto che tutti gli eventi nel Libro girano intorno a Dio; l'Apocalisse, manifestazione, rivelazione, apparizione è principalmente la rivelazione dell'Alfa e l'Omega al mondo.
Egli, come leggiamo, è dal principio, presente e sarà sempre l'Onnipotente. Essendo l'Onnipotente, ogni potere in Cielo e in terra appartiene a Lui, regna su tutte le Sue opere; Egli è il Signore Dio che Si manifesta come uomo.
L'Ancora: La forma antica dell’ancora cristiana è quella delle prime ancore marine con due bracci che si incrociavano, a volte con un anello alla sommità dov e si passava la corda. Ma proprio per la sua forma caratteristica, divenne ben presto un modo alternativo per rappresentare la croce cristiana, specialmente in quel periodo in cui era pericoloso rivelare la propria appartenenza religiosa.
Così bastò aggiungere una barra a metà asta divenendo di fatto una croce velata.
Per i primi tre secoli la troviamo raffigurata spessissimo sulle tombe e sugli epitaffi, ma dopo Costantino sparì quasi del tutto sostituita apertamente dalla croce. Nel Rinascimento prima e nell’Umanesimo dopo, riappare con significato diverso e divenendo simbolo della seconda virtù teologale: la speranza cristiana. Secondo san Paolo l’ancora a cui affidarsi è Cristo.
Il suo significato è quello della vittoria, dell’ascesa, della rinascita e dell’immortalità. Si collega anche alla fenice e ha la funzione di albero della vita. Questa simbolo già presente fin dall’epoca paleocristiana è legato a un passo dei Salmi, dove si dice che come fiorirà la palma così farà il giusto: la palma infatti produce un’infiorescenza quando sembra ormai morta, così come i martiri hanno la loro ricompensa in paradiso.
Nella domenica detta appunto delle Palme la simbologia rimanda all’entrata trionfale di Gesù Cristo in Gerusalemme (Vangeli, Giovanni 12,13) prefigurando in anticipo la Resurrezione dopo la morte. Ugualmente, la palma ha lo stesso valore di simbolo della resurrezione dei martiri (Apocalisse 7, 9).
La sua celebrita’ risale al mondo classico ed era tale da farlo comparire persino in alcune monete dell’antica Grecia. Per i Greci rappresentava infatti lo splendore del firmamento ed era inoltre legato ad Era, la madre di tutti gli dei. Per la sua bellezza e’ stato raffigurato in molti preziosi mosaici rinvenuti nelle dimore dei patrizi romani, per i quali simboleggiava l’incorruttibilita’.
Si riteneva che sue carni, in particolari condizioni, non sarebbero mai anda te in putrefazione. Per questo era considerato anche come un simbolo di immortalita’.
La straordinarieta’ di questo uccello non finiva qui. Il fatto che nella stagione invernale perdesse le piume e ne acquistasse di nuove ed addirittura piu’ belle a primavera, fece si’ che il mondo cristiano dei primi secoli lo adottasse come simbolo di resurrezione. Questa e’ la ragione per cui le sue raffigurazioni sono state ritrovate numerose nelle catacombe di Roma.
In effetti è curioso come questo uccello marino trattiene il cibo pescato in una sacca che ha sotto il becco e giunto al nido nutre i piccoli con esso curvando il becco verso il petto per estrarne i pesciolini. Gli antichi, erroneamente, pensarono che l’animale si lacerasse le carni per farne uscire il sangue con cui nutrire i piccoli pellicani affamati.
Per questo, il pellicano è divenuto, durante il Medio Evo, il simbolo dell’abnegazione con cui si amano i figli e ne ha fatto l’allegoria del supremo sacrificio di Cristo, salito sulla Croce e trafitto al costato da cui sgorgarono il sangue e l’acqua, fonte di vita per la salvezza degli uomini.
Ecco perché esso compare spesso scolpito in molti altari e ricamato o dipinto nelle casule dei sacerdoti ancora oggi.
Il passaggio di senso e di significato al Nuovo Testamento, con Cristo che placa le acque tempestose del mare di Galilea, e poi alla Chiesa tra le tempeste delle persecuzioni dei primi secoli è abbastanza immediato. Va subito notato che inizialmente la nave è l’oggetto della salvezza: una salvezza che viene dall’Alto, tramite l’intervento miracoloso di Gesù, che la conduce al porto sicuro del Regno messianico. Successivamente essa stessa diventerà mezzo di salvezza per coloro che vi salgono a bordo con chiaro riferimento alla Chiesa e con tutte le conseguenze del caso: “fuori dalla Chiesa nessuna salvezza”.
In ogni caso la rappresentazione pittorica della nave, presente in molti monumenti funerari come segno della speranza di eternità, prevede quasi sempre la presenza della croce, ora stilizzata sulla vela, ora rappresentata con l’incrocio dell’albero maestro, per l’importanza che questa aveva nella simbologia cristiana primitiva.