Platone - La Repubblica

La vita di Platone

Platone nacque ad Atene da genitori aristocratici: il padre Aristone, che vantava tra i suoi antenati Codro, l'ultimo leggendario re di Atene, gli impose il nome del nonno Aristocle; la madre, Perictione, secondo Diogene Laerzio discendeva dal famoso legislatore Solone.

La sua data di nascita viene fissata da Apollodoro di Atene, nella sua Cronologia, all'ottantottesima Olimpiade, nel settimo giorno del mese di Targellione, ossia alla fine di maggio del 428 a.C.

Ebbe due fratelli, Adimanto e Glaucone, citati nella sua Repubblica, e una sorella, Potone, madre di Speusippo, futuro allievo e successore, alla sua morte, alla direzione dell'Accademia di Atene.

Fu un altro Aristone, un lottatore di Argo, suo maestro di ginnastica, a chiamarlo per la larghezza delle spalle "Platone" (dal greco πλατύς, platýs, che significa "ampio"). 

Platone praticava infatti il pancrazio, una sorta di lotta e pugilato assieme. Altri danno del nome un'altra derivazione, come l'ampiezza della fronte o la maestà dello stile letterario. Diogene Laerzio, riferendosi ad Apuleio, a Olimpiodoro e a Eliano, informa che avrebbe coltivato la pittura e la poesia, scrivendo ditirambi, liriche e tragedie, che avrebbero avuto in seguito, insieme ai mimi, un'importanza fondamentale per la scrittura dei suoi dialoghi.

Secondo lo stesso Diogene Laerzio sulla sua nascita esiste una leggenda di Speusippo riferita nell'opera Il banchetto funebre di Platone, secondo cui Platone sarebbe stato in realtà figlio del dio Apollo, e perciò anche fratello di Asclepio, «medico del corpo, come dell'anima immortale lo è Platone». Secondo questo mito, Aristone, padre di Platone, in procinto di sedurre Perictione avrebbe avuto la visione di Apollo che lo avrebbe distolto da ogni rapporto fisico con la giovane, la quale sarebbe invece rimasta incinta del dio, preso dalla sua bellezza. Secondo una versione posteriore, tuttavia, esposta dall'autore ignoto dei Prolegomeni, Platone viene nuovamente accostato ad Asclepio ma viene chiamato figlio di Aristone.

D'altronde Speusippo, essendo figlio di una sorella di Platone, non poteva non sapere che Platone non era il primo ma il terzo figlio di Perictione. Probabilmente il suo fine non era quello di fornire informazioni storiche sulla nascita di Platone, ma di promuovere la mitizzazione del filosofo dopo la morte di questi e di giustificarne così il culto che gli era tributato nell'Accademia. La divinizzazione di Platone continuerà in età neoplatonica, con talune forme di eccesso come riferito da Porfirio e da Proclo, e sarà ricordata dall'umanista Marsilio Ficino per la dote curativa trasmessagli da Apollo.

I viaggi e l'incontro con Socrate
Platone frequentò l'eracliteo Cratilo e il parmenideo Ermogene, ma non è certo se la notizia sia reale o se voglia giustificare la sua successiva dottrina, influenzata sotto diversi aspetti dal pensiero dei suoi due grandi predecessori, Eraclito e Parmenide, da lui considerati gli autentici fondatori della filosofia. Avrebbe partecipato a tre spedizioni militari, durante la guerra del Peloponneso, a Tanagra, a Corinto e a Delio, dal 409 a.C. al 407 a.C., anno in cui, conosciuto Socrate, avrebbe distrutto tutte le sue composizioni poetiche per dedicarsi completamente alla filosofia.

Secondo Diogene Laerzio (III, 8), che riporta la testimonianza di Aristosseno, Platone tra il 409 e il 407 a.C. avrebbe preso parte a tre spedizioni militari, a Tanagra, Corinto e Delio (e a Delio avrebbe ricevuto anche un premio per il suo valore). In effetti, in tutti e tre i luoghi citati si sono svolte celebri battaglie: ma alla battaglia di Tanagra del 457 a.C. e a quella di Delio del 424 a.C. è impossibile che Platone, nato intorno al 427 a.C., abbia partecipato. Sappiamo invece che a Delio, combatté Socrate come oplita e si dice che vi si distinse, per cui è possibile che le due figure siano state sovrapposte. Quanto alla battaglia di Corinto, del 394 a.C., sembra che Platone abbia lasciato Atene subito dopo o poco dopo la condanna a morte di Socrate (399 a.C.), ma potrebbe essersi trovato in patria al tempo della battaglia. Non è invece possibile che abbia combattuto a Delio dopo Corinto, perché in quegli anni Atene non era in conflitto con i Beoti. Sia come sia, è altamente probabile che Platone, data l'età, abbia assolto il proprio dovere di cittadino rimanendo a difendere Atene duramente impegnata contro Sparta e che, stando a Tucidide (VII, 27; VIII, 69), era in quel periodo una base militare più che una semplice città.

Fondamentale il suo incontro con Socrate che, dopo la parentesi del governo, oligarchico e filo-spartano, dei Trenta tiranni, del quale faceva parte il prozio di Platone, Crizia, fu accusato dal nuovo governo democratico di empietà e di corruzione dei giovani e condannato a morte nel 399 a.C.. Nell'Apologia di Socrate l'allievo descrive il processo del maestro, che pronuncia la sua difesa, denuncia la falsità di chi l'accusa di corrompere i giovani e come testimoni della sua condotta menziona un gruppo di suoi amici presenti nel tribunale, tra i quali «Adimànto, figlio di Aristòne, di cui Platone, qui presente, è fratello» .

Tuttavia nel Fedone, il narratore Fedone di Elide riferisce a Echecrate che Platone non era presente alle ultime ore di vita di Socrate. Platone è dunque stranamente assente, forse malato: in realtà, nessun'altra fonte antica parla per quell'epoca di una malattia del filosofo, tanto grave da impedirgli di assistere il maestro nelle ultime ore. Con la sua assenza, Platone forse vuole affermare che il dialogo non sarà una cronaca puntuale della morte di Socrate, quanto piuttosto una sua ricostruzione letteraria in linea con lo spirito dialogico del maestro. Oppure che egli non voglia compromettersi condividendo l'accusa di ateismo che ha portato Socrate alla morte. Non a caso dopo la scomparsa del maestro i suoi discepoli, compreso Platone, lasciarono Atene per rifugiarsi a Megara. Da qui Platone si recò a Cirene, frequentando il matematico Teodoro di Cirene e ancora in Italia, dai pitagorici Filolao, Eurito e Acrione. Infine si sarebbe recato in Egitto, dove i sacerdoti l'avrebbero guarito da una malattia. Ma la fondatezza della notizia di questi viaggi è molto dubbia.

I primi dialoghi
A partire dal 395 a.C. Platone dovrebbe aver cominciato a scrivere i primi dialoghi, nei quali affronta il problema culturale rappresentato dalla figura di Socrate e la funzione dei sofisti: nascono così, in un possibile ordine cronologico:

  • l'Apologia di Socrate che tuttavia non è un dialogo;
  • il Critone in cui Socrate discute la legittimità delle leggi;
  • lo Ione in cui Socrate con il gusto dello scherzo dialoga sul significato di Arte umana e Arte divina con un attore, il rapsodo, che interpreta o è posseduto dalla Poesia;
  • l'Eutifrone sui temi della giustizia e della pietà;
  • il Carmide dialogo aporetico sulla temperanza;
  • il Lachete aporetico incentrato sul tema della virtù;
  • il Liside viene messo in luce il concetto platonico di amicizia;
  • l'Alcibiade primo [49] tratta della vera sapienza, dell'utile e del giusto e del buon governo;
  • l'Alcibiade secondo [49] lunga discussione tra Socrate e Alcibiade sul tema della preghiera;
  • l'Ippia maggiore si discute sul concetto del "bello";
  • l'Ippia minore dell'identità di virtù e scienza;
  • il Menesseno elogio di Aspasia e della sua cultura e sapienza politica;
  • il Protagora in cui discute l'insegnabilità della virtù;
  • il Gorgia (in cui attacca l'arte retorica)


L'arrivo in Italia e in Sicilia
Diogene Laerzio afferma che nel 390 a.C. circa, Platone giunse una prima volta in Magna Grecia dove fece la conoscenza del pitagorico Archita di Taranto. Numerose fonti antiche documentano i suoi successivi viaggi in Sicilia. Nel 388/387 a.C. vi si recò con l'intenzione di studiare da vicino il vulcano Etna. Lo storico greco Diogene Laerzio afferma che il filosofo ateniese si sia recato nel suo primo viaggio siciliano presso i crateri etnei. Alla sua testimonianza si aggiungono quelle di Ateneo  e di Apuleio.

Primo viaggio: l'incontro con Dione e Dionisio I
Una volta giunto sull'isola fu invitato dal tiranno Dionisio I a recarsi a Siracusa, presso la sua corte. Qui fece la conoscenza del cognato del tiranno, Dione, il quale divenne ben presto uno dei più intimi discepoli. Opposto invece fu l'atteggiamento di Dionisio nei suoi confronti. Al siracusano non piacquero i discorsi di Platone sulla felicità e su cosa fosse giusto o non giusto fare. Per evitargli quindi l'ira di Dionisio, poiché tra i due vi era stato un acceso diverbio, Dione lo fece imbarcare su di una nave capitanata dallo spartano Pollide.

Dionisio allora segretamente avrebbe chiesto al suo ambasciatore di uccidere Platone durante il viaggio o di renderlo schiavo. Venne quindi condotto a Egina, isola nemica di Atene, dove fu fatto prigioniero e reso schiavo. A riscattarlo fu il socratico Anniceride di Cirene. Ma quest'episodio, narrato con varianti da Diogene Laerzio, è stato molto discusso e la critica moderna si divide nell'attribuire la colpevolezza della schiavitù di Platone a Dionisio I o al fatto che durante la guerra di Corinto fosse molto pericoloso per gli Ateniesi navigare su quelle acque.

La fondazione dell'Accademia
Nel 387 a.C. Platone è ad Atene; acquistato un parco dedicato ad Academo, vi fonda una scuola che intitola Accademia in onore dell'eroe e la consacra ad Apollo e alle Muse. Sull'esempio opposto a quello della scuola fondata da Isocrate nel 391 a.C. e basata sull'insegnamento della retorica, la scuola di Platone ha le sue radici nella scienza e nel metodo da essa derivato, la dialettica; per questo motivo, l'insegnamento si svolge attraverso dibattiti, a cui partecipano gli stessi allievi, diretti da Platone o dagli allievi più anziani, e conferenze tenute da illustri personaggi di passaggio ad Atene.

In vent'anni, dalla creazione dell'Accademia al 367 a.C., Platone scrive i dialoghi in cui si sforza di determinare le condizioni che permettono la fondazione della scienza; tali sono:

  • il Clitofonte (tuttavia di incerta attribuzione);
  • il Menone (in cui compare per la prima volta l'anamnesi, tramite l'esempio dello schiavo che riesce a dedurre il teorema di Pitagora senza che gli sia mai stato spiegato);[59]
  • il Fedone (in cui sostiene l'immortalità dell'anima);
  • l'Eutidemo; (in cui viene messa in scena una parodia dell'eristica, l'arte sofistica di "battagliare" a parole allo scopo di confutare le tesi avversarie):
  • il Simposio (in cui ogni partecipante dice cos'è, secondo lui, l'amore);
  • la Repubblica (in cui espone la sua forma di governo ideale, che non è, come si potrebbe immaginare, una repubblica);
  • il Cratilo (in cui discute riguardo al linguaggio);
  • il Fedro (in cui presenta la tripartizione dell'anima tramite il mito della biga alata).


Il secondo viaggio a Siracusa
Nel 367-366 a.C. Platone è nuovamente a Siracusa, invitato da Dione che, con la morte di Dionigi il Vecchio e la successione al potere di suo nipote Dionigi il Giovane, conta di poter attuare le riforme impedite dal precedente tiranno.

(GRC)
«ὥστε εἴπερ ποτὲ καὶ νῦν ἐλπὶς πᾶσα ἀποτελεσθήσεται τοῦ τοὺς αὐτοὺς φιλοσόφους τε καὶ πόλεων ἄρχοντας μεγάλων»

(IT)
«Se mai altra volta, certo ora potrà attuarsi la nostra speranza che filosofi e reggitori di grandi città siano le stesse persone»

La riforma politica di Platone viene fortemente osteggiata dalla fazione tirannica che vede nel filosofo ateniese, e nella sua eloquenza, una minaccia alla propria esistenza, o addirittura un nuovo tentativo di conquista da parte di Atene.Infine i contrasti con Dionigi II, che sospetta nello zio intenzioni di ribellione, portano all'esilio di Dione. Platone è rimasto ugualmente a Siracusa, sia perché il tiranno lo trasferisce sull'acropoli - dove occorre il suo permesso per qualsiasi imbarco - e sia perché nutre ancora «la speranza di fare tutto il bene possibile attraverso un unico individuo». Lo scoppio di un conflitto bellico che impegna direttamente Dionigi II, offre a Platone l'occasione di lasciare la Sicilia. Ma il Siracusano gli promette che in tempo di pace manderà a chiamare sia lui che Dione.

Il terzo viaggio in Sicilia
Nel 361 a.C. Platone compie il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia. Non c'è però Dione, verso il quale Dionigi manifesta un'aperta ostilità; i tentativi di Platone di difendere l'amico portano alla rottura dei rapporti con il tiranno.

(GRC)
«ἐμὲ παρακαλοῦντας πρὸς τὰ νῦν πράγματα. ἦλθον Ἀθηναῖος ἀνὴρ ἐγώ, ἑταῖρος Δίωνος, σύμμαχος αὐτῷ, πρὸς τὸν τύραννον, ὅπως ἀντὶ πολέμου φιλίαν ποιήσαιμι· διαμαχόμενος δὲ τοῖς διαβάλλουσιν ἡττήθην. πείθοντος δὲ Διονυσίου τιμαῖς καὶ χρήμασιν γενέσθαι μετ’ αὐτοῦ ἐμὲ μάρτυρά τε καὶ φίλον πρὸς τὴν εὐπρέπειαν τῆς ἐκβολῆς»

(IT)
«Io, cittadino ateniese, amico di Dione, suo alleato, mi recai dal tiranno per cambiare in amicizia un rapporto di ostilità; combattei contro i calunniatori, ma ne fui sconfitto. Tuttavia, per quanto Dionigi con onori e ricchezze cercasse di tirarmi dalla sua parte per usarmi come prova a favore della legittimità dell’esilio di Dione, in questo fallì miseramente.»

Dopo aver avuto un forte diverbio con il tiranno per aver difeso il siracusano Eraclide - colpevole di aver fomentato la rivolta dei mercenari contro Dionigi II - Platone viene cacciato dall'acropoli e trasferito nella casa di Archedemo.Nel 360 a.C., quando ormai la situazione è divenuta pericolosa per la sua incolumità, riesce a lasciare la Sicilia grazie alla mediazione di Archita e dei pitagorici tarantini, i quali mandano Lamisco che convince Dionisio II a lasciare partire Platone.

Durante il viaggio di ritorno, Platone sbarca a Olimpia dove incontra per l'ultima volta Dione. Questi stava progettando una guerra contro Dionigi, dalla quale Platone cercò invano di dissuaderlo: nel 357 a.C. riuscirà a impadronirsi del potere a Siracusa ma vi sarà ucciso tre anni dopo.

(GRC)
«κοινός τε ὑμῖν εἰμι, ἄν ποτέ τι πρὸς ἀλλήλους δεηθέντες φιλίας ἀγαθόν τι ποιεῖν βουληθῆτε· κακὰ δὲ ἕως ἂν ἐπιθυμῆτε, ἄλλους παρακαλεῖτε.»

(IT)
«Sarò di certo con voi se, provando bisogno di reciproca amicizia, cercherete di fare qualcosa di buono; ma finché siete a desiderare il male, chiamate in aiuto qualcun altro.»

Ritorno ad Atene
Ad Atene Platone scrisse le ultime opere:

  • il Timeo dove tratta della cosmologia, della struttura della materia e il problema escatologico;
  • il Crizia strutturato come una continuazione del Timeo è incompiuto: comprende la narrazione del mito di Atlantide;
  • il Politico dedicato ad argomenti politici;
  • il Filebo discutendo con Filebo e Protarco, Socrate ricerca il «vero Bene» in grado di garantire una vita felice;
  • le Leggi: opera rimasta incompiuta, fu pubblicata postuma dal discepolo Filippo di Opunte, che la divise in dodici libri e ne aggiunse uno finale, l'Epinomide.[66]


Morì nel 347 a.C. e la guida dell'Accademia venne assunta dal nipote Speusippo. La scuola sopravviverà fino al 529 d.C., anno in cui venne definitivamente chiusa da Giustiniano dopo vari periodi di alterne interruzioni della sua attività.