Sinodo sull'Amazzonia

.. e non solo

Rete Ecclesiale Panamazzonica


«Una tripla conversione pastorale, ecologica, sinodale per la Chiesa». Non sono aspettative da poco quelle di Maurício López per il Sinodo sull’Amazzonia avviato domenica 5 ottobre in Vaticano. Dopotutto lui - laico messicano formato dai gesuiti, interlocutore chiave tra i leader indigeni e la gerarchia cattolica tanto nella Regione Panamazzonica quanto nella Curia romana - conosce bene il grande lavoro di «consultazione e discernimento» che sta dietro alla grande assise che riunisce a Roma vescovi dei cinque continenti, avendolo svolto in prima persona come segretario esecutivo della Repam. Si tratta della Rete Ecclesiale Panamazzonica, organismo nato nel 2014 che riunisce vescovi, religiosi e laici dei nove Paesi della “Cuenca” amazzonica, che per volontà del Papa ha collaborato a stretto contatto con la Segreteria del Sinodo per l’organizzazione dell’evento ecclesiale di ottobre.

La Repam, attualmente presieduta dal cardinale brasiliano Claudio Hummes, è «il risultato di un percorso ecclesiale durato decenni dallo spirito del Concilio Vaticano II in cui viene proposta una Chiesa che si apre alle sfide delle chiese locali e incorpora le diverse espressioni di essere Chiesa. Tale percorso è stato suggellato dal Documento di Aparecida, dove al punto 475, si afferma di creare nel bacino amazzonico una pastorale di un gruppo differenziato per rispondere alla realtà di questo luogo. Né la Repam ma neanche lo stesso Sinodo possono comprendersi senza Aparecida», spiega López a Vatican Insider e altre testate che lo hanno incontrato nell’ufficio centrale di Quito, in Ecuador.

«La Repam è il primo organismo non vaticano che ha preso formalmente parte del processo di ascolto del Sinodo», sottolinea il segretario esecutivo, fornendo anche alcuni numeri. «Abbiamo parlato direttamente con 22mila persone e poi con altre 65mila tramite le assemblee nelle diverse parrocchie. Abbiamo realizzato 300 eventi di consultazione, 60 grandi assemblee ed oltre una cinquantina di forum tematici su questioni pan-amazzoniche». «Il Papa ci ha detto che non ha mai visto un processo pre-sinodale così aperto e gioioso. Questo perché? Perché i vescovi che ne fanno parte sono tutti missionari, vivono le realtà, le comprendono, non sono andati a Roma solo per parlare di teorie».

Eppure c’è chi considera questo Sinodo ancora un pretesto che, staccato dal contesto amazzonico, servirà ad avallare decisioni “politiche” o contrarie al magistero della Chiesa. «Bisogna chiedersi se coloro che sono contro il processo sinodale non siano contro la stessa Chiesa e il Papa», afferma Maurício López. «Dobbiamo valutare i motivi per cui si oppongono a tutto il processo di cambiamento e alle riforme che invece potrebbero essere necessarie. La visione di tanti che criticano il Sinodo cambierebbe molto se venissero a vivere in una comunità lontana per un anno. Tutte le questioni dottrinali o ideologiche sarebbero finite».

Per il segretario della Repam, «se non siamo in grado di cambiare la forma e la dottrina - non i dogmi - vuol dire che non sappiamo andare incontro alle persone e rispondere alle loro esigenze e ai loro diritti, come quello, ad esempio, di ricevere i sacramenti. Ricordo una coppia di indigeni che era andata a visitare il vescovo nella sua diocesi e gli chiedeva la benedizione per entrare nella Chiesa cattolica: “Molti della nostra comunità si sono convertiti all’evangelismo”, dicevano. Il vescovo, responsabile di trovare cammini per far diventare loro pienamente membri della Chiesa, non aveva idea della risposta. In questo modo perdiamo tanta gente… Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo ringraziarle per la loro presenza e dare loro la nostra benedizione perché lascino la Chiesa?».

Quanto alla questione dei viri probati, uomini anziani, sposati e di provata fede che, in una comunità sperduta, possano ricevere l’ordinazione in modo da poter distribuire i sacramenti, López spiega senza troppi giri di parole: «È una proposta che proviene direttamente dal popolo di Dio che si trova sul territorio, cioè da comunità che non hanno tanto bisogno della ministerialità ma di crescere nella fede».

La questione rimane tuttavia controversa e ha suscitato un acceso dibattito. Per il numero due della Repam «ciò che è in gioco è una lotta di narrativa. Da parte nostra non vogliamo rispondere ad una narrazione ma presentare le caratteristiche specifiche della vita in Amazzonia, un territorio che è un bioma non una semplice regione del Sud America. Il sistema di vita, i popoli indigeni, la flora, la fauna e la missione della Chiesa sono temi che superano le frontiere, senza mettere in discussione la sovranità dei Paesi. Quella che noi abbiamo compiuto in questi mesi non è una simulazione di dialogo, ma un lavoro a maglia che abbiamo fatto insieme».

Perché la Repam è questo: una rete, appunto. «Non un’istituzione, l’istituzionalità è data da coloro che la compongono ovvero i membri del Celam o della Caritas. Siamo una rete che permette alle fragilità di unirsi in modo da essere meno fragili in questa realtà sempre più minacciata e a rischio». Perché a rischio? «In parte a causa dell’estrattivismo senza controllo, ma anche perché la Chiesa ha sempre meno risorse umane e materiali per continuare la missione».

In questo senso Maurício López dice di avere grandi aspettative dai lavori dei Padri in Vaticano; tuttavia ciò che lo preoccupa maggiormente è la fase del «dopo Sinodo»: lì si capirà quanto i propositi del Papa e della Chiesa saranno stati ascoltati e potranno essere messi in pratica. In ogni caso, è già un grande risultato che agli occhi del mondo ci sia per circa tre settimane il dramma che vive quotidianamente l’Amazzonia sfruttata e depredata delle sue risorse.

«Papa Francesco con questo Sinodo compie quanto affermato a inizio pontificato: mettere la periferia al centro. E l’Amazzonia da sempre è stata concepita come una periferia, come uno spazio da colonizzare e sfruttare, dai governi e dalla stessa gente che abita le nazioni in cui essa si estende. Adesso l’Amazzonia irrompe come territorio ecclesiale, come luogo teologico dove si esprime la presenza viva di Cristo. Uno spazio “usa e getta”, senza valore, può illuminare e purificare il centro. Non c’è nulla di più evangelico di questo».

L’auspicio del segretario generale della Repam è dunque che: «Il Sinodo porti a tre conversioni fondamentali: una conversione pastorale, cioè una Chiesa “in uscita” che evangelizzi dal sociale, che sia a contatto con la realtà, non imponendo ma contagiando. Una conversione ecologica, perché è molto triste che alcuni rappresentanti di alto livello della Chiesa non riconoscano che anche i temi della Laudato si’ siano Dottrina sociale della Chiesa. Una conversione verso la sinodalità, perché questo Sinodo è una chiamata per tutto il pianeta. E, come ha detto il Papa nel suo discorso ai vescovi brasiliani a Rio de Janeiro, se ci “rompiamo” qui in Amazzonia, ci “rompiamo” come Chiesa»