Il Vangelo di Saulo di Tarso

Il quinto Vangelo

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Saulo: chi è?


SAULO
«Sono giudeo, nato a Tarso in Cilicia, cittadino di una città che non è senza fama», situata tra l’Anatolia e la Siria, nell’attuale Turchia centro-meridionale. Allora Tarso era capitale della provincia romana della Cilicia, centro culturale-sociale-politico molto ambizioso e dalle connotazioni religiose in parte orientali e in parte ellenistiche.

La sua famiglia è ebrea della tribù di Beniamino e appartiene alla locale colonia della ”dispersione d’Israele” (diaspora), sempre molto impegnata nel fare ”proseliti” (convertiti all’ebraismo, osservanti e circoncisi) e ”timorati di Dio” (monoteisti e osservanti, ma non circoncisi)

Nacque agli inizi dell’era cristiana, tra il 7 e il 10 d. C., calcolando che Paolo stesso si dichiarava «vecchio» nel biglietto scritto a Filemone verso il 63 d. C., ed era «un giovane» quando venne lapidato Stefano, circa il 35-36 d. C.

Il nome ebraico Saul (invocato, chiamato), come quello del primo re d’Israele, è testimoniato negli Atti. Poi lascia il posto al nome romano Paolo (”piccolo”, ”poco”). In realtà, i giudei della diaspora portavano spesso due nomi, giudaico e greco.

Il ruvido mestiere di lavoratore del cuoio per costruire tende o altri oggetti, gli è stato probabilmente trasmesso dal padre. L’apprese tra i 13 o i 15 anni. Paolo parlerà spesso del suo lavoro manuale, «notte e giorno»: «Vi ricordate, fratelli, l’arduo lavoro e la fatica nostra». Questo gli permetterà di non gravare sulle sue Chiese per provvedere ai bisogni economici personali e dei.

Il ritratto fisico è tracciato nell’apocrifo Atti di Paolo e di Tecla, testimonianza della pietà popolare alla fine del 2° secolo: «Era un uomo di bassa statura, la testa quasi calva e le gambe storte, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente, pieno di amabilità; a volte, infatti, aveva le sembianze di un uomo, a volte l’aspetto di un angelo».

Risalgono al 4° secolo i ritratti iconografici a noi giunti: vi è espressa l’intenzione di rappresentare il filosofo cristiano, dotandolo di barba. Per quanto riguarda il suo temperamento, oggi gli psicologi lo classificherebbero come un ”passionale”, un emotivo attivo secondario, cioè il carattere più completo.

L’ambiente in cui cresce è quello tipicamente urbano. Gesù usa immagini tratte prevalentemente dalla natura, dalla vita di provincia e dal mondo agricolo; Paolo preferirà usare paragoni caratteristici di un cittadino della Tarso di allora: lo stadio, il teatro, i tribunali, l’edilizia, l’artigianato, il commercio, la navigazione, la vita militare.

Stando agli Atti e alla Lettere, non si sa se Paolo fosse sposato o meno. Negli ambienti rabbinici nei quali era stato educato si citava il detto: «Chi non si cura della procreazione è come uno che sparge sangue». Ma non mancavano i celibi tra gli Esseni e i rabbini. Paolo tuttavia, nei primi anni 50, affermerà di non avvalersi del diritto degli apostoli di mettere a carico della comunità anche la «moglie (donna) cristiana».

Prende parte alla prima persecuzione contro i cristiani; verso l’anno 36 d.C., sulla via di Damasco, si incontra con Gesù e aderisce al cristianesimo. Dopo un periodo trascorso in Arabia fa ritorno a Damasco ma è costretto ad abbandonare la città a motivo di un complotto organizzato dai giudei.

Egli afferma di essersi recato allora a Gerusalemme per una breve visita a Pietro, mentre secondo gli Atti è introdotto nella comunità da un notabile cristiano di nome Barnaba e vi resta fino a quando, in seguito a nuove ostilità da parte dei giudei, è costretto a lasciare Gerusalemme e raggiunge Tarso, sua.città natale. Dopo un periodo di tempo non precisato, Barnaba si reca da lui e lo invita a inserirsi nella comunità di Antiochia, dove era in corso un promettente movimento di conversione al cristianesimo tra la popolazione non giudaica (gentili). Dopo un anno di attività in questa città, Saulo intraprende con Barnaba il suo primo viaggio (45‐49 d.C.).


I due missionari si recano anzitutto a Cipro, poi nelle regioni sud‐orientali dell’Asia Minore (Panfilia, Pisidia, Licaonia), dove rivolgono la loro predicazione sia ai giudei che ai gentili, fondando, pur tra persecuzioni e sofferenze, alcune importanti comunità ad Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra e Derbe. È nel contesto del racconto di questo viaggio che Luca comincia a riferirsi a Saulo con il nome di Paolo e gli assegna il primo posto nella spedizione. Da Derbe i due missionari fanno ritorno ad Antiochia. In Antiochia Paolo e Barnaba subiscono le critiche di quei cristiani (designati comunemente con l’appellativo di «giudaizzanti») che ritenevano necessarie, anche per i gentili convertiti al cristianesimo (etnico‐cristiani), la circoncisione e l’osservanza della legge mosaica. 

I due sono allora inviati dalla comunità a Gerusalemme dove il problema è sottoposto al giudizio degli apostoli e degli anziani. Costoro decidono, in seguito agli interventi di Pietro e di Giacomo, fratello del Signore, di non imporre nulla ai gentili che si convertono a Gesù se non quattro obblighi: astenersi dalle carni sacrificate agli idoli, evitare i matrimoni tra parenti, proibiti dalla legge mosaica, non consumare carni di animali soffocati e, a maggior ragione, non utilizzare come cibo il sangue. 

Queste clausole erano un tentativo di rendere possibile la convivenza nella stessa comunità di giudei e gentili divenuti cristiani. Paolo, però, pur ricordando nella lettera ai Galati la sua visita a Gerusalemme, presenta l’evento come un incontro privato e afferma esplicitamente che in quell’occasione non gli fu imposto nulla se non di preoccuparsi dei poveri di Gerusalemme.

In Antiochia Paolo e Barnaba subiscono le critiche di quei cristiani (designati comunemente con l’appellativo di «giudaizzanti») che ritenevano necessarie, anche per i gentili convertiti al cristianesimo (etnico‐cristiani), la circoncisione e l’osservanza della legge mosaica.

L'EVANGELIZZAZIONE DELLA GRECIA
Antiochia: questi in un primo tempo prendeva cibo con gli etnico‐cristiani senza attenersi alle norme alimentari giudaiche, ma poi, in seguito alle pressioni di alcuni giudeo‐cristiani della cerchia di Giacomo, si era tirato indietro, influenzando in questo senso la parte giudaica della comunità, compreso Barnaba. 

Per Paolo invece questa scelta aveva solo l’effetto di costringere i gentili, per poter essere ammessi alle riunioni comunitarie, ad accettare la pratica almeno di alcune norme della legge giudaica. Nel corso di questo viaggio, Paolo evangelizza la Frigia e la Galazia, cioè la regione centrale dell’Asia Minore con capitale Ancyra (l’attuale Ankara); passando poi in Europa, fonda le comunità di Filippi, Tessalonica e Berea. 

Dopo un’esperienza poco fruttuosa ad Atene, si reca a Corinto, capitale della provincia romana dell’Acaia, dove si ferma per circa un anno e mezzo fondandovi una fiorente comunità. A Corinto compone la più antica delle sue lettere, la prima delle due che hanno come destinatari i cristiani di Tessalonica.

IL SOGGIORNO AD EFESO
Da Corinto Paolo fa ritorno a Gerusalemme e, dopo una visita ad Antiochia, intraprende il suo terzo viaggio, che ha come meta Efeso, capitale della provincia romana d’Asia. Qui rimane per circa tre anni (53‐57 d.C.), dedicandosi all’evangelizzazione di questa città. A Efeso nasce per la prima volta il suo progetto di recarsi a Roma. Dalle sue lettere risulta che, in questo periodo, Paolo non si dedica semplicemente all’evangelizzazione, ma mantiene i contatti con le comunità precedentemente fondate, per sostenerle e guidarle nella loro formazione religiosa. A questo scopo fa loro delle visite, manda i suoi confratelli e riceve i loro rappresentanti; soprattutto invia le sue lettere che sono concepite come strumenti di comunicazione. 

È in questo contesto che vedono la luce le due lettere ai Corinzi e quelle ai Filippesi, a Filemone e ai Galati. Da esse appare che durante la permanenza a Efeso l’Apostolo ha dovuto far fronte a un’ondata di predicatori giudaizzanti, i quali cercavano di imporre l’osservanza della legge mosaica alle comunità da lui fondate, composte prevalentemente di etnico‐cristiani: queste dolorose vicende, delle quali gli Atti degli apostoli non hanno conservato alcun ricordo, mettono a dura prova i suoi rapporti con le stesse comunità da lui fondate. 

Al tempo stesso egli porta a termine una colletta in favore della chiesa di Gerusalemme, con lo scopo di ristabilire il rapporto di comunione tra le comunità da lui fondate e la chiesa madre, messo a rischio dalla polemica con i giudaizzanti che ad essa facevano riferimento. Infine si reca a Corinto dove, poco prima di lasciare la Grecia, scrive la lettera ai Romani.

IL VIAGGIO A ROMA
Gli Atti narrano che Paolo trascorre a Corinto circa tre mesi, dopo i quali si dirige verso Gerusalemme, dove però viene arrestato e tradotto in carcere prima nella città santa e poi a Cesarea. Al termine di due anni di prigionia (57‐58 d.C.), avendo fatto appello a Cesare, viene inviato a Roma, dove rimane in domicilio coatto per altri due anni. Dopo l’arrivo a Roma non si hanno più notizie sicure di Paolo; è probabile che, non molto tempo dopo i due anni trascorsi a Roma, cioè verso l’inizio degli anni 60, sia stato condannato e giustiziato dai romani.

LA STRATEGIA MISSIONARIA DI PAOLO
Il racconto di Luca, confermato in vari modi dalle lettere, mostra come Paolo avesse una precisa strategia missionaria. Il suo lavoro aveva luogo nelle città, dove poteva servirsi della lingua greca e dove poteva contare su una significativa presenza giudaica. In esse il suo primo contatto era con la sinagoga locale, nella quale sapeva di poter incontrare non solo giudei aperti e disponibili ma anche proseliti e timorati di Dio, cioè gentili molto vicini al giudaismo che però non avevano con esso un rapporto esclusivo: costoro erano i più indicati per metterlo a contatto con la popolazione non giudaica della città.

La sua permanenza in una località era di solito piuttosto breve, quanto bastava cioè per la formazione di un piccolo gruppo di credenti che egli si incaricava poi di seguire con lettere e visite successive, sue o dei suoi confratelli. Così poteva dar vita a comunità autonome, alle quali poi lasciava il compito di portare a termine l’evangelizzazione di tutta la regione.

Paolo si spostava da Oriente a Occidente seguendo la grandi strade romane con l’intento di giungere fino a Roma, la capitale dell’impero: solo da lì infatti il vangelo di Gesù avrebbe potuto irradiarsi in tutto il mondo allora conosciuto.