Parte III: La storia di Urantia
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Corpo di Personalità dell’Universo Locale
agente per autorità di Gabriele di
Salvington.
INDICE
Fascicolo 57: L’origine di Urantia
2. Lo stadio nebulare primario
3. Lo stadio nebulare secondario
4. Gli stadi terziario e quaternario
5. L’origine di Monmatia — Il sistema solare di Urantia
6. Lo stadio del sistema solare — L’era di formazione dei pianeti
7. L’era meteorica — L’era vulcanica L’atmosfera planetaria primitiva
8. La stabilizzazione della crosta terrestre
Fascicolo 58: L’istituzione della vita su Urantia
1. Requisiti preliminari alla vita fisica
4. L’era degli albori della vita
7. Il libro della storia geologica
Fascicolo 59: L’era della vita marina su Urantia
1. La vita marina primitiva nei mari poco profondi L’era dei trilobiti
2. Lo stadio della prima sommersione dei continenti L’era degli animali invertebrati
3. Il secondo grande stadio di sommersione Il periodo del corallo – l’era dei brachiopodi
4. Lo stadio della grande emersione delle terre
5. Lo stadio di cambiamento della crosta terrestre
6. Lo stadio di transizione climatica
Fascicolo 60: Urantia durante l’era della vita terrestre primitiva
1. L’era primitiva dei rettili
2. L’era successiva dei rettili
3. Lo stadio cretaceo Il periodo delle piante da fiore L’era degli uccelli
4. La fine del periodo calcareo
Fascicolo 61: L’era dei mammiferi su Urantia
1. Lo stadio delle nuove terre continentali L’era dei primi mammiferi
2. Lo stadio recente di sommersione L’era dei mammiferi evoluti
3. Lo stadio delle montagne moderne L’era dell’elefante e del cavallo
4. Lo stadio recente di elevazione dei continenti L’ultima grande migrazione dei mammiferi
6. L’uomo primitivo nell’era glaciale
7. Il seguito dell’era glaciale
Fascicolo 62: Le razze precorritrici dell’uomo primitivo
2. I mammiferi precursori dell’uomo
6. L’evoluzione della mente umana
7. Il riconoscimento come mondo abitato
Fascicolo 63: La prima famiglia umana
5. La dispersione degli Andoniti
6. Onagar — il primo insegnante della verità
7. La sopravvivenza di Andon e Fonta
Fascicolo 64: Le razze evoluzionarie di colore
5. L’origine delle razze di colore
6. Le sei razze Sangik di Urantia
7. La dispersione delle razze di colore
Fascicolo 65: Il supercontrollo dell’evoluzione
1. Le funzioni dei Portatori di Vita
5. Le vicissitudini dell’evoluzione della vita
6. Le tecniche evoluzionarie della vita
7. I livelli evoluzionari della mente
8. L’evoluzione nel tempo e nello spazio
Fascicolo 66: Il Principe Planetario di Urantia
3. Dalamatia — la città del Principe
Fascicolo 67: La ribellione planetaria
1. Il tradimento di Caligastia
2. Lo scoppio della ribellione
4. I cento di Caligastia dopo la ribellione
5. Le conseguenze immediate della ribellione
7. Le ripercussioni remote del peccato
8. L’eroe umano della ribellione
Fascicolo 68: Gli albori della civiltà
1. La socializzazione protettiva
2. I fattori del progresso sociale
3. L’influenza socializzante della paura dei fantasmi
5. Le tecniche per il suolo — le arti di sostentamento
Fascicolo 69: Le istituzioni umane primitive
1. Le istituzioni umane basilari
3. La specializzazione del lavoro
6. Il fuoco in relazione alla civiltà
7. L’utilizzazione degli animali
8. La schiavitù come fattore di civiltà
Fascicolo 70: L’evoluzione del governo umano
2. Il valore sociale della guerra
3. Le associazioni umane primitive
7. I circoli primitivi e le società segrete
10. L’evoluzione della giustizia
12. Le attribuzioni dell’autorità civile
Fascicolo 71: Lo sviluppo dello Stato
2. L’evoluzione del governo rappresentativo
4. La civilizzazione progressiva
5. L’evoluzione della competizione
Fascicolo 72: Il governo su un pianeta vicino
5. L’organizzazione industriale
6. L’assicurazione sulla vecchiaia
8. Le scuole superiori speciali
9. Il piano del suffragio universale
10. Il comportamento verso il crimine
Fascicolo 73: Il Giardino di Eden
2. La progettazione del Giardino
4. L’allestimento del Giardino
3. Adamo ed Eva prendono conoscenza del pianeta
6. La vita familiare di Adamo ed Eva
8. La leggenda della creazione
Fascicolo 75: L’inadempienza di Adamo ed Eva
4. La comprensione dell’inadempienza
5. Le ripercussioni dell’inadempienza
6. Adamo ed Eva lasciano il Giardino
7. La degradazione di Adamo ed Eva
8. La cosiddetta caduta dell’uomo
Fascicolo 76: Il secondo giardino
1. Gli Edeniti entrano in Mesopotamia
6. La sopravvivenza di Adamo ed Eva
Fascicolo 77: Le creature intermedie
9. I cittadini permanenti di Urantia
Fascicolo 78: La razza viola dopo i giorni di Adamo
1. Ripartizione razziale e culturale
2. Gli Adamiti nel secondo giardino
3. Le prime espansioni degli adamiti
6. Le ultime dispersioni andite
7. Le inondazioni in Mesopotamia
8. I Sumeri — gli ultimi Anditi
Fascicolo 79: L’espansione andita in Oriente
2. La conquista andita dell’India
4. L’invasione ariana dell’India
5. Gli uomini rossi e gli uomini gialli
6. L’alba della civiltà cinese
8. La civiltà cinese posteriore
Fascicolo 80: L’espansione andita in Occidente
1. Gli Adamiti entrano in Europa
2. I cambiamenti climatici e geologici
4. Le invasioni andite dell’Europa
5. La conquista andita dell’Europa settentrionale
7. Gli Anditi delle isole del Mediterraneo
Fascicolo 81: Lo sviluppo della civiltà moderna
2. Gli strumenti della civiltà
3. Città, manifattura e commercio
6. Il mantenimento della civiltà
Fascicolo 82: L’evoluzione del matrimonio
3. I costumi primitivi del matrimonio
4. Il matrimonio sotto i costumi della proprietà
Fascicolo 83: L’istituzione del matrimonio
1. Il matrimonio come istituzione sociale
2. Il corteggiamento ed il fidanzamento
4. La cerimonia del matrimonio
6. La vera monogamia — il matrimonio di coppia
7. Lo scioglimento del vincolo coniugale
8. L’idealizzazione del matrimonio
Fascicolo 84: Il matrimonio e la vita di famiglia
1. Le associazioni primitive di coppia
3. La famiglia sotto il dominio del padre
4. La condizione della donna nella società primitiva
5. La donna sotto l’evoluzione dei costumi
6. L’associazione dell’uomo e della donna
7. Gli ideali della vita di famiglia
8. I pericoli dell’autogratificazione
Fascicolo 85: Le origini dell’adorazione
1. L’adorazione di pietre e di colline
2. L’adorazione di piante e di alberi
4. L’adorazione degli elementi
5. L’adorazione dei corpi celesti
7. Gli aiutanti dell’adorazione e della saggezza
Fascicolo 86: L’evoluzione primitiva della religione
1. Il caso: fortuna e sfortuna
2. La personificazione del caso
4. Il concetto di sopravvivenza dopo la morte
5. Il concetto di anima fantasma
6. L’ambiente degli spiriti fantasma
7. La funzione della religione primitiva
Fascicolo 87: I culti dei fantasmi
3. L’adorazione degli antenati
4. Buoni e cattivi spiriti fantasma
5. Il progresso del culto dei fantasmi
Fascicolo 88: Feticci, amuleti e magia
Fascicolo 89: Peccato, sacrificio ed espiazione
6. L’evoluzione dei sacrifici umani
7. Le modificazioni del sacrificio umano
Fascicolo 90: Lo Sciamanesimo — stregoni e sacerdoti
1. I primi sciamani — gli stregoni
3. La teoria sciamanica della malattia e della morte
4. La medicina al tempo degli sciamani
Fascicolo 91: L’evoluzione della preghiera
5. Le ripercussioni sociali della preghiera
6. La sfera d’azione della preghiera
7. Misticismo, estasi ed ispirazione
8. La preghiera come esperienza personale
9. Le condizioni per una preghiera efficace
Fascicolo 92: L’ulteriore evoluzione della religione
1. La natura evoluzionaria della religione
3. La natura della religione evoluzionaria
7. L’ulteriore evoluzione della religione
Fascicolo 93: Machiventa Melchizedek
1. L’incarnazione di Machiventa
3. Gli insegnamenti di Melchizedek
6. Il patto di Melchizedek con Abramo
7. I missionari di Melchizedek
9. Dopo la partenza di Melchizedek
10. Lo status attuale di Machiventa Melchizedek
Fascicolo 94: Gli insegnamenti di Melchizedek in Oriente
1. Gli insegnamenti di Salem nell’India vedica
5. La lotta per la verità in Cina
12. Il concetto di Dio nel Buddismo
Fascicolo 95: Gli insegnamenti di Melchizedek nel Levante
1. La religione di Salem in Mesopotamia
2. La religione egiziana primitiva
3. L’evoluzione dei concetti morali
4. Gli insegnamenti di Amenemope
6. Le dottrine di Salem in Iran
7. Gli insegnamenti di Salem in Arabia
Fascicolo 96: Yahweh — il Dio degli Ebrei
1. I concetti di deità presso i semiti
6. Il concetto di Dio dopo la morte di Mosè
7. I salmi ed il libro di Giobbe
Fascicolo 97: L’evoluzione del concetto di Dio presso gli Ebrei
1. Samuele — il primo dei profeti ebrei
8. Storia sacra e storia profana
Fascicolo 98: Gli insegnamenti di Melchizedek in Occidente
1. La religione di Salem tra i Greci
2. Il pensiero filosofico greco
3. Gli insegnamenti di Melchizedek a Roma
6. Il mitraismo ed il Cristianesimo
Fascicolo 99: I problemi sociali della religione
1. La religione e la ricostruzione sociale
2. La debolezza della religione istituzionale
3. La religione e le persone religiose
4. Le difficoltà della transizione
5. Gli aspetti sociali della religione
7. Il contributo della religione
Fascicolo 100: La religione nell’esperienza umana
3. I concetti di valore supremo
6. I segni di una vita religiosa
7. L’apice della vita religiosa
Fascicolo 101: La natura reale della religione
3. Le caratteristiche della religione
5. L’espansione della religione mediante la rivelazione
6. L’esperienza religiosa progressiva
7. Una filosofia personale della religione
10. La religione quale liberatrice dell’uomo
Fascicolo 102: I fondamenti della fede religiosa
1. Le assicurazioni della fede
3. Conoscenza, saggezza e perspicacia
5. La supremazia del potenziale finalizzato
6. La certezza della fede religiosa
Fascicolo 103: La realtà dell’esperienza religiosa
1. La filosofia della religione
3. La religione e la razza umana
6. La coordinazione filosofica
8. La filosofia e la religione
Fascicolo 104: Crescita del concetto di Trinità
1. I concetti Urantiani di Trinità
2. Unità trinitaria e pluralità di Deità
Fascicolo 105: La Deità e la realtà
1. Il concetto filosofico dell’IO SONO
2. L’IO SONO come trino e come settuplo
3. I Sette Assoluti dell’Infinità
5. La promulgazione della realtà finita
6. Le ripercussioni della realtà finita
7. L’eventuazione dei trascendentali
Fascicolo 106: I livelli della realtà dell’universo
1. L’associazione primaria dei funzionali del finito
2. L’integrazione suprema secondaria del finito
3. L’associazione terziaria trascendentale della realtà
4. L’integrazione quaternaria ultima
5. L’associazione coassoluta o della quinta fase
6. L’integrazione assoluta o della sesta fase
9. L’unificazione esistenziale infinita
Fascicolo 107: Origine e natura degli Aggiustatori di Pensiero
1. L’origine degli Aggiustatori di Pensiero
2. La classificazione degli Aggiustatori
3. La sede degli Aggiustatori su Divinington
4. Natura e presenza degli Aggiustatori
5. Il tipo di mente degli Aggiustatori
6. Gli Aggiustatori quali puri spiriti
7. Gli Aggiustatori e la personalità
Fascicolo 108: Missione e ministero degli Aggiustatori di Pensiero
2. Requisiti indispensabili per il soggiorno dell’aggiustatore
3. L’organizzazione e l’amministrazione
4. Relazione con altre influenze spirituali
5. La missione degli Aggiustatori
Fascicolo 109: Relazione degli Aggiustatori con le creature dell’universo
1. Lo sviluppo degli Aggiustatori
2. Gli Aggiustatori auto-operanti
3. Relazione degli Aggiustatori con i tipi mortali
4. Gli Aggiustatori e la personalità umana
5. Gli ostacoli materiali al soggiorno degli Aggiustatori
6. La persistenza dei veri valori
7. Il destino degli Aggiustatori Personalizzati
Fascicolo 110: Relazione degli Aggiustatori con i singoli mortali
1. La residenza nella mente umana
2. Gli Aggiustatori e la volontà umana
3. La cooperazione con l’aggiustatore
4. Il lavoro dell’Aggiustatore nella mente
5. Concetti errati sulla guida degli Aggiustatori
7. Il raggiungimento dell’immortalità
Fascicolo 111: L’Aggiustatore e l’anima
1. L’arena mentale della scelta
5. La consacrazione della scelta
7. Il problema dell’Aggiustatore
Fascicolo 112: La sopravvivenza della personalità
4. Gli Aggiustatori dopo la morte
5. La sopravvivenza dell’io umano
7. La fusione con l’Aggiustatore
Fascicolo 113: I guardiani serafici del destino
3. Relazione con altre influenze spirituali
5. Il ministero serafico presso i mortali
6. Gli angeli guardiani dopo la morte
7. I serafini e la carriera ascendente
Fascicolo 114: Il governo planetario dei serafini
2. Il consiglio dei supervisori planetari
3. Il governatore generale residente
6. I serafini maestri di supervisione planetaria
7. Il corpo di riserva del destino
Fascicolo 115: L’Essere Supremo
1. Relatività dei quadri concettuali
2. La base assoluta della Supremazia
3. L’originale, l’attuale ed il potenziale
4. Le fonti della realtà del supremo
5. Relazione del Supremo con la Trinità del Paradiso
6. Relazione del Supremo con le Triodità
Fascicolo 116: L’Onnipotente Supremo
2. L’Onnipotente e Dio il Settuplo
3. L’Onnipotente e la Deità del Paradiso
4. L’Onnipotente e i Creatori Supremi
5. L’Onnipotente e i Controllori Settupli
7. L’organismo vivente del grande universo
1. La natura dell’Essere Supremo
2. La fonte della crescita evoluzionaria
3. Il significato del Supremo per le creature dell’universo
5. La superanima della creazione
Fascicolo 118: Il Supremo e l’Ultimo — tempo e spazio
2. L’onnipresenza e l’ubiquità
3. Le relazioni tra il tempo e lo spazio
4. La causalità primaria e secondaria
5. L’onnipotenza e la co-possibilità
6. L’onnipotenza e l’onnifacenza
7. L’onniscienza e la predestinazione
8. Il controllo ed il supercontrollo
10. Le funzioni della provvidenza
Fascicolo 119: I conferimenti di Cristo Micael
7. Il settimo ed ultimo conferimento
8. Lo status di Micael dopo i suoi conferimenti
PARTE III.
TITOLI E AUTORI
PARTE III. La Storia di Urantia
Fascicolo . I Titoli dei Fascicoli . Autore
057. L’origine di Urantia . Portatore di Vita
058. L’istituzione della vita su Urantia . Portatore di Vita
059. L’era della vita marina su Urantia . Portatore di Vita
060. Urantia durante l’era della vita terrestre primitiva . Portatore di Vita
061. L’era dei mammiferi su Urantia . Portatore di Vita
062. Le razze precorritrici dell’uomo primitivo . Portatore di Vita
063. La prima famiglia umana . Portatore di Vita
064. Le razze evoluzionarie di colore . Portatore di Vita
065. Il supercontrollo dell’evoluzione . Portatore di Vita
066. Il Principe Planetario di Urantia . Melchizedek
067. La ribellione planetaria . Melchizedek
068. Gli albori della civiltà . Melchizedek
069. Le istituzioni umane primitive . Melchizedek
070. L’evoluzione del governo umano . Melchizedek
071. Lo sviluppo dello Stato . Melchizedek
072. Il governo su un pianeta vicino . Melchizedek
073. Il Giardino di Eden . Solonia
074. Adamo ed Eva . Solonia
075. L’inadempienza di Adamo ed Eva . Solonia
076. Il secondo giardino . Solonia
077. Le creature intermedie . Arcangelo
078. La razza viola dopo i giorni di Adamo . Arcangelo
079. L’espansione andita in Oriente . Arcangelo
080. L’espansione andita in Occidente . Arcangelo
081. Lo sviluppo della civiltà moderna . Arcangelo
082. L’evoluzione del matrimonio . Il Capo dei Serafini
083. L’istituzione del matrimonio . Il Capo dei Serafini
084. Il matrimonio e la vita di famiglia . Il Capo dei Serafini
085. Le origini dell’adorazione . Un Brillante Astro della Sera
086. L’evoluzione primitiva della religione . Un Brillante Astro della Sera
087. I culti dei fantasmi . Un Brillante Astro della Sera
088. Feticci, amuleti e magia . Un Brillante Astro della Sera
089. Peccato, sacrificio ed espiazione . Un Brillante Astro della Sera
090. Lo Sciamanesimo — stregoni e sacerdoti . Melchizedek
091. L’evoluzione della preghiera . Il Capo degli Intermedi
092. L’ulteriore evoluzione della religione . Melchizedek
093. Machiventa Melchizedek . Melchizedek
094. Gli insegnamenti di Melchizedek in Oriente . Melchizedek
095. T 095. Gli insegnamenti di Melchizedek nel Levante . Melchizedek
096. Yahweh — il Dio degli Ebrei . Melchizedek
097. L’evoluzione del concetto di Dio presso gli Ebrei . Melchizedek
098. Gli insegnamenti di Melchizedek in Occidente . Melchizedek
099. I problemi sociali della religione . Melchizedek
100. La religione nell’esperienza umana . Melchizedek
101. La natura reale della religione . Melchizedek
102. I fondamenti della fede religiosa . Melchizedek
103. La realtà dell’esperienza religiosa . Melchizedek
104. Crescita del concetto di Trinità . Melchizedek
105. La Deità e la realtà . Melchizedek
106. I livelli della realtà dell’universo . Melchizedek
107. Origine e natura degli Aggiustatori di Pensiero . Messaggero Solitario
108. Missione e ministero degli Aggiustatori di Pensiero . Messaggero Solitario
109. Relazione degli Aggiustatori con le creature dell’universo . Messaggero Solitario
110. Relazione degli Aggiustatori con i singoli mortali . Messaggero Solitario
111. L’Aggiustatore e l’anima . Messaggero Solitario
112. La sopravvivenza della personalità . Messaggero Solitario
113. I guardiani serafici del destino . Il Capo dei Serafini
114. Il governo planetario dei serafini . Il Capo dei Serafini
115. L’Essere Supremo . Un Possente Messaggero
116. L’Onnipotente Supremo . Un Possente Messaggero
117. Dio il Supremo . Un Possente Messaggero
118. Il Supremo e l’Ultimo — tempo e spazio . Un Possente Messaggero
119. I conferimenti di Cristo Micael . Il Capo degli Astri della Sera
(651.1) 57:0.1 NEL presentare, per gli annali di Urantia, alcuni estratti degli archivi di Jerusem concernenti gli antecedenti e la storia primitiva del pianeta, siamo stati invitati a calcolare il tempo in termini di uso corrente — secondo l’attuale calendario, con anno bisestile, di 365 giorni ed 1/4 per anno. Come regola generale non faremo alcun tentativo di presentare degli anni esatti, benché essi siano registrati. Utilizzeremo i numeri interi più vicini come metodo migliore per presentare questi fatti storici.
(651.2) 57:0.2 Quando ci riferiamo ad un avvenimento di uno o due milioni di anni fa, ci proponiamo di datare tale evento retrocedendo del numero di anni indicato a partire dai primi decenni del ventesimo secolo dell’era cristiana. Descriveremo quindi questi avvenimenti lontani come accaduti in periodi interi di migliaia, milioni e miliardi di anni.
(651.3) 57:1.1 Urantia ha avuto origine nel vostro sole ed il vostro sole appartiene alla multiforme progenie della nebulosa di Andronover, che fu un tempo organizzata come parte componente del potere fisico e della sostanza materiale dell’universo locale di Nebadon. E questa grande nebulosa stessa ebbe origine dal carico di forza universale dello spazio nel superuniverso di Orvonton molto, molto tempo fa.
(651.4) 57:1.2 Nel momento in cui inizia questo racconto, gli Organizzatori Maestri di Forza Primari del Paradiso avevano da lungo tempo il completo controllo delle energie spaziali che furono più tardi organizzate sotto forma della nebulosa di Andronover.
(651.5) 57:1.3 987.000.000.000 di anni fa, l’organizzatore di forza associato allora operante come ispettore numero 811.307 della serie di Orvonton, che viaggiava fuori di Uversa, riferì agli Antichi dei Giorni che le condizioni dello spazio erano favorevoli per l’inizio di fenomeni di materializzazione in un certo settore di quello che allora era il segmento orientale di Orvonton.
(651.6) 57:1.4 900.000.000.000 di anni fa, gli archivi di Uversa attestano che fu registrato un permesso accordato dal Consiglio dell’Equilibrio di Uversa al governo del superuniverso, che autorizzava l’invio di un organizzatore di forza e del suo gruppo nella regione precedentemente indicata dall’ispettore numero 811.307. Le autorità di Orvonton incaricarono lo scopritore originale di questo universo potenziale di eseguire il mandato degli Antichi dei Giorni che prevedeva l’organizzazione di una nuova creazione materiale.
(652.1) 57:1.5 La registrazione di questa autorizzazione significa che l’organizzatore di forza ed il suo personale erano già partiti da Uversa per il lungo viaggio verso quel settore orientale dello spazio dove in seguito avrebbero intrapreso quelle prolungate attività che sarebbero culminate nell’emersione di una nuova creazione fisica in Orvonton.
(652.2) 57:1.6 875.000.000.000 di anni fa, fu debitamente dato inizio all’enorme nebulosa di Andronover, numero 876.926. Era necessaria la sola presenza dell’organizzatore di forza e del suo gruppo di collegamento per avviare il vortice d’energia che doveva alla fine trasformarsi in questo vasto ciclone spaziale. Dopo aver dato inizio a tali rotazioni nebulari, gli organizzatori di forza viventi si sono semplicemente ritirati perpendicolarmente al piano del disco in rotazione; e a partire da quel momento le qualità insite nell’energia assicurano l’evoluzione progressiva e ordinata di questo nuovo sistema fisico.
(652.3) 57:1.7 A partire da quest’epoca la narrazione si sposta sulle attività delle personalità del superuniverso. In realtà la storia ha il suo vero inizio a questo punto — nel momento preciso in cui gli organizzatori di forza del Paradiso si apprestano a ritirarsi, dopo aver preparato le condizioni dell’energia spaziale per l’azione dei direttori di potere e dei controllori fisici del superuniverso di Orvonton.
(652.4) 57:2.1 Tutte le creazioni materiali evoluzionarie nascono da nebulose circolari e gassose, e tutte queste nebulose primarie sono circolari durante la prima parte della loro esistenza gassosa. Via via che invecchiano esse divengono generalmente spirali, e quando la loro funzione di formatrici di soli ha terminato il suo corso, esse prendono spesso la forma finale di ammassi stellari o di enormi soli circondati da un numero variabile di pianeti, di satelliti e di formazioni materiali minori che assomigliano sotto molti aspetti al vostro minuscolo sistema solare.
(652.5) 57:2.2 800.000.000.000 di anni fa, la creazione di Andronover era ben definita come una delle magnifiche nebulose primarie di Orvonton. Quando gli astronomi degli universi vicini osservarono questo fenomeno dello spazio, videro molto poco che potesse attirare la loro attenzione. Le stime della gravità fatte nelle creazioni adiacenti indicavano che nelle regioni di Andronover stavano avendo luogo delle materializzazioni spaziali, ma questo era tutto.
(652.6) 57:2.3 700.000.000.000 di anni fa, il sistema di Andronover stava assumendo proporzioni gigantesche e furono inviati altri controllori fisici su nove creazioni materiali circostanti affinché fornissero il loro appoggio e portassero il loro contributo ai centri di potere di questo nuovo sistema materiale che si evolveva così rapidamente. In quell’epoca lontana tutti i materiali lasciati in eredità alle creazioni susseguenti erano contenuti entro i confini di questa gigantesca ruota spaziale, che continuava a girare e, dopo aver raggiunto il suo diametro massimo, a girare sempre più velocemente via via che si condensava e si contraeva.
(652.7) 57:2.4 600.000.000.000 di anni fa, fu raggiunto l’apice del periodo di mobilitazione dell’energia di Andronover; la nebulosa aveva raggiunto il massimo della sua massa. In quel momento essa era una nube circolare di gas gigantesca con una forma abbastanza simile ad uno sferoide appiattito. Questo fu il periodo iniziale di formazione differenziale della massa e di variazione della velocità di rotazione. La gravità ed altre influenze stavano per iniziare la loro opera di conversione dei gas spaziali in materia organizzata.
(653.1) 57:3.1 L’enorme nebulosa cominciò allora ad assumere gradualmente la forma spirale e a divenire chiaramente visibile anche agli astronomi degli universi lontani. Questa è la storia naturale della maggior parte delle nebulose. Prima che comincino a liberare dei soli e ad iniziare il lavoro di formazione di universi, queste nebulose secondarie dello spazio sono generalmente osservate come fenomeni spirali.
(653.2) 57:3.2 Gli astronomi vicini di quell’epoca lontana, osservando questa metamorfosi della nebulosa di Andronover, videro esattamente ciò che vedono gli astronomi del ventesimo secolo quando puntano i loro telescopi verso lo spazio ed osservano le nebulose spirali attuali dello spazio esterno adiacente.
(653.3) 57:3.3 Al raggiungimento della massa massima, il controllo di gravità del contenuto gassoso cominciò ad indebolirsi, e ne seguì la fase di fuga dei gas, la fuoriuscita di gas sotto forma di due braccia gigantesche e distinte, che avevano origine da due lati opposti della massa madre. Le rapide rivoluzioni di questo enorme nucleo centrale conferirono ben presto alle due correnti di gas che fuoriuscivano un aspetto spirale. Il raffreddamento e la condensazione susseguente di porzioni di queste braccia sporgenti produssero alla fine il loro aspetto nodoso. Tali porzioni più dense erano vasti sistemi e sottosistemi di materia fisica che roteavano nello spazio in mezzo alla nuvola gassosa della nebulosa, restando saldamente mantenuti nella presa della gravità della ruota madre.
(653.4) 57:3.4 Ma la nebulosa aveva cominciato a contrarsi, e l’aumento della sua velocità di rotazione ridusse ulteriormente il controllo della gravità. E poco dopo le regioni gassose esterne cominciarono effettivamente a sfuggire alla presa diretta del nucleo nebulare, fuoriuscendo nello spazio su circuiti dal profilo irregolare, ritornando poi alle regioni nucleari per completare i loro circuiti, e così via. Ma si trattava solo di una fase temporanea della progressione nebulare. La velocità sempre crescente del vortice avrebbe presto proiettato nello spazio enormi soli su circuiti indipendenti.
(653.5) 57:3.5 Questo è ciò che avvenne in Andronover tantissime ere or sono. La ruota d’energia aumentò sempre più fino a raggiungere la sua massima espansione, e poi, quando cominciò la contrazione, essa girò sempre più veloce sino a che, alla fine, fu raggiunta la fase centrifuga critica ed iniziò la grande disgregazione.
(653.6) 57:3.6 500.000.000.000 di anni fa, nacque il primo sole di Andronover. Questa fascia fiammeggiante sfuggì alla presa della gravità della madre e si lanciò bruscamente nello spazio verso un’avventura indipendente nel cosmo della creazione. La sua orbita fu determinata dal tracciato della sua fuga. I giovani soli di questo tipo diventano rapidamente sferici e cominciano la loro lunga e movimentata carriera di stelle dello spazio. Ad eccezione dei nuclei nebulari terminali, la stragrande maggioranza dei soli di Orvonton ha avuto un’origine analoga. Questi soli che evadono attraversano differenti periodi di evoluzione e di susseguente servizio nell’universo.
(653.7) 57:3.7 400.000.000.000 di anni fa, iniziò il periodo di ricattura della nebulosa di Andronover. Molti dei soli vicini più piccoli furono ricatturati a seguito del progressivo ampliamento e dell’ulteriore condensazione del nucleo madre. Ben presto iniziò la fase terminale di condensazione nebulare, il periodo che precede sempre la separazione finale di queste immense aggregazioni spaziali di energia e di materia.
(654.1) 57:3.8 Fu appena un milione di anni dopo quest’epoca che Micael di Nebadon, un Figlio Creatore Paradisiaco, scelse questa nebulosa in disintegrazione come luogo della sua avventura per la costruzione di un universo. Quasi immediatamente cominciò la creazione dei mondi architettonici di Salvington e dei gruppi planetari delle capitali delle cento costellazioni. Ci volle quasi un milione di anni per completare questi gruppi di mondi appositamente creati. I pianeti capitale dei sistemi locali furono costruiti nell’arco di un periodo che si estende da quest’epoca fino a cinque miliardi di anni fa.
(654.2) 57:3.9 300.000.000.000 di anni fa, i circuiti solari di Andronover erano ben stabiliti ed il sistema nebulare stava attraversando un periodo transitorio di relativa stabilità fisica. In quest’epoca il personale di Micael arrivò su Salvington ed il governo di Uversa, capitale di Orvonton, estese il riconoscimento fisico all’universo locale di Nebadon.
(654.3) 57:3.10 200.000.000.000 di anni fa, si assisté all’aumento della contrazione e della condensazione di Andronover con un’enorme generazione di calore nel suo ammasso centrale o massa nucleare. Apparve dello spazio relativo anche nelle regioni vicine alla ruota centrale del sole madre. Le regioni esterne divenivano più stabili e meglio organizzate. Alcuni pianeti che giravano attorno ai soli appena nati si erano sufficientemente raffreddati da consentire l’impianto della vita. I più vecchi pianeti abitati di Nebadon datano da quest’epoca.
(654.4) 57:3.11 Ora il meccanismo universale completato di Nebadon comincia a funzionare per la prima volta, e la creazione di Micael viene registrata su Uversa come universo di abitazione e d’ascensione progressiva di mortali.
(654.5) 57:3.12 100.000.000.000 di anni fa, fu raggiunto l’apice nebulare della tensione della condensazione ed ottenuto il punto massimo della tensione calorica. Questo stadio critico della contesa tra il calore e la gravità dura talvolta delle ere, ma presto o tardi il calore vince la battaglia sulla gravità ed inizia il periodo spettacolare della dispersione dei soli. E ciò segna la fine della carriera secondaria di una nebulosa dello spazio.
(654.6) 57:4.1 Lo stadio primario di una nebulosa è circolare; quello secondario è spiraliforme; lo stadio terziario è quello della prima dispersione dei soli, mentre il quaternario comprende il secondo ed ultimo ciclo di dispersione dei soli, durante il quale il nucleo madre finisce come un ammasso globulare o come un sole solitario che funge da centro di un sistema solare terminale.
(654.7) 57:4.2 75.000.000.000 di anni fa, questa nebulosa aveva raggiunto l’apice del suo stadio di famiglia solare. Questo fu il punto culminante del primo periodo di perdite dei soli. Da allora la maggior parte di questi soli sono entrati essi stessi in possesso di estesi sistemi di pianeti, di satelliti, di isole oscure, di comete, di meteore e di nuvole di polvere cosmica.
(654.8) 57:4.3 50.000.000.000 di anni fa, questo primo periodo di dispersione dei soli era terminato; la nebulosa stava rapidamente finendo il suo ciclo terziario d’esistenza durante il quale diede origine a 876.926 sistemi solari.
(654.9) 57:4.4 25.000.000.000 di anni fa, si assisté al completamento del ciclo terziario di vita della nebulosa, che portò all’organizzazione e alla stabilizzazione relativa degli immensi sistemi stellari derivati da questa progenitrice nebulare. Ma il processo di contrazione fisica e di accresciuta produzione di calore continuò nella massa centrale del residuo nebulare.
(655.1) 57:4.5 10.000.000.000 di anni fa, cominciò il ciclo quaternario di Andronover. La massima temperatura della massa nucleare era stata raggiunta; si stava avvicinando il punto critico di condensazione. Il nucleo madre originale era in convulsione sotto la pressione congiunta della tensione di condensazione del proprio calore interno e della crescente attrazione della gravità ciclica dello sciame circostante di sistemi solari liberati. Le eruzioni nucleari che dovevano inaugurare il secondo ciclo solare nebulare erano imminenti. Stava per cominciare il ciclo quaternario d’esistenza della nebulosa.
(655.2) 57:4.6 8.000.000.000 di anni fa, cominciò la formidabile eruzione terminale. Solo i sistemi esterni sono al riparo al momento di un tale sconvolgimento cosmico. E questo fu l’inizio della fine della nebulosa. Tale sgorgamento finale di soli si estese su un periodo di quasi due miliardi di anni.
(655.3) 57:4.7 7.000.000.000 di anni fa, si assisté all’apogeo della disgregazione finale di Andronover. Questo fu il periodo della nascita dei soli terminali più grandi e del punto culminante delle perturbazioni fisiche locali.
(655.4) 57:4.8 6.000.000.000 di anni fa, si celebrò la fine della disgregazione terminale e la nascita del vostro sole, il cinquantaseiesimo a partire dall’ultimo della seconda famiglia solare di Andronover. Questa eruzione finale del nucleo nebulare diede origine a 136.702 soli, la maggior parte dei quali erano globi solitari. Il numero totale di soli e di sistemi solari originati dalla nebulosa di Andronover fu di 1.013.628. Il sole del vostro sistema solare porta il numero 1.013.572.
(655.5) 57:4.9 Oramai la grande nebulosa di Andronover non esiste più, ma continua a vivere nei numerosi soli e nelle loro famiglie planetarie originati da questa nube madre dello spazio. Il residuo nucleare finale di questa magnifica nebulosa arde ancora con un bagliore rossastro e continua a diffondere una luce ed un calore moderati sulla sua restante famiglia planetaria di centosessantacinque mondi, che girano ora attorno a questa venerabile madre di due possenti generazioni di monarchi di luce.
(655.6) 57:5.1 5.000.000.000 di anni fa, il vostro sole era un globo incandescente relativamente isolato, che aveva raccolto a sé la maggior parte della materia circolante nello spazio vicino, i residui del recente sconvolgimento che aveva accompagnato la sua nascita.
(655.7) 57:5.2 Oggi il vostro sole ha raggiunto una stabilità relativa, ma i cicli di macchie solari ogni undici anni e mezzo ricordano che in gioventù era una stella variabile. Durante i primi tempi del vostro sole la contrazione continua ed il conseguente aumento graduale della temperatura diedero inizio ad enormi convulsioni sulla sua superficie. Questi titanici sollevamenti richiedevano tre giorni e mezzo per completare un ciclo di cambiamento della luminosità. Questo stato variabile, questa pulsazione periodica, resero il vostro sole estremamente sensibile a certe influenze esterne che doveva ben presto subire.
(655.8) 57:5.3 Il quadro dello spazio locale era dunque pronto per l’origine straordinaria di Monmatia, nome della famiglia planetaria del vostro sole, il sistema solare al quale appartiene il vostro mondo. Meno dell’uno per cento dei sistemi planetari di Orvonton ha avuto un’origine simile.
(655.9) 57:5.4 4.500.000.000 di anni fa, l’enorme sistema di Angona cominciò ad avvicinarsi a questo sole isolato. Il centro di questo grande sistema era un gigante oscuro dello spazio, solido, potentemente carico ed in possess
(656.1) 57:5.5 Via via che Angona si avvicinava al sole, nei momenti di massima espansione delle pulsazioni solari, fiumi di materia gassosa erano proiettati nello spazio come gigantesche lingue solari. All’inizio queste lingue fiammeggianti di gas ricadevano invariabilmente nel sole, ma a mano a mano che Angona si avvicinava, l’attrazione gravitazionale di questo gigantesco visitatore divenne così forte che le lingue di gas si spezzavano in certi punti e le radici ricadevano nel sole mentre le parti esterne si staccavano per formare dei corpi di materia indipendenti, dei meteoriti solari, che si mettevano immediatamente a girare attorno al sole su orbite ellittiche proprie.
(656.2) 57:5.6 Via via che il sistema di Angona si avvicinava, le estrusioni solari divennero sempre più abbondanti; una quantità crescente di materia fu estratta dal sole per formare corpi indipendenti che circolavano nello spazio circostante. Questa situazione si sviluppò per circa cinquecentomila anni, fino a quando Angona ebbe raggiunto il punto più vicino al sole. Al che il sole, in concomitanza con una delle sue periodiche convulsioni interne, subì un parziale smembramento; da lati opposti e simultaneamente sgorgarono enormi volumi di materia. Dalla parte di Angona fu estratta una vasta colonna di gas solari, notevolmente rigonfia al centro e con le due estremità piuttosto appuntite, che sfuggì definitivamente al controllo gravitazionale diretto del sole.
(656.3) 57:5.7 Questa grande colonna di gas solari, che fu staccata in tal modo dal sole, si evolvé successivamente nei dodici pianeti del sistema solare. Il gas liberato per contraccolpo dalla parte opposta del sole, in sincronismo ciclico con l’estrusione di questo gigantesco antenato del sistema solare, si è da allora condensato nelle meteore e nella polvere spaziale del sistema solare, anche se una grande, una grandissima quantità di questa materia fu successivamente ricatturata dalla gravità solare via via che il sistema di Angona si allontanava nelle profondità dello spazio.
(656.4) 57:5.8 Benché Angona fosse riuscito a trascinare fuori il materiale ancestrale dei pianeti del sistema solare e l’enorme volume di materia attualmente circolante attorno al sole sotto forma di asteroidi e di meteore, non riuscì ad impadronirsi di alcuna parte di questa materia solare. Il sistema visitatore non si avvicinò abbastanza da sottrarre effettivamente alcunché della sostanza del sole, ma roteò sufficientemente vicino da attrarre nello spazio intermedio tutta la materia che compone l’attuale sistema solare.
(656.5) 57:5.9 I cinque pianeti interni ed i cinque pianeti esterni si formarono ben presto in miniatura a partire dai nuclei in corso di raffreddamento e di condensazione nelle estremità affusolate e meno voluminose della gigantesca protuberanza di gravità che Angona era riuscito a staccare dal sole, mentre Saturno e Giove furono formati dalle porzioni centrali più voluminose e più rigonfie. La potente forza d’attrazione gravitazionale di Giove e di Saturno catturò ben presto la maggior parte dei materiali sottratti da Angona, come testimonia il movimento retrogrado di alcuni dei loro satelliti.
(656.6) 57:5.10 Giove e Saturno, avendo avuto origine dal centro stesso dell’enorme colonna di gas solari surriscaldati, contenevano una tale quantità di materiale solare ad alta temperatura che brillavano di una luce scintillante ed emettevano enormi volumi di calore. In realtà essi furono dei soli secondari per un breve periodo dopo la loro formazione come corpi spaziali separati. Questi due pianeti più grossi del sistema solare sono rimasti in larga misura gassosi fino ad oggi, non essendosi nemmeno raffreddati al punto da solidificarsi o da condensarsi completamente.
(656.7) 57:5.11 I nuclei di contrazione gassosa degli altri dieci pianeti raggiunsero presto lo stadio di solidificazione e cominciarono così ad attirare a sé quantità crescenti della materia meteorica che circolava nello spazio circostante. I mondi del sistema solare ebbero dunque una doppia origine: nuclei di condensazione gassosa accresciuti successivamente dalla cattura di enormi quantità di meteore. In verità essi continuano ancora a catturare meteore, ma in numero assai minore.
(657.1) 57:5.12 I pianeti non girano attorno al sole sul piano equatoriale della loro madre solare, cosa che farebbero se fossero stati espulsi dalla rotazione solare. Essi si spostano piuttosto sul piano dell’estrusione solare causata da Angona, che si trovava ad un considerevole angolo rispetto al piano dell’equatore solare
(657.2) 57:5.13 Mentre Angona non fu in grado di catturare alcunché della massa solare, il vostro sole aggiunse alla sua famiglia planetaria in corso di metamorfosi alcuni dei materiali spaziali circolanti del sistema visitatore. A causa dell’intenso campo gravitazionale di Angona, la sua famiglia planetaria tributaria descriveva delle orbite a considerevole distanza dal gigante oscuro. Poco dopo l’estrusione della massa ancestrale del vostro sistema solare e mentre Angona era ancora in prossimità del sole, tre dei pianeti maggiori del sistema di Angona passarono così vicino all’antenato massivo del sistema solare che la sua forza d’attrazione gravitazionale, accresciuta da quella del sole, fu sufficiente per prevalere sulla presa di gravità di Angona e staccare definitivamente questi tre tributari del vagabondo celeste.
(657.3) 57:5.14 Tutto il materiale del sistema solare derivato dal sole fu dotato originariamente di un movimento orbitale a direzione omogenea, e se non fosse stato per l’intrusione di questi tre corpi spaziali estranei, tutto il materiale del sistema solare avrebbe continuato a conservare la stessa direzione di movimento orbitale. In effetti l’impatto dei tre tributari di Angona introdusse nel sistema solare emergente nuove forze direzionali estranee con la conseguente apparizione del movimento retrogrado. In ogni sistema astronomico il movimento retrogrado è sempre accidentale ed appare sempre a seguito dell’impatto da collisione con corpi spaziali estranei. È possibile che tali collisioni non producano sempre un movimento retrogrado, ma nessun movimento retrogrado appare mai se non in un sistema contenente masse che hanno origine diversa.
(657.4) 57:6.1 Dopo la nascita del sistema solare seguì un periodo di diminuzione dello sgorgamento solare. Per un altro periodo di cinquecentomila anni il sole continuò a riversare volumi decrescenti di materia nello spazio circostante. Ma durante questi primi tempi di orbite erratiche, quando i corpi circostanti si trovavano al loro punto più vicino al sole, il genitore solare era capace di ricatturare una parte consistente di questo materiale meteorico.
(657.5) 57:6.2 I pianeti più vicini al sole furono i primi a subire un rallentamento nella loro rotazione a causa della frizione ciclica. Tali influenze gravitazionali contribuiscono anche alla stabilizzazione delle orbite planetarie agendo da freno sulla velocità di rotazione assiale dei pianeti, facendo girare un pianeta sempre più lentamente fino a che la rotazione assiale si arresta. Ciò lascia un emisfero del pianeta costantemente rivolto verso il sole o il corpo più grande, com’è dimostrato dal pianeta Mercurio e dalla luna, la quale presenta sempre la stessa faccia verso Urantia.
(657.6) 57:6.3 Quando le frizioni cicliche della luna e della terra saranno rese uguali, la terra presenterà sempre lo stesso emisfero verso la luna, e il giorno equivarrà al mese — con una durata di circa 47 giorni. Quando questa stabilità delle orbite sarà raggiunta, le frizioni cicliche agiranno in senso inverso, cessando di allontanare la luna dalla terra ed attirando progressivamente il satellite verso il pianeta. Ed allora, in quel lontano futuro in cui la luna si avvicinerà a circa diciottomila chilometri dalla terra, l’azione della gravità di quest’ultima provocherà la frantumazione della luna, e tale esplosione di gravità ciclica ridurrà la luna in piccole particelle, che potranno riunirsi attorno al pianeta sotto forma di anelli di materia simili a quelli di Saturno od essere progressivamente attirati sulla terra sotto forma di meteore.
(658.1) 57:6.4 Se i corpi spaziali sono simili per dimensione e densità possono avvenire delle collisioni. Ma se due corpi spaziali di densità simile hanno una dimensione relativamente disuguale, allora, quando il più piccolo si avvicina progressivamente al più grande, la disgregazione del corpo più piccolo avviene allorché il raggio della sua orbita diventa inferiore a due volte e mezzo il raggio del corpo più grande. In verità le collisioni tra i giganti dello spazio sono rare, ma queste esplosioni gravitazionali cicliche di corpi più piccoli sono abbastanza frequenti.
(658.2) 57:6.5 Le stelle filanti si manifestano in sciami perché sono frammenti di corpi materiali più grandi che sono stati disgregati dalla gravità ciclica esercitata da corpi spaziali vicini ancora più grandi. Gli anelli di Saturno sono i frammenti di un satellite disgregato. Una delle lune di Giove si sta ora avvicinando pericolosamente alla zona critica di disgregazione ciclica e, tra alcuni milioni di anni, sarà reclamata dal pianeta oppure sottoposta alla disgregazione ciclica gravitazionale. Molto, molto tempo fa, il quinto pianeta del vostro sistema solare percorse un’orbita irregolare, avvicinandosi periodicamente sempre di più a Giove fino ad entrare nella zona critica di disgregazione gravitazionale ciclica; fu rapidamente frammentato e divenne l’attuale sciame di asteroidi.
(658.3) 57:6.6 4.000.000.000 di anni fa, si assisté all’organizzazione dei sistemi di Giove e di Saturno in forma molto simile a quella osservata oggi, salvo per le loro lune, che continuarono ad aumentare di dimensioni per parecchi miliardi di anni. Infatti, tutti i pianeti e i satelliti del sistema solare stanno ancora crescendo a seguito delle continue catture meteoriche.
(658.4) 57:6.7 3.500.000.000 di anni fa, i nuclei di condensazione degli altri dieci pianeti erano ben formati ed i nuclei della maggior parte delle lune erano intatti, benché alcuni dei satelliti più piccoli si siano in seguito uniti per formare le odierne lune più grandi. Quest’epoca può essere considerata l’era dell’assemblaggio planetario.
(658.5) 57:6.8 3.000.000.000 di anni fa, il sistema solare funzionava quasi come oggi. I suoi membri continuavano a crescere di dimensioni poiché le meteore spaziali continuavano a riversarsi a ritmo prodigioso sui pianeti e sui loro satelliti.
(658.6) 57:6.9 In quest’epoca il vostro sistema solare fu iscritto sul registro fisico di Nebadon e ricevette il nome di Monmatia.
(658.7) 57:6.10 2.500.000.000 di anni fa, i pianeti erano enormemente cresciuti di dimensioni. Urantia era una sfera ben sviluppata con circa un decimo della sua massa attuale e stava ancora crescendo rapidamente per apporto meteorico.
(658.8) 57:6.11 Tutta questa prodigiosa attività fa normalmente parte dell’edificazione di un mondo evoluzionario dell’ordine di Urantia e costituisce le premesse astronomiche che preparano lo scenario all’inizio dell’evoluzione fisica su tali mondi dello spazio, in preparazione alle avventure di vita del tempo.
(658.9) 57:7.1 Durante tutto questo periodo iniziale le regioni spaziali del sistema solare pullulavano di piccoli corpi disgregati e condensati, ed in assenza di un’atmosfera di combustione protettiva, tali corpi spaziali si schiantavano direttamente sulla superficie di Urantia. Questi impatti incessanti mantenevano la superficie del pianeta più o meno calda, e ciò, unitamente all’azione crescente della gravità via via che il pianeta s’ingrossava, cominciò a mettere in azione quelle influenze che portarono gradualmente gli elementi pesanti, quali il ferro, ad accumularsi sempre di più verso il centro del pianeta.
(659.1) 57:7.2 2.000.000.000 di anni fa, la terra cominciò a prevalere nettamente sulla luna. Il pianeta era sempre stato più grosso del suo satellite, ma non c’era una tale differenza di dimensioni prima di quest’epoca, nel corso della quale enormi corpi spaziali furono catturati dalla terra. Urantia aveva allora circa un quinto della sua dimensione attuale ed era divenuta abbastanza grande da trattenere l’atmosfera primitiva che aveva cominciato ad apparire a seguito del conflitto interiore degli elementi tra l’interno riscaldato e la crosta in corso di raffreddamento.
(659.2) 57:7.3 L’attività vulcanica propriamente detta risale a questi tempi. Il calore interno della terra continuò ad aumentare per l’interramento sempre più profondo degli elementi radioattivi o più pesanti portati dallo spazio dalle meteore. Lo studio di questi elementi radioattivi rivelerà che la superficie di Urantia ha più di un miliardo di anni. La misurazione del radio è il vostro cronometro più attendibile per valutare scientificamente l’età del pianeta, ma tutte queste stime sono molto limitate perché i materiali radioattivi disponibili per la vostra ricerca provengono tutti dalla superficie terrestre e questi elementi perciò rappresentano acquisizioni relativamente recenti da parte di Urantia.
(659.3) 57:7.4 1.500.000.000 di anni fa, la terra era due terzi della sua taglia attuale, mentre la luna si stava avvicinando alla sua massa odierna. Il rapido vantaggio della terra sulla luna quanto a dimensione le permise di sottrarre lentamente la poca atmosfera che il suo satellite possedeva in origine.
(659.4) 57:7.5 L’attività vulcanica è ora al suo culmine. Tutta la terra è un vero e proprio inferno; la sua superficie assomiglia a quella del suo stato iniziale di fusione prima che i metalli più pesanti gravitassero verso il centro. Questa è l’era vulcanica. Ciò nonostante si sta gradualmente formando una crosta costituita principalmente di granito comparativamente più leggero. Si sta preparando la scena per un pianeta che possa un giorno mantenere la vita.
(659.5) 57:7.6 L’atmosfera planetaria primitiva si sta lentamente evolvendo; essa contiene ora una certa quantità di vapore acqueo, di ossido di carbonio, di anidride carbonica e di cloruro d’idrogeno; ma l’azoto libero e l’ossigeno libero sono scarsi o nulli. L’atmosfera di un mondo nell’era vulcanica presenta uno spettacolo singolare. Oltre ai gas enumerati essa è fortemente carica di numerosi gas vulcanici, e via via che si forma la cintura atmosferica, vi si aggiungono i prodotti della combustione delle abbondanti piogge meteoriche che si abbattono costantemente sulla superficie del pianeta. Tale combustione meteorica mantiene l’ossigeno atmosferico molto vicino all’esaurimento, ed il ritmo dei bombardamenti meteorici è ancora intensissimo.
(659.6) 57:7.7 Ben presto l’atmosfera diventa più stabile e sufficientemente raffreddata per dare inizio a precipitazioni di pioggia sulla rovente superficie rocciosa del pianeta. Per migliaia di anni Urantia è stato avviluppato in una vasta e continua coltre di vapore. E durante queste ere il sole non ha mai brillato sulla superficie della terra.
(659.7) 57:7.8 Gran parte del carbonio dell’atmosfera le fu sottratto per formare i carbonati dei vari metalli che abbondavano negli strati superficiali del pianeta. Più tardi, quantità molto più grandi di questi gas carbonici furono consumati dalla primitiva e prolifica vita vegetale.
(660.1) 57:7.9 Anche nei periodi successivi le persistenti colate di lava e la caduta di meteore esaurirono quasi completamente l’ossigeno dell’aria. Anche i primi depositi dell’oceano primitivo, che apparve ben presto, non contenevano né pietre colorate né scisti. E per lungo tempo dopo l’apparizione di questo oceano non vi fu praticamente ossigeno libero nell’atmosfera; ed esso non apparve in quantità rilevanti prima che fosse generato più tardi dalle alghe marine e da altre forme di vita vegetale.
(660.2) 57:7.10 L’atmosfera planetaria primitiva dell’era vulcanica offre poca protezione contro gli impatti per collisione degli sciami meteorici. Milioni e milioni di meteore possono penetrare questa cintura d’aria per schiantarsi sotto forma di corpi solidi sulla crosta planetaria. Ma con il trascorrere del tempo decresce il numero di meteore che si rivelano abbastanza grosse da resistere allo scudo di frizione sempre più resistente dell’atmosfera arricchita d’ossigeno delle ere successive.
8. La stabilizzazione della crosta terrestre
L’era dei terremoti
L’oceano mondiale ed il primo continente
(660.3) 57:8.1 1.000.000.000 di anni fa, è la data dell’effettivo inizio della storia di Urantia. Il pianeta aveva raggiunto approssimativamente la sua taglia attuale, ed in quest’epoca fu iscritto sui registri fisici di Nebadon e ricevette il suo nome, Urantia.
(660.4) 57:8.2 L’atmosfera e le incessanti precipitazioni di umidità facilitarono il raffreddamento della crosta terrestre. L’azione vulcanica equilibrò ben presto la pressione calorica interna e la contrazione della crosta; e mentre i vulcani diminuirono rapidamente, con il progredire di quest’era di raffreddamento e di assestamento della crosta, fecero la loro apparizione i terremoti.
(660.5) 57:8.3 La vera storia geologica di Urantia comincia con quel raffreddamento della crosta terrestre sufficiente a provocare la formazione del primo oceano. La condensazione del vapore acqueo sulla superficie della terra in corso di raffreddamento, una volta cominciata, continuò fino a quando fu praticamente completa. Alla fine di questo periodo l’oceano era esteso a tutto il mondo, ricoprendo l’intero pianeta per una profondità media di quasi due chilometri. Le maree operavano allora in modo molto simile ad oggi, ma questo oceano primitivo non era salato; era praticamente un rivestimento d’acqua dolce del mondo. In quel tempo la maggior parte del cloro era combinata con vari metalli, ma c’è abbastanza cloro combinato con l’idrogeno da rendere quest’acqua leggermente acida.
(660.6) 57:8.4 All’inizio di quest’era lontana Urantia va considerato come un pianeta contornato d’acqua. Più tardi, delle colate di lava d’origine più profonda, e quindi più densa, sgorgarono sul fondo dell’attuale Oceano Pacifico, e questa parte di superficie ricoperta d’acqua si abbassò considerevolmente. La prima massa di terra continentale emerse dall’oceano mondiale come aggiustamento compensatore dell’equilibrio dovuto al progressivo ispessimento della crosta terrestre.
(660.7) 57:8.5 950.000.000 di anni fa, Urantia presenta l’immagine di un unico grande continente e di una vasta massa d’acqua, l’Oceano Pacifico. I vulcani sono ancora molto numerosi e i terremoti sono frequenti e violenti. Le meteore continuano a bombardare la terra, ma stanno diminuendo sia di frequenza che di dimensioni. L’atmosfera si sta rischiarando, ma la quantità di anidride carbonica continua ad essere alta. La crosta terrestre si sta gradualmente stabilizzando.
(660.8) 57:8.6 È in quest’epoca che Urantia fu assegnato al sistema di Satania per l’amministrazione planetaria e fu iscritto nel registro della vita di Norlatiadek. Cominciò allora il riconoscimento amministrativo della piccola ed insignificante sfera che era destinata a diventare il pianeta sul quale Micael si sarebbe successivamente impegnato nella sua stupenda impresa di conferimento come mortale, ed avrebbe partecipato a quelle esperienze che da allora hanno fatto conoscere localmente Urantia come il “mondo della croce”.
(661.1) 57:8.7 900.000.000 di anni fa, si assisté all’arrivo su Urantia del primo gruppo ricognitore di Satania inviato da Jerusem per esaminare il pianeta e fare un rapporto sulla possibilità del suo adattamento come stazione sperimentale di vita. Questa commissione era composta da ventiquattro membri e comprendeva Portatori di Vita, Figli Lanonandek, Melchizedek, serafini ed altri ordini di vita celeste che si occupano dell’organizzazione e dell’amministrazione iniziali dei pianeti.
(661.2) 57:8.8 Dopo un’accurata ispezione del pianeta questa commissione ritornò a Jerusem e fece al Sovrano del Sistema un rapporto favorevole, raccomandando che Urantia fosse iscritto sul registro di sperimentazione della vita. Il vostro mondo fu quindi registrato su Jerusem come pianeta decimale, e fu notificato ai Portatori di Vita che erano autorizzati ad istituire nuovi modelli di mobilitazione meccanica, chimica ed elettrica al momento del loro successivo arrivo con i mandati di trapianto ed innesto della vita.
(661.3) 57:8.9 A tempo debito furono definite dalla commissione mista dei dodici di Jerusem, e furono approvate dalla commissione planetaria dei settanta di Edentia, le misure per l’occupazione del pianeta. Questi piani, proposti dal consiglio consultivo dei Portatori di Vita, furono definitivamente accettati su Salvington. Subito dopo le comunicazioni di Nebadon trasmisero la notizia che Urantia sarebbe divenuto lo scenario in cui i Portatori di Vita avrebbero eseguito il loro sessantesimo esperimento in Satania destinato ad ampliare e migliorare il tipo sataniano dei modelli di vita di Nebadon.
(661.4) 57:8.10 Poco dopo Urantia fu riconosciuto per la prima volta nelle trasmissioni universali in tutto Nebadon, e gli fu accordato il pieno status dell’universo. Subito dopo esso fu registrato negli archivi dei pianeti capitale del settore minore e del settore maggiore del superuniverso; e prima della fine di quest’era Urantia era stato iscritto nel registro della vita planetaria di Uversa.
(661.5) 57:8.11 Tutta quest’era fu caratterizzata da frequenti e violente tempeste. La crosta terrestre primitiva era in uno stato di mutamento continuo. Il raffreddamento della superficie si alternava ad immense colate di lava. In nessuna parte della superficie del pianeta si può trovare la benché minima traccia di questa crosta planetaria originale. Essa è stata tutta mescolata troppe volte con le lave scaturite da grandi profondità e con i successivi depositi dell’oceano mondiale primitivo.
(661.6) 57:8.12 In nessuna parte della superficie del mondo si può trovare una quantità maggiore di residui modificati di queste antiche rocce preoceaniche che a nordest del Canada, attorno alla Baia di Hudson. Questa vasta elevazione di granito è composta di una roccia appartenente alle ere preoceaniche. Gli strati rocciosi sono stati riscaldati, curvati, ritorti, accartocciati, e sono passati moltissime volte per tali esperienze metamorfiche deformanti.
(661.7) 57:8.13 Lungo tutte le ere oceaniche enormi strati di roccia stratificata priva di fossili si depositarono sul fondo di questo antico oceano. (Il calcare può formarsi a seguito di una precipitazione chimica; non tutti i calcari antichi sono stati prodotti da depositi di vita marina). In nessuna di queste antiche formazioni rocciose si troveranno tracce di vita; esse non contengono fossili a meno che, per caso, dei depositi successivi delle ere acquatiche non si siano mescolati con questi strati più antichi anteriori alla vita.
(662.1) 57:8.14 La crosta terrestre primitiva era molto instabile, ma le montagne non erano ancora in corso di formazione. Il pianeta si contraeva sotto la pressione della gravità via via che si formava. Le montagne non sono il risultato dell’abbassamento della crosta in corso di raffreddamento di una sfera che si contrae; esse appaiono più tardi a causa dell’azione della pioggia, della gravità e dell’erosione.
(662.2) 57:8.15 La massa continentale di quest’era si accrebbe fino a coprire quasi il dieci per cento della superficie terrestre. I terremoti violenti non cominciarono prima che la massa continentale fosse emersa ben sopra l’acqua. Una volta che ebbero iniziato, essi aumentarono di frequenza e di violenza per intere epoche. Per milioni e milioni di anni i terremoti sono diminuiti, ma Urantia ne subisce ancora una media di quindici al giorno.
(662.3) 57:8.16 850.000.000 di anni fa, cominciò la prima vera epoca di stabilizzazione della crosta terrestre. La maggior parte dei metalli pesanti si era assestata verso il centro del globo; la crosta in corso di raffreddamento aveva cessato di affondare su scala così estesa come nelle ere precedenti. Si era stabilito un equilibrio migliore tra le terre estruse ed il fondo più pesante dell’oceano. Il flusso del letto di lava sotto la crosta terrestre si estese quasi al mondo intero, e ciò compensò e stabilizzò le fluttuazioni dovute al raffreddamento, alla contrazione ed agli scorrimenti in superficie.
(662.4) 57:8.17 Le eruzioni vulcaniche ed i terremoti continuarono a diminuire di frequenza e di violenza. L’atmosfera si stava depurando dei gas vulcanici e del vapore acqueo, ma la percentuale di anidride carbonica era ancora elevata.
(662.5) 57:8.18 Le perturbazioni elettriche nell’aria e sulla terra stavano anch’esse decrescendo. Le colate di lava avevano portato alla superficie un miscuglio di elementi che diversificarono la crosta ed isolarono meglio il pianeta da certe energie dello spazio. E tutto ciò contribuì fortemente a facilitare il controllo dell’energia terrestre e a regolare il suo flusso, com’è rivelato dal funzionamento dei poli magnetici.
(662.6) 57:8.19 800.000.000 di anni fa, si assisté all’inaugurazione della prima grande epoca terrestre, l’era dell’accresciuta emersione continentale.
(662.7) 57:8.20 Dopo la condensazione dell’idrosfera della terra, prima nell’oceano mondiale e poi nell’Oceano Pacifico, ci si dovrebbe raffigurare quest’ultima massa d’acqua come ricoprente allora i nove decimi della superficie terrestre. Le meteore che cadevano nel mare si accumulavano sul fondo dell’oceano, perché generalmente composte di materiali pesanti. Quelle che cadevano sulla terra furono fortemente ossidate, poi intaccate dall’erosione e trascinate nei bacini oceanici. In tal modo il fondo dell’oceano divenne sempre più pesante, e a ciò si aggiungeva il peso di una massa d’acqua profonda in certi punti circa sedici chilometri.
(662.8) 57:8.21 La crescente spinta verso il basso dell’Oceano Pacifico contribuì all’ulteriore spinta verso l’alto della massa continentale. L’Europa e l’Africa cominciarono ad emergere dalle profondità del Pacifico contemporaneamente alle masse chiamate ora Australia, America del Nord e del Sud, e continente Antartico, mentre il letto dell’Oceano Pacifico era interessato da un ulteriore assestamento con affondamento compensatorio. Alla fine di questo periodo quasi un terzo della superficie del globo era costituita di terra, che formava una sola massa continentale.
(662.9) 57:8.22 Con questo aumento dell’elevazione della terra apparvero le prime differenze climatiche del pianeta. Elevazione del suolo, nuvole cosmiche ed influenze oceaniche sono i principali fattori delle fluttuazioni climatiche. La cresta della massa continentale asiatica raggiunse un’altezza di quasi quattordicimilacinquecento metri al culmine dell’emersione delle terre. Se vi fosse stata molta umidità nell’aria che spirava sopra queste regioni assai elevate, si sarebbero formati enormi strati di ghiaccio; l’era glaciale sarebbe arrivata molto prima. Trascorsero parecchie centinaia di milioni di anni prima che masse continentali così grandi riapparissero al di sopra dell’acqua.
(663.1) 57:8.23 750.000.000 di anni fa, cominciarono le prime spaccature della massa continentale sotto forma della grande fenditura nord-sud, che fu più tardi riempita dalle acque dell’oceano e che preparò la strada alla deriva verso occidente dei continenti dell’America del Nord e del Sud, compresa la Groenlandia. La lunga faglia est-ovest separò l’Africa dall’Europa e staccò dal continente asiatico le masse di terra dell’Australia, delle Isole del Pacifico, e dell’Antartico.
(663.2) 57:8.24 700.000.000 di anni fa, Urantia si stava avvicinando alla maturazione delle condizioni adatte al mantenimento della vita. La deriva dei continenti proseguiva; l’oceano penetrava sempre di più nelle terre sotto forma di lunghi bracci di mare che fornivano quelle acque poco profonde e quelle baie riparate che sono così favorevoli come habitat per la vita marina.
(663.3) 57:8.25 650.000.000 di anni fa, si assisté ad una nuova scissione delle masse terrestri e di conseguenza ad una nuova estensione dei mari continentali. E queste acque raggiunsero rapidamente quel grado di salinità che era essenziale per la vita su Urantia.
(663.4) 57:8.26 Furono questi mari e quelli che li seguirono che costituirono gli archivi della vita di Urantia, quali sono stati scoperti posteriormente nelle pagine di pietra ben conservate, volume dopo volume, mentre le ere si succedevano alle ere e le epoche si sovrapponevano alle epoche. Questi mari interni dei tempi antichi furono veramente la culla dell’evoluzione.
(663.5) 57:8.27 [Presentato da un Portatore di Vita, membro del Corpo originario di Urantia ed ora osservatore residente.]
(664.1) 58:0.1 IN tutto Satania vi sono soltanto sessantuno mondi simili ad Urantia, cioè pianeti di modificazione della vita. La maggior parte dei mondi abitati viene popolata seguendo delle tecniche stabilite. Su queste sfere i Portatori di Vita sono dotati di scarsa libertà nella pianificazione dell’impianto della vita. Ma circa un mondo su dieci è designato come pianeta decimale ed iscritto nel registro speciale dei Portatori di Vita; e su questi pianeti ci è permesso intraprendere certi esperimenti di vita nel tentativo di modificare, o se possibile di migliorare, i tipi standard dell’universo di esseri viventi.
(664.2) 58:1.1 600.000.000 di anni fa, la commissione dei Portatori di Vita inviata da Jerusem arrivò su Urantia e cominciò lo studio delle condizioni fisiche preparatorie alla promozione della vita sul mondo numero 606 del sistema di Satania. Questa sarebbe stata la nostra seicentoseiesima esperienza d’iniziazione dei modelli vitali di Nebadon in Satania e la nostra sessantesima occasione di operare cambiamenti e d’istituire modificazioni nei piani di vita basilari e standard dell’universo locale.
(664.3) 58:1.2 Si deve precisare che i Portatori di Vita non possono dare inizio alla vita prima che una sfera sia matura per l’inaugurazione del ciclo evoluzionario. Noi non possiamo accelerare lo sviluppo della vita più di quanto possa essere sopportato ed assimilato dal progresso fisico del pianeta.
(664.4) 58:1.3 I Portatori di Vita di Satania avevano progettato un modello di vita al cloruro di sodio; perciò nessun provvedimento poteva essere preso per impiantarla prima che le acque dell’oceano fossero divenute sufficientemente salate. Il tipo di protoplasma di Urantia può funzionare soltanto in una soluzione salina adeguata. Tutta la vita ancestrale — vegetale e animale — si è evoluta in un habitat di soluzione salina. Ed anche gli animali terrestri più altamente organizzati non potrebbero continuare a vivere se questa stessa soluzione salina essenziale non circolasse attraverso il loro corpo nella corrente sanguigna che bagna liberamente, letteralmente sommerge, ogni minuscola cellula vivente in questo “mare”.
(664.5) 58:1.4 I vostri antenati primitivi circolavano liberamente nell’oceano salato; oggi questa stessa soluzione salata simile a quella dell’oceano circola liberamente nel vostro corpo, bagnando ogni singola cellula con un liquido chimico paragonabile, in tutti i suoi elementi essenziali, all’acqua salata che stimolò le prime reazioni protoplasmiche delle prime cellule viventi che funzionarono sul pianeta.
(664.6) 58:1.5 Ma all’inizio di quest’era Urantia si sta evolvendo in tutti i sensi verso una condizione favorevole al mantenimento delle forme iniziali di vita marina. Lentamente ma sicuramente gli sviluppi fisici sulla terra e nelle regioni dello spazio adiacenti stanno preparando il quadro per i successivi tentativi d’impiantare le forme di vita che noi avevamo deciso sarebbero state le più adatte all’ambiente fisico in via di sviluppo — sia sulla terra che nello spazio.
(665.1) 58:1.6 Successivamente la commissione di Satania dei Portatori di Vita ritornò su Jerusem, preferendo aspettare il nuovo smembramento della massa continentale, che avrebbe fornito ancor più mari interni e baie riparate, prima d’iniziare effettivamente l’impianto della vita.
(665.2) 58:1.7 Su un pianeta in cui la vita ha un’origine marina, le condizioni ideali per l’impianto della vita sono offerte da un gran numero di mari interni, da un esteso litorale di acque poco profonde e di baie riparate. E proprio una tale distribuzione delle acque della terra si stava rapidamente sviluppando. Questi antichi mari interni avevano raramente una profondità maggiore ai centocinquanta o centottanta metri, e la luce solare può penetrare l’acqua dell’oceano per più di centottanta metri.
(665.3) 58:1.8 Fu a partire da questi litorali, con i climi dolci e regolari di un’era successiva, che la vita vegetale primitiva raggiunse la terra. Il forte contenuto di carbonio dell’atmosfera offrì alle nuove varietà terrestri delle opportunità di vita per una crescita rapida e lussureggiante. Sebbene questa atmosfera fosse allora ideale per la crescita delle piante, conteneva una tale quantità di anidride carbonica che nessun animale, ed ancor meno l’uomo, avrebbero potuto vivere sulla superficie della terra.
(665.4) 58:2.1 L’atmosfera planetaria lascia filtrare fino alla terra circa un duemiliardesimo dell’emanazione luminosa totale del sole. Se la luce che cade sull’America del Nord fosse pagata al prezzo di due centesimi per chilowattora, la bolletta annuale della luce supererebbe gli 800 milioni di miliardi di dollari. La bolletta della luce solare di Chicago ammonterebbe a molto più di 100 milioni di dollari al giorno. E non bisogna dimenticare che voi ricevete dal sole altre forme d’energia — la luce non è il solo contributo solare che raggiunge la vostra atmosfera. Vaste energie solari si riversano su Urantia incorporando lunghezze d’onda che si estendono sia al di sopra che al di sotto del campo di percezione della vista umana.
(665.5) 58:2.2 L’atmosfera terrestre è quasi opaca a molte radiazioni solari dell’estremità ultravioletta dello spettro. La maggior parte di queste onde corte è assorbita da uno strato continuo di ozono che esiste ad un’altezza di circa sedici chilometri dalla superficie della terra e si estende nello spazio per altri sedici chilometri. L’ozono che permea questa regione, alle condizioni prevalenti sulla superficie della terra, formerebbe uno strato di soli due millimetri e mezzo di spessore. Ciò nonostante questa quantità di ozono relativamente piccola ed apparentemente insignificante protegge gli abitanti di Urantia dall’eccesso delle pericolose e distruttive radiazioni ultraviolette presenti nella luce del sole. Ma se tale strato di ozono fosse appena più spesso, voi sareste privati di quei raggi ultravioletti estremamente importanti e salutari che raggiungono attualmente la superficie terrestre e che sono all’origine di una delle vostre vitamine più indispensabili.
(665.6) 58:2.3 Malgrado tutto, alcuni dei meno immaginativi tra i vostri meccanicisti mortali si ostinano a considerare la creazione materiale e l’evoluzione umana un accidente. Gli intermedi di Urantia hanno riunito più di cinquantamila fatti fisici e chimici che essi giudicano incompatibili con le leggi del caso, e che secondo loro dimostrano in modo irrefutabile la presenza di un proposito intelligente nella creazione materiale. E tutto ciò non tiene conto della loro raccolta di più di centomila constatazioni estranee al campo della fisica e della chimica, che essi affermano provare la presenza di una mente nella progettazione, nella creazione e nel mantenimento del cosmo materiale.
(666.1) 58:2.4 Il vostro sole riversa un vero diluvio di raggi mortali e la vostra gradevole vita su Urantia è dovuta all’influenza “fortuita” di più di quaranta operazioni protettrici apparentemente accidentali, simili all’azione di questo straordinario strato di ozono.
(666.2) 58:2.5 Se non ci fosse l’effetto “coperta” dell’atmosfera durante la notte, il calore si disperderebbe così rapidamente per irradiazione che sarebbe impossibile mantenere la vita senza dispositivi artificiali.
(666.3) 58:2.6 I primi otto o dieci chilometri dell’atmosfera terrestre costituiscono la troposfera; questa è la regione dei venti e delle correnti aeree che producono i fenomeni meteorologici. Al di sopra di questa zona si trova la ionosfera interna e immediatamente sopra c’è la stratosfera. Salendo dalla superficie della terra, la temperatura decresce progressivamente per dieci o dodici chilometri; a questa altitudine si registrano circa 57 gradi sotto zero. Questa gamma di temperatura dai 54 ai 57 gradi sotto zero resta immutata salendo ancora di sessantacinque chilometri; tale zona con temperatura costante è la stratosfera. Ad un’altezza dai settanta agli ottanta chilometri la temperatura comincia a salire, e questo aumento continua fino al livello delle manifestazioni aurorali, dove si raggiunge una temperatura di 650 gradi; è questo calore intenso che ionizza l’ossigeno. Ma la temperatura in un’atmosfera così rarefatta è scarsamente comparabile con la valutazione del calore sulla superficie della terra. Ricordatevi che la metà di tutta la vostra atmosfera è concentrata nei primi cinquemila metri. L’altezza dell’atmosfera della terra è indicata dalle più alte strisce luminose delle aurore boreali — circa seicentocinquanta chilometri.
(666.4) 58:2.7 I fenomeni delle aurore boreali sono direttamente collegati con le macchie solari, quei cicloni solari che ruotano in direzioni opposte al di sopra e al di sotto dell’equatore solare, come fanno gli uragani tropicali terrestri. Tali perturbazioni atmosferiche girano in direzioni opposte a seconda che si producano al di sopra o al di sotto dell’equatore.
(666.5) 58:2.8 Il potere che hanno le macchie solari di modificare le frequenze della luce dimostra che questi centri di tempeste solari funzionano come enormi magneti. Questi campi magnetici sono capaci di proiettare particelle cariche dai crateri delle macchie solari, attraverso lo spazio, fino all’atmosfera esterna della terra, dove la loro influenza ionizzante produce le spettacolari manifestazioni delle aurore boreali. Per questo si manifestano i più grandi fenomeni aurorali quando le macchie solari sono al loro culmine — o subito dopo — quando le macchie solari sono situate più generalmente all’equatore.
(666.6) 58:2.9 Anche l’ago della bussola è sensibile a questa influenza del sole, poiché s’inclina leggermente verso est al levare del sole e leggermente verso ovest quando il sole è prossimo al tramonto. Ciò avviene ogni giorno, ma durante il culmine ciclico delle macchie solari tale variazione della bussola è due volte maggiore. Queste deviazioni diurne della bussola avvengono in risposta all’accresciuta ionizzazione dell’atmosfera superiore prodotta dalla luce solare.
(666.7) 58:2.10 È la presenza di due livelli differenti di regioni conduttrici elettrizzate nella stratosfera superiore che permette la trasmissione a lunga distanza delle vostre emissioni radio su onde corte e lunghe. Le vostre trasmissioni sono talvolta disturbate dalle formidabili tempeste che si scatenano di tanto in tanto nelle zone di queste ionosfere esterne.
(666.8) 58:3.1 Durante i primi tempi della materializzazione di un universo le regioni dello spazio sono disseminate di vaste nuvole d’idrogeno, molto simili agli ammassi astronomici di polvere che caratterizzano ora molte regioni di tutto lo spazio remoto. Gran parte della materia organizzata che i soli ardenti disgregano e di sperdono sotto forma di energia radiante fu accumulata originariamente in queste nuvole spaziali d’idrogeno che apparvero ben presto. In certe condizioni eccezionali la disintegrazione degli atomi avviene anche nel nucleo delle masse d’idrogeno maggiori. Tutti questi fenomeni di costituzione e di disgregazione degli atomi, quali avvengono nelle nebulose estremamente riscaldate, sono seguiti dall’emissione di flussi ciclici di raggi spaziali corti d’energia radiante. Queste diverse radiazioni sono accompagnate da una forma d’energia spaziale sconosciuta su Urantia.
(667.1) 58:3.2 Questo carico d’energia a corto raggio dello spazio universale è quattrocento volte più intenso di tutte le altre forme d’energia radiante esistenti nei domini organizzati dello spazio. L’emissione di raggi spaziali corti, che provengano da nebulose fiammeggianti, da campi elettrici ad alta tensione, dallo spazio esterno o dalle vaste nuvole di polvere d’idrogeno, viene modificata qualitativamente e quantitativamente dalle fluttuazioni e dai cambi improvvisi di tensione della temperatura, della gravità e delle pressioni elettroniche.
(667.2) 58:3.3 Queste eventualità nell’origine dei raggi spaziali sono determinate da numerosi fenomeni cosmici come pure dalle orbite della materia circolante, che variano da circoli modificati ad ellissi estreme. Le condizioni fisiche possono essere anche grandemente alterate dal fatto che la rotazione elettronica è talvolta in direzione opposta a quella del comportamento della materia più densa, anche all’interno di una stessa zona fisica.
(667.3) 58:3.4 Le vaste nuvole d’idrogeno sono veri laboratori chimici cosmici che ospitano tutte le fasi dell’evoluzione dell’energia e della metamorfosi della materia. Potenti attività energetiche avvengono anche nei gas marginali delle grandi stelle binarie che si sovrappongono così di frequente e che perciò si mescolano largamente. Ma nessuna di queste formidabili ed estese attività energetiche dello spazio esercita la minima influenza sui fenomeni della vita organizzata — sul plasma germinativo delle cose e degli esseri viventi. Queste condizioni dell’energia dello spazio sono relative all’ambiente essenziale per l’impianto della vita, ma non hanno alcun effetto sulle modificazioni successive dei fattori ereditari del plasma germinativo, contrariamente a certi raggi più lunghi di energia radiante. La vita impiantata dai Portatori di Vita è assolutamente resistente a tutto questo stupefacente flusso di corti raggi spaziali d’energia universale.
(667.4) 58:3.5 Tutte queste condizioni cosmiche essenziali dovevano evolversi verso una condizione favorevole prima che i Portatori di Vita potessero cominciare effettivamente ad istituire la vita su Urantia.
(667.5) 58:4.1 Il fatto che noi siamo chiamati Portatori di Vita non deve confondervi. Noi possiamo portare la vita sui pianeti, e lo facciamo, ma non abbiamo portato la vita su Urantia. La vita su Urantia è unica, ha avuto origine con il pianeta. Questa sfera è un mondo di modificazione della vita. Tutta la vita che vi appare è stata elaborata da noi proprio qui sul pianeta; e non c’è nessun altro mondo in tutto Satania, e nemmeno in tutto Nebadon, che abbia un’esistenza di vita esattamente simile a quella di Urantia.
(667.6) 58:4.2 550.000.000 di anni fa, il corpo dei Portatori di Vita ritornò su Urantia. In collaborazione con alcune potenze spirituali e con certe forze superfisiche noi organizzammo ed inaugurammo i modelli originali di vita di questo mondo e li impiantammo nelle acque ospitali del regno. Tutta la vita planetaria (ad eccezione delle personalità extraplanetarie) esistita fino ai tempi di Caligastia, il Principe Planetario, ha avuto origine nei nostri tre impianti originali, identici e simultanei di vita marina. Questi tre impianti di vita sono stati denominati: centrale o Eurasiano-Africano, orientale o Australasiano, e occidentale, comprendente la Groenlandia e le Americhe.
(668.1) 58:4.3 500.000.000 di anni fa, la vita vegetale marina primitiva era ben stabilita su Urantia. La Groenlandia e la massa di terre artiche, così come l’America del Nord e del Sud, cominciavano la loro lunga e lenta deriva verso ovest. L’Africa si spostava leggermente verso sud, creando un bacino est-ovest, il bacino Mediterraneo, tra essa stessa ed il continente madre. L’Antartico, l’Australia e la terra che forma le isole del Pacifico si staccarono a sud e ad est, e da allora sono andati considerevolmente alla deriva.
(668.2) 58:4.4 Noi avevamo impiantato la forma primitiva di vita marina nelle baie tropicali riparate dei mari centrali della faglia est-ovest prodotta dalla spaccatura della massa continentale. Facendo tre impianti di vita marina noi miravamo ad assicurarci che ogni grande massa continentale portasse con sé questa vita nei suoi mari di acque calde quando le terre si fossero successivamente separate. Prevedevamo che nell’era successiva alla comparsa della vita terrestre, vasti oceani d’acqua avrebbero separato queste masse continentali alla deriva.
(668.3) 58:5.1 La deriva dei continenti continuava. Il nucleo terrestre era divenuto denso e rigido come l’acciaio, essendo sottoposto ad una pressione di quasi 3.500 tonnellate per centimetro quadrato, e a causa dell’enorme pressione della gravità era ed è ancora molto caldo nelle sue profondità interne. La temperatura aumenta scendendo dalla superficie verso il basso fino a divenire, al centro della terra, di poco superiore alla temperatura della superficie del sole.
(668.4) 58:5.2 I milleseicento chilometri esterni della massa terrestre sono principalmente costituiti da differenti tipi di roccia. Al di sotto vi sono gli elementi metallici più densi e più pesanti. Durante le ere primitive preatmosferiche il mondo era quasi fluido nel suo stato di fusione e di riscaldamento intenso, al punto che i metalli più pesanti sprofondarono notevolmente verso l’interno. Quelli che si trovano oggi vicino alla superficie rappresentano l’essudato di antichi vulcani, di estese colate di lava successive e di depositi meteorici più recenti.
(668.5) 58:5.3 La crosta esterna aveva uno spessore di circa sessantacinque chilometri. Questo guscio esterno era sostenuto da un mare di basalto fuso di spessore variabile e riposava direttamente su di esso; si trattava di uno strato mobile di lava fusa mantenuta sotto forte pressione, ma sempre tendente a scorrere qua e là per equilibrare le variazioni della pressione planetaria ed a stabilizzare così la crosta terrestre.
(668.6) 58:5.4 Ancora oggi i continenti continuano a galleggiare su questo soffice mare non cristallizzato di basalto fuso. Se non fosse per questa condizione protettiva i terremoti più violenti ridurrebbero letteralmente il mondo in pezzi. I terremoti sono prodotti dallo slittamento e dallo spostamento della crosta esterna solida e non dai vulcani.
(668.7) 58:5.5 Gli strati di lava della crosta terrestre, una volta raffreddati, formano il granito. La densità media di Urantia è di poco superiore a cinque volte a mezzo quella dell’acqua; la densità del granito è inferiore di tre volte a quella dell’acqua. Il nucleo terrestre è dodici volte più denso dell’acqua.
(668.8) 58:5.6 I fondi marini sono più densi delle masse continentali, ed è questo che mantiene i continenti sopra l’acqua. Quando i fondi marini sono spinti sopra il livello del mare, si scopre che sono costituiti in larga parte di basalto, una forma di lava considerevolmente più pesante del granito delle masse continentali. Inoltre, se i continenti non fossero più leggeri del fondo degli oceani, la gravità farebbe sollevare i bordi degli oceani sopra la terra, ma tale fenomeno non si verifica.
(668.9) 58:5.7 Il peso degli oceani contribuisce anche ad aumentare la pressione sul fondo dei mari. I fondi oceanici più profondi ma comparativamente più pesanti, più il peso dell’acqua che li ricopre, si avvicinano al peso dei continenti, più elevati ma molto più leggeri. Ma tutti i continenti tendono a scivolare negli oceani. La pressione continentale al livello dei fondi oceanici è di circa 1.400 chilogrammi per centimetro quadrato. Questa sarebbe la pressione di una massa continentale alta 5.000 metri sul fondo dell’oceano. La pressione dell’acqua sul fondo dell’oceano è solo di 350 chilogrammi circa per centimetro quadrato. Queste pressioni differenti tendono a far scivolare i continenti verso il fondo degli oceani.
(669.1) 58:5.8 L’abbassamento del fondo dell’oceano durante le ere precedenti alla vita aveva innalzato una massa continentale solitaria ad un’altezza tale che la sua spinta laterale tendeva a far scivolare verso il basso i suoi bordi orientali, occidentali e meridionali sui letti sottostanti di lava semivischiosa nelle acque circostanti dell’Oceano Pacifico. Ciò compensò così perfettamente la pressione continentale che non si produsse una vasta spaccatura sulla riva orientale di questo antico continente asiatico, ma da allora quel litorale orientale è sospeso sul precipizio delle profondità oceaniche adiacenti, minacciando di scivolare in una tomba d’acqua.
(669.2) 58:6.1 450.000.000 di anni fa, avvenne la transizione dalla vita vegetale alla vita animale. Questa metamorfosi ebbe luogo nelle acque poco profonde delle baie e delle lagune tropicali riparate, situate sugli estesi litorali dei continenti in corso di separazione. Questa trasformazione, totalmente connaturata ai modelli di vita originali, si verificò gradualmente. Vi furono numerosi stadi di transizione tra le forme primitive iniziali di vita vegetale e gli organismi animali successivi ben definiti. Ancor oggi persistono forme di transizione del limo che difficilmente possono essere classificate come piante o animali.
(669.3) 58:6.2 Sebbene l’evoluzione della vita vegetale in vita animale possa essere seguita, e benché siano state trovate serie graduate di piante e di animali che portano progressivamente dagli organismi più semplici a quelli più complessi ed avanzati, voi non riuscirete a trovare tali anelli di congiunzione tra le grandi divisioni del regno animale, né tra i tipi più evoluti di animali preumani e gli uomini degli albori delle razze umane. Questi cosiddetti “anelli mancanti” resteranno per sempre mancanti, per la semplice ragione che non sono mai esistiti.
(669.4) 58:6.3 Da un’era all’altra sorgono specie di vita animale radicalmente nuove. Esse non si evolvono a seguito del graduale accumulo di piccole variazioni; appaiono come ordini di vita nuovi e completi, ed appaiono all’improvviso.
(669.5) 58:6.4 L’improvvisa apparizione di specie nuove e di ordini diversificati di organismi viventi è completamente biologica, strettamente naturale. Non c’è niente di soprannaturale connesso con queste mutazioni genetiche.
(669.6) 58:6.5 Quando gli oceani raggiunsero un adeguato grado di salinità la vita animale si evolvé, e fu relativamente semplice fare in modo che le acque salate circolassero nei corpi animali della vita marina. Ma quando gli oceani si contrassero e la percentuale di sale aumentò considerevolmente, questi stessi animali svilupparono la capacità di ridurre la salinità del loro fluido corporeo, come gli organismi che avevano imparato a vivere nell’acqua dolce acquisirono la capacità di conservare il grado adeguato di cloruro di sodio nel loro fluido corporeo, per mezzo d’ingegnose tecniche di conservazione del sale.
(669.7) 58:6.6 Lo studio dei fossili della vita marina racchiusi nelle rocce rivela le antiche lotte di adattamento di questi organismi primitivi. Le piante e gli animali non cessano mai di fare tali esperienze di adattamento. L’ambiente è sempre in cambiamento e gli organismi viventi sono sempre impegnati ad adattare se stessi a queste fluttuazioni incessanti.
(670.1) 58:6.7 L’equipaggiamento fisiologico e la struttura anatomica di tutti i nuovi ordini di vita sono in risposta all’azione della legge fisica, ma la dotazione successiva della mente è un conferimento degli spiriti aiutanti della mente, in conformità alla capacità innata del cervello. La mente, sebbene non sia un’evoluzione fisica, dipende interamente dalla capacità del cervello acquisita mediante sviluppi puramente fisici ed evoluzionari.
(670.2) 58:6.8 Attraverso cicli quasi interminabili di guadagni e di perdite, di adattamenti e di riadattamenti, tutti gli organismi viventi progrediscono o regrediscono di era in era. Quelli che raggiungono l’unità cosmica perdurano, mentre quelli che non raggiungono questo risultato cessano di esistere.
(670.3) 58:7.1 Il vasto insieme di sistemi rocciosi che costituì la crosta esterna del mondo durante l’era degli albori della vita, o era Proterozoica, non appare più in molti punti della superficie terrestre, e quando esso emerge dai vasti sedimenti delle ere successive, vi si trovano soltanto i resti fossili della vita vegetale e della vita animale molto primitiva. Alcune di queste rocce antiche depositate dall’acqua sono mescolate a strati più recenti e presentano talvolta resti fossili di alcune delle forme più primitive di vita vegetale, mentre negli strati superiori si possono trovare occasionalmente alcune delle forme più antiche dei primi organismi animali marini. In molti luoghi gli strati rocciosi stratificati più antichi, contenenti i fossili della vita marina primitiva tanto vegetale che animale, si possono trovare direttamente al di sopra della pietra indifferenziata più antica.
(670.4) 58:7.2 I fossili di quest’era comprendono alghe, piante simili al corallo, protozoi primitivi ed organismi di transizione simili alle spugne. Ma l’assenza di tali fossili negli strati rocciosi primitivi non prova necessariamente che organismi viventi non esistessero in un’altra parte al momento in cui essi sono stati depositati. La vita fu scarsa durante tutti questi tempi primitivi e solo lentamente si fece strada sulla superficie della terra.
(670.5) 58:7.3 Le rocce di quest’era antica affiorano ora sulla superficie della terra, o sono molto vicine alla superficie, su circa un ottavo dell’attuale area continentale. Lo spessore medio di tale pietra di transizione, che forma gli strati rocciosi stratificati più antichi, è di circa duemilacinquecento metri. In certi punti lo spessore di questi antichi sistemi rocciosi raggiunge i seimilacinquecento metri, ma molti degli strati attribuiti a quest’era appartengono a periodi successivi.
(670.6) 58:7.4 Nell’America del Nord questo strato antico e primitivo di rocce fossilifere affiora sulla superficie delle regioni orientali, centrali e settentrionali del Canada. Esiste anche un crinale intermittente est-ovest di questa roccia che si estende dalla Pennsylvania e dalle antiche Montagne Adirondack in direzione ovest attraverso il Michigan, il Wisconsin ed il Minnesota. Altre catene si estendono dalla Terranova all’Alabama e dall’Alaska al Messico.
(670.7) 58:7.5 Le rocce di quest’era sono esposte qua e là in tutto il mondo, ma non ve ne sono di più facili da interpretare come quelle attorno al Lago Superiore e nel Gran Canyon del Fiume Colorado, dove tali rocce fossilifere primitive esistono in parecchi strati, a testimoniare i sollevamenti e le fluttuazioni della superficie di quei tempi remoti.
(670.8) 58:7.6 Questo strato di pietra, il più antico strato fossilifero della crosta terrestre, è stato accartocciato, piegato e bizzarramente corrugato a seguito degli sconvolgimenti dovuti ai terremoti e ai vulcani primitivi. Le colate di lava di quest’epoca fecero risalire vicino alla superficie del pianeta molto ferro, rame e piombo.
(670.9) 58:7.7 Esistono pochi luoghi sulla terra dove tali attività sono descritte più graficamente che nella valle Santa Croce nel Wisconsin. In questa regione si sono verificate centoventisette colate successive di lava sul terreno, che è stato poi sommerso dall’acqua e ricoperto dal conseguente deposito roccioso. Benché gran parte della sedimentazione rocciosa superiore e delle colate di lava intermittenti oggi sia assente, e la parte inferiore di questo sistema sia profondamente sepolta nella terra, ciò nonostante, circa sessantacinque o settanta di questi archivi stratificati delle ere passate sono ora esposti alla vista.
(671.1) 58:7.8 In queste ere lontane in cui gran parte delle terre si trovava quasi al livello del mare, avvennero molte sommersioni ed emersioni successive. La crosta terrestre stava giusto entrando nel suo ultimo periodo di relativa stabilizzazione. Le ondulazioni, i sollevamenti e gli sprofondamenti provocati dalla precedente deriva dei continenti contribuirono alla frequenza delle periodiche sommersioni delle grandi masse continentali.
(671.2) 58:7.9 Durante questi tempi della vita marina primitiva, estese zone delle rive continentali sprofondarono nei mari ad una profondità variabile da pochi metri a quasi un chilometro. Gran parte delle arenarie e dei conglomerati più antichi rappresenta gli accumuli sedimentari di queste antiche rive. Le rocce sedimentarie appartenenti a questa stratificazione primitiva riposano direttamente sugli strati che risalgono a molto prima dell’origine della vita, all’iniziale apparizione dell’oceano mondiale.
(671.3) 58:7.10 Alcuni degli strati superiori di questi depositi rocciosi di transizione contengono piccole quantità di scisti e di ardesie di colore scuro, che rivelano la presenza di carbone organico e testimoniano l’esistenza degli antenati di quelle forme di vita vegetale che invasero la terra nel corso della successiva era Carbonifera o era del carbone. Gran parte del rame contenuto in questi strati rocciosi è stata depositata dall’acqua. Se ne trova nelle fessure delle rocce più antiche ed è il concentrato delle acque paludose stagnanti di un antico litorale riparato. Le miniere di ferro dell’America del Nord e dell’Europa sono situate in depositi ed estrusioni che si estendono in parte nelle rocce non stratificate più antiche ed in parte nelle rocce stratificate più recenti dei periodi transitori di formazione della vita.
(671.4) 58:7.11 Quest’era è testimone della diffusione della vita in tutte le acque del mondo; la vita marina è ormai ben stabilita su Urantia. Il fondo dei mari interni estesi e poco profondi è progressivamente invaso da un’abbondante e lussureggiante vegetazione, mentre le acque del litorale brulicano delle forme semplici della vita animale.
(671.5) 58:7.12 Tutta questa storia è graficamente raccontata nelle pagine fossili del grande “libro di pietra” dell’archivio del mondo. E le pagine di questo gigantesco archivio biogeologico vi diranno infallibilmente la verità se solo acquisite la capacità d’interpretarle. Molti di questi antichi fondi marini sono attualmente ben al di sopra della superficie terrestre ed i loro depositi raccontano di era in era la storia delle lotte per la vita in quei tempi primitivi. È letteralmente vero, come ha detto il vostro poeta, che “la polvere che calpestiamo un tempo era viva”.
(671.6) 58:7.13 [Presentato da un membro del Corpo dei Portatori di Vita di Urantia attuamente residente sul pianeta.]
(672.1) 59:0.1 NOI stimiamo che la storia di Urantia sia cominciata circa un miliardo di anni fa e che si estenda su cinque ere maggiori:
(672.2) 59:0.2 1. L’era precedente alla vita si estende sui primi quattrocentocinquanta milioni di anni, da quando il pianeta raggiunse la sua dimensione attuale fino al momento dell’istituzione della vita. I vostri studiosi hanno chiamato questo periodo Archeozoico.
(672.3) 59:0.3 2. L’era degli albori della vita si estende sui successivi centocinquanta milioni di anni. Quest’epoca si pone tra la precedente era pre-vita, o era dei cataclismi, ed il periodo seguente di vita marina più altamente sviluppata. Quest’era è conosciuta dai vostri ricercatori con il nome di era Proterozoica.
(672.4) 59:0.4 3. L’era della vita marina copre i successivi duecentocinquanta milioni di anni e vi è meglio nota con il nome di era Paleozoica.
(672.5) 59:0.5 4. L’era della vita terrestre primitiva si estende sui successivi cento milioni di anni ed è conosciuta come era Mesozoica.
(672.6) 59:0.6 5. L’era dei mammiferi occupa gli ultimi cinquanta milioni di anni. Quest’era più recente è conosciuta con il nome di era Cenozoica.
(672.7) 59:0.7 L’era della vita marina copre dunque circa un quarto della vostra storia planetaria. Essa può essere suddivisa in sei lunghi periodi, ciascuno caratterizzato da certi sviluppi ben definiti tanto nei regni geologici che nei domini biologici.
(672.8) 59:0.8 Quando comincia quest’era, i fondi marini, le vaste piattaforme continentali ed i numerosi bacini litoranei poco profondi sono coperti da una vegetazione prolifica. Le forme più semplici e primitive della vita animale si sono già sviluppate a partire dai precedenti organismi vegetali, e gli organismi animali primitivi si sono gradualmente fatti strada lungo le estese rive delle varie masse continentali, al punto che i numerosi mari interni pullulano di vita marina primitiva. Poiché pochissimi di questi organismi primitivi avevano conchiglie, non molti si sono conservati come fossili. Tuttavia la scena è pronta per i primi capitoli di quel grande “libro di pietra” riguardante la preservazione degli archivi della vita che è stato così metodicamente redatto durante le ere successive.
(672.9) 59:0.9 Il continente dell’America del Nord è meravigliosamente ricco di depositi contenenti fossili dell’intera era della vita marina. I primi e più antichi strati sono separati dagli ultimi strati del periodo precedente da vasti depositi da erosione, che dividono nettamente questi due stadi di sviluppo planetario.
(673.1) 59:1.1 Agli inizi di questo periodo di relativa quiete sulla superficie terrestre, la vita è confinata nei vari mari interni e lungo le rive oceaniche. Fino ad ora nessuna forma di organismo terrestre si è ancora evoluta. Gli animali marini primitivi sono ben stabiliti e pronti per il successivo sviluppo evoluzionario. Le amebe, che avevano fatto la loro apparizione verso la fine del periodo di transizione precedente, sono i superstiti tipici di questo stadio iniziale di vita animale.
(673.2) 59:1.2 400.000.000 di anni fa, la vita marina, sia vegetale che animale, è abbastanza ben distribuita su tutto il mondo. Il clima planetario si riscalda leggermente e diviene più uniforme. Avviene un’inondazione generale delle rive dei vari continenti, in particolare dell’America del Nord e del Sud. Appaiono nuovi oceani e le masse d’acqua più antiche s’ingrandiscono considerevolmente.
(673.3) 59:1.3 Ora, per la prima volta, la vegetazione si arrampica lentamente sulla terraferma e fa subito notevoli progressi di adattamento ad un habitat non marino.
(673.4) 59:1.4 Improvvisamente, e senza gradazione ancestrale, fanno la loro apparizione i primi animali multicellulari. Si sono evoluti i trilobiti e per intere epoche essi dominano i mari. Dal punto di vista della vita marina questa è l’era dei trilobiti.
(673.5) 59:1.5 Verso la fine di questo periodo gran parte dell’America del Nord e dell’Europa emerse dal mare. La crosta terrestre era temporaneamente stabilizzata; delle montagne, o piuttosto delle elevazioni di terre, sorsero lungo le coste dell’Atlantico e del Pacifico, nelle Antille e nel sud dell’Europa. Tutta la regione dei Caraibi si era notevolmente innalzata.
(673.6) 59:1.6 390.000.000 di anni fa, le terre erano ancora elevate. In alcune parti dell’America orientale ed occidentale e dell’Europa occidentale si possono trovare gli strati rocciosi depositati durante quest’epoca, e sono le più antiche rocce contenenti fossili di trilobiti. C’erano molti lunghi bracci di mare che s’incuneavano all’interno delle masse continentali in cui si depositarono queste rocce fossilifere.
(673.7) 59:1.7 In capo ad alcuni milioni di anni l’Oceano Pacifico cominciò ad invadere i continenti americani. La sommersione delle terre fu principalmente dovuta ad un aggiustamento della crosta terrestre, benché l’espansione laterale delle terre, o scorrimento continentale, ne fosse anch’essa un fattore.
(673.8) 59:1.8 380.000.000 di anni fa, l’Asia si abbassava e tutti gli altri continenti subivano un’emersione di breve durata. Ma con il progredire di quest’epoca l’Oceano Atlantico, recentemente formatosi, fece estese incursioni in tutti i litorali adiacenti. L’Atlantico settentrionale, o mare Artico, era allora collegato con le acque meridionali del Golfo. Quando questo mare del sud penetrò nella depressione degli Appalachi, le sue onde s’infransero ad est contro montagne alte quanto le Alpi, ma in generale i continenti erano pianure senza interesse, del tutto prive di bellezze naturali.
(673.9) 59:1.9 I depositi sedimentari di queste ere sono di quattro tipi:
(673.10) 59:1.10 1. I conglomerati — materiali depositati vicino ai litorali
(673.11) 59:1.11 2. Le arenarie — depositi avvenuti in acque poco profonde ma dove le onde erano sufficienti per impedire al limo di depositarsi.
(673.12) 59:1.12 3. Gli scisti — depositi avvenuti in acque più profonde e più calme.
(673.13) 59:1.13 4. Il calcare — comprendente i depositi di conchiglie di trilobiti in acque profonde.
(673.14) 59:1.14 I fossili di trilobiti di quest’epoca presentano certe uniformità di base unite a certe varianti molto marcate. Gli animali primitivi che si sono evoluti a partire dai tre impianti originali di vita erano caratteristici; quelli che apparvero nell’emisfero occidentale erano leggermente differenti da quelli del gruppo eurasiano e del tipo australasiano o australiano-antartico.
(674.1) 59:1.15 370.000.000 di anni fa, avvenne la grande e quasi totale sommersione dell’America del Nord e del Sud, seguita dallo sprofondamento dell’Africa e dell’Australia. Solo alcune parti dell’America del Nord rimasero al di sopra di questi mari cambriani poco profondi. Cinque milioni di anni più tardi i mari si ritiravano davanti all’elevazione delle terre. E tutti questi fenomeni di abbassamento e di elevazione delle terre avvennero senza drammi, perché si effettuarono lentamente nel corso di milioni di anni.
(674.2) 59:1.16 Gli strati fossiliferi di trilobiti di quest’epoca affiorano qua e là in tutti i continenti, salvo che in Asia centrale. In molte regioni queste rocce sono orizzontali, ma nelle montagne sono inclinate e distorte a causa della pressione e del corrugamento. In molti luoghi tale pressione ha modificato il carattere originario di questi depositi. L’arenaria è stata trasformata in quarzo, lo scisto è stato mutato in ardesia, mentre il calcare è stato convertito in marmo.
(674.3) 59:1.17 360.000.000 di anni fa, la terra si stava ancora innalzando. L’America del Nord e del Sud erano interamente emerse. L’Europa occidentale e le Isole Britanniche stavano per emergere, ad eccezione di alcune parti del Galles che erano profondamente sommerse. Non c’erano grandi distese di ghiaccio durante queste epoche. I supposti depositi glaciali, la cui apparizione è collegata a tali strati in Europa, in Africa, in Cina ed in Australia, sono dovuti a ghiacciai di montagna isolati o a spostamenti di detriti glaciali di origine più recente. Il clima mondiale era oceanico, non continentale. I mari meridionali erano più caldi di oggi e si estendevano verso nord oltre l’America del Nord fino alle regioni polari. La Corrente del Golfo percorreva la parte centrale dell’America del Nord e deviava verso est per bagnare e riscaldare le rive della Groenlandia, facendo di questo continente oggi coperto di ghiacci un vero paradiso tropicale.
(674.4) 59:1.18 La vita marina era quasi uniforme in tutto il mondo ed era costituita da alghe, da organismi unicellulari, da spugne semplici, da trilobiti e da altri crostacei — gamberi, granchi ed aragoste. Alla fine di questo periodo apparvero tremila varietà di brachiopodi, delle quali solo duecento sono sopravvissute. Questi animali rappresentano una varietà della vita primitiva che è giunta fino all’epoca attuale praticamente immutata.
(674.5) 59:1.19 Ma i trilobiti erano le creature viventi predominanti. Essi erano animali sessuati ed esistevano in numerose forme. Essendo cattivi nuotatori essi galleggiavano pigramente sull’acqua o strisciavano sui fondi marini, arrotolandosi su se stessi per proteggersi quando erano attaccati dai loro nemici apparsi più tardi. Essi raggiungevano una lunghezza da cinque a trenta centimetri e si svilupparono in quattro gruppi distinti: carnivori, erbivori, onnivori e “mangiatori di fango”. La facoltà che avevano questi ultimi di nutrirsi prevalentemente di materie inorganiche — furono gli ultimi animali multicellulari a possederla — spiega il loro incremento e la loro lunga sopravvivenza.
(674.6) 59:1.20 Tale era il quadro biogeologico di Urantia alla fine di quel lungo periodo della storia del mondo che abbraccia cinquanta milioni di anni e che è chiamato dai vostri geologi Cambriano.
(674.7) 59:2.1 I fenomeni periodici di elevazione e di abbassamento delle terre caratteristici di quest’epoca si verificarono tutti gradualmente e senza alcunché di spettacolare, accompagnati da attività vulcanica modesta o nulla. Durante tutti questi innalzamenti ed abbassamenti successivi il continente madre asiatico non condivise completamente la storia delle altre masse terrestri. Esso attraversò numerose inondazioni, immergendosi prima in una direzione e poi in un’altra, più particolarmente nel periodo iniziale della sua storia, ma non presenta i depositi rocciosi uniformi che si possono scoprire sugli altri continenti. In epoche recenti l’Asia è stata la più stabile di tutte le masse continentali.
(675.1) 59:2.2 350.000.000 di anni fa, cominciò il grande periodo d’inondazione di tutti i continenti, ad eccezione dell’Asia centrale. Le masse terrestri furono ripetutamente coperte dall’acqua; solo gli altopiani costieri rimasero al di sopra di questi oscillanti mari interni poco profondi ma molto estesi. Tre inondazioni maggiori caratterizzarono questo periodo, ma prima che esso terminasse i continenti si alzarono di nuovo con un’emersione terrestre totale che superava del quindici per cento quella che esiste attualmente. La regione dei Caraibi era molto elevata. Questo periodo non è ben contraddistinto in Europa perché le fluttuazioni terrestri furono minori, mentre l’attività vulcanica fu più persistente.
(675.2) 59:2.3 340.000.000 di anni fa, si produsse un altro esteso abbassamento delle terre, salvo che in Asia ed in Australia. Le acque degli oceani del mondo subirono un rimescolamento generale. Questa fu una grande era di depositi calcarei, gran parte dei quali proveniva da alghe che secernevano calce.
(675.3) 59:2.4 Alcuni milioni di anni più tardi vaste porzioni dei continenti americano ed europeo cominciarono ad emergere dall’acqua. Nell’emisfero occidentale solo un braccio dell’Oceano Pacifico rimase sopra il Messico e le attuali regioni delle Montagne Rocciose, ma verso la fine di quest’epoca le coste dell’Atlantico e del Pacifico ricominciarono ad abbassarsi.
(675.4) 59:2.5 L’epoca di 330.000.000 di anni fa segna l’inizio di un periodo di relativa calma su tutto il mondo, con molte terre ancora sopra il livello dell’acqua. La sola eccezione a questo regno di calma terrestre fu l’eruzione del grande vulcano dell’America del Nord nel Kentucky orientale, una delle più grandi manifestazioni vulcaniche isolate che il pianeta abbia mai conosciuto. Le ceneri di questo vulcano coprirono una superficie di circa milletrecento chilometri quadrati per uno spessore da cinque a sei metri.
(675.5) 59:2.6 320.000.000 di anni fa, avvenne la terza inondazione maggiore di questo periodo. Le acque di tale inondazione coprirono tutte le terre sommerse dal precedente diluvio e si estesero più lontano in molte direzioni su entrambe le Americhe e sull’Europa. La parte orientale dell’America del Nord e l’Europa occidentale si trovarono sotto l’acqua ad una profondità da 3.000 a 4.500 metri.
(675.6) 59:2.7 310.000.000 di anni fa, le masse continentali del mondo erano di nuovo bene emerse ad eccezione delle parti meridionali dell’America del Nord. Il Messico emerse creando in tal modo il Mare delle Antille, che da allora ha sempre conservato la sua identità.
(675.7) 59:2.8 La vita di questo periodo continua ad evolversi. Il mondo è ancora una volta calmo e relativamente tranquillo; il clima resta mite ed uniforme; le piante terrestri migrano sempre più lontano dai litorali. I modelli di vita sono ben sviluppati, sebbene si trovino pochi fossili vegetali di quest’epoca.
(675.8) 59:2.9 Questa fu la grande era dell’evoluzione dei singoli organismi animali, benché molti dei cambiamenti fondamentali, quali la transizione dalla pianta all’animale, fossero avvenuti in precedenza. La fauna marina si sviluppò al punto che tutti i tipi di vita inferiori ai vertebrati furono rappresentati nei fossili delle rocce depositate in quest’epoca. Ma tutti questi animali erano organismi marini. Nessun animale terrestre era ancora apparso, salvo alcuni tipi di vermi che scavavano il suolo lungo le coste marine, né le piante terrestri avevano ancora ricoperto i continenti. C’era ancora troppa anidride carbonica nell’atmosfera per permettere l’esistenza dei respiratori d’aria. Fondamentalmente tutti gli animali, salvo alcuni dei più primitivi, dipendono per la loro esistenza direttamente o indirettamente dalla vita vegetale.
(676.1) 59:2.10 I trilobiti predominavano ancora. Questi piccoli animali esistevano in decine di migliaia di esemplari e furono i predecessori dei moderni crostacei. Alcuni trilobiti avevano dai venticinque ai quattromila minuscoli occhietti; altri avevano occhi rudimentali. Alla fine di questo periodo i trilobiti condividevano il dominio dei mari con numerose altre forme di vita invertebrata. Ma essi si estinsero totalmente all’inizio del periodo successivo.
(676.2) 59:2.11 Le alghe che secernevano calce erano largamente diffuse. Esistevano migliaia di specie degli antenati primitivi dei coralli. I vermi di mare erano abbondanti e c’erano molte varietà di meduse da allora estinte. I coralli ed i tipi successivi di spugne si evolvettero. I cefalopodi erano ben sviluppati e sono sopravvissuti come moderni nautilus perlacei, polipi, seppie e calamari.
(676.3) 59:2.12 C’erano numerose varietà di animali da conchiglia, ma i loro gusci non erano allora così necessari per difendersi come nelle ere seguenti. I gasteropodi erano presenti nelle acque dei mari antichi e comprendevano buccini univalva, litorine e lumache. I gasteropodi bivalva hanno attraversato milioni di anni quasi come esistevano allora, e comprendevano i datteri di mare, le vongole, le ostriche ed i pettini. Anche gli organismi a conchiglia univalva si evolvettero, e questi brachiopodi vissero in quei mari antichi quasi con la stessa forma di oggi; la loro valva era anche munita di cerniere, di dentellature e di altri tipi di dispositivi protettivi.
(676.4) 59:2.13 Così termina la storia evoluzionaria del secondo grande periodo di vita marina, conosciuto dai vostri geologi come Ordoviciano.
(676.5) 59:3.1 300.000.000 di anni fa, cominciò un altro grande periodo di sommersione delle terre. L’intrusione degli antichi mari siluriani verso nord e verso sud si preparava ad inghiottire la maggior parte dell’Europa e dell’America del Nord. Le terre non erano molto elevate sul livello del mare, cosicché non vi furono depositi importanti vicino alle rive. I mari pullulavano di animali dalle conchiglie calcaree, e la caduta di queste conchiglie sul fondo del mare provocò l’accumulo progressivo di strati di calcare molto spessi. Questo è il primo deposito calcareo largamente diffuso, che copre praticamente tutta l’Europa e l’America del Nord, ma appare in superficie soltanto in pochi luoghi. Lo spessore medio di questo antico strato roccioso è di circa trecento metri, ma depositi del genere sono stati da allora grandemente deformati da piegamenti, sollevamenti e fagliature, e molti si sono trasformati in quarzo, in scisto ed in marmo.
(676.6) 59:3.2 Non si trovano rocce ignee o lave negli strati rocciosi di questo periodo, eccetto quelle dei grandi vulcani dell’Europa meridionale e del Maine orientale e le colate di lava del Quebec. L’attività vulcanica era in gran parte terminata. Questo fu il momento culminante dei grandi depositi marini; c’erano pochissime elevazioni montuose.
(676.7) 59:3.3 290.000.000 di anni fa, i mari si erano in gran parte ritirati dai continenti ed i fondali degli oceani circostanti stavano affondando. Le masse continentali erano poco cambiate prima di essere nuovamente sommerse. Avevano inizio i primi corrugamenti montuosi su tutti i continenti, ed i più grandi di questi sollevamenti della crosta terrestre furono l’Himalaya in Asia e le grandi Montagne Caledoniane, che si estendevano dall’Irlanda, attraverso la Scozia, fino allo Spitzberg.
(677.1) 59:3.4 È nei depositi di quest’era che si trova la maggior parte del gas, del petrolio, dello zinco e del piombo. Il gas ed il petrolio derivano dagli enormi accumuli di materiali vegetali ed animali depositati al tempo della precedente sommersione terrestre, mentre i depositi minerali rappresentano la sedimentazione di masse d’acqua stagnanti. Molti depositi di salgemma risalgono a quest’epoca.
(677.2) 59:3.5 I trilobiti declinarono rapidamente ed il centro della scena fu occupato dai molluschi più grossi, o cefalopodi. Questi animali raggiunsero circa cinque metri di lunghezza e trenta centimetri di diametro e divennero i padroni dei mari. Questa specie di animali apparve improvvisamente ed assunse il dominio della vita marina.
(677.3) 59:3.6 La grande attività vulcanica di quest’era ebbe luogo nel settore europeo. Da milioni e milioni di anni non si erano verificate eruzioni vulcaniche così violente ed estese come quelle che avvennero allora attorno alla depressione mediterranea e particolarmente nelle vicinanze delle Isole Britanniche. La colata di lava sulla regione delle Isole Britanniche appare oggi sotto forma di strati alternati di lava e di roccia di circa ottomila metri di spessore. Tali rocce furono depositate dalle colate di lava intermittenti che si distesero su un letto marino poco profondo, mescolandosi così ai depositi rocciosi; e tutto questo fu successivamente elevato a grande altezza sul livello del mare. Violenti terremoti avvennero nel nord dell’Europa, particolarmente in Scozia.
(677.4) 59:3.7 Il clima oceanico restava dolce ed uniforme e i mari caldi bagnavano le rive delle terre polari. Si possono trovare in questi depositi fino al Polo Nord fossili di brachiopodi e di altri tipi di vita marina. Gasteropodi, brachiopodi, spugne ed i coralli che formano scogliere coralline continuarono a moltiplicarsi.
(677.5) 59:3.8 La fine di quest’epoca vede la seconda avanzata dei mari siluriani, accompagnata da un nuovo mescolamento delle acque oceaniche del nord e del sud. I cefalopodi dominano la vita marina, mentre forme associate di vita si sviluppano e si differenziano progressivamente.
(677.6) 59:3.9 280.000.000 di anni fa, i continenti erano largamente emersi dalla seconda inondazione siluriana. I depositi rocciosi di questa sommersione sono conosciuti nell’America del Nord sotto il nome di calcari del Niagara, perché questo è lo strato di roccia sul quale scorrono ora le Cascate del Niagara. Questo strato di roccia si estende dalle montagne dell’est alla regione della valle del Mississippi, ma si allunga verso ovest soltanto nella parte meridionale. Parecchi strati si estendono sul Canada, su parti dell’America del Sud, sull’Australia e sulla maggior parte dell’Europa; lo spessore medio di questa serie di strati del Niagara è di circa duecento metri. In molte regioni, immediatamente sopra il deposito del tipo Niagara, si trova un ammasso di conglomerati, di scisti e di salgemma. Questi accumuli sono dovuti a cedimenti secondari. Il sale si depositò in grandi lagune che furono alternativamente aperte verso il mare e poi isolate, cosicché l’evaporazione lasciò dei depositi di sale e di altre materie che erano in soluzione nell’acqua. In certe regioni questi giacimenti di salgemma raggiungono più di venti metri di spessore.
(677.7) 59:3.10 Il clima è dolce ed uniforme, e i fossili marini si depositano nelle regioni artiche. Ma alla fine di quest’epoca i mari sono talmente salati che vi sopravvive poca vita.
(677.8) 59:3.11 Verso il termine della sommersione siluriana finale c’è un grande incremento degli echinodermi — i gigli di pietra — come testimoniano i depositi di calcare crinoide. I trilobiti sono quasi scomparsi e i molluschi sono sempre i monarchi dei mari; la formazione di scogli corallini aumenta considerevolmente. Durante quest’era si sviluppano per la prima volta, nei luoghi più favorevoli, gli scorpioni d’acqua primitivi. Poco dopo, e improvvisamente, fanno la loro apparizione i veri scorpioni — effettivi respiratori d’aria.
(678.1) 59:3.12 Questi sviluppi chiudono il terzo periodo di vita marina, che copre venticinque milioni di anni e che è conosciuto dai vostri ricercatori come Siluriano.
4. Lo stadio della grande emersione
delle terre
Il periodo della vita vegetale terrestre
L’era dei pesci
(678.2) 59:4.1 Nel corso della lotta secolare tra la terra e l’acqua, per lunghi periodi il mare è stato comparativamente vittorioso, ma l’ora della vittoria della terra è vicina. Le derive dei continenti sono proseguite di volta in volta quel tanto che permette praticamente a tutte le terre del mondo di essere collegate da sottili istmi e da stretti ponti di terra.
(678.3) 59:4.2 Quando la terra emerge dall’ultima inondazione siluriana ha termine un importante periodo di sviluppo del mondo e di evoluzione della vita. Questi sono gli albori di una nuova era sulla terra. Il paesaggio nudo e senza attrattive dei tempi passati comincia a vestirsi di un verde lussureggiante e sono sul punto d’apparire le prime magnifiche foreste.
(678.4) 59:4.3 La vita marina di quest’epoca era molto varia a causa della separazione primitiva delle specie, ma tutti questi tipi differenti successivamente si associarono e si mescolarono liberamente. I brachiopodi raggiunsero rapidamente il loro apogeo, seguiti dagli artropodi, e fecero la loro prima apparizione le bernacle. Ma l’avvenimento più importante fu l’improvvisa apparizione della famiglia dei pesci. Questa divenne l’era dei pesci, il periodo della storia del mondo caratterizzato dal tipo di animale vertebrato.
(678.5) 59:4.4 270.000.000 di anni fa, i continenti erano tutti al di sopra dell’acqua. Da milioni e milioni di anni non vi erano state simultaneamente tante terre al di sopra dell’acqua; questa fu una delle più grandi epoche di emersione delle terre in tutta la storia del pianeta.
(678.6) 59:4.5 Cinque milioni di anni più tardi, le terre dell’America del Nord e del Sud, dell’Europa, dell’Africa, dell’Asia settentrionale e dell’Australia furono inondate per breve durata, con l’America del Nord sommersa di tanto in tanto quasi completamente; e gli strati calcarei che ne risultarono hanno spessori varianti da 150 a 1.500 metri. I vari mari devoniani si estesero prima in una direzione e poi in un’altra, cosicché l’immenso mare artico interno dell’America del Nord trovò uno sbocco verso l’Oceano Pacifico attraverso la California settentrionale.
(678.7) 59:4.6 260.000.000 di anni fa, verso la fine di quest’epoca di abbassamento delle terre, l’America del Nord fu parzialmente coperta da mari comunicanti, simultaneamente con le acque del Pacifico, dell’Atlantico, dell’Artico e del Golfo del Messico. I depositi di questi stadi più recenti della prima inondazione devoniana hanno uno spessore medio di circa trecento metri. Gli scogli corallini caratteristici di quest’epoca indicano che i mari interni erano limpidi e poco profondi. Questi depositi corallini sono esposti sulle sponde del Fiume Ohio vicino a Louisville, nel Kentucky, ed hanno circa trenta metri di spessore; essi contengono più di duecento varietà di coralli. Tali formazioni coralline si estendono attraverso il Canada ed il nord dell’Europa fino alle regioni artiche.
(678.8) 59:4.7 Dopo queste sommersioni gran parte del litorale si elevò considerevolmente, cosicché i depositi primitivi furono ricoperti da limo e da scisti. Esiste anche uno strato di arenaria rossa che caratterizza una delle sedimentazioni devoniane, e questo strato rosso si estende su gran parte della superficie della terra. Lo si trova in America del Nord e del Sud, in Europa, in Russia, in Cina, in Africa e in Australia. Questi depositi rossi fanno pensare a condizioni climatiche aride o semiaride, sebbene il clima di quest’epoca fosse ancora mite ed uniforme.
(679.1) 59:4.8 Per tutto questo periodo le terre a sudest dell’Isola di Cincinnati rimasero nettamente al di sopra del livello dell’acqua. Ma una grandissima parte dell’Europa occidentale, incluse le Isole Britanniche, era sommersa. Nel Galles, in Germania ed in altri luoghi dell’Europa le rocce devoniane hanno circa 6.000 metri di spessore.
(679.2) 59:4.9 250.000.000 di anni fa, si assisté all’apparizione della famiglia dei pesci, i vertebrati, una delle tappe più importanti di tutta l’evoluzione preumana.
(679.3) 59:4.10 Gli artropodi, o crostacei, furono gli antenati dei primi vertebrati. I precursori della famiglia dei pesci furono due antenati artropodi modificati; uno aveva un corpo lungo che collegava la testa alla coda, mentre l’altro era un prepesce senza spina dorsale né mascelle. Ma questi tipi preliminari furono rapidamente distrutti quando i pesci, i primi vertebrati del mondo animale, fecero la loro apparizione improvvisa provenendo dal nord.
(679.4) 59:4.11 Molti dei più grandi pesci propriamente detti appartengono a quest’era. Alcune varietà provviste di denti avevano da otto a dieci metri di lunghezza; i pescicani di oggi sono i superstiti di questi pesci antichi. I pesci polmonati e corazzati raggiunsero il culmine della loro evoluzione e, prima della fine di quest’epoca, i pesci si erano adattati sia all’acqua dolce sia all’acqua salata.
(679.5) 59:4.12 Si possono trovare dei veri letti ossei di scheletri e di denti di pesci nei depositi accumulati verso la fine di questo periodo, e ricchi strati fossili sono situati lungo la costa della California per il fatto che molte baie riparate dell’Oceano Pacifico s’incuneavano nella terra di questa regione.
(679.6) 59:4.13 La terra era rapidamente invasa dai nuovi generi di vegetazione terrestre. Finora poche piante crescevano sulla terra, salvo che in riva all’acqua. Ora, e improvvisamente, apparve la prolifica famiglia delle felci, diffondendosi velocemente sulla superficie delle terre in corso di rapida elevazione, in tutte le parti del mondo. Si svilupparono ben presto tipi di alberi grossi circa sessanta centimetri ed alti circa dodici metri; più tardi si evolvettero le foglie, ma queste varietà primitive avevano soltanto un fogliame rudimentale. C’erano anche molte piante più piccole, ma i loro fossili non si trovano perché furono generalmente distrutte dai batteri apparsi prima ancora.
(679.7) 59:4.14 Con l’elevazione dei continenti, l’America del Nord fu collegata all’Europa per mezzo dei ponti terrestri che si estendevano fino alla Groenlandia. E oggi la Groenlandia conserva i resti di queste piante terrestri primitive sotto il suo mantello di ghiaccio.
(679.8) 59:4.15 240.000.000 di anni fa, alcune parti delle terre dell’Europa e delle due Americhe cominciarono ad abbassarsi. Questo sprofondamento segnò l’apparizione dell’ultima e meno estesa delle inondazioni devoniane. I mari artici si spostarono di nuovo verso sud ed invasero gran parte dell’America del Nord; l’Atlantico inondò una larga parte dell’Europa e dell’Asia occidentale, mentre il Pacifico meridionale ricoprì la maggior parte dell’India. Questa inondazione fu lenta ad apparire quanto a ritirarsi. I Monti Catskill che costeggiano la riva occidentale del Fiume Hudson sono uno dei più grandi monumenti geologici di quest’epoca che si possano trovare sulla superficie dell’America del Nord.
(679.9) 59:4.16 230.000.000 di anni fa, i mari continuavano a ritirarsi. Gran parte dell’America del Nord era al di sopra dell’acqua ed una violenta attività vulcanica si produsse nella regione del San Lorenzo. Il Monte Royal, a Montreal, è il camino eroso di uno di questi vulcani. I depositi di tutta quest’epoca sono ben visibili nei Monti Appalachi dell’America del Nord, dove il Fiume Susquehanna ha scavato una valle che mette a nudo gli strati successivi che raggiunsero più di 4.000 metri di spessore.
(680.1) 59:4.17 L’elevazione dei continenti proseguiva e l’atmosfera cominciava ad arricchirsi di ossigeno. La terra era ricoperta da vaste foreste di felci di trenta metri di altezza e da alberi peculiari di quest’epoca, foreste silenziose. Non si sentiva il minimo rumore, nemmeno il fruscio di una foglia, perché questi alberi non avevano foglie.
(680.2) 59:4.18 E così finì uno dei più lunghi periodi di evoluzione della vita marina, l’era dei pesci. Questo periodo della storia del mondo durò quasi cinquanta milioni di anni. Esso è conosciuto dai vostri ricercatori come periodo Devoniano.
5. Lo stadio di cambiamento della
crosta terrestre
Il periodo carbonifero delle foreste di
felci
L’era delle rane
(680.3) 59:5.1 L’apparizione dei pesci durante il periodo precedente segna il punto culminante dell’evoluzione della vita marina. A partire da questo momento l’evoluzione della vita terrestre diviene sempre più importante. Questo periodo si apre con condizioni quasi ideali per l’apparizione dei primi animali terrestri.
(680.4) 59:5.2 220.000.000 di anni fa, molte zone continentali, inclusa la maggior parte dell’America del Nord, erano emerse. La terra era invasa da una vegetazione lussureggiante; questa fu veramente l’era delle felci. L’anidride carbonica era ancora presente nell’atmosfera, ma in proporzione minore.
(680.5) 59:5.3 Poco tempo dopo la parte centrale dell’America del Nord fu sommersa, creando due vasti mari interni. Le terre alte delle coste dell’Atlantico e del Pacifico erano situate appena oltre il litorale attuale. Questi due mari si unirono ben presto, mescolando le loro differenti forme di vita, e la riunione di queste faune marine segnò l’inizio del rapido declino mondiale della vita marina e l’inizio del periodo successivo di vita terrestre.
(680.6) 59:5.4 210.000.000 di anni fa, le acque calde dei mari artici coprivano la maggior parte dell’America del Nord e dell’Europa. Le acque del polo antartico inondavano l’America del Sud e l’Australia, mentre l’Africa e l’Asia erano molto elevate.
(680.7) 59:5.5 Quando i mari raggiunsero il loro livello massimo, un nuovo sviluppo evoluzionario si produsse improvvisamente. Bruscamente apparvero i primi animali terrestri. C’erano numerose specie di questi animali capaci di vivere sulla terra o nell’acqua. Questi anfibi respiratori d’aria si svilupparono dagli artropodi, le cui vesciche natatorie si erano evolute in polmoni.
(680.8) 59:5.6 Dalle acque salmastre dei mari strisciarono sulla terra lumache, scorpioni e rane. Ancor oggi le rane depongono le loro uova nell’acqua ed i loro piccoli iniziano la loro esistenza come minuscoli pesci, i girini. Questo periodo potrebbe essere definito a giusta ragione l’era delle rane.
(680.9) 59:5.7 Pochissimo tempo dopo apparvero i primi insetti che, assieme ai ragni, agli scorpioni, agli scarafaggi, ai grilli e alle cavallette, invasero ben presto i continenti del mondo. Certe libellule misuravano settantacinque centimetri di apertura alare. Si svilupparono mille specie di scarafaggi, alcuni dei quali raggiunsero dieci centimetri di lunghezza.
(680.10) 59:5.8 Due gruppi di echinodermi si svilupparono particolarmente bene, ed essi sono, infatti, i fossili guida di quest’epoca. Anche i grandi pescicani mangiatori di conchiglie avevano raggiunto un alto grado di evoluzione, e per più di cinque milioni di anni dominarono gli oceani. Il clima era ancora mite ed uniforme; la vita marina era cambiata di poco. I pesci d’acqua dolce si stavano sviluppando e i trilobiti erano prossimi all’estinzione. I coralli erano pochi e gran parte del calcare era prodotto dai crinoidi. I migliori calcari da costruzione furono depositati durante quest’epoca.
(681.1) 59:5.9 Le acque di molti mari interni erano talmente cariche di calce e di altri minerali da interferire grandemente nel progresso e nello sviluppo di numerose specie marine. Alla fine i mari si schiarirono a seguito di vaste sedimentazioni di pietra, contenenti in alcuni posti zinco e piombo.
(681.2) 59:5.10 I depositi di quest’era carbonifera iniziale hanno uno spessore da 150 a 600 metri e si compongono di arenaria, di scisto e di calcare. Gli strati più antichi contengono i fossili di animali e di piante sia terrestri sia marini, assieme a molta ghiaia e sedimenti di bacini. Si trova poco carbone sfruttabile in questi strati più antichi. In tutta l’Europa tali depositi sono molto simili a quelli dell’America del Nord.
(681.3) 59:5.11 Verso la fine di quest’epoca le terre dell’America del Nord cominciarono ad elevarsi. Ci fu una breve interruzione e poi i mari ritornarono a coprire circa la metà dei loro letti precedenti. Questa inondazione fu di breve durata e la maggior parte delle terre si ritrovarono presto ben al di sopra dell’acqua. L’America del Sud era ancora collegata all’Europa attraverso l’Africa.
(681.4) 59:5.12 Quest’epoca assisté all’inizio della formazione dei Vosgi, della Foresta Nera e degli Urali. Tronconi di altre montagne più antiche si possono trovare in tutta la Gran Bretagna e l’Europa.
(681.5) 59:5.13 200.000.000 di anni fa, cominciarono gli stadi veramente attivi del periodo carbonifero. Per venti milioni di anni prima di quest’epoca avevano cominciato a depositarsi i primi giacimenti di carbone, ma ora i processi formativi del carbone erano molto più attivi. La durata dell’epoca effettiva di deposito del carbone fu leggermente superiore ai venticinque milioni di anni.
(681.6) 59:5.14 Le terre si alzavano e si abbassavano periodicamente a causa delle variazioni del livello del mare, provocate dai movimenti dei fondi oceanici. Questa instabilità della crosta — l’abbassamento e l’innalzamento delle terre — in connessione con la prolifica vegetazione delle paludi costiere, contribuì alla formazione di enormi depositi di carbone, che hanno fatto conoscere questo periodo come il periodo Carbonifero. Ed il clima era ancora dolce in tutto il mondo.
(681.7) 59:5.15 Gli strati di carbone si alternano con scisti, rocce e conglomerati. Lo spessore di questi giacimenti di carbone nel centro e nell’est degli Stati Uniti varia da dodici a quindici metri. Ma molti di questi depositi sono stati portati via dalle acque nel corso di successive elevazioni delle terre. In alcune parti dell’America del Nord e dell’Europa gli strati carboniferi hanno 5.400 metri di spessore.
(681.8) 59:5.16 La presenza di radici di alberi piantate nell’argilla sottostante agli attuali giacimenti di carbone, dimostra che il carbone si è formato esattamente dove si trova ora. Esso è costituito dai resti conservati dall’acqua e modificati dalla pressione della rigogliosa vegetazione che cresceva nelle paludi e sulle rive degli stagni di quest’epoca lontana. Gli strati di carbone contengono spesso sia gas che petrolio. I giacimenti di torba, resti di un’antica vegetazione, si trasformerebbero in un tipo di carbone se fossero sottoposti a pressione e temperatura adeguate. L’antracite è stata sottoposta ad una pressione e ad una temperatura più alta rispetto agli altri carboni.
(681.9) 59:5.17 Nell’America del Nord gli strati di carbone dei diversi giacimenti, che indicano quante volte la terra si alzò e si abbassò, variano dai dieci nell’Illinois, ai venti in Pennsylvania, ai trentacinque nell’Alabama, fino ai settantacinque in Canada. Nei giacimenti di carbone si trovano sia fossili d’acqua dolce che d’acqua salata.
(682.1) 59:5.18 Per tutta quest’epoca le montagne dell’America del Nord e del Sud furono in movimento; le Ande e le antichissime Montagne Rocciose meridionali si stavano elevando. Le grandi regioni elevate delle coste dell’Atlantico e del Pacifico cominciarono ad affondare, divenendo alla fine così erose e sommerse che i litorali di entrambi gli oceani arretrarono approssimativamente fino alle loro posizioni attuali. I depositi di questa inondazione hanno uno spessore medio di circa 300 metri.
(682.2) 59:5.19 190.000.000 di anni fa, il mare carbonifero dell’America del Nord si estese verso ovest fino a coprire la regione attuale delle Montagne Rocciose e sboccò sull’Oceano Pacifico attraverso la California settentrionale. Il carbone continuò a depositarsi sulle Americhe e sull’Europa, strato dopo strato, via via che le regioni costiere si alzavano e si abbassavano nel corso di queste ere di oscillazioni litoranee.
(682.3) 59:5.20 180.000.000 di anni fa, ebbe termine il periodo carbonifero durante il quale il carbone si era formato nel mondo intero — in Europa, in India, in Cina, nell’Africa del Nord e nelle Americhe. Alla fine del periodo di formazione del carbone la parte dell’America del Nord situata ad est della valle del Mississippi si alzò, e la maggior parte di questa regione è rimasta da allora sopra il livello del mare. Questo periodo di elevazione terrestre segnò l’inizio della formazione delle montagne moderne dell’America del Nord, sia nella regione degli Appalachi che nell’ovest. I vulcani erano attivi nell’Alaska ed in California e nelle regioni dell’Europa e dell’Asia in cui si stavano formando delle montagne. L’America orientale e l’Europa occidentale erano collegate attraverso il continente della Groenlandia.
(682.4) 59:5.21 L’elevazione delle terre cominciò a modificare il clima marino delle ere precedenti e a sostituirvi gli inizi del meno dolce e più variabile clima continentale.
(682.5) 59:5.22 Le piante di questi tempi erano portatrici di spore ed il vento era in grado di disseminarle in tutte le direzioni. I tronchi degli alberi carboniferi avevano comunemente oltre due metri di diametro e spesso circa quaranta metri d’altezza. Le felci moderne sono veramente delle vestigia di queste ere passate.
(682.6) 59:5.23 In generale queste furono le epoche di sviluppo degli organismi d’acqua dolce; la vita marina precedente subì pochi cambiamenti. Ma la caratteristica importante di questo periodo fu l’apparizione improvvisa delle rane e dei loro numerosi cugini. Le caratteristiche principali della vita dell’era carbonifera furono le felci e le rane.
6. Lo stadio di transizione climatica
Il periodo delle piante da seme
L’era della tribolazione biologica
(682.7) 59:6.1 Questo periodo segna la fine dello sviluppo evoluzionario decisivo della vita marina e l’inizio del periodo di transizione che portò alle ere successive degli animali terrestri.
(682.8) 59:6.2 Durante quest’era vi fu un grande impoverimento della vita. Migliaia di specie marine perirono e la vita era a malapena stabilita sulla terra. Questo fu un periodo di tribolazione biologica, l’era in cui la vita scomparve quasi interamente dalla superficie della terra e dalle profondità degli oceani. Verso la fine della lunga era di vita marina esistevano più di centomila specie di organismi viventi sulla terra. Alla fine di questo periodo di transizione, ne erano sopravvissute meno di cinquecento.
(682.9) 59:6.3 Le peculiarità di questo nuovo periodo non furono dovute tanto al raffreddamento della crosta terrestre o alla lunga assenza di attività vulcanica, quanto all’insolita combinazione di normali influenze preesistenti — il restringimento dei mari e la crescente elevazione di enormi masse continentali. Il dolce clima marino dei tempi passati stava scomparendo e si stava sviluppando rapidamente il tipo di clima continentale più severo.
(683.1) 59:6.4 170.000.000 di anni fa, si produssero grandi cambiamenti ed aggiustamenti evoluzionari su tutta la superficie della terra. I continenti si stavano elevando in tutto il mondo mentre i fondi oceanici stavano affondando. Apparvero catene montuose isolate. La parte orientale dell’America del Nord si era molto elevata sul livello del mare; la parte occidentale si stava lentamente elevando. I continenti erano ricoperti da grandi e piccoli laghi salati e da numerosi mari interni collegati agli oceani da sottili stretti. Lo spessore degli strati di questo periodo di transizione varia dai 300 ai 2.000 metri.
(683.2) 59:6.5 Durante queste elevazioni di terre la crosta terrestre si piegò in modo esteso. Questo fu un periodo di emersione continentale, ad eccezione della scomparsa di alcuni ponti terrestri, inclusi i continenti che avevano così a lungo collegato l’America del Sud all’Africa e l’America del Nord all’Europa.
(683.3) 59:6.6 I laghi e i mari interni si prosciugavano gradualmente in tutto il mondo. Cominciarono ad apparire montagne isolate e ghiacciai regionali, specialmente nell’emisfero meridionale, ed in molte regioni il deposito di queste formazioni glaciali locali si può trovare anche tra alcuni depositi di carbone superiori e più tardivi. Comparvero due nuovi fattori climatici — la glaciazione e l’aridità. Molte delle regioni più elevate della terra erano divenute aride e sterili.
(683.4) 59:6.7 Per tutta la durata di questi periodi di cambiamento climatico si produssero anche grandi variazioni nella vegetazione terrestre. Apparvero per prime le piante da seme, che procurarono un’alimentazione migliore alla vita animale terrestre sviluppatasi successivamente. Gli insetti subirono un cambiamento radicale. I loro periodi di letargo cambiarono per adattarsi alle esigenze di sospensione dell’attività vitale durante l’inverno e i periodi di siccità.
(683.5) 59:6.8 Tra gli animali terrestri le rane, che avevano raggiunto il loro apice nell’era precedente, declinarono rapidamente, ma sopravvissero perché in questi tempi molto lontani ed estremamente duri potevano vivere a lungo anche nei laghetti e negli stagni in corso di prosciugamento. Durante quest’era di declino delle rane avvenne in Africa il primo passo dell’evoluzione della rana in rettile. E poiché le masse continentali erano ancora collegate, questa creatura prerettiliana, un respiratore d’aria, si diffuse in tutto il mondo. In quest’epoca l’atmosfera era stata così modificata che conveniva ottimamente alla respirazione animale. Fu subito dopo l’arrivo di queste rane prerettiliane che l’America del Nord fu temporaneamente isolata, staccata dall’Europa, dall’Asia e dall’America del Sud.
(683.6) 59:6.9 Il graduale raffreddamento delle acque oceaniche contribuì molto alla distruzione della vita oceanica. Gli animali marini di queste ere si rifugiarono temporaneamente in tre ricoveri favorevoli: la regione attuale del Golfo del Messico, la Baia del Gange in India e la Baia di Sicilia nel bacino mediterraneo. E fu da queste tre regioni che le nuove specie marine, nate per sopportare le avversità, partirono più tardi per ripopolare i mari.
(683.7) 59:6.10 160.000.000 di anni fa, la terra era in larga parte ricoperta da una vegetazione adattata al mantenimento della vita animale terrestre, e l’atmosfera era divenuta ideale per la respirazione animale. Così finisce il periodo di diminuzione della vita marina e di quei tempi duri di avversità biologica che eliminarono tutte le forme di vita, salvo quelle che avevano un valore di sopravvivenza e che erano perciò qualificate per servire da progenitrici alla vita di più rapido sviluppo ed altamente differenziata delle ere seguenti dell’evoluzione planetaria.
(684.1) 59:6.11 La fine di questo periodo di tribolazione biologica, conosciuto dai vostri studiosi come periodo Permiano, segna anche la fine della lunga era Paleozoica, che copre un quarto della storia planetaria, ossia duecentocinquanta milioni di anni.
(684.2) 59:6.12 L’immensa culla oceanica di vita su Urantia aveva adempiuto il suo compito. Durante le lunghe ere in cui la terra era inadatta al mantenimento della vita e prima che l’atmosfera contenesse abbastanza ossigeno per sostentare gli animali terrestri superiori, il mare aveva originato e nutrito la vita primitiva del regno. Ora l’importanza biologica del mare diminuisce progressivamente e comincia a svilupparsi sulla terra il secondo stadio dell’evoluzione.
(684.3) 59:6.13 [Presentato da un Portatore di Vita di Nebadon, membro del corpo originale assegnato ad Urantia.]
(685.1) 60:0.1 L’ERA della vita esclusivamente marina era finita. L’elevazione delle terre, il raffreddamento della crosta terrestre e degli oceani, il restringimento dei mari ed il loro conseguente aumento di profondità, così come il grande aumento di terre alle latitudini settentrionali, contribuirono tutti grandemente a modificare il clima del mondo in tutte le regioni lontane dalla zona equatoriale.
(685.2) 60:0.2 L’epoca finale dell’era precedente fu veramente l’era delle rane, ma queste antenate dei vertebrati terrestri non erano più dominanti, essendo sopravvissute in numero molto ridotto. Pochissimi tipi sopravvissero alle dure prove del precedente periodo di tribolazione biologica. Anche le piante portatrici di spore si erano quasi estinte.
(685.3) 60:1.1 I depositi da erosione di questo periodo erano soprattutto conglomerati, scisti e arenarie. Il gesso e gli strati rossi di tutte tali sedimentazioni, sia in America che in Europa, indicano che il clima di questi continenti era arido. Tali regioni aride furono sottoposte a notevole erosione dai violenti e periodici nubifragi sulle terre alte circostanti.
(685.4) 60:1.2 Si trovano pochi fossili in questi strati, ma si possono osservare numerose impronte di rettili terrestri sulle arenarie. In molte regioni i depositi di arenaria rossa di questo periodo, spessi trecento metri, non contengono alcun fossile. La vita degli animali terrestri fu continua soltanto in certe parti dell’Africa.
(685.5) 60:1.3 Lo spessore di questi depositi varia da 1.000 a 3.000 metri, raggiungendo anche i 5.500 metri sulla costa del Pacifico. Più tardi, la lava s’inserì impetuosamente tra molti di questi strati. Le Palizzate del Fiume Hudson furono formate dall’estrusione di lava basaltica tra tali strati triassici. L’attività vulcanica era intensa in differenti parti del mondo.
(685.6) 60:1.4 Si possono trovare depositi di questo periodo in Europa, specialmente in Germania ed in Russia. In Inghilterra il gres screziato appartiene a quest’epoca. Il calcare si depositò nelle Alpi meridionali a seguito di un’invasione del mare e lo si può ora osservare in queste regioni sotto la forma particolare di pareti, picchi e pilastri di calcare dolomitico. Questo strato si trova su tutta l’Africa e l’Australia. Il marmo di Carrara proviene da questo calcare modificato. Non si troverà nulla di questo periodo nelle regioni meridionali dell’America del Sud poiché quella parte del continente rimase sommersa e quindi, in continuità con le epoche precedenti e successive, presenta soltanto un deposito d’origine marina o acquatica.
(686.1) 60:1.5 150.000.000 di anni fa, cominciarono i periodi di vita terrestre primitiva della storia del mondo. La vita in generale non era facile, ma era migliore che nel periodo finale arduo ed ostile dell’era della vita marina.
(686.2) 60:1.6 All’inizio di quest’era le parti orientale e centrale dell’America del Nord, la metà settentrionale dell’America del Sud, la maggior parte dell’Europa e tutta l’Asia sono ben al di sopra delle acque. Per la prima volta l’America del Nord è geograficamente isolata, ma non per molto, perché l’istmo dello Stretto di Bering riemerge ben presto collegando il continente all’Asia.
(686.3) 60:1.7 Grandi avvallamenti si formarono nell’America del Nord parallelamente alle coste dell’Atlantico e del Pacifico. Apparve la grande faglia del Connecticut orientale; col tempo, uno dei suoi lati sprofondò di oltre tre chilometri. Molte di queste depressioni dell’America del Nord furono riempite successivamente da depositi d’erosione, come lo furono anche numerosi bacini lacustri d’acqua dolce e d’acqua salata delle regioni montuose. Più tardi ancora queste depressioni riempite di terra furono notevolmente innalzate da colate di lava sotterranee. Le foreste pietrificate di molte regioni risalgono a quest’epoca.
(686.4) 60:1.8 La costa del Pacifico, generalmente al di sopra dell’acqua durante le sommersioni continentali, sprofondò, ad eccezione della parte meridionale della California e di una grande isola che esisteva allora in quello che è oggi l’Oceano Pacifico. Questo antico mare californiano era ricco di vita marina e si estendeva verso est fino a congiungersi con il vecchio bacino marino della regione medio-occidentale.
(686.5) 60:1.9 140.000.000 di anni fa, improvvisamente e con il solo indizio dei due antenati prerettiliani che si erano sviluppati in Africa durante l’epoca precedente, apparvero i rettili in forma già completa. Essi si svilupparono rapidamente, dando origine ben presto a coccodrilli, a rettili a scaglie, ed infine a serpenti di mare e a rettili volanti. I loro antenati di transizione scomparvero molto presto.
(686.6) 60:1.10 Questi dinosauri rettiliani in rapida evoluzione divennero ben presto i monarchi di quest’era. Essi erano ovipari e si distinguevano da tutti gli altri animali per i loro cervelli piccoli, avendo cervelli che pesavano meno di 450 grammi per controllare corpi che giunsero a pesare quaranta tonnellate. Ma i primi rettili erano più piccoli, carnivori, e camminavano sulle loro zampe posteriori alla maniera dei canguri. Avevano ossa cave come gli uccelli e svilupparono successivamente solo tre dita alle loro zampe posteriori, cosicché molte delle loro impronte fossili sono state attribuite a torto ad uccelli giganti. Più tardi apparvero per evoluzione i dinosauri erbivori. Essi camminavano a quattro zampe ed un ramo di questo gruppo sviluppò un’armatura protettiva.
(686.7) 60:1.11 Parecchi milioni di anni dopo apparvero i primi mammiferi. Essi non avevano placenta e si rivelarono subito un fallimento totale; nessuno di loro sopravvisse. Questo fu un tentativo sperimentale per migliorare i tipi di mammiferi, ma non ebbe successo su Urantia.
(686.8) 60:1.12 La vita marina di questo periodo era modesta, ma crebbe rapidamente con la nuova invasione del mare, che formò nuovamente vasti litorali d’acque poco profonde. Poiché l’acqua poco profonda si trovava maggiormente attorno all’Europa e all’Asia, i giacimenti fossili più abbondanti si trovano vicino a questi continenti. Se volete studiare oggi la vita di quest’era, esaminate le regioni himalaiane, siberiane e mediterranee, come pure l’India e le isole del bacino del Pacifico meridionale. Una caratteristica saliente della vita marina era la presenza di una moltitudine di meravigliose ammoniti, i cui resti fossili si trovano in tutto il mondo.
(686.9) 60:1.13 130.000.000 di anni fa, i mari erano cambiati molto poco. La Siberia e l’America del Nord erano collegate dall’istmo dello Stretto di Bering. Una vita marina straordinariamente ricca apparve sulla costa californiana del Pacifico, dove oltre un migliaio di specie di ammoniti si svilupparono dai tipi superiori di cefalopodi. Le modificazioni della vita di questo periodo furono veramente rivoluzionarie nonostante il loro carattere transitorio e graduale.
(687.1) 60:1.14 Questo periodo si estese su più di venticinque milioni di anni ed è conosciuto come Triassico.
(687.2) 60:2.1 120.000.000 di anni fa, cominciò una nuova fase dell’era dei rettili. Il grande avvenimento di questo periodo fu l’evoluzione e il declino dei dinosauri. La vita degli animali terrestri raggiunse il suo massimo sviluppo quanto a dimensione e scomparve praticamente dalla superficie della terra alla fine di quest’era. I dinosauri si evolvettero in ogni taglia, da una specie di meno di sessanta centimetri di lunghezza fino agli enormi dinosauri non carnivori di circa ventitré metri di lunghezza, che da allora non sono mai stati eguagliati per dimensioni da nessun’altra creatura vivente.
(687.3) 60:2.2 I più grandi dinosauri nacquero nell’ovest dell’America del Nord. Questi mostruosi rettili sono sepolti in tutte le regioni delle Montagne Rocciose, lungo l’intera costa atlantica dell’America del Nord, nell’Europa occidentale, nell’Africa del Sud, in India, ma non in Australia.
(687.4) 60:2.3 Tali massicce creature divennero meno attive e forti via via che aumentavano di dimensioni; ma necessitavano di una quantità di cibo talmente enorme e la terra era da loro invasa a tal punto, che morirono letteralmente di fame e si estinsero: essi mancavano dell’intelligenza necessaria per far fronte alla situazione.
(687.5) 60:2.4 In quest’epoca la maggior parte dell’est dell’America del Nord, che era rimasta a lungo emersa, fu livellata e trascinata nell’Oceano Atlantico, cosicché la costa si estese per parecchie centinaia di chilometri più ad est di oggi. La parte occidentale del continente era ancora emersa, ma anche queste regioni furono successivamente invase tanto dal mare settentrionale che dal Pacifico, che si estese verso est fino alla regione delle Montagne Nere del Dakota.
(687.6) 60:2.5 Questa fu un’era d’acqua dolce caratterizzata da numerosi laghi interni, come testimonia l’abbondanza dei fossili d’acqua dolce dei cosiddetti giacimenti Morrison del Colorado, del Montana e del Wyoming. Lo spessore di tali depositi misti d’acqua dolce e d’acqua salata varia da 600 a 1.500 metri; ma pochissimo calcare è presente in questi strati.
(687.7) 60:2.6 Lo stesso mare polare che si estese così largamente sull’America del Nord coprì anche tutta l’America del Sud ad eccezione della nascente cordigliera delle Ande. La maggior parte della Cina e della Russia fu inondata, ma l’invasione delle acque fu più estesa in Europa. È durante questa sommersione che fu depositata la meravigliosa pietra litografica della Germania meridionale, quegli strati in cui i fossili, come le ali più delicate degli antichi insetti, sono conservati come fosse ieri.
(687.8) 60:2.7 La flora di quest’era assomigliava molto a quella dell’era precedente. Le felci persistevano, mentre conifere e pini divenivano sempre più simili alle varietà attuali. Il carbone si stava ancora formando lungo le rive settentrionali del Mediterraneo.
(687.9) 60:2.8 Il ritorno dei mari migliorò il clima. I coralli si diffusero nelle acque dell’Europa, a riprova che il clima era ancora mite ed uniforme, ma non apparvero mai più nei mari polari in lento raffreddamento. La vita marina di questi tempi migliorò e si sviluppò grandemente, in special modo nelle acque europee. Coralli e crinoidi apparvero temporaneamente in numero maggiore di prima, ma furono gli ammoniti che dominarono la vita invertebrata degli oceani, con la loro taglia media da sette a dieci centimetri, benché una specie avesse raggiunto un diametro di circa due metri e mezzo. Le spugne erano ovunque, e le seppie e le ostriche continuavano ad evolversi.
(688.1) 60:2.9 110.000.000 di anni fa, i potenziali della vita marina continuavano a svilupparsi. Il riccio di mare fu una delle mutazioni più rimarchevoli di quest’epoca. I granchi, le aragoste ed i tipi moderni di crostacei raggiunsero il loro pieno sviluppo. Marcati cambiamenti avvennero nella famiglia dei pesci. Apparve per la prima volta un tipo di storione, ma i feroci serpenti di mare, derivati dai rettili terrestri, infestavano ancora tutti i mari e minacciavano di distruggere l’intera famiglia dei pesci.
(688.2) 60:2.10 Questa continuò ad essere preminentemente l’era dei dinosauri. Questi ultimi invasero la terra a tal punto che, durante il precedente periodo d’intrusione del mare, due specie si erano rifugiate nell’acqua per sopravvivere. I serpenti di mare rappresentano un passo indietro nell’evoluzione. Mentre alcune specie nuove progredivano, certe razze rimanevano stazionarie ed altre tendevano a regredire, ritornando ad uno stato precedente. Ecco quanto avvenne quando questi due tipi di rettili abbandonarono la terraferma.
(688.3) 60:2.11 Con il passare del tempo, i serpenti di mare raggiunsero una tale dimensione che divennero molto indolenti e finirono per estinguersi non avendo cervelli abbastanza grandi da assicurare protezione ai loro corpi enormi. I loro cervelli pesavano meno di sessanta grammi nonostante che questi enormi ittiosauri raggiungessero talvolta i quindici metri di lunghezza, e la maggior parte superasse i dieci metri. Anche i coccodrilli marini furono un regresso del tipo di rettile terrestre, ma a differenza dei serpenti di mare questi animali ritornavano sempre sulla terra per deporre le loro uova.
(688.4) 60:2.12 Poco dopo due specie di dinosauri emigrarono nell’acqua in un vano tentativo di autopreservazione ed altri due tipi furono spinti nell’aria dall’aspra competizione per la vita sulla terra. Ma questi pterosauri volanti non furono gli antenati dei veri uccelli delle ere successive. Essi si svilupparono a partire dai dinosauri saltatori dalle ossa cave e le loro ali erano simili a quelle dei pipistrelli, con un’apertura dai sei agli otto metri. Questi antichi rettili volanti raggiunsero più di tre metri di lunghezza ed avevano mascelle separabili molto simili a quelle dei serpenti moderni. Per un certo tempo tali rettili volanti sembrarono essere un successo, ma non riuscirono ad evolversi in modo da poter sopravvivere come navigatori aerei. Essi rappresentano le linee estinte dei precursori degli uccelli.
(688.5) 60:2.13 Le tartarughe si moltiplicarono durante questo periodo, facendo la loro prima apparizione nell’America del Nord. I loro antenati erano venuti dall’Asia passando per il ponte terrestre settentrionale.
(688.6) 60:2.14 Cento milioni di anni fa l’era dei rettili volgeva al termine. I dinosauri, malgrado la loro massa enorme, erano animali quasi senza cervello e mancavano dell’intelligenza sufficiente a provvedere il cibo necessario a nutrire corpi così giganteschi. E così questi rettili terrestri indolenti perirono in numero sempre crescente. D’ora in poi l’evoluzione seguirà la crescita del cervello, non la massa del corpo, e lo sviluppo del cervello caratterizzerà ogni epoca successiva dell’evoluzione animale e del progresso planetario.
(688.7) 60:2.15 Questo periodo, che comprende il punto culminante dei rettili e l’inizio del loro declino, si estese su quasi venticinque milioni di anni ed è conosciuto sotto il nome di Giurassico.
(688.8) 60:3.1 Il grande periodo cretaceo trae il suo nome dal predominio nei mari dei prolifici foraminiferi produttori di gesso. Questo periodo porta Urantia quasi alla fine del lungo dominio dei rettili e vede apparire sulla terra le piante da fiore e l’avifauna. Questa è anche l’epoca in cui termina la deriva dei continenti verso ovest e verso sud, accompagnata da gigantesche deformazioni della crosta terrestre e da concomitanti enormi colate di lava e grandi attività vulcaniche.
(689.1) 60:3.2 Verso la fine del periodo geologico precedente la maggior parte delle masse continentali era nettamente al di sopra dell’acqua, benché non vi fossero ancora picchi montuosi. Ma mentre la deriva dei continenti proseguiva, essa incontrò la sua prima grande ostruzione sul profondo letto del Pacifico. Tale conflitto di forze geologiche diede inizio alla formazione di tutta la vasta catena montuosa che si estende da nord a sud, dall’Alaska giù attraverso il Messico fino a Capo Horn.
(689.2) 60:3.3 Questo periodo diviene così lo stadio di formazione delle montagne moderne della storia geologica. Prima di quest’epoca c’erano pochi picchi montuosi; esistevano soltanto alte creste di grande larghezza. Ora la catena costiera del Pacifico cominciava ad elevarsi, ma era situata a millecento chilometri ad ovest del litorale attuale. Le Sierras cominciavano a formarsi; i loro strati di quarzo aurifero sono il prodotto delle colate di lava di quest’epoca. Nella parte orientale dell’America del Nord la pressione dell’Atlantico lavorava anch’essa a favore dell’elevazione delle terre.
(689.3) 60:3.4 100.000.000 di anni fa, il continente nordamericano ed una parte dell’Europa erano ben al di sopra dell’acqua. La deformazione dei continenti americani continuava, producendo la metamorfosi delle Ande sudamericane e la progressiva elevazione delle pianure occidentali dell’America del Nord. La maggior parte del Messico affondò sotto il mare e l’Atlantico meridionale invase la costa orientale dell’America del Sud, raggiungendo alla fine il litorale attuale. L’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano erano allora quasi come sono oggi.
(689.4) 60:3.5 95.000.000 di anni fa, le masse continentali dell’America e dell’Europa ricominciarono ad affondare. I mari del sud iniziarono ad invadere l’America del Nord e si estesero gradualmente verso nord per congiungersi con l’Oceano Artico, costituendo la seconda maggiore sommersione del continente. Quando questo mare alla fine si ritirò, lasciò il continente quasi com’è ora. Prima dell’inizio di questa grande sommersione, le terre alte orientali degli Appalachi erano state quasi completamente erose fino al livello del mare. I numerosi strati colorati di argilla pura, ora utilizzati per fabbricare ceramiche si depositarono sulle regioni costiere dell’Atlantico durante quest’era; il loro spessore medio è di circa 600 metri.
(689.5) 60:3.6 Grandi attività vulcaniche si verificarono a sud delle Alpi e lungo la catena montuosa costiera dell’attuale California. Le più grandi deformazioni della crosta terrestre da milioni e milioni di anni si produssero nel Messico. Grandi cambiamenti avvennero anche in Europa, in Russia, in Giappone e nella parte meridionale dell’America del Sud. Il clima divenne sempre più diversificato.
(689.6) 60:3.7 90.000.000 di anni fa, le angiosperme emersero da questi mari cretacei primitivi ed invasero ben presto i continenti. Queste piante terrestri apparvero improvvisamente assieme ai fichi, alle magnolie e ai tulipani. Poco dopo alberi di fico, alberi del pane e palme ricoprirono l’Europa e le pianure occidentali dell’America del Nord. Non apparve alcun animale terrestre nuovo.
(689.7) 60:3.8 85.000.000 di anni fa, si chiuse lo Stretto di Bering, isolando le acque dei mari settentrionali che si stavano raffreddando. Fino ad allora la vita marina delle acque del Golfo del Messico e dell’Atlantico era molto differenziata da quella dell’Oceano Pacifico a causa delle variazioni di temperatura tra queste due masse d’acqua, che ora divennero uniformi.
(689.8) 60:3.9 I depositi di gesso e di marna arenaria verde danno il nome a questo periodo. Le sedimentazioni di quest’epoca sono variegate e sono costituite da gesso, da scisto, da arenaria e da piccole quantità di calcare, insieme con carbone inferiore o lignite, ed in molte regioni esse contengono petrolio. Lo spessore di questi strati varia dai 60 metri in certi luoghi ai 3.000 metri nell’ovest dell’America del Nord e in molte località dell’Europa. Si possono osservare questi depositi nei contrafforti deformati lungo il confine orientale delle Montagne Rocciose.
(690.1) 60:3.10 In tutto il mondo questi strati sono permeati di gesso, e tali strati porosi semirocciosi raccolgono acqua ai loro affioramenti sinclinali e la convogliano verso il basso per alimentare gran parte delle attuali regioni aride della terra.
(690.2) 60:3.11 80.000.000 di anni fa, si produssero nella crosta terrestre grandi sconvolgimenti. L’avanzata verso ovest della deriva dei continenti stava giungendo alla fine, e l’enorme energia del lento impulso insito nelle masse continentali sconvolse il litorale del Pacifico delle due Americhe e diede avvio per contraccolpo a profondi cambiamenti lungo le rive asiatiche del Pacifico. Questa elevazione di terre attorno al Pacifico, che culminò nelle catene montuose attuali, è lunga più di quarantamila chilometri. I sollevamenti che accompagnarono la sua nascita furono le più grandi deformazioni della superficie che abbiano avuto luogo dall’apparizione della vita su Urantia. Le colate di lava, sia sotterranee che in superficie, furono notevoli ed estese.
(690.3) 60:3.12 75.000.000 di anni fa, terminò la deriva dei continenti. Dall’Alaska al Capo Horn le lunghe catene montuose costiere del Pacifico erano completate, ma c’erano sino ad allora poche vette.
(690.4) 60:3.13 Il contraccolpo dell’arresto della deriva dei continenti accentuò l’elevazione delle pianure occidentali dell’America del Nord, mentre ad est gli Appalachi erosi della regione costiera dell’Atlantico erano proiettati in verticale con poca o nessuna pendenza.
(690.5) 60:3.14 70.000.000 di anni fa, si produssero le deformazioni della crosta collegate con la massima elevazione della regione delle Montagne Rocciose. Un vasto segmento di roccia si accavallò per circa venticinque chilometri sulla superficie della Colombia Britannica; in questo luogo le rocce cambriane ricoprono obliquamente gli strati cretacei. Sul versante orientale delle Montagne Rocciose, vicino alla frontiera canadese, si produsse un altro carreggiamento spettacolare; qui si trovano gli strati rocciosi anteriori alla vita proiettati sopra i depositi cretacei allora recenti.
(690.6) 60:3.15 Questa fu un’era di attività vulcanica in tutto il mondo, che fece sorgere numerosi piccoli coni vulcanici isolati. I vulcani sottomarini entrarono in attività nella regione sommersa dell’Himalaia. Gran parte del resto dell’Asia, inclusa la Siberia, si trovava anch’essa ancora sott’acqua.
(690.7) 60:3.16 65.000.000 di anni fa, avvenne una delle più grandi colate di lava di tutti i tempi. Gli strati accumulati da queste e da precedenti colate di lava si possono trovare in entrambe le Americhe, nell’America del nord e del sud, in Australia ed in alcune parti dell’Europa.
(690.8) 60:3.17 Gli animali terrestri erano cambiati poco, ma a motivo di una maggiore emersione continentale, specialmente nell’America del Nord, essi si moltiplicarono rapidamente. L’America del Nord fu il grande campo di evoluzione degli animali terrestri di questi tempi, in quanto la maggior parte dell’Europa era sommersa.
(690.9) 60:3.18 Il clima era ancora caldo ed uniforme. Le regioni artiche beneficiavano di un tempo molto simile a quello del clima attuale dell’America del Nord centrale e meridionale.
(690.10) 60:3.19 Stava avvenendo una grande evoluzione nella vita vegetale. Tra le piante terrestri predominavano le angiosperme, e fecero la loro prima apparizione molti degli alberi attuali, inclusi i faggi, le betulle, le querce, i noci, i sicomori, gli aceri e le palme moderne. Frutti, erbe e cereali erano abbondanti, e queste erbe e questi alberi portatori di semi furono per il mondo delle piante quello che gli antenati dell’uomo furono per il mondo animale — essi furono secondi per importanza evoluzionaria solo all’apparizione dell’uomo stesso. Improvvisamente e senza un passaggio graduale preliminare, apparve per mutazione la grande famiglia delle piante da fiore. E questa nuova flora si diffuse ben presto nel mondo intero.
(691.1) 60:3.20 60.000.000 di anni fa, benché i rettili terrestri fossero in declino, i dinosauri continuavano ad essere i monarchi della terra; il primo posto era ora preso dai tipi più agili ed attivi di dinosauri carnivori appartenenti alle varietà saltatrici più piccole del genere canguro. Ma qualche tempo prima erano apparsi nuovi tipi di dinosauri erbivori, la cui rapida diffusione fu dovuta all’apparizione delle piante terrestri della famiglia delle erbacee. Uno di questi nuovi dinosauri erbivori era un vero quadrupede munito di due corna e di un cuscinetto simile ad una cappa sulle spalle. Apparve il tipo di tartaruga terrestre di circa sei metri di diametro, come pure il coccodrillo moderno ed i veri serpenti del tipo attuale. Grandi cambiamenti avvennero anche tra i pesci ed altre forme di vita marina.
(691.2) 60:3.21 I preuccelli trampolieri ed acquatici delle ere anteriori non erano stati un successo nell’aria, non più dei dinosauri volanti. Furono specie dalla vita breve, che si estinsero rapidamente. Anch’essi subirono il destino dei dinosauri, la distruzione, perché avevano troppa poca sostanza cerebrale in rapporto alla loro taglia. Questo secondo tentativo di creare animali capaci di navigare nell’aria fallì, come il tentativo abortito di produrre dei mammiferi nel corso di quest’era e dell’era precedente.
(691.3) 60:3.22 55.000.000 di anni fa, la marcia evoluzionaria fu contrassegnata dall’apparizione improvvisa del primo vero uccello, una piccola creatura simile al piccione, che fu l’antenato di tutta l’avifauna. Questo era il terzo tipo di creatura volante che appariva sulla terra, e discendeva direttamente dal gruppo rettiliano, non dai dinosauri volanti contemporanei, né dai tipi precedenti di uccelli terrestri dentati. E così questa è conosciuta come l’era degli uccelli e l’era del declino dei rettili.
(691.4) 60:4.1 Il grande periodo Cretaceo giungeva al termine e la sua conclusione segna la fine delle grandi invasioni dei continenti da parte dei mari. Ciò è particolarmente vero per l’America del Nord, dove c’erano state ben ventiquattro grandi inondazioni. Ed anche se vi furono delle sommersioni minori successive, nessuna di queste può essere paragonata alle vaste e lunghe invasioni marine di quest’era e delle ere precedenti. Tali periodi alternati di predominio terrestre e marino si verificarono in cicli di milioni di anni. Un ritmo plurimillenario accompagnò questi innalzamenti ed abbassamenti del livello dei fondi oceanici e delle masse continentali. Questi stessi movimenti ritmici della crosta terrestre continueranno a partire da questo periodo lungo tutta la storia della terra, ma con una frequenza ed un’ampiezza in costante diminuzione.
(691.5) 60:4.2 Questo periodo vede anche la fine della deriva dei continenti e la formazione delle montagne moderne di Urantia. Ma la pressione delle masse continentali e l’opposizione all’impulso della loro deriva secolare non sono le sole influenze della formazione delle montagne. Il fattore principale e sottostante che determina la costituzione di una catena montuosa è la preesistenza di un bassopiano, o depressione, che è stato riempito dai depositi relativamente più leggeri dell’erosione terrestre e dai sedimenti marini delle ere precedenti. Queste aree di terreno più leggere raggiungono talvolta dai 4.500 ai 6.000 metri di spessore; perciò, quando la crosta terrestre è sottoposta ad una pressione di qualunque origine, tali zone più leggere sono le prime a piegarsi, a corrugarsi e ad elevarsi per fornire un aggiustamento compensatorio alle forze e alle pressioni contendenti e contrastanti in atto nella crosta terrestre o sotto di essa. Talvolta questi sollevamenti di terreno avvengono senza corrugamenti. Ma in connessione con l’elevazione delle Montagne Rocciose si produssero dei grandi corrugamenti e ribaltamenti, uniti ad enormi accavallamenti di strati differenti, sia sotterranei che in superficie.
(692.1) 60:4.3 Le montagne più antiche del mondo sono situate in Asia, in Groenlandia e nell’Europa settentrionale, tra quelle dei vecchi sistemi est-ovest. Le montagne di età media sono nel gruppo circumpacifico e nel secondo sistema europeo est-ovest, che nacquero entrambi quasi nella stessa epoca. Questo gigantesco innalzamento è lungo quasi sedicimila chilometri, e si estende dall’Europa fino alle elevazioni di terre delle Antille. Le montagne più recenti si trovano nel sistema delle Montagne Rocciose, dove per ere si erano prodotte elevazioni terrestri solo per essere successivamente ricoperte dal mare, benché alcune delle terre più alte siano persistite sotto forma di isole. Successivamente alla formazione delle montagne di età media, si elevò un vero altopiano montuoso che fu destinato in seguito ad essere scolpito nelle attuali Montagne Rocciose dall’arte combinata degli elementi naturali.
(692.2) 60:4.4 La regione attuale delle Montagne Rocciose dell’America del Nord non è l’elevazione di terre originale; quella elevazione era stata da lungo tempo livellata dall’erosione e poi sollevata di nuovo. L’attuale catena frontale di montagne è tutto ciò che resta della catena originale che fu nuovamente elevata. Picco Pikes e Picco Longs sono esempi significativi di questa attività montuosa, che si estese su due o più generazioni di montagne. Questi due picchi avevano conservato le loro cime al di sopra delle acque durante parecchie inondazioni precedenti.
(692.3) 60:4.5 Sia sul piano biologico che su quello geologico questa fu un’era attiva e movimentata sulla terra e nell’acqua. I ricci di mare si moltiplicarono, mentre i coralli ed i crinoidi diminuirono. Le ammoniti, di preponderante influenza durante un’era precedente, declinarono anch’esse rapidamente. Sulla terra le foreste di felci furono in gran parte rimpiazzate da pini e da altri alberi moderni, incluse le gigantesche sequoie. Verso la fine di questo periodo, mentre i mammiferi placentali non si sono ancora evoluti, il quadro biologico è perfettamente pronto per l’apparizione, in un’era successiva, degli antenati primitivi dei futuri tipi di mammiferi.
(692.4) 60:4.6 E così termina una lunga era di evoluzione del mondo, che si estende dalla prima apparizione della vita terrestre fino ai tempi più recenti degli antenati diretti della specie umana e dei suoi rami collaterali. Quest’era, l’era Cretacea, copre cinquanta milioni di anni e chiude l’era premammifera della vita terrestre, che si estende su un periodo di cento milioni di anni ed è conosciuta sotto il nome di Mesozoica.
(692.5) 60:4.7 [Presentato da un Portatore di Vita di Nebadon assegnato a Satania ed attualmente in funzione su Urantia.]
(693.1) 61:0.1 L’ERA dei mammiferi si estende dai tempi dell’origine dei mammiferi placentali sino alla fine dell’era glaciale e copre poco meno di cinquanta milioni di anni.
(693.2) 61:0.2 Durante quest’era Cenozoica il panorama del mondo presentava uno spettacolo seducente — colline ondulate, ampie vallate, grandi fiumi e vaste foreste. Nel corso di questo periodo l’Istmo di Panama si alzò e si abbassò due volte; il ponte terrestre dello Stretto di Bering fece tre volte la stessa cosa. I tipi di animali erano numerosi e variati. Gli alberi brulicavano di uccelli e il mondo intero era un paradiso per gli animali, nonostante l’incessante lotta per la supremazia delle specie animali in evoluzione.
(693.3) 61:0.3 I depositi accumulati nel corso dei cinque periodi di quest’era, che dura cinquanta milioni di anni, contengono gli archivi fossili delle dinastie successive dei mammiferi e portano direttamente ai tempi dell’effettiva apparizione dell’uomo stesso.
(693.4) 61:1.1 50.000.000 di anni fa, le aree continentali del mondo erano in maggioranza al di sopra dell’acqua o solo leggermente sommerse. Le formazioni e i depositi di questo periodo sono sia terrestri sia marini, ma principalmente terrestri. Per un tempo considerevole la terra si elevò gradualmente, ma fu contemporaneamente erosa e trascinata ai livelli inferiori e verso i mari.
(693.5) 61:1.2 All’inizio di questo periodo apparvero improvvisamente nell’America del Nord i mammiferi del tipo placentale, che costituivano il più importante sviluppo evoluzionario fino a quest’epoca. Certi ordini di mammiferi non placentali erano esistiti in precedenza, ma questo nuovo tipo scaturì direttamente ed improvvisamente dal preesistente antenato rettiliano la cui discendenza era persistita lungo i tempi del declino dei dinosauri. Il padre dei mammiferi placentali fu un piccolo dinosauro carnivoro molto attivo del tipo saltatore.
(693.6) 61:1.3 Gli istinti fondamentali dei mammiferi cominciarono a manifestarsi in questi tipi primitivi di mammiferi. I mammiferi posseggono un immenso vantaggio per sopravvivere su tutte le altre forme di vita animale in quanto possono:
(693.7) 61:1.4 1. Generare una prole relativamente matura e ben sviluppata.
(693.8) 61:1.5 2. Nutrire, allevare e proteggere la loro prole con attenzione affettuosa.
(693.9) 61:1.6 3. Impiegare il loro potere cerebrale superiore per perpetuarsi.
(693.10) 61:1.7 4. Utilizzare la loro maggiore agilità per sfuggire ai nemici.
(693.11) 61:1.8 5. Applicare la loro intelligenza superiore per uniformarsi ed adattarsi all’ambiente.
(694.1) 61:1.9 45.000.000 di anni fa, le dorsali continentali si erano elevate in correlazione con un affondamento generalizzato delle zone costiere. Le razze dei mammiferi si evolvevano rapidamente. Un piccolo rettile del tipo oviparo di mammiferi prosperava e gli antenati dei futuri canguri vagavano per l’Australia. Vi furono ben presto dei piccoli cavalli, agili rinoceronti, tapiri con proboscide, porci primitivi, scoiattoli, lemuri, opossum e parecchie tribù di animali scimmie. Essi erano tutti piccoli, primitivi e meglio adatti a vivere tra le foreste delle regioni montuose. Un grande uccello terrestre del genere struzzo si sviluppò sino a raggiungere tre metri di altezza: esso deponeva un uovo di ventitré centimetri per trentatré e fu l’antenato dei giganteschi uccelli trasportatori successivi, che erano così altamente intelligenti e che trasportavano un tempo gli esseri umani attraverso lo spazio.
(694.2) 61:1.10 I mammiferi degli inizi dell’era Cenozoica vivevano sulla terra, sotto l’acqua, nell’aria e sulle cime degli alberi. Essi avevano da una ad undici paia di ghiandole mammarie ed erano tutti ricoperti da uno spesso pelo. Alla stregua delle specie che sarebbero apparse più tardi, essi sviluppavano due serie successive di denti e possedevano un cervello grande in proporzione alle dimensioni del corpo. Ma tra loro non esisteva alcuna delle specie moderne.
(694.3) 61:1.11 40.000.000 di anni fa, le aree terrestri dell’emisfero settentrionale cominciarono ad elevarsi, e questo fenomeno fu seguito da nuove ed estese sedimentazioni e da altre attività terrestri, comprendenti colate di lava, deformazioni, formazioni di laghi ed erosioni.
(694.4) 61:1.12 Durante l’ultima fase di quest’epoca la maggior parte dell’Europa fu sommersa. A seguito di un leggero innalzamento della terra il continente si coprì di laghi e di baie. L’Oceano Artico, attraverso la depressione degli Urali, fluì in direzione sud per congiungersi con il Mare Mediterraneo che si estendeva allora verso nord, con le zone montuose delle Alpi, dei Carpazi, degli Appennini e dei Pirenei che emergevano dall’acqua come isole in mezzo al mare. L’Istmo di Panama era al di sopra dell’acqua; gli Oceani Atlantico e Pacifico erano separati. L’America del Nord era collegata all’Asia mediante il ponte terrestre dello Stretto di Bering e all’Europa tramite la Groenlandia e l’Islanda. Il circuito terrestre continentale alle latitudini settentrionali era interrotto solo dallo Stretto degli Urali, che collegava i mari artici con il Mediterraneo ampliatosi.
(694.5) 61:1.13 Grandi quantità di calcare foraminifero furono depositate nelle acque dell’Europa. Oggi questa stessa roccia si trova elevata ad un’altitudine di 3.000 metri nelle Alpi, oltre 4.800 nell’Himalaya e 6.000 metri nel Tibet. I depositi di gesso di questo periodo si trovano lungo le coste dell’Africa e dell’Australia, sulle coste occidentali dell’America del Sud e presso le Antille.
(694.6) 61:1.14 Per tutto questo periodo detto Eocene, l’evoluzione dei mammiferi e delle altre forme di vita collegate proseguì con poca o nessuna interruzione. L’America del Nord era allora collegata via terra con tutti i continenti eccetto l’Australia ed il mondo era gradualmente invaso dai diversi tipi di fauna mammifera primitiva.
(694.7) 61:2.1 Questo periodo fu caratterizzato da una nuova e rapida evoluzione dei mammiferi placentali, le forme più avanzate di mammiferi che si svilupparono nel corso di questi tempi.
(694.8) 61:2.2 Benché i mammiferi placentali primitivi fossero derivati da antenati carnivori, si svilupparono molto presto delle specie erbivore, ed in breve tempo sorsero anche famiglie di mammiferi onnivori. Le angiosperme costituivano il cibo principale dei mammiferi in rapido aumento; la flora terrestre moderna, compresa la maggior parte delle piante e degli alberi attuali, era apparsa durante i periodi precedenti.
(695.1) 61:2.3 35.000.000 di anni fa cominciò l’era della dominazione mondiale dei mammiferi placentali. Il ponte terrestre meridionale era molto esteso e ricollegava l’allora immenso continente antartico all’America del Sud, all’Africa del Sud e all’Australia. Nonostante l’accumulo delle terre alle alte latitudini, il clima del mondo restava relativamente mite a causa dell’enorme aumento della superficie dei mari tropicali, e le terre non erano ancora sufficientemente elevate da produrre dei ghiacciai. Estese colate di lava avvennero in Groenlandia ed in Islanda, ed una certa quantità di carbone si depositò tra questi strati.
(695.2) 61:2.4 Notevoli cambiamenti si stavano producendo nella fauna del pianeta. La vita marina stava subendo profonde modificazioni; la maggior parte delle specie attuali di animali marini esisteva già e le foraminifere continuavano a svolgere un ruolo importante. Gli insetti erano molto simili a quelli dell’era precedente. I depositi fossili di Florissant in Colorado datano dagli ultimi anni di questi tempi lontanissimi. La maggior parte delle famiglie d’insetti viventi risale a questo periodo, ma molte di quelle esistenti allora sono oggi estinte, benché sussistano i loro fossili.
(695.3) 61:2.5 Sulla terra questa fu preminentemente l’era del rinnovamento e dell’espansione dei mammiferi. Tra i mammiferi anteriori e più primitivi oltre cento specie si estinsero prima della fine di questo periodo. Anche i mammiferi di grossa taglia e di cervello piccolo perirono presto. Cervello ed agilità avevano rimpiazzato armatura e dimensione nel progresso della sopravvivenza degli animali. E con la famiglia dei dinosauri in declino i mammiferi assunsero lentamente il dominio della terra distruggendo rapidamente e completamente il resto dei loro antenati rettiliani.
(695.4) 61:2.6 Contemporaneamente alla scomparsa dei dinosauri, altri grandi cambiamenti si produssero nelle varie branche della famiglia dei sauri. I membri sopravviventi delle famiglie primitive di rettili sono le tartarughe, i serpenti e i coccodrilli, assieme alla venerabile rana, il solo gruppo rimasto a rappresentare i più lontani antenati dell’uomo.
(695.5) 61:2.7 Diversi gruppi di mammiferi trassero la loro origine da un unico animale ora estinto. Questa creatura carnivora era qualcosa come l’incrocio tra un gatto ed una foca; essa poteva vivere sulla terra o nell’acqua ed era assai intelligente e molto attiva. In Europa apparve per evoluzione l’antenato della famiglia canina, dando presto origine a numerose specie di piccoli cani. Attorno alla stessa epoca apparvero i roditori, che comprendevano castori, scoiattoli, tartarughe gopher, topi e conigli, e divennero subito una forma di vita importante; pochissime modificazioni sono avvenute da allora in questa famiglia. Gli ultimi depositi di questo periodo contengono i resti fossili di cani, gatti, procioni e donnole di forma ancestrale.
(695.6) 61:2.8 30.000.000 di anni fa cominciarono a fare la loro apparizione i tipi moderni di mammiferi. In precedenza i mammiferi avevano vissuto per la maggior parte nelle montagne, perché appartenenti a tipi montanari. Improvvisamente cominciò l’evoluzione del tipo delle pianure o ungulato, la specie da pascolo differenziata dai carnivori dotati di artigli. Questi animali da pascolo discendevano da un antenato non differenziato che aveva cinque dita e quarantaquattro denti e che scomparve prima della fine di quest’era. Durante questo periodo, l’evoluzione delle dita non progredì oltre lo stadio a tre dita.
(695.7) 61:2.9 Il cavallo, un notevole esempio di evoluzione, visse durante questi tempi sia nell’America del Nord che in Europa, sebbene il suo sviluppo non si sia pienamente completato prima della successiva era glaciale. Anche se la famiglia dei rinoceronti apparve alla fine di questo periodo, essa conobbe la sua più grande espansione successivamente. Si sviluppò anche una piccola creatura simile al maiale che divenne l’antenata delle numerose specie di suini, di pecari e d’ippopotami. Cammelli e lama ebbero origine nell’America del Nord verso la metà di questo periodo ed invasero le pianure occidentali. Più tardi i lama emigrarono nell’America del Sud, i cammelli in Europa, ed entrambi si estinsero ben presto nell’America del Nord, anche se alcuni cammelli sopravvissero fino all’era glaciale.
(696.1) 61:2.10 Un evento importante si produsse in quest’epoca nell’ovest dell’America del Nord: fecero la loro prima apparizione gli antenati primitivi degli antichi lemuri. Anche se questa famiglia non può essere considerata come quella dei veri lemuri, la sua comparsa segnò lo stabilirsi della linea da cui uscirono successivamente i veri lemuri.
(696.2) 61:2.11 Come i serpenti terrestri di un’era precedente che si erano dati alla vita marina, ora un’intera tribù di mammiferi placentali abbandonò la terra e stabilì la sua residenza negli oceani. E da allora essi sono sempre rimasti nel mare, dando origine alle balene, ai delfini, ai marsuini, alle foche e alle otarie attuali.
(696.3) 61:2.12 L’avifauna del pianeta continuò a svilupparsi, ma con pochi cambiamenti evoluzionari importanti. La maggior parte degli uccelli moderni esisteva già, e comprendeva gabbiani, aironi, fenicotteri, poiane, falchi, aquile, gufi, quaglie e struzzi.
(696.4) 61:2.13 Alla fine di questo periodo detto Oligocene, che coprì dieci milioni di anni, la vita vegetale, così come la vita marina e gli animali terrestri, si erano molto evoluti ed erano presenti sul pianeta quasi come lo sono oggi. In seguito sono apparse considerevoli specializzazioni, ma le forme ancestrali della maggior parte delle cose viventi già esistevano allora.
(696.5) 61:3.1 L’elevazione delle terre e la separazione dei mari stavano lentamente cambiando il clima del mondo; esso si raffreddava progressivamente, ma era ancora mite. Sequoie e magnolie crescevano in Groenlandia, ma le piante subtropicali cominciavano ad emigrare verso sud. Alla fine di questo periodo queste piante e questi alberi dei climi caldi erano largamente scomparsi dalle latitudini settentrionali; il loro posto era stato preso da piante più resistenti e dagli alberi a foglie caduche.
(696.6) 61:3.2 Ci fu un grande aumento delle varietà di erbe, e i denti di molte specie di mammiferi si modificarono gradualmente per conformarsi al tipo di dentizione attuale degli animali da pascolo.
(696.7) 61:3.3 25.000.000 di anni fa si produsse una leggera sommersione delle terre dopo una lunga epoca di emersione. La regione delle Montagne Rocciose rimase molto elevata, cosicché i materiali da erosione continuarono a depositarsi su tutte le pianure orientali. Le Sierras furono nuovamente innalzate; in effetti da allora non hanno mai cessato di elevarsi. La grande faglia verticale di circa sei chilometri e mezzo nella regione della California risale a questo periodo.
(696.8) 61:3.4 20.000.000 di anni fa fu veramente l’epoca d’oro dei mammiferi. L’istmo dello Stretto di Bering era emerso, e numerosi gruppi di animali emigrarono dall’Asia all’America del Nord; essi comprendevano mastodonti a quattro zanne, rinoceronti dalle zampe corte e molte varietà di felini.
(696.9) 61:3.5 Apparvero i primi cervi e l’America del Nord fu presto invasa da ruminanti — cervi, buoi, cammelli, bisonti e numerose specie di rinoceronti — ma i porci giganti, che raggiungevano circa due metri di altezza, si estinsero.
(697.1) 61:3.6 Gli enormi elefanti di questo periodo e di quelli successivi possedevano un grande cervello ed un grande corpo, ed invasero ben presto il mondo intero ad eccezione dell’Australia. Per una volta il mondo era dominato da un animale enorme con un cervello sufficientemente grande da permettergli di sopravvivere. A fronte della vita altamente intelligente di queste ere, nessun animale della taglia di un elefante avrebbe potuto sopravvivere a meno di possedere un cervello di grande dimensione e di qualità superiore. Per intelligenza e facoltà di adattamento l’elefante è avvicinato solo dal cavallo ed è superato soltanto dall’uomo stesso. Malgrado ciò, delle cinquanta specie di elefanti esistenti all’inizio di questo periodo, solamente due sono sopravvissute.
(697.2) 61:3.7 15.000.000 di anni fa, le regioni montuose dell’Eurasia si stavano alzando ed una certa attività vulcanica ebbe luogo in tutte queste regioni, ma niente di paragonabile alle colate di lava dell’emisfero occidentale. Queste condizioni instabili prevalevano in tutto il mondo.
(697.3) 61:3.8 Lo Stretto di Gibilterra si chiuse e la Spagna era collegata all’Africa dal vecchio istmo, ma il Mediterraneo si versava nell’Atlantico tramite uno stretto canale che attraversava la Francia, con picchi montuosi e terre alte che formavano delle isole sopra questo mare antico. Più tardi questi mari europei cominciarono a ritirarsi. Più tardi ancora il Mediterraneo fu collegato con l’Oceano Indiano, mentre alla fine di questo periodo la regione di Suez si elevò, cosicché il Mediterraneo fu trasformato per un certo tempo in un mare interno salato.
(697.4) 61:3.9 Il ponte terrestre dell’Islanda fu sommerso e le acque artiche si mescolarono con quelle dell’Oceano Atlantico. La costa atlantica dell’America del Nord si raffreddò rapidamente, ma la costa del Pacifico rimase più calda di quanto lo è ora. Le grandi correnti oceaniche circolavano e rendevano il clima quasi come quello odierno.
(697.5) 61:3.10 I mammiferi continuarono ad evolversi. Enormi branchi di cavalli si unirono ai cammelli nelle pianure occidentali dell’America del Nord; questa fu veramente l’era dei cavalli come pure degli elefanti. Il cervello del cavallo segue per qualità animale quello dell’elefante, ma è decisamente inferiore su un punto: il cavallo non vinse mai completamente la sua radicata propensione a fuggire quando è spaventato. Il cavallo manca del controllo emotivo dell’elefante, mentre l’elefante è grandemente condizionato dalla sua taglia e dalla mancanza di agilità. Durante questo periodo si evolvé un animale che era un po’ simile all’elefante e al cavallo, ma fu ben presto distrutto dalla famiglia dei felini in rapido aumento.
(697.6) 61:3.11 Mentre Urantia sta entrando nella cosiddetta “era senza cavalli”, dovreste soffermarvi a meditare su ciò che significò questo animale per i vostri antenati. Gli uomini usarono prima i cavalli per nutrirsi, poi per viaggiare ed infine in agricoltura ed in guerra. Il cavallo ha servito a lungo l’umanità ed ha svolto un ruolo importante nello sviluppo della civiltà umana.
(697.7) 61:3.12 Gli sviluppi biologici di questo periodo contribuirono molto a preparare il terreno per l’apparizione successiva dell’uomo. Nell’Asia centrale si svilupparono i veri tipi di scimmia primitiva e di gorilla a partire da un antenato comune ora estinto. Ma nessuna di queste specie è collegata con la linea degli esseri viventi destinati a divenire più tardi gli antenati della razza umana.
(697.8) 61:3.13 La famiglia canina era rappresentata da parecchi gruppi, in particolare da lupi e da volpi; la tribù dei felini era rappresentata da pantere e da grandi tigri dai denti a sciabola, e queste ultime comparvero dapprima nell’America del Nord. Le famiglie feline e canine moderne crebbero di numero in tutto il mondo. Donnole, martore, lontre e procioni prosperarono e si moltiplicarono nelle latitudini settentrionali.
(698.1) 61:3.14 Gli uccelli continuarono ad evolversi senza subire grandi cambiamenti. I rettili erano simili ai tipi moderni — serpenti, coccodrilli e tartarughe.
(698.2) 61:3.15 In tal modo giungeva al termine un periodo della storia del mondo molto interessante e movimentato. Quest’era dell’elefante e del cavallo è conosciuta sotto il nome di Miocene.
(698.3) 61:4.1 Questo è il periodo di elevazione terrestre preglaciale nell’America del Nord, in Europa ed in Asia. La topografia della terra fu grandemente modificata. Si formarono catene montuose, i fiumi cambiarono il loro corso e si attivarono vulcani isolati nel mondo intero.
(698.4) 61:4.2 10.000.000 di anni fa cominciò un’era di diffusi depositi terrestri locali sulle pianure dei continenti, ma la maggior parte di queste sedimentazioni furono successivamente asportate. In questo periodo gran parte dell’Europa era ancora sommersa, comprese alcune parti dell’Inghilterra, del Belgio e della Francia, ed il Mare Mediterraneo ricopriva gran parte dell’Africa settentrionale. Nell’America del Nord si accumularono estesi depositi alla base delle montagne, nei laghi e nei grandi bacini terrestri. Questi depositi hanno uno spessore medio di soli sessanta metri, sono più o meno colorati ed i fossili sono rari. Nell’ovest dell’America del Nord esistevano due grandi laghi d’acqua dolce. Le Sierras si stavano elevando; gli Shasta, gli Hood ed i Rainier iniziavano la loro carriera di montagne. Ma non fu prima della successiva era glaciale che l’America del Nord cominciò il suo scorrimento verso la depressione atlantica.
(698.5) 61:4.3 Per un breve periodo tutte le terre del mondo furono di nuovo collegate, ad eccezione dell’Australia, ed avvenne l’ultima migrazione animale su scala mondiale. L’America del Nord era collegata sia con l’America del Sud che con l’Asia, e vi fu un libero scambio nel regno animale. Bradipi, armadilli, antilopi ed orsi asiatici entrarono nell’America del Nord, mentre i cammelli nordamericani andarono in Cina. I rinoceronti emigrarono in tutto il mondo eccetto che in Australia e nell’America del Sud, ma alla fine di questo periodo essi si estinsero nell’emisfero occidentale.
(698.6) 61:4.4 In generale la vita del periodo precedente continuò ad evolversi e a diffondersi. La famiglia dei felini dominava la vita animale e la vita marina era quasi stazionaria. Molti cavalli erano ancora del tipo a tre unghie, ma i tipi moderni stavano per arrivare; lama e cammelli simili alla giraffa si mescolarono con i cavalli nelle pianure da pascolo. In Africa apparve la giraffa con un collo lungo come quello di oggi. Nell’America del Sud si evolvettero bradipi, armadilli, formichieri ed il tipo sudamericano di scimmie primitive. Prima che i continenti fossero alla fine isolati, i mastodonti, questi animali massicci, emigrarono in tutto il mondo eccetto che in Australia.
(698.7) 61:4.5 5.000.000 di anni fa, il cavallo si evolvé nella forma attuale e dall’America del Nord emigrò in tutto il mondo. Ma il cavallo si era già estinto sul suo continente d’origine molto prima dell’arrivo dell’uomo rosso.
(698.8) 61:4.6 Il clima si stava gradualmente raffreddando; le piante terrestri si stavano spostando lentamente verso sud. Dapprima fu il freddo crescente nelle regioni nordiche che arrestò le migrazioni animali attraverso gli istmi settentrionali; più tardi questi ponti terrestri dell’America del Nord s’inabissarono. Subito dopo, il collegamento terrestre tra l’Africa e l’America del Sud fu definitivamente sommerso e l’emisfero occidentale si trovò isolato quasi come lo è oggi. A partire da quest’epoca, cominciarono a svilupparsi negli emisferi orientale e occidentale tipi di vita distinti.
(699.1) 61:4.7 Così termina questo periodo di quasi dieci milioni di anni, ed ancora non è apparso l’antenato dell’uomo. Questa è l’epoca generalmente designata sotto il nome di Pliocene.
(699.2) 61:5.1 Alla fine del periodo precedente le terre della parte nordorientale dell’America del Nord e dell’Europa settentrionale erano molto elevate su grande scala; nell’America del Nord vaste aree raggiungevano un’altitudine di 9.000 metri e più. In passato erano prevalsi in queste regioni settentrionali dei climi dolci, e le acque artiche erano tutte soggette ad evaporazione, continuando ad essere libere dai ghiacci sino alla fine del periodo glaciale.
(699.3) 61:5.2 Simultaneamente a queste elevazioni di terre le correnti oceaniche si spostarono ed i venti stagionali cambiarono la loro direzione. Queste condizioni alla lunga provocarono una precipitazione quasi costante di umidità sugli altipiani settentrionali a seguito dei movimenti dell’atmosfera fortemente saturata. La neve cominciò a cadere su tali regioni elevate e perciò fredde, e continuò a cadere fino a quando ebbe raggiunto uno spessore di 6.000 metri. Le aree di maggior spessore di neve, insieme all’altitudine, determinarono i punti centrali delle successive colate glaciali dovute alla pressione. L’era glaciale persisté fino a quando questa smisurata precipitazione continuò a coprire le terre alte settentrionali con questo enorme manto di neve, che si trasformò ben presto in ghiaccio compatto ma a lento scorrimento.
(699.4) 61:5.3 Le grandi coltri di ghiaccio di questo periodo erano tutte situate su altopiani elevati e non sulle regioni montuose dove si trovano oggi. Metà delle formazioni glaciali si trovava nell’America del Nord, un quarto in Eurasia ed un quarto nel resto del mondo, principalmente nella regione antartica. L’Africa era poco toccata dai ghiacci, ma l’Australia era quasi interamente ricoperta dal manto di ghiaccio antartico.
(699.5) 61:5.4 Le regioni settentrionali di questo mondo hanno conosciuto sei invasioni glaciali separate e distinte, benché ci siano state dozzine di avanzamenti e di arretramenti associati all’attività di ogni singola coltre di ghiaccio. Nell’America del Nord il ghiaccio si accumulò in due e, più tardi, in tre centri. La Groenlandia era coperta di ghiaccio e l’Islanda era completamente sepolta sotto la colata glaciale. In Europa il ghiaccio ricoprì in epoche differenti le Isole Britanniche, ad eccezione della costa meridionale dell’Inghilterra, e si estese sull’Europa occidentale sino alla Francia.
(699.6) 61:5.5 2.000.000 di anni fa, il primo ghiacciaio nordamericano cominciò la sua avanzata verso sud. L’era glaciale stava ora iniziando, e ci volle quasi un milione di anni a questo ghiacciaio per avanzare dai centri di pressione settentrionali e ritirarsi poi verso gli stessi. La coltre centrale di ghiaccio si estese verso sud fino al Kansas; i centri glaciali orientale ed occidentale non erano allora molto estesi.
(699.7) 61:5.6 1.500.000 anni fa, il primo grande ghiacciaio si stava ritirando verso nord. Nel frattempo enormi quantità di neve erano cadute sulla Groenlandia e sulla parte nordorientale dell’America del Nord, e poco dopo questa massa glaciale orientale cominciò a scorrere lentamente verso sud. Questa fu la seconda invasione glaciale.
(699.8) 61:5.7 Queste prime due invasioni non furono molto estese in Eurasia. Durante queste epoche iniziali dell’era glaciale l’America del Nord era invasa da mastodonti, mammut lanosi, cavalli, cammelli, cervi, buoi muschiati, bisonti, bradipi terrestri, castori giganti, tigri dai denti a sciabola, bradipi grossi come elefanti e da numerosi gruppi delle famiglie felina e canina. Ma a partire da quest’epoca il loro numero fu rapidamente ridotto dal freddo crescente del periodo glaciale. Verso la fine dell’era glaciale la maggior parte di queste specie animali si era estinta nell’America del Nord.
(700.1) 61:5.8 Lontano dai ghiacciai la vita terrestre ed acquatica del mondo era poco cambiata. Nei periodi tra un’invasione glaciale e l’altra, il clima era quasi mite come oggi, forse un po’ più caldo. Dopotutto i ghiacciai erano fenomeni locali, benché si fossero diffusi fino a coprire superfici immense. Il clima costiero variò grandemente tra i periodi d’inattività glaciale e quelli in cui enormi iceberg scivolavano dalle coste del Maine nell’Atlantico, altri s’infilavano attraverso il Puget Sound nel Pacifico o si abbattevano con fracasso sui fiordi norvegesi nel Mare del Nord.
(700.2) 61:6.1 Il grande avvenimento di questo periodo glaciale fu l’evoluzione dell’uomo primitivo. Poco ad ovest dell’India, su una terra ora sommersa e tra i discendenti degli antichi tipi di lemuri dell’America del Nord emigrati in Asia, apparvero improvvisamente i mammiferi preumani. Questi piccoli animali camminavano principalmente sulle loro zampe posteriori e possedevano un cervello grande, in proporzione alla loro taglia e a paragone del cervello degli altri animali. Nella settantesima generazione di quest’ordine di vita si differenziò improvvisamente un gruppo di animali nuovo e superiore. Questi nuovi mammiferi intermedi — che avevano quasi due volte la taglia e la statura dei loro antenati e che possedevano facoltà cerebrali accresciute in proporzione — si erano appena ben stabiliti quando apparvero improvvisamente i Primati, la terza mutazione vitale. (In questo stesso tempo uno sviluppo retrogrado all’interno del ceppo dei mammiferi intermedi diede origine agli antenati delle scimmie; da quel giorno e fino ad oggi il ramo umano è progredito secondo un’evoluzione graduale, mentre le tribù delle scimmie sono rimaste stazionarie o sono effettivamente regredite.)
(700.3) 61:6.2 1.000.000 di anni fa, Urantia fu registrata come mondo abitato. Una mutazione all’interno del ceppo dei Primati in evoluzione produsse improvvisamente due esseri umani primitivi, i veri antenati dell’umanità.
(700.4) 61:6.3 Questo avvenimento ebbe luogo quasi all’inizio della terza avanzata glaciale; si può dunque constatare che i vostri primi antenati nacquero e crebbero in un ambiente stimolante, tonificante e difficile. Ed i soli superstiti di questi aborigeni di Urantia, gli Eschimesi, preferiscono ancora oggi vivere nei climi nordici molto freddi.
(700.5) 61:6.4 Gli esseri umani non furono presenti nell’emisfero occidentale fino agli ultimi tempi dell’era glaciale. Ma durante le epoche interglaciali essi andarono verso ovest girando attorno al Mediterraneo ed invasero ben presto il continente europeo. Nelle caverne dell’Europa occidentale si trovano ossa umane mescolate con i resti di animali sia tropicali che artici, a testimonianza che l’uomo ha vissuto in queste regioni durante le epoche successive di avanzamento e di arretramento dei ghiacciai.
(700.6) 61:7.1 Per tutto il periodo glaciale continuarono a svilupparsi altre attività, ma l’azione dei ghiacciai eclissò tutti gli altri fenomeni delle latitudini settentrionali. Nessun’altra attività terrestre lascia prove topografiche così evidenti. I caratteristici massi e le spaccature della superficie, come le marmitte dei giganti, i laghi, le pietre spostate e le rocce frantumate, non si possono riscontrare in connessione con nessun altro fenomeno della natura. Il ghiaccio è anche responsabile di quei lievi rigonfiamenti od ondulazioni della superficie conosciuti come drumlin. Ed un ghiacciaio, durante la sua avanzata, sposta i fiumi e modifica l’intera superficie della terra. Solo i ghiacciai lasciano dietro di sé quei depositi alluvionali rivelatori — le morene di fondo, laterali e terminali. Questi depositi, in particolare le morene di fondo, si estendono dalla costa orientale verso il nord e verso l’ovest dell’America del Nord e se ne trovano in Europa ed in Siberia.
(701.1) 61:7.2 750.000 anni fa, la quarta coltre di ghiaccio, un’unione dei campi glaciali centrale ed orientale dell’America del Nord, era ben in cammino verso sud. Al suo culmine essa raggiunse il sud dell’Illinois, spostando il fiume Mississippi di ottanta chilometri verso ovest, e ad est si estese verso sud sino al Fiume Ohio e alla Pennsylvania centrale.
(701.2) 61:7.3 In Asia il manto di ghiaccio siberiano fece la sua invasione più meridionale, mentre in Europa il ghiaccio in fase di avanzamento si arrestò proprio davanti alla barriera montuosa delle Alpi.
(701.3) 61:7.4 500.000 anni fa, durante la quinta avanzata glaciale, un nuovo avvenimento accelerò il corso dell’evoluzione umana. Improvvisamente, ed in una sola generazione, apparvero per mutazione le sei razze di colore a partire dal ceppo umano aborigeno. Questa è una data doppiamente importante perché segna anche l’arrivo del Principe Planetario.
(701.4) 61:7.5 Nell’America del Nord il quinto ghiacciaio in fase di avanzamento consisté in un’invasione congiunta di tutti e tre i centri glaciali. Il lobo orientale, tuttavia, si estese soltanto poco a sud della valle del San Lorenzo, e lo strato di ghiaccio occidentale avanzò di poco verso sud. Ma il lobo centrale si estese verso sud fino a coprire la maggior parte dello Stato dello Iowa. In Europa questa invasione glaciale non fu così estesa come quella precedente.
(701.5) 61:7.6 250.000 anni fa cominciò la sesta ed ultima glaciazione. Nonostante che gli altipiani settentrionali avessero cominciato ad abbassarsi leggermente, questo fu il periodo di maggior deposito di neve sui campi settentrionali di ghiaccio.
(701.6) 61:7.7 Nel corso di questa invasione i tre grandi strati glaciali si fusero in un’unica enorme massa di ghiaccio e tutte le montagne occidentali parteciparono a tale attività glaciale. Questa fu la più grande di tutte le invasioni glaciali nell’America del Nord. Il ghiaccio si spostò dai suoi centri di pressione verso sud per quasi duemilacinquecento chilometri e l’America del Nord conobbe le temperature più basse della sua storia.
(701.7) 61:7.8 200.000 anni fa, durante l’avanzata dell’ultimo ghiacciaio, ebbe luogo un episodio che influenzò molto il corso degli eventi su Urantia — la ribellione di Lucifero.
(701.8) 61:7.9 150.000 anni fa, il sesto ed ultimo ghiacciaio raggiunse i punti più lontani della sua estensione verso sud; la coltre glaciale occidentale oltrepassò appena la frontiera canadese; la coltre centrale raggiunse il Kansas, il Missouri e l’Illinois; la coltre orientale avanzò verso sud e coprì gran parte della Pennsylvania e dell’Ohio.
(701.9) 61:7.10 Questo è il ghiacciaio che proiettò le numerose lingue, o lobi glaciali, che incisero i laghi attuali, grandi e piccoli. Durante il suo arretramento fu formato il sistema dei Grandi Laghi nordamericani; i geologi di Urantia hanno dedotto in modo molto esatto i differenti stadi di questo avvenimento ed hanno correttamente congetturato che queste masse d’acqua si sono riversate, in epoche differenti, prima nella valle del Mississippi, poi verso est nella valle dell’Hudson ed infine, attraverso un passaggio a nord, in quella del San Lorenzo. Sono ora trentasettemila anni che le acque del sistema comunicante dei Grandi Laghi hanno cominciato a riversarsi sull’attuale corso del Niagara.
(702.1) 61:7.11 100.000 anni fa, durante la ritirata dell’ultimo ghiacciaio, cominciarono a formarsi gli enormi strati di ghiaccio polari, ed il centro dell’accumulazione glaciale si spostò considerevolmente verso nord. Per tutto il tempo in cui le regioni polari saranno coperte di ghiacci, sarà praticamente impossibile che si verifichi una nuova era glaciale, indipendentemente dalle future elevazioni di terre o modificazioni delle correnti oceaniche.
(702.2) 61:7.12 Quest’ultimo ghiacciaio impiegò centomila anni per avanzare e richiese un periodo uguale di tempo per completare la sua ritirata verso nord. Le regioni temperate sono libere dai ghiacci da poco più di cinquantamila anni.
(702.3) 61:7.13 I rigori del periodo glaciale distrussero numerose specie animali e ne modificarono radicalmente molte altre. Parecchie furono crudelmente selezionate attraverso le ripetute migrazioni rese necessarie dalle avanzate e dagli arretramenti dei ghiacci. Gli animali che seguirono gli spostamenti alternati dei ghiacciai sulla terra furono l’orso, il bisonte, la renna, il bue muschiato, il mammut ed il mastodonte.
(702.4) 61:7.14 I mammut cercavano le praterie aperte, ma i mastodonti preferivano il margine riparato delle regioni boscose. Fino ad una data recente i mammut vagabondarono dal Messico al Canada; la varietà siberiana si ricoprì di lana. I mastodonti persisterono nell’America del Nord fino a quando furono sterminati dagli uomini rossi, in modo quasi simile a come gli uomini bianchi massacrarono più tardi i bisonti.
(702.5) 61:7.15 Durante quest’ultima glaciazione nell’America del Nord si estinsero il cavallo, il tapiro, il lama e la tigre dai denti a sciabola. Al loro posto vennero dall’America del Sud i bradipi, gli armadilli e i porci d’acqua.
(702.6) 61:7.16 La migrazione forzata della vita davanti all’avanzata glaciale portò ad uno straordinario incrocio di piante e di animali, e con la ritirata dell’ultima invasione glaciale molte specie artiche sia vegetali che animali rimasero arenate sulle altitudini di certi picchi montuosi, dove si erano rifugiate per sfuggire alla distruzione da parte del ghiacciaio. Per questo oggi si possono trovare queste piante e questi animali dislocati sulle Alpi dell’Europa ed anche sugli Appalachi dell’America del Nord.
(702.7) 61:7.17 L’era glaciale è l’ultimo periodo geologico completo, il cosiddetto Pleistocene, che si estende per oltre due milioni di anni.
(702.8) 61:7.18 35.000 anni fa terminò la grande era glaciale, eccetto che nelle regioni polari del pianeta. Questa data è anche significativa perché è vicina all’arrivo di un Figlio e di una Figlia Materiali ed è l’inizio della dispensazione adamica, corrispondente grosso modo all’inizio del periodo Olocene o postglaciale.
(702.9) 61:7.19 Questa narrazione, che si estende dall’apparizione dei mammiferi fino al ritiro dei ghiacci ed ancora fino ai tempi storici, copre un periodo di quasi cinquanta milioni di anni. Questo è l’ultimo — l’attuale — periodo geologico ed è conosciuto dai vostri ricercatori sotto il nome di era Cenozoica o era dei tempi recenti.
(702.10) 61:7.20 [Patrocinato da un Portatore di Vita residente.]
(703.1) 62:0.1 CIRCA un milione di anni fa, gli antenati diretti dell’umanità fecero la loro apparizione da tre mutazioni successive ed improvvise, a partire dal ceppo primitivo del tipo lemuriano di mammiferi placentali. I fattori dominanti di questi lemuri primitivi derivavano dal plasma vitale in evoluzione del gruppo americano occidentale o più recente. Ma prima che si stabilisse la linea diretta degli antenati dell’uomo questa razza fu rinforzata da apporti dell’impianto centrale di vita che si era evoluto in Africa. Il gruppo orientale di vita contribuì poco o nulla alla produzione effettiva della specie umana.
(703.2) 62:1.1 I lemuri primitivi connessi con l’ascendenza della specie umana non avevano una parentela diretta con le tribù preesistenti di gibboni e di scimmie allora viventi in Eurasia e nell’Africa settentrionale, la cui discendenza è sopravvissuta fino ai tempi presenti. Non erano nemmeno la progenie del tipo moderno di lemuri, benché avessero avuto un antenato comune estinto da lungo tempo.
(703.3) 62:1.2 Mentre questi lemuri primitivi si evolvevano nell’emisfero occidentale, si stabiliva l’insediamento dell’ascendenza diretta dei mammiferi dell’umanità nel sudovest dell’Asia, nella zona originaria dell’impianto centrale di vita, ma ai confini delle regioni orientali. Parecchi milioni di anni fa il tipo nordamericano di lemuri era emigrato verso ovest attraverso il ponte terrestre di Bering ed era lentamente avanzato verso sudovest lungo la costa asiatica. Queste tribù migratrici raggiunsero infine le regioni salubri che si stendevano tra il Mare Mediterraneo, allora più vasto, e le regioni montuose in corso di elevazione della penisola indiana. In queste terre ad ovest dell’India esse si unirono con altre stirpi favorevoli, stabilendo così l’ascendenza della razza umana.
(703.4) 62:1.3 Con il passare del tempo il litorale dell’India situato a sudovest delle montagne fu gradualmente sommerso, isolando completamente la vita di questa regione. Questa penisola mesopotamica o persiana non aveva alcuna via di accesso o di fuga salvo che a nord, e quest’ultima fu ripetutamente interrotta dalle invasioni glaciali verso sud. Fu in questa regione allora quasi paradisiaca, e a partire dai discendenti superiori di questo tipo lemuriano di mammiferi, che ebbero origine due grandi gruppi, le tribù delle scimmie dei tempi moderni e la specie umana odierna.
(703.5) 62:2.1 Poco più di un milione di anni fa apparvero improvvisamente i mammiferi precursori mesopotamici, i discendenti diretti del tipo di lemuri nordamericano di mammiferi placentali: erano piccole creature attive, alte quasi un metro e, anche se non camminavano abitualmente sulle loro zampe posteriori, potevano facilmente stare erette. Esse erano pelose ed agili e ciarlavano alla maniera delle scimmie ma, contrariamente alle tribù delle scimmie, erano carnivore. Avevano un pollice opponibile primitivo come pure un alluce prensile estremamente utile. A partire da questo momento le specie preumane successive svilupparono il pollice opponibile mentre persero progressivamente la capacità di presa dell’alluce. Le tribù di scimmie posteriori conservarono l’alluce prensile ma non svilupparono mai il tipo di pollice umano.
(704.1) 62:2.2 Questi mammiferi precursori raggiungevano il pieno sviluppo verso i tre o quattro anni di età, con una durata potenziale media di vita di circa vent’anni. Come regola generale avevano un piccolo per volta, benché nascessero saltuariamente dei gemelli.
(704.2) 62:2.3 I membri di questa nuova specie avevano il cervello più grande, in rapporto alla loro taglia, che qualsiasi altro animale esistito fino ad allora sulla terra. Essi provavano molte emozioni e condividevano numerosi istinti che caratterizzarono più tardi l’uomo primitivo; erano assai curiosi e mostravano una grande euforia quando riuscivano in una qualunque impresa. L’appetito per il cibo e il desiderio sessuale erano ben sviluppati, e una netta selezione sessuale era manifestata sotto una forma rudimentale di corteggiamento e di scelta del compagno. Essi erano capaci di lottare ferocemente per difendere i loro congiunti ed erano molto affettuosi in seno alle loro associazioni familiari; possedevano un senso di umiltà che rasentava la vergogna ed il rimorso. Erano molto affezionati e mostravano una fedeltà toccante verso il loro compagno ma, se le circostanze li separavano, sceglievano nuovi partner.
(704.3) 62:2.4 Essendo piccoli di statura ed avendo delle menti acute per comprendere i pericoli del loro habitat nelle foreste, essi svilupparono uno straordinario senso di paura che li portò ad adottare quelle sagge misure precauzionali che contribuirono in modo così importante alla loro sopravvivenza; tra queste, la costruzione di rudimentali ripari sulle cime degli alberi, che eliminavano molti dei pericoli della vita a livello del suolo. L’apparizione delle tendenze alla paura nell’umanità risale più specificamente a questi tempi.
(704.4) 62:2.5 Questi mammiferi precursori svilupparono uno spirito di tribù maggiore di quanto non fosse mai stato precedentemente mostrato. Essi erano, in effetti, altamente gregari, ma nondimeno estremamente battaglieri quando erano disturbati in un qualunque modo nel corso normale della loro vita quotidiana, e dimostravano un temperamento focoso quando la loro collera era al culmine. La loro natura bellicosa, tuttavia, servì per fini utili; i gruppi superiori non esitarono ad entrare in guerra con i loro vicini inferiori e così, per sopravvivenza selettiva, la specie fu progressivamente migliorata. Essi dominarono molto presto la vita delle creature più piccole di questa regione, e pochissime delle antiche tribù di scimmie non carnivore sopravvissero.
(704.5) 62:2.6 Questi piccoli animali aggressivi si moltiplicarono e si diffusero nella penisola mesopotamica per più di mille anni, migliorando costantemente nel tipo fisico e nell’intelligenza generale. E fu esattamente settanta generazioni dopo che questa nuova tribù aveva avuto origine dal tipo più elevato di antenati lemuriani, che si produsse l’evento successivo d’importanza capitale — la differenziazione improvvisa degli antenati del gradino vitale successivo nell’evoluzione degli esseri umani su Urantia.
(704.6) 62:3.1 All’inizio dell’evoluzione dei mammiferi precursori, nella dimora posta sulla cima di un albero appartenente ad una coppia superiore di queste agili creature, nacquero due gemelli, un maschio e una femmina. Comparati ai loro antenati essi erano veramente delle graziose piccole creature. Avevano pochi peli sul loro corpo, ma ciò non costituiva un inconveniente in quanto vivevano in un clima caldo ed uniforme.
(705.1) 62:3.2 Questi piccoli crebbero fino a poco più di un metro e venti. Essi erano sotto tutti gli aspetti più grandi dei loro genitori, con gambe più lunghe e braccia più corte. Avevano dei pollici opponibili quasi perfetti, bene idonei ai diversi lavori quasi quanto il pollice umano attuale. Camminavano eretti, avendo piedi adatti a camminare quasi quanto quelli delle razze umane successive.
(705.2) 62:3.3 Il loro cervello era inferiore a quello degli esseri umani e più piccolo, ma molto superiore a quello dei loro antenati e comparativamente molto più grande. I gemelli manifestarono molto presto un’intelligenza superiore e furono subito riconosciuti come capi di tutta la tribù dei mammiferi precursori. Essi istituirono realmente una forma primitiva di organizzazione sociale ed una rozza divisione economica del lavoro. Questi fratello e sorella si accoppiarono e godettero presto della compagnia di ventuno figli molto simili a loro, tutti alti più di un metro e venti e superiori sotto tutti gli aspetti alla loro specie ancestrale. Tale nuovo gruppo formò il nucleo dei mammiferi intermedi.
(705.3) 62:3.4 Quando i membri di questo gruppo nuovo e superiore divennero molto numerosi, scoppiò una guerra, una guerra implacabile; e quando il terribile conflitto fu terminato non restava in vita un solo individuo della preesistente razza ancestrale di mammiferi precursori. I discendenti della specie, meno numerosi ma più potenti ed intelligenti, erano sopravvissuti a spese dei loro antenati.
(705.4) 62:3.5 Ed ora, per quasi quindicimila anni (seicento generazioni), tale creatura divenne il terrore di questa parte del mondo. Tutti i grandi animali feroci dei tempi passati si erano estinti. Le grosse bestie native di queste regioni non erano carnivore e le specie più grosse della famiglia dei felini, leoni e tigri, non avevano ancora invaso questo angolo particolarmente riparato della superficie terrestre. Perciò questi mammiferi intermedi divennero coraggiosi e soggiogarono tutta la loro zona d’origine.
(705.5) 62:3.6 Comparati con la specie ancestrale, i mammiferi intermedi rappresentavano un progresso sotto tutti i punti di vista. Anche la durata potenziale della loro vita era più lunga, raggiungendo circa venticinque anni. In questa nuova specie apparve un certo numero di tratti umani rudimentali. Oltre alle propensioni innate mostrate dai loro antenati, questi mammiferi intermedi erano capaci di esprimere il loro disgusto in certe situazioni ripugnanti. Essi possedevano inoltre un istinto ben definito di accaparramento; facevano provvista di cibo per i loro bisogni successivi ed erano molto inclini a collezionare dei ciottoli tondi e lisci e certi tipi di pietre rotonde utilizzabili come munizioni di difesa e di offesa.
(705.6) 62:3.7 Questi mammiferi intermedi furono i primi a manifestare una propensione precisa alla costruzione, come dimostra la loro rivalità nel costruire tanto capanne sulla cima degli alberi quanto ricoveri sotterranei con molti tunnel. Essi furono la prima specie di mammiferi a cercare la sicurezza sia nei rifugi arboricoli sia in quelli sotterranei. Essi abbandonarono in larga misura gli alberi come luogo di abitazione, vivendo al suolo durante il giorno e dormendo sulla cima degli alberi di notte.
(705.7) 62:3.8 Con il passare del tempo la crescita naturale del loro numero sfociò alla fine in seria competizione per il cibo ed in rivalità sessuale, culminando in una serie di battaglie intestine che distrussero quasi interamente la specie. Queste battaglie continuarono fino a quando restò in vita soltanto un gruppo di meno di cento individui. Ma la pace prevalse ancora una volta e questa sola tribù superstite ricostruì i suoi alloggi notturni sulla cima degli alberi e riprese ancora una volta un’esistenza normale e semipacifica.
(705.8) 62:3.9 Voi non potete immaginare per quanto poco i vostri antenati preumani abbiano di tanto in tanto evitato l’estinzione. Se la rana ancestrale di tutta l’umanità avesse saltato cinque centimetri di meno in una certa occasione, l’intero corso dell’evoluzione sarebbe stato notevolmente cambiato. La madre lemuriana diretta della specie dei mammiferi precursori sfuggì per un pelo alla morte non meno di cinque volte prima di partorire il padre del nuovo ordine di mammiferi superiori. Ma il rischio maggiore fu corso quando una folgore colpì l’albero sul quale stava dormendo la futura madre dei gemelli Primati. Entrambi questi genitori mammiferi intermedi furono molto sconvolti e gravemente ustionati; tre dei loro sette figli rimasero uccisi da questo fulmine caduto dal cielo. Questi animali in evoluzione erano quasi superstiziosi. I due membri della coppia, la cui dimora sulla cima dell’albero era stata colpita dalla folgore, erano realmente i capi del gruppo più progressivo della specie dei mammiferi intermedi. E seguendo il loro esempio, più della metà della tribù, comprendente le famiglie più intelligenti, si spostò di oltre tre chilometri da quella località ed iniziò la costruzione di nuove dimore sulla cima degli alberi e di nuovi ricoveri al suolo — i rifugi provvisori in caso di pericolo improvviso.
(706.1) 62:3.10 Subito dopo aver completato la loro dimora, questi due esseri, veterani di tante battaglie, si trovarono fieri genitori di due gemelli, i più interessanti ed importanti animali mai apparsi al mondo fino ad allora, perché erano i primi rappresentanti della nuova specie di Primati costituenti la tappa vitale successiva nell’evoluzione preumana.
(706.2) 62:3.11 Contemporaneamente alla nascita di questi gemelli Primati, un’altra coppia — un maschio ed una femmina particolarmente ritardati della tribù dei mammiferi intermedi, una coppia mentalmente e fisicamente inferiore — diede anch’essa origine a due gemelli. Questi gemelli, un maschio ed una femmina, erano indifferenti alle conquiste; essi erano interessati soltanto a procurarsi del cibo e, poiché non volevano mangiare carne, persero ben presto ogni interesse a cercare delle prede. Tali gemelli ritardati furono i fondatori delle tribù moderne delle scimmie. I loro discendenti cercarono delle regioni meridionali più calde, con climi miti e abbondanza di frutti tropicali, dove si sono perpetuati senza grandi cambiamenti fino ai nostri giorni, ad eccezione dei rami che si unirono con i tipi più primitivi di gibboni e di scimmie e che di conseguenza si sono notevolmente deteriorati.
(706.3) 62:3.12 E così si può facilmente vedere come l’uomo e la scimmia siano legati soltanto perché sono entrambi discesi dai mammiferi intermedi, una tribù in cui si verificò la nascita contemporanea e la successiva separazione di due coppie di gemelli: la coppia inferiore destinata a generare i tipi moderni di scimmie, di babbuini, di scimpanzé e di gorilla; la coppia superiore destinata a continuare la linea ascendente che si evolvé nell’uomo stesso.
(706.4) 62:3.13 L’uomo moderno e le scimmie sono derivati dalla stessa tribù e dalla stessa specie, ma non dagli stessi genitori. Gli antenati dell’uomo sono discesi dalla linea superiore dei superstiti selezionati di questa tribù di mammiferi intermedi, mentre le scimmie moderne (ad eccezione di certi tipi preesistenti di lemuri, di gibboni, di scimmie e di altre creature del genere scimmia) sono i discendenti della coppia più bassa di questo gruppo di mammiferi intermedi, una coppia che sopravvisse soltanto nascondendosi per più di due settimane in un rifugio sotterraneo che serviva da dispensa durante l’ultima accanita battaglia della loro tribù, uscendone solo molto dopo la fine delle ostilità.
(706.5) 62:4.1 Ritorniamo alla nascita dei gemelli superiori, un maschio ed una femmina, i due membri capi della tribù dei mammiferi intermedi. Questi animali appena nati erano di un ordine insolito; avevano ancor meno pelo sul loro corpo rispetto ai loro genitori e fin dalla più tenera infanzia insistevano nel camminare eretti. I loro antenati avevano sempre imparato a camminare sulle loro zampe posteriori, ma questi gemelli Primati si tennero eretti fin dall’inizio. Essi raggiunsero un’altezza di oltre un metro e cinquanta e la loro testa divenne più voluminosa in confronto a quella degli altri membri della tribù. Mentre impararono molto presto a comunicare l’uno con l’altro per mezzo di segni e di suoni, essi non riuscirono mai a far comprendere questi nuovi simboli al loro popolo.
(707.1) 62:4.2 Quando ebbero circa quattordici anni essi fuggirono dalla tribù, andando verso ovest per formare la loro famiglia e fondare la nuova specie dei Primati. Queste nuove creature sono denominate a giusto titolo Primati poiché furono gli animali progenitori diretti ed immediati della famiglia umana stessa.
(707.2) 62:4.3 Fu così che i Primati vennero ad occupare una regione situata sulla costa occidentale della penisola mesopotamica che si protendeva allora nel mare meridionale, mentre le tribù meno intelligenti e strettamente imparentate vivevano sulla punta della penisola e lungo la costa orientale.
(707.3) 62:4.4 I Primati erano più umani e meno animali dei mammiferi intermedi loro predecessori. Le proporzioni dello scheletro di questa nuova specie erano molto simili a quelle delle razze umane primitive. Il tipo umano di mani e di piedi si era pienamente sviluppato, e queste creature potevano camminare ed anche correre bene quanto un qualunque loro discendente umano successivo. Essi abbandonarono in larga misura la vita sugli alberi, pur continuando ad utilizzarne la cima come misura di sicurezza per la notte, perché, come i loro antenati più primitivi, erano estremamente soggetti alla paura. Il maggior utilizzo delle loro mani contribuì molto a sviluppare la loro capacità intellettiva innata, ma non possedevano ancora una mente che si potesse veramente chiamare umana.
(707.4) 62:4.5 Sebbene i Primati differissero poco per natura emotiva dai loro avi, mostravano più di una tendenza umana in tutte le loro propensioni. Essi erano veramente degli animali splendidi e superiori, che raggiungevano la maturità verso i dieci anni e che avevano una durata di vita naturale di circa quarant’anni. Cioè, essi avrebbero potuto vivere così a lungo se fossero morti di morte naturale, ma in quei tempi lontani pochissimi animali morivano di morte naturale; la lotta per l’esistenza era troppo aspra.
(707.5) 62:4.6 Ed ora, dopo quasi novecento generazioni di sviluppo, che coprivano circa ventunmila anni dall’apparizione dei mammiferi precursori, i Primati improvvisamente diedero origine a due creature straordinarie, i primi veri esseri umani.
(707.6) 62:4.7 Fu così che i mammiferi precursori, originati dal tipo nordamericano di lemuri, diedero origine ai mammiferi intermedi, e che questi mammiferi intermedi originarono a loro volta i Primati superiori, che divennero gli antenati diretti della razza umana primitiva. Le tribù dei Primati erano l’ultimo anello vitale nell’evoluzione dell’uomo, ma in meno di cinquemila anni non rimase un solo individuo di queste straordinarie tribù.
(707.7) 62:5.1 Dall’anno 1934 dell’era cristiana, retrocedendo sino alla nascita dei primi due esseri umani, sono passati esattamente 993.419 anni.
(707.8) 62:5.2 Queste due creature eccezionali erano dei veri esseri umani. Essi possedevano pollici umani perfetti come molti dei loro antenati, ma avevano anche piedi altrettanto perfetti quanto quelli delle razze umane attuali. Erano camminatori e corridori, non arrampicatori; la funzione prensile dell’alluce era assente, completamente assente. Quando il pericolo li spingeva sulla cima degli alberi essi si arrampicavano proprio come lo farebbero gli uomini di oggi. Essi si arrampicavano sul tronco di un albero come un orso e non come uno scimpanzé o un gorilla, dondolandosi di ramo in ramo.
(708.1) 62:5.3 Questi primi esseri umani (ed i loro discendenti) raggiungevano la piena maturità a dodici anni di età ed avevano una durata potenziale di vita di circa settantacinque anni.
(708.2) 62:5.4 Molte nuove emozioni apparvero ben presto in questi gemelli umani. Essi provavano ammirazione sia per gli oggetti che per gli altri esseri e mostravano una considerevole vanità. Ma il progresso più rimarchevole nel loro sviluppo emotivo fu l’apparizione improvvisa di un nuovo gruppo di sentimenti veramente umani, i sentimenti di adorazione comprendenti il timore, il rispetto, l’umiltà ed anche una forma primitiva di gratitudine. La paura, unita all’ignoranza dei fenomeni naturali, stava per dare origine ad una religione primitiva.
(708.3) 62:5.5 Non solo tali sentimenti umani erano manifestati in questi mortali primitivi, ma erano anche presenti in forma rudimentale molti sentimenti più altamente evoluti. Essi avevano una moderata coscienza della pietà, della vergogna, dell’obbrobrio ed avevano una coscienza molto acuta dell’amore, dell’odio e della vendetta; ed erano anche in grado di provare marcati sentimenti di gelosia.
(708.4) 62:5.6 Questi primi due umani — i gemelli — furono una grande preoccupazione per i loro genitori Primati. Essi erano così curiosi ed avventurosi che rischiarono di perdere la loro vita in numerose occasioni prima degli otto anni. Comunque sia erano alquanto coperti di cicatrici quando arrivarono ai dodici anni.
(708.5) 62:5.7 Essi impararono molto presto a comunicare verbalmente; all’età di dieci anni avevano elaborato un linguaggio perfezionato di segni e di parole di una cinquantina d’idee ed avevano grandemente migliorato ed ampliato la tecnica rudimentale di comunicazione dei loro antenati. Ma nonostante i loro sforzi, riuscirono ad insegnare solo pochissimi dei loro nuovi segni e simboli ai loro genitori.
(708.6) 62:5.8 Un bel giorno, verso i nove anni, essi andarono lungo il fiume ed ebbero un colloquio fondamentale. Tutte le intelligenze celesti stazionate su Urantia, incluso me stesso, erano presenti per osservare le transazioni di questo incontro di mezzogiorno. In questo giorno memorabile essi convennero di vivere l’uno con l’altro e l’uno per l’altro, e questa fu la prima di una serie di tali accordi che alla fine culminarono nella decisione di fuggire dai loro compagni animali inferiori e di partire verso il nord senza sapere che stavano per fondare in tal modo la razza umana.
(708.7) 62:5.9 Pur essendo tutti molto preoccupati per quello che questi due piccoli selvaggi stavano progettando, noi eravamo impotenti a controllare il lavoro delle loro menti; noi non abbiamo influenzato arbitrariamente le loro decisioni — non potevamo farlo. Ma nei limiti consentiti dalla nostra funzione planetaria, noi, i Portatori di Vita, assieme ai nostri associati, cospirammo tutti per orientare i gemelli umani verso il nord e lontano dal loro popolo peloso e parzialmente arboricolo. E così, a seguito della loro stessa scelta intelligente, i gemelli emigrarono, e a causa della nostra supervisione emigrarono verso nord in una regione isolata dove sfuggirono alla possibilità di degrado biologico per mescolanza con i loro parenti inferiori delle tribù di Primati.
(708.8) 62:5.10 Poco prima di lasciare la loro foresta natale essi persero la loro madre nel corso di un’incursione di gibboni. Benché non possedesse la loro intelligenza, in quanto mammifero essa aveva per i suoi figli un affetto ammirevole e di ordine superiore, e sacrificò coraggiosamente la sua vita nel tentativo di salvare la straordinaria coppia. Il suo sacrificio non fu vano, perché tenne lontano il nemico fino a quando giunse il padre con dei rinforzi e mise in fuga gli invasori.
(709.1) 62:5.11 Poco dopo che questa giovane coppia ebbe lasciato i suoi compagni per fondare la razza umana, il loro padre Primato divenne inconsolabile — aveva il cuore spezzato. Egli rifiutava di mangiare anche quando il cibo gli veniva portato dagli altri suoi figli. Avendo perso i suoi brillanti rampolli la vita non gli sembrava più degna di essere vissuta tra i suoi compagni ordinari; così se ne andò nella foresta, fu attaccato da gibboni ostili e fu colpito a morte.
(709.2) 62:6.1 Noi, i Portatori di Vita su Urantia, eravamo passati per la lunga veglia di vigilante attesa dal giorno in cui avevamo impiantato il primo plasma vitale nelle acque del pianeta, e l’apparizione di questi primi esseri veramente intelligenti e dotati di volontà ci procurò naturalmente una grande gioia ed una soddisfazione suprema.
(709.3) 62:6.2 Noi avevamo continuato a seguire lo sviluppo mentale dei gemelli osservando il funzionamento dei sette spiriti aiutanti della mente assegnati ad Urantia al momento del nostro arrivo sul pianeta. Durante il lungo sviluppo evoluzionario della vita planetaria, questi infaticabili ministri della mente avevano incessantemente registrato la loro crescente capacità di entrare in contatto con le facoltà cerebrali in continua espansione delle creature animali via via che esse progredivano.
(709.4) 62:6.3 All’inizio solo lo spirito d’intuizione poteva funzionare sul comportamento istintivo e dei riflessi della vita animale primordiale. Con la differenziazione dei tipi superiori, lo spirito della comprensione fu in grado di conferire a tali creature il dono dell’associazione spontanea delle idee. Più tardi osservammo operare lo spirito del coraggio; gli animali in evoluzione svilupparono realmente una forma rudimentale di autocoscienza protettiva. Successivamente all’apparizione dei gruppi di mammiferi vedemmo lo spirito della conoscenza manifestarsi in misura maggiore. E l’evoluzione dei mammiferi superiori apportò la funzione dello spirito del consiglio, con la crescita corrispondente dell’istinto gregario e gli inizi di uno sviluppo sociale primitivo.
(709.5) 62:6.4 Noi avevamo osservato con attenzione sempre maggiore il servizio accresciuto dei primi cinque aiutanti durante l’evoluzione dei mammiferi precursori, dei mammiferi intermedi e dei Primati. Ma i rimanenti due, i ministri superiori della mente, non avevano mai potuto funzionare sul tipo urantiano di mente evoluzionaria.
(709.6) 62:6.5 Immaginate la nostra gioia quando un giorno — i gemelli avevano quasi dieci anni — lo spirito dell’adorazione entrò per la prima volta in contatto con la mente del gemello femmina e poco dopo con quella del maschio. Noi sapevamo che qualcosa d’intimamente legato alla mente umana si stava avvicinando al suo punto culminante. E quando circa un anno più tardi essi decisero infine, a seguito di un’idea meditata e di una decisione finalizzata, di fuggire di casa e di dirigersi verso nord, allora lo spirito della saggezza cominciò a funzionare su Urantia ed in queste due menti umane oramai riconosciute.
(709.7) 62:6.6 Ci fu un nuovo immediato ordine di mobilitazione dei sette spiriti aiutanti della mente. Noi eravamo vibranti di speranza; ci rendevamo conto che si stava avvicinando il momento a lungo atteso; sapevamo di essere alle soglie della realizzazione del nostro sforzo prolungato per evolvere delle creature dotate di volontà su Urantia.
(709.8) 62:7.1 Non dovemmo aspettare a lungo. A mezzodì del giorno successivo alla fuga dei gemelli, avvenne il primo lampo di prova dei segnali del circuito universale nel centro di ricezione planetaria di Urantia. Noi eravamo naturalmente tutti eccitati percependo che un grande avvenimento era imminente; ma poiché questo mondo era una stazione sperimentale di vita, non avevamo la minima idea di come saremmo stati informati del riconoscimento della vita intelligente sul pianeta. Ma non rimanemmo a lungo in attesa. Il terzo giorno dopo la fuga dei gemelli, e prima della partenza del corpo dei Portatori di Vita, arrivò l’arcangelo di Nebadon incaricato dell’istituzione dei circuiti planetari iniziali.
(710.1) 62:7.2 Fu un giorno memorabile su Urantia quando il nostro piccolo gruppo si riunì presso il polo planetario di comunicazione spaziale e ricevette il primo messaggio da Salvington sul circuito mentale del pianeta appena stabilito. Questo primo messaggio, dettato dal capo del corpo degli arcangeli, diceva:
(710.2) 62:7.3 “Ai Portatori di Vita su Urantia — Salve! Vi trasmettiamo l’assicurazione di una grande gioia su Salvington, Edentia e Jerusem in onore della registrazione, sulla capitale di Nebadon, del segnale dell’esistenza su Urantia di una mente avente dignità di volontà. La decisione finalizzata dei gemelli di fuggire verso nord e di separare la loro discendenza dai loro antenati inferiori è stata registrata. Questa è la prima decisione di una mente — del tipo di mente umano — su Urantia e stabilisce automaticamente il circuito di comunicazione sul quale è trasmesso questo messaggio iniziale di riconoscimento.”
(710.3) 62:7.4 Poi su questo nuovo circuito giunsero i saluti degli Altissimi di Edentia, contenenti istruzioni per i Portatori di Vita residenti che ci proibivano d’interferire nel modello di vita che avevamo stabilito. Ricevemmo l’ordine di non intervenire negli affari del progresso umano. Non si deve dedurne che i Portatori di Vita interferiscano arbitrariamente e meccanicamente nell’attuazione naturale dei piani evoluzionari del pianeta, perché non lo facciamo. Ma fino ad allora noi avevamo avuto il permesso d’intervenire sull’ambiente e di proteggere il plasma vitale in modo speciale, ed era questa straordinaria, benché del tutto naturale, supervisione che doveva cessare.
(710.4) 62:7.5 Ed appena gli Altissimi ebbero finito di parlare, cominciò a giungere sul pianeta il magnifico messaggio di Lucifero, allora sovrano del sistema di Satania. Ora i Portatori di Vita ascoltarono le parole di saluto del loro capo e ricevettero il suo permesso di ritornare su Jerusem. Questo messaggio di Lucifero conteneva l’accettazione ufficiale dell’opera dei Portatori di Vita su Urantia e ci assolveva da ogni critica futura su qualsiasi nostro sforzo per migliorare i modelli di vita di Nebadon, quali erano stabiliti nel sistema di Satania.
(710.5) 62:7.6 Questi messaggi provenienti da Salvington, da Edentia e da Jerusem segnavano ufficialmente la fine della supervisione millenaria del pianeta da parte dei Portatori di Vita. Noi avevamo prestato il nostro servizio per intere epoche, assistiti soltanto dai sette spiriti aiutanti della mente e dai Controllori Fisici Maestri. Ed ora, poiché la volontà, il potere di scegliere l’adorazione e l’ascensione, era apparsa nelle creature evoluzionarie del pianeta, comprendemmo che la nostra opera era terminata, ed il nostro gruppo si preparò a partire. Essendo Urantia un mondo di modificazione della vita, noi ricevemmo il permesso di lasciare sul posto due Portatori di Vita decani con dodici assistenti, ed io fui scelto come membro di questo gruppo e da allora sono sempre rimasto su Urantia.
(710.6) 62:7.7 Sono esattamente 993.408 anni (a partire dall’anno 1934 d.C.) che Urantia è stato ufficialmente riconosciuto come pianeta di abitazione umana nell’universo di Nebadon. L’evoluzione biologica aveva raggiunto ancora una volta i livelli umani di dignità volitiva; l’uomo era apparso sul pianeta 606 di Satania.
(710.7) 62:7.8 [Patrocinato da un Portatore di Vita di Nebadon residente su Urantia.]
(711.1) 63:0.1 URANTIA fu registrato come mondo abitato quando i primi due esseri umani — i gemelli — ebbero undici anni, e prima che fossero divenuti i genitori del primogenito della seconda generazione di veri esseri umani. Il messaggio arcangelico inviato da Salvington in questa occasione di riconoscimento planetario ufficiale terminava con queste parole:
(711.2) 63:0.2 “La mente umana è apparsa sul 606 di Satania, e questi genitori della nuova razza saranno chiamati Andon e Fonta. E tutti gli arcangeli pregano perché queste creature possano essere rapidamente dotate della presenza personale del dono dello spirito del Padre Universale.”
(711.3) 63:0.3 Andon è il nome nebadoniano che significa “la prima creatura simile al Padre che mostra brama di perfezione umana”. Fonta significa “la prima creatura simile al Figlio che mostra brama di perfezione umana”. Andon e Fonta non conobbero questi nomi fino a che non furono loro attribuiti al momento della fusione con il loro Aggiustatore di Pensiero. Per tutta la durata del loro soggiorno come mortali su Urantia essi si chiamarono l’un l’altra Sonta-an e Sonta-en; Sonta-an significava “amato dalla madre”, Sonta-en “amato dal padre”. Essi si diedero da se stessi questi nomi, i cui significati erano espressione del loro reciproco rispetto ed affetto.
(711.4) 63:1.1 Sotto molti aspetti Andon e Fonta furono la coppia di esseri umani più straordinaria che sia mai vissuta sulla faccia della terra. Questa coppia meravigliosa, i veri genitori di tutta l’umanità, erano in ogni senso superiori a molti dei loro discendenti diretti, ed erano radicalmente differenti da tutti i loro antenati, sia prossimi che remoti.
(711.5) 63:1.2 I genitori di questa prima coppia umana erano apparentemente poco differenti dalla media della loro tribù, benché fossero tra i suoi membri più intelligenti, quel gruppo che imparò per primo a lanciare pietre e ad usare le clave in combattimento. Essi facevano anche uso di schegge aguzze di pietra, di selce e di osso.
(711.6) 63:1.3 Mentre viveva ancora con i suoi genitori, Andon aveva fissato un pezzo aguzzo di selce all’estremità di una clava utilizzando dei tendini di animale, e in almeno una dozzina di occasioni aveva fatto buon uso di tale arma per salvare la sua stessa vita e quella della sua altrettanto curiosa ed avventurosa sorella, che lo accompagnava immancabilmente in tutti i suoi giri esplorativi.
(711.7) 63:1.4 La decisione di Andon e Fonta di fuggire dalle tribù dei Primati implica una qualità di mente molto superiore all’intelligenza più grossolana che caratterizzava molti dei loro discendenti, che si abbassarono ad accoppiarsi con i loro cugini ritardati delle tribù delle scimmie. Ma il loro vago sentimento di essere qualcosa di più di semplici animali era dovuto al possesso di una personalità ed era accresciuto dalla presenza interiore dell’Aggiustatore di Pensiero.
(712.1) 63:2.1 Dopo che Andon e Fonta ebbero deciso di fuggire verso il nord, per qualche tempo soccombettero alle loro paure, specialmente alla paura di dispiacere al loro padre ed alla loro famiglia diretta. Essi considerarono l’eventualità di essere assaliti da parenti ostili e riconobbero così la possibilità di trovare la morte per mano dei membri della loro tribù già gelosi di loro. Mentre erano piccoli, i gemelli avevano trascorso la maggior parte del loro tempo in compagnia l’uno dell’altra e per questa ragione non erano mai stati troppo ben visti dai loro cugini animali della tribù dei Primati. Né aveva migliorato la loro situazione in seno alla tribù l’aver costruito sugli alberi una dimora separata e molto superiore.
(712.2) 63:2.2 E fu in questa nuova dimora sulla cima degli alberi, una notte in cui furono svegliati da un violento temporale e mentre si tenevano timorosamente e teneramente abbracciati, che presero la decisione ferma e definitiva di fuggire dall’habitat tribale e dalla dimora sugli alberi.
(712.3) 63:2.3 Essi avevano già preparato un rozzo rifugio sulla sommità di un albero a circa mezza giornata di cammino verso nord. Questo fu il loro nascondiglio segreto e sicuro per il primo giorno che passarono lontano dalla loro foresta natale. Nonostante che i gemelli condividessero la paura mortale dei Primati di rimanere al suolo durante la notte, si misero in viaggio verso nord poco prima del calare della notte. Sebbene necessitasse loro un coraggio eccezionale per intraprendere questo viaggio notturno, anche con la luna piena, essi pensarono giustamente che era meno probabile essere scoperti ed inseguiti dai membri della loro tribù e dai loro genitori; ed arrivarono sani e salvi al loro ricovero preparato in precedenza poco dopo mezzanotte.
(712.4) 63:2.4 Durante il loro viaggio verso nord essi scoprirono un deposito all’aperto di selce e, trovando molte pietre la cui forma era adatta a vari usi, ne fecero una provvista per il futuro. Tentando di tagliare queste selci perché fossero meglio utilizzabili per certi scopi, Andon scoprì la loro facoltà di produrre scintille e concepì l’idea di fare del fuoco. Ma l’idea non fece al momento molta presa su di lui poiché il clima era ancora mite e c’era poco bisogno di fuoco.
(712.5) 63:2.5 Ma il sole d’autunno scendeva sempre più basso nel cielo e via via che avanzavano verso nord le notti diventavano sempre più fredde. Essi erano già stati costretti ad usare le pelli d’animale per scaldarsi. Prima che fosse trascorsa una luna dalla loro partenza da casa, Andon disse alla sua compagna che credeva di poter fare del fuoco con la selce. Essi tentarono per due mesi di utilizzare la scintilla della selce per accendere un fuoco, ma senza riuscirvi. Ogni giorno questa coppia sfregava le selci e tentava di appiccare il fuoco al legno. Finalmente, una sera verso il tramonto, il segreto della tecnica fu scoperto quando Fonta ebbe l’idea di arrampicarsi su un albero vicino per prendere un nido d’uccelli abbandonato. Il nido era secco e molto infiammabile e di conseguenza prese immediatamente fuoco appena una scintilla l’ebbe raggiunto. Essi rimasero così sorpresi e sbigottiti del loro successo che quasi lasciavano spegnere il fuoco; lo salvarono però, aggiungendovi del combustibile appropriato, dando inizio allora alla prima ricerca di legna da ardere da parte dei genitori di tutta l’umanità.
(712.6) 63:2.6 Questo fu uno dei momenti più felici della loro breve ma movimentata vita. Per tutta la notte essi rimasero seduti ad osservare il fuoco che bruciava, comprendendo vagamente che avevano fatto una scoperta che avrebbe permesso loro di sfidare il clima e di essere così per sempre indipendenti dai loro parenti animali delle regioni meridionali. Dopo tre giorni trascorsi a riposare e a godersi il fuoco, essi proseguirono il loro viaggio.
(712.7) 63:2.7 Gli antenati Primati di Andon avevano spesso alimentato il fuoco che era stato acceso da fulmini, ma fino ad allora le creature terrestri non avevano mai posseduto un metodo per accendere il fuoco a volontà. Tuttavia ci volle molto tempo prima che i gemelli imparassero che il muschio secco ed altri materiali avrebbero attizzato il fuoco quanto i nidi di uccelli.
(713.1) 63:3.1 Trascorsero quasi due anni dalla notte della partenza dei gemelli da casa prima che nascesse il loro primo figlio. Lo chiamarono Sontad; e Sontad fu la prima creatura nata su Urantia ad essere avvolta in fasce protettive al momento della nascita. La razza umana era iniziata, e con questa nuova evoluzione apparve l’istinto di dare cure appropriate ai neonati sempre più fragili che avrebbero caratterizzato lo sviluppo mentale progressivo dell’ordine intellettuale, in contrasto con i tipi più puramente animali.
(713.2) 63:3.2 Andon e Fonta ebbero in tutto diciannove figli, e vissero abbastanza da godere la compagnia di una cinquantina di nipoti e di una mezza dozzina di pronipoti. La famiglia abitava in quattro ricoveri rocciosi adiacenti, o semicaverne, tre delle quali comunicavano per mezzo di gallerie scavate nel calcare tenero con l’aiuto di arnesi di selce ideati dai figli di Andon.
(713.3) 63:3.3 Questi primi Andoniti manifestavano uno spirito di clan molto marcato; cacciavano in gruppi e non si allontanavano mai di molto dal luogo della loro dimora. Essi sembravano rendersi conto che formavano un gruppo isolato e straordinario di esseri viventi e che dovevano perciò evitare di separarsi. Questo sentimento d’intima parentela era dovuto senza dubbio ad un accresciuto ministero mentale degli spiriti aiutanti.
(713.4) 63:3.4 Andon e Fonta lavorarono incessantemente per nutrire ed allevare il loro clan. Essi vissero fino all’età di quarantadue anni, quando furono entrambi uccisi durante un terremoto dalla caduta di una roccia sovrastante. Cinque dei loro figli e undici nipoti perirono con loro, e una ventina di loro discendenti subirono gravi ferite.
(713.5) 63:3.5 Alla morte dei suoi genitori, Sontad, nonostante un piede gravemente ferito, assunse immediatamente la guida del clan e fu abilmente assistito da sua moglie, che era sua sorella maggiore. Il loro primo compito fu di rotolare delle pietre per seppellire efficacemente i loro genitori, fratelli, sorelle e figli morti. Non bisogna attribuire un significato eccessivo a questo atto di sepoltura. Le loro idee di sopravvivenza dopo la morte erano molto vaghe e indefinite, essendo derivate essenzialmente dai loro sogni fantastici e diversificati.
(713.6) 63:3.6 Questa famiglia di Andon e Fonta rimase unita fino alla ventesima generazione, quando la competizione per il cibo e le frizioni sociali portarono all’inizio della dispersione.
(713.7) 63:4.1 Gli uomini primitivi — gli Andoniti — avevano occhi neri ed una carnagione bruna, un po’ un incrocio tra il giallo ed il rosso. La melanina è una sostanza colorante che si trova nella pelle di tutti gli esseri umani. È il pigmento originale dell’epidermide andonica. Per aspetto generale e colore della pelle questi primi Andoniti assomigliavano più agli attuali Eschimesi che a qualunque altro tipo di esseri umani viventi. Essi furono le prime creature ad impiegare la pelle di animali per proteggersi dal freddo; sul loro corpo avevano poco più pelo degli umani di oggi.
(713.8) 63:4.2 La vita tribale degli antenati animali di questi uomini primitivi aveva lasciato intravedere gli inizi di numerose convenzioni sociali, e con l’aumento delle emozioni e l’accrescimento del potere cerebrale di questi esseri ci fu un immediato sviluppo dell’organizzazione sociale e di una nuova divisione del lavoro nel clan. Essi erano estremamente portati all’imitazione, ma l’istinto del gioco era solo scarsamente sviluppato ed il senso dell’umorismo era quasi totalmente assente. L’uomo primitivo occasionalmente sorrideva, ma non si lasciava andare a risate a squarciagola. L’umorismo fu il lascito della razza adamica successiva. Questi esseri umani primitivi non erano così sensibili al dolore né così reattivi alle situazioni spiacevoli come molti dei mortali evolutisi più tardi. Il parto non fu una prova dolorosa o angosciosa per Fonta e per la sua progenie immediata.
(714.1) 63:4.3 Essi erano una tribù meravigliosa. I maschi combattevano eroicamente per la salvaguardia delle loro compagne e della loro prole; le femmine erano affettuosamente dedite ai loro figli. Ma il loro patriottismo era totalmente limitato al loro clan. Essi erano molto leali verso le loro famiglie; erano pronti a morire senza esitazione per difendere i loro figli, ma non erano capaci di concepire l’idea di tentare di rendere il mondo un luogo migliore per i loro nipoti. L’altruismo non era ancora nato nel cuore dell’uomo, nonostante che tutti i sentimenti essenziali alla nascita della religione fossero già presenti in questi aborigeni di Urantia.
(714.2) 63:4.4 Questi uomini primitivi provavano un affetto toccante per i loro compagni ed avevano certamente un’idea reale, benché rudimentale, dell’amicizia. In tempi successivi fu uno spettacolo ordinario vedere, durante le loro battaglie costantemente ricorrenti con le tribù inferiori, uno di questi uomini primitivi combattere validamente con una sola mano, tentando con l’altra di proteggere e di salvare un compagno di battaglia ferito. Molti dei tratti umani più nobili ed elevati dello sviluppo evoluzionario successivo erano prefigurati in modo toccante in queste popolazioni primitive.
(714.3) 63:4.5 Il clan andonico originale mantenne una linea di capi ininterrotta fino alla ventisettesima generazione quando, non essendovi alcun erede maschio tra i discendenti diretti di Sontad, due pretendenti rivali alla guida del clan entrarono in conflitto per la supremazia.
(714.4) 63:4.6 Prima della grande dispersione dei clan andonici si era evoluto un linguaggio ben sviluppato a seguito dei loro primi sforzi per comunicare tra loro. Questo linguaggio continuò ad arricchirsi e quasi quotidianamente venivano fatte delle aggiunte a causa delle nuove invenzioni e dei nuovi adattamenti all’ambiente effettuati da questo popolo attivo, instancabile e curioso. E questo linguaggio divenne la parola di Urantia, la lingua della famiglia umana primitiva, fino all’apparizione successiva delle razze di colore.
(714.5) 63:4.7 Col passare del tempo i clan andonici crescevano di numero, ed il contatto di queste famiglie in espansione provocò frizioni e contrasti. Soltanto due cose occupavano la mente di questi popoli: cacciare per procurarsi del cibo e combattere per vendicarsi di qualche ingiustizia od insulto reali o presunti da parte delle tribù vicine.
(714.6) 63:4.8 Insorsero contese di famiglia, scoppiarono guerre tribali e si ebbero forti perdite tra gli elementi migliori dei gruppi più capaci e più evoluti. Alcune di queste perdite furono irreparabili; alcuni dei ceppi dotati di maggior capacità ed intelligenza furono irrimediabilmente perduti per il mondo. Questa razza antica e la sua civiltà primitiva furono minacciate di estinzione da tali guerre incessanti tra i clan.
(714.7) 63:4.9 È impossibile indurre simili esseri primitivi a vivere a lungo insieme in pace. L’uomo è il discendente di animali combattivi e quando le persone incolte sono a stretto contatto si irritano e si offendono reciprocamente. I Portatori di Vita conoscono questa tendenza delle creature evoluzionarie e di conseguenza prendono dei provvedimenti per dividere alla fine gli esseri umani in via di sviluppo in almeno tre, e più spesso in sei, razze distinte e separate.
(715.1) 63:5.1 Le prime razze andonite non si spinsero molto all’interno dell’Asia e non penetrarono inizialmente in Africa. La geografia di quei tempi li orientava verso nord, ed è sempre più a nord che questi popoli si diressero fino a quando furono impediti dalla lenta avanzata della terza glaciazione.
(715.2) 63:5.2 Prima che questo esteso strato di ghiaccio raggiungesse la Francia e le Isole Britanniche, i discendenti di Andon e Fonta erano avanzati verso ovest attraverso l’Europa ed avevano costituito più di mille insediamenti separati lungo i grandi fiumi che conducevano alle acque allora calde del Mare del Nord.
(715.3) 63:5.3 Queste tribù andoniche furono i primi abitatori rivieraschi dei fiumi della Francia; esse vissero lungo la Somma per decine di migliaia di anni. La Somma è il solo fiume non modificato dai ghiacciai, e scorreva verso il mare in quei tempi quasi come oggi. Ciò spiega perché si trovino lungo la valle in cui scorre questo fiume tante tracce dei discendenti andonici.
(715.4) 63:5.4 Gli aborigeni di Urantia non abitavano sugli alberi, anche se in caso di emergenza andavano ancora a rifugiarsi sulla loro cima. Essi abitavano di regola sotto i ripari di scogliere a strapiombo lungo i fiumi ed in grotte sui fianchi delle colline, che consentivano loro una buona vista sulle vie di accesso e li proteggevano dagli elementi. In tal modo potevano godere del conforto dei loro fuochi senza essere troppo disturbati dal fumo. Essi non erano in realtà dei cavernicoli, sebbene in tempi successivi gli strati di ghiaccio che progredivano verso sud avessero spinto i loro discendenti a rifugiarsi nelle caverne. Essi preferivano accamparsi ai bordi di una foresta ed in prossimità di un corso d’acqua.
(715.5) 63:5.5 Essi divennero molto presto assai abili nel camuffare le loro dimore parzialmente riparate e mostrarono una grande abilità nel costruire dei vani di pietra per dormire, capanne di pietra a forma di cupola, nelle quali s’introducevano di notte. L’entrata di tale capanna veniva chiusa rotolando davanti ad essa una pietra, una grossa pietra che era stata posta all’interno a tale scopo prima di collocare alla fine le pietre del tetto.
(715.6) 63:5.6 Gli Andoniti erano cacciatori intrepidi ed abili e ad eccezione delle bacche selvatiche e dei frutti di certi alberi, si nutrivano esclusivamente di carne. Come Andon aveva inventato l’ascia di pietra, così i suoi discendenti scoprirono presto il bastone da lancio e l’arpione e se ne servirono efficacemente. Finalmente una mente capace di creare degli attrezzi funzionava in accordo con una mano capace di utilizzarli, e questi umani primitivi divennero molto abili nel confezionare attrezzi di selce. Essi facevano lunghi viaggi alla ricerca di selci, come gli uomini di oggi vanno ai confini della terra in cerca d’oro, di platino o di diamanti.
(715.7) 63:5.7 E queste tribù andoniche manifestarono in molti altri modi un grado d’intelligenza che i loro discendenti retrogradi non raggiunsero nel corso di mezzo milione di anni, benché avessero scoperto a più riprese diversi metodi per accendere il fuoco.
(715.8) 63:6.1 Con la crescente dispersione degli Andoniti, il livello culturale e spirituale dei clan regredì per quasi diecimila anni fino al tempo di Onagar, che assunse la guida di queste tribù, riportò la pace tra di loro e per la prima volta li portò tutti ad adorare il “Donatore del Soffio agli uomini e agli animali”.
(716.1) 63:6.2 La filosofia di Andon era stata molto confusa; egli aveva rischiato di diventare un adoratore del fuoco a causa del grande conforto derivato dalla sua scoperta accidentale dello stesso. La ragione, tuttavia, lo distolse dalla sua scoperta per orientarlo verso il sole, una sorgente di calore e di luce superiore ed imponente, ma esso era troppo lontano, e così egli non divenne un adoratore del sole.
(716.2) 63:6.3 Gli Andoniti manifestarono subito paura degli elementi — tuono, folgore, pioggia, neve, grandine e ghiaccio. Ma la fame restava il motivo costantemente ricorrente di questi tempi primitivi, e poiché essi si sostentavano in gran parte di animali, si sviluppò alla fine una forma di adorazione degli animali. Per Andon i più grossi animali commestibili erano simboli di potenza creativa e di potere fortificante. Di tanto in tanto diveniva costume designare alcuni di questi animali più grossi come oggetti di adorazione. Durante la voga di un particolare animale se ne tracciavano grossolani contorni sulle pareti delle caverne, e più tardi, mentre le arti facevano continui progressi, una tale divinità animale veniva incisa su vari ornamenti.
(716.3) 63:6.4 Molto presto i popoli andonici presero l’abitudine di astenersi dal mangiare la carne dell’animale venerato dalla loro tribù. In seguito, allo scopo d’impressionare in modo più adeguato la mente dei loro giovani, essi svilupparono un cerimoniale di venerazione che avveniva presso il corpo di uno di questi animali onorati; e più tardi ancora questa celebrazione primitiva si trasformò nelle cerimonie sacrificali più elaborate dei loro discendenti. Questa è l’origine dei sacrifici come parte del culto. Questa idea fu elaborata da Mosè nel rituale ebraico e fu conservata nel suo principio dall’apostolo Paolo come dottrina di espiazione del peccato per mezzo dello “spargimento di sangue”.
(716.4) 63:6.5 Che il cibo fosse la cosa più importante nella vita di questi esseri umani primitivi è dimostrato dalla preghiera insegnata a queste persone semplici da Onagar, loro grande istruttore. Questa preghiera era:
(716.5) 63:6.6 “O Soffio di Vita, dacci in questo giorno il nostro cibo quotidiano, liberaci dalla maledizione del ghiaccio, salvaci dai nostri nemici della foresta ed accoglici con misericordia nel Grande Aldilà.”
(716.6) 63:6.7 Onagar aveva il suo quartier generale sulla riva settentrionale dell’antico Mediterraneo, nella regione dell’attuale Mar Caspio, in un insediamento chiamato Oban, luogo di sosta situato nel punto in cui la pista che andava dalla Mesopotamia meridionale verso nord girava ad ovest. Da Oban egli mandò degli insegnanti agli insediamenti più lontani per diffondere le sue nuove dottrine di una Deità unica ed il suo concetto della vita futura, che chiamava il Grande Aldilà. Questi emissari di Onagar furono i primi missionari del mondo; essi furono anche i primi esseri umani a cuocere della carne, i primi ad utilizzare regolarmente il fuoco per preparare il cibo. Essi cuocevano la carne sulle estremità di bastoncini ed anche su pietre calde; più tardi arrostirono al fuoco dei grossi pezzi, ma i loro discendenti ritornarono quasi totalmente all’uso della carne cruda.
(716.7) 63:6.8 Onagar nacque 983.323 anni fa (a partire dall’anno 1934 d.C.) e visse fino all’età di sessantanove anni. Il resoconto delle realizzazioni di questa mente maestra e capo spirituale dei tempi precedenti all’arrivo del Principe Planetario è un racconto appassionante dell’organizzazione di questi popoli primitivi in una vera società. Egli istituì un governo tribale efficiente, quale non fu raggiunto dalle generazioni successive in molti millenni. Fino all’arrivo del Principe Planetario non vi fu mai più sulla terra una civiltà di così alto grado spirituale. Questi popoli semplici avevano una religione vera, anche se primitiva, ma essa fu successivamente perduta dai loro discendenti degeneri.
(717.1) 63:6.9 Benché Andon e Fonta avessero entrambi ricevuto un Aggiustatore di Pensiero, come molti dei loro discendenti, fu solo a partire dai tempi di Onagar che gli Aggiustatori ed i serafini guardiani vennero in gran numero su Urantia. Questa fu veramente l’epoca d’oro dell’uomo primitivo.
(717.2) 63:7.1 Andon e Fonta, gli splendidi fondatori della razza umana, ricevettero il loro riconoscimento al momento del giudizio di Urantia quando arrivò il Principe Planetario e, a tempo debito, essi emersero dal regime dei mondi delle dimore con lo status di cittadini di Jerusem. Sebbene non siano mai stati autorizzati a ritornare su Urantia, essi sono al corrente della storia della razza che hanno fondato. Essi furono molto addolorati per il tradimento di Caligastia, rattristati per il fallimento di Adamo, ma si rallegrarono enormemente alla notizia che Micael aveva scelto il loro mondo come teatro del suo conferimento finale.
(717.3) 63:7.2 Su Jerusem, Andon e Fonta si fusero con il loro Aggiustatore di Pensiero, come fecero anche parecchi dei loro figli, tra cui Sontad, ma la maggior parte dei loro discendenti, anche diretti, raggiunsero soltanto la fusione con lo Spirito.
(717.4) 63:7.3 Poco dopo il loro arrivo su Jerusem, Andon e Fonta ricevettero dal Sovrano del Sistema il permesso di ritornare sul primo mondo delle dimore per servire assieme alle personalità morontiali che accolgono i pellegrini del tempo provenienti da Urantia e diretti verso le sfere celesti. Ed essi sono stati assegnati a questo incarico per una durata indeterminata. Essi cercarono d’inviare dei saluti ad Urantia in occasione delle presenti rivelazioni, ma questa richiesta fu loro saggiamente negata.
(717.5) 63:7.4 Questo è il racconto del più eroico ed affascinante capitolo di tutta la storia di Urantia, il racconto dell’evoluzione, della lotta per la vita, della morte e della sopravvivenza eterna degli straordinari genitori di tutta l’umanità.
(717.6) 63:7.5 [Presentato da un Portatore di Vita residente su Urantia.]
(718.1) 64:0.1 QUESTA è la storia delle razze evoluzionarie di Urantia dai giorni di Andon e Fonta, quasi un milione di anni or sono, passando per i tempi del Principe Planetario e sino alla fine dell’era glaciale.
(718.2) 64:0.2 La razza umana ha quasi un milione di anni, e la prima metà della sua storia corrisponde grosso modo all’epoca che precedette l’arrivo del Principe Planetario di Urantia. La seconda metà della storia dell’umanità comincia al momento dell’arrivo del Principe Planetario e dell’apparizione delle sei razze di colore, e corrisponde all’incirca al periodo comunemente considerato come l’Antica Età della Pietra.
(718.3) 64:1.1 L’uomo primitivo fece la sua comparsa evoluzionaria sulla terra poco meno di un milione di anni fa e passò per aspre esperienze. Egli cercò istintivamente di sfuggire al pericolo di un incrocio con le tribù delle scimmie inferiori. Ma non poteva emigrare verso est a causa delle elevate terre aride del Tibet, alte circa 9.000 metri sul livello del mare; né poteva dirigersi verso sud o verso ovest a causa della vastità del Mare Mediterraneo, che si estendeva allora verso est fino all’Oceano Indiano; e quando andò verso nord, incontrò il ghiaccio che avanzava. Tuttavia, anche quando la migrazione successiva fu bloccata dal ghiaccio, e benché le tribù in dispersione divenissero sempre più ostili, i gruppi più intelligenti non pensarono mai di andare verso sud a vivere tra i loro cugini arboricoli pelosi di livello intellettuale inferiore.
(718.4) 64:1.2 Molti dei più antichi sentimenti religiosi dell’uomo si svilupparono dal suo senso d’impotenza relativo all’ambiente racchiuso di questa situazione geografica — montagne a destra, acqua a sinistra e ghiaccio di fronte. Ma questi Andoniti progressivi non volevano ritornare a sud dai loro parenti inferiori arboricoli.
(718.5) 64:1.3 Questi Andoniti evitavano le foreste, contrariamente alle abitudini dei loro parenti non umani. Nelle foreste l’uomo è sempre degenerato; l’evoluzione umana è progredita solo su terreno aperto e alle latitudini più alte. Il freddo e la fame delle terre aperte stimolano l’attività, l’invenzione e lo spirito d’iniziativa. Mentre queste tribù andoniche sviluppavano i pionieri della razza umana attuale in mezzo alle avversità e alle privazioni dei rigidi climi nordici, i loro cugini arretrati vivevano comodamente nelle foreste tropicali meridionali del paese di loro antica origine comune.
(718.6) 64:1.4 Questi avvenimenti accaddero all’epoca della terza glaciazione, la prima secondo i vostri geologi. Le prime due glaciazioni furono poco estese nell’Europa settentrionale.
(718.7) 64:1.5 Durante la maggior parte dell’epoca glaciale l’Inghilterra era collegata con la Francia per via di terra, mentre in seguito l’Africa fu congiunta all’Europa dal ponte terrestre della Sicilia. Al tempo delle migrazioni andoniche c’era una via terrestre continua che andava dall’Inghilterra ad ovest, attraverso l’Europa e l’Asia, fino a Giava ad est; ma l’Australia era ancora isolata, cosa che accentuò maggiormente lo sviluppo di una sua fauna particolare.
(719.1) 64:1.6 950.000 anni fa i discendenti di Andon e Fonta erano emigrati molto lontano verso est e verso ovest. Verso ovest attraversarono l’Europa e raggiunsero la Francia e l’Inghilterra. In un’epoca successiva essi si spinsero verso est fino a Giava, dove sono state scoperte recentemente le loro ossa — il cosiddetto uomo di Giava — e proseguirono poi fino in Tasmania.
(719.2) 64:1.7 I gruppi che si diressero verso ovest furono meno contaminati dai ceppi retrogradi di comune origine ancestrale rispetto a quelli andati verso est, che si mescolarono così largamente con i loro cugini animali ritardati. Questi individui non progressivi si diressero verso sud e si accoppiarono ben presto con le tribù inferiori. Più tardi un numero crescente di loro discendenti ibridi ritornarono verso nord e si accoppiarono con i popoli andonici in rapida espansione, e tali malaugurate unioni fecero inevitabilmente degenerare la stirpe superiore. Un numero sempre minore di gruppi primitivi conservò il culto del Donatore del Soffio. Questa civiltà agli albori minacciò di estinguersi.
(719.3) 64:1.8 E così è sempre stato su Urantia. Civiltà molto promettenti si sono successivamente deteriorate ed hanno finito per estinguersi per la follia di consentire agli individui superiori di procreare liberamente con quelli inferiori.
(719.4) 64:2.1 900.000 anni fa le arti di Andon e Fonta e la cultura di Onagar stavano scomparendo dalla faccia della terra; la cultura, la religione ed anche la lavorazione della selce erano in massima decadenza.
(719.5) 64:2.2 Questi furono i tempi in cui un gran numero di gruppi ibridi inferiori arrivarono in Inghilterra provenendo dal sud della Francia. Queste tribù erano talmente incrociate con creature scimmiesche delle foreste da essere appena umane. Esse non avevano alcuna religione ma lavoravano rozzamente la selce ed avevano abbastanza intelligenza per accendere il fuoco.
(719.6) 64:2.3 Esse furono seguite in Europa da un popolo prolifico ed un po’ superiore, i cui discendenti si diffusero subito in tutto il continente, dai ghiacci a nord sino alle Alpi e al Mediterraneo a sud. Queste tribù formavano la cosiddetta razza di Heidelberg.
(719.7) 64:2.4 Durante questo lungo periodo di decadenza culturale i popoli di Foxhall dell’Inghilterra e le tribù di Badonan nel nordovest dell’India continuarono a mantenere in vita alcune delle tradizioni di Andon e certi residui della cultura di Onagar.
(719.8) 64:2.5 Le popolazioni di Foxhall erano le più occidentali e riuscirono a conservare molto della cultura andonica; esse conservarono anche la loro conoscenza della lavorazione della selce, che trasmisero ai loro discendenti, i lontani antenati degli Eschimesi.
(719.9) 64:2.6 Sebbene le vestigia delle popolazioni di Foxhall siano state scoperte per ultime in Inghilterra, questi Andoniti furono in realtà i primi esseri umani a vivere in tali regioni. In quell’epoca il ponte terrestre collegava ancora la Francia all’Inghilterra; e poiché la maggior parte dei primi insediamenti dei discendenti di Andon era situata lungo i fiumi e le coste di quei tempi antichi, essi si trovano ora sotto le acque della Manica e del Mare del Nord, sebbene tre o quattro siano ancora fuori dell’acqua sulla costa inglese.
(720.1) 64:2.7 Molti dei popoli più intelligenti e spirituali di Foxhall conservarono la loro superiorità razziale e perpetuarono i loro costumi religiosi primitivi. E queste popolazioni, che si erano mescolate più tardi con stirpi susseguenti, lasciarono l’Inghilterra e andarono verso ovest a seguito di una glaciazione successiva, e sopravvissero come Eschimesi odierni.
(720.2) 64:3.1 Oltre alle popolazioni di Foxhall nell’ovest, un altro combattivo centro di cultura persisté nell’est. Questo gruppo viveva sui contrafforti degli altopiani nordoccidentali dell’India tra le tribù di Badonan, un lontanissimo nipote di Andon. Queste popolazioni furono i soli discendenti di Andon che non praticarono mai sacrifici umani.
(720.3) 64:3.2 Questi Badoniti degli altopiani occupavano un vasto pianoro circondato da foreste, attraversato da fiumi e con abbondante selvaggina. Come alcuni dei loro cugini del Tibet, essi vivevano in rozze capanne di pietra, in grotte sul fianco delle colline ed in gallerie seminterrate.
(720.4) 64:3.3 Mentre nelle tribù del nord crebbe sempre più la paura del ghiaccio, quelle che vivevano vicino al loro paese d’origine divennero estremamente timorose dell’acqua. Esse videro la penisola della Mesopotamia inabissarsi gradualmente nell’oceano, ed anche se essa emerse parecchie volte, le tradizioni di queste razze primitive si formarono attorno ai pericoli del mare e al timore della periodica sommersione. Questa paura, unitamente alla loro esperienza delle piene fluviali, spiega perché scelsero le terre alte come luogo sicuro in cui abitare.
(720.5) 64:3.4 Ad est del territorio abitato dai popoli di Badonan, sui Monti Siwalik dell’India settentrionale, si possono trovare fossili che si avvicinano ai tipi di transizione tra l’uomo ed i vari gruppi preumani più che in qualunque altra parte della terra.
(720.6) 64:3.5 850.000 anni fa, le tribù superiori di Badonan cominciarono una guerra di sterminio contro i loro vicini inferiori con tendenze animali. In meno di mille anni la maggior parte dei gruppi animali ai confini di queste regioni erano stati distrutti o respinti nelle foreste del sud. Questa campagna di sterminio degli esseri inferiori portò ad un leggero miglioramento delle tribù montane di quell’epoca. E i discendenti misti di questo ceppo Badonita migliorato apparvero sulla scena d’azione come un popolo apparentemente nuovo — la razza del Neandertal.
(720.7) 64:4.1 Gli uomini del Neandertal erano eccellenti combattenti e grandi viaggiatori. Essi si diffusero gradualmente dai centri degli altopiani nel nordovest dell’India sino alla Cina ad est, alla Francia ad ovest, ed anche verso sud, fino all’Africa settentrionale. Essi dominarono il mondo per quasi mezzo milione di anni fino all’epoca della migrazione delle razze evoluzionarie di colore.
(720.8) 64:4.2 800.000 anni fa, la selvaggina era abbondante; molte specie di cervidi, come pure elefanti ed ippopotami, vagavano per l’Europa. Il bestiame abbondava; cavalli e lupi erano ovunque. Gli uomini del Neandertal erano grandi cacciatori, e le tribù che vivevano in Francia furono le prime ad adottare la pratica di concedere ai migliori cacciatori il privilegio di scegliere la propria moglie tra le donne.
(721.1) 64:4.3 La renna fu estremamente utile a questi popoli del Neandertal, servendo come cibo, come vestiario e per fabbricare utensili, in quanto essi facevano vario uso delle sue corna e delle sue ossa. Essi erano poco colti, ma portarono grandi miglioramenti alla lavorazione della selce fino a raggiungere quasi i livelli dei tempi di Andon. Ritornarono in uso grosse selci attaccate a manici di legno per servire da asce e da picconi.
(721.2) 64:4.4 750.000 anni fa, la quarta coltre di ghiaccio avanzava decisamente verso sud. Con i loro attrezzi migliorati gli uomini del Neandertal facevano dei buchi nel ghiaccio che copriva i fiumi nordici e potevano così arpionare i pesci che risalivano verso i fori. Queste tribù arretrarono continuamente di fronte all’avanzata dei ghiacci, che in quel momento davano luogo alla più estesa invasione dell’Europa.
(721.3) 64:4.5 In quest’epoca il ghiacciaio siberiano raggiunse la sua massima progressione verso sud, obbligando gli uomini primitivi a spostarsi a sud verso i loro paesi d’origine. Ma la specie umana si era così differenziata che il pericolo di un nuovo incrocio con i suoi parenti scimmieschi non progressivi era grandemente diminuito.
(721.4) 64:4.6 700.000 anni fa, la quarta glaciazione, la più grande di tutte in Europa, si stava ritirando; uomini e animali ritornavano verso nord. Il clima era fresco ed umido e gli uomini primitivi prosperarono di nuovo in Europa e nell’Asia occidentale. Gradualmente le foreste si estesero verso nord sulle terre che erano state così recentemente coperte dai ghiacci.
(721.5) 64:4.7 La fauna mammifera era stata poco modificata dalla grande glaciazione. Questi animali persisterono su quella stretta striscia di terra che si stendeva tra i ghiacci e le Alpi, e alla ritirata del ghiacciaio si diffusero di nuovo rapidamente su tutta l’Europa. Attraverso il ponte terrestre della Sicilia arrivarono dall’Africa elefanti dalle zanne diritte, rinoceronti dal naso largo, iene e leoni africani, e questi nuovi animali sterminarono praticamente le tigri dai denti a sciabola e gli ippopotami.
(721.6) 64:4.8 650.000 anni fa, il clima continuava ad essere mite. Verso la metà del periodo interglaciale esso era divenuto così caldo che le Alpi furono quasi spogliate del ghiaccio e della neve.
(721.7) 64:4.9 600.000 anni fa, il ghiaccio aveva raggiunto il punto allora più settentrionale della sua ritirata e dopo una pausa di alcune migliaia di anni si mosse nuovamente verso sud per la sua quinta escursione. Ma il clima si modificò poco per cinquantamila anni. Gli uomini e gli animali dell’Europa furono cambiati di poco. La leggera aridità del periodo precedente si attenuò ed i ghiacciai alpini scesero molto in basso nelle valli dei fiumi.
(721.8) 64:4.10 550.000 anni fa, l’avanzata dei ghiacciai spinse di nuovo gli uomini e gli animali verso sud. Ma questa volta gli uomini avevano spazio in abbondanza nella larga fascia di terra che si stendeva verso nordest in Asia e tra la coltre di ghiaccio ed il Mar Nero, allora appendice molto estesa del Mediterraneo.
(721.9) 64:4.11 Questi tempi della quarta e della quinta glaciazione videro l’ulteriore diffusione della rozza cultura delle razze del Neandertal. Ma vi furono talmente pochi progressi che sembrò veramente che il tentativo di produrre un tipo nuovo e modificato di vita intelligente su Urantia stesse per fallire. Per quasi un quarto di milione di anni questi popoli primitivi andarono avanti cacciando e combattendo con periodi di miglioramento in certe direzioni, ma nel complesso regredendo costantemente in rapporto ai loro antenati andonici superiori.
(721.10) 64:4.12 Durante queste ere spiritualmente oscure, la cultura dell’umanità superstiziosa raggiunse i suoi livelli più bassi. Gli uomini del Neandertal in realtà non avevano alcuna religione al di là di una vergognosa superstizione. Essi avevano una paura mortale delle nuvole ed in particolar modo delle brume e delle nebbie. Si sviluppò gradualmente una religione primitiva di paura nei confronti delle forze naturali, mentre il culto degli animali, declinato con il miglioramento degli attrezzi e con l’abbondanza della selvaggina, permetteva a queste popolazioni di vivere con minore preoccupazione per il cibo. Le ricompense sessuali ai cacciatori migliori contribuirono grandemente a migliorare l’abilità nella caccia. Questa nuova religione della paura portò al tentativo di placare le forze invisibili celate dietro gli elementi naturali e raggiunse più tardi il suo culmine nei sacrifici umani tesi ad appagare queste forze fisiche invisibili e sconosciute. Tale pratica terribile dei sacrifici umani è stata perpetuata dai popoli più arretrati di Urantia fino al ventesimo secolo.
(722.1) 64:4.13 Questi uomini primitivi del Neandertal non si possono considerare adoratori del sole. Essi vivevano piuttosto nella paura dell’oscurità; avevano un timore mortale del calar della notte. Fino a che la luna brillava un po’ essi riuscivano a controllarsi, ma nelle notti senza luna erano presi dal panico e cominciavano a sacrificare i loro migliori giovani uomini e donne nel tentativo d’indurre la luna a brillare di nuovo. Essi impararono presto che il sole riappariva con regolarità, ma ritenevano che la luna tornasse soltanto perché sacrificavano i membri della loro tribù. Con il progredire della razza, l’oggetto e lo scopo dei sacrifici gradualmente cambiarono, ma l’offerta di sacrifici umani come parte del cerimoniale religioso persisté a lungo.
(722.2) 64:5.1 500.000 anni fa, le tribù badonite degli altopiani a nordovest dell’India furono coinvolte in un’altra grande lotta razziale. Questa guerra implacabile infuriò per più di cento anni, e quando la lunga battaglia fu terminata restavano soltanto un centinaio di famiglie; ma questi superstiti erano i più intelligenti e desiderabili di tutti i discendenti allora viventi di Andon e Fonta.
(722.3) 64:5.2 Ed allora, tra questi Badoniti degli altopiani si produsse un nuovo e strano avvenimento. Un uomo ed una donna che vivevano nella parte nordorientale della regione degli altopiani allora abitata cominciarono improvvisamente a dare origine ad un gruppo di figli eccezionalmente intelligenti. Questa era la famiglia Sangik, antenata di tutte le sei razze di colore di Urantia.
(722.4) 64:5.3 Questi figli Sangik, in numero di diciannove, non solo erano più intelligenti dei loro simili, ma la loro pelle manifestava una straordinaria tendenza ad assumere differenti colori quando era esposta alla luce solare. Tra questi diciannove figli, cinque erano rossi, due arancio, quattro gialli, due verdi, quattro blu e due indaco. Questi colori divennero più pronunciati via via che i figli crescevano, e quando questi giovani si congiunsero più tardi con membri della loro tribù, tutti i loro discendenti ebbero tendenza ad assumere il colore di pelle del genitore Sangik.
(722.5) 64:5.4 Ed ora interrompo questo racconto cronologico, dopo aver richiamato la vostra attenzione sull’arrivo del Principe Planetario che avvenne in quest’epoca, al fine di esaminare separatamente le sei razze Sangik di Urantia.
(722.6) 64:6.1 Su un pianeta evoluzionario normale le sei razze evoluzionarie di colore appaiono una dopo l’altra; l’uomo rosso si evolve per primo e per intere epoche vaga nel mondo prima che le razze di colore successive facciano la loro apparizione. La comparsa simultanea di tutte e sei le razze su Urantia, e in una sola famiglia, fu del tutto eccezionale.
(723.1) 64:6.2 L’apparizione dei primi Andoniti su Urantia fu anch’essa un evento nuovo in Satania. Su nessun altro mondo del sistema locale si è evoluta una simile razza di creature dotate di volontà in anticipo sulle razze evoluzionarie di colore
(723.2) 64:6.3 1. L’uomo rosso. Questi popoli furono degli esemplari straordinari della razza umana, superiori in molti aspetti ad Andon e Fonta. Essi erano un gruppo molto intelligente e furono i primi figli Sangik a sviluppare una civiltà ed un governo tribali. Essi furono sempre monogami ed anche i loro discendenti di sangue misto praticarono raramente la poligamia.
(723.3) 64:6.4 In tempi successivi essi ebbero seri e prolungati problemi con i loro fratelli gialli in Asia. Furono aiutati dall’invenzione, che fecero molto presto, dell’arco e della freccia, ma avevano sfortunatamente ereditato in gran misura la tendenza dei loro antenati a battersi tra loro, e ciò li indebolì a tal punto che le tribù gialle furono in grado di cacciarli dal continente asiatico.
(723.4) 64:6.5 Circa 85.000 anni fa i superstiti relativamente puri della razza rossa passarono in massa nell’America del Nord; e poco dopo l’istmo di Bering s’inabissò, isolandoli completamente. Nessun uomo rosso ritornò mai in Asia. Ma in Siberia, in Cina, nell’Asia centrale, in India ed in Europa essi lasciarono dietro di loro molte stirpi mescolate con le altre razze di colore.
(723.5) 64:6.6 Quando gli uomini rossi passarono in America, portarono con loro molti insegnamenti e tradizioni della loro origine primitiva. I loro antenati diretti erano venuti a contatto con le ultime attività del quartier generale mondiale del Principe Planetario. Ma poco dopo aver raggiunto le Americhe gli uomini rossi cominciarono a perdere di vista questi insegnamenti, e la loro cultura intellettuale e spirituale subì un forte declino. Molto presto questi popoli ricominciarono a combattere così ferocemente tra di loro che queste guerre tribali avrebbero portato alla rapida estinzione di questo residuo relativamente puro della razza rossa.
(723.6) 64:6.7 A causa di questa grande regressione gli uomini rossi sembravano condannati quando, circa sessantacinquemila anni fa, apparve Onamonalonton come loro capo e liberatore spirituale. Egli portò una pace temporanea tra gli uomini rossi americani e fece rivivere il loro culto del “Grande Spirito”. Onamonalonton visse fino all’età di novantasei anni e mantenne il suo quartier generale in mezzo alle grandi sequoie della California. Molti dei suoi discendenti successivi sono arrivati fino ai tempi moderni tra gli Indiani Piedineri.
(723.7) 64:6.8 Con il passare del tempo gli insegnamenti di Onamonalonton divennero delle vaghe tradizioni. Ricominciarono le guerre intestine e mai più dai tempi di questo grande maestro un altro capo riuscì a stabilire una pace universale tra di loro. I ceppi più intelligenti perirono sempre più in queste lotte tribali; diversamente una grande civiltà sarebbe stata costruita sul continente nordamericano da questi uomini rossi capaci ed intelligenti.
(723.8) 64:6.9 Dopo il loro passaggio dalla Cina all’America gli uomini rossi del nord non vennero mai più in contatto con altre influenze mondiali (eccetto gli Eschimesi) prima di essere scoperti più tardi dagli uomini bianchi. È un vero peccato che gli uomini rossi abbiano mancato quasi completamente la loro possibilità di essere elevati dall’apporto della successiva stirpe adamica. In ogni caso, l’uomo rosso non poteva comandare l’uomo bianco e non voleva assoggettarsi a lui volontariamente. In una tale circostanza, se le due razze non si fondono, una o l’altra è condannata.
(723.9) 64:6.10 2. L’uomo arancio. La caratteristica preminente di questa razza era il bisogno peculiare di costruire, di costruire di tutto, fino ad ammonticchiare enormi cumuli di pietre giusto per vedere quale tribù sapesse costruire il cumulo più alto. Benché non fossero un popolo progressivo, essi trassero grande profitto dalle scuole del Principe, dove inviarono dei delegati perché vi fossero istruiti.
(724.1) 64:6.11 La razza arancio fu la prima a seguire il litorale meridionale verso l’Africa quando il Mare Mediterraneo si ritirò verso ovest. Ma essi non fissarono mai delle basi favorevoli in Africa e furono sterminati all’arrivo successivo della razza verde.
(724.2) 64:6.12 Prima della sua fine questo popolo perse gran parte del suo bagaglio culturale e spirituale. Ci fu tuttavia un grande risveglio di vita superiore grazie alla saggia guida di Porshunta, la mente maestra di questa razza sfortunata, che portò loro il suo ministero quando il loro quartier generale era ad Armageddon, circa trecentomila anni fa.
(724.3) 64:6.13 L’ultima grande battaglia tra gli uomini arancio e gli uomini verdi avvenne nella regione della valle inferiore del Nilo in Egitto. Questa guerra interminabile fu contesa per quasi cento anni e quando finì pochissimi membri della razza arancio erano rimasti vivi. I resti dispersi di questo popolo furono assorbiti dagli uomini verdi e dagli uomini indaco arrivati più tardi. Ma gli uomini arancio cessarono di esistere come razza circa centomila anni fa.
(724.4) 64:6.14 3. L’uomo giallo. Le tribù gialle primitive furono le prime ad abbandonare la caccia, ad istituire delle comunità stabili ed a sviluppare una vita familiare basata sull’agricoltura. Intellettualmente essi erano un po’ inferiori agli uomini rossi, ma socialmente e collettivamente si rivelarono superiori a tutti i popoli Sangik nel promuovere una civiltà razziale. Poiché svilupparono uno spirito fraterno e le varie tribù impararono a vivere insieme in relativa pace, essi furono in grado di scacciare la razza rossa davanti a loro via via che si espandevano in Asia.
(724.5) 64:6.15 Essi si allontanarono molto dall’influenza del centro spirituale del mondo e s’immersero in grandi tenebre seguendo l’apostasia di Caligastia. Ma vi fu un’epoca brillante presso questo popolo quando, circa centomila anni fa, Singlanton assunse la guida di queste tribù e proclamò il culto dell’“Unica Verità”.
(724.6) 64:6.16 Il numero relativamente alto di superstiti della razza gialla è dovuto allo spirito di pace che regnava tra le loro tribù. Dall’epoca di Singlangton fino ai tempi della Cina moderna la razza gialla è stata tra le nazioni più pacifiche di Urantia. Questa razza ha ricevuto un piccolo ma potente lascito dalla successiva stirpe adamica importata.
(724.7) 64:6.17 4. L’uomo verde. La razza verde fu uno dei gruppi di uomini primitivi meno capaci e fu grandemente indebolita da estese migrazioni in differenti direzioni. Prima della loro dispersione queste tribù conobbero un grande risveglio culturale sotto la guida di Fantad, circa trecentocinquantamila anni fa.
(724.8) 64:6.18 La razza verde si divise in tre gruppi maggiori: le tribù del nord furono vinte, asservite ed assorbite dalle razze gialla e blu. Il gruppo orientale si amalgamò con i popoli dell’India di quei tempi, e dei residui esistono ancora tra questi popoli. Il gruppo meridionale entrò in Africa, dove distrusse i suoi cugini arancio quasi altrettanto inferiori.
(724.9) 64:6.19 Sotto molto aspetti i due gruppi avevano forza equivalente in questa lotta, poiché ciascuno comprendeva ceppi dell’ordine dei giganti; molti dei loro capi erano alti da due metri e quaranta a due metri e settanta. Queste stirpi giganti degli uomini verdi furono per la maggior parte limitate alla nazione meridionale o egiziana.
(725.1) 64:6.20 I superstiti vittoriosi degli uomini verdi furono successivamente assorbiti dalla razza indaco, l’ultima dei popoli di colore a svilupparsi e ad emigrare dal centro originario Sangik di dispersione delle razze.
(725.2) 64:6.21 5. L’uomo blu. Gli uomini blu furono un grande popolo. Essi inventarono presto la lancia ed elaborarono in seguito i rudimenti di molte arti della civiltà moderna. L’uomo blu aveva la potenza cerebrale dell’uomo rosso associata all’animo e al sentimento dell’uomo giallo. I discendenti adamici li preferirono tra tutti i successivi superstiti delle razze di colore.
(725.3) 64:6.22 I primi uomini blu furono sensibili alle esortazioni degli insegnanti del gruppo del Principe Caligastia e furono messi in gran confusione dai susseguenti insegnamenti pervertiti di quei capi traditori. Come le altre razze primitive essi non si ripresero mai completamente dallo scompiglio provocato dal tradimento di Caligastia, né superarono mai totalmente la tendenza a combattere tra di loro.
(725.4) 64:6.23 Circa cinquecento anni dopo la caduta di Caligastia avvenne un vasto risveglio culturale e religioso di tipo primitivo — ma nondimeno reale e benefico. Orlandof divenne un grande maestro della razza blu e ricondusse molte tribù al culto del vero Dio sotto il nome di “Capo Supremo”. Questo fu il più grande progresso degli uomini blu fino ai tempi successivi in cui questa razza fu grandemente elevata dall’apporto della stirpe adamica.
(725.5) 64:6.24 Le ricerche e le esplorazioni fatte in Europa sull’Antica Età della Pietra sono largamente consistite in dissotterramenti di utensili, di ossa e di oggetti decorativi di questi antichi uomini blu, perché essi sono persistiti in Europa fino a tempi recenti. Le cosiddette razze bianche di Urantia sono i discendenti di questi uomini blu, modificati una prima volta da un leggero incrocio con gli uomini gialli e rossi e poi fortemente elevati dall’assimilazione della maggior parte della razza viola.
(725.6) 64:6.25 6. La razza indaco. Come gli uomini rossi furono i più avanzati di tutti i popoli Sangik, così gli uomini neri furono i meno progressivi. Essi furono gli ultimi ad emigrare dalle loro dimore sugli altopiani. Andarono in Africa, prendendo possesso del continente, e da allora sono sempre rimasti là ad eccezione di quelli che sono stati portati via di forza nelle varie epoche come schiavi.
(725.7) 64:6.26 Isolati in Africa, i popoli indaco, come gli uomini rossi, beneficiarono poco o nulla dell’elevazione razziale che avrebbero potuto ottenere dall’infusione della stirpe adamica. Sola in Africa la razza indaco fece pochi progressi fino ai giorni di Orvonon, quando conobbe un grande risveglio spirituale. Anche se dimenticarono in seguito quasi del tutto il “Dio degli Dei” proclamato da Orvonon, essi non persero completamente il desiderio di adorare lo Sconosciuto; quantomeno ne mantennero una forma di culto fino a poche migliaia di anni fa.
(725.8) 64:6.27 Nonostante la loro arretratezza questi popoli indaco hanno esattamente lo stesso status davanti ai poteri celesti di qualsiasi altra razza terrestre.
(725.9) 64:6.28 Queste furono epoche di lotte violente tra le diverse razze, ma in vicinanza del quartier generale del Principe Planetario i gruppi più illuminati e più recentemente istruiti vissero insieme in relativa armonia, sebbene nessuna grande conquista culturale delle razze mondiali fosse stata realizzata fino al momento in cui questo regime fu gravemente stravolto dallo scoppio della ribellione di Lucifero.
(726.1) 64:6.29 Di tanto in tanto tutti questi differenti popoli conobbero dei risvegli culturali e spirituali. Mansant fu un grande maestro dell’epoca successiva a quella del Principe Planetario. Ma si fa menzione soltanto di quei capi e maestri eccezionali che influenzarono ed ispirarono in modo considerevole un’intera razza. Col passare del tempo sorsero numerosi maestri meno importanti in differenti regioni; e nel loro insieme contribuirono grandemente alla somma totale di quelle influenze che impedirono il collasso completo della civiltà culturale, specialmente durante le lunghe ed oscure epoche tra la ribellione di Caligastia e l’arrivo di Adamo.
(726.2) 64:6.30 Vi sono molte buone e sufficienti ragioni a favore del piano di far evolvere tre o sei razze di colore sui mondi dello spazio. Anche se i mortali di Urantia possono non essere nella condizione di apprezzare pienamente tutte queste ragioni, noi richiamiamo l’attenzione sulle seguenti:
(726.3) 64:6.31 1. La varietà è indispensabile per permettere un ampio funzionamento della selezione naturale, della sopravvivenza differenziale dei ceppi superiori.
(726.4) 64:6.32 2. Si ottengono razze migliori e più forti dall’incrocio di genti diverse quando queste differenti razze sono portatrici di fattori ereditari superiori. Le razze di Urantia avrebbero beneficiato di tale iniziale amalgamazione se questo popolo mescolato fosse stato in seguito efficacemente elevato da una profonda mescolanza con la stirpe adamica superiore. Il tentativo di eseguire un tale esperimento su Urantia nelle condizioni razziali attuali sarebbe assolutamente disastroso.
(726.5) 64:6.33 3. La competizione è salutarmente stimolata dalla diversificazione delle razze.
(726.6) 64:6.34 4. Le differenze di condizione delle razze e di gruppi all’interno di ciascuna razza sono essenziali allo sviluppo della tolleranza e dell’altruismo umani.
(726.7) 64:6.35 5. L’omogeneità della razza umana non è desiderabile prima che i popoli di un mondo in evoluzione abbiano raggiunto livelli relativamente alti di sviluppo spirituale.
(726.8) 64:7.1 Quando i discendenti di colore della famiglia Sangik cominciarono a moltiplicarsi e quando cercarono la possibilità di espandersi nei territori adiacenti, la quinta glaciazione, la terza secondo i calcoli dei geologi, era ben avanti nella sua deriva verso sud in Europa ed in Asia. Alla loro origine queste razze di colore primitive furono terribilmente provate dai rigori e dalle privazioni dell’era glaciale. In Asia questo ghiacciaio si estese a tal punto che per migliaia di anni la migrazione verso l’Asia orientale fu interrotta. E non fu loro possibile raggiungere l’Africa prima della successiva ritirata del Mare Mediterraneo, conseguente all’elevazione dell’Arabia.
(726.9) 64:7.2 Fu per questo che per quasi centomila anni questi popoli Sangik si sparsero attorno alle colline pedemontane e si mescolarono più o meno tra di loro, nonostante la peculiare e naturale antipatia che si manifestò ben presto tra le differenti razze.
(726.10) 64:7.3 Tra l’epoca del Principe Planetario e quella di Adamo, l’India divenne la patria della popolazione più cosmopolita che si sia mai vista sulla faccia della terra. Ma fu un peccato che questa mescolanza fosse giunta a contenere tanti fattori delle razze verde, arancio e indaco. Questi popoli Sangik secondari trovarono un’esistenza più facile e piacevole nei paesi del sud, e molti di loro emigrarono successivamente in Africa. I popoli Sangik primari, le razze superiori, evitarono i tropici; gli uomini rossi si diressero verso il nordest dell’Asia, seguiti da vicino dagli uomini gialli, mentre la razza blu avanzò verso nordovest fino all’Europa.
(727.1) 64:7.4 Gli uomini rossi cominciarono presto ad emigrare verso nordest, seguendo il ghiaccio che si ritirava, girarono attorno alle terre alte dell’India ed occuparono tutto il nordest dell’Asia. Essi furono seguiti da vicino dalle tribù gialle, che successivamente li cacciarono dall’Asia nell’America del Nord.
(727.2) 64:7.5 Quando i resti relativamente puri della razza rossa lasciarono l’Asia, c’erano undici tribù che sommavano a poco più di settemila uomini, donne e bambini. Queste tribù erano accompagnate da tre piccoli gruppi di origine mista, il più importante dei quali comprendeva una combinazione delle razze arancio e blu. Questi tre gruppi non fraternizzarono mai completamente con gli uomini rossi e proseguirono presto in direzione sud verso il Messico e l’America Centrale, dove furono raggiunti più tardi da un piccolo gruppo di uomini gialli e rossi incrociati. Tali popolazioni si sposarono tutte tra di loro e fondarono una nuova razza amalgamata, molto meno bellicosa degli uomini rossi di razza pura. Nello spazio di cinquemila anni questa razza amalgamata si scisse in tre gruppi, che stabilirono rispettivamente le civiltà del Messico, dell’America Centrale e dell’America del Sud. Il ramo sudamericano ricevette un leggero tocco del sangue di Adamo.
(727.3) 64:7.6 In una certa misura gli uomini rossi e gialli primitivi si mescolarono in Asia, e i discendenti di questa unione si trasferirono verso est e lungo il litorale meridionale, e alla fine furono cacciati dalla razza gialla in rapido aumento nelle penisole e nelle isole vicine alla costa. Essi sono gli uomini bruni di oggi.
(727.4) 64:7.7 La razza gialla ha continuato ad occupare le regioni centrali dell’Asia orientale. Tra le sei razze di colore essi sono quelli che sono sopravvissuti in numero maggiore. Gli uomini gialli, pur essendosi impegnati ogni tanto in guerre razziali, non hanno sostenuto incessanti ed implacabili guerre di sterminio come quelle intraprese dagli uomini rossi, verdi e arancio. Queste tre razze si erano praticamente distrutte tra di loro prima di essere alla fine quasi annientate dai loro nemici delle altre razze.
(727.5) 64:7.8 Poiché la quinta glaciazione non si estese molto a sud in Europa, la via per emigrare verso nordovest rimase parzialmente aperta a queste popolazioni Sangik; e quando i ghiacci si ritirarono gli uomini blu, accompagnati da alcuni altri piccoli gruppi razziali, emigrarono verso ovest lungo le antiche piste delle tribù andoniche. Essi invasero l’Europa ad ondate successive, occupando la maggior parte del continente.
(727.6) 64:7.9 In Europa essi incontrarono ben presto i discendenti neandertaliani del loro primitivo antenato comune, Andon. Questi antichi neandertaliani europei erano stati cacciati verso sud e verso est dal ghiacciaio e si trovarono così nella situazione di affrontare e di assorbire rapidamente i loro cugini invasori delle tribù Sangik.
(727.7) 64:7.10 All’inizio le tribù Sangik erano in generale più intelligenti dei discendenti degenerati degli uomini andonici primitivi delle pianure e nella maggior parte degli aspetti molto superiori a loro. L’incrocio di queste tribù Sangik con i popoli del Neandertal portarono all’immediato miglioramento della razza più antica. Fu questa infusione di sangue Sangik, e più particolarmente di quello degli uomini blu, che portò quel marcato miglioramento nei popoli del Neandertal manifestato dalle successive ondate di tribù sempre più intelligenti che si sparsero in Europa provenendo dall’est.
(727.8) 64:7.11 Nel corso del successivo periodo interglaciale questa nuova razza del Neandertal si estese dall’Inghilterra fino all’India. Il resto della razza blu rimasto nella vecchia penisola persiana si amalgamò più tardi con certi altri elementi, principalmente gialli. L’incrocio che ne risultò, in seguito un po’ migliorato dalla razza viola di Adamo, è sopravvissuto nelle tribù nomadi brune degli Arabi moderni.
(728.1) 64:7.12 Tutti gli sforzi per identificare gli antenati Sangik dei popoli moderni devono tener conto del miglioramento successivo delle stirpi razziali causato dal susseguente incrocio con il sangue adamico.
(728.2) 64:7.13 Le razze superiori cercarono i climi nordici o temperati, mentre le razze arancio, verde e indaco gravitarono successivamente verso l’Africa attraverso il ponte terrestre nuovamente emerso che separava il Mediterraneo in ritirata verso ovest dall’Oceano Indiano.
(728.3) 64:7.14 Le ultime popolazioni Sangik ad emigrare dal loro centro d’origine razziale furono gli uomini indaco. All’epoca in cui gli uomini verdi sterminavano la razza arancio in Egitto, così indebolendo grandemente se stessi, cominciò il grande esodo nero verso sud lungo la costa della Palestina; e più tardi, quando questi popoli indaco di grande vigore fisico invasero l’Egitto, eliminarono totalmente gli uomini verdi con la sola forza del loro numero. Queste razze indaco assorbirono i resti della razza arancio e gran parte della razza verde, ed alcune tribù indaco furono considerevolmente migliorate dall’amalgamazione razziale.
(728.4) 64:7.15 In questo modo l’Egitto fu prima dominato dall’uomo arancio, poi dall’uomo verde, seguito dall’uomo indaco (nero), e più tardi ancora da una razza mista di uomini indaco, blu e uomini verdi modificati. Ma molto prima dell’arrivo di Adamo gli uomini blu d’Europa e le razze miste d’Arabia avevano cacciato la razza indaco fuori dall’Egitto e lontano verso il sud del continente africano.
(728.5) 64:7.16 Quando le migrazioni Sangik volgono al termine, le razze arancio e verde sono scomparse, l’uomo rosso occupa l’America del Nord, l’uomo giallo l’Asia orientale, l’uomo blu l’Europa, e la razza indaco è gravitata verso l’Africa. L’India ospita un miscuglio delle razze Sangik secondarie, e l’uomo bruno, un incrocio dell’uomo rosso e giallo, occupa le isole al largo della costa asiatica. Una razza amalgamata dotata di un potenziale piuttosto superiore occupa gli altopiani dell’America del Sud. Gli Andoniti più puri vivono nelle regioni dell’estremo nord dell’Europa e in Islanda, in Groenlandia e nel nordest dell’America del Nord.
(728.6) 64:7.17 Durante i periodi di massimo avanzamento glaciale le tribù andoniche più occidentali rischiarono molto di essere sospinte in mare. Esse vivevano da anni su una stretta striscia di terra a sud dell’attuale Inghilterra. E fu la tradizione di questi ripetuti avanzamenti glaciali che li incitò a prendere il mare quando apparve infine il sesto ed ultimo ghiacciaio. Essi furono i primi avventurieri del mare. Costruirono dei battelli e partirono alla ricerca di nuove terre che speravano potessero essere esenti dalle terrificanti invasioni glaciali. Alcuni di loro raggiunsero l’Islanda, altri la Groenlandia, ma la grande maggioranza morì di fame e di sete in mare aperto.
(728.7) 64:7.18 Poco più di ottantamila anni fa, subito dopo che gli uomini rossi erano entrati da nordovest nell’America del Nord, il gelo dei mari nordici e l’avanzata dei campi di ghiaccio locali sulla Groenlandia costrinsero questi discendenti Eschimesi degli aborigeni di Urantia a cercare una terra migliore, una nuova patria; e vi riuscirono attraversando i brevi stretti che separavano allora la Groenlandia dalle masse continentali del nordest dell’America del Nord. Essi raggiunsero il continente quasi ventun secoli dopo l’arrivo degli uomini rossi in Alaska. Successivamente alcune stirpi miste di uomini blu si spinsero verso ovest e si amalgamarono con gli Eschimesi più recenti, ed una simile unione fu abbastanza benefica per le tribù degli Eschimesi.
(728.8) 64:7.19 Circa cinquemila anni fa avvenne un casuale incontro tra una tribù indiana d’America ed un gruppo eschimese isolato sulle rive a sudest della Baia di Hudson. Queste due tribù ebbero difficoltà a comunicare l’una con l’altra, ma molto presto si unirono tra di loro con il risultato che quegli Eschimesi furono alla fine assorbiti dai più numerosi uomini rossi. E ciò rappresenta il solo contatto degli uomini rossi dell’America del Nord con qualsiasi altra stirpe umana fino a circa mille anni fa, quando gli uomini bianchi sbarcarono per caso per la prima volta sulla costa atlantica.
(729.1) 64:7.20 Le lotte di queste ere primitive furono caratterizzate da coraggio, valore ed anche eroismo. E noi tutti ci rammarichiamo che così tanti di quei tratti genuini e perseveranti dei vostri primi antenati siano stati perduti per le razze più recenti. Pur apprezzando il valore di molte raffinatezze della civiltà in progresso, noi sentiamo la mancanza della splendida tenacia e della superba devozione dei vostri primi antenati, che rasentavano talvolta il grandioso ed il sublime.
(729.2) 64:7.21 [Presentato da un Portatore di Vita residente su Urantia.]
(730.1) 65:0.1 LA vita materiale evoluzionaria di base — la vita prementale — è formulata dai Controllori Fisici Maestri e trasmessa dal ministero dei Sette Spiriti Maestri in congiunzione con il servizio attivo dei Portatori di Vita incaricati. Come risultato della funzione coordinata di questa triplice attività creatrice, si sviluppa una capacità fisica organica per la mente — meccanismi materiali per la reazione intelligente agli stimoli dell’ambiente esterno e successivamente agli stimoli interni, alle influenze che hanno origine nell’organo mentale stesso.
(730.2) 65:0.2 Ci sono, quindi, tre livelli distinti di produzione e di evoluzione della vita:
(730.3) 65:0.3 1. Il campo fisico-energetico — la produzione di capacità mentale.
(730.4) 65:0.4 2. Il ministero mentale degli spiriti aiutanti — che sfocia nella capacità spirituale.
(730.5) 65:0.5 3. La dotazione spirituale della mente mortale — che culmina nel conferimento degli Aggiustatori di Pensiero.
(730.6) 65:0.6 I livelli meccanici non istruibili di risposta dell’organismo all’ambiente sono i domini dei controllori fisici. Gli spiriti aiutanti della mente attivano e regolano i tipi di mente adattabili o non meccanici ed istruibili — quei meccanismi di risposta degli organismi capaci di apprendere dall’esperienza. E come gli spiriti aiutanti manipolano in tal modo i potenziali della mente, così i Portatori di Vita esercitano un considerevole controllo discrezionale sugli aspetti ambientali dei processi evoluzionari fino al momento dell’apparizione della volontà umana — l’attitudine a conoscere Dio ed il potere di scegliere di adorarlo.
(730.7) 65:0.7 È il funzionamento integrato dei Portatori di Vita, dei controllori fisici e degli spiriti aiutanti che condiziona il corso dell’evoluzione organica sui mondi abitati. Questo è il motivo per cui l’evoluzione — su Urantia o altrove — è sempre intenzionale e mai accidentale.
(730.8) 65:1.1 I Portatori di Vita sono dotati di potenziali di metamorfosi della personalità che pochissimi ordini di creature posseggono. Questi Figli dell’universo locale sono capaci di operare in tre differenti fasi dell’essere. Essi assolvono generalmente i loro compiti come Figli di fase mediana, che è il loro stato d’origine. Ma un Portatore di Vita in un tale stadio d’esistenza non potrebbe agire nei domini elettrochimici come trasformatore di energie fisiche e di particelle materiali in unità d’esistenza vivente.
(730.9) 65:1.2 I Portatori di Vita sono capaci di funzionare, e funzionano, sui tre livelli seguenti:
(730.10) 65:1.3 1. Il livello fisico dell’elettrochimica.
(730.11) 65:1.4 2. La fase mediana abituale dell’esistenza quasi morontiale.
(730.12) 65:1.5 3. Il livello semispirituale avanzato.
(731.1) 65:1.6 Quando i Portatori di Vita sono pronti ad impegnarsi in un impianto di vita, e dopo che hanno scelto i luoghi idonei a tale impresa, convocano la commissione degli arcangeli per la trasmutazione dei Portatori di Vita. Questo gruppo è formato da dieci ordini di personalità diverse, inclusi i controllori fisici ed i loro associati, ed è presieduto dal capo degli arcangeli, che agisce in questa funzione per mandato di Gabriele e con il permesso degli Antichi dei Giorni. Quando questi esseri sono correttamente messi in circuito, possono effettuare tali modificazioni nei Portatori di Vita da metterli immediatamente in condizione di operare sui livelli fisici dell’elettrochimica.
(731.2) 65:1.7 Dopo che i modelli di vita sono stati formulati e che le organizzazioni materiali sono state debitamente completate, le forze supermateriali implicate nella propagazione della vita diventano subito attive, e la vita esiste. Allora i Portatori di Vita sono immediatamente riportati al loro stato mediano normale d’esistenza della personalità, nel quale possono manipolare le unità viventi e manovrare gli organismi in evoluzione, anche se sono privi di ogni capacità di organizzare — di creare — nuovi modelli di materia vivente.
(731.3) 65:1.8 Dopo che l’evoluzione organica ha percorso un certo tratto e che il libero arbitrio di tipo umano è apparso negli organismi in evoluzione più avanzati, i Portatori di Vita devono lasciare il pianeta o fare voto di rinuncia; devono cioè assumere l’impegno di astenersi da ogni ulteriore tentativo d’influenzare il corso dell’evoluzione organica. E quando questi voti sono volontariamente pronunciati dai Portatori di Vita che scelgono di rimanere sul pianeta come futuri consiglieri di coloro che saranno incaricati di favorire le creature dotate di volontà appena evolute, viene convocata una commissione di dodici membri, presieduta dal capo degli Astri della Sera, che agisce con l’autorità del Sovrano del Sistema e con il permesso di Gabriele; e immediatamente questi Portatori di Vita sono trasmutati nella terza fase d’esistenza della personalità — il livello semispirituale dell’essere. Ed io ho sempre funzionato su Urantia in questa terza fase d’esistenza dai tempi di Andon e Fonta.
(731.4) 65:1.9 Noi aspettiamo il momento in cui l’universo sarà stabilizzato in luce e vita, un possibile quarto stadio dell’essere nel quale noi saremo totalmente spirituali, ma non ci è mai stato rivelato con quale tecnica raggiungeremo questo desiderabile ed avanzato stato.
(731.5) 65:2.1 La storia dell’ascesa dell’uomo da alga marina al dominio della creazione terrestre è veramente un’epopea di battaglie biologiche e di sopravvivenza della mente. Gli antenati primordiali dell’uomo furono letteralmente il limo ed il fango dei fondi oceanici depositati nelle acque calde e stagnanti delle baie e delle lagune lungo i vasti litorali degli antichi mari interni; le stesse acque nelle quali i Portatori di Vita stabilirono i tre impianti di vita indipendenti su Urantia.
(731.6) 65:2.2 Pochissime specie tra i tipi primitivi di vegetazione marina che parteciparono ai cambiamenti epocali, che risultarono in organismi prossimi alla vita animale, esistono ancora oggi. Le spugne sono le superstiti di uno di questi tipi intermedi primitivi, gli organismi tramite i quali avvenne la transizione graduale dal vegetale all’animale. Queste prime forme di transizione, pur non identiche alle spugne moderne, erano molto simili a loro; erano dei veri organismi di confine — né vegetali né animali — ma portarono infine allo sviluppo di forme di vita veramente animali.
(732.1) 65:2.3 I batteri, semplici organismi vegetali di natura molto primitiva, sono cambiati pochissimo dai primi albori della vita; essi mostrano anche un certo grado di regressione nel loro comportamento di parassiti. Anche molti funghi rappresentano un movimento retrogrado nell’evoluzione, essendo piante che hanno perso la loro capacità di produrre clorofilla e sono divenute più o meno parassite. La maggior parte dei batteri che causano malattie ed i loro corpi ausiliari, i virus, appartengono proprio a questo gruppo di funghi parassiti retrogradi. Durante le ere passate tutto il vasto regno della vita vegetale si è evoluto dagli antenati da cui sono discesi anche i batteri.
(732.2) 65:2.4 Il tipo protozoico superiore di vita animale apparve presto, ed apparve improvvisamente. E da questi lontanissimi tempi l’ameba, il tipico organismo animale monocellulare, ha continuato a vivere quasi senza modificazioni. Esso si comporta oggi quasi come faceva quando era il più recente e più grande risultato nell’evoluzione della vita. Questa minuscola creatura ed i suoi cugini protozoi sono per la creazione animale quello che i batteri sono per il regno vegetale; essi rappresentano la sopravvivenza delle prime tappe evoluzionarie nella differenziazione della vita unitamente al fallimento del loro sviluppo successivo.
(732.3) 65:2.5 Molto presto i tipi primitivi di animali monocellulari si associarono in colonie, inizialmente sul piano del Volvox e subito dopo secondo le linee dell’Idra e della medusa. Più tardi ancora si evolvettero le stelle di mare, i crinoidi, i ricci di mare, le oloturie, i centopiedi, gli insetti, i ragni, i crostacei ed i gruppi molto vicini dei lombrichi e delle sanguisughe, seguiti ben presto dai molluschi — l’ostrica, il polipo e la lumaca. Centinaia e centinaia di specie apparvero e scomparvero; viene fatta menzione soltanto di quelle che sopravvissero alla lunga, lunghissima lotta. Questi esemplari non progressivi, così come la famiglia dei pesci apparsa più tardi, rappresentano oggi i tipi stazionari di animali primitivi ed inferiori, rami dell’albero della vita che non riuscirono a progredire.
(732.4) 65:2.6 Era così pronta la scena per l’apparizione dei primi animali vertebrati, i pesci. Da questa famiglia dei pesci derivarono due modificazioni straordinarie, la rana e la salamandra. E fu la rana che iniziò quella serie di differenziazioni progressive nella vita animale che culminarono alla fine nell’uomo stesso.
(732.5) 65:2.7 La rana è uno dei più antichi antenati sopravviventi della razza umana, ma anch’essa non è riuscita a progredire e persiste oggi quasi com’era in quei tempi remoti. La rana è l’unica specie ancestrale tra le razze degli albori della vita ancora vivente sulla faccia della terra. La razza umana non ha alcun antenato sopravvivente tra la rana e gli Eschimesi.
(732.6) 65:2.8 Le rane diedero origine ai rettili, una grande famiglia animale che è praticamente estinta, ma che prima di scomparire ha dato origine a tutta la famiglia degli uccelli ed ai numerosi ordini di mammiferi.
(732.7) 65:2.9 Probabilmente il maggior balzo singolo di tutta l’evoluzione preumana fu compiuto quando il rettile divenne un uccello. I tipi di uccelli odierni — aquile, anatre, piccioni e struzzi — discendono tutti dagli enormi rettili di molto, molto tempo fa.
(732.8) 65:2.10 Il regno dei rettili, discendente dalla famiglia delle rane, è rappresentato oggi da quattro branche superstiti: due non progressive, i serpenti e le lucertole, con i loro cugini, gli alligatori e le tartarughe; una parzialmente progressiva, la famiglia degli uccelli; e la quarta, gli antenati dei mammiferi e la linea diretta di discendenti della specie umana. Ma benché scomparsi da molto tempo, l’imponenza dei rettili del passato ha trovato un’eco nell’elefante e nel mastodonte, mentre le loro forme peculiari si sono perpetuate nei canguri saltatori.
(733.1) 65:2.11 Su Urantia sono apparsi solo quattordici phila; i pesci furono l’ultimo, e nessuna nuova classe si è sviluppata dopo gli uccelli ed i mammiferi.
(733.2) 65:2.12 Fu a partire da un piccolo agile dinosauro rettiliano dalle abitudini carnivore, ma provvisto di un cervello relativamente grande, che comparvero improvvisamente i mammiferi placentali. Questi mammiferi si svilupparono rapidamente ed in molti modi differenti, non solo dando origine alle varietà comuni moderne, ma evolvendosi anche in tipi marini, quali le balene e le foche, ed in navigatori aerei come la famiglia dei pipistrelli.
(733.3) 65:2.13 L’uomo si è evoluto dunque dai mammiferi superiori derivati principalmente dall’impianto occidentale di vita effettuato negli antichi mari riparati est-ovest. I gruppi orientale e centrale di organismi viventi all’inizio progredirono favorevolmente verso il raggiungimento di livelli preumani d’esistenza animale. Ma con il passare delle ere il centro orientale d’impianto della vita non riuscì a raggiungere un livello soddisfacente di status preumano intelligente, avendo subito tali ripetute ed irrimediabili perdite dei suoi tipi più elevati di plasma germinativo da essere privato per sempre del potere di ripristinare le potenzialità umane.
(733.4) 65:2.14 Poiché in questo gruppo orientale la qualità della capacità mentale di svilupparsi era così nettamente inferiore a quella degli altri due gruppi, i Portatori di Vita, con il consenso dei loro superiori, manipolarono l’ambiente in modo da circoscrivere ulteriormente tali linee preumane inferiori di vita evolutiva. Secondo tutte le apparenze esteriori l’eliminazione di questi gruppi inferiori di creature fu accidentale, ma in realtà fu del tutto intenzionale.
(733.5) 65:2.15 In una data successiva, relativa allo sviluppo evoluzionario dell’intelligenza, gli antenati lemuriani della specie umana si trovarono molto più avanzati nell’America del Nord che in altre regioni. Essi furono perciò portati ad emigrare dall’arena dell’impianto di vita occidentale attraverso il ponte terrestre di Bering e lungo la costa verso il sudovest dell’Asia, dove continuarono ad evolversi e a beneficiare dell’apporto di certe linee del gruppo centrale di vita. Così l’uomo si evolvé a partire da certe linee vitali occidentali e centrali, ma nelle regioni centrali del Vicino Oriente.
(733.6) 65:2.16 In tal modo la vita che fu impiantata su Urantia si evolvé sino all’era glaciale, quando l’uomo stesso apparve per la prima volta e cominciò la sua movimentata carriera planetaria. E questa apparizione dell’uomo primitivo sulla terra durante l’era glaciale non fu un semplice accidente; essa avvenne secondo un piano. I rigori e l’asprezza climatica dell’era glaciale erano adatti in ogni senso allo scopo di favorire la produzione di un tipo di essere umano robusto con una sensazionale attitudine alla sopravvivenza.
(733.7) 65:3.1 Sarà difficilmente possibile spiegare alle menti umane di oggi molti degli avvenimenti bizzarri ed apparentemente assurdi del progresso evoluzionario primitivo. Durante tutte le evoluzioni apparentemente strane delle cose viventi era operante un piano prestabilito, ma non ci è consentito interferire arbitrariamente nello sviluppo dei modelli di vita una volta che hanno cominciato a funzionare.
(733.8) 65:3.2 I Portatori di Vita possono impiegare ogni possibile risorsa naturale e possono utilizzare tutte le circostanze fortuite suscettibili di favorire il progresso evolutivo dell’esperimento di vita, ma non ci è permesso intervenire meccanicamente nell’evoluzione vegetale o animale, né manipolare arbitrariamente il suo orientamento ed il suo corso.
(733.9) 65:3.3 Voi siete stati informati che i mortali di Urantia si sono evoluti dallo sviluppo della rana primitiva e che questa linea ascendente, portata potenzialmente da una singola rana, sfuggì di poco all’estinzione in una certa occasione. Ma non bisogna dedurne che l’evoluzione dell’umanità sarebbe stata arrestata da un incidente in questo momento cruciale. In quello stesso momento noi stavamo osservando e favorendo non meno di mille linee di vita mutanti, differenti e situate molto lontane le une dalle altre, che avrebbero potuto essere indirizzate verso vari differenti modelli di sviluppo preumano. Questa particolare rana ancestrale rappresentava la nostra terza selezione, essendosi estinte le prime due linee di vita malgrado tutti i nostri sforzi per la loro conservazione.
(734.1) 65:3.4 La perdita stessa di Andon e Fonta prima che avessero procreato una discendenza, anche se avrebbe ritardato l’evoluzione umana, non avrebbe potuto impedirla. Dopo l’apparizione di Andon e Fonta e prima che i potenziali umani mutanti della vita animale fossero esauriti, si evolvettero non meno di settemila linee favorevoli che avrebbero potuto raggiungere una qualche sorta di tipo umano di sviluppo. E molte di queste linee migliori furono successivamente assimilate dalle varie branche della specie umana in espansione.
(734.2) 65:3.5 Molto tempo prima che il Figlio e la Figlia Materiali, gli elevatori biologici, arrivino su un pianeta, i potenziali umani della specie animale in evoluzione sono stati esauriti. Questo stadio biologico di vita animale è rivelato ai Portatori di Vita dal fenomeno della terza fase di mobilitazione degli spiriti aiutanti, che si produce automaticamente in concomitanza con l’esaurimento della capacità di tutta la vita animale di dare origine ai potenziali mutanti d’individui preumani.
(734.3) 65:3.6 L’umanità di Urantia deve risolvere i suoi problemi di sviluppo mortale mediante le stirpi umane che ha — nessuna nuova razza si evolverà per tutto il tempo futuro a partire da sorgenti preumane. Ma questo fatto non preclude la possibilità di raggiungere livelli molto più elevati di sviluppo umano con la promozione intelligente dei potenziali evoluzionari che sussistono ancora nelle razze mortali. Ciò che noi, i Portatori di Vita, facciamo per conservare e promuovere le linee di vita prima dell’apparizione della volontà umana, l’uomo deve fare da se stesso dopo tale avvenimento e successivamente al nostro ritiro da ogni partecipazione attiva all’evoluzione. In linea generale il destino evoluzionario dell’uomo è nelle sue stesse mani, e l’intelligenza scientifica deve presto o tardi rimpiazzare il funzionamento irregolare di una selezione naturale incontrollata e di una sopravvivenza lasciata al caso.
(734.4) 65:3.7 E parlando di favorire l’evoluzione, si deve sottolineare che in un lontano futuro, quando potrete essere assegnati ad un corpo di Portatori di Vita, avrete numerose ed ampie occasioni di offrire dei suggerimenti e di portare ogni possibile miglioramento ai piani ed alla tecnica di condotta e di trapianto della vita. Siate pazienti! Se avete buone idee, se le vostre menti sono fertili riguardo a metodi migliori di amministrazione per una qualche parte dei domini universali, avrete certamente l’opportunità di presentarli ai vostri associati e colleghi amministratori nelle ere future.
(734.5) 65:4.1 Non perdete di vista il fatto che Urantia ci fu assegnata come mondo di sperimentazione della vita. Su questo pianeta noi abbiamo fatto il nostro sessantesimo tentativo di modificare e se possibile di migliorare l’adattamento a Satania dei piani di vita di Nebadon, ed è documentato che abbiamo realizzato numerose modificazioni positive dei modelli standard di vita. Per essere precisi, su Urantia abbiamo elaborato non meno di ventotto aspetti di modificazione della vita che saranno utili a tutto Nebadon nei tempi futuri, dimostrandoli in maniera soddisfacente.
(735.1) 65:4.2 Ma l’instaurazione della vita su un mondo non è mai sperimentale nel senso che viene tentato qualcosa di non provato e sconosciuto. L’evoluzione della vita è una tecnica sempre progressiva, differenziale e variabile, ma mai fortuita, senza controllo, o totalmente sperimentale in senso accidentale.
(735.2) 65:4.3 Molti tratti della vita umana provano abbondantemente che il fenomeno dell’esistenza mortale è stato intelligentemente concepito, che l’evoluzione organica non è un semplice accidente cosmico. Quando una cellula vivente è ferita, ha la capacità di elaborare certe sostanze chimiche che hanno il potere di stimolare e di attivare le normali cellule vicine in modo che cominciano immediatamente a secernere delle sostanze che facilitano il processo di guarigione della ferita. E nello stesso tempo queste normali cellule illese cominciano a proliferare — iniziano effettivamente a creare nuove cellule per rimpiazzare cellule simili che possono essere state distrutte dall’incidente.
(735.3) 65:4.4 Queste azione e reazione chimiche implicate nella guarigione delle ferite e nella riproduzione delle cellule rappresentano la scelta dei Portatori di Vita di una formula che abbraccia più di centomila fasi e particolarità di reazioni chimiche e di ripercussioni biologiche possibili. Furono fatti più di mezzo milione di esperimenti specifici dai Portatori di Vita nei loro laboratori prima di fermarsi alla fine su questa formula per l’esperimento di vita su Urantia.
(735.4) 65:4.5 Quando gli scienziati di Urantia ne sapranno di più su queste sostanze chimiche curative, potranno divenire più efficaci nel trattamento delle ferite, e indirettamente ne sapranno di più sul controllo di certe malattie gravi.
(735.5) 65:4.6 Dopo che fu istituita la vita su Urantia, i Portatori di Vita hanno migliorato questa tecnica curativa e l’hanno introdotta su un altro mondo di Satania; ed essa porta un sollievo maggiore al dolore ed esercita un controllo migliore sulla capacità di proliferazione delle cellule normali associate.
(735.6) 65:4.7 Ci sono state molte particolarità uniche nell’esperimento di vita su Urantia, ma i due episodi più rimarchevoli furono l’apparizione della razza andonica prima dell’evoluzione dei sei popoli di colore e la successiva apparizione simultanea dei Sangik mutanti in una sola famiglia. Urantia è il primo mondo di Satania in cui le sei razze di colore hanno avuto origine dalla stessa famiglia umana. Esse hanno origine generalmente in linee diversificate da mutazioni indipendenti all’interno del ceppo animale preumano, ed appaiono di solito sulla terra una alla volta ed in successione nel corso di lunghi periodi, cominciando con l’uomo rosso e passando per gli altri colori fino all’indaco.
(735.7) 65:4.8 Un’altra variazione importante nella procedura fu l’arrivo tardivo del Principe Planetario. Di regola il principe appare su un pianeta nel momento in cui si sviluppa la volontà; e se fosse stato seguito un tale piano Caligastia avrebbe potuto venire su Urantia anche mentre vivevano Andon e Fonta invece che quasi cinquecentomila anni più tardi, simultaneamente all’apparizione delle sei razze Sangik.
(735.8) 65:4.9 Su un normale mondo abitato un Principe Planetario sarebbe stato assegnato su richiesta dei Portatori di Vita all’apparizione di Andon e Fonta, o poco tempo dopo. Ma poiché Urantia era stato designato come pianeta di modificazione della vita, gli osservatori Melchizedek, in numero di dodici, furono inviati come consiglieri presso i Portatori di Vita e come supervisori del pianeta fino all’arrivo successivo del Principe Planetario in base ad un precedente accordo. Questi Melchizedek arrivarono quando Andon e Fonta presero la decisione che permise a degli Aggiustatori di Pensiero di dimorare nella loro mente mortale.
(736.1) 65:4.10 Su Urantia gli sforzi dei Portatori di Vita per migliorare i modelli di vita di Satania ebbero necessariamente come risultato la produzione di numerose forme di vita di transizione apparentemente inutili. Ma i guadagni già derivati sono sufficienti a giustificare le modificazioni urantiane dei tipi standard di vita.
(736.2) 65:4.11 Era nostra intenzione produrre una manifestazione iniziale della volontà nella vita evoluzionaria di Urantia, e ci siamo riusciti. Di solito la volontà non emerge prima che le razze di colore siano esistite da lungo tempo, ed in genere appare prima nei tipi superiori degli uomini rossi. Il vostro mondo è il solo pianeta di Satania in cui il tipo umano di volontà è apparso in una razza anteriore a quelle di colore.
(736.3) 65:4.12 Ma nel nostro sforzo per ottenere la combinazione e l’associazione di fattori ereditari che dessero alla fine origine agli antenati mammiferi della razza umana, ci trovammo di fronte alla necessità di permettere che avvenissero centinaia e migliaia di altre combinazioni ed associazioni di fattori ereditari comparativamente inutili. Scorgerete certamente molti di questi sottoprodotti apparentemente strani dei nostri sforzi se risalite al passato del pianeta, e posso ben comprendere quanto debbano essere complicate alcune di queste cose per il limitato punto di vista umano.
(736.4) 65:5.1 Fu una fonte di rimpianto per noi Portatori di Vita che i nostri sforzi particolari per modificare la vita intelligente su Urantia fossero stati tanto ostacolati da tragiche perversioni fuori del nostro controllo: il tradimento di Caligastia ed il fallimento di Adamo.
(736.5) 65:5.2 Ma in tutta questa avventura biologica, la nostra più grande delusione scaturì dal regresso di certe forme di vita vegetale primitiva ai livelli preclorofilliani di batteri parassiti su scala così vasta ed inattesa. Questo avvenimento nell’evoluzione della vita delle piante ha causato numerose gravi malattie nei mammiferi superiori, particolarmente nella specie umana, più vulnerabile. Quando ci trovammo di fronte a questa situazione imbarazzante, non demmo troppa importanza a tali difficoltà perché sapevamo che il successivo apporto del plasma vitale adamico avrebbe talmente rafforzato la capacità di resistenza della razza mista risultante da renderla praticamente immune da tutte le malattie prodotte da questo tipo di organismo vegetale. Ma le nostre speranze erano destinate ad andare deluse a causa dello sfortunato fallimento adamico.
(736.6) 65:5.3 L’universo degli universi, incluso questo piccolo mondo chiamato Urantia, non è amministrato soltanto per incontrare la nostra approvazione o per adattarsi alla nostra convenienza, ed ancor meno per appagare i nostri capricci e soddisfare la nostra curiosità. Gli esseri saggi ed onnipotenti che sono responsabili dell’amministrazione dell’universo senza dubbio sanno esattamente ciò che fanno. Si addice quindi ai Portatori di Vita, ed è opportuno per le menti mortali, adeguarsi in paziente attesa e con spirito di sincera collaborazione alle norme della saggezza, al regno del potere e al cammino del progresso.
(736.7) 65:5.4 Vi sono naturalmente certe compensazioni alle tribolazioni, come il conferimento di Micael su Urantia. Ma indipendentemente da tutte queste considerazioni, i supervisori celesti più recenti di questo pianeta esprimono totale fiducia nel trionfo conclusivo dell’evoluzione della razza umana e nell’affermazione finale dei nostri piani e dei nostri modelli di vita originali.
(737.1) 65:6.1 È impossibile determinare con precisione, simultaneamente, la posizione esatta e la velocità di un oggetto in movimento; ogni tentativo di misurare l’una comporta inevitabilmente una modificazione dell’altra. L’uomo mortale si trova di fronte allo stesso tipo di paradosso quando intraprende l’analisi chimica del protoplasma. Il chimico può determinare la composizione chimica del protoplasma morto, ma non può discernere l’organizzazione fisica od il funzionamento dinamico del protoplasma vivente. Lo scienziato si avvicinerà sempre di più ai segreti della vita, ma non li scoprirà mai per la semplice ragione che deve uccidere il protoplasma per poterlo analizzare. Il protoplasma morto ha lo stesso peso del protoplasma vivente, ma non è la stessa cosa.
(737.2) 65:6.2 C’è una dotazione originale di adattamento nelle cose e negli esseri viventi. In ogni cellula vegetale o animale vivente, in ogni organismo vivente — materiale o spirituale — c’è un anelito insaziabile di raggiungere una perfezione sempre maggiore di adattamento all’ambiente, di adattamento dell’organismo e di conseguimento di una vita migliore. Questi sforzi interminabili di tutte le cose viventi evidenziano l’esistenza in esse di una lotta innata per la perfezione.
(737.3) 65:6.3 Il passo più importante nell’evoluzione vegetale fu lo sviluppo della capacità di produrre clorofilla, ed il secondo avanzamento più grande fu l’evoluzione della spora nel seme complesso. La spora è molto efficace come agente riproduttore, ma manca dei potenziali di varietà e di versatilità propri del seme.
(737.4) 65:6.4 Uno degli episodi più utili e complessi nell’evoluzione dei tipi superiori di animali è consistito nello sviluppo della capacità del ferro, contenuto nelle cellule del sangue in circolazione, di svolgere il doppio ruolo di trasportare ossigeno e di eliminare l’anidride carbonica. E questa azione delle cellule del sangue dimostra come gli organismi in evoluzione sono capaci di adattare le loro funzioni alle variazioni o ai cambiamenti dell’ambiente. Gli animali superiori, incluso l’uomo, ossigenano i loro tessuti grazie all’azione del ferro nelle cellule del sangue, quel ferro che trasporta ossigeno alle cellule viventi ed elimina altrettanto efficacemente l’anidride carbonica. Ma altri metalli possono essere utilizzati allo stesso scopo. La seppia impiega il rame per questa funzione e l’ascidia utilizza il vanadio.
(737.5) 65:6.5 La continuazione di questi aggiustamenti biologici è illustrata dall’evoluzione dei denti nei mammiferi superiori di Urantia. I denti arrivarono a trentasei nei lontani antenati dell’uomo, e poi cominciò un raggiustamento per adattarsi ai trentadue nell’uomo primitivo e nei suoi parenti prossimi. Attualmente la specie umana sta lentamente gravitando verso i ventotto denti. Il processo evolutivo è ancora in corso di attività e di adattamento su questo pianeta.
(737.6) 65:6.6 Ma molti aggiustamenti apparentemente misteriosi degli organismi viventi sono puramente chimici, interamente fisici. In ogni momento nella corrente sanguigna di un essere umano possono prodursi più di 15.000.000 di reazioni chimiche tra le secrezioni ormonali di una dozzina di ghiandole endocrine.
(737.7) 65:6.7 Le forme inferiori della vita vegetale reagiscono totalmente all’ambiente fisico, chimico ed elettrico. Ma via via che ci si eleva sulla scala della vita, entrano in azione a uno a uno i ministeri mentali dei sette spiriti aiutanti, e la mente diviene sempre più adattatrice, creativa, coordinatrice e dominante. La capacità degli animali di adattarsi all’aria, all’acqua e alla terra non è un dono soprannaturale, ma è un aggiustamento superfisico.
(738.1) 65:6.8 La fisica e la chimica da sole non possono spiegare come un essere umano si sia evoluto dal protoplasma primordiale dei mari primitivi. La capacità di apprendere, la memoria e la risposta differenziale all’ambiente è una dotazione della mente. Le leggi della fisica non reagiscono all’educazione; esse sono immutabili ed invariabili. Le reazioni chimiche non vengono modificate dall’istruzione; esse sono uniformi ed affidabili. All’infuori della presenza dell’Assoluto Non Qualificato le reazioni chimiche ed elettriche sono prevedibili. Ma la mente può trarre profitto dall’esperienza, può imparare dalle abitudini reattive del comportamento in risposta alla ripetizione degli stimoli.
(738.2) 65:6.9 Gli organismi preintelligenti reagiscono agli stimoli dell’ambiente, ma gli organismi che sono reattivi al ministero della mente possono aggiustare e manipolare l’ambiente stesso.
(738.3) 65:6.10 Il cervello fisico con il suo sistema nervoso associato possiede una capacità innata di risposta al ministero della mente proprio come la mente in evoluzione di una personalità possiede una certa capacità innata di ricettività spirituale e contiene perciò i potenziali di progresso e di realizzazione spirituali. L’evoluzione intellettuale, sociale, morale e spirituale dipendono dal ministero mentale dei sette spiriti aiutanti e dei loro associati superfisici.
(738.4) 65:7.1 I sette spiriti aiutanti della mente sono i versatili ministri mentali per gli esseri intelligenti inferiori di un universo locale. Quest’ordine di mente è amministrato dalla capitale dell’universo locale o da qualche mondo ad esso collegato, ma un’influenza direttiva nella funzione della mente inferiore è esercitata dalle capitali dei sistemi.
(738.5) 65:7.2 Su un mondo evoluzionario, molto, moltissimo dipende dall’opera di questi sette aiutanti. Ma essi sono ministri della mente; non si occupano dell’evoluzione fisica, dominio dei Portatori di Vita. Tuttavia, l’integrazione perfetta di questi doni dello spirito con la procedura naturale e stabilita del progresso e del regime proprio dei Portatori di Vita è responsabile dell’incapacità umana di discernere nel fenomeno della mente nient’altro che l’opera della natura e la manifestazione di processi naturali, benché voi siate talvolta un po’ imbarazzati nello spiegare tutto ciò che è connesso con le reazioni naturali della mente qual è associata alla materia. E se Urantia avesse seguito maggiormente i piani originali, voi soffermereste ancor meno la vostra attenzione sul fenomeno della mente.
(738.6) 65:7.3 I sette spiriti aiutanti sono più simili a circuiti che ad entità, e sui mondi ordinari essi sono messi in circuito con altre funzioni d’aiuto in tutto l’universo locale. Sui pianeti di sperimentazione della vita, tuttavia, essi sono relativamente isolati. E su Urantia, vista la natura particolare dei modelli di vita, gli aiutanti inferiori hanno incontrato maggiori difficoltà ad entrare in contatto con gli organismi evoluzionari di quanto non sia avvenuto con tipi di dotazione di vita più standardizzati.
(738.7) 65:7.4 Inoltre, su un mondo evoluzionario normale, i sette spiriti aiutanti sono molto meglio sincronizzati con gli stadi avanzati di sviluppo animale di quanto non lo siano stati su Urantia. Con una sola eccezione, gli aiutanti hanno incontrato più difficoltà ad entrare in contatto con le menti in evoluzione degli organismi di Urantia di quante ne avessero mai sperimentate in tutte le loro attività nell’intero universo di Nebadon. Su questo mondo si sono sviluppate molte forme di fenomeni limite — combinazioni confuse di risposta organica dei tipi meccanico-non istruibile e non meccanico-istruibile.
(739.1) 65:7.5 I sette spiriti aiutanti non entrano in contatto con gli ordini puramente meccanici di risposta organica all’ambiente. Tali risposte preintelligenti degli organismi viventi concernono unicamente i domini d’energia dei centri di potere, dei controllori fisici e dei loro associati.
(739.2) 65:7.6 L’acquisizione del potenziale della capacità di apprendere dall’esperienza segna l’inizio del funzionamento degli spiriti aiutanti, ed essi funzionano dalle menti più basse delle esistenze primitive ed invisibili fino a quelle dei tipi più elevati nella scala evoluzionaria degli esseri umani. Essi sono la sorgente ed il modello del comportamento, altrimenti più o meno misterioso, e di quelle reazioni rapide della mente all’ambiente materiale non completamente comprese. Queste influenze fedeli e sempre sicure devono proseguire a lungo il loro ministero preliminare prima che la mente animale raggiunga i livelli umani di ricettività spirituale.
(739.3) 65:7.7 Gli aiutanti operano esclusivamente nell’evoluzione della mente sperimentatrice fino al livello della sesta fase, lo spirito dell’adorazione. A questo livello avviene un’inevitabile sovrapposizione di ministero — il fenomeno del superiore che si abbassa per coordinarsi con l’inferiore in vista di raggiungere successivamente livelli avanzati di sviluppo. Ed un altro ministero spirituale ancora accompagna l’azione del settimo ed ultimo aiutante, lo spirito della saggezza. Lungo tutto il ministero del mondo spirituale l’individuo non subisce mai transizioni brusche nella cooperazione spirituale; questi cambiamenti sono sempre graduali e reciproci.
(739.4) 65:7.8 I domini della reazione fisica (elettrochimica) e di quella mentale agli stimoli dell’ambiente dovrebbero essere sempre differenziati, e a loro volta devono essere tutti riconosciuti come fenomeni diversi dalle attività spirituali. I domini della gravità fisica, mentale e spirituale sono regni distinti della realtà cosmica, nonostante le loro intime interrelazioni.
(739.5) 65:8.1 Tempo e spazio sono indissolubilmente legati; c’è un’innata associazione. Le dilazioni del tempo sono inevitabili in presenza di certe condizioni dello spazio.
(739.6) 65:8.2 Se vi suscita perplessità il fatto che ci voglia così tanto tempo per effettuare i cambiamenti evoluzionari di sviluppo della vita, vi dirò che noi non possiamo cronometrare i processi della vita affinché si svolgano più in fretta di quanto le metamorfosi fisiche di un pianeta consentano. Dobbiamo aspettare lo sviluppo naturale, fisico, di un pianeta. Noi non abbiamo assolutamente alcun controllo sull’evoluzione geologica. Se le condizioni fisiche lo consentissero, noi potremmo disporre il completamento dell’evoluzione della vita in un tempo considerevolmente inferiore ad un milione di anni. Ma siamo tutti sotto la giurisdizione dei Governanti Supremi del Paradiso, ed il tempo non esiste in Paradiso.
(739.7) 65:8.3 L’unità di misura del tempo per un individuo è la durata della sua vita. Tutte le creature sono in tal modo condizionate dal tempo, e perciò considerano l’evoluzione come un processo interminabile. Per quelli di noi la cui durata della vita non è limitata da un’esistenza temporale, l’evoluzione non sembra essere un’operazione così prolungata. In Paradiso, dove il tempo non esiste, queste cose sono tutte presenti nella mente dell’Infinità e negli atti dell’Eternità.
(739.8) 65:8.4 Come l’evoluzione della mente dipende dal lento sviluppo delle condizioni fisiche, ed è ritardata da esso, così il progresso spirituale dipende dall’espansione mentale ed è frenato infallibilmente dal ritardo intellettuale. Ma ciò non significa che l’evoluzione spirituale dipenda dall’educazione, dalla cultura o dalla saggezza. L’anima può evolversi indipendentemente dalla cultura mentale, ma non in assenza di capacità mentale e del desiderio — la scelta di sopravvivere e la decisione di raggiungere una perfezione sempre crescente — di fare la volontà del Padre che è nei cieli. Benché la sopravvivenza possa non dipendere dal possesso di conoscenza e di saggezza, il progresso certamente ne dipende molto.
(740.1) 65:8.5 Nei laboratori evoluzionari cosmici la mente è sempre dominante sulla materia e lo spirito è sempre correlato con la mente. Se queste differenti dotazioni non si sincronizzano e non si coordinano, possono verificarsi dei ritardi, ma se l’individuo conosce realmente Dio e desidera trovarlo e divenire simile a lui, allora la sopravvivenza è assicurata indipendentemente dagli ostacoli del tempo. Lo status fisico può condizionare la mente, e la perversità mentale può ritardare la realizzazione spirituale, ma nessuno di questi ostacoli può vincere la scelta della volontà fatta con tutta l’anima.
(740.2) 65:8.6 Quando le condizioni fisiche sono mature, possono verificarsi delle evoluzioni mentali improvvise; quando lo status mentale è propizio, possono avvenire delle trasformazioni spirituali improvvise; quando i valori spirituali ricevono un adeguato riconoscimento, allora i significati cosmici divengono discernibili e la personalità è sempre più svincolata dagli ostacoli del tempo e liberata dai limiti dello spazio.
(740.3) 65:8.7 [Patrocinato da un Portatore di Vita di Nebadon residente su Urantia.]
(741.1) 66:0.1 LA VENUTA di un Figlio Lanonandek su un mondo medio significa che la volontà, la facoltà di scegliere il sentiero della sopravvivenza eterna, si è sviluppato nella mente dell’uomo primitivo. Ma su Urantia il Principe Planetario arrivò quasi mezzo milione di anni dopo l’apparizione della volontà umana.
(741.2) 66:0.2 Circa cinquecentomila anni fa, ed in concomitanza con l’apparizione delle sei razze di colore o razze Sangik, Caligastia, il Principe Planetario, arrivò su Urantia. Al tempo dell’arrivo del Principe, sulla terra c’era circa mezzo miliardo di esseri umani primitivi, ben distribuiti sull’Europa, l’Asia e l’Africa. Il quartier generale del Principe, stabilito in Mesopotamia, era quasi al centro della popolazione mondiale.
(741.3) 66:1.1 Caligastia era un Figlio Lanonandek, numero 9.344 dell’ordine secondario. Egli aveva acquisito esperienza nell’amministrazione degli affari dell’universo locale in generale e, in epoche più recenti, nella direzione del sistema locale di Satania in particolare.
(741.4) 66:1.2 Anteriormente al regno di Lucifero in Satania, Caligastia era stato assegnato al consiglio consultivo dei Portatori di Vita su Jerusem. Lucifero elevò Caligastia inserendolo nel suo gruppo personale, e questi compì in modo soddisfacente cinque successive missioni d’onore e di fiducia.
(741.5) 66:1.3 Caligastia cercò molto presto di ottenere un incarico come Principe Planetario, ma ripetutamente, quando la sua richiesta fu sottoposta all’approvazione dei consigli della costellazione, non ricevette l’assenso dei Padri della Costellazione. Caligastia sembrava particolarmente desideroso di essere inviato come governante planetario su un mondo decimale o di modificazione della vita. La sua domanda fu respinta parecchie volte prima che egli fosse alla fine assegnato ad Urantia.
(741.6) 66:1.4 Caligastia lasciò Jerusem per il suo incarico di dominare un pianeta con un invidiabile passato di fedeltà e di devozione al benessere del suo universo d’origine e di residenza, nonostante una certa caratteristica instabilità unita ad una tendenza a dissentire dall’ordine stabilito in talune questioni minori.
(741.7) 66:1.5 Io ero presente su Jerusem quando il brillante Caligastia partì dalla capitale del sistema. Nessun principe planetario s’imbarcò mai per una carriera di governo planetario con un’esperienza preparatoria più ricca né con prospettive migliori di quelle che aveva Caligastia in quel giorno memorabile di mezzo milione di anni fa. Una cosa è certa: mentre io eseguivo il mio incarico di trasmettere il racconto di quell’avvenimento sui canali di trasmissione dell’universo locale, non ho mai nutrito per un solo istante, nemmeno al minimo grado, l’idea che questo nobile Lanonandek avrebbe tradito così presto la sua sacra missione di custode planetario e macchiato così orribilmente il buon nome del suo ordine elevato di figli dell’universo. Io consideravo veramente Urantia come uno dei cinque o sei pianeti più fortunati di tutto Satania perché avrebbe avuto una tale mente sperimentata, brillante ed originale alla guida degli affari mondiali. Io non compresi allora che Caligastia si stava insidiosamente innamorando di se stesso; allora non capivo così pienamente le sottigliezze dell’orgoglio personale.
(742.1) 66:2.1 Il Principe Planetario di Urantia non fu inviato in missione da solo, ma fu accompagnato dal corpo abituale di aiutanti e di assistenti amministrativi.
(742.2) 66:2.2 Alla testa di questo gruppo c’era Daligastia, l’assistente associato del Principe Planetario. Anche Daligastia era un Figlio Lanonandek secondario, il numero 319.407 di quest’ordine. Al momento della sua assegnazione egli aveva il grado di assistente come associato di Caligastia.
(742.3) 66:2.3 Il personale planetario comprendeva un gran numero di collaboratori angelici ed una moltitudine di altri esseri celesti incaricati di far progredire gli interessi e di promuovere il benessere delle razze umane. Ma dal vostro punto di vista il gruppo più interessante di tutti era quello dei membri corporali del gruppo del Principe — talvolta chiamati i cento di Caligastia.
(742.4) 66:2.4 Questi cento membri rimaterializzati del personale del Principe furono scelti da Caligastia tra più di 785.000 cittadini ascendenti di Jerusem che si erano offerti volontari per imbarcarsi nell’avventura di Urantia. Ciascuno dei cento prescelti proveniva da un pianeta differente e nessuno di loro veniva da Urantia.
(742.5) 66:2.5 Questi Jerusemiti volontari furono portati mediante trasporto serafico direttamente dalla capitale del sistema su Urantia, e al loro arrivo furono tenuti inserafinati fino a quando non fu possibile fornire loro delle forme di personalità di duplice natura per il loro particolare servizio planetario, dei corpi fisici formati di carne e di sangue ma anche in sintonia con i circuiti di vita del sistema.
(742.6) 66:2.6 Poco prima dell’arrivo di questi cento cittadini di Jerusem, i due Portatori di Vita supervisori residenti su Urantia, che avevano già messo a punto i loro piani, chiesero a Jerusem e ad Edentia il permesso di trapiantare il plasma vitale di cento sopravviventi selezionati della razza di Andon e Fonta nei corpi materiali progettati per i membri corporali del personale del Principe. La richiesta fu accolta su Jerusem ed approvata su Edentia.
(742.7) 66:2.7 Di conseguenza, cinquanta maschi e cinquanta femmine della posterità di Andon e Fonta, che rappresentavano la sopravvivenza delle linee migliori di questa razza straordinaria, furono scelti dai Portatori di Vita. Con una o due eccezioni, questi Andoniti che contribuirono all’avanzamento della razza erano estranei gli uni agli altri. Essi furono riuniti da luoghi molto lontani tra loro all’ingresso del quartier generale planetario del Principe grazie alle direttive degli Aggiustatori di Pensiero e alla guida serafica. Qui i cento soggetti umani furono messi nelle mani della commissione di volontari altamente esperti venuta da Avalon, che diresse l’estrazione materiale di una parte del plasma vitale di questi discendenti di Andon. Questo materiale vivente fu poi trasferito nei corpi materiali costruiti per i cento membri Jerusemiti del personale del Principe. Nel frattempo questi cittadini appena arrivati dalla capitale del sistema erano mantenuti nel sonno del trasporto serafico.
(742.8) 66:2.8 Queste operazioni, così come la creazione effettiva di corpi speciali per i cento di Caligastia, diedero origine a numerose leggende, molte delle quali furono successivamente confuse con le tradizioni più recenti riguardanti l’installazione planetaria di Adamo ed Eva.
(743.1) 66:2.9 L’intera operazione di ripersonalizzazione, dall’arrivo dei trasporti serafici che portavano i cento volontari di Jerusem fino al momento in cui essi ripresero coscienza come triplici esseri del regno, durò esattamente dieci giorni.
(743.2) 66:3.1 Il quartier generale del Principe Planetario era situato nella regione del Golfo Persico di allora, in una regione corrispondente alla successiva Mesopotamia.
(743.3) 66:3.2 Il clima ed il paesaggio della Mesopotamia di quei tempi erano favorevoli sotto tutti gli aspetti alle attività del personale del Principe e dei suoi assistenti; essi erano molto differenti dalle condizioni talvolta prevalse dopo di allora. Un clima così favorevole era necessario come parte dell’ambiente naturale destinato ad indurre gli Urantiani primitivi a fare certi progressi iniziali nella cultura e nella civilizzazione. Il compito principale di quei tempi era di trasformare l’uomo da cacciatore in pastore, con la speranza che si evolvesse più tardi in un pacifico e sedentario agricoltore.
(743.4) 66:3.3 Il quartier generale del Principe Planetario su Urantia era tipico di tali stazioni su una giovane sfera in evoluzione. Il centro dell’insediamento del Principe era una città molto semplice ma bella, racchiusa entro mura di dodici metri di altezza. Questo centro mondiale di cultura fu chiamato Dalamatia in onore di Daligastia.
(743.5) 66:3.4 La città fu disposta in dieci suddivisioni, con gli edifici delle sedi dei dieci consigli del gruppo corporale situati al centro di queste suddivisioni. Nel punto centrale della città c’era il tempio del Padre invisibile. La sede amministrativa del Principe e dei suoi associati si componeva di dodici sale raggruppate in prossimità del tempio stesso.
(743.6) 66:3.5 Le costruzioni di Dalamatia erano tutte ad un piano, ad eccezione delle sedi di consiglio, che erano a due piani, e del tempio centrale del Padre di tutti, che era piccolo ma alto tre piani.
(743.7) 66:3.6 La città rappresentava il metodo migliore per quei tempi primitivi in fatto di materiali da costruzione — il mattone. La pietra ed il legno furono usati molto poco. La costruzione delle case e l’architettura dei villaggi furono grandemente migliorate tra le popolazioni circostanti dall’esempio di Dalamatia.
(743.8) 66:3.7 Vicino al quartier generale del Principe vivevano esseri umani di ogni colore e livello. E fu da queste tribù vicine che furono reclutati i primi allievi delle scuole del Principe. Benché queste prime scuole di Dalamatia fossero rudimentali, offrivano tutto ciò che poteva essere offerto agli uomini e alle donne di quell’epoca primitiva.
(743.9) 66:3.8 Il gruppo corporale del Principe riuniva continuamente presso di sé gli individui superiori delle tribù circostanti, e dopo aver formato ed ispirato questi studenti li rimandava a casa come insegnanti e guide dei loro rispettivi popoli.
(743.10) 66:4.1 L’arrivo del personale del Principe creò una profonda impressione. Anche se ci vollero quasi mille anni affinché la notizia si diffondesse lontano, le tribù vicine al quartier generale mesopotamico furono enormemente influenzate dagli insegnamenti e dalla condotta dei cento nuovi abitanti di Urantia. E gran parte della vostra mitologia successiva proviene dalle leggende alterate di questi tempi antichi in cui i membri del personale del Principe furono ripersonalizzati su Urantia come superuomini.
(744.1) 66:4.2 Il serio ostacolo all’influenza positiva di questi insegnanti extraplanetari è la tendenza dei mortali a considerarli degli dei, ma a parte la tecnica della loro apparizione sulla terra, i cento di Caligastia — cinquanta uomini e cinquanta donne — non fecero ricorso né a metodi soprannaturali né a manipolazioni superumane.
(744.2) 66:4.3 Ma il gruppo corporale era tuttavia superumano. I suoi membri iniziarono la loro missione su Urantia come straordinari esseri triplici:
(744.3) 66:4.4 1. Essi avevano un corpo ed erano relativamente umani, perché avevano incorporato lo stesso plasma vitale di una delle razze umane, il plasma vitale andonico di Urantia.
(744.4) 66:4.5 Questi cento membri del personale del Principe erano divisi in modo eguale quanto al sesso ed in armonia con il loro precedente status di mortali. Ogni persona di questo gruppo era in grado di divenire cogenitore di un nuovo ordine di esseri fisici, ma essi erano stati tutti accuratamente istruiti di ricorrere alla procreazione soltanto in certe condizioni. È abitudine del personale corporale di un Principe Planetario procreare i suoi successori qualche tempo prima di ritirarsi dal servizio planetario speciale. Di solito questo avviene al momento dell’arrivo dell’Adamo e dell’Eva Planetari, o poco dopo.
(744.5) 66:4.6 Quindi questi esseri speciali sapevano ben poco o nulla su quale tipo di creatura materiale sarebbe stato prodotto dalla loro unione sessuale. E non lo seppero mai. Prima di giungere a questa tappa nella prosecuzione della loro opera nel mondo l’intero regime fu sconvolto dalla ribellione, e coloro che svolsero più tardi il ruolo di genitori erano stati isolati dalle correnti di vita del sistema.
(744.6) 66:4.7 Per colore della pelle e linguaggio questi membri materializzati del personale di Caligastia erano simili alla razza andonica. Essi si cibavano come facevano i mortali del regno con questa differenza: i corpi ricreati di questo gruppo erano pienamente soddisfatti da una dieta priva di carne. Questa fu una delle considerazioni che determinarono la loro residenza in una regione calda che abbondava di frutti e di noci. La pratica di sostentarsi con una dieta priva di carne risale ai tempi dei cento di Caligastia, perché questo costume si diffuse ovunque e modificò il modo di alimentarsi di molte tribù circostanti, gruppi che provenivano dalle razze evoluzionarie in precedenza esclusivamente carnivore.
(744.7) 66:4.8 2. I cento erano esseri materiali ma superumani, essendo stati ricostituiti su Urantia come uomini e donne unici di un ordine elevato e speciale.
(744.8) 66:4.9 I membri di questo gruppo, pur godendo di cittadinanza provvisoria su Jerusem, non si erano ancora fusi con i loro Aggiustatori di Pensiero. E quando si offersero volontari e furono accettati per il servizio planetario in collegamento con gli ordini di filiazione discendenti, i loro Aggiustatori furono separati. Ma questi Jerusemiti erano esseri superumani — possedevano un’anima di crescita ascendente. Durante la vita di mortale nella carne l’anima è allo stato embrionale; essa nasce (risuscitata) nella vita morontiale e subisce uno sviluppo nei mondi morontiali successivi. E le anime dei cento di Caligastia si erano espanse in tal modo mediante le esperienze progressive dei sette mondi delle dimore fino allo status di cittadinanza su Jerusem.
(744.9) 66:4.10 In conformità alle loro istruzioni, i membri del gruppo non s’impegnarono nella riproduzione sessuale, ma studiarono accuratamente la loro costituzione personale ed esplorarono con cura ogni fase immaginabile di collegamento intellettuale (della mente) e morontiale (dell’anima). E fu nel corso del trentatreesimo anno del loro soggiorno a Dalamatia, molto prima che le mura fossero completate, che il numero due e il numero sette del gruppo danita scoprirono accidentalmente un fenomeno che accompagnava l’unione dei loro io morontiali (presumibilmente non sessuale e non materiale). Il risultato di questa avventura si rivelò essere la prima delle creature intermedie primarie. Questo nuovo essere era pienamente visibile al personale planetario ed ai loro associati celesti, ma non era visibile agli uomini e alle donne delle varie tribù umane. Con l’autorizzazione del Principe Planetario tutto il gruppo corporale iniziò la produzione di esseri simili, e tutti riuscirono nell’opera seguendo le istruzioni della coppia pioniera danita. Così infine il personale del Principe portò all’esistenza il corpo originario di 50.000 intermedi primari.
(745.1) 66:4.11 Queste creature di tipo intermedio furono molto utili nella conduzione degli affari del quartier generale planetario. Esse erano invisibili agli esseri umani, ma i primi abitanti di Dalamatia furono informati dell’esistenza di questi semispiriti invisibili, che per secoli costituirono la totalità del mondo spirituale per i mortali in evoluzione.
(745.2) 66:4.12 3. I cento di Caligastia erano personalmente immortali, o imperituri. Nelle loro forme materiali circolavano i complementi antidoti delle correnti vitali del sistema. E se non avessero perso contatto con i circuiti vitali a causa della ribellione sarebbero vissuti indefinitamente fino all’arrivo di un Figlio di Dio successivo, o fino al momento in cui sarebbero stati lasciati liberi dai loro incarichi per riprendere il viaggio interrotto verso Havona e il Paradiso.
(745.3) 66:4.13 Questi antidoti complementali delle correnti vitali di Satania erano derivati dal frutto dell’albero della vita, un arbusto di Edentia che fu inviato su Urantia dagli Altissimi di Norlatiadek al momento dell’arrivo di Caligastia. Al tempo di Dalamatia quest’albero cresceva nel cortile centrale del tempio del Padre invisibile, ed era il frutto dell’albero della vita che permetteva agli esseri materiali ed altrimenti mortali del personale del Principe di vivere indefinitamente per tutto il tempo in cui avessero avuto accesso ad esso.
(745.4) 66:4.14 Mentre non aveva alcun valore per le razze evoluzionarie, questo supernutrimento era del tutto sufficiente a conferire una vita continua ai cento di Caligastia ed anche ai cento Andoniti modificati che erano associati a loro.
(745.5) 66:4.15 Si deve spiegare a questo riguardo che nel momento in cui i cento Andoniti fornirono il loro plasma germinativo umano ai membri del personale del Principe, i Portatori di Vita introdussero nei loro corpi mortali il complemento dei circuiti del sistema; e così essi poterono continuare a vivere in contemporaneità al personale, secolo dopo secolo, sfidando la morte fisica.
(745.6) 66:4.16 Alla fine i cento Andoniti furono informati del loro contributo alle nuove forme dei loro superiori, e questi stessi cento figli delle tribù andonite furono tenuti nel quartier generale come assistenti personali del gruppo corporale del Principe.
(745.7) 66:5.1 I cento erano organizzati per il servizio in dieci consigli autonomi di dieci membri ciascuno. Quando due o più di questi dieci consigli si riunivano in sessione congiunta, tali riunioni di collegamento erano presiedute da Daligastia. Questi dieci gruppi erano costituiti come segue:
(745.8) 66:5.2 1. Il consiglio dell’alimentazione e del benessere materiale. Questo gruppo era presieduto da Ang. Il cibo, l’acqua, il vestiario ed il progresso materiale della specie umana erano di competenza di questo corpo di esperti. Essi insegnarono a scavare pozzi, insegnarono il controllo delle sorgenti e l’irrigazione. A coloro che venivano dalle alte latitudini e dalle regioni nordiche impartirono metodi migliori per trattare le pelli da usare come vestiario, e più tardi fu introdotta dagli insegnanti d’arte e scienza la tessitura.
(746.1) 66:5.3 Grandi progressi furono fatti nei metodi di conservazione del cibo. Gli alimenti erano conservati mediante cottura, essicamento ed affumicamento, divenendo così la prima forma di proprietà. Agli uomini fu insegnato come premunirsi contro il pericolo delle carestie che decimavano periodicamente il mondo.
(746.2) 66:5.4 2. Il consiglio dell’addomesticamento e dell’utilizzazione degli animali. Questo consiglio aveva il compito di scegliere e di allevare gli animali più adatti ad aiutare gli esseri umani per portare pesi e trasportare se stessi, per fornire cibo e più tardi per servire nella coltivazione del terreno. Questo corpo esperto era diretto da Bon.
(746.3) 66:5.5 Furono addomesticati parecchi tipi di animali utili ora estinti, assieme ad altri che sono persistiti come animali domestici fino ai nostri giorni. L’uomo aveva vissuto a lungo con il cane, e l’uomo blu era già riuscito ad addomesticare l’elefante. La mucca fu talmente migliorata da un accurato allevamento da diventare una preziosa fonte di cibo; il burro ed il formaggio divennero elementi correnti della dieta umana. Gli uomini furono istruiti sull’uso dei buoi per trasportare pesi, ma il cavallo fu addomesticato solo in una data successiva. I membri di questo corpo furono i primi ad insegnare agli uomini l’uso della ruota per facilitare la trazione.
(746.4) 66:5.6 Fu in quest’epoca che i piccioni viaggiatori furono impiegati per la prima volta; essi venivano portati nei lunghi viaggi allo scopo d’inviare messaggi o chiedere aiuto. Il gruppo di Bon riuscì ad addestrare i grandi fandor come uccelli trasportatori di passeggeri, ma essi si estinsero più di trentamila anni fa.
(746.5) 66:5.7 3. I consulenti incaricati di vincere gli animali da preda. Non era sufficiente che l’uomo primitivo cercasse di addomesticare certi animali, doveva anche imparare come proteggersi dalla distruzione da parte del restante mondo animale ostile. Questo gruppo era capitanato da Dan.
(746.6) 66:5.8 Le mura di una città antica avevano lo scopo sia di proteggere dalle bestie feroci che d’impedire attacchi di sorpresa da parte di umani ostili. Quelli che vivevano non protetti da mura e nella foresta dovevano contare su abitazioni sopra gli alberi, su capanne di pietra e sul mantenimento di fuochi notturni. Era perciò molto naturale che questi insegnanti dedicassero molto tempo ad istruire i loro allievi nel miglioramento delle abitazioni umane. Grazie all’impiego di tecniche migliori e all’uso di trappole furono fatti grandi progressi nella sottomissione degli animali.
(746.7) 66:5.9 4. Il collegio incaricato di diffondere e di conservare la conoscenza. Questo gruppo organizzò e diresse gli sforzi puramente educativi di queste epoche primitive. Esso era presieduto da Fad. I metodi educativi di Fad consistevano nel controllare le occupazioni, insegnando metodi migliori di lavoro. Fad formulò il primo alfabeto ed introdusse un sistema di scrittura. Questo alfabeto comprendeva venticinque caratteri. Come materiale su cui scrivere questi popoli primitivi utilizzavano cortecce d’albero, tavolette d’argilla, piastre di pietra, un genere di pergamena fatta di pelli martellate ed una forma rudimentale di materiale tipo carta ricavato da nidi di vespe. La biblioteca di Dalamatia, distrutta poco dopo la rivolta di Caligastia, conteneva più di due milioni di manoscritti separati ed era conosciuta come la “casa di Fad”.
(746.8) 66:5.10 Gli uomini blu avevano una predilezione per la scrittura alfabetica e fecero i maggiori progressi in questa direzione. Gli uomini rossi preferivano la scrittura pittorica, mentre le razze gialle si orientarono verso l’impiego di simboli per le parole e le idee, molto simili a quelli che impiegano attualmente. Ma l’alfabeto e molte altre cose furono successivamente perduti per il mondo durante i disordini seguiti alla ribellione. La defezione di Caligastia distrusse la speranza del mondo per un linguaggio universale, almeno per innumerevoli ere.
(747.1) 66:5.11 5. La commissione per l’industria ed il commercio. Questo consiglio era incaricato di sviluppare l’industria tra le tribù e di promuovere il commercio tra i diversi gruppi pacifici. Il suo capo era Nod. Ogni forma di manifattura primitiva fu incoraggiata da questo corpo. Essi contribuirono direttamente all’elevazione del livello di vita fornendo molti nuovi prodotti destinati a colpire l’immaginazione degli uomini primitivi. Essi svilupparono grandemente il commercio del sale, migliorato dal consiglio delle scienze e delle arti.
(747.2) 66:5.12 Fu tra questi gruppi illuminati istruiti nelle scuole di Dalamatia che fu praticato il primo credito commerciale. Da una borsa centrale di credito essi fornivano dei contrassegni che venivano accettati al posto degli oggetti reali di baratto. Il mondo non migliorò questi metodi d’affari per centinaia di migliaia di anni.
(747.3) 66:5.13 6. Il collegio della religione rivelata. Questo corpo fu lento a funzionare. La civiltà di Urantia fu letteralmente forgiata tra l’incudine della necessità ed i martelli della paura. Ma questo gruppo aveva fatto progressi considerevoli nel suo tentativo di sostituire il timore del Creatore alla paura della creatura (il culto dei fantasmi) prima che i suoi lavori fossero interrotti dai successivi disordini che accompagnarono lo scoppio della secessione. Il capo di questo consiglio era Hap.
(747.4) 66:5.14 Nessun membro del personale del Principe volle presentare rivelazioni suscettibili di complicare l’evoluzione; una rivelazione fu presentata solo dopo il completo esaurimento delle forze dell’evoluzione. Ma Hap cedette al desiderio degli abitanti della città di vedere istituita una forma di servizio religioso. Il suo gruppo diede ai Dalamatiani i sette cantici di adorazione nonché la formula di lode quotidiana ed infine insegnò loro “la preghiera al Padre” che era:
(747.5) 66:5.15 “Padre di tutti, di cui onoriamo il Figlio, guarda a noi con favore. Liberaci dal timore di tutto, salvo che di te. Fa di noi una gioia per i nostri divini maestri e poni per sempre la verità sulle nostre labbra. Liberaci dalla violenza e dalla collera; donaci il rispetto per i nostri anziani e per ciò che appartiene ai nostri vicini. Dacci in questa stagione verdi pascoli e greggi fecondi per rallegrare i nostri cuori. Noi preghiamo per affrettare la venuta dell’elevatore promesso e vogliamo fare la tua volontà su questo mondo come altri la fanno su altri mondi lontani.”
(747.6) 66:5.16 Sebbene il personale del Principe fosse limitato ai modi naturali e ai metodi ordinari di miglioramento delle razze, presentò la promessa del dono adamico di una nuova razza come scopo di un’ulteriore crescita evoluzionaria dopo che lo sviluppo biologico avesse raggiunto il suo culmine.
(747.7) 66:5.17 7. I custodi della salute e della vita. Questo consiglio si occupò dell’introduzione di un sistema sanitario e della promozione di un’igiene primitiva ed era diretto da Lut.
(747.8) 66:5.18 I suoi membri insegnarono molte cose che andarono perdute durante la confusione delle ere successive, per non essere più riscoperte fino al ventesimo secolo. Essi insegnarono all’umanità che cuocere, bollire ed arrostire, erano modi per evitare le malattie; insegnarono anche che tale cottura riduceva grandemente la mortalità infantile e facilitava lo svezzamento precoce.
(747.9) 66:5.19 Molti degli antichi insegnamenti dei custodi della salute del gruppo di Lut persisterono tra le tribù terrestri fino ai tempi di Mosè, sebbene molto alterati e grandemente modificati.
(748.1) 66:5.20 Il principale ostacolo alla promozione dell’igiene tra questi popoli ignoranti consisteva nel fatto che le cause reali di molte malattie erano troppo piccole per essere viste ad occhio nudo, ed anche perché tutti loro avevano un rispetto superstizioso per il fuoco. Ci vollero migliaia di anni per persuaderli a bruciare i rifiuti. Nel frattempo furono sollecitati a seppellire le loro immondizie in putrefazione. Il grande progresso sanitario di quest’epoca provenne dalla diffusione della conoscenza concernente le proprietà risanatrici e antisettiche della luce solare.
(748.2) 66:5.21 Prima dell’arrivo del Principe il bagno era stato un cerimoniale esclusivamente religioso. Fu veramente difficile persuadere gli uomini primitivi a lavare il loro corpo come pratica di salute. Alla fine Lut indusse gli insegnanti religiosi ad includere il lavaggio con acqua come parte delle cerimonie di purificazione da praticarsi una volta alla settimana in connessione con le devozioni di mezzogiorno concernenti l’adorazione del Padre di tutti.
(748.3) 66:5.22 Questi custodi della salute cercarono anche d’introdurre la stretta di mano in sostituzione dello scambio di saliva o del bere sangue come sigillo di amicizia personale e come pegno di fedeltà di gruppo. Ma una volta lontani dall’influenza pressante degli insegnamenti dei loro capi superiori, queste popolazioni primitive non tardarono a ritornare alle loro vecchie pratiche distruttive della salute e propagatrici di malattie, dovute all’ignoranza e alla superstizione.
(748.4) 66:5.23 8. Il consiglio planetario delle arti e delle scienze. Questo corpo contribuì molto a migliorare le tecniche industriali degli uomini primitivi e ad elevare il loro concetto di bellezza. Il suo capo era Mek.
(748.5) 66:5.24 Le arti e le scienze erano ad un livello molto basso in tutto il mondo, ma i rudimenti della fisica e della chimica furono insegnati ai Dalamatiani. L’arte della ceramica fu fatta progredire, le arti decorative furono tutte migliorate e gli ideali della bellezza umana furono grandemente elevati, ma la musica fece pochi progressi prima dell’arrivo della razza viola.
(748.6) 66:5.25 Questi uomini primitivi non consentirono di fare esperimenti con l’energia del vapore, nonostante i ripetuti sforzi dei loro istruttori; essi non riuscirono mai a vincere la loro grande paura del potere esplosivo del vapore imprigionato. Tuttavia, alla fine furono persuasi a lavorare i metalli con il fuoco, benché per l’uomo primitivo un pezzo di metallo incandescente fosse un oggetto terrorizzante.
(748.7) 66:5.26 Mek contribuì molto ad elevare la cultura degli Andoniti e a migliorare le arti degli uomini blu. Un incrocio degli uomini blu con le stirpi andoniche diede origine ad un tipo con doti artistiche e molti di loro divennero scultori provetti. Essi non lavoravano la pietra od il marmo, ma i loro lavori di argilla, induriti mediante cottura, ornavano i giardini di Dalamatia.
(748.8) 66:5.27 Grandi progressi furono fatti nelle arti domestiche, la maggior parte dei quali andò perduta durante le lunghe ere oscure della ribellione per non essere mai più riscoperti fino ai tempi moderni.
(748.9) 66:5.28 9. I governatori delle relazioni tribali avanzate. Questo era il gruppo incaricato dell’opera di portare la società umana al livello di Stato. Il suo capo era Tut.
(748.10) 66:5.29 Questi dirigenti contribuirono molto a favorire i matrimoni intertribali. Incoraggiarono il corteggiamento e il matrimonio dopo matura riflessione ed ampie opportunità di conoscersi. Le danze di guerra puramente militari furono affinate e messe al servizio di validi scopi sociali. Furono introdotti molti giochi competitivi, ma questi popoli antichi erano austeri; tali tribù primitive erano dotate di scarso umorismo. Poche di queste pratiche sopravvissero alla successiva disgregazione dovuta all’insurrezione planetaria.
(749.1) 66:5.30 Tut ed i suoi associati lavorarono per promuovere associazioni collettive di natura pacifica, per regolamentare ed umanizzare la guerra, per coordinare le relazioni tra tribù e migliorare i governi tribali. Nei dintorni di Dalamatia si sviluppò una cultura più avanzata, e queste relazioni sociali migliorate furono di molto aiuto per influenzare le tribù più lontane. Ma il modello di civiltà che prevaleva nel quartier generale del Principe era del tutto diverso dalla società barbarica in evoluzione altrove, come la società del ventesimo secolo a Città del Capo, in Sudafrica, è totalmente differente dalla rozza cultura dei piccoli Boscimani che vivono più a nord.
(749.2) 66:5.31 10. La corte suprema di coordinamento tribale e di cooperazione razziale. Questo consiglio supremo era diretto da Van e fungeva da corte d’appello per tutte le altre nove commissioni speciali incaricate della supervisione degli affari umani. Tale consiglio aveva un vasto campo d’azione, essendo incaricato di tutte le questioni terrestri che non erano specificamente assegnate agli altri gruppi. Questo corpo scelto era stato approvato dai Padri della Costellazione di Edentia prima di essere autorizzato a svolgere le funzioni di corte suprema di Urantia.
(749.3) 66:6.1 Il grado di cultura di un pianeta si misura dall’eredità sociale dei suoi esseri nativi, e la rapidità dell’espansione culturale è interamente determinata dalla capacità dei suoi abitanti di assimilare idee nuove ed avanzate.
(749.4) 66:6.2 L’assoggettamento alla tradizione produce stabilità e cooperazione collegando sentimentalmente il presente con il passato, ma allo stesso tempo soffoca l’iniziativa e reprime il potere creativo della personalità. Quando arrivarono i cento di Caligastia e cominciarono a proclamare il nuovo vangelo dell’iniziativa individuale all’interno dei gruppi sociali di quel tempo, il mondo intero era trattenuto al punto morto dei costumi legati alla tradizione. Ma questa regola benefica fu interrotta così rapidamente che le razze non sono mai state totalmente liberate dalla schiavitù dei costumi; tuttora la moda domina Urantia eccessivamente.
(749.5) 66:6.3 I cento di Caligastia — diplomati nei mondi delle dimore di Satania — conoscevano bene le arti e la cultura di Jerusem, ma questa conoscenza è quasi senza valore su un pianeta barbaro popolato da umani primitivi. Questi esseri saggi erano troppo accorti per intraprendere la trasformazione improvvisa, o l’elevazione in massa, delle razze primitive di quel tempo. Essi comprendevano bene la lenta evoluzione della specie umana e si astennero saggiamente da qualsiasi tentativo radicale di modificare il modo di vivere degli uomini sulla terra.
(749.6) 66:6.4 Ciascuna delle dieci commissioni planetarie cominciò a far progredire lentamente e naturalmente le attività loro assegnate. Il loro piano consisteva nell’attirare le menti migliori delle tribù circostanti e, dopo averle istruite, nel rimandarle presso i loro popoli come emissarie di elevazione sociale.
(749.7) 66:6.5 Non furono mai inviati emissari stranieri ad una razza, eccetto che su richiesta specifica di quel popolo. Quelli che lavoravano all’elevazione e al progresso di una data tribù o razza erano sempre nativi di quella tribù o razza. I cento non avrebbero tentato d’imporre le abitudini ed i costumi di una razza anche superiore ad un’altra tribù. Essi lavorarono sempre pazientemente per elevare e far progredire i costumi consolidati dal tempo di ciascuna razza. I popoli semplici di Urantia portarono i loro costumi sociali a Dalamatia non per scambiarli con pratiche nuove e migliori, ma perché fossero migliorati dal contatto con una cultura più elevata e dall’associazione con menti superiori. Il processo fu lento ma molto efficace.
(750.1) 66:6.6 Gli insegnanti di Dalamatia cercarono di aggiungere una selezione sociale cosciente alla selezione puramente naturale dell’evoluzione biologica. Essi non sconvolsero la società umana, ma accelerarono considerevolmente la sua normale e naturale evoluzione. Il loro movente era il progresso per evoluzione e non la rivoluzione per rivelazione. La razza umana aveva speso ere per acquisire il poco di religione e di morale che possedeva, e questi superuomini erano troppo accorti per derubare l’umanità di questi pochi progressi gettandola nella confusione e nella costernazione, che compaiono sempre quando esseri illuminati e superiori intraprendono l’elevazione delle razze arretrate istruendole ed illuminandole in modo eccessivo.
(750.2) 66:6.7 Quando dei missionari cristiani vanno nel cuore dell’Africa, dove è previsto che i figli e le figlie rimangano sotto l’autorità e la direzione dei loro genitori per tutta la durata della vita di costoro, essi causano solo disordine e l’annientamento di ogni autorità quando cercano, nell’arco di una sola generazione, di soppiantare questa pratica insegnando che questi figli dovrebbero essere liberati da ogni legame familiare dopo aver raggiunto l’età di ventun anni.
(750.3) 66:7.1 Il quartier generale del Principe, sebbene squisitamente bello e concepito per ispirare rispetto agli uomini primitivi di quel tempo, era nel complesso modesto. Le costruzioni non erano particolarmente grandi in quanto lo scopo di questi insegnanti importati era d’incoraggiare lo sviluppo finale dell’agricoltura mediante l’introduzione dell’allevamento di animali. La disponibilità di terre entro le mura della città era sufficiente perché il pascolo e l’orticoltura potessero nutrire una popolazione di circa ventimila persone.
(750.4) 66:7.2 L’interno del tempio centrale di adorazione e delle dieci sedi di consiglio dei gruppi di supervisione dei superuomini erano veramente opere d’arte bellissime. Ed anche se gli edifici residenziali erano modelli di pulizia e di decoro, tutto era molto semplice e nel complesso primitivo a paragone degli sviluppi successivi. In questo quartier generale di cultura non s’impiegava alcun metodo che non appartenesse per natura ad Urantia.
(750.5) 66:7.3 I membri del gruppo corporale del Principe abitavano in dimore semplici ed esemplari, che essi mantenevano come luoghi familiari destinati ad ispirare e ad impressionare favorevolmente gli osservatori studenti che soggiornavano nel centro sociale e nel quartier generale educativo del mondo.
(750.6) 66:7.4 L’ordine ben definito della vita familiare ed il vivere di una sola famiglia in un’unica residenza, in un luogo relativamente stabile, datano dai tempi di Dalamatia e furono principalmente dovuti all’esempio ed agli insegnamenti dei cento e dei loro allievi. La famiglia come unità sociale non fu mai una riuscita fino a che i superuomini e le superdonne di Dalamatia non portarono gli umani ad amare i loro nipoti ed i figli dei loro nipoti, ed a fare dei progetti per loro. L’uomo selvaggio ama suo figlio, ma l’uomo civilizzato ama anche suo nipote.
(750.7) 66:7.5 I membri del personale del Principe vivevano insieme come padri e madri. È vero, essi non avevano figli propri, ma le cinquanta case modello di Dalamatia non ospitavano mai meno di cinquecento bambini adottati, scelti tra le famiglie superiori delle razze andoniche e sangik; molti di questi figli erano orfani. Essi beneficiavano della disciplina e della formazione di questi supergenitori; e poi, dopo aver trascorso tre anni nelle scuole del Principe (essi vi entravano dai tredici ai quindici anni), erano candidati al matrimonio e pronti a ricevere i loro incarichi di emissari del Principe presso le tribù bisognose delle loro rispettive razze.
(751.1) 66:7.6 Fad fu il promotore del piano d’insegnamento di Dalamatia che fu messo in atto sotto forma di una scuola industriale nella quale gli allievi imparavano per mezzo della pratica e grazie alla quale si formavano con il compimento quotidiano d’incarichi utili. Questo piano di educazione non ignorava l’attività mentale ed il sentimento nello sviluppo del carattere, ma poneva in primo piano la formazione manuale. L’istruzione era individuale e collettiva. Gli allievi erano istruiti sia da uomini che da donne e da loro congiuntamente. Metà di questa istruzione collettiva avveniva per sessi, l’altra metà in forma mista. Gli studenti erano istruiti individualmente nell’abilità manuale e venivano socializzati in gruppi o in classi. Essi erano addestrati a fraternizzare con gruppi più giovani, con gruppi più anziani e con adulti, come pure a lavorare in gruppo con quelli della loro età. Essi venivano anche familiarizzati con associazioni quali gruppi familiari, squadre di gioco e classi di scuola.
(751.2) 66:7.7 Tra gli ultimi studenti istruiti in Mesopotamia per lavorare con le loro rispettive razze, c’erano degli Andoniti provenienti dagli altipiani dell’India occidentale assieme a rappresentanti degli uomini rossi e degli uomini blu; più tardi ancora fu accolto anche un piccolo gruppo della razza gialla.
(751.3) 66:7.8 Hap presentò alle razze primitive una legge morale. Questo codice si chiamava “La Via del Padre” e consisteva nei sette comandamenti seguenti:
(751.4) 66:7.9 1. Tu non temerai né servirai alcun Dio eccetto il Padre di tutti.
(751.5) 66:7.10 2. Non disubbidirai al Figlio del Padre, il sovrano del mondo, e non mancherai di rispetto ai suoi associati superumani.
(751.6) 66:7.11 3. Non mentirai quando sarai chiamato davanti ai giudici del popolo.
(751.7) 66:7.12 4. Non ucciderai uomini, donne o bambini.
(751.8) 66:7.13 5. Non ruberai né i beni né il bestiame del tuo vicino.
(751.9) 66:7.14 6. Non toccherai la moglie del tuo amico.
(751.10) 66:7.15 7. Non mancherai di rispetto ai tuoi genitori né agli anziani della tribù.
(751.11) 66:7.16 Questa fu la legge di Dalamatia per quasi trecentomila anni. E molte pietre sulle quali questa legge fu incisa giacciono ora sotto il mare al largo della Mesopotamia e della Persia. Divenne costume tenere a mente uno di questi comandamenti per ogni giorno della settimana, impiegandolo come saluto e come ringraziamento al momento dei pasti.
(751.12) 66:7.17 La misura del tempo in quest’epoca era il mese lunare; questo periodo era calcolato in ventotto giorni. Con l’eccezione del giorno e della notte, questa fu la sola unità di tempo conosciuta dai popoli primitivi. La settimana di sette giorni fu introdotta dagli istruttori di Dalamatia ed ebbe origine dal fatto che sette era un quarto di ventotto. Il significato del numero sette nel superuniverso offrì loro senza dubbio l’occasione d’introdurre un riferimento spirituale nel calcolo abituale del tempo. Ma non c’è alcuna origine naturale nel periodo settimanale.
(751.13) 66:7.18 La campagna attorno alla città era molto ben sistemata per un raggio di centosessanta chilometri. Negli immediati dintorni della città centinaia di allievi qualificati delle scuole del Principe s’impegnavano nell’allevamento degli animali e mettevano in pratica in altri modi l’istruzione che avevano ricevuto dal suo gruppo e dai suoi numerosi assistenti umani. Alcuni si dedicavano all’agricoltura e all’orticoltura.
(751.14) 66:7.19 L’umanità non fu costretta a lavorare la terra come punizione di un supposto peccato. “Tu mangerai il frutto dei campi con il sudore della tua fronte” non fu una sentenza di punizione pronunciata a causa della partecipazione dell’uomo alle follie della ribellione di Lucifero sotto la direzione del traditore Caligastia. La coltivazione del suolo è inerente all’instaurazione di una civiltà progressiva sui mondi evoluzionari, e questa ingiunzione fu il centro di tutto l’insegnamento del Principe Planetario e del suo personale durante i trecentomila anni trascorsi tra il loro arrivo su Urantia ed i tragici giorni in cui Caligastia unì la propria sorte a quella del ribelle Lucifero. Lavorare la terra non è una maledizione; è piuttosto la più alta benedizione per tutti coloro che possono così godere della più umana di tutte le attività umane.
(752.1) 66:7.20 Allo scoppio della ribellione Dalamatia aveva una popolazione residente di quasi seimila abitanti. Questa cifra comprende gli studenti regolari, ma non tiene conto dei visitatori e degli osservatori che sommavano sempre a più di mille. Tuttavia, difficilmente voi potete rendervi conto dei meravigliosi progressi di quei tempi lontanissimi. Praticamente tutte le ammirevoli conquiste umane di quell’epoca sono state cancellate dall’orribile confusione e dalle abbiette tenebre spirituali che seguirono la catastrofe dell’inganno e della sedizione di Caligastia.
(752.2) 66:8.1 Se riesaminiamo la lunga carriera di Caligastia troviamo soltanto un aspetto della sua condotta suscettibile di attirare l’attenzione; egli era estremamente individualista. Aveva tendenza a parteggiare per quasi tutti i gruppi di protesta ed accordava generalmente la sua simpatia a coloro che davano una moderata espressione a critiche implicite. Noi rileviamo che si manifestò ben presto questa tendenza a mal sopportare l’autorità, a risentirsi un po’ per ogni forma di controllo. Pur leggermente risentito per i consigli degli anziani ed un po’ riluttante all’autorità superiore, nondimeno ogni volta che era stato messo alla prova egli aveva sempre dimostrato lealtà verso i governanti dell’universo e obbedienza agli ordini dei Padri della Costellazione. Nessun vero errore fu mai trovato in lui fino al momento del suo ignominioso tradimento di Urantia.
(752.3) 66:8.2 Si deve notare che Lucifero e Caligastia erano stati entrambi pazientemente istruiti ed amorevolmente avvertiti circa le loro tendenze alla critica e al sottile sviluppo del loro orgoglio, associato all’esagerato senso dell’importanza personale. Ma tutti questi tentativi per aiutarli erano stati a torto interpretati come critiche senza fondamento ed ingerenze ingiustificate nelle loro libertà personali. Sia Caligastia che Lucifero ritennero che i loro amichevoli consiglieri fossero animati da motivi molto reprensibili, che cominciavano a dominare il loro pensare distorto e la loro concezione errata. Essi giudicarono i loro disinteressati consiglieri secondo il loro stesso crescente egocentrismo.
(752.4) 66:8.3 Dopo l’arrivo del Principe Caligastia la civilizzazione del pianeta progredì in maniera abbastanza normale per quasi trecentomila anni. A parte il fatto di essere una sfera di modificazione della vita, e perciò soggetta a numerose irregolarità e ad episodi insoliti di fluttuazioni evoluzionarie, Urantia progredì in maniera molto soddisfacente nella sua carriera planetaria fino al momento della ribellione di Lucifero e del simultaneo tradimento di Caligastia. Tutta la storia susseguente è stata definitivamente modificata da questo errore catastrofico come pure dal fallimento successivo di Adamo ed Eva nel compimento della loro missione planetaria.
(752.5) 66:8.4 Il Principe di Urantia sprofondò nelle tenebre al momento della ribellione di Lucifero, precipitando così il pianeta in una lunga confusione. In seguito egli fu privato dell’autorità sovrana dall’azione coordinata dei sovrani della costellazione e di altre autorità dell’universo. Egli condivise le inevitabili vicissitudini dell’isolamento di Urantia fino all’epoca del soggiorno di Adamo sul pianeta e contribuì in parte al fallimento del piano di elevazione delle razze mortali mediante l’infusione del sangue vitale della nuova razza viola — i discendenti di Adamo ed Eva.
(753.1) 66:8.5 Il potere del Principe decaduto di disturbare gli affari umani fu considerevolmente ridotto dall’incarnazione come mortale di Machiventa Melchizedek all’epoca di Abramo; e successivamente, durante la vita di Micael nella carne, questo Principe traditore fu finalmente spogliato di ogni autorità su Urantia.
(753.2) 66:8.6 La dottrina di un demonio personale su Urantia, benché avesse qualche fondamento nella presenza planetaria del traditore ed iniquo Caligastia, è divenuta tuttavia totalmente fittizia nei suoi insegnamenti che un tale “demonio” possa influenzare la normale mente umana contro la sua libera scelta naturale. Anche prima del conferimento di Micael su Urantia, né Caligastia né Daligastia furono mai in grado di opprimere i mortali o di forzare un individuo normale a fare una qualsiasi cosa contro la volontà umana. Il libero arbitrio dell’uomo è supremo in materia di morale. Anche l’Aggiustatore di Pensiero interiore rifiuta di costringere l’uomo a formare un solo pensiero o a compiere un solo atto contrari alla scelta della volontà personale dell’uomo stesso.
(753.3) 66:8.7 Ed ora questo ribelle del regno, privato di ogni potere di nuocere ai suoi vecchi sudditi, aspetta il giudizio finale da parte degli Antichi dei Giorni di Uversa di tutti coloro che hanno partecipato alla ribellione di Lucifero.
(753.4) 66:8.8 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(754.1) 67:0.1 NON SI possono comprendere i problemi associati all’esistenza dell’uomo su Urantia senza la conoscenza di certe grandi epoche del passato, in particolare l’avvenimento e le conseguenze della ribellione planetaria. Anche se questo sconvolgimento non interferì seriamente nel progresso dell’evoluzione organica, modificò notevolmente il corso dell’evoluzione sociale e dello sviluppo spirituale. Tutta la storia superfisica del pianeta fu profondamente influenzata da questa calamità devastatrice.
(754.2) 67:1.1 Caligastia era a capo di Urantia da trecentomila anni quando Satana, l’assistente di Lucifero, fece una delle sue periodiche visite d’ispezione. Quando Satana arrivò sul pianeta, il suo aspetto non somigliava per niente alle vostre caricature della sua infame maestà. Egli era, ed è ancora, un Figlio Lanonandek di grande splendore. “E non c’è da stupirsi, perché Satana stesso è una brillante creatura di luce.”
(754.3) 67:1.2 Nel corso di questa ispezione Satana informò Caligastia della “Dichiarazione di Libertà” allora proposta da Lucifero, e come ora sappiamo il Principe fu d’accordo di tradire il pianeta all’annuncio della ribellione. Le personalità leali dell’universo provano uno sdegno particolare per il Principe Caligastia a causa di questo premeditato tradimento della fiducia. Il Figlio Creatore espresse tale disprezzo quando disse: “Tu assomigli al tuo capo, Lucifero, ed hai perpetuato la sua iniquità in modo colpevole. Egli fu un falsificatore fin dall’inizio della sua autoesaltazione perché non dimorava nella verità.”
(754.4) 67:1.3 In tutto il lavoro amministrativo di un universo locale nessun incarico elevato è considerato più sacro di quello affidato ad un Principe Planetario, il quale assume la responsabilità del benessere e della guida dei mortali in evoluzione su un mondo appena abitato. Di tutte le forme di male, nessuna ha un effetto più distruttivo sullo status della personalità quanto il tradimento della fiducia e la slealtà verso i propri amici fiduciosi. Commettendo deliberatamente questo peccato, Caligastia alterò così completamente la sua personalità che da allora la sua mente non è più stata in grado di riacquistare il pieno equilibrio.
(754.5) 67:1.4 Ci sono molti modi di considerare il peccato, ma dal punto di vista filosofico universale il peccato è il comportamento di una personalità che si oppone coscientemente alla realtà cosmica. Si può considerare l’errore come una concezione sbagliata o una deformazione della realtà. Il male è una realizzazione parziale delle realtà universali o un cattivo adattamento alle stesse. Ma il peccato è una resistenza intenzionale alla realtà divina — una scelta cosciente di opporsi al progresso spirituale — mentre l’iniquità consiste in una sfida aperta e persistente alla realtà riconosciuta e denota un tale grado di disgregazione della personalità da rasentare la follia cosmica.
(755.1) 67:1.5 L’errore indica mancanza di acume intellettuale; il male indica mancanza di saggezza; il peccato indica abbietta povertà spirituale; ma l’iniquità denota che il controllo della personalità sta scomparendo.
(755.2) 67:1.6 E quando il peccato è stato scelto così tante volte e ripetuto così spesso, può diventare abituale. I peccatori impenitenti possono diventare facilmente iniqui, ribellarsi apertamente contro l’universo e tutte le sue realtà divine. Mentre tutte le forme di peccato possono essere perdonate, noi dubitiamo che un iniquo radicato possa mai provare sinceramente dispiacere per i suoi misfatti od accettare il perdono dei suoi peccati.
(755.3) 67:2.1 Poco dopo l’ispezione di Satana e mentre l’amministrazione planetaria era sul punto di realizzare grandi cose su Urantia, un giorno, nel mezzo dell’inverno dei continenti settentrionali, Caligastia ebbe un lungo colloquio con il suo associato Daligastia, a seguito del quale quest’ultimo convocò i dieci consigli di Urantia in sessione straordinaria. Questa assemblea fu aperta con la dichiarazione che il Principe Caligastia stava per proclamarsi sovrano assoluto di Urantia ed esigeva che tutti i gruppi amministrativi abdicassero, rimettendo tutte le loro funzioni e tutti i loro poteri nelle mani di Daligastia, designato come amministratore fiduciario, in attesa della riorganizzazione del governo planetario e della conseguente ridistribuzione di questi incarichi d’autorità amministrativa.
(755.4) 67:2.2 La presentazione di questa sbalorditiva richiesta fu seguita dal magistrale appello di Van, presidente del consiglio supremo di coordinamento. Questo eminente amministratore e valente giurista stigmatizzò il modo di procedere proposto da Caligastia come un atto che rasentava la ribellione planetaria ed invitò i suoi colleghi ad astenersi da ogni partecipazione fino a che non fosse stato rivolto un appello a Lucifero, Sovrano del Sistema di Satania; ed egli ottenne l’appoggio dell’intero personale. Di conseguenza fu fatto appello a Jerusem, da dove ritornarono immediatamente gli ordini che designavano Caligastia quale sovrano supremo di Urantia ed ingiungevano obbedienza cieca ed assoluta alle sue disposizioni. E fu in risposta a questo stupefacente messaggio che il nobile Van pronunciò il suo memorabile discorso di sette ore nel quale accusò formalmente Daligastia, Caligastia e Lucifero di oltraggiare la sovranità dell’universo di Nebadon; e si appellò agli Altissimi di Edentia per essere sostenuto e ricevere conferma.
(755.5) 67:2.3 Nel frattempo i circuiti del sistema erano stati interrotti; Urantia era isolato. Tutti i gruppi di vita celeste presenti sul pianeta si trovarono improvvisamente e senza preavviso isolati, totalmente tagliati fuori da ogni parere e consiglio esterni.
(755.6) 67:2.4 Daligastia proclamò ufficialmente Caligastia “Dio di Urantia e supremo al di sopra di tutto”. Di fronte a questa proclamazione le conclusioni erano chiaramente tratte; ed ogni gruppo si ritirò per conto proprio e diede inizio a deliberazioni, a discussioni destinate alla fine a determinare la sorte di ogni personalità superumana sul pianeta.
(755.7) 67:2.5 I serafini, i cherubini ed altri esseri celesti furono coinvolti nelle decisioni di questa lotta implacabile, di questo lungo e colpevole conflitto. Numerosi gruppi superumani che si trovavano ad essere su Urantia al momento del suo isolamento vi furono trattenuti e, alla stregua dei serafini e dei loro associati, furono costretti a scegliere tra il peccato e la rettitudine — tra le vie di Lucifero e la volontà del Padre invisibile.
(756.1) 67:2.6 Questa battaglia proseguì per più di sette anni. Fino a che ogni personalità interessata non ebbe preso una decisione definitiva, le autorità di Edentia non vollero interferire o intervenire e non lo fecero. Solo allora Van ed i suoi associati leali ricevettero giustificazione e furono sollevati dalla loro prolungata ansietà e dalla loro intollerabile incertezza.
(756.2) 67:3.1 Lo scoppio della ribellione su Jerusem, capitale di Satania, fu diffuso dal consiglio dei Melchizedek. I Melchizedek incaricati dei casi d’emergenza furono immediatamente inviati a Jerusem, e Gabriele si offrì volontario per rappresentare il Figlio Creatore, la cui autorità era stata messa in discussione. All’annuncio dello stato di ribellione in Satania il sistema fu isolato, messo in quarantena, dagli altri sistemi fratelli. Vi fu “guerra nel cielo” nella capitale di Satania ed essa si estese a tutti i pianeti del sistema locale.
(756.3) 67:3.2 Su Urantia quaranta membri del gruppo corporale dei cento (compreso Van) rifiutarono di unirsi all’insurrezione. Molti assistenti umani del personale (modificati ed altri) furono anch’essi nobili e coraggiosi difensori di Micael e del suo governo universale. Ci fu una terribile perdita di personalità tra i serafini e i cherubini. Quasi la metà dei serafini amministratori e di transizione assegnati al pianeta si unirono al loro capo e a Daligastia per appoggiare la causa di Lucifero. Quarantamilacentodiciannove creature intermedie primarie si unirono a Caligastia, ma i rimanenti rimasero fedeli al loro incarico.
(756.4) 67:3.3 Il Principe traditore riunì le creature intermedie sleali ed altri gruppi di personalità ribelli e li organizzò perché eseguissero i suoi ordini, mentre Van riunì gli intermedi leali ed altri gruppi fedeli e cominciò la grande battaglia per la salvezza del personale planetario e delle altre personalità celesti isolate.
(756.5) 67:3.4 Durante questa battaglia i lealisti s’installarono in un insediamento scarsamente protetto e senza mura situato a pochi chilometri ad est di Dalamatia, ma le loro abitazioni erano sorvegliate giorno e notte dai vigili e sempre attenti intermedi leali, i quali avevano in loro possesso l’inestimabile albero della vita.
(756.6) 67:3.5 Allo scoppio della ribellione alcuni cherubini e serafini leali, con l’aiuto di tre intermedi fedeli, assunsero la custodia dell’albero della vita e permisero solo ai quaranta lealisti del personale ed ai loro associati umani modificati di mangiare i frutti e le foglie di questa pianta energetica. Ce n’erano cinquantasei di questi Andoniti modificati associati al gruppo; sedici assistenti Andoniti del gruppo sleale si erano rifiutati di entrare nella ribellione con i loro capi.
(756.7) 67:3.6 Per tutti i sette anni cruciali della ribellione di Caligastia, Van si dedicò totalmente a servire la sua armata leale di uomini, d’intermedi e di angeli. L’acume spirituale e la fermezza morale che permisero a Van di conservare un tale atteggiamento incrollabile di fedeltà al governo dell’universo erano il prodotto di una mente lucida, di un ragionamento saggio, di un giudizio logico, di una motivazione sincera, di un disegno altruista, di una lealtà intelligente, di una memoria esperienziale, di un carattere disciplinato e di una dedizione indiscussa della sua personalità a fare la volontà del Padre del Paradiso.
(756.8) 67:3.7 Questi sette anni di attesa furono un periodo d’esame di coscienza e di disciplina dell’anima. Tali crisi negli affari dell’universo dimostrano l’enorme influenza della mente come fattore di scelta spirituale. Educazione, formazione ed esperienza sono fattori che partecipano alla maggior parte delle decisioni vitali di tutte le creature morali evoluzionarie. Ma è assolutamente possibile che lo spirito interiore entri in contatto diretto con i poteri che determinano le decisioni della personalità umana e conferisca così, alla volontà totalmente consacrata della creatura, il potere di compiere degli atti stupefacenti di devozione leale alla volontà e alle vie del Padre paradisiaco. E questo è proprio ciò che avvenne nell’esperienza di Amadon, l’associato umano modificato di Van.
(757.1) 67:3.8 Amadon è l’eroe umano più rimarchevole della ribellione di Lucifero. Questo discendente maschio di Andon e Fonta fu uno dei cento mortali che fornirono il plasma vitale al gruppo del Principe, e a partire da quell’avvenimento fu assegnato a Van come suo associato ed assistente umano. Amadon scelse di restare al fianco del suo capo durante tutta la lunga ed aspra lotta. E fu uno spettacolo ispirante vedere questo figlio delle razze evoluzionarie rimanere insensibile alle sofisticherie di Daligastia mentre per tutti i sette anni di lotta lui ed i suoi associati leali resistevano con fermezza incrollabile a tutti gli insegnamenti ingannevoli del brillante Caligastia.
(757.2) 67:3.9 Caligastia, con un massimo d’intelligenza ed una vasta esperienza negli affari dell’universo, si smarrì — abbracciò il peccato. Amadon, con un minimo d’intelligenza ed una totale assenza di esperienza universale, rimase saldo nel servizio dell’universo e nella fedeltà al suo associato. Van utilizzò la mente e lo spirito in una magnifica ed efficace combinazione di determinazione intellettuale e d’intuizione spirituale, raggiungendo così un livello esperienziale di realizzazione della personalità dell’ordine più elevato possibile. Mente e spirito, quando sono pienamente uniti, sono un potenziale per la creazione di valori superumani ed anche di realtà morontiali.
(757.3) 67:3.10 Si potrebbero raccontare infiniti avvenimenti sensazionali di questi tragici giorni. Ma alla fine la decisione definitiva dell’ultima personalità fu presa, ed allora, e soltanto allora, un Altissimo di Edentia arrivò con i Melchizedek incaricati delle situazioni d’emergenza per impadronirsi dell’autorità su Urantia. Gli archivi panoramici del regno di Caligastia su Jerusem furono cancellati ed iniziò l’era di prova della riabilitazione planetaria.
(757.4) 67:4.1 Dopo aver fatto l’appello finale, si costatò che i membri corporali del gruppo del Principe si erano schierati come segue: Van e tutto il suo gruppo di coordinamento erano rimasti fedeli. Ang e tre membri del consiglio dell’alimentazione erano sopravvissuti. Il consiglio dell’addomesticamento degli animali si era lasciato trasportare dalla ribellione, come fecero tutti i consiglieri per la protezione dagli animali da preda. Fad e cinque membri del collegio d’insegnamento erano salvi. Nod e tutta la commissione per l’industria ed il commercio si unirono a Caligastia. Hap e tutto il collegio della religione rivelata rimasero fedeli con Van ed il suo nobile gruppo. Lut e l’intero consiglio della salute furono perduti. Il consiglio dell’arte e della scienza rimase fedele nella sua totalità, ma Tut e la commissione per i governi tribali deviarono tutti. Dei cento, se ne salvarono quindi quaranta, i quali furono in seguito trasferiti su Jerusem, da dove ripresero il loro viaggio verso il Paradiso.
(757.5) 67:4.2 I sessanta membri del personale planetario che si unirono alla ribellione scelsero Nod come loro capo. Essi lavorarono di tutto cuore per il Principe ribelle, ma si accorsero ben presto di essere privi del sostegno dei circuiti vitali del sistema. Si resero conto di essere stati degradati allo status di esseri mortali. Erano sì superumani, ma allo stesso tempo materiali e mortali. Nel tentativo di accrescere il loro numero Daligastia ordinò l’immediato ricorso alla riproduzione sessuale, sapendo perfettamente che i sessanta membri originali ed i loro quarantaquattro associati andonici modificati erano condannati a subire, presto o tardi, l’estinzione per morte. Dopo la caduta di Dalamatia il gruppo sleale emigrò verso nord e verso est. I loro discendenti furono a lungo conosciuti come i Noditi ed il loro luogo di residenza come “il paese di Nod”.
(758.1) 67:4.3 La presenza di questi straordinari superuomini e superdonne, messi nei guai dalla ribellione e che si congiunsero ben presto con i figli e le figlie terrestri, diede facilmente origine alle storie tradizionali degli dei scesi dal cielo per unirsi con i mortali. In tal modo ebbero origine le mille ed una leggende di natura mitica, ma fondate sui fatti dei tempi posteriori alla ribellione, che figurarono più tardi nei racconti e nelle tradizioni popolari dei vari popoli i cui antenati erano entrati in contatto con i Noditi ed i loro discendenti.
(758.2) 67:4.4 I ribelli del personale, privati del sostentamento spirituale, morirono alla fine di morte naturale. Gran parte della successiva idolatria delle razze umane ebbe origine dal desiderio di perpetuare il ricordo di questi esseri altamente onorati dei tempi di Caligastia.
(758.3) 67:4.5 Quando i membri del gruppo dei cento vennero su Urantia, furono temporaneamente staccati dai loro Aggiustatori di Pensiero. Immediatamente dopo l’arrivo degli amministratori fiduciari Melchizedek, le personalità leali (eccetto Van) furono rimandate a Jerusem e riunite ai loro Aggiustatori in attesa. Noi non conosciamo la sorte dei sessanta ribelli del personale; i loro Aggiustatori stazionano ancora su Jerusem. Le cose rimarranno senz’altro allo stato attuale fino a quando l’intera ribellione di Lucifero sarà definitivamente giudicata e sarà decretata la sorte di tutti i suoi partecipanti.
(758.4) 67:4.6 Fu molto difficile per esseri come gli angeli e gli intermedi concepire che brillanti e fidati dirigenti come Caligastia e Daligastia avessero deviato — avessero commesso un peccato di tradimento. Gli esseri che caddero nel peccato — non entrarono deliberatamente o premeditatamente nella ribellione — furono sviati dai loro superiori, ingannati dai loro capi fidati. Fu ugualmente facile ottenere l’appoggio dei mortali evoluzionari di mentalità primitiva.
(758.5) 67:4.7 La grande maggioranza di tutti gli esseri umani e superumani che furono vittime della ribellione di Lucifero su Jerusem e sui vari pianeti tratti in errore si sono da lungo tempo profondamente pentiti della loro follia. E noi crediamo veramente che tutti questi penitenti sinceri saranno in qualche modo riabilitati e reintegrati in una qualche fase del servizio universale quando gli Antichi dei Giorni completeranno definitivamente il giudizio degli affari della ribellione di Satania, che essi hanno così recentemente iniziato.
(758.6) 67:5.1 Una grande confusione regnò in Dalamatia e nei dintorni per quasi cinquant’anni dopo l’istigazione della ribellione. Fu tentata la completa e radicale riorganizzazione di tutto il mondo. La rivoluzione prese il posto dell’evoluzione come politica di progresso culturale e di miglioramento razziale. Tra gli elementi superiori e parzialmente istruiti che risiedevano a Dalamatia e nei dintorni apparve un improvviso progresso del livello culturale, ma quando si tentò di applicare questi metodi nuovi e radicali alle popolazioni lontane, ne risultò immediatamente una confusione indescrivibile ed un pandemonio razziale. La libertà fu rapidamente trasformata in licenza dagli uomini primitivi semievoluti di quel tempo.
(758.7) 67:5.2 Subito dopo la ribellione tutto il personale sedizioso si trovò impegnato in una difesa energica della città contro le orde semiselvagge che assediavano le sue mura come risultato delle dottrine di libertà che erano state prematuramente insegnate loro. Ed anni prima che il magnifico quartier generale fosse sommerso dai mari del sud, le tribù fuorviate e male istruite delle zone limitrofe a Dalamatia si erano già scagliate in un assalto semiselvaggio sulla splendida città, sospingendo verso nord il gruppo secessionista ed i suoi associati.
(759.1) 67:5.3 Il piano di Caligastia per l’immediata ricostruzione della società umana in conformità alle sue idee di libertà individuale e collettiva si rivelò subito un fallimento più o meno completo. La società sprofondò presto al suo antico livello biologico e la lotta per il progresso ricominciò da un punto poco più avanzato che all’inizio del regime di Caligastia, poiché questa sollevazione aveva lasciato il mondo nella peggiore delle confusioni.
(759.2) 67:5.4 Centosessantadue anni dopo la ribellione un maremoto si abbatté su Dalamatia ed il quartier generale planetario fu sommerso dalle acque del mare, e questa terra non riemerse prima che quasi tutte le vestigia della nobile cultura di quelle splendide epoche fossero state cancellate.
(759.3) 67:5.5 Quando la prima capitale del mondo fu sommersa ospitava soltanto i tipi inferiori delle razze Sangik di Urantia, dei rinnegati che avevano già trasformato il tempio del Padre in un santuario dedicato a Nog, il falso dio della luce e del fuoco.
(759.4) 67:6.1 I seguaci di Van si ritirarono presto sugli altopiani occidentali dell’India, dove furono al riparo dagli attacchi delle razze disorientate delle pianure, e da questo luogo di rifugio essi predisposero i piani per la riabilitazione del mondo, come i loro antichi predecessori Badoniti avevano un tempo inconsapevolmente lavorato per il benessere dell’umanità poco prima della nascita delle tribù Sangik.
(759.5) 67:6.2 Prima dell’arrivo degli amministratori fiduciari Melchizedek, Van affidò la gestione degli affari umani a dieci commissioni di quattro membri ciascuna, gruppi identici a quelli del regime del Principe. I Portatori di Vita residenti più anziani assunsero temporaneamente la direzione di questo consiglio di quaranta, che funzionò per tutti i sette anni di attesa. Gruppi simili di Amadoniti assunsero queste responsabilità quando i trentanove membri leali del personale ritornarono a Jerusem.
(759.6) 67:6.3 Tali Amadoniti discendevano dal gruppo di 144 Andoniti leali al quale apparteneva Amadon e che era divenuto noto con il suo nome. Questo gruppo comprendeva trentanove uomini e centocinque donne. Di questi, cinquantasei avevano uno status d’immortalità e tutti (eccetto Amadon) furono trasferiti con i membri leali del gruppo. I restanti membri di questo nobile gruppo continuarono la loro opera sulla terra sino alla fine della loro vita di mortali sotto la direzione di Van e di Amadon. Essi furono il lievito biologico che si moltiplicò e continuò a fornire la guida per il mondo durante le lunghe epoche oscure dell’era posteriore alla ribellione.
(759.7) 67:6.4 Van fu lasciato su Urantia fino ai tempi di Adamo, rimanendo come capo titolare di tutte le personalità superumane operanti sul pianeta. Lui e Amadon furono sostentati mediante la tecnica dell’albero della vita, in congiunzione con il ministero speciale di vita dei Melchizedek, per più di centocinquantamila anni.
(759.8) 67:6.5 Gli affari di Urantia furono a lungo amministrati da un consiglio di amministratori fiduciari planetari, dodici Melchizedek, confermati dal mandato del sovrano senior della costellazione, l’Altissimo Padre di Norlatiadek. Associato agli amministratori fiduciari Melchizedek c’era un consiglio consultivo costituito da: uno degli aiuti leali del Principe decaduto, i due Portatori di Vita residenti, un Figlio Trinitizzato in fase di apprendistato, un Figlio Istruttore volontario, un Brillante Astro della Sera di Avalon (periodicamente), i capi dei serafini e dei cherubini, alcuni consulenti provenienti da due pianeti vicini, il direttore generale della vita angelica subordinata e Van, il comandante in capo delle creature intermedie. Urantia fu governato ed amministrato in tal modo fino all’arrivo di Adamo. Non c’è da stupirsi che al leale e coraggioso Van sia stato assegnato un posto nel consiglio degli amministratori fiduciari planetari che amministrò così a lungo gli affari di Urantia.
(760.1) 67:6.6 I dodici amministratori fiduciari Melchizedek di Urantia realizzarono un’opera eroica. Essi preservarono i resti della civiltà e la loro politica planetaria fu fedelmente eseguita da Van. Entro mille anni dalla ribellione egli aveva disseminato nel mondo più di trecentocinquanta gruppi progrediti. Questi avamposti di civiltà erano in maggior parte composti di discendenti degli Andoniti leali leggermente incrociati con le razze Sangik, in particolare con gli uomini blu e con i Noditi.
(760.2) 67:6.7 Nonostante il terribile regresso causato dalla ribellione c’erano molte buone stirpi biologicamente promettenti sulla terra. Sotto la supervisione degli amministratori fiduciari Melchizedek, Van e Amadon continuarono la loro opera per favorire l’evoluzione naturale della razza umana, portando avanti l’evoluzione fisica dell’uomo fino a raggiungere quel risultato finale che giustificasse l’invio di un Figlio e di una Figlia Materiali su Urantia.
(760.3) 67:6.8 Van e Amadon restarono sulla terra fino a poco dopo l’arrivo di Adamo ed Eva. Alcuni anni dopo furono trasferiti a Jerusem, dove Van fu riunito al suo Aggiustatore in attesa. Van serve ora nell’interesse di Urantia aspettando l’ordine di riprendere il lungo, lungo cammino verso la perfezione del Paradiso e verso il destino non rivelato del Corpo dei Mortali della Finalità in corso di costituzione.
(760.4) 67:6.9 Si deve tenere presente che quando Van si appellò agli Altissimi di Edentia dopo che Lucifero ebbe sostenuto Caligastia su Urantia, i Padri della Costellazione notificarono una decisione immediata di appoggio a Van su tutti i punti della sua tesi. Questo verdetto non lo raggiunse perché i circuiti planetari di comunicazione furono interrotti durante la sua trasmissione. Soltanto recentemente questa decisione tangibile fu scoperta in possesso di un ritrasmettitore di energia presso il quale era rimasta bloccata dal momento dell’isolamento di Urantia. Senza tale scoperta, fatta a seguito di ricerche da parte degli intermedi di Urantia, la diffusione di questa decisione avrebbe atteso la reintegrazione di Urantia nei circuiti della costellazione. Questo apparente incidente nelle comunicazioni interplanetarie divenne possibile perché i trasmettitori di energia possono ricevere e trasmettere notizie, ma non possono dare avvio alle comunicazioni.
(760.5) 67:6.10 Lo status tecnico di Van negli archivi giuridici di Satania non fu effettivamente e definitivamente stabilito fino a quando questa decisione dei Padri di Edentia non fu registrata su Jerusem.
(760.6) 67:7.1 Le conseguenze personali (centripete) del rifiuto intenzionale e persistente della luce da parte di una creatura sono inevitabili ed individuali e concernono soltanto la Deità e quella stessa creatura. Tale raccolto d’iniquità distruttrice dell’anima è la messe interiore della creatura iniqua dotata di volontà.
(761.1) 67:7.2 Ma non è così per le ripercussioni esterne del peccato. Le conseguenze impersonali (centrifughe) per aver abbracciato il peccato sono inevitabili e collettive e riguardano ogni creatura che opera nella zona interessata da tali avvenimenti.
(761.2) 67:7.3 Cinquantamila anni dopo il crollo dell’amministrazione planetaria, gli affari terrestri erano così disorganizzati ed in ritardo che la razza umana era progredita molto poco in rapporto allo status evoluzionario generale esistente al momento dell’arrivo di Caligastia trecentocinquantamila anni prima. Sotto certi aspetti dei progressi erano stati compiuti; sotto altri molto terreno era stato perduto.
(761.3) 67:7.4 Il peccato non è mai puramente localizzato nei suoi effetti. I settori amministrativi dell’universo sono degli organismi; la condizione di una personalità deve in una certa misura essere condivisa da tutti. Essendo il peccato un comportamento della persona nei confronti della realtà, è destinato a produrre il suo raccolto negativo inerente su tutti i livelli connessi dei valori universali. Ma le piene conseguenze delle idee sbagliate, delle cattive azioni o dei progetti peccaminosi sono vissute soltanto al livello del compimento effettivo. La trasgressione della legge dell’universo può essere fatale nel campo fisico senza coinvolgere seriamente la mente o pregiudicare l’esperienza spirituale. Il peccato è carico di conseguenze fatali per la sopravvivenza della personalità solo quando è l’atteggiamento dell’intero essere, quando rappresenta la scelta della mente e la volontà dell’anima.
(761.4) 67:7.5 Il male ed il peccato hanno delle conseguenze nei regni materiale e sociale e talvolta possono anche ritardare il progresso spirituale su certi livelli della realtà universale, ma il peccato di un essere qualunque non sottrae mai ad un altro la realizzazione del diritto divino di sopravvivenza della personalità. La sopravvivenza eterna può essere messa in pericolo solo dalle decisioni della mente e dalla scelta dell’anima dell’individuo stesso.
(761.5) 67:7.6 Il peccato commesso su Urantia ritardò molto poco l’evoluzione biologica, ma ebbe l’effetto di privare le razze umane del pieno beneficio dell’eredità adamica. Il peccato ritarda enormemente lo sviluppo intellettuale, la crescita morale, il progresso sociale e la realizzazione spirituale delle masse. Ma non impedisce ad un individuo che sceglie di conoscere Dio e di fare sinceramente la sua volontà divina di raggiungere la più alta spiritualità.
(761.6) 67:7.7 Caligastia si ribellò, Adamo ed Eva fallirono, ma nessun mortale nato in seguito su Urantia ha sofferto di questi errori nella sua esperienza spirituale personale. Ogni mortale nato su Urantia dopo la ribellione di Caligastia è stato in qualche modo penalizzato nel tempo, ma il benessere futuro di tali anime non è mai stato minimamente messo in pericolo nell’eternità. Nessuno subisce mai una privazione spirituale essenziale a causa del peccato altrui. Il peccato è totalmente personale per quanto attiene alla colpevolezza morale o alle conseguenze spirituali, nonostante le sue profonde ripercussioni nei domini amministrativo, intellettuale e sociale.
(761.7) 67:7.8 Anche se non possiamo sondare la saggezza che permette tali catastrofi, noi possiamo sempre discernere gli effetti benefici di questi disordini locali quando si riflettono sull’insieme dell’universo.
(761.8) 67:8.1 La ribellione di Lucifero fu contrastata da molti esseri coraggiosi sui vari mondi di Satania, ma gli archivi di Salvington descrivono Amadon come il carattere più rimarchevole di tutto il sistema per la sua gloriosa resistenza alla marea crescente della sedizione e per la sua incrollabile devozione a Van — essi rimasero entrambi saldi nella loro fedeltà alla supremazia del Padre invisibile e di suo Figlio Micael.
(762.1) 67:8.2 All’epoca in cui accaddero questi memorabili avvenimenti io ero stazionato su Edentia, e ricordo ancora la profonda gioia che provavo quando prendevo conoscenza dei comunicati di Salvington che descrivevano giorno per giorno l’incredibile tenacia, la devozione trascendente e la squisita fedeltà di questo discendente un tempo semiselvaggio della stirpe sperimentale ed originale della razza andonica.
(762.2) 67:8.3 Da Edentia, passando per Salvington e fino ad Uversa, per sette lunghi anni la prima domanda di tutti gli esseri celesti subordinati riguardo alla ribellione di Satania era sempre: “Che ne è di Amadon di Urantia, resiste ancora?”
(762.3) 67:8.4 Se la ribellione di Lucifero ha ostacolato il sistema locale ed i suoi mondi caduti nel peccato, se la perdita di questo Figlio e dei suoi associati sviati ha intralciato temporaneamente il progresso della costellazione di Norlatiadek, valutate allora l’effetto prodotto dall’immensa risonanza della condotta ispirante di questo straordinario figlio della natura e del suo gruppo risoluto di 143 compagni nel mantenersi fermamente a favore dei concetti più elevati della gestione e dell’amministrazione dell’universo di fronte alla formidabile pressione contraria esercitata dai loro sleali superiori. E permettetemi di assicurarvi che ciò ha già fatto più bene nell’universo di Nebadon e nel superuniverso di Orvonton di quanto potrà mai risultare dalla somma totale del male e delle afflizioni causati dalla ribellione di Lucifero.
(762.4) 67:8.5 Tutto ciò è un’illuminazione splendidamente toccante e superbamente sublime della saggezza del piano universale del Padre per mobilitare il Corpo dei Mortali della Finalità in Paradiso e reclutare questo vasto gruppo di misteriosi servitori del futuro in gran parte provenienti dall’argilla comune dei mortali di progressione ascendente — mortali del tutto simili all’incrollabile Amadon.
(762.5) 67:8.6 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(763.1) 68:0.1 QUESTO è l’inizio del racconto della lunga, lunga battaglia del progresso della specie umana da una condizione che era appena migliore di un’esistenza animale, passando per le ere intermedie, fino ai tempi più recenti in cui una reale, benché imperfetta, civiltà si era sviluppata tra le razze più evolute dell’umanità.
(763.2) 68:0.2 La civiltà è un’acquisizione razziale; non è biologicamente innata; perciò tutti i figli devono essere allevati in un ambiente di cultura ed ogni generazione successiva di giovani deve ricevere di nuovo la propria educazione. Le qualità superiori della civiltà — scientifica, filosofica e religiosa — non sono trasmesse da una generazione all’altra per eredità diretta. Questi risultati culturali sono preservati solo dalla conservazione illuminata del patrimonio sociale.
(763.3) 68:0.3 L’evoluzione sociale di ordine cooperativo fu iniziata dagli insegnanti di Dalamatia e per trecentomila anni l’umanità fu allevata nell’idea di attività di gruppo. Gli uomini blu trassero profitto più di tutti gli altri da questi insegnamenti sociali primitivi, gli uomini rossi in una certa misura e gli uomini neri meno di tutti. In epoche più recenti la razza gialla e quella bianca hanno presentato lo sviluppo sociale più avanzato di Urantia.
(763.4) 68:1.1 Quando sono posti in stretto contatto gli uomini imparano spesso a simpatizzare gli uni con gli altri, ma gli uomini primitivi non traboccavano per natura di sentimenti fraterni e di desiderio di contatti sociali con i loro simili. Le razze primitive impararono piuttosto attraverso esperienze dolorose che “l’unione fa la forza”; ed è questa mancanza d’attrazione fraterna naturale che ostacola attualmente l’immediata realizzazione della fratellanza dell’uomo su Urantia.
(763.5) 68:1.2 L’associazione divenne ben presto il prezzo della sopravvivenza. L’uomo isolato era indifeso se non portava un marchio tribale che testimoniasse la sua appartenenza ad un gruppo che avrebbe certamente vendicato un attacco contro di lui. Anche all’epoca di Caino era fatale allontanarsi da solo senza un marchio di associazione ad un gruppo. La civiltà è diventata l’assicurazione dell’uomo contro una morte violenta, mentre i premi sono pagati dalla sottomissione alle numerose esigenze legali della società.
(763.6) 68:1.3 La società primitiva fu così fondata sulla necessità reciproca e sull’accresciuta sicurezza dell’associazione. La società umana si è evoluta in cicli millenari a seguito di questa paura dell’isolamento e grazie ad una cooperazione riluttante.
(763.7) 68:1.4 Gli esseri umani primitivi impararono presto che i gruppi sono molto più grandi e più forti della semplice somma di ogni unità individuale. Cento uomini uniti e che lavorano all’unisono possono spostare un grosso masso; una ventina di custodi della pace ben addestrati possono contenere una folla in collera. È così che nacque la società, non da una semplice associazione numerica, ma piuttosto come risultato dell’organizzazione di cooperatori intelligenti. Ma la cooperazione non è una caratteristica naturale dell’uomo; egli impara a cooperare prima per paura e più tardi perché scopre che è molto vantaggioso per far fronte alle difficoltà del tempo presente e per proteggersi contro i supposti pericoli dell’eternità.
(764.1) 68:1.5 I popoli che presto si organizzarono in una tale società primitiva ottennero migliori risultati nell’affrontare la natura come pure nella difesa contro i loro simili; essi avevano maggiori possibilità di sopravvivere. Per questo la civiltà è costantemente progredita su Urantia nonostante i suoi numerosi regressi. È soltanto a causa dell’accrescimento del valore della sopravvivenza nell’associazione che numerosi errori dell’uomo non sono riusciti finora ad arrestare o a distruggere la civiltà umana.
(764.2) 68:1.6 Che la società culturale contemporanea sia un fenomeno piuttosto recente è ben dimostrato dalla sopravvivenza sino ad oggi di condizioni sociali primitive come quelle che caratterizzano gli aborigeni australiani, i Boscimani e i Pigmei dell’Africa. Tra queste popolazioni arretrate si può ancora osservare qualcosa dell’ostilità di gruppo primitiva, del sospetto personale e di altri tratti altamente antisociali che erano così caratteristici di tutte le razze primitive. Questi miseri resti dei popoli asociali dei tempi antichi testimoniano eloquentemente il fatto che la tendenza individualista naturale dell’uomo non può competere con successo contro le organizzazioni ed associazioni più efficaci e più potenti del progresso sociale. Le razze asociali arretrate e diffidenti, che parlano un dialetto differente ogni sessanta od ottanta chilometri, illustrano in quale mondo avreste potuto vivere ora senza gli insegnamenti del gruppo corporale del Principe Planetario e le attività successive del gruppo adamico di elevatori razziali.
(764.3) 68:1.7 La frase moderna “ritorno alla natura” è un’illusione dell’ignoranza, una credenza nella realtà di un’antica fittizia “età d’oro”. La sola base per la leggenda dell’età d’oro è la realtà storica dell’esistenza di Dalamatia e dell’Eden. Ma queste società avanzate erano lontane dal realizzare sogni utopistici.
(764.4) 68:2.1 La società civilizzata è il risultato degli sforzi iniziali dell’uomo per superare la sua avversione all’isolamento. Ma ciò non significa necessariamente reciproco affetto, e lo stato turbolento attuale di certi gruppi primitivi illustra bene le difficoltà attraversate dalle prime tribù. Ma anche se i membri di una civiltà possono scontrarsi e combattersi, e benché la civiltà stessa possa apparire come un insieme incoerente di tentativi e di lotte, nondimeno essa evidenzia uno sforzo intenso, non la monotonia noiosa della stagnazione.
(764.5) 68:2.2 Sebbene il livello dell’intelligenza abbia notevolmente contribuito al ritmo del progresso culturale, la società è essenzialmente concepita per diminuire l’elemento rischio nel modo di vivere dell’individuo, ed è progredita con la stessa velocità con cui è riuscita a diminuire la sofferenza e ad aumentare l’elemento piacere nella vita. In tal modo l’intero corpo sociale avanza lentamente verso la meta del suo destino — l’estinzione o la sopravvivenza — a seconda che la meta sia la propria preservazione o l’autogratificazione. L’autopreservazione origina la società, mentre l’eccesso di autogratificazione distrugge la civiltà.
(764.6) 68:2.3 Una società si occupa della propria perpetuazione, della propria preservazione e della propria soddisfazione, ma l’autorealizzazione umana merita di divenire il fine immediato di molti gruppi culturali.
(765.1) 68:2.4 L’istinto gregario dell’uomo naturale non basta a spiegare lo sviluppo di un’organizzazione sociale quale esiste attualmente su Urantia. Benché questa propensione gregaria innata sia alla base della società umana, gran parte della sociabilità dell’uomo è un’acquisizione. Due grandi influenze che contribuirono all’associazione primitiva degli esseri umani furono la fame e l’amore a scopo sessuale, bisogni istintivi che l’uomo condivide con il mondo animale. Altre due emozioni che spinsero gli esseri umani ad unirsi ed a tenersi uniti furono la vanità e la paura, più particolarmente la paura dei fantasmi.
(765.2) 68:2.5 La storia non è che il resoconto della lotta millenaria dell’uomo per il cibo. L’uomo primitivo pensava soltanto quando aveva fame; economizzare cibo fu la sua prima rinuncia, il suo primo atto di autodisciplina. Con lo sviluppo della società, la fame cessò di essere il solo incentivo alla mutua associazione. Numerosi altri tipi di fame, la realizzazione di bisogni diversi, portarono tutti ad un’associazione più stretta dell’umanità. Ma la società di oggi è sovraccaricata dalla crescita eccessiva di presunti bisogni umani. La civiltà occidentale del ventesimo secolo geme esausta sotto l’enorme peso del lusso e la disordinata moltiplicazione dei desideri e delle brame umane. La società moderna sta sopportando la tensione di una delle sue fasi più pericolose d’interassociazione su grande scala e d’interdipendenza altamente complessa.
(765.3) 68:2.6 La pressione sociale della fame, della vanità e della paura dei fantasmi è stata continua, la soddisfazione sessuale invece è stata temporanea ed intermittente. Il desiderio sessuale da solo non spinse gli uomini e le donne primitivi ad assumere i pesanti fardelli del mantenimento di una famiglia. La famiglia primitiva era fondata sull’esuberanza sessuale del maschio privo di soddisfazioni frequenti e sul profondo amore materno della femmina umana, che in certa misura essa condivide con le femmine di tutti gli animali superiori. La presenza di un bambino indifeso determinò la prima differenziazione tra le attività maschili e femminili; la donna dovette mantenere una residenza fissa in cui poter coltivare il terreno. E dai tempi più remoti il luogo dov’era una donna è sempre stato considerato il focolare domestico.
(765.4) 68:2.7 La donna divenne così ben presto indispensabile all’evoluzione del piano sociale, non tanto per un’effimera passione sessuale quanto in conseguenza del bisogno di cibo; essa era una compagna indispensabile per l’automantenimento. Essa era un’approvvigionatrice di cibo, una bestia da soma ed una compagna capace di sopportare grandi maltrattamenti senza violenti risentimenti, ed in aggiunta a tutti questi tratti desiderabili era un mezzo sempre disponibile di soddisfazione sessuale.
(765.5) 68:2.8 Quasi tutti i valori durevoli della civiltà hanno le loro radici nella famiglia. La famiglia fu il primo raggruppamento pacifico coronato da successo, in quanto l’uomo e la donna impararono a conciliare i loro antagonismi insegnando allo stesso tempo il perseguimento della pace ai loro figli.
(765.6) 68:2.9 La funzione del matrimonio nell’evoluzione è di assicurare la sopravvivenza della razza, non la semplice realizzazione di una felicità personale; gli obiettivi reali della famiglia sono il proprio mantenimento e la propria perpetuazione. L’autogratificazione è accessoria e non essenziale, salvo che come stimolo per assicurare l’unione sessuale. La natura esige la sopravvivenza, ma le arti della civiltà continuano ad accrescere i piaceri del matrimonio e le soddisfazioni della vita familiare.
(765.7) 68:2.10 Se il concetto di vanità viene ampliato fino a comprendere l’orgoglio, l’ambizione e l’onore, allora possiamo capire non solo come queste propensioni contribuiscono alla formazione delle associazioni umane, ma anche come tengono uniti gli uomini, poiché tali emozioni sono vane senza un pubblico davanti al quale mostrarsi. Alla vanità si aggiunsero presto altre emozioni ed impulsi che necessitavano di un quadro sociale in cui potersi esibire e gratificare. Questo gruppo di emozioni diede origine alle prime manifestazioni di tutte le arti e cerimonie e di tutte le forme di competizioni e di giochi sportivi.
(766.1) 68:2.11 La vanità ha contribuito potentemente alla nascita della società; ma al momento di queste rivelazioni gli sforzi tortuosi di una generazione vanagloriosa minacciano d’inondare e sommergere l’intera complessa struttura di una civiltà altamente specializzata. Il bisogno di piaceri ha da lungo tempo soppiantato il bisogno di cibo; gli scopi sociali legittimi dell’autopreservazione si stanno rapidamente trasformando in forme meschine e minacciose di autogratificazione. L’autopreservazione costruisce la società; l’autogratificazione sfrenata distrugge infallibilmente la civiltà.
(766.2) 68:3.1 I desideri primitivi produssero la società originaria, ma la paura dei fantasmi la tenne unita ed impresse un aspetto extraumano alla sua esistenza. La paura ordinaria era di origine fisiologica: paura del dolore fisico, fame non soddisfatta o qualche calamità terrena; ma la paura dei fantasmi era una sorta di terrore nuovo e sublime.
(766.3) 68:3.2 Il più importante fattore individuale nell’evoluzione della società umana fu probabilmente quello di sognare i fantasmi. Benché la maggior parte dei sogni turbasse profondamente la mente primitiva, sognare fantasmi terrorizzava letteralmente gli uomini primitivi, portando questi sognatori superstiziosi a gettarsi nelle braccia gli uni degli altri in una volontaria e sincera associazione per proteggersi vicendevolmente contro i vaghi ed invisibili pericoli immaginari del mondo degli spiriti. Sognare fantasmi fu una delle differenze che apparvero più presto tra il tipo di mente animale e quello umano. Gli animali non si raffigurano la sopravvivenza dopo la morte.
(766.4) 68:3.3 A parte questo fattore dei fantasmi, tutta la società fu fondata su bisogni fondamentali e su stimoli biologici essenziali. Ma la paura dei fantasmi introdusse un fattore nuovo nella civiltà, una paura che si stacca e va oltre i bisogni elementari dell’individuo e che si eleva molto al di sopra anche delle lotte per preservare la collettività. La paura degli spiriti dei trapassati mise in luce una nuova e sorprendente forma di paura, un terrore spaventoso e potente che contribuì a trasformare i morbidi ordini sociali dei primi tempi nei gruppi primitivi più seriamente disciplinati e meglio controllati di questi tempi antichi. Questa superstizione insensata, che in parte sussiste ancora, preparò la mente degli uomini, attraverso la paura superstiziosa dell’irreale e del soprannaturale, alla scoperta successiva de “il timore del Signore che è l’inizio della saggezza”. Le paure senza fondamento dell’evoluzione sono destinate ad essere soppiantate dal timore reverenziale per la Deità ispirato dalla rivelazione. Il culto primitivo della paura dei fantasmi divenne un legame sociale potente e da quei tempi molto lontani l’umanità si è sempre più o meno sforzata di raggiungere la spiritualità.
(766.5) 68:3.4 La fame e l’amore portarono gli uomini a mettersi insieme; la vanità e la paura dei fantasmi li tennero uniti. Ma queste sole emozioni, senza l’influenza delle rivelazioni pacificatrici, sono incapaci di sopportare la tensione dei sospetti e delle irritazioni delle interassociazioni umane. Senza l’aiuto delle fonti superumane la tensione sociale porta ad un collasso quando raggiunge certi limiti, e queste stesse influenze di mobilitazione sociale — fame, amore, vanità e paura — cospirano per gettare l’umanità nella guerra e nel massacro.
(766.6) 68:3.5 La tendenza alla pace della razza umana non è un dono naturale; essa deriva dagli insegnamenti della religione rivelata, dall’esperienza accumulata dalle razze progressive, ma più specialmente dagli insegnamenti di Gesù, il Principe della Pace.
(767.1) 68:4.1 Tutte le istituzioni sociali moderne provengono dall’evoluzione dei costumi primitivi dei vostri antenati selvaggi; le convenzioni di oggi sono le usanze di ieri modificate ed ampliate. Ciò che l’abitudine è per l’individuo, l’usanza è per il gruppo; ed i costumi di gruppo si trasformano in usi popolari o in tradizioni tribali — in convenzioni di massa. Da questi primi inizi hanno la loro umile origine tutte le istituzioni della società umana contemporanea.
(767.2) 68:4.2 Bisogna tenere presente che i costumi presero origine dallo sforzo di adattare la vita di gruppo alle condizioni d’esistenza della massa; le usanze furono la prima istituzione sociale dell’uomo. E tutte queste reazioni tribali risultarono dallo sforzo di evitare il dolore e l’umiliazione cercando allo stesso tempo di godere dei piaceri e del potere. L’origine degli usi popolari, come l’origine dei linguaggi, è sempre inconscia e non intenzionale, e perciò sempre avvolta di mistero.
(767.3) 68:4.3 La paura dei fantasmi portò l’uomo primitivo ad immaginare il soprannaturale e pose così delle basi solide per quelle potenti influenze sociali dell’etica e della religione che a loro volta preservarono intatti di generazione in generazione gli usi e i costumi della società. La sola cosa che stabilizzò e cristallizzò inizialmente gli usi fu la credenza che i morti fossero gelosi del modo in cui avevano vissuto ed erano morti. Essi quindi avrebbero colpito con tremende punizioni quei mortali viventi che avessero osato trattare con negligente disprezzo le regole di vita che essi avevano onorato mentre erano nella carne. Tutto ciò è perfettamente illustrato dall’attuale rispetto della razza gialla per i suoi antenati. Successivamente le religioni primitive in sviluppo rafforzarono notevolmente l’azione della paura dei fantasmi consolidando i costumi, ma la civiltà in evoluzione ha sempre più liberato l’umanità dai vincoli della paura e dalla schiavitù della superstizione.
(767.4) 68:4.4 Prima dell’insegnamento liberatore e liberalizzante degli istruttori di Dalamatia l’uomo antico era una vittima impotente del rituale delle usanze; il selvaggio primitivo era prigioniero di un cerimoniale senza fine. Tutto ciò che faceva dal risveglio mattutino al momento in cui si addormentava di sera nella sua caverna doveva essere fatto esattamente in un certo modo — conformemente agli usi popolari della tribù. Egli era schiavo della tirannia delle usanze; la sua vita non conteneva alcunché di libero, di spontaneo o di originale. Non c’era alcun progresso naturale verso un’esistenza mentale, morale o sociale superiore.
(767.5) 68:4.5 L’uomo primitivo era oltremodo avvinto dai costumi; il selvaggio era un vero schiavo delle usanze; ma di tanto in tanto apparvero dei tipi particolari di personalità che osarono inaugurare nuovi modi di pensare e metodi di vita migliori. Ciò nonostante l’inerzia dell’uomo primitivo costituisce il freno di sicurezza biologico contro la precipitazione troppo repentina nella rovinosa incapacità di adattamento di una civiltà che progredisce troppo in fretta.
(767.6) 68:4.6 Ma queste usanze non sono un male totale; la loro evoluzione dovrebbe proseguire. È quasi fatale alla persistenza della civiltà intraprendere la loro estesa modificazione con una rivoluzione radicale. L’usanza è stata il filo di continuità che ha tenuto unita la civiltà. Il sentiero della storia umana è lastricato di vestigia di costumi abbandonati e di pratiche sociali obsolete; ma nessuna civiltà che ha abbandonato i suoi costumi è sopravvissuta a meno di avere adottato costumi migliori e più appropriati.
(767.7) 68:4.7 La sopravvivenza di una società dipende principalmente dall’evoluzione progressiva dei suoi costumi. Il processo di evoluzione dei costumi scaturisce dal desiderio di sperimentare; nuove idee vengono portate avanti — ne consegue la competizione. Una civiltà in progresso abbraccia le idee avanzate e perdura; il tempo e le circostanze scelgono alla fine il gruppo più adatto a sopravvivere. Ma ciò non significa che ogni cambiamento separato e distinto nella composizione della società umana sia stato per il meglio. No! Certamente no! Perché ci sono stati moltissimi regressi nella lunga lotta di avanzamento della civiltà di Urantia.
(768.1) 68:5.1 La terra è il palcoscenico della società; gli uomini sono gli attori. L’uomo deve sempre adattare il proprio ruolo per conformarsi alla situazione della terra. L’evoluzione dei costumi dipende sempre dal rapporto terra-uomo. Ciò è vero nonostante sia difficile capirlo. La tecnica dell’uomo per trattare il suolo, o arti di sostentamento, aggiunta al suo livello di vita, forma la somma totale delle usanze popolari, dei costumi. E l’insieme degli adattamenti umani alle esigenze della vita corrisponde alla sua civiltà culturale.
(768.2) 68:5.2 Le prime culture umane apparvero lungo i fiumi dell’emisfero orientale, e vi furono quattro grandi tappe nell’avanzamento della civiltà. Esse furono:
(768.3) 68:5.3 1. Lo stadio della raccolta. La costrizione del cibo, la fame, portò alla prima forma di organizzazione industriale, alle catene primitive di raccolta del cibo. Una tale linea di marcia della fame si estendeva talvolta per quindici chilometri mentre percorreva il terreno raccogliendo cibo. Questo fu lo stadio primitivo di cultura nomade ed è il modo di vivere attuale dei Boscimani dell’Africa.
(768.4) 68:5.4 2. Lo stadio della caccia. L’invenzione di attrezzi-arma permise all’uomo di divenire un cacciatore e di acquisire così una considerevole libertà dalla schiavitù del cibo. Un Andonita accorto che si era seriamente contuso il pugno in un violento combattimento riscoprì l’idea di utilizzare come braccio un lungo bastone ed un pezzo di selce dura, fissato all’estremità con dei tendini, come pugno. Numerose tribù fecero per proprio conto scoperte di tal genere e queste varie forme di mazza rappresentarono uno dei grandi passi avanti della civiltà umana. Oggi certi indigeni australiani sono progrediti poco oltre questo stadio.
(768.5) 68:5.5 Gli uomini blu divennero esperti cacciatori e cercatori di pelli; sbarrando i fiumi essi prendevano grandi quantità di pesce, di cui essiccavano il soprappiù per l’inverno. Molte forme d’ingegnose trappole e tagliole furono impiegate per catturare selvaggina, ma le razze più primitive non cacciavano gli animali più grossi.
(768.6) 68:5.6 3. Lo stadio pastorale. Questa fase della civiltà fu resa possibile dall’addomesticamento degli animali. Gli Arabi e gli indigeni dell’Africa sono tra i popoli pastorali più recenti.
(768.7) 68:5.7 La vita pastorale consentì l’ulteriore liberazione dalla schiavitù del cibo; l’uomo imparò a vivere sull’interesse del suo capitale, con i prodotti del suo bestiame; e ciò fornì più tempo libero per la cultura ed il progresso.
(768.8) 68:5.8 La società prepastorale era una società di cooperazione tra i due sessi, ma lo sviluppo dell’allevamento di animali ricondusse le donne nel più profondo della schiavitù sociale. Nelle epoche primitive era compito dell’uomo assicurare il cibo animale; la donna doveva procurare i commestibili vegetali. Perciò, quando l’uomo entrò nell’era pastorale della sua esistenza, la dignità della donna si abbassò considerevolmente. Essa doveva ancora faticare per procurare gli alimenti vegetali necessari per vivere, mentre all’uomo bastava ricorrere alle sue mandrie per fornire cibo animale in abbondanza. L’uomo divenne così relativamente indipendente dalla donna; per tutta l’era pastorale la condizione della donna declinò in continuazione. Verso la fine di quest’era essa era divenuta poco più di una animale umano, ridotta a lavorare e a generare la discendenza dell’uomo, alla stregua degli animali delle mandrie dai quali ci si aspettava che lavorassero e generassero i loro piccoli. Gli uomini dell’era pastorale nutrivano un grande amore per il loro bestiame; ed è ancor più deplorevole che non abbiano saputo sviluppare un affetto più profondo per le loro mogli.
(769.1) 68:5.9 4. Lo stadio agricolo. Quest’era fu determinata dalla coltura delle piante e rappresenta il tipo più elevato di civiltà materiale. Sia Caligastia che Adamo si sforzarono d’insegnare l’orticoltura e l’agricoltura. Adamo ed Eva furono dei giardinieri, non dei pastori, ed il giardinaggio era una forma di coltura avanzata in quei tempi. La coltura delle piante esercita un’influenza nobilitante su tutte le razze dell’umanità.
(769.2) 68:5.10 L’agricoltura fece più che quadruplicare il rapporto terra-uomo del mondo. Essa può essere combinata con le occupazioni pastorali dello stadio culturale precedente. Quando i tre stadi si accavallano l’uomo caccia e la donna coltiva il terreno.
(769.3) 68:5.11 Ci sono sempre state frizioni tra i pastori e i contadini. Il cacciatore ed il pastore sono combattivi, bellicosi; l’agricoltore è un tipo più amante della pace. L’associazione con gli animali suggerisce lotta e forza; l’associazione con le piante infonde pazienza, quiete e pace. L’agricoltura e l’industria sono le attività della pace. Ma la debolezza di entrambe come attività sociali mondiali è la loro mancanza di esaltazione e di avventura.
(769.4) 68:5.12 La società umana si è evoluta partendo dallo stadio della caccia, passando per quello dell’allevamento, per raggiungere lo stadio territoriale dell’agricoltura. Ogni stadio di questa civiltà in progresso fu accompagnato da una costante diminuzione del nomadismo; l’uomo cominciò a vivere sempre più in famiglia.
(769.5) 68:5.13 Ora l’industria si aggiunge all’agricoltura, con conseguente incremento dell’urbanizzazione ed una moltiplicazione dei gruppi non agricoli tra le classi di cittadini. Ma un’era industriale non può sperare di sopravvivere se i suoi dirigenti non si rendono conto che gli sviluppi sociali, anche i più elevati, devono sempre poggiare su una solida base agricola.
(769.6) 68:6.1 L’uomo è una creatura del suolo, un figlio della natura; per quanto possa tentare con assiduità di sfuggire alla terra, alla fine è certo di fallire. “Tu sei polvere e alla polvere ritornerai” è letteralmente vero per tutta l’umanità. La lotta fondamentale dell’uomo è stata, è e sarà sempre per la terra. Le prime associazioni sociali di esseri umani primitivi avevano lo scopo di vincere queste battaglie per la terra. Il rapporto terra-uomo è alla base di ogni civiltà sociale.
(769.7) 68:6.2 L’intelligenza dell’uomo accrebbe il rendimento della terra grazie alle arti e alle scienze; allo stesso tempo l’aumento naturale della sua discendenza fu posto un po’ sotto controllo, ed in tal modo si assicurarono il sostentamento e le comodità per costruire una civiltà culturale.
(769.8) 68:6.3 La società umana è regolata da una legge che decreta che la popolazione deve variare in proporzione diretta alle arti del suolo ed inversa ad un dato standard di vita. Per tutte queste ere primitive, ancor più che al presente, la legge della domanda e dell’offerta concernente gli uomini e la terra determinò il valore di stima di entrambi. Durante i periodi di abbondanza di terre — di territori non occupati — il bisogno di uomini era grande e perciò il valore della vita umana era molto elevato; la perdita della vita era pertanto più terribile. Durante i periodi di scarsità di terre e di corrispondente sovrappopolazione la vita umana divenne comparativamente meno apprezzata, cosicché la guerra, la carestia e la pestilenza erano considerate con minore preoccupazione.
(770.1) 68:6.4 Quando il rendimento della terra diminuisce o la popolazione aumenta, si rinnova l’inevitabile lotta; vengono portati in superficie i tratti peggiori della natura umana. La crescita del rendimento della terra, l’estensione delle arti meccaniche e la riduzione della popolazione tendono tutte a favorire lo sviluppo della parte migliore della natura umana.
(770.2) 68:6.5 Una società marginale sviluppa la parte non qualificata dell’umanità; le belle arti ed il vero progresso scientifico, così come la cultura spirituale, sono tutti prosperati meglio nei grandi centri di vita quando sono sostenuti da una popolazione agricola e industriale leggermente inferiore al rapporto terra-uomo. Le città moltiplicano sempre il potere dei loro abitanti sia nel bene che nel male.
(770.3) 68:6.6 La dimensione della famiglia è sempre stata influenzata dagli standard di vita. Più alto è il livello più piccola è la famiglia, fino al punto in cui essa si stabilizza o si estingue gradualmente.
(770.4) 68:6.7 Lungo tutte le ere i livelli di vita hanno determinato la qualità di una popolazione sopravvivente in contrasto con la sua sola quantità. I livelli di vita di una classe locale danno origine a nuove caste sociali, a nuovi costumi. Quando i livelli di vita diventano troppo complicati o comportano un lusso eccessivo, divengono rapidamente suicide. La casta è il risultato diretto della forte pressione sociale di una concorrenza acuta dovuta alla densità della popolazione.
(770.5) 68:6.8 Le razze primitive fecero spesso ricorso a pratiche intese a limitare la popolazione; tutte le tribù primitive uccidevano i figli deformati o malaticci. Prima dell’epoca dell’acquisto delle mogli le bambine venivano spesso uccise. I figli erano talvolta strangolati alla nascita, ma il metodo preferito era di abbandonarli alle intemperie. Il padre di gemelli insisteva di solito perché uno fosse ucciso in quanto si credeva che le nascite multiple fossero dovute alla magia o all’infedeltà. Di regola, tuttavia, i gemelli dello stesso sesso venivano risparmiati. Anche se questi tabù sui gemelli erano un tempo quasi universali, non fecero mai parte dei costumi degli Andoniti; questi popoli consideravano sempre i gemelli come un felice presagio.
(770.6) 68:6.9 Molte razze impararono la tecnica dell’aborto e questa pratica divenne molto comune dopo l’istituzione del tabù sui parti tra non sposati. Fu a lungo costume per una nubile uccidere i suoi figli, ma nei gruppi più civilizzati questi figli illegittimi divennero i pupilli della loro nonna materna. Molti clan primitivi furono praticamente sterminati dalle pratiche dell’aborto e dell’infanticidio. Ma nonostante i dettami dei costumi, pochissimi figli venivano uccisi una volta che avevano succhiato al seno — l’amore materno è troppo forte.
(770.7) 68:6.10 Nel ventesimo secolo persistono ancora i residui di queste pratiche primitive di controllo delle nascite. C’è una tribù in Australia le cui madri rifiutano di allevare più di due o tre figli. Non molto tempo fa i membri di una tribù cannibale mangiavano ogni quinto figlio nato. In Madagascar alcune tribù uccidono ancora tutti i bambini nati in certi giorni nefasti, cosa che provoca la morte di circa il venticinque per cento dei neonati.
(770.8) 68:6.11 Dal punto di vista mondiale la sovrappopolazione non è mai stata un serio problema in passato, ma se le guerre diminuiscono e la scienza controlla sempre più le malattie umane, essa può diventare un serio problema in un prossimo futuro. In tale momento si presenterà la grande prova di saggezza della leadership mondiale. I dirigenti di Urantia avranno l’acume ed il coraggio di favorire la moltiplicazione di esseri umani medi o stabili, anziché degli estremi dei super-normali e dei gruppi di subnormali in vertiginoso aumento? L’uomo normale dovrebbe essere incoraggiato; egli è la spina dorsale della civiltà e la fonte dei geni mutanti della razza. L’uomo subnormale dovrebbe essere posto sotto il controllo della società; non dovrebbero esserne generati più di quanti ne necessitano per lavorare ai livelli inferiori dell’industria, in quegli incarichi che richiedono un’intelligenza superiore al livello animale, ma che esigono attività di grado talmente basso da diventare una vera schiavitù ed un asservimento per i tipi superiori dell’umanità.
(771.1) 68:6.12 [Presentato da un Melchizedek un tempo stazionato su Urantia.]
(772.1) 69:0.1 SUL piano emotivo l’uomo trascende i suoi antenati animali per la sua capacità di apprezzare l’umorismo, l’arte e la religione. Sul piano sociale l’uomo dimostra la sua superiorità nel fabbricare utensili, nel comunicare e nell’instaurare delle istituzioni.
(772.2) 69:0.2 Quando degli esseri umani mantengono a lungo gruppi sociali, tali aggregazioni causano sempre la creazione di certe tendenze di attività che culminano nell’istituzionalizzazione. La maggior parte delle istituzioni umane si sono dimostrate economizzatrici di lavoro, contribuendo nel contempo ad accrescere in una certa misura la sicurezza collettiva.
(772.3) 69:0.3 L’uomo civilizzato è molto fiero del carattere, della stabilità e della continuità delle sue istituzioni stabilite, ma tutte le istituzioni umane sono semplicemente l’accumulo dei costumi del passato quali sono stati conservati dai tabù e nobilitati dalla religione. Tali eredità diventano tradizioni e le tradizioni si trasformano alla fine in convenzioni.
(772.4) 69:1.1 Tutte le istituzioni umane rispondono a qualche bisogno sociale, passato o presente, nonostante che il loro sviluppo eccessivo sminuisca infallibilmente il valore proprio dell’individuo, in quanto la personalità è offuscata e l’iniziativa è ridotta. L’uomo dovrebbe controllare le sue istituzioni piuttosto che lasciarsi dominare da queste creazioni di una civiltà in progresso.
(772.5) 69:1.2 Le istituzioni umane sono di tre classi generali:
(772.6) 69:1.3 1. Le istituzioni di autopreservazione. Queste istituzioni comprendono le pratiche originate dalla fame e dai suoi istinti associati di autopreservazione. Esse comprendono l’industria, la proprietà, la guerra d’interesse e tutto l’apparato regolatore della società. Presto o tardi l’istinto della paura stimola l’instaurazione di queste istituzioni di sopravvivenza per mezzo di tabù, di convenzioni e di sanzioni religiose. Ma la paura, l’ignoranza e la superstizione hanno svolto un ruolo preminente nei primordi e nel successivo sviluppo di tutte le istituzioni umane.
(772.7) 69:1.4 2. Le istituzioni di autoperpetuazione. Queste sono le produzioni della società sorte dall’appetito sessuale, dall’istinto materno e dai sentimenti affettivi superiori delle razze. Esse comprendono la salvaguardia sociale della famiglia e della scuola, della vita familiare, dell’educazione, dell’etica e della religione. Includono i costumi del matrimonio, la guerra di difesa e la formazione delle famiglie.
(772.8) 69:1.5 3. Le istituzioni di autogratificazione. Queste sono le pratiche originate dalle tendenze alla vanità e dai sentimenti d’orgoglio, e comprendono le usanze dell’abbigliamento e dell’ornamento personale, gli usi sociali, la guerra di prestigio, la danza, il divertimento, i giochi ed altre forme di gratificazione dei sensi. Ma la civiltà non ha mai sviluppato istituzioni specifiche per l’autogratificazione.
(773.1) 69:1.6 Questi tre gruppi di pratiche sociali sono intimamente correlati e sono incessantemente interdipendenti l’uno dall’altro. Su Urantia essi rappresentano un’organizzazione complessa che funziona come un unico meccanismo sociale.
(773.2) 69:2.1 L’industria primitiva crebbe lentamente come assicurazione contro il terrore della carestia. All’inizio della sua esistenza l’uomo cominciò a trarre lezione da alcuni animali i quali, durante un periodo di abbondanza, accumulavano cibo per i giorni di penuria.
(773.3) 69:2.2 Prima del sorgere di un’iniziale frugalità e di un’industria primitiva la sorte di una tribù normale era l’indigenza ed una reale sofferenza. L’uomo primitivo doveva competere con l’intero mondo animale per il suo cibo. L’asprezza della competizione spinge sempre l’uomo verso il livello della bestia; la povertà è il suo stato naturale e tirannico. La ricchezza non è un dono della natura; essa deriva dal lavoro, dalla conoscenza e dall’organizzazione.
(773.4) 69:2.3 L’uomo primitivo non tardò a rendersi conto dei vantaggi dell’associazione. L’associazione portò all’organizzazione ed il primo risultato dell’organizzazione fu la divisione del lavoro, con la sua immediata economia di tempo e di materiali. Queste specializzazioni del lavoro sorsero dall’adattamento alle pressioni esterne — seguendo le vie di minor resistenza. I selvaggi primitivi non hanno mai fornito un lavoro reale volentieri o volontariamente. La loro adesione era dovuta alla coercizione della necessità.
(773.5) 69:2.4 L’uomo primitivo detestava lavorare molto e non si metteva fretta a meno di trovarsi di fronte ad un grande pericolo. L’elemento tempo nel lavoro, l’idea di svolgere un dato compito in un certo limite di tempo, è una nozione interamente moderna. Gli antichi non erano mai frettolosi. Fu la doppia esigenza dell’intensa lotta per l’esistenza e dei livelli di vita in costante progresso che spinse le razze primitive, per natura indolenti, sulla via dell’industria.
(773.6) 69:2.5 Il lavoro, gli sforzi per progettare, distinguono l’uomo dalla bestia, le cui azioni sono in gran parte istintive. La necessità di lavorare è la più grande benedizione per l’uomo. I membri del personale del Principe lavoravano tutti; essi fecero molto per nobilitare il lavoro fisico su Urantia. Adamo fu un giardiniere; il Dio degli Ebrei lavorava — era il creatore ed il sostenitore di tutte le cose. Gli Ebrei furono la prima tribù ad attribuire un valore supremo all’industria; essi furono il primo popolo a decretare che “chi non lavora non mangerà”. Ma molte religioni del mondo ritornarono all’ideale primitivo dell’inattività. Giove era un gaudente e Budda divenne un meditabondo devoto del riposo.
(773.7) 69:2.6 Le tribù Sangik erano abbastanza industriose quando risiedevano lontano dai tropici. Ma ci fu una lunghissima battaglia tra gli adepti oziosi della magia e gli apostoli del lavoro — coloro che erano previdenti.
(773.8) 69:2.7 La prima previdenza umana fu rivolta alla conservazione del fuoco, dell’acqua e del cibo. Ma l’uomo primitivo era uno speculatore nato; egli voleva sempre avere qualcosa per niente e troppo spesso, durante questi tempi antichi, il successo ottenuto da una paziente applicazione fu attribuito agli incantesimi. La magia fu lenta a cedere il passo alla previdenza, all’abnegazione e all’industria.
(773.9) 69:3.1 Le divisioni del lavoro nella società primitiva furono determinate da circostanze prima naturali e poi sociali. L’ordine iniziale della specializzazione del lavoro fu:
(774.1) 69:3.2 1. La specializzazione basata sul sesso. Il lavoro della donna fu determinato dalla presenza selettiva dei figli; per natura le donne amano di più i bambini rispetto agli uomini. La donna divenne così la lavoratrice abitudinaria, mentre l’uomo divenne il cacciatore e il combattente, impegnato in periodi distinti di lavoro e di riposo.
(774.2) 69:3.3 Per tutto il corso delle ere i tabù hanno contribuito a mantenere la donna strettamente legata al proprio campo d’attività. L’uomo ha scelto molto egoisticamente il lavoro più agevole, lasciando i faticosi lavori correnti alla donna. L’uomo ha sempre avuto vergogna di fare il lavoro della donna, ma la donna non ha mai mostrato alcuna riluttanza a fare il lavoro dell’uomo. Ma, strano a dirsi, gli uomini e le donne hanno sempre lavorato assieme per costruire ed arredare la casa.
(774.3) 69:3.4 2. Le modificazioni dovute all’età e alla malattia. Queste differenze determinarono la divisione successiva del lavoro. Gli uomini anziani e gli infermi furono presto incaricati di fabbricare attrezzi ed armi. Essi furono più tardi destinati alla costruzione di opere d’irrigazione.
(774.4) 69:3.5 3. La differenziazione basata sulla religione. Gli stregoni furono i primi esseri umani ad essere esentati dal lavoro fisico; essi furono i precursori della classe professionale. I fabbri furono un piccolo gruppo che competerono con gli stregoni come maghi. La loro abilità nel lavorare i metalli li fece temere dalla gente. I “fabbri bianchi” ed i “fabbri neri” diedero origine alle prime credenze nella magia bianca e nella magia nera. E questa credenza si evolvé in seguito nella superstizione dei buoni e dei cattivi fantasmi, dei buoni e dei cattivi spiriti.
(774.5) 69:3.6 I fabbri furono il primo gruppo non religioso a godere di privilegi speciali. Essi erano considerati neutrali durante le guerre e questo tempo libero in più li portò a diventare, in quanto classe, i politici della società primitiva. Ma a causa di grossi abusi di questi privilegi, i fabbri divennero universalmente oggetto di odio e gli stregoni non persero tempo a fomentare l’avversione verso i loro rivali. In questa prima contesa tra la scienza e la religione, la religione (la superstizione) vinse. Dopo essere stati cacciati dai villaggi i fabbri gestirono le prime locande, degli alloggi pubblici, alla periferia degli agglomerati urbani.
(774.6) 69:3.7 4. I padroni e gli schiavi. La successiva differenziazione del lavoro ebbe origine dalle relazioni tra vincitori e vinti, e ciò significò l’inizio della schiavitù umana.
(774.7) 69:3.8 5. La differenziazione basata su doti fisiche e mentali diverse. Ulteriori divisioni del lavoro furono favorite dalle differenze innate degli uomini; gli esseri umani non nascono tutti uguali.
(774.8) 69:3.9 I primi specialisti nell’industria furono i tagliatori di selce e gli scalpellini; poi vennero i fabbri. In seguito si sviluppò la specializzazione di gruppo; intere famiglie ed interi clan si dedicarono a certi tipi di lavoro. L’origine di una delle più antiche caste di sacerdoti, a parte gli stregoni tribali, fu dovuta alla glorificazione superstiziosa di una famiglia di esperti fabbricanti di spade.
(774.9) 69:3.10 Il primo gruppo di specialisti nell’industria furono gli esportatori di salgemma ed i vasai. Le donne fabbricavano il vasellame semplice e gli uomini il vasellame decorato. In certe tribù la cucitura e la tessitura erano fatte dalle donne, in altre dagli uomini.
(774.10) 69:3.11 I primi commercianti furono donne; esse erano impiegate come spie, facendo del commercio un fatto accessorio. Il commercio si sviluppò ben presto, con le donne che agivano da intermediarie — da agenti. Poi apparve la classe dei mercanti che facevano pagare una commissione, un profitto, per i loro servizi. Lo sviluppo del baratto tra gruppi diede origine al commercio; e allo scambio di prodotti seguì lo scambio di mano d’opera specializzata.
(775.1) 69:4.1 Come il matrimonio per contratto seguì al matrimonio per cattura, così il commercio per baratto seguì alla presa di possesso a mezzo d’incursioni. Ma ci fu un lungo periodo di pirateria tra le pratiche primitive di baratto silenzioso ed il commercio successivo con metodi di scambio moderni.
(775.2) 69:4.2 I primi baratti furono fatti da commercianti armati che lasciavano i loro beni in un luogo neutrale. Le donne tennero i primi mercati; esse furono i primi commercianti e questo perché erano loro che portavano i fardelli; gli uomini erano guerrieri. Apparve molto presto il banco di commercio, un muro sufficientemente largo per impedire che i commercianti si raggiungessero l’un l’altro con le armi.
(775.3) 69:4.3 Un feticcio veniva utilizzato per fare la guardia al deposito di beni per il baratto silenzioso. Questi luoghi di mercato erano al sicuro dai furti; non si prendeva niente se non per baratto o per acquisto; con un feticcio di guardia i beni erano sempre al sicuro. I primi commercianti erano scrupolosamente onesti in seno alle loro tribù, ma consideravano del tutto normale imbrogliare gli stranieri provenienti da lontano. Anche i primi Ebrei osservavano un codice etico separato nei loro rapporti con i Gentili.
(775.4) 69:4.4 Il baratto silenzioso proseguì per intere epoche prima che gli uomini si riunissero senz’armi sul luogo sacro del mercato. Questi stessi luoghi di mercato divennero i primi luoghi di santuari ed in certe regioni furono conosciuti più tardi come “città di rifugio”. Ogni fuggitivo che raggiungeva il luogo del mercato era salvo e al riparo da ogni attacco.
(775.5) 69:4.5 I primi pesi furono grani di frumento e di altri cereali. La prima moneta di scambio fu un pesce o una capra. Più tardi divenne un’unità di scambio la mucca.
(775.6) 69:4.6 La scrittura moderna ha avuto origine nei primi registri commerciali; la prima letteratura dell’uomo fu un documento di promozione commerciale, una pubblicità sul sale. Molte delle prime guerre furono combattute per il possesso di giacimenti naturali, come quelli di selce, di sale e di metalli. Il primo trattato ufficiale tra tribù concerneva lo sfruttamento in comune di un giacimento di sale. I luoghi dove avvenivano i trattati fornirono l’opportunità di scambiare pacificamente le idee amiche, nonché di mescolare tribù diverse.
(775.7) 69:4.7 La scrittura progredì passando per gli stadi del “bastone-messaggio”, delle corde a nodi, della scrittura ideografica, dei geroglifici e delle collane di conchiglie, fino agli alfabeti simbolici primitivi. L’invio di messaggi si sviluppò dai primitivi segnali di fumo, ai corrieri, ai cavalieri, alla ferrovia, agli aerei, così come al telegrafo, al telefono e alle radiocomunicazioni.
(775.8) 69:4.8 Nuove idee e metodi migliori furono fatti circolare nel mondo abitato dagli antichi commercianti. Il commercio, unito all’avventura, portò all’esplorazione e alla scoperta. E tutto ciò diede origine ai mezzi di trasporto. Il commercio è stato il grande civilizzatore promuovendo la fecondazione incrociata della cultura.
(775.9) 69:5.1 Il capitale è il lavoro applicato come rinuncia del presente a favore del futuro. Il risparmio rappresenta una forma di assicurazione per il mantenimento e la sopravvivenza. Il fare provviste di alimenti sviluppò l’autocontrollo e creò i primi problemi di capitale e di lavoro. L’uomo che aveva del cibo, ammesso che potesse proteggerlo dai ladri, aveva un netto vantaggio sull’uomo che non ne aveva.
(775.10) 69:5.2 Il banchiere primitivo era l’uomo più valoroso della tribù. Egli teneva in deposito i tesori del gruppo, mentre l’intero clan avrebbe difeso la sua capanna in caso di attacco. In tal modo l’accumulo di capitale individuale e di ricchezza collettiva portò direttamente ad un’organizzazione militare. All’inizio tali precauzioni erano destinate a difendere la proprietà contro i predoni stranieri, ma in seguito divenne consuetudine mantenere in esercizio l’organizzazione militare facendo delle incursioni sulle proprietà e sui beni delle tribù vicine.
(776.1) 69:5.3 I motivi essenziali che portarono all’accumulo di capitale furono:
(776.2) 69:5.4 1. La fame — associata alla previdenza. L’economia e la conservazione del cibo significavano potere e comfort per coloro che erano abbastanza previdenti da provvedere in tal modo ai bisogni futuri. L’immagazzinare cibo era un’assicurazione adeguata contro la carestia e le calamità. E l’intero corpo di costumi primitivi fu in realtà concepito per aiutare l’uomo a subordinare il presente al futuro.
(776.3) 69:5.5 2. L’amore per la famiglia — il desiderio di provvedere ai suoi bisogni. Il capitale rappresenta il risparmio di un bene di fronte alla pressione delle necessità dell’oggi per assicurarsi contro le esigenze del futuro. Una parte di questo bisogno futuro può concernere la propria posterità.
(776.4) 69:5.6 3. La vanità — il desiderio di fare mostra dell’accumulo dei propri beni. Il vestiario supplementare fu uno dei primi simboli di distinzione. La vanità dell’accumulare sollecitò ben presto l’orgoglio dell’uomo.
(776.5) 69:5.7 4. La posizione sociale — la smania di ottenere prestigio sociale e politico. Sorse ben presto una nobiltà commercializzata, l’ammissione alla quale dipendeva dal rendere un qualche servizio particolare alla sovranità od era apertamente accordata contro il pagamento di denaro.
(776.6) 69:5.8 5. Il potere — la brama di essere padrone. Il prestito di denaro fu esercitato come mezzo di asservimento, perché in questi tempi antichi il tasso d’interesse era del cento per cento l’anno. I prestatori di denaro si facevano re creandosi un esercito permanente di debitori. I servi schiavi furono tra le prime forme di proprietà ad essere accumulate e nell’antichità la schiavitù per debiti si estendeva anche sino al possesso del corpo dopo la morte.
(776.7) 69:5.9 6. La paura dei fantasmi dei morti — il compenso ai sacerdoti per essere protetti. Gli uomini cominciarono presto a fare dei regali funerari ai sacerdoti affinché i loro beni fossero utilizzati per facilitare il loro progresso nella vita futura. I sacerdoti divennero così molto ricchi; essi furono i più importanti tra gli antichi capitalisti.
(776.8) 69:5.10 7. Lo stimolo sessuale — il desiderio di acquistare una o più mogli. La prima forma di commercio dell’uomo fu lo scambio di donne; esso precedette di molto il commercio di cavalli. Ma lo scambio di schiavi per ragioni sessuali non ha mai fatto progredire la società; questo traffico fu ed è una vergogna razziale, perché ha sempre e simultaneamente ostacolato lo sviluppo della vita familiare e contaminato l’idoneità biologica dei popoli superiori.
(776.9) 69:5.11 8. Le numerose forme di autogratificazione. Certuni hanno cercato la ricchezza perché conferiva potere; altri penarono per la proprietà perché significava agiatezza. Gli uomini primitivi (ed altri in tempi successivi) avevano tendenza a dilapidare le loro risorse nel lusso. Le bevande alcoliche e le droghe stuzzicavano la curiosità delle razze primitive.
(776.10) 69:5.12 A mano a mano che la civiltà si sviluppava gli uomini acquisirono nuovi incentivi per risparmiare; nuovi bisogni si aggiunsero rapidamente all’originario bisogno di cibo. La povertà divenne talmente aborrita che soltanto i ricchi si riteneva andassero direttamente in cielo quando morivano. La proprietà divenne così altamente valutata che dare un banchetto pretenzioso poteva cancellare un disonore dal proprio nome.
(777.1) 69:5.13 L’accumulo di ricchezze divenne ben presto il simbolo di distinzione sociale. In certe tribù gli individui accumulavano beni per anni unicamente allo scopo di fare sensazione bruciandoli in qualche festa o distribuendoli liberamente ai membri delle loro tribù. Ciò li rendeva uomini importanti. Anche i popoli moderni trovano diletto in abbondanti distribuzioni di doni natalizi, mentre gli uomini ricchi sovvenzionano grandi istituzioni filantropiche ed educative. Le tecniche dell’uomo variano, ma le sue inclinazioni rimangono del tutto immutate.
(777.2) 69:5.14 Ma è bene tenere presente che molti uomini ricchi dell’antichità distribuirono gran parte delle loro ricchezze per paura di essere uccisi da coloro che bramavano i loro tesori. Gli uomini ricchi sacrificavano comunemente decine di schiavi per mostrare il loro disprezzo verso la ricchezza.
(777.3) 69:5.15 Benché il capitale abbia contribuito a liberare l’uomo, ha enormemente complicato la sua organizzazione sociale e industriale. L’abuso di capitale da parte di capitalisti disonesti non intacca il fatto che esso è la base della società industriale moderna. Grazie al capitale e alle invenzioni la generazione attuale gode di un grado di libertà mai raggiunto prima sulla terra. Noi registriamo ciò come un fatto e non per giustificare i molti abusi del capitale da parte di suoi custodi sconsiderati ed egoisti.
(777.4) 69:6.1 La società primitiva con le sue quattro suddivisioni — industriale, regolatrice, religiosa e militare — si sviluppò per mezzo del fuoco, degli animali, degli schiavi e della proprietà.
(777.5) 69:6.2 L’accensione del fuoco ha separato per sempre, d’un sol colpo, l’uomo dall’animale; esso è l’invenzione, o la scoperta, umana fondamentale. Il fuoco ha consentito all’uomo di restare al suolo di notte poiché tutti gli animali ne hanno paura. Il fuoco incoraggiò i contatti sociali di sera; esso non solo proteggeva dal freddo e dalle bestie feroci, ma era anche impiegato come protezione contro i fantasmi. Dapprima fu usato più per la luce che per il calore; molte tribù arretrate rifiutano ancora di dormire senza che un fuoco arda tutta la notte.
(777.6) 69:6.3 Il fuoco fu un grande civilizzatore perché fornì all’uomo il primo modo di essere altruista senza perdere nulla, consentendogli di offrire delle braci ad un vicino senza privarsene lui stesso. Il fuoco di famiglia, che era mantenuto acceso dalla madre o dalla figlia maggiore, fu il primo educatore in quanto richiedeva vigilanza e fidatezza. La casa primitiva non era una costruzione bensì la famiglia riunita attorno al fuoco, il focolare familiare. Quando un figlio fondava una nuova famiglia, portava con sé un tizzone acceso dal focolare della famiglia.
(777.7) 69:6.4 Benché Andon, lo scopritore del fuoco, avesse evitato di trattarlo come un oggetto di adorazione, molti dei suoi discendenti considerarono la fiamma come un feticcio o uno spirito; non seppero cogliere i benefici sanitari del fuoco perché non volevano bruciare i rifiuti. L’uomo primitivo temeva il fuoco e cercava sempre di mantenerlo in buona disposizione, per questo lo aspergeva d’incenso. In nessuna circostanza gli antichi avrebbero sputato su un fuoco, né sarebbero mai passati tra qualcuno ed un fuoco acceso. Anche le piriti di ferro e le selci usate per accendere il fuoco erano considerate sacre dagli uomini primitivi.
(777.8) 69:6.5 Era peccato spegnere un fuoco; se una capanna prendeva fuoco la si lasciava bruciare. I fuochi dei templi e dei santuari erano sacri e non dovevano mai essere spenti, salvo che era costume accendere nuovi fuochi ogni anno o dopo qualche calamità. Le donne furono scelte come sacerdotesse perché erano le custodi dei fuochi di famiglia.
(778.1) 69:6.6 I primi miti su come il fuoco venne dagli dei nacquero dall’osservazione d’incendi provocati dai fulmini. Queste idee sulla sua origine soprannaturale portarono direttamente all’adorazione del fuoco, e l’adorazione del fuoco portò all’usanza di “passare attraverso il fuoco”, una pratica proseguita fino ai tempi di Mosè. E persiste ancora l’idea di passare attraverso il fuoco dopo la morte. Il mito del fuoco fu un grande legame nei tempi antichi e sussiste ancora nel simbolismo dei Parsi.
(778.2) 69:6.7 Il fuoco portò alla cottura degli alimenti e “mangia crudo” divenne un termine di derisione. La cottura diminuì il dispendio di energia vitale necessaria per la digestione del cibo e lasciò così all’uomo primitivo delle forze per la cultura sociale, mentre l’allevamento, riducendo lo sforzo necessario per procurarsi il cibo, fornì del tempo per le attività sociali.
(778.3) 69:6.8 Non si deve dimenticare che il fuoco aprì le porte alla lavorazione dei metalli e portò alla scoperta successiva della forza motrice del vapore e agli attuali impieghi dell’elettricità.
(778.4) 69:7.1 In origine l’intero mondo animale era nemico dell’uomo; gli esseri umani dovettero imparare a proteggersi dalle bestie. Prima l’uomo mangiò gli animali, ma più tardi imparò ad addomesticarli e ad addestrarli per servirlo.
(778.5) 69:7.2 L’addomesticamento di animali ebbe inizio per caso. I selvaggi cacciavano le mandrie quasi come gli indiani americani cacciavano il bisonte. Accerchiando la mandria essi potevano mantenere il controllo degli animali, essendo così in grado di ucciderli quando avevano bisogno di cibo. Più tardi furono costruiti dei recinti e furono catturate intere mandrie.
(778.6) 69:7.3 Fu facile domare alcuni animali, ma molti di essi, come l’elefante, non si riproducevano in cattività. Più tardi ancora si scoprì che certe specie di animali sopportavano la presenza dell’uomo e che si riproducevano in cattività. L’addomesticamento di animali fu così favorito con l’allevamento selettivo, un’arte che ha fatto grandi progressi dai tempi di Dalamatia.
(778.7) 69:7.4 Il cane fu il primo animale ad essere addomesticato, e la difficile esperienza di addestrarlo cominciò quando un cane, dopo aver seguito un cacciatore per tutto il giorno, alla fine andò a casa con lui. Per intere epoche i cani furono utilizzati come cibo, per la caccia, per il trasporto e come compagnia. Inizialmente i cani ululavano soltanto, ma più tardi impararono ad abbaiare. L’acuto senso dell’olfatto del cane portò all’idea che potesse vedere gli spiriti ed ebbero così origine i culti del cane-feticcio. L’impiego di cani da guardia consentì per la prima volta all’intero clan di dormire di notte. Divenne allora abitudine impiegare dei cani da guardia per proteggere la casa dagli spiriti come pure dai nemici materiali. Quando il cane abbaiava era segno che si avvicinava un uomo o una bestia, ma quando il cane ululava gli spiriti erano vicini. Ancora oggi molti credono che l’ululato di un cane di notte sia presagio di morte.
(778.8) 69:7.5 Quando l’uomo era cacciatore, era abbastanza gentile con la donna, ma dopo l’addomesticamento degli animali, unitamente alla confusione di Caligastia, molte tribù trattarono le loro donne in maniera vergognosa. Le trattarono alla stessa stregua dei loro animali. Il trattamento brutale dell’uomo verso la donna costituisce uno dei capitoli più tristi della storia umana.
(778.9) 69:8.1 L’uomo primitivo non esitò mai a ridurre in schiavitù i suoi simili. La donna fu la prima schiava, una schiava di famiglia. L’uomo pastorale soggiogò la donna come partner sessuale inferiore. Questo genere di schiavitù sessuale ebbe origine direttamente dalla diminuita dipendenza dell’uomo dalla donna.
(779.1) 69:8.2 Non molto tempo fa la schiavitù era la sorte dei prigionieri di guerra che rifiutavano di accettare la religione del vincitore. Nei tempi più antichi i prigionieri venivano mangiati, o torturati a morte, o costretti a combattere tra di loro, o sacrificati agli spiriti, o ridotti in schiavitù. La schiavitù fu un grande progresso rispetto al massacro e al cannibalismo.
(779.2) 69:8.3 La schiavitù fu un passo avanti nel trattamento clemente dei prigionieri di guerra. L’imboscata di Ai, con il massacro totale di uomini, donne e bambini, in cui fu risparmiato solo il re per soddisfare la vanità del vincitore, è una fedele immagine delle barbare carneficine praticate anche da popoli apparentemente civilizzati. Il raid contro Og, re di Basan, fu altrettanto brutale e radicale. Gli Ebrei “distrussero completamente” i loro nemici, impadronendosi come bottino di tutti i loro averi. Essi imponevano un tributo a tutte le città sotto pena di “distruzione di tutti i maschi”. Ma molte tribù della stessa epoca, quelle con minor egoismo tribale, avevano cominciato da lungo tempo a praticare l’adozione dei prigionieri migliori.
(779.3) 69:8.4 Il cacciatore, come l’uomo rosso americano, non praticava la schiavitù. Egli adottava o uccideva i suoi prigionieri. La schiavitù non era molto diffusa tra i popoli dediti alla pastorizia, perché essi avevano bisogno di pochi operai. In guerra i pastori avevano l’abitudine di uccidere tutti gli uomini prigionieri e di portare in schiavitù soltanto le donne e i bambini. Il codice di Mosè conteneva disposizioni specifiche per prendere in moglie queste donne prigioniere. Se non soddisfavano, esse potevano essere mandate via, ma agli Ebrei non era permesso vendere come schiave tali consorti ripudiate — ciò fu almeno un progresso nella civiltà. Benché il livello sociale degli Ebrei fosse rozzo, era molto superiore a quello delle tribù circostanti.
(779.4) 69:8.5 I pastori furono i primi capitalisti; le loro mandrie rappresentavano un capitale ed essi vivevano sull’interesse — sull’accrescimento naturale. Essi non erano inclini ad affidare questa ricchezza alle cure di schiavi o di donne. Ma più tardi fecero dei prigionieri maschi e li obbligarono a coltivare la terra. Questa è la prima origine del servaggio — l’uomo addetto alla terra. Gli Africani imparavano facilmente a coltivare la terra; per questo divennero la grande razza schiava.
(779.5) 69:8.6 La schiavitù fu un anello indispensabile nella catena della civiltà umana. Essa fu il ponte sul quale la società passò dal caos e dall’indolenza all’ordine e alle attività della civiltà; essa costrinse a lavorare i popoli arretrati e indolenti e fornì così la ricchezza ed il tempo libero per l’avanzamento sociale dei loro superiori.
(779.6) 69:8.7 L’istituzione della schiavitù costrinse l’uomo ad inventare i meccanismi regolatori della società primitiva; essa diede origine alle prime forme di governo. La schiavitù esige una forte regolamentazione e durante il Medio Evo europeo essa praticamente scomparve perché i signori feudali non riuscivano a controllare gli schiavi. Le tribù arretrate dei tempi antichi, come gli aborigeni australiani di oggi, non hanno mai avuto schiavi.
(779.7) 69:8.8 È vero, la schiavitù fu opprimente, ma fu alla scuola dell’oppressione che l’uomo apprese l’industria. Alla fine gli schiavi condivisero i benefici di una società superiore che essi avevano così involontariamente contribuito a creare. La schiavitù crea un’organizzazione culturale e realizzazioni sociali, ma attacca ben presto insidiosamente la società dall’interno come la più grave di tutte le malattie sociali distruttive.
(779.8) 69:8.9 Le invenzioni meccaniche moderne hanno reso obsoleta la schiavitù. La schiavitù, come la poligamia, sta scomparendo perché non paga. Ma si è sempre rivelato disastroso liberare improvvisamente un gran numero di schiavi; si verificano minori sconvolgimenti quando vengono emancipati gradualmente.
(780.1) 69:8.10 Oggi gli uomini non sono più schiavi sociali, ma migliaia di loro permettono all’ambizione di asservirli ai debiti. Involontariamente la schiavitù ha ceduto il passo ad una forma nuova e migliorata di servitù industriale modificata.
(780.2) 69:8.11 Anche se l’ideale della società è la libertà universale, l’ozio non dovrebbe mai essere tollerato. Tutte le persone valide dovrebbero essere obbligate a compiere una quantità di lavoro almeno sufficiente a mantenerle.
(780.3) 69:8.12 La società moderna va in senso inverso. La schiavitù è quasi scomparsa; gli animali domestici stanno scomparendo. La civiltà sta ritornando al fuoco — al mondo inorganico — a causa dell’energia. L’uomo è uscito dallo stato selvaggio grazie al fuoco, agli animali e alla schiavitù; oggi ritorna indietro, respingendo l’aiuto degli schiavi e l’assistenza degli animali, mentre cerca di strappare nuovi segreti e nuove fonti di ricchezza e di potere ai depositi elementali della natura.
(780.4) 69:9.1 Benché la società primitiva fosse praticamente comunitaria, l’uomo primitivo non praticava le dottrine moderne del comunismo. Il comunismo di quei tempi antichi non era una mera teoria o una dottrina sociale; era un semplice e pratico aggiustamento automatico. Il comunismo impedì la povertà e la miseria; la mendicità e la prostituzione erano quasi sconosciute tra queste tribù antiche.
(780.5) 69:9.2 Il comunismo primitivo non livellò particolarmente gli uomini in basso, né esaltò la mediocrità, ma premiò l’ozio e la pigrizia, soffocò l’industria e distrusse l’ambizione. Il comunismo fu l’impalcatura indispensabile alla crescita della società primitiva, ma cedette il passo all’evoluzione di un ordine sociale più elevato perché esso andava contro quattro forti inclinazioni umane:
(780.6) 69:9.3 1. La famiglia. L’uomo non anela soltanto ad accumulare ricchezze; egli desidera anche tramandare i suoi beni alla discendenza. Ma nella società comunitaria primitiva il capitale di un uomo alla sua morte era consumato immediatamente o distribuito tra i membri del gruppo. Non esisteva eredità della proprietà — l’imposta di successione era del cento per cento. I costumi successivi di accumulare capitali e di ereditare proprietà furono un netto progresso sociale. E ciò è vero nonostante i grossi abusi successivi che hanno accompagnato il cattivo impiego del capitale.
(780.7) 69:9.4 2. Le tendenze religiose. L’uomo primitivo desiderava anche costituirsi una proprietà come punto di partenza per la vita nell’esistenza successiva. Questo motivo spiega perché persisté così a lungo l’usanza di seppellire i beni personali di un uomo con lui. Gli antichi credevano che solo i ricchi sopravvivessero alla morte con dignità e piacere immediati. Gli insegnanti della religione rivelata, e più particolarmente quelli cristiani, furono i primi a proclamare che i poveri potevano ottenere la salvezza alla pari dei ricchi.
(780.8) 69:9.5 3. Il desiderio di libertà e di svago. Nei primi tempi dell’evoluzione sociale la spartizione del profitto individuale tra il gruppo era praticamente una forma di schiavitù; il lavoratore era reso schiavo dell’ozioso. La debolezza suicida del comunismo fu questa: l’imprevidente viveva abitualmente alle spalle del parsimonioso. Anche nei tempi moderni l’imprevidente fa assegnamento sullo Stato (sui contribuenti parsimoniosi) perché si prenda cura di lui. Coloro che non hanno capitali si aspettano sempre di essere nutriti da coloro che li hanno.
(780.9) 69:9.6 4. Il bisogno di sicurezza e di potere. Il comunismo fu alla fine distrutto dalle pratiche ingannevoli d’individui progressisti e prosperi che fecero ricorso a diversi sotterfugi per sfuggire alla schiavitù dei parassiti oziosi delle loro tribù. Ma all’inizio ogni accumulazione fu segreta; l’insicurezza primitiva impediva di accumulare apertamente il capitale. Anche in tempi successivi fu assai pericoloso ammassare ricchezze troppo grandi; si era sicuri che il re avrebbe escogitato qualche accusa per confiscare i beni di un uomo ricco; quando un uomo ricco moriva, il funerale era ritardato fino a che la famiglia avesse donato una forte somma a beneficio pubblico o del re, un’imposta di successione.
(781.1) 69:9.7 Nei tempi antichi le donne erano proprietà della comunità e la madre dominava la famiglia. I capi primitivi erano padroni di tutte le terre e proprietari di tutte le donne; un matrimonio richiedeva il consenso del capo tribù. Con la scomparsa del comunismo le donne divennero proprietà individuale ed il padre assunse gradualmente il controllo domestico. In tal modo ebbe origine la famiglia, ed i costumi predominanti della poligamia furono progressivamente rimpiazzati dalla monogamia. (La poligamia è la sopravvivenza del fattore schiavitù della donna nel matrimonio. La monogamia è l’ideale di libertà dalla schiavitù dell’associazione impareggiabile di un uomo e di una donna nella meravigliosa impresa di costruire una famiglia, di allevare figli, di educarsi vicendevolmente e di migliorarsi.)
(781.2) 69:9.8 In origine tutti i beni, compresi gli attrezzi e le armi, erano proprietà comune della tribù. La proprietà privata consisté inizialmente di tutte le cose toccate personalmente. Se uno straniero beveva da una coppa, la coppa era da allora sua. In seguito ogni luogo in cui era versato del sangue diveniva di proprietà della persona o del gruppo colpiti.
(781.3) 69:9.9 La proprietà privata fu così rispettata in origine perché la si riteneva impregnata di una certa parte della personalità del proprietario. L’onestà circa la proprietà rimase salvaguardata da questo tipo di superstizione; non era necessaria alcuna polizia per proteggere i beni personali. Non avvenivano furti all’interno del gruppo, benché gli uomini non esitassero ad appropriarsi dei beni delle altre tribù. Le relazioni con la proprietà non finivano con la morte; ben presto gli effetti personali furono bruciati, poi sepolti con il defunto, e più tardi ereditati dalla famiglia superstite o dalla tribù.
(781.4) 69:9.10 Gli effetti personali di carattere ornamentale ebbero origine dal fatto di portare degli amuleti. La vanità unita alla paura dei fantasmi indusse l’uomo primitivo a resistere a tutti i tentativi di privarlo dei suoi amuleti preferiti, ai quali attribuiva più valore del necessario.
(781.5) 69:9.11 Il posto in cui dormire fu una delle prime proprietà dell’uomo. Più tardi i luoghi in cui abitare furono assegnati dai capi tribù, che detenevano ogni proprietà terriera per conto del gruppo. In seguito il luogo in cui si faceva del fuoco conferì possesso; più tardi ancora un pozzo costituì titolo di proprietà sulle terre adiacenti.
(781.6) 69:9.12 Le sorgenti ed i pozzi furono tra le prime proprietà private. Tutte le pratiche feticiste furono utilizzate per proteggere sorgenti, pozzi, alberi, raccolti e miele. Dopo la perdita della fede nei feticci, furono elaborate leggi per proteggere la proprietà privata. Ma le leggi sulla cacciagione, il diritto di caccia, precedettero di molto le leggi sulla terra. Gli uomini rossi americani non compresero mai la proprietà privata di terre; essi non riuscivano a capire il punto di vista dell’uomo bianco.
(781.7) 69:9.13 La proprietà privata fu presto contraddistinta da insegne di famiglia, e questa è l’antica origine degli scudi nobiliari. I beni terrieri potevano anche essere posti sotto la custodia degli spiriti. I sacerdoti “consacravano” un appezzamento di terreno, che era allora sotto la protezione dei tabù magici eretti su di esso. Si diceva che i suoi proprietari avevano un “titolo di sacerdote”. Gli Ebrei avevano grande rispetto per queste pietre di confine di famiglia: “Sia maledetto colui che rimuove la pietra di confine del suo vicino.” Questi contrassegni di pietra portavano le iniziali del sacerdote. Anche gli alberi, quando avevano apposte le iniziali, diventavano proprietà privata.
(782.1) 69:9.14 Nei tempi primitivi solo i raccolti erano proprietà privata, ma i raccolti successivi conferivano un diritto di proprietà; l’agricoltura fu così la genesi della proprietà privata di terre. Agli individui fu data dapprima una concessione per la sola durata della loro vita; alla morte la terra ritornava alla tribù. I primissimi diritti terrieri concessi agli individui dalle tribù furono le tombe — dei cimiteri di famiglia. In tempi successivi la terra appartenne a coloro che la recintavano. Ma le città si riservarono sempre alcune terre come pascolo pubblico e per servire in caso di assedio; questi terreni di proprietà “comune” rappresentano la sopravvivenza della forma primitiva di proprietà collettiva.
(782.2) 69:9.15 Alla fine fu lo Stato che assegnò delle proprietà all’individuo, riservandosi il diritto d’imporre delle tasse. Una volta acquisiti i loro titoli, i proprietari terrieri poterono percepire degli affitti e la terra divenne una fonte di reddito — un capitale. Infine la terra divenne veramente negoziabile, attraverso la vendita, il trasferimento, l’ipoteca e la preclusione.
(782.3) 69:9.16 La proprietà privata portò una maggiore libertà ed accrebbe la stabilità; ma il possesso privato di terre ricevette una sanzione sociale soltanto dopo il fallimento del controllo e della direzione da parte della comunità, e fu presto seguito da una successione di schiavi, di servi e di classi prive di terra. Il perfezionamento meccanico sta tuttavia gradualmente liberando l’uomo dalla schiavitù del lavoro pesante.
(782.4) 69:9.17 Il diritto di proprietà non è assoluto; è puramente sociale. Ma il governo, la legge, l’ordine, i diritti civili, le libertà sociali, le convenzioni, la pace e la felicità di cui godono i popoli moderni si sono tutti sviluppati attorno alla proprietà privata di beni.
(782.5) 69:9.18 L’ordine sociale attuale non è necessariamente giusto — non è né sacro né divino — ma l’umanità farà bene ad andare adagio nel procedere a cambiamenti. Il sistema che voi avete è di gran lunga superiore a tutti quelli conosciuti dai vostri antenati. Quando cambierete l’ordine sociale, accertatevi di farlo per uno migliore. Non lasciatevi convincere di sperimentare le formule scartate dai vostri progenitori. Andate avanti, non indietro! Lasciate che l’evoluzione prosegua! Non fate un passo indietro.
(782.6) 69:9.19 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(783.1) 70:0.1 NON appena l’uomo ebbe parzialmente risolto il problema della propria sussistenza fu posto di fronte al compito di regolamentare i contatti umani. Lo sviluppo dell’industria esigeva leggi, ordine ed un assestamento sociale; la proprietà privata necessitava di un governo.
(783.2) 70:0.2 In un mondo evoluzionario gli antagonismi sono naturali; la pace è assicurata solo da un qualche tipo di sistema sociale regolatore. La regolamentazione sociale è inseparabile dall’organizzazione sociale; un’associazione implica un’autorità di controllo. Un governo impone la coordinazione degli antagonismi delle tribù, dei clan, delle famiglie e degli individui.
(783.3) 70:0.3 Il governo è uno sviluppo incosciente; si evolve per tentativi. Esso ha valore di sopravvivenza, perciò diventa tradizionale. L’anarchia accresceva la miseria, per questo il governo, la legge e l’ordine relativi emersero lentamente o stanno emergendo. Le esigenze coercitive della lotta per l’esistenza hanno letteralmente spinto la razza umana sulla via del progresso verso la civiltà.
(783.4) 70:1.1 La guerra è lo stato e l’eredità naturale dell’uomo in evoluzione; la pace è il metro sociale che misura l’avanzamento della società. Prima della parziale socializzazione delle razze in progresso l’uomo era eccessivamente individualista, estremamente malfidente ed incredibilmente litigioso. La violenza è la legge della natura, l’ostilità è la reazione automatica dei figli della natura, mentre la guerra non è che queste stesse attività proseguite collettivamente. E dovunque ed ogniqualvolta il tessuto della civiltà è sottoposto a tensioni dalle complicazioni dell’avanzamento della società, c’è sempre un ritorno immediato e rovinoso a questi antichi metodi di composizione violenta delle irritazioni in seno alle interassociazioni umane.
(783.5) 70:1.2 La guerra è una reazione animalistica ai malintesi e alle irritazioni; la pace accompagna la soluzione civile di ogni problema e difficoltà. Le razze Sangik, così come gli Adamiti ed i Noditi degenerati successivamente, erano tutti bellicosi. Gli Andoniti appresero presto la regola d’oro, ed ancor oggi i loro discendenti Eschimesi vivono in larga misura secondo questo codice; i costumi sono ben radicati tra di loro ed essi sono relativamente esenti da antagonismi violenti.
(783.6) 70:1.3 Andon insegnò ai suoi figli a risolvere le loro dispute facendo colpire a ciascuno un albero con un bastone, imprecando nel contempo contro l’albero; il primo il cui bastone si rompeva era il vincitore. Gli Andoniti successivi usavano regolare le loro dispute facendo un’esibizione pubblica in cui gli avversari si schernivano e si ridicolizzavano vicendevolmente, mentre l’uditorio designava il vincitore per acclamazione.
(783.7) 70:1.4 Ma un fenomeno come la guerra non poteva apparire prima che la società si fosse sufficientemente evoluta per sperimentare effettivamente periodi di pace e sanzionare le pratiche di guerra. Il concetto stesso di guerra implica un certo grado di organizzazione.
(784.1) 70:1.5 Con l’apparizione dei raggruppamenti sociali l’irritazione individuale cominciò a fondersi nei sentimenti del gruppo, e ciò favorì la tranquillità all’interno delle tribù, ma a spese della pace tra le tribù stesse. La pace fu così goduta prima all’interno del gruppo, o della tribù, che detestava e odiava sempre gli esterni al gruppo, gli stranieri. L’uomo primitivo considerava lodevole versare sangue straniero.
(784.2) 70:1.6 Ma anche questo non funzionò all’inizio. Quando i primi capi tentarono di appianare i malintesi, trovarono spesso necessario, almeno una volta l’anno, autorizzare combattimenti con pietre nell’ambito della tribù. Il clan si divideva in due gruppi ed ingaggiava una battaglia che durava un giorno intero. E ciò per nessun’altra ragione che quella di divertirsi; essi amavano veramente battersi.
(784.3) 70:1.7 La guerra sussiste perché l’uomo è umano, si è evoluto da un animale, e tutti gli animali sono bellicosi. Tra le prime cause di guerra ci furono:
(784.4) 70:1.8 1. La fame, che portò a razzie di cibo. La penuria di terre ha sempre portato alla guerra, e durante queste lotte le prime tribù pacifiche furono praticamente sterminate.
(784.5) 70:1.9 2. La scarsità di donne — un tentativo per alleviare una carenza di aiuto domestico. Il ratto delle donne ha sempre provocato guerre.
(784.6) 70:1.10 3. La vanità — il desiderio di esibire il valore della tribù. I gruppi superiori combattevano per imporre il loro modo di vivere ai popoli inferiori.
(784.7) 70:1.11 4. Gli schiavi — il bisogno di reclutare mano d’opera.
(784.8) 70:1.12 5. La vendetta costituiva motivo di guerra quando una tribù credeva che una tribù vicina avesse causato la morte di uno dei suoi membri. Il periodo di lutto proseguiva fino a quando fosse stata riportata una testa. La guerra di vendetta fu ritenuta giusta fino a tempi relativamente moderni.
(784.9) 70:1.13 6. Il passatempo — dai giovani di questi tempi antichi la guerra era considerata come una ricreazione. Se non c’era un pretesto valido e sufficiente per scatenare una guerra, quando la pace diveniva opprimente, le tribù vicine avevano l’abitudine di fare delle battaglie semiamichevoli per lanciarsi in una scorreria a titolo di divertimento, per godere di una finta battaglia.
(784.10) 70:1.14 7. La religione — il desiderio di convertire ad un culto. Le religioni primitive approvavano tutte la guerra. Solo in tempi recenti la religione ha cominciato a disapprovare la guerra. Disgraziatamente il clero antico era di solito alleato con il potere militare. Nel tempo, una delle grandi misure a favore della pace è stato il tentativo di separare la Chiesa dallo Stato.
(784.11) 70:1.15 Le tribù antiche facevano sempre la guerra su richiesta dei loro dei, su ordine dei loro capi o dei loro stregoni. Gli Ebrei credevano in un certo “Dio delle battaglie” e la narrazione della loro incursione sui Madianiti è un racconto tipico della crudeltà atroce delle antiche guerre tribali. Questo attacco, con il massacro di tutti i maschi e l’uccisione successiva di tutti i figli maschi e di tutte le donne che non erano vergini, avrebbe fatto onore ai costumi di un capo tribù di duecentomila anni prima. E tutto ciò fu compiuto nel “nome del Signore Dio d’Israele”.
(784.12) 70:1.16 Questo è il racconto dell’evoluzione della società — la soluzione naturale dei problemi delle razze — poiché è l’uomo che elabora il proprio destino sulla terra. Tali atrocità non sono istigate dalla Deità, nonostante la tendenza degli uomini ad attribuirne la responsabilità ai loro dei.
(784.13) 70:1.17 La misericordia militare è stata lenta a manifestarsi nell’umanità. Anche quando una donna, Debora, governò gli Ebrei, persisté la stessa crudeltà di massa. Il suo generale, dopo la vittoria sui Gentili, fece “passare tutto l’esercito a fil di spada; non ne fu risparmiato nemmeno uno”.
(785.1) 70:1.18 Molto presto nella storia della razza s’impiegarono armi avvelenate. Furono praticati tutti i tipi di mutilazioni. Saul non esitò a reclamare cento prepuzi di Filistei come dote che Davide doveva pagare per sua figlia Mical.
(785.2) 70:1.19 Le prime guerre furono combattute tra intere tribù, ma più tardi, quando due individui di differenti tribù avevano una disputa, si battevano a duello i due disputanti invece di combattere le due tribù. Anche tra due eserciti divenne costume puntare tutto sull’esito di un combattimento tra un rappresentante scelto da ciascuna delle parti, come avvenne nel caso di Davide e Golia.
(785.3) 70:1.20 Il primo miglioramento della guerra consisté nel catturare prigionieri. In seguito le donne furono esentate dalle ostilità, cui seguì il riconoscimento di non belligeranti. Si svilupparono ben presto caste militari ed eserciti permanenti per stare al passo con la crescente complessità dei combattimenti. A tali guerrieri fu presto proibito unirsi alle donne, e le donne avevano cessato da lungo tempo di combattere, benché avessero sempre nutrito e curato i soldati e li avessero incitati a battersi.
(785.4) 70:1.21 La pratica di dichiarare guerra rappresentò un grande progresso. Queste dichiarazioni dell’intenzione a battersi denotarono il raggiungimento di un senso di lealtà, e questo fu seguito dallo sviluppo graduale delle regole della guerra “civilizzata”. Molto presto divenne costume non combattere vicino ai luoghi religiosi, e più tardi ancora di non battersi in certi giorni sacri. Poi venne il riconoscimento generale del diritto d’asilo; i rifugiati politici ricevettero protezione.
(785.5) 70:1.22 In tal modo la guerra si evolvé gradualmente dalla primitiva caccia all’uomo al sistema un po’ più regolato delle nazioni “civilizzate” più recenti. Ma l’atteggiamento sociale di amicizia rimpiazzò solo lentamente quello d’inimicizia.
(785.6) 70:2.1 Nelle ere passate una guerra accanita provocava cambiamenti sociali e facilitava l’adozione di nuove idee quali non sarebbero avvenuti per sviluppo naturale in diecimila anni. Il prezzo terribile pagato per questi vantaggi certi portati dalla guerra era che la società regrediva temporaneamente allo stato selvaggio; la ragione civilizzata doveva abdicare. La guerra è una medicina potente, molto costosa e molto pericolosa; mentre guarisce spesso certi disordini sociali, talvolta uccide il paziente, distrugge la società.
(785.7) 70:2.2 La costante necessità della difesa nazionale crea molti nuovi ed avanzati aggiustamenti sociali. La società gode oggi del beneficio di una lunga serie d’innovazioni utili che furono inizialmente solo militari e deve alla guerra anche la danza, la cui forma primitiva fu un esercizio militare.
(785.8) 70:2.3 La guerra ha avuto un valore sociale per le civiltà del passato perché:
(785.9) 70:2.4 1. Imponeva disciplina, obbligava alla cooperazione.
(785.10) 70:2.5 2. Premiava la forza d’animo ed il coraggio.
(785.11) 70:2.6 3. Favoriva e rafforzava il nazionalismo.
(785.12) 70:2.7 4. Distruggeva i popoli deboli e inadatti.
(785.13) 70:2.8 5. Sopprimeva l’illusione di uguaglianza primitiva e stratificava selettivamente la società.
(785.14) 70:2.9 La guerra ha avuto un indubbio valore evolutivo e selettivo, ma come la schiavitù essa deve essere un giorno abbandonata mentre la civiltà lentamente progredisce. Le guerre antiche favorivano i viaggi e le relazioni culturali; questi scopi sono ora meglio serviti dai sistemi moderni di trasporto e di comunicazione. Le guerre antiche rafforzavano le nazioni, le lotte moderne invece sconvolgono la cultura civilizzata. Le guerre antiche provocavano la decimazione dei popoli inferiori; il risultato netto dei conflitti moderni è la distruzione selettiva dei migliori ceppi umani. Le guerre di un tempo favorivano l’organizzazione e l’efficienza, ma queste sono ora divenute gli scopi dell’industria moderna. Durante le ere passate la guerra era un fermento sociale che faceva progredire la civiltà; questo risultato viene ora meglio conseguito con l’ambizione e l’invenzione. Le guerre antiche sostenevano il concetto di un Dio delle battaglie, ma all’uomo moderno è stato insegnato che Dio è amore. La guerra ha servito molti scopi utili nel passato, è stata un’impalcatura indispensabile nella costruzione della civiltà, ma sta andando rapidamente verso la bancarotta culturale — è incapace di produrre dividendi di guadagni sociali commisurati in qualche modo alle perdite terribili che accompagnano la sua invocazione.
(786.1) 70:2.10 Una volta i medici credevano nel salasso come cura per numerose malattie, ma da allora hanno scoperto rimedi migliori per la maggior parte di questi disturbi. Allo stesso modo il salasso internazionale della guerra deve fare posto alla scoperta di metodi migliori per guarire i mali delle nazioni.
(786.2) 70:2.11 Le nazioni di Urantia sono già impegnate nella lotta gigantesca tra il militarismo nazionalista e l’industrialismo, e sotto molti aspetti questo conflitto è analogo alla lotta secolare tra i pastori-cacciatori ed i coltivatori. Ma se l’industrialismo vuole trionfare sul militarismo deve evitare i pericoli che lo accerchiano. I pericoli dell’industria nascente su Urantia sono:
(786.3) 70:2.12 1. La forte tendenza al materialismo, la cecità spirituale.
(786.4) 70:2.13 2. Il culto del potere della ricchezza, il travisamento dei valori.
(786.5) 70:2.14 3. I vizi del lusso, l’immaturità culturale.
(786.6) 70:2.15 4. I crescenti pericoli dell’indolenza, l’insensibilità al servizio.
(786.7) 70:2.16 5. La crescita di un’indesiderabile mollezza razziale, di un deterioramento biologico.
(786.8) 70:2.17 6. La minaccia di una schiavitù industriale standardizzata, di una stagnazione della personalità. Il lavoro è nobilitante, ma la monotonia inebetisce.
(786.9) 70:2.18 Il militarismo è autocratico e crudele — selvaggio. Esso promuove l’organizzazione sociale tra i conquistatori ma disintegra i vinti. L’industrialismo è più civilizzato e dovrebbe essere portato avanti in modo da promuovere l’iniziativa e da incoraggiare l’individualismo. La società dovrebbe favorire l’originalità in ogni modo possibile.
(786.10) 70:2.19 Non commettete l’errore di glorificare la guerra; discernete piuttosto quello che essa ha fatto per la società in modo che possiate individuare più esattamente ciò che i suoi sostituti devono fornire affinché il progresso della civiltà continui. Se non vengono forniti questi sostituti adeguati, allora potete essere certi che la guerra proseguirà a lungo.
(786.11) 70:2.20 L’uomo non accetterà mai la pace come metodo normale di vita prima di essere stato del tutto e ripetutamente convinto che la pace è quanto di meglio esista per il suo benessere materiale; non l’accetterà mai prima che la società abbia saggiamente fornito dei sostituti pacifici per la soddisfazione della tendenza innata di dare periodicamente libero corso ad un impulso collettivo destinato a liberare quelle emozioni ed energie a lungo accumulate, proprie delle reazioni di autopreservazione delle razze umane.
(786.12) 70:2.21 Ma, almeno incidentalmente, la guerra dovrebbe essere onorata come scuola di esperienza che ha costretto una razza d’individualisti arroganti a sottomettersi ad un’autorità altamente concentrata — ad un capo esecutivo. La guerra alla vecchia maniera selezionava gli uomini per natura eminenti come capi; la guerra moderna invece non fa più questo. Per scoprire dei leader la società deve ora rivolgersi alle conquiste pacifiche: industria, scienza e realizzazioni sociali.
(787.1) 70:3.1 Nella società più primitiva l’orda è tutto; anche i bambini sono sua proprietà comune. La famiglia in evoluzione sostituì l’orda nell’allevamento dei bambini, mentre i clan e le tribù emergenti presero il suo posto come unità sociali.
(787.2) 70:3.2 L’appetito sessuale e l’amore materno istituiscono la famiglia. Ma un vero governo non appare prima che abbiano iniziato a formarsi dei gruppi superfamiliari. Nei tempi prefamiliari dell’orda il comando era assicurato da individui scelti senza formalità. I Boscimani africani non sono mai progrediti oltre questo stadio primitivo; essi non hanno capi nell’orda.
(787.3) 70:3.3 Le famiglie si unirono per legami di sangue in clan, in aggregazioni di parenti, e questi si trasformarono successivamente in tribù, in comunità territoriali. La guerra e la pressione esterna obbligarono i clan di parenti ad organizzarsi in tribù, ma furono il commercio e gli scambi che tennero uniti questi raggruppamenti primitivi con un certo grado di pace interna.
(787.4) 70:3.4 La pace su Urantia sarà favorita molto di più da organizzazioni commerciali internazionali che non da tutta la sofisticheria sentimentale di chimerici piani di pace. Le relazioni commerciali sono state facilitate dallo sviluppo del linguaggio e dai metodi perfezionati di comunicazione, così come dal miglioramento dei mezzi di trasporto.
(787.5) 70:3.5 L’assenza di un linguaggio comune ha sempre ostacolato la crescita di gruppi pacifici, ma il denaro è divenuto il linguaggio universale del commercio moderno. La società moderna è in gran parte mantenuta unita dal mercato industriale. Lo stimolo del guadagno è un potente civilizzatore quando è accresciuto dal desiderio di servire.
(787.6) 70:3.6 Nei primi tempi ogni tribù era circondata da zone concentriche di paura e di sospetto crescenti; da qui l’antico costume di uccidere tutti gli stranieri, e più tardi di ridurli in schiavitù. L’antica idea di amicizia significava adozione nel clan, e l’appartenenza al clan si riteneva permanesse dopo la morte — uno dei primissimi concetti di vita eterna.
(787.7) 70:3.7 La cerimonia di adozione consisteva nel bere il sangue l’uno dell’altro. In certi gruppi ci si scambiava la saliva invece di bere sangue; questa fu l’antica origine della pratica del bacio convenzionale. Tutte le cerimonie di associazione, sia di matrimonio che di adozione, terminavano sempre con dei banchetti.
(787.8) 70:3.8 In tempi successivi fu usato sangue diluito con vino rosso e, alla fine, fu bevuto solo del vino per sigillare la cerimonia di adozione, che veniva sancita dal tocco delle coppe di vino e consumata con l’assunzione della bevanda. Gli Ebrei impiegarono una forma modificata di questa cerimonia di adozione. I loro antenati arabi utilizzavano il giuramento prestato mentre la mano del candidato stava sull’organo genitale del nativo della tribù. Gli Ebrei trattavano benevolmente e fraternamente gli stranieri adottati. “Lo straniero che abita con te sarà come uno nato tra di voi, e tu l’amerai come te stesso.”
(787.9) 70:3.9 “L’amicizia per l’ospite” era una relazione di ospitalità temporanea. Quando gli ospiti in visita partivano, si spezzava un piatto a metà; una parte veniva data all’amico che partiva perché servisse da appropriata introduzione per una terza persona che sarebbe potuta arrivare in visita successivamente. Era usanza per gli ospiti pagare il loro soggiorno raccontando le storie dei loro viaggi e delle loro avventure. I narratori di storie dei tempi antichi divennero così popolari che determinati costumi alla fine proibirono la loro attività nelle stagioni di caccia o di raccolto.
(788.1) 70:3.10 I primi trattati di pace furono i “legami di sangue”. Gli ambasciatori di pace di due tribù in guerra s’incontravano, si ossequiavano e poi si mettevano a trafiggere la loro pelle fino a che sanguinava; dopo di che si succhiavano vicendevolmente il sangue e dichiaravano la pace.
(788.2) 70:3.11 Le più antiche missioni di pace consistevano in delegazioni di uomini che portavano le loro giovani migliori per la soddisfazione sessuale dei loro precedenti nemici, in quanto l’appetito sessuale veniva utilizzato per combattere le tendenze bellicose. La tribù così onorata restituiva la visita, con la sua offerta di giovani donne; al che la pace era stabilita definitivamente e venivano ben presto sanzionati matrimoni tra le famiglie dei capi.
(788.3) 70:4.1 Il primo gruppo pacifico fu la famiglia, poi il clan, la tribù e più tardi la nazione, che divenne alla fine il moderno Stato territoriale. Il fatto che i gruppi pacifici dei nostri giorni si siano sviluppati già da molto tempo oltre i legami di sangue per inglobare delle nazioni è molto incoraggiante, nonostante il fatto che le nazioni di Urantia spendano ancora ingenti somme per i preparativi di guerra.
(788.4) 70:4.2 I clan erano gruppi con legami di sangue in seno alla tribù e dovevano la loro esistenza a certi interessi comuni quali:
(788.5) 70:4.3 1. Risalire per origine ad un antenato comune.
(788.6) 70:4.4 2. La fedeltà ad un totem religioso comune.
(788.7) 70:4.5 3. Parlare lo stesso dialetto.
(788.8) 70:4.6 4. Dividere un luogo di residenza comune.
(788.9) 70:4.7 5. Temere gli stessi nemici.
(788.10) 70:4.8 6. Avere avuto un’esperienza militare comune.
(788.11) 70:4.9 I capi dei clan erano sempre subordinati al capo tribù; i primi governi tribali furono una vaga confederazione di clan. Gli aborigeni australiani non hanno mai sviluppato una forma tribale di governo.
(788.12) 70:4.10 I capi pacifici dei clan regnavano di solito per linea materna; i capi tribù guerrieri stabilirono la linea paterna. I tribunali dei capi tribù e dei primi re erano formati dai capi clan, che era usanza invitare in presenza del re parecchie volte all’anno. Questo gli consentiva di sorvegliarli e di assicurarsi meglio la loro collaborazione. I clan svolsero un ruolo importante nell’autogoverno locale, ma ritardarono notevolmente la crescita di nazioni grandi e forti.
(788.13) 70:5.1 Ogni istituzione umana ha avuto un inizio, ed il governo civile è un prodotto dell’evoluzione progressiva come lo sono il matrimonio, l’industria e la religione. A partire dai primi clan e tribù primitive si svilupparono gradualmente i regimi successivi del governo umano, che sono apparsi e scomparsi fino a giungere a quelle forme di regolamentazione civile e sociale che caratterizzano il secondo terzo del ventesimo secolo.
(788.14) 70:5.2 Con la graduale emersione delle unità familiari, furono gettate le basi del governo nell’organizzazione del clan, il raggruppamento di famiglie consanguinee. Il primo vero corpo governativo fu il consiglio degli anziani. Questo gruppo regolatore si componeva di uomini anziani che si erano distinti in modo particolare. La saggezza e l’esperienza furono presto apprezzate anche dagli uomini barbari e ne seguì un lungo periodo di dominazione degli anziani. Il regno oligarchico di quel tempo si trasformò gradualmente nell’idea del patriarcato.
(789.1) 70:5.3 Nei primi consigli degli anziani risiedeva il potenziale di tutte le funzioni governative: esecutiva, legislativa e giudiziaria. Quando il consiglio interpretava i costumi correnti era un tribunale; quando stabiliva nuovi metodi di usanze sociali era un corpo legislativo; nella misura in cui questi decreti e promulgazioni erano applicati era l’esecutivo. Il presidente del consiglio fu il precursore del capo tribù successivo.
(789.2) 70:5.4 Alcune tribù avevano dei consigli femminili e, di tanto in tanto, molte tribù furono rette da donne. Certe tribù di uomini rossi conservarono l’insegnamento di Onamonalonton seguendo le decisioni unanimi del “consiglio dei sette”.
(789.3) 70:5.5 È stato difficile per l’umanità imparare che né la pace né la guerra possono essere rette da una comunità che discute. Le “ciarle” primitive erano raramente utili. La razza imparò presto che un esercito comandato da un gruppo di capi clan non aveva alcuna possibilità contro un forte esercito condotto da un solo uomo. La guerra è sempre stata una creatrice di re.
(789.4) 70:5.6 All’inizio i capi militari erano scelti unicamente per il servizio militare, ed abbandonavano un po’ della loro autorità durante i periodi di pace, quando i loro doveri erano più di ordine sociale. Ma a poco a poco essi cominciarono ad intromettersi negli intervalli di pace, tendendo a continuare il loro governo da una guerra a quella successiva. Spesso facevano in modo che una guerra non tardasse a seguire la precedente. Questi primi signori della guerra non erano amanti della pace.
(789.5) 70:5.7 In tempi successivi alcuni capi furono scelti per ragioni diverse dal servizio militare; furono scelti per le loro straordinarie qualità fisiche o per le loro notevoli capacità personali. Gli uomini rossi avevano spesso due gruppi di capi — i sachem, o capi di pace, ed i capi militari ereditari. I governanti di pace erano anche giudici ed insegnanti.
(789.6) 70:5.8 Alcune delle prime comunità furono governate da stregoni, che agirono spesso come capi. Un solo uomo agiva da sacerdote, da medico e da capo esecutivo. Molto spesso le prime insegne regali erano state in origine i simboli o gli emblemi di vesti sacerdotali.
(789.7) 70:5.9 Fu attraverso queste tappe che il ramo esecutivo del governo venne gradualmente all’esistenza. I consigli dei clan e delle tribù continuarono la loro attività a titolo consultivo e come precursori dei rami legislativo e giudiziario che apparvero più tardi. In Africa, ai nostri giorni, tutte queste forme di governo primitivo esistono di fatto tra le varie tribù.
(789.8) 70:6.1 Un efficace governo di Stato apparve soltanto con l’arrivo di un capo con piena autorità esecutiva. Gli uomini scoprirono che si poteva avere un governo efficace solo conferendo potere ad una personalità, non sostenendo un’idea.
(789.9) 70:6.2 La sovranità ebbe origine dall’idea di autorità o di ricchezza familiare. Quando un reuccio patriarcale diveniva un vero re, era talvolta chiamato “padre del suo popolo”. Più tardi si credette che i re fossero originati dagli eroi. Più tardi ancora il governo divenne ereditario, perché si credeva nell’origine divina dei re.
(789.10) 70:6.3 Il regno ereditario impediva l’anarchia che aveva precedentemente provocato tante devastazioni tra la morte di un re e l’elezione di un successore. La famiglia aveva un capo biologico ed il clan aveva un capo selezionato per natura; la tribù e più tardi lo Stato non ebbero capi naturali e questo fu un motivo supplementare per rendere ereditari i poteri dei capi re. L’idea delle famiglie reali e dell’aristocrazia fu anche basata sul costume di “possedere un nome” nei clan.
(790.1) 70:6.4 La successione dei re fu alla fine considerata come soprannaturale, ritenendo che il sangue reale risalisse ai tempi del personale materializzato del Principe Caligastia. I re divennero così personalità feticcio e furono smisuratamente temuti; fu adottata una forma speciale di linguaggio ad uso della corte. Anche in tempi recenti si è creduto che il tocco dei re guarisse le malattie ed alcuni popoli di Urantia ritengono ancora che i loro sovrani abbiano avuto un’origine divina.
(790.2) 70:6.5 Il re feticcio di un tempo era spesso tenuto in isolamento; era considerato troppo sacro per essere visto, salvo che nei giorni festivi e nei giorni sacri. Di solito si sceglieva un rappresentante per impersonarlo, e questa è l’origine dei primi ministri. Il primo funzionario ministeriale fu un amministratore di viveri; altri non tardarono a seguirlo. I sovrani nominarono ben presto dei rappresentanti incaricati del commercio e della religione; lo sviluppo di un gabinetto ministeriale fu un passo verso la spersonalizzazione dell’autorità esecutiva. Questi assistenti dei primi re divennero la nobiltà accreditata e la moglie del re fu gradualmente elevata alla dignità di regina, via via che le donne vennero tenute in maggior considerazione.
(790.3) 70:6.6 Sovrani senza scrupoli acquisirono grande potere dalla scoperta dei veleni. La magia delle prime corti era diabolica; i nemici del re morivano presto. Ma anche il tiranno più dispotico era soggetto a certe restrizioni; era quanto meno frenato dalla paura sempre presente di essere assassinato. Gli stregoni, i maghi ed i sacerdoti hanno sempre esercitato un potente controllo sui re. In seguito esercitarono un’influenza restrittiva i proprietari terrieri, l’aristocrazia. Di tanto in tanto i clan e le tribù si sollevavano con tutta semplicità e rovesciavano i loro despoti e tiranni. Ai sovrani deposti, quando venivano condannati a morte, era spesso accordata la scelta di suicidarsi; e ciò diede origine all’antica voga sociale del suicidio in talune circostanze.
(790.4) 70:7.1 I legami di sangue determinarono i primi gruppi sociali; l’associazione ampliò i clan di parenti. I matrimoni intertribali furono la tappa successiva nell’allargamento del gruppo e la complessa tribù risultante formò il primo vero corpo politico. Il passo successivo nello sviluppo sociale fu l’evoluzione dei culti religiosi e dei circoli politici. Questi ultimi apparvero inizialmente come società segrete, in origine totalmente religiose; in seguito assunsero un carattere regolatore. Nei primi tempi furono circoli per uomini, più tardi apparvero gruppi di donne. Ben presto essi si divisero in due classi: socio-politica e mistico-religiosa.
(790.5) 70:7.2 C’erano molte ragioni per la segretezza di queste società, quali:
(790.6) 70:7.3 1. Il timore d’incorrere nella disapprovazione dei governanti per aver violato qualche tabù;
(790.7) 70:7.4 2. Per praticare riti religiosi minoritari;
(790.8) 70:7.5 3. Per custodire preziosi segreti “spirituali” o commerciali;
(790.9) 70:7.6 4. Per beneficiare di qualche incantesimo o magia speciale.
(790.10) 70:7.7 La stessa segretezza di queste società conferiva a tutti i membri il potere del mistero sul resto della tribù. La segretezza stimola anche la vanità; gli iniziati erano l’aristocrazia sociale del loro tempo. Dopo l’iniziazione i giovani cacciavano con gli uomini, mentre prima avevano raccolto gli ortaggi con le donne. Era l’umiliazione suprema, una disgrazia di fronte alla tribù, non superare le prove della pubertà ed essere così costretti a restare fuori della dimora degli uomini in compagnia delle donne e dei bambini, essere considerato effeminato. Inoltre ai non iniziati non era consentito sposarsi.
(791.1) 70:7.8 I popoli primitivi insegnarono molto presto ai loro giovani adolescenti a controllare i loro impulsi sessuali. Divenne costume separare i ragazzi dai loro genitori dalla pubertà fino al matrimonio e di affidare la loro educazione e formazione alle società segrete degli uomini. Una delle funzioni principali di questi circoli era di controllare i giovani adolescenti al fine di evitare nascite illegittime.
(791.2) 70:7.9 La prostituzione commercializzata iniziò quando questi circoli di uomini pagarono del denaro per disporre di donne di altre tribù. Ma i gruppi più antichi furono per la maggior parte esenti da lassismo sessuale.
(791.3) 70:7.10 La cerimonia d’iniziazione della pubertà si estendeva generalmente su un periodo di cinque anni. Molte torture ed incisioni dolorose praticate su se stessi facevano parte di queste cerimonie. La circoncisione fu praticata inizialmente come rito d’iniziazione in una di queste confraternite segrete. I marchi della tribù erano incisi sul corpo come parte dell’iniziazione della pubertà; il tatuaggio ebbe origine come simbolo di appartenenza. Tali torture, insieme a molteplici privazioni, avevano lo scopo di fortificare questi giovani, d’imprimere in loro la realtà della vita e le sue inevitabili avversità. Questo risultato è meglio raggiunto con i giochi atletici e le gare fisiche apparsi più tardi.
(791.4) 70:7.11 Ma le società segrete miravano a migliorare la moralità degli adolescenti. Uno degli scopi principali delle cerimonie della pubertà era d’imprimere nei ragazzi che non dovevano toccare le mogli degli altri uomini.
(791.5) 70:7.12 Dopo questi anni di disciplina e di formazione rigorose, e poco prima del matrimonio, i giovani erano generalmente lasciati liberi per un breve periodo di divertimento e di libertà, dopo di che ritornavano per sposarsi e sottomettersi per tutta la vita ai tabù della tribù. Questa antica usanza è persistita fino ai tempi moderni nel futile concetto di “sfogare i bollori giovanili”.
(791.6) 70:7.13 Molte tribù successive approvarono la formazione di circoli segreti di donne, il cui scopo era di preparare le giovani adolescenti a diventare spose e madri. Dopo l’iniziazione le giovani erano candidate al matrimonio e ricevevano il permesso di partecipare alla “presentazione delle spose promesse”, la festa delle debuttanti di quei tempi. Apparvero presto ordini femminili con voto di nubilato.
(791.7) 70:7.14 Ben presto fecero la loro apparizione dei circoli non segreti, quando nuovi gruppi maschili e femminili di non sposati formarono organizzazioni proprie separate. Queste associazioni furono in realtà le prime scuole. Ed anche se i circoli di uomini e quelli di donne si abbandonavano spesso a reciproche molestie, alcune tribù evolute, dopo il contatto con gli educatori di Dalamatia, sperimentarono l’insegnamento in collegi misti con interni di entrambi i sessi.
(791.8) 70:7.15 Le società segrete contribuirono all’istituzione di caste sociali, principalmente per il carattere misterioso delle loro iniziazioni. I membri di queste società portarono inizialmente delle maschere per spaventare e tenere lontani i curiosi dai loro riti d’onore ai morti — il culto degli antenati. Questo rituale si trasformò più tardi in una pseudoseduta spiritica alla quale si riteneva partecipassero i fantasmi. Le società antiche della “nuova nascita” usavano dei simboli ed impiegavano un linguaggio segreto speciale; rinunciavano anche a certi cibi e bevande. Esse svolgevano il ruolo di polizia notturna ed operavano altrimenti in un esteso campo di attività sociali.
(792.1) 70:7.16 Tutte le associazioni segrete imponevano un giuramento, prescrivevano la fiducia ed insegnavano a mantenere i segreti. Questi ordini tenevano in soggezione il popolino e lo controllavano; agivano anche da società di vigilanza, praticando così il linciaggio. Essi furono le prime spie quando le tribù erano in guerra e la prima polizia segreta in tempo di pace. Meglio ancora, tennero i re privi di scrupoli in uno stato d’ansia; per controbilanciarli i re istituirono una loro polizia segreta
(792.2) 70:7.17 Queste società diedero origine ai primi partiti politici. Il primo governo di partito fu “il forte” contro “il debole”. Nei tempi antichi alla guerra civile seguiva soltanto un cambio di amministrazione, cosa che provava ampiamente che il debole era diventato forte.
(792.3) 70:7.18 Questi circoli furono impiegati dai mercanti per riscuotere i loro crediti e dai sovrani per riscuotere le imposte. La tassazione è stata una lunga lotta; una delle sue prime forme fu la decima, la decima parte della caccia o del bottino. Le tasse furono fatte pagare in origine per mantenere la casa reale, ma si scoprì che era più facile riscuoterle mascherandole da offerta per sostenere il servizio del tempio.
(792.4) 70:7.19 A poco a poco queste associazioni segrete si trasformarono nelle prime organizzazioni caritatevoli e poi si evolvettero nelle società religiose primitive — precorritrici delle Chiese. Infine alcune di queste società divennero intertribali, le prime confraternite internazionali.
(792.5) 70:8.1 La disuguaglianza mentale e fisica degli esseri umani assicura l’apparizione di classi sociali. I soli mondi senza strati sociali sono i più primitivi ed i più avanzati. Una civiltà agli albori non ha ancora iniziato la differenziazione dei livelli sociali, mentre un mondo stabilizzato in luce e vita ha largamente superato queste divisioni dell’umanità, che sono così caratteristiche di tutte le tappe intermedie dell’evoluzione.
(792.6) 70:8.2 Via via che la società emergeva dallo stato selvaggio passando alla barbarie, i suoi componenti umani hanno teso a raggrupparsi in classi per le seguenti ragioni generali:
(792.7) 70:8.3 1. Naturali — contatto, parentela e matrimonio; le prime distinzioni sociali furono basate sul sesso, l’età ed il sangue — la parentela con il capo.
(792.8) 70:8.4 2. Personali — il riconoscimento della capacità, della resistenza, dell’abilità e della forza d’animo; subito seguite dal riconoscimento della padronanza del linguaggio, della conoscenza e dell’intelligenza generale.
(792.9) 70:8.5 3. Casuali — la guerra e l’emigrazione portarono alla separazione dei gruppi umani. L’evoluzione delle classi fu fortemente influenzata dalle conquiste, dai rapporti tra vincitori e vinti, mentre la schiavitù portò alla prima divisione generale della società tra uomini liberi e schiavi.
(792.10) 70:8.6 4. Economiche — ricchi e poveri. La ricchezza ed il possesso di schiavi furono una base che generò una classe della società.
(792.11) 70:8.7 5. Geografiche — si formarono delle classi a seguito dell’insediamento urbano o rurale. Città e campagna hanno rispettivamente contribuito alla differenziazione tra allevatori-coltivatori e mercanti-industriali, con i loro punti di vista e reazioni divergenti.
(792.12) 70:8.8 6. Sociali — le classi si sono gradualmente formate secondo l’apprezzamento popolare del valore sociale dei differenti gruppi. Tra le prime divisioni di questo tipo c’erano le demarcazioni tra sacerdoti-educatori, governanti-guerrieri, capitalisti-mercanti, lavoratori comuni e schiavi. Lo schiavo non poteva mai diventare un capitalista, benché talvolta il salariato potesse scegliere di entrare nel ceto capitalista.
(793.1) 70:8.9 7. Professionali — a mano a mano che le professioni si moltiplicarono, ebbero tendenza a stabilire delle caste e delle corporazioni. I lavoratori si divisero in tre gruppi: le classi professionali, che includevano gli stregoni, poi gli operai qualificati, seguiti dagli operai comuni.
(793.2) 70:8.10 8. Religiose — i primi circoli di culto diedero origine a loro proprie classi all’interno dei clan e delle tribù; e la devozione ed il misticismo dei sacerdoti le hanno a lungo perpetuate come gruppo sociale separato.
(793.3) 70:8.11 9. Razziali — la presenza di due o più razze in una data nazione od unità territoriale produce generalmente delle caste di colore. Il sistema originario delle caste dell’India era basato sul colore, come lo era quello dell’antico Egitto.
(793.4) 70:8.12 10. Età — giovinezza e maturità. Nelle tribù il ragazzo era sotto la sorveglianza di suo padre fino a che questi viveva, mentre la ragazza era lasciata alle cure di sua madre fino al matrimonio.
(793.5) 70:8.13 Classi sociali flessibili e mutevoli sono indispensabili ad una civiltà in evoluzione, ma quando la classe diventa casta, quando i livelli sociali si fossilizzano, l’aumento di stabilità sociale si acquisisce con una diminuzione dell’iniziativa personale. La casta sociale risolve il problema di trovare il proprio posto nell’industria, ma diminuisce anche considerevolmente lo sviluppo individuale ed impedisce praticamente la cooperazione sociale.
(793.6) 70:8.14 Poiché le classi sociali si sono formate naturalmente, persisteranno fino a quando gli uomini non giungeranno a farle scomparire gradualmente per evoluzione mediante la manipolazione intelligente delle risorse biologiche, intellettuali e spirituali di una civiltà in progresso, quali:
(793.7) 70:8.15 1. Il rinnovamento biologico dei ceppi razziali — l’eliminazione selettiva delle linee umane inferiori. Ciò tenderà ad eliminare molte disuguaglianze umane.
(793.8) 70:8.16 2. La formazione educativa dell’accresciuta capacità cerebrale che scaturirà da questo miglioramento biologico.
(793.9) 70:8.17 3. Lo stimolo religioso dei sentimenti di parentela e di fratellanza umana.
(793.10) 70:8.18 Ma queste misure possono portare i loro veri frutti solo nei lontani millenni del futuro, anche se molti miglioramenti sociali risulteranno immediatamente dall’intelligente, saggia e paziente manipolazione di questi fattori acceleratori del progresso culturale. La religione è la leva potente che solleva la civiltà dal caos, ma essa è impotente senza il fulcro di una mente sana e normale che poggia saldamente su un’eredità sana e normale.
(793.11) 70:9.1 La natura non conferisce alcun diritto all’uomo, gli conferisce soltanto la vita ed un mondo in cui viverla. La natura non gli conferisce nemmeno il diritto di vivere, come si può dedurre immaginando cosa probabilmente succederebbe se un uomo disarmato s’incontrasse faccia a faccia con una tigre affamata nella foresta vergine. Il dono principale che la società ha fatto all’uomo è la sicurezza.
(793.12) 70:9.2 La società ha affermato gradualmente i suoi diritti, che attualmente sono:
(793.13) 70:9.3 1. L’assicurazione di approvvigionamento di cibo.
(793.14) 70:9.4 2. La difesa militare — la sicurezza mediante una preparazione.
(793.15) 70:9.5 3. La salvaguardia della pace interna — la prevenzione contro la violenza personale ed il disordine sociale.
(794.1) 70:9.6 4. Il controllo sessuale — il matrimonio, l’istituzione della famiglia.
(794.2) 70:9.7 5. La proprietà — il diritto di possedere.
(794.3) 70:9.8 6. L’incoraggiamento della competizione individuale e collettiva.
(794.4) 70:9.9 7. Le disposizioni per educare e formare i giovani.
(794.5) 70:9.10 8. La promozione degli scambi e del commercio — lo sviluppo industriale.
(794.6) 70:9.11 9. Il miglioramento delle condizioni e delle remunerazioni dei lavoratori.
(794.7) 70:9.12 10. La garanzia della libertà delle pratiche religiose affinché tutte le altre attività sociali possano essere esaltate divenendo spiritualmente motivate.
(794.8) 70:9.13 Quando i diritti sono così vecchi da non conoscerne l’origine sono spesso chiamati diritti naturali. Ma i diritti umani non sono in realtà naturali, sono interamente sociali. Essi sono relativi e sempre mutevoli e non rappresentano niente di più che le regole del gioco — quegli aggiustamenti riconosciuti delle relazioni che governano i fenomeni in continuo cambiamento della competizione umana.
(794.9) 70:9.14 Ciò che può essere considerato come un diritto in una data epoca può non esserlo in un’altra. La sopravvivenza di un gran numero di anormali e di degenerati non è dovuta al fatto che essi hanno un qualche diritto naturale d’ingombrare in tal modo la civiltà del ventesimo secolo, ma semplicemente perché la società dell’epoca, i costumi, stabiliscono così.
(794.10) 70:9.15 Nell’Europa del Medio Evo erano riconosciuti pochi diritti umani; allora ogni uomo apparteneva a qualcun altro e i diritti erano soltanto privilegi o favori accordati dallo Stato o dalla Chiesa. E la rivolta contro questo errore fu anch’essa un errore perché indusse a credere che tutti gli uomini nascessero uguali.
(794.11) 70:9.16 I deboli e gli inferiori hanno sempre lottato per ottenere diritti uguali; essi hanno sempre insistito perché lo Stato obbligasse i forti e i superiori a sovvenire ai loro bisogni ed a compensare altrimenti quelle deficienze che troppo spesso sono il risultato naturale della loro stessa indifferenza ed indolenza.
(794.12) 70:9.17 Ma questo ideale d’uguaglianza è figlio della civiltà; non si trova in natura. Anche la cultura stessa dimostra in modo conclusivo la disuguaglianza innata degli uomini con la loro disuguale capacità culturale. La realizzazione improvvisa e non evolutiva di una pretesa uguaglianza naturale farebbe rapidamente regredire l’uomo civilizzato alle rozze usanze delle ere primitive. La società non può offrire diritti uguali a tutti, ma può promettere di amministrare i vari diritti di ciascuno con onestà ed equità. È compito e dovere della società fornire al figlio della natura un’equa e serena opportunità di provvedere al proprio sostentamento, di partecipare alla propria perpetuazione ed allo stesso tempo di godere in qualche misura dell’autogratificazione, in quanto la somma di questi tre fattori costituisce la felicità umana.
(794.13) 70:10.1 La giustizia naturale è una teoria elaborata dall’uomo; non è una realtà. In natura la giustizia è puramente teorica, totalmente fittizia. La natura fornisce un solo tipo di giustizia — la conformità inevitabile dei risultati alle cause.
(794.14) 70:10.2 La giustizia, com’è concepita dall’uomo, significa far valere i propri diritti ed è stata perciò una questione di evoluzione progressiva. Il concetto di giustizia può ben essere parte costitutiva di una mente dotata di spirito, ma non scaturisce all’esistenza in forma compiuta nei mondi dello spazio.
(794.15) 70:10.3 L’uomo primitivo attribuiva tutti i fenomeni ad una persona. Nel caso della morte di un selvaggio non ci si chiedeva che cosa l’avesse ucciso ma chi. L’omicidio accidentale non era quindi riconosciuto e nella punizione di un crimine il motivo del criminale non era assolutamente preso in considerazione; il giudizio si basava sul danno causato.
(795.1) 70:10.4 Nelle società più primitive l’opinione pubblica agiva direttamente; non c’era bisogno di ufficiali della legge. Non c’era riservatezza nella vita primitiva. I vicini di un uomo erano responsabili della sua condotta; da qui il loro diritto di ficcare il naso nei suoi affari personali. La società era regolata secondo la teoria che l’insieme dei membri del gruppo doveva interessarsi al comportamento di ogni individuo e, in una certa misura, vigilare su di esso.
(795.2) 70:10.5 Si credette molto presto che gli spiriti amministrassero la giustizia tramite gli stregoni ed i sacerdoti; ciò fece dei membri di questi ordini i primi investigatori ed ufficiali della legge. I loro primi metodi per scoprire un crimine consistevano nel sottoporre a prove di veleno, di fuoco e di tortura. Queste prove selvagge non erano niente più che rozze tecniche d’arbitrato; esse non necessariamente sistemavano una disputa con giustizia. Per esempio: quando si somministrava un veleno, se l’accusato vomitava era ritenuto innocente.
(795.3) 70:10.6 L’Antico Testamento riporta una di queste ordalie, una prova di colpevolezza coniugale: se un uomo sospettava sua moglie di essergli infedele, la portava dal sacerdote ed esponeva i suoi sospetti, dopo di che il sacerdote preparava un intruglio composto di acqua benedetta e di spazzatura del pavimento del tempio. Dopo un’adeguata cerimonia, comprendente maledizioni minacciose, alla moglie accusata era fatta bere la disgustosa pozione. Se essa era colpevole “l’acqua che causa la maledizione entrerà in lei e diverrà amara, ed il suo ventre si gonfierà e le sue cosce imputridiranno, e la donna sarà maledetta tra il suo popolo”. Se per caso una donna riusciva ad ingoiare questa bevanda immonda senza mostrare sintomi d’indisposizione fisica era assolta dalle accuse fatte dal suo marito geloso.
(795.4) 70:10.7 Questi metodi atroci di scoperta dei crimini furono praticati in un’epoca o in un’altra da quasi tutte le tribù in evoluzione. Il duello è una sopravvivenza moderna del giudizio per mezzo di ordalie.
(795.5) 70:10.8 Non c’è da meravigliarsi che gli Ebrei ed altre tribù semicivilizzate abbiano praticato queste tecniche primitive di amministrazione della giustizia tremila anni fa, ma è più sorprendente che uomini dotati di raziocinio abbiano successivamente inserito questi resti di barbarie nelle pagine di una raccolta di scritti sacri. Una semplice riflessione dovrebbe rendere evidente che nessun essere divino ha mai dato ai mortali istruzioni così inique concernenti la scoperta ed il giudizio di supposte infedeltà coniugali.
(795.6) 70:10.9 La società adottò ben presto il metodo di ritorsione per mezzo di rappresaglie: occhio per occhio, vita per vita. Tutte le tribù in evoluzione riconobbero questo diritto di vendetta cruenta. La vendetta divenne lo scopo della vita primitiva, ma da allora la religione ha grandemente modificato queste prime pratiche tribali. Gli insegnanti della religione rivelata hanno sempre proclamato: “ ‘La vendetta spetta a me’, dice il Signore.” Le uccisioni per vendetta nei tempi primitivi non erano tanto diverse dagli assassini che si commettono oggi sotto il pretesto della legge non scritta.
(795.7) 70:10.10 Il suicidio era un modo comune di rappresaglia. Se un uomo non riusciva a vendicarsi durante la vita, moriva nella convinzione che avrebbe potuto tornare come spirito per sfogare la sua collera contro il suo nemico. E poiché questa credenza era molto diffusa, la minaccia di suicidarsi sulla soglia di un nemico era normalmente sufficiente per portarlo a patti. L’uomo primitivo non teneva in gran conto la vita; il suicidio per delle inezie era comune, ma gli insegnamenti dei Dalamatiani ridussero grandemente questa usanza, mentre in tempi più recenti il tempo libero, le comodità, la religione e la filosofia si sono alleate per rendere la vita più piacevole e più desiderabile. Gli scioperi della fame sono tuttavia un’analogia moderna di questo antico metodo di ritorsione.
(796.1) 70:10.11 Una delle prime espressioni della legge tribale avanzata concerneva la gestione della contesa cruenta come un affare della tribù. Ma è strano constatare come anche allora un uomo poteva uccidere sua moglie senza essere punito purché avesse interamente pagato il prezzo del suo acquisto. Gli odierni Eschimesi, tuttavia, lasciano ancora che la pena per un crimine, anche per un omicidio, sia decretata e somministrata dalla famiglia lesa.
(796.2) 70:10.12 Un altro progresso fu l’imposizione di ammende per la violazione di tabù, il provvedimento di sanzioni. Queste ammende costituirono le prime entrate pubbliche. La pratica di pagare “il denaro del sangue” entrò anch’essa in voga come sostituto della vendetta cruenta. Tali danni venivano di solito pagati in donne o in bestiame; ci volle molto tempo prima che fossero stabilite come punizione di un crimine delle reali ammende, delle compensazioni in denaro. E poiché l’idea di punizione era essenzialmente una compensazione, tutte le cose, inclusa la vita umana, finirono per avere un prezzo che poteva essere pagato come indennizzo. Gli Ebrei furono i primi ad abolire la pratica di pagare il prezzo del sangue. Mosè insegnò che non dovevano “accettare alcun risarcimento per la vita di un assassino colpevole d’avere ucciso; egli sarà certamente messo a morte”.
(796.3) 70:10.13 La giustizia fu dunque esercitata prima dalla famiglia, poi dal clan e successivamente dalla tribù. L’amministrazione della vera giustizia data dal momento in cui la vendetta fu tolta ai gruppi privati ed imparentati e affidata al gruppo sociale, allo Stato.
(796.4) 70:10.14 Una volta bruciare vivo qualcuno come punizione era una pratica corrente. Tale pratica era ammessa da molti antichi governanti, inclusi Hammurabi e Mosè; quest’ultimo ordinò che molti crimini, in particolare quelli gravi di natura sessuale, fossero puniti bruciando il colpevole sul rogo. Se “la figlia di un sacerdote” o di un altro cittadino eminente si dava alla prostituzione pubblica, era costume degli Ebrei “bruciarla col fuoco”.
(796.5) 70:10.15 Il tradimento — la “vendita” o il tradimento dei membri della propria tribù — fu il primo crimine capitale. Il furto di bestiame era universalmente punito con un’esecuzione sommaria, ed anche recentemente il furto di cavalli è stato punito allo stesso modo. Ma con il passare del tempo s’imparò che la severità della punizione non era un deterrente così importante per il crimine quanto la sua certezza e rapidità.
(796.6) 70:10.16 Quando una società non punisce i crimini, il rancore del gruppo si afferma di solito sotto forma di linciaggio; l’istituzione di santuari fu un modo per sfuggire a questa improvvisa collera collettiva. Il linciaggio e il duello rappresentano il rifiuto dell’individuo di delegare la riparazione privata allo Stato.
(796.7) 70:11.1 È altrettanto difficile fare delle distinzioni nette tra costumi e leggi quanto indicare con esattezza quando, all’alba, la notte è succeduta dal giorno. I costumi sono leggi e regolamenti di polizia in gestazione. Quando sono in vigore da molto tempo, i costumi non definiti tendono a cristallizzarsi in leggi precise, in regole concrete ed in convenzioni sociali ben definite.
(796.8) 70:11.2 All’inizio la legge è sempre negativa e proibitiva; nelle civiltà in progresso essa diviene sempre più positiva e direttiva. La società primitiva operava negativamente, riconosceva all’individuo il diritto di vivere imponendo a tutti gli altri l’ordine “tu non ucciderai”. Ogni concessione di diritti o di libertà ad un individuo implica la restrizione delle libertà di tutti gli altri, e ciò viene effettuato per mezzo del tabù, la legge primitiva. L’intero concetto del tabù è intrinsecamente negativo, perché la società primitiva era interamente negativa nella sua organizzazione, e l’amministrazione primitiva della giustizia consisteva nell’imporre dei tabù. Ma in origine queste leggi si applicavano solo ai membri della tribù, com’è dimostrato più tardi dagli Ebrei che avevano un codice etico differente per trattare con i Gentili.
(797.1) 70:11.3 Il giuramento ebbe origine ai tempi di Dalamatia nel tentativo di rendere una testimonianza più veritiera. Tali giuramenti consistevano nel pronunciare una maledizione su se stessi. In passato nessun individuo avrebbe testimoniato contro il suo gruppo natale.
(797.2) 70:11.4 Il crimine era un attacco ai costumi della tribù, il peccato era la trasgressione dei tabù che godevano dell’approvazione dei fantasmi, e ci fu una lunga confusione dovuta al fatto di non riuscire a separare il crimine dal peccato.
(797.3) 70:11.5 L’interesse personale stabilì il tabù sulle uccisioni, la società lo santificò come costume tradizionale, mentre la religione consacrò il costume come legge morale, ed in tal modo tutti e tre contribuirono a rendere la vita umana più sicura e più sacra. Durante i tempi primitivi la società non si sarebbe potuta tenere unita se i diritti non avessero avuto la sanzione della religione; la superstizione fu la forza di polizia morale e sociale delle lunghe ere evoluzionarie. Tutti gli antichi sostenevano che le loro vecchie leggi, i tabù, erano state date ai loro antenati dagli dei.
(797.4) 70:11.6 La legge è la trascrizione codificata di una lunga esperienza umana, dell’opinione pubblica cristallizzata e legalizzata. I costumi furono la materia prima dell’esperienza accumulata a partire dalla quale le successive menti direttive formularono le leggi scritte. L’antico giudice non aveva leggi. Quando emetteva una decisione, diceva semplicemente: “È l’usanza.”
(797.5) 70:11.7 Il riferimento a dei precedenti nelle decisioni dei tribunali rappresenta lo sforzo dei giudici di adattare le leggi scritte alle condizioni mutevoli della società. Ciò consente l’adattamento progressivo alle condizioni sociali in evoluzione, congiunto alla solennità della continuità tradizionale.
(797.6) 70:11.8 Le controversie sulla proprietà erano regolate in molte maniere, quali:
(797.7) 70:11.9 1. Distruggendo la proprietà contestata.
(797.8) 70:11.10 2. Con la forza — i contestanti decidevano mediante un combattimento.
(797.9) 70:11.11 3. Per arbitrato — decideva una terza parte.
(797.10) 70:11.12 4. Con ricorso agli anziani — e più tardi ai tribunali.
(797.11) 70:11.13 I primi tribunali furono incontri di pugilato regolati; i giudici erano semplicemente arbitri o giudici di gara. Essi badavano a che il combattimento proseguisse secondo le regole approvate. Prima d’iniziare un combattimento davanti al tribunale, ciascuna parte depositava una somma nelle mani del giudice per pagare le spese e l’ammenda dopo che uno era stato sconfitto dall’altro. “La forza era anche il diritto.” Più tardi gli argomenti verbali sostituirono i colpi fisici.
(797.12) 70:11.14 L’intera idea della giustizia primitiva non verteva tanto sul fatto che fosse equa, quanto che regolasse le contese ed evitasse così il disordine pubblico e la violenza privata. Ma gli uomini primitivi non si risentivano così tanto per ciò che ora viene considerato come un’ingiustizia; si dava per scontato che coloro che avevano il potere lo usassero a proprio vantaggio. Ciò nonostante lo status di una civiltà può essere determinato molto esattamente dalla serietà e dall’equità dei suoi tribunali e dall’integrità dei suoi giudici.
(797.13) 70:12.1 La grande lotta nell’evoluzione del governo ha riguardato la concentrazione del potere. Gli amministratori dell’universo hanno appreso per esperienza che i popoli evoluzionari dei mondi abitati sono meglio regolati dal tipo rappresentativo di governo civile, quando è mantenuto un adeguato equilibrio di potere tra i rami esecutivo, legislativo e giudiziario ben coordinati.
(798.1) 70:12.2 Mentre l’autorità primitiva era basata sulla forza, sulla potenza fisica, il governo ideale è il sistema rappresentativo in cui il comando è basato sulla capacità. Ma in tempi di barbarie la guerra imperversava troppo per permettere ad un governo rappresentativo di funzionare efficacemente. Nella lunga lotta tra la divisione dell’autorità e l’unità del comando, vinse la dittatura. I primi ed estesi poteri del consiglio primitivo degli anziani si concentrarono gradualmente nella persona del monarca assoluto. Dopo l’arrivo di veri re, i gruppi di anziani persisterono come corpi consultivi quasi legislativi-giudiziari. Più tardi fecero la loro apparizione le legislature di status coordinato, ed infine furono istituite le corti supreme di giudizio separate dalle legislature.
(798.2) 70:12.3 Il re era l’esecutore dei costumi, la legge originale o non scritta. Successivamente egli impose gli atti legislativi, la cristallizzazione dell’opinione pubblica. Un’assemblea popolare come espressione dell’opinione pubblica, benché lenta ad apparire, segnò un grande progresso sociale.
(798.3) 70:12.4 I primi re erano grandemente limitati dai costumi — dalla tradizione o dall’opinione pubblica. In tempi recenti alcune nazioni di Urantia hanno codificato questi costumi in documenti di base per il governo.
(798.4) 70:12.5 I mortali di Urantia hanno diritto alla libertà. Essi dovrebbero creare i loro sistemi di governo; dovrebbero adottare le loro costituzioni o altre carte di autorità civile e di procedura amministrativa. E dopo aver fatto ciò, dovrebbero scegliere i loro simili più competenti e più degni come capi esecutivi. Quali rappresentanti nel ramo legislativo dovrebbero eleggere soltanto coloro che sono intellettualmente e moralmente qualificati per assumere tali sacre responsabilità. Come giudici dei loro alti tribunali supremi dovrebbero essere scelti soltanto coloro che sono dotati di un’attitudine naturale e che sono stati resi saggi da una profonda esperienza.
(798.5) 70:12.6 Se gli uomini vogliono conservare la loro libertà devono, dopo aver scelto la loro carta della libertà, impegnarsi per la sua saggia, intelligente ed impavida interpretazione al fine di evitare:
(798.6) 70:12.7 1. L’usurpazione di un potere arbitrario da parte del ramo esecutivo o di quello legislativo.
(798.7) 70:12.8 2. Le macchinazioni di agitatori ignoranti e superstiziosi.
(798.8) 70:12.9 3. Il ritardo del progresso scientifico.
(798.9) 70:12.10 4. Lo stallo dovuto al dominio della mediocrità.
(798.10) 70:12.11 5. La dominazione da parte di minoranze corrotte.
(798.11) 70:12.12 6. Il controllo da parte di ambiziosi ed abili aspiranti dittatori.
(798.12) 70:12.13 7. Disastrose spaccature dovute al panico.
(798.13) 70:12.14 8. Lo sfruttamento da parte di uomini senza scrupoli.
(798.14) 70:12.15 9. La schiavitù fiscale dei cittadini da parte dello Stato.
(798.15) 70:12.16 10. La mancanza di equità sociale ed economica.
(798.16) 70:12.17 11. L’unione della Chiesa con lo Stato.
(798.17) 70:12.18 12. La perdita della libertà personale.
(798.18) 70:12.19 Questi sono i disegni e gli scopi dei tribunali costituzionali che operano come governatori sui meccanismi del governo rappresentativo di un mondo evoluzionario.
(799.1) 70:12.20 La lotta dell’umanità per perfezionare il governo su Urantia concerne l’ottimizzazione dei canali amministrativi, adattandoli ai bisogni correnti in continuo cambiamento, migliorando la distribuzione del potere nell’ambito del governo, e poi selezionando dei capi amministrativi veramente saggi. Anche se esiste una forma di governo divina e ideale, essa non può essere rivelata, ma deve essere lentamente e laboriosamente scoperta dagli uomini e dalle donne di ciascun pianeta in tutti gli universi del tempo e dello spazio.
(799.2) 70:12.21 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(800.1) 71:0.1 LO stato è un’utile evoluzione della civiltà; esso rappresenta il guadagno netto che la società ha tratto dalle rovine e dalle sofferenze della guerra. Anche l’arte di governare è semplicemente la tecnica accumulata per dirimere l’accanita competizione di forza tra le tribù e le nazioni in lotta.
(800.2) 71:0.2 Lo Stato moderno è l’istituzione che è sopravvissuta nella lunga lotta per il potere collettivo. Un potere superiore ha alla fine prevalso ed ha prodotto di fatto una creatura — lo Stato — assieme al mito morale dell’obbligo assoluto del cittadino di vivere e di morire per lo Stato. Ma lo Stato non è di origine divina; e nemmeno è stato prodotto da un’azione umana intelligente e voluta; esso è puramente un’istituzione evoluzionaria ed ebbe un’origine interamente automatica.
(800.3) 71:1.1 Lo Stato è un’organizzazione territoriale sociale regolatrice, e lo Stato più forte, più efficiente e più duraturo è composto di una sola nazione la cui popolazione ha una lingua, dei costumi e delle istituzioni comuni.
(800.4) 71:1.2 I primi Stati erano piccoli ed erano tutti il risultato di conquiste. Essi non ebbero origine da associazioni volontarie. Molti furono fondati da conquistatori nomadi che piombavano su pacifici pastori o su agricoltori stabili per soggiogarli e ridurli in schiavitù. Questi Stati risultanti da conquiste erano necessariamente stratificati; le classi erano inevitabili e le lotte di classe sono sempre state selettive.
(800.5) 71:1.3 Le tribù nordiche degli uomini rossi americani non raggiunsero mai una reale condizione di Stato. Esse non progredirono mai oltre una vaga confederazione di tribù, una forma di Stato molto primitiva. Quella che si avvicinò di più ad uno Stato fu la federazione degli Irochesi, ma questo gruppo di sei nazioni non funzionò mai veramente come uno Stato e non riuscì a sopravvivere per la mancanza di certi elementi essenziali alla vita nazionale moderna, quali:
(800.6) 71:1.4 1. L’acquisizione e l’eredità della proprietà privata.
(800.7) 71:1.5 2. L’esistenza di città accompagnate da agricoltura ed industria.
(800.8) 71:1.6 3. Animali domestici utili.
(800.9) 71:1.7 4. Un’organizzazione pratica della famiglia. Questi uomini rossi rimanevano attaccati alla famiglia materna e all’eredità da zio a nipote.
(800.10) 71:1.8 5. Un territorio definito.
(800.11) 71:1.9 6. Un capo esecutivo forte.
(800.12) 71:1.10 7. La schiavitù di prigionieri — essi li adottavano o li massacravano.
(800.13) 71:1.11 8. Conquiste decisive.
(800.14) 71:1.12 Gli uomini rossi erano troppo democratici; essi avevano un buon governo, ma questo fallì. Alla fine avrebbero dato origine ad uno Stato se non avessero incontrato prematuramente la civiltà più avanzata dell’uomo bianco, che impiegava i metodi di governo dei Greci e dei Romani.
(801.1) 71:1.13 La riuscita dello Stato romano fu basata su:
(801.2) 71:1.14 1. La famiglia paterna.
(801.3) 71:1.15 2. L’agricoltura e l’addomesticamento degli animali.
(801.4) 71:1.16 3. La concentrazione della popolazione — le città.
(801.5) 71:1.17 4. La proprietà privata di beni e di terra.
(801.6) 71:1.18 5. La schiavitù — le classi di cittadini.
(801.7) 71:1.19 6. La conquista e la riorganizzazione dei popoli deboli ed arretrati.
(801.8) 71:1.20 7. Un territorio definito con delle strade.
(801.9) 71:1.21 8. Capi con una forte personalità.
(801.10) 71:1.22 La grande debolezza della civiltà romana, ed uno dei fattori del disfacimento finale dell’impero, fu il provvedimento ritenuto liberale e progressista per l’emancipazione dei giovani a ventun anni e per la libertà incondizionata delle giovani, che furono così libere di sposare un uomo di loro scelta o di andare altrove dandosi all’immoralità. Il danno causato alla società non consisté tanto in queste riforme stesse, ma piuttosto nella maniera improvvisa ed estesa in cui furono adottate. La rovina di Roma dimostra che cosa ci si può aspettare quando uno Stato è sottoposto ad un’espansione troppo rapida associata ad una degenerazione interna.
(801.11) 71:1.23 Lo Stato embrionale fu reso possibile dal declino dei legami di sangue a favore di quelli territoriali, e le federazioni di tribù erano di solito saldamente cementate da conquiste. Anche se un vero Stato è caratterizzato da una sovranità che trascende tutti i contrasti minori e le differenze di gruppo, tuttavia molte classi e caste persistono nelle organizzazioni di Stato più tardive come vestigia dei clan e delle tribù dei tempi antichi. Gli Stati territoriali successivi e più grandi sostennero una lunga ed aspra lotta contro questi gruppi di clan consanguinei più piccoli. Il governo tribale fornì una valida transizione dall’autorità della famiglia a quella dello Stato. In tempi più recenti molti clan hanno avuto origine dal commercio e da altre associazioni industriali.
(801.12) 71:1.24 Quando uno Stato non riesce ad integrarsi, regredisce alle condizioni delle tecniche di governo antecedenti, quali il feudalesimo del Medio Evo europeo. Durante queste epoche oscure lo Stato territoriale crollò e vi fu un ritorno ai piccoli gruppi dei castelli, alla riapparizione degli stadi di sviluppo dei clan e delle tribù. Semistati simili esistono ancora oggi in Asia ed in Africa, ma non tutti sono dei regressi evoluzionari; molti sono nuclei embrionali di Stati del futuro.
(801.13) 71:2.1 La democrazia, benché sia ideale, è un prodotto della civiltà e non dell’evoluzione. Andateci piano! Scegliete con cura! Perché i pericoli della democrazia sono:
(801.14) 71:2.2 1. La glorificazione della mediocrità.
(801.15) 71:2.3 2. La scelta di capi meschini ed ignoranti.
(801.16) 71:2.4 3. L’incapacità di riconoscere i fatti fondamentali dell’evoluzione sociale.
(801.17) 71:2.5 4. Il pericolo del suffragio universale nelle mani di maggioranze incolte ed indolenti.
(801.18) 71:2.6 5. L’asservimento all’opinione pubblica; la maggioranza non ha sempre ragione.
(802.1) 71:2.7 L’opinione pubblica, l’opinione comune, ha sempre ostacolato la società; ciò nonostante essa è preziosa perché, pur frenando l’evoluzione sociale, preserva la civiltà. L’educazione dell’opinione pubblica è il solo metodo sicuro ed appropriato per accelerare la civiltà. La forza è solo un espediente temporaneo, e la crescita culturale sarà tanto più accelerata via via che le munizioni cederanno il posto alle votazioni. L’opinione pubblica, i costumi, è l’energia basilare e naturale dell’evoluzione sociale e dello sviluppo dello Stato, ma per essere di utilità allo Stato deve avere un’espressione non violenta.
(802.2) 71:2.8 La misura del progresso di una società è direttamente determinata dal grado in cui l’opinione pubblica riesce a controllare la condotta personale e la regolamentazione dello Stato mediante espressioni non violente. La comparsa di un governo veramente civilizzato si ebbe quando all’opinione pubblica furono concessi i poteri del diritto di voto personale. Le elezioni popolari possono non decidere sempre le cose in modo giusto, ma rappresentano il modo giusto di commettere anche un errore. L’evoluzione non produce istantaneamente una perfezione superlativa, ma piuttosto un aggiustamento comparativo e progressivo pratico.
(802.3) 71:2.9 Vi sono dieci tappe, o stadi, nell’evoluzione di una forma pratica ed efficace di governo rappresentativo, e sono:
(802.4) 71:2.10 1. La libertà della persona. La schiavitù, la schiavitù della gleba ed ogni altra forma di servitù umana devono scomparire.
(802.5) 71:2.11 2. La libertà della mente. A meno che un popolo libero non sia educato — istruito a pensare intelligentemente e a pianificare saggiamente — la libertà generalmente fa più male che bene.
(802.6) 71:2.12 3. Il regno della legge. La libertà può essere goduta solo quando la volontà ed i capricci dei dirigenti umani sono sostituiti da atti legislativi conformi alla fondamentale legge accettata.
(802.7) 71:2.13 4. La libertà di parola. Un governo rappresentativo è impensabile senza la libertà d’ogni forma di espressione per le aspirazioni e le opinioni umane.
(802.8) 71:2.14 5. La sicurezza della proprietà. Nessun governo può durare a lungo se non riesce ad assicurare il diritto di godere della proprietà personale in una qualunque forma. L’uomo anela al diritto di utilizzare, controllare, donare, vendere, affittare e lasciare in eredità i suoi beni personali.
(802.9) 71:2.15 6. Il diritto di petizione. Un governo rappresentativo implica il diritto per i cittadini di essere ascoltati. Il privilegio della petizione è insito nella libera cittadinanza.
(802.10) 71:2.16 7. Il diritto di governare. Non è sufficiente essere ascoltati; la facoltà di petizione deve progredire fino alla direzione stessa del governo.
(802.11) 71:2.17 8. Il suffragio universale. Un governo rappresentativo presuppone un elettorato intelligente, efficiente ed universale. Il carattere di un tale governo sarà sempre determinato dal carattere e dalla levatura di coloro che lo compongono. Via via che la civiltà progredisce, il suffragio, pur restando universale per entrambi i sessi, sarà efficacemente modificato, raggruppato e differenziato in altri modi.
(802.12) 71:2.18 9. Il controllo dei funzionari pubblici. Nessun governo civile sarà utile ed efficace fino a che i suoi cittadini non possederanno ed utilizzeranno tecniche sapienti per dirigere e controllare i detentori di cariche ed i funzionari pubblici.
(802.13) 71:2.19 10. Una rappresentanza intelligente e preparata. La sopravvivenza della democrazia dipende da validi governi rappresentativi; e ciò è condizionato dalla pratica di eleggere alle cariche pubbliche solo gli individui tecnicamente preparati, intellettualmente competenti, socialmente leali e moralmente degni. Soltanto con tali misure il governo del popolo, per mezzo del popolo e per il popolo può essere preservato.
(803.1) 71:3.1 La forma politica o amministrativa di un governo ha poca importanza purché fornisca gli elementi essenziali del progresso civile — libertà, sicurezza, istruzione e coordinamento sociale. Non è tanto ciò che lo Stato è ma quanto lo Stato fa che determina il corso dell’evoluzione sociale. Dopotutto nessuno Stato può trascendere i valori morali dei suoi cittadini quali sono esemplificati nei loro capi scelti. L’ignoranza e l’egoismo assicureranno la rovina anche del tipo più elevato di governo.
(803.2) 71:3.2 Per quanto sia da deplorare, l’egotismo nazionale è stato indispensabile alla sopravvivenza sociale. La dottrina del popolo eletto è stata un fattore primario per rinsaldare delle tribù e costruire delle nazioni fino ai tempi moderni. Ma nessuno Stato può raggiungere livelli ideali di funzionamento fino a che ogni forma d’intolleranza non sia stata eliminata; l’intolleranza è l’eterna nemica del progresso umano ed è meglio combattuta dalla coordinazione della scienza, del commercio, del divertimento e della religione.
(803.3) 71:3.3 Lo Stato ideale funziona sotto la spinta di tre potenti impulsi coordinati:
(803.4) 71:3.4 1. La lealtà amorevole derivata dalla realizzazione della fratellanza umana.
(803.5) 71:3.5 2. Il patriottismo intelligente basato su saggi ideali.
(803.6) 71:3.6 3. La percezione cosmica interpretata in termini di fatti, bisogni e scopi planetari.
(803.7) 71:3.7 Le leggi dello Stato ideale sono poco numerose ed hanno superato l’epoca negativa dei tabù per entrare nell’era del progresso positivo della libertà individuale conseguente ad un migliore autocontrollo. Lo Stato progredito non solo obbliga i suoi cittadini a lavorare, ma li incita anche ad utilizzare in modo proficuo ed edificante il crescente tempo a disposizione, risultante dalla liberazione dal lavoro faticoso dovuto ai progressi dell’era meccanica. Il tempo libero deve produrre come pure consumare.
(803.8) 71:3.8 Nessuna società è progredita molto quando permette la pigrizia e tollera la povertà. Ma la povertà e la dipendenza non potranno mai essere eliminate finché si sostengono largamente dei ceppi tarati e degenerati e si permette loro di riprodursi senza restrizioni.
(803.9) 71:3.9 Una società morale dovrebbe mirare a preservare il rispetto di sé tra i propri cittadini e ad offrire ad ogni individuo normale opportunità adeguate di autorealizzazione. Un tale piano di compimento sociale produrrebbe una società culturale dell’ordine più elevato. L’evoluzione sociale dovrebbe essere incoraggiata da una supervisione governativa che esercita il minimo controllo regolatore. Lo Stato migliore è quello che coordina di più governando di meno.
(803.10) 71:3.10 Gli ideali dello Stato devono essere raggiunti per evoluzione, con la lenta crescita della coscienza civica, con il riconoscimento che il servizio sociale è un obbligo ed un privilegio. Dopo la fine dell’amministrazione da parte di politici lottizzati, gli uomini prima assumono gli oneri di governo come un dovere, ma in seguito cercano questo ministero come un privilegio, come un altissimo onore. Lo status di un livello qualunque della civiltà è fedelmente illustrato dalla levatura dei suoi cittadini che si offrono volontari per accettare le responsabilità dello Stato.
(803.11) 71:3.11 In un vero Stato democratico gli affari di governo delle città e delle province sono condotti da esperti e sono diretti come tutte le altre forme di associazione di persone di carattere economico e commerciale.
(803.12) 71:3.12 Negli Stati evoluti il servizio politico è tenuto nella più alta stima dalla cittadinanza. La più grande ambizione dei cittadini più saggi e nobili è di guadagnare il riconoscimento civile, di essere eletti o nominati ad un posto di fiducia nel governo, e tali governi conferiscono i loro più alti onori in riconoscimento del servizio dei loro funzionari civili e sociali. Gli onori sono poi concessi nel seguente ordine ai filosofi, educatori, scienziati, industriali e militari. I genitori sono debitamente ricompensati dall’eccellenza dei loro figli, ed i capi puramente religiosi, essendo ambasciatori di un regno spirituale, ricevono la loro vera ricompensa in un altro mondo.
(804.1) 71:4.1 L’economia, la società ed il governo devono evolversi se vogliono sussistere. Le condizioni statiche su un mondo evoluzionario sono indice di decadenza; persistono solo quelle istituzioni che progrediscono con la corrente dell’evoluzione.
(804.2) 71:4.2 Il programma progressivo di una civiltà in espansione comprende:
(804.3) 71:4.3 1. Preservazione delle libertà individuali.
(804.4) 71:4.4 2. Protezione delle famiglie.
(804.5) 71:4.5 3. Promozione della sicurezza economica.
(804.6) 71:4.6 4. Prevenzione contro le malattie.
(804.7) 71:4.7 5. Istruzione obbligatoria.
(804.8) 71:4.8 6. Impiego obbligatorio.
(804.9) 71:4.9 7. Utilizzazione proficua del tempo libero.
(804.10) 71:4.10 8. Assistenza agli sfortunati.
(804.11) 71:4.11 9. Miglioramento della razza.
(804.12) 71:4.12 10. Promozione della scienza e dell’arte.
(804.13) 71:4.13 11. Promozione della filosofia — della saggezza.
(804.14) 71:4.14 12. Accrescimento dell’intuizione cosmica — della spiritualità.
(804.15) 71:4.15 Questi progressi nelle arti della civiltà portano direttamente alla realizzazione delle mete umane e divine più elevate cercate dai mortali — il raggiungimento sociale della fratellanza degli uomini e lo status personale di coscienza di Dio, che si rivela nel desiderio supremo di ogni individuo di fare la volontà del Padre che è nei cieli.
(804.16) 71:4.16 L’apparizione di una vera fratellanza significa che si è pervenuti ad un ordine sociale in cui tutti gli uomini gioiscono nel portare i fardelli l’uno dell’altro; essi desiderano realmente praticare la regola d’oro. Ma una tale società ideale non può essere realizzata fino a che i deboli ed i malvagi sono in attesa di trarre vantaggi ingiusti ed empi da coloro che sono principalmente spinti dalla devozione al servizio della verità, della bellezza e della bontà. In una tale situazione non c’è che una via da seguire: i “praticanti della regola d’oro” possono instaurare una società progressista nella quale vivere secondo i loro ideali, mantenendo un’adeguata difesa contro i loro simili arretrati che possono cercare di sfruttare la loro predilezione per la pace o di distruggere la loro civiltà in progresso.
(804.17) 71:4.17 L’idealismo non può mai sopravvivere su un pianeta in evoluzione se gli idealisti di ogni generazione si lasciano sterminare dagli ordini umani inferiori. Ed ecco il grande test dell’idealismo: può una società evoluta mantenere quell’apparato militare che garantisce la sua sicurezza contro ogni attacco dei suoi vicini bellicosi senza cedere alla tentazione d’impiegare questa forza militare in operazioni offensive contro altri popoli per scopi egoistici o di espansione nazionale? La sopravvivenza nazionale esige una preparazione e solo l’idealismo religioso può impedire che la preparazione si prostituisca divenendo aggressione. Solo l’amore, la fratellanza, può impedire al forte di opprimere il debole.
(805.1) 71:5.1 La competizione è indispensabile al progresso sociale, ma la competizione, se non è regolata, genera violenza. Nella società attuale la competizione sta lentamente rimpiazzando la guerra in quanto determina il posto dell’individuo nell’industria, così come decide la sopravvivenza delle industrie stesse. (L’omicidio e la guerra hanno posizioni diverse di fronte ai costumi; giacché l’omicidio è stato proscritto fin dai primi tempi della società, mentre la guerra non è ancora mai stata bandita dall’umanità nel suo insieme.)
(805.2) 71:5.2 Lo Stato ideale s’impegna a regolare la condotta sociale solo quanto basta per eliminare la violenza nella competizione individuale e per impedire l’ingiustizia nell’iniziativa personale. Ecco un grande problema per uno Stato: come si può garantire la pace e la tranquillità nell’industria, far pagare le imposte per sostenere il potere dello Stato e allo stesso tempo impedire alla fiscalità di ostacolare l’industria e allo Stato di diventare parassita o tiranno?
(805.3) 71:5.3 Durante le ere primitive di ciascun mondo la competizione è indispensabile al progresso della civiltà. Via via che l’evoluzione dell’uomo progredisce, la cooperazione diviene sempre più efficace. Nelle civiltà avanzate la cooperazione è più efficace della competizione. L’uomo primitivo è stimolato dalla competizione. L’evoluzione primitiva è caratterizzata dalla sopravvivenza degli esseri biologicamente idonei, ma le civiltà successive sono meglio favorite dalla cooperazione intelligente, dall’associazione comprensiva e dalla fratellanza spirituale.
(805.4) 71:5.4 È vero, la concorrenza nell’industria comporta sprechi eccessivi ed è altamente inefficace, ma nessun tentativo di eliminare questa attività di perdita economica dovrebbe essere incoraggiato se tali aggiustamenti comportano anche la più piccola abrogazione di qualcuna delle libertà individuali fondamentali.
(805.5) 71:6.1 L’attuale economia motivata dal profitto è condannata, a meno che ai moventi del profitto non si possano aggiungere i moventi del servizio. La concorrenza spietata basata sul gretto interesse personale finisce per distruggere anche quelle cose che cerca di conservare. La motivazione esclusiva ed egoistica del profitto è incompatibile con gli ideali cristiani — ed è ancor più incompatibile con gli insegnamenti di Gesù.
(805.6) 71:6.2 In economia il movente del profitto è, per il movente del servizio, ciò che la paura è per l’amore nella religione. Ma il movente del profitto non deve essere distrutto o eliminato bruscamente; esso mantiene assiduamente occupati molti mortali altrimenti indolenti. Non è necessario tuttavia che questo stimolatore d’energia sociale abbia sempre obiettivi egoistici.
(805.7) 71:6.3 Il movente del profitto nelle attività economiche è completamente egoistico e totalmente indegno di un ordine sociale avanzato; tuttavia esso è un fattore indispensabile nelle fasi iniziali della civilizzazione. Il fine del profitto non deve essere tolto agli uomini prima che essi abbiano fermamente incorporato tipi superiori di moventi non lucrativi nella conquista economica e nel servizio sociale — cioè il bisogno trascendente di una saggezza superlativa, di una fratellanza stimolante e della perfezione della realizzazione spirituale.
(806.1) 71:7.1 Lo Stato durevole è fondato sulla cultura, dominato dagli ideali e motivato dal servizio. Lo scopo dell’educazione dovrebbe essere l’acquisizione di abilità, la ricerca di saggezza, la realizzazione dell’individualità ed il raggiungimento di valori spirituali.
(806.2) 71:7.2 Nello Stato ideale l’educazione continua per tutta la vita e la filosofia diventa talvolta la meta principale dei suoi cittadini. I cittadini di una tale comunità cercano la saggezza per accrescere il discernimento del significato delle relazioni umane: i significati della realtà, la nobiltà dei valori, gli scopi della vita e le glorie del destino cosmico.
(806.3) 71:7.3 Gli Urantiani dovrebbero avere una visione di una società culturale nuova e più elevata. L’educazione balzerà a nuovi livelli di valori con il superamento del sistema economico puramente motivato dal profitto. L’educazione è stata troppo a lungo nazionalista, militarista, esaltando l’ego e mirando al successo personale; essa deve divenire infine mondiale, idealistica, autorealizzativa e di portata cosmica.
(806.4) 71:7.4 L’educazione è recentemente passata dal controllo del clero a quello degli uomini di legge e degli uomini d’affari. Alla fine essa dovrà essere affidata ai filosofi e agli scienziati. Gli insegnanti devono essere individui liberi, veri conduttori, affinché la filosofia, la ricerca della saggezza, possa diventare la meta principale dell’educazione.
(806.5) 71:7.5 L’educazione è l’impegno di tutta una vita; essa deve continuare per tutta la vita in modo che l’umanità possa fare gradualmente l’esperienza dei livelli ascendenti della saggezza umana, che sono:
(806.6) 71:7.6 1. La conoscenza delle cose.
(806.7) 71:7.7 2. La comprensione dei significati.
(806.8) 71:7.8 3. L’apprezzamento dei valori.
(806.9) 71:7.9 4. La nobiltà del lavoro — il dovere.
(806.10) 71:7.10 5. La motivazione degli scopi — la moralità.
(806.11) 71:7.11 6. L’amore per il servizio — il carattere.
(806.12) 71:7.12 7. L’intuizione cosmica — il discernimento spirituale.
(806.13) 71:7.13 E poi, grazie a questi successi, molti si eleveranno al massimo livello umano di realizzazione mentale, la coscienza di Dio.
(806.14) 71:8.1 Il solo carattere sacro di ogni governo umano è la divisione dello Stato nei tre domini delle funzioni esecutiva, legislativa e giudiziaria. L’universo è amministrato secondo un tale piano di separazione delle funzioni e dell’autorità. A parte questo concetto divino di regolamentazione sociale o di governo civile efficaci, poco importa quale forma di Stato un popolo possa scegliersi, purché la cittadinanza progredisca sempre verso la meta di un controllo migliore di se stessa e di un servizio sociale accresciuto. L’acume intellettuale, la saggezza economica, l’intelligenza sociale ed il vigore morale di un popolo si riflettono tutti fedelmente nello Stato.
(806.15) 71:8.2 L’evoluzione dello Stato comporta dei progressi da livello a livello come segue:
(806.16) 71:8.3 1. La creazione di un triplice governo con rami esecutivo, legislativo e giudiziario.
(806.17) 71:8.4 2. La libertà di svolgere attività sociali, politiche e religiose.
(807.1) 71:8.5 3. L’abolizione di tutte le forme di schiavitù e di servitù umana.
(807.2) 71:8.6 4. La capacità dei cittadini di regolamentare l’imposizione delle imposte.
(807.3) 71:8.7 5. L’istituzione di un’educazione universale — l’istruzione estesa dalla culla alla tomba.
(807.4) 71:8.8 6. L’aggiustamento appropriato tra governo locale e governo nazionale.
(807.5) 71:8.9 7. La promozione della scienza e la vittoria sulle malattie.
(807.6) 71:8.10 8. Il dovuto riconoscimento della parità dei sessi e la funzione coordinata degli uomini e delle donne nella famiglia, nella scuola e nella chiesa, con servizi specializzati femminili nell’industria e nel governo.
(807.7) 71:8.11 9. L’eliminazione della schiavitù dei lavori pesanti mediante l’invenzione di macchine ed il susseguente controllo dell’era meccanica.
(807.8) 71:8.12 10. La vittoria sui dialetti — il trionfo di un linguaggio universale.
(807.9) 71:8.13 11. La fine delle guerre — il giudizio internazionale delle controversie nazionali e razziali da parte di tribunali continentali di nazioni, presieduti da un tribunale supremo planetario composto in modo automatico dai capi dei tribunali continentali che via via vanno in pensione. Le decisioni dei tribunali continentali sono definitive; il ruolo del tribunale mondiale è consultivo — morale.
(807.10) 71:8.14 12. La tendenza nel mondo intero a cercare la saggezza — l’esaltazione della filosofia. L’evoluzione di una religione mondiale che lasci presagire l’entrata del pianeta nelle fasi iniziali di stabilizzazione in luce e vita.
(807.11) 71:8.15 Queste sono le condizioni preliminari di un governo progressista ed i segni distintivi di uno Stato ideale. Urantia è lontana dalla realizzazione di questi ideali elevati, ma le razze civilizzate hanno iniziato il loro cammino — l’umanità è in marcia verso destini evoluzionari più elevati.
(807.12) 71:8.16 [Patrocinato da un Melchizedek di Nebadon.]
(808.1) 72:0.1 CON il permesso di Lanaforge e l’approvazione degli Altissimi di Edentia io sono autorizzato a descrivervi alcuni aspetti della vita sociale, morale e politica della razza umana più evoluta di un pianeta non molto lontano appartenente al sistema di Satania.
(808.2) 72:0.2 Tra tutti i mondi di Satania che furono isolati per aver partecipato alla ribellione di Lucifero, questo pianeta ha avuto una storia molto simile a quella di Urantia. La somiglianza delle due sfere spiega indubbiamente perché è stato accordato il permesso di fare questa presentazione straordinaria, in quanto è molto insolito che i dirigenti del sistema consentano la narrazione su un pianeta degli affari di un altro.
(808.3) 72:0.3 Questo pianeta, come Urantia, fu sviato dalla slealtà del suo Principe Planetario in connessione con la ribellione di Lucifero. Esso ricevette un Figlio Materiale poco dopo l’arrivo di Adamo su Urantia, ed anche questo Figlio fallì, lasciando la sfera isolata, perché alle sue razze mortali non fu mai conferito un Figlio Magistrale.
(808.4) 72:1.1 Malgrado tutti questi ostacoli planetari, si sta evolvendo una civiltà molto superiore su un continente isolato che ha circa le dimensioni dell’Australia. Questa nazione conta circa 140 milioni di abitanti. Essi sono di razza mista, prevalentemente delle razze blu e gialla, con una proporzione di sangue viola leggermente maggiore rispetto alla cosiddetta razza bianca di Urantia. Queste differenti razze non sono ancora completamente mescolate, ma fraternizzano e socializzano in modo molto accettabile. La durata media della vita su questo continente è ora di novant’anni, il quindici per cento in più di quella di qualsiasi altro popolo di questo pianeta.
(808.5) 72:1.2 Il meccanismo industriale di questa nazione beneficia di un indubbio grande vantaggio dovuto alla topografia particolare del continente. Le alte montagne, sulle quali cadono forti piogge per otto mesi all’anno, sono situate al centro stesso del paese. Questa disposizione naturale favorisce l’impiego dell’energia idraulica e facilita grandemente l’irrigazione del settore occidentale, maggiormente arido, del continente.
(808.6) 72:1.3 Queste popolazioni sono autosufficienti, possono cioè vivere indefinitamente senza importare alcunché dalle nazioni circostanti. Le loro risorse naturali sono abbondanti e per mezzo di tecniche scientifiche essi hanno imparato come compensare le loro carenze di prodotti indispensabili alla vita. Essi hanno un attivo commercio interno, ma poco commercio con l’estero a causa dell’ostilità generale dei loro vicini meno progrediti.
(808.7) 72:1.4 Questa nazione continentale, in generale, ha seguito la tendenza evoluzionaria del pianeta: lo sviluppo dallo stadio della tribù all’apparizione di capi e di re potenti ha occupato migliaia di anni. Le monarchie assolute furono seguite da numerosi differenti tipi di governo — repubbliche abortite, Stati comunitari e dittatori apparvero e scomparvero in una profusione senza fine. Questa crescita proseguì fino a circa cinquecento anni fa quando, durante un periodo di fermento politico, uno dei potenti triumviri-dittatori della nazione ebbe un ripensamento. Egli si offrì di abdicare volontariamente a condizione che uno degli altri capi, il più indegno degli altri due, rinunciasse anche lui alla sua dittatura. In tal modo la sovranità del continente fu posta nelle mani di un solo capo. Lo Stato unificato progredì sotto un forte governo monarchico per più di cento anni, durante i quali fu messa a punto un’eccellente carta della libertà.
(809.1) 72:1.5 Il successivo passaggio dalla monarchia ad una forma rappresentativa di governo fu graduale. I re persisterono come semplici personaggi sociali o sentimentali d’alto rango e finirono per scomparire quando si estinse la linea di discendenza maschile. La repubblica attuale ha appena raggiunto i duecento anni di vita, durante i quali è progredita continuamente verso le tecniche di governo che stiamo per descrivere. Gli ultimi sviluppi nei campi industriale e politico sono stati effettuati nel corso del decennio scorso.
(809.2) 72:2.1 Questa nazione continentale ha ora un governo rappresentativo con una capitale nazionale situata al centro del paese. Il governo centrale consiste di una solida federazione di cento Stati relativamente liberi. Questi Stati eleggono i loro governatori e legislatori per dieci anni, e nessuno può essere rieletto. Dei giudici di Stato sono nominati a vita dai governatori e confermati dalle loro legislature, che sono costituite da un rappresentante per ogni centomila cittadini.
(809.3) 72:2.2 Vi sono cinque differenti tipi di governo metropolitano, a seconda della dimensione della città, ma nessuna città è autorizzata ad avere più di un milione di abitanti. Nel suo complesso questi schemi di amministrazione municipale sono molto semplici, diretti ed economici. I pochi posti dell’amministrazione della città sono fortemente ambiti dai cittadini di tipo più elevato.
(809.4) 72:2.3 Il governo federale comprende tre divisioni coordinate: esecutiva, legislativa e giudiziaria. Il capo esecutivo federale viene eletto ogni sei anni per suffragio territoriale universale. Egli non è rieleggibile, salvo che su richiesta di almeno settantacinque assemblee legislative di Stato appoggiate dai rispettivi governatori di Stato, ed in questo caso per un solo periodo. Egli è consigliato da un supergabinetto composto da tutti gli ex capi esecutivi viventi.
(809.5) 72:2.4 La divisione legislativa è composta da tre camere:
(809.6) 72:2.5 1. La camera alta è eletta dai lavoratori dell’industria, delle professioni, dell’agricoltura e di altri gruppi, che votano secondo la loro funzione economica.
(809.7) 72:2.6 2. La camera bassa è eletta da certe organizzazioni della società che comprendono i gruppi sociali, politici e filosofici non inclusi nell’industria o nelle professioni. Tutti i cittadini di buona reputazione partecipano all’elezione di entrambe le classi di rappresentanti, ma sono raggruppati differentemente a seconda che l’elezione riguardi la camera alta o la camera bassa.
(809.8) 72:2.7 3. La terza camera — gli statisti anziani — comprende i veterani del servizio civico ed include molte persone eminenti nominate dal capo esecutivo, dagli amministratori regionali (subfederali), dal capo del tribunale supremo e dai presidenti delle altre camere legislative. Questo gruppo è limitato a cento elementi ed i suoi membri sono eletti a maggioranza dagli stessi statisti anziani. L’incarico è a vita, e quando si rende disponibile un posto, la persona che ha ricevuto il maggior numero di voti nella lista dei candidati è per ciò stesso regolarmente eletta. Il compito di questo corpo è puramente consultivo, ma esso è un potente regolatore dell’opinione pubblica ed esercita una notevole influenza su tutti i rami del governo.
(810.1) 72:2.8 Gran parte del lavoro amministrativo federale è svolto dai dieci organismi regionali (subfederali), ognuno dei quali è composto dall’associazione di dieci Stati. Questi dipartimenti regionali sono interamente esecutivi ed amministrativi, non avendo né funzioni legislative né giudiziarie. I dieci capi esecutivi regionali sono nominati personalmente dal capo esecutivo federale ed il loro mandato di servizio è uguale al suo — sei anni. Il tribunale supremo federale approva la nomina di questi dieci esecutivi regionali, e mentre essi non possono essere rinominati, ogni esecutivo al termine del suo mandato diventa automaticamente l’associato ed il consigliere del suo successore. Per il resto questi capi regionali scelgono i loro gabinetti di funzionari amministrativi.
(810.2) 72:2.9 Questa nazione è giudicata da due sistemi principali di tribunali — i tribunali civili ed i tribunali socioeconomici. I tribunali civili funzionano ai tre livelli seguenti:
(810.3) 72:2.10 1. Le corti minori di giurisdizione municipale e locale, le cui decisioni possono essere appellate presso i tribunali superiori dello Stato.
(810.4) 72:2.11 2. Le corti supreme degli Stati, le cui decisioni sono definitive in tutte le questioni che non concernono il governo federale o che non attentano ai diritti e alle libertà dei cittadini. Gli esecutivi regionali hanno il potere di sottoporre direttamente un qualunque caso alla corte federale suprema.
(810.5) 72:2.12 3. La corte federale suprema — l’alto tribunale per il giudizio delle contese nazionali e dei casi appellati che provengono dai tribunali degli Stati. Questo tribunale supremo è composto da dodici uomini con più di quaranta e meno di settantacinque anni di età, che hanno servito per due o più anni in un tribunale di Stato e che sono stati nominati a questa alta posizione dal capo esecutivo, con l’approvazione della maggioranza del supergabinetto e della terza camera dell’assemblea legislativa. Tutte le decisioni di questo corpo giudiziario supremo sono prese con una maggioranza di almeno due terzi dei voti.
(810.6) 72:2.13 I tribunali socioeconomici funzionano nelle tre divisioni seguenti:
(810.7) 72:2.14 1. Tribunali delle famiglie, associati ai dipartimenti legislativo ed esecutivo delle famiglie e del sistema sociale.
(810.8) 72:2.15 2. Tribunali dell’educazione — i corpi giuridici collegati ai sistemi scolastici statali e regionali ed associati ai rami esecutivo e legislativo del meccanismo amministrativo dell’educazione.
(810.9) 72:2.16 3. Tribunali dell’industria — i tribunali giurisdizionali investiti della piena autorità per regolare tutte le controversie economiche.
(810.10) 72:2.17 La corte federale suprema non giudica i casi socioeconomici, salvo che non sia richiesto con tre quarti dei voti dal terzo ramo legislativo del governo nazionale, la camera degli statisti anziani. Altrimenti tutte le decisioni degli alti tribunali della famiglia, dell’educazione e dell’industria sono definitive.
(811.1) 72:3.1 Su questo continente la legge proibisce che due famiglie vivano sotto lo stesso tetto. E poiché sono state proibite le abitazioni collettive, la maggior parte delle costruzioni a più appartamenti sono state demolite. I celibi, tuttavia, vivono ancora in circoli, in hotel ed in altre costruzioni collettive. La più piccola abitazione autorizzata deve avere circa 4.500 metri quadrati di terra. Tutte le terre e le altre proprietà ad uso abitativo sono esenti da tasse fino a dieci volte la superficie minima per una famiglia.
(811.2) 72:3.2 La vita di famiglia di questo popolo è grandemente migliorata nel corso dell’ultimo secolo. È obbligatorio, sia per i padri che per le madri, assistere ai corsi di puericultura per genitori. Anche gli agricoltori che risiedono in piccoli agglomerati di campagna seguono questi corsi per corrispondenza e si recano ai vicini centri d’istruzione orale una volta ogni dieci giorni — ogni due settimane, perché qui la settimana è di cinque giorni.
(811.3) 72:3.3 Il numero medio di figli in ogni famiglia è di cinque, tutti sotto il pieno controllo dei loro genitori o, nel caso che uno od entrambi i genitori vengano a mancare, sotto quello dei tutori designati dai tribunali per le famiglie. Ogni famiglia considera un grande onore vedersi affidare la custodia di un orfano di padre e madre. Degli esami di concorso hanno luogo tra genitori e l’orfano è assegnato alla famiglia di quelli che dimostrano i migliori requisiti di genitori.
(811.4) 72:3.4 Questa gente considera la famiglia come l’istituzione fondamentale della loro civiltà. Essi ritengono che la parte più preziosa dell’educazione e della formazione del carattere di un figlio sia fornita dai suoi genitori ed in famiglia, ed i padri dedicano quasi altrettanta attenzione delle madri alla formazione dei figli.
(811.5) 72:3.5 Tutta l’istruzione sessuale è data in famiglia dai genitori o dai tutori legali. L’istruzione morale è offerta dagli insegnanti durante i periodi di riposo nei laboratori-scuola, ma non avviene altrettanto per l’istruzione religiosa, che è ritenuta privilegio esclusivo dei genitori, in quanto la religione è considerata parte integrante della vita di famiglia. L’istruzione puramente religiosa è data pubblicamente solo nei templi di filosofia, perché tra questo popolo non si è sviluppata alcuna istituzione esclusivamente religiosa come le chiese di Urantia. Nella loro filosofia la religione è lo sforzo di conoscere Dio e di manifestare amore per i propri simili mediante il servizio a loro favore, ma ciò non è tipico dello status religioso delle altre nazioni di questo pianeta. La religione è così completamente un affare di famiglia presso questo popolo che non esistono luoghi pubblici esclusivamente riservati ad assemblee religiose. Politicamente la Chiesa e lo Stato, come gli Urantiani sono soliti dire, sono completamente separati, ma c’è una strana sovrapposizione di religione e di filosofia.
(811.6) 72:3.6 Fino a vent’anni fa gli insegnanti spirituali (paragonabili ai pastori di Urantia), che visitano periodicamente ogni famiglia per esaminare i figli ed accertarsi se sono stati adeguatamente istruiti dai loro genitori, erano sotto la supervisione del governo. Questi consiglieri ed esaminatori spirituali sono ora sotto la direzione della Fondazione del Progresso Spirituale, un’istituzione creata da poco e sostenuta da contributi volontari. È possibile che questa istituzione non si evolva ulteriormente prima dell’arrivo di un Figlio Magistrale del Paradiso.
(811.7) 72:3.7 I figli restano legalmente sottomessi ai loro genitori fino all’età di quindici anni, quando ricevono la loro prima iniziazione alle responsabilità civili. Poi, ogni cinque anni e per cinque periodi successivi, hanno luogo delle esercitazioni pubbliche similari per gruppi della stessa età ed ogni volta i loro obblighi verso i genitori vengono diminuiti, mentre nuove responsabilità civili e sociali sono assunte verso lo Stato. Il diritto di voto è conferito a vent’anni, il diritto di sposarsi senza il consenso dei genitori non è accordato prima dei venticinque anni, ed i figli devono lasciare la famiglia quando raggiungono l’età di trent’anni.
(812.1) 72:3.8 Le leggi sul matrimonio e sul divorzio sono uniformi in tutta la nazione. Il matrimonio prima dei vent’anni — l’età di emancipazione civile — non è permesso. L’autorizzazione a sposarsi è accordata solo un anno dopo l’annuncio dell’intenzione a farlo e dopo che i due fidanzati hanno presentato dei certificati attestanti che sono stati debitamente istruiti nelle scuole per genitori sulle responsabilità della vita coniugale.
(812.2) 72:3.9 Le regole sul divorzio sono un po’ permissive, ma non si può ottenere un decreto di separazione, emesso dal tribunale per le famiglie, prima che sia trascorso un anno dalla registrazione della domanda, e l’anno su questo pianeta è considerevolmente più lungo che su Urantia. Malgrado le loro leggi facili sul divorzio, la proporzione attuale di divorzi è solo un decimo di quella delle razze civilizzate di Urantia.
(812.3) 72:4.1 Il sistema educativo di questa nazione è obbligatorio e promiscuo nelle scuole preuniversitarie che gli studenti frequentano dai cinque ai diciotto anni. Queste scuole sono assai differenti da quelle di Urantia. Non vi sono classi; si porta avanti soltanto una materia per volta e dopo i primi tre anni tutti gli allievi divengono insegnanti aggiunti ed istruiscono quelli più sotto di loro. I libri sono usati solo per procurarsi le informazioni utili a risolvere i problemi che insorgono nei laboratori-scuola e nelle fattorie-scuola. Gran parte degli arredi utilizzati sul continente e le numerose apparecchiature meccaniche — perché questa è una grande epoca d’invenzioni e di meccanizzazione — sono prodotti in questi laboratori. Adiacente ad ogni laboratorio c’è una biblioteca pratica dove gli studenti possono consultare i libri di riferimento necessari. Per tutto il periodo d’istruzione s’insegna anche l’agricoltura e l’orticoltura nelle vaste fattorie contigue ad ogni scuola locale.
(812.4) 72:4.2 Ai debilitati mentali s’insegna soltanto l’agricoltura e l’allevamento degli animali, e sono mandati per tutta la vita in colonie speciali di sorveglianza dove sono separati per sessi per impedire la procreazione, che è preclusa a tutti i subnormali. Queste misure restrittive sono in vigore da settantacinque anni; le ordinanze d’internamento sono emesse dai tribunali delle famiglie.
(812.5) 72:4.3 Ognuno fa un mese di vacanza ogni anno. Le scuole preuniversitarie sono aperte per nove mesi su un anno che ne ha dieci, e le vacanze vengono trascorse viaggiando con genitori o amici. Questi viaggi fanno parte del programma di educazione degli adulti e proseguono per tutta la vita. I fondi per far fronte a tali spese sono accumulati con gli stessi metodi impiegati per l’assicurazione sulla vecchiaia.
(812.6) 72:4.4 Un quarto del tempo di scuola è dedicato ai giochi — alle competizioni atletiche. Gli allievi progrediscono in queste competizioni dalle prove locali di abilità e di bravura, attraverso quelle provinciali e regionali, fino a quelle nazionali. Similmente, le competizioni oratorie e musicali, così come quelle di scienza e di filosofia, occupano l’attenzione degli studenti dalle sezioni sociali locali fino alle competizioni per il titolo nazionale.
(812.7) 72:4.5 L’amministrazione scolastica è una replica del governo nazionale con i suoi tre rami correlati; il corpo insegnante opera come terza divisione legislativa o consultiva. L’obiettivo principale dell’educazione su questo continente consiste nel fare di ciascun allievo un cittadino in grado di mantenersi.
(813.1) 72:4.6 Tutti gli allievi che escono diplomati dal sistema scolastico preuniversitario a diciotto anni sono degli abili artigiani. Allora comincia lo studio dei libri e la ricerca di una conoscenza specifica, sia nelle scuole per adulti che nelle università. Quando uno studente brillante completa il suo lavoro in anticipo sul programma, gli si accorda una ricompensa di tempo e di mezzi con cui eseguire un progetto da lui concepito che gli sta a cuore. L’intero sistema educativo è finalizzato a formare in modo adeguato l’individuo.
(813.2) 72:5.1 La situazione industriale presso questo popolo è lontana dai suoi ideali; il capitale ed il lavoro hanno ancora le loro difficoltà, ma entrambi tendono a conformarsi ad un piano di sincera cooperazione. Su questo continente straordinario gli operai stanno divenendo sempre più azionisti di tutte le aziende industriali; ogni lavoratore intelligente si sta lentamente trasformando in un piccolo capitalista.
(813.3) 72:5.2 Gli antagonismi sociali diminuiscono e la buona volontà cresce rapidamente. Nessun grave problema economico è sorto dall’abolizione della schiavitù (più di cento anni fa) perché questo intervento è stato effettuato gradualmente mediante liberazione del due per cento degli schiavi ogni anno. Agli schiavi che superavano in maniera soddisfacente delle prove mentali, morali e fisiche, è stato accordato il diritto di cittadinanza; molti di questi schiavi superiori erano prigionieri di guerra o figli di tali prigionieri. Circa cinquant’anni fa essi hanno deportato il resto dei loro schiavi inferiori, e più recentemente ancora si sono dedicati al compito di ridurre il numero delle loro classi degenerate e viziose.
(813.4) 72:5.3 Questo popolo ha recentemente sviluppato nuove tecniche per appianare le controversie industriali e per correggere gli abusi economici, tecniche che rappresentano un marcato miglioramento rispetto ai loro antichi metodi per risolvere tali problemi. La violenza è stata proibita come procedura per regolare divergenze sia personali che industriali. I salari, i profitti e gli altri problemi economici non sono regolamentati rigidamente, ma sono controllati in generale dai corpi legislativi industriali, mentre tutte le dispute che insorgono nell’industria sono giudicate dai tribunali dell’industria.
(813.5) 72:5.4 I tribunali dell’industria esistono solo da trent’anni ma funzionano in modo molto soddisfacente. Le disposizioni più recenti prevedono che d’ora in poi i tribunali dell’industria riconosceranno che le remunerazioni legali si compongono di tre parti:
(813.6) 72:5.5 1. Tassi legali d’interesse sul capitale investito.
(813.7) 72:5.6 2. Remunerazione ragionevole per l’abilità impiegata in operazioni industriali.
(813.8) 72:5.7 3. Salari giusti ed equi per gli operai.
(813.9) 72:5.8 A questi obblighi si farà fronte inizialmente in conformità ai contratti, ma se i profitti diminuiscono, le tre parti subiranno una riduzione temporanea proporzionale. Inoltre tutti i guadagni eccedenti questi costi fissi saranno considerati dividendi e saranno distribuiti prorata a ciascuna delle tre divisioni: capitale, abilità e lavoro.
(813.10) 72:5.9 Ogni dieci anni i capi esecutivi regionali fissano e decretano le ore legali di lavoro quotidiano remunerato. L’industria lavora attualmente quattro giorni su una settimana di cinque, consacrandone uno alla ricreazione. Questa gente lavora sei ore per ciascun giorno lavorativo e, come gli studenti, per nove mesi su un anno di dieci. Le vacanze sono generalmente trascorse in viaggi, ed essendo stati recentemente sviluppati nuovi mezzi di trasporto, l’intera nazione ha tendenza a viaggiare. Il clima è favorevole ai viaggi per circa otto mesi all’anno, ed essi sfruttano al meglio le loro opportunità.
(813.11) 72:5.10 Duecento anni fa il movente del profitto era completamente predominante nell’industria, ma oggi sta per essere rapidamente rimpiazzato da altre motivazioni più elevate. La concorrenza è forte su questo continente, ma è stata trasferita in gran parte dall’industria ai giochi, all’abilità, alle realizzazioni scientifiche e ai compimenti intellettuali. Essa è molto viva nel servizio sociale e nella fedeltà al governo. Presso questo popolo il servizio pubblico sta rapidamente divenendo la meta principale dell’ambizione. L’uomo più ricco del continente lavora sei ore al giorno nell’ufficio della sua officina meccanica e si affretta poi ad andare alla sezione locale della scuola d’arte di governo, dove cerca di qualificarsi per il servizio pubblico.
(814.1) 72:5.11 La mano d’opera sta acquisendo maggior considerazione su questo continente, e tutti i cittadini validi oltre i diciotto anni lavorano o in famiglia o nelle fattorie, in un’industria riconosciuta, nei lavori pubblici dove sono assorbiti i disoccupati temporanei, oppure nel corpo del lavoro obbligatorio nelle miniere.
(814.2) 72:5.12 Questo popolo comincia anche a sviluppare una nuova forma di disgusto sociale — il disgusto sia per l’ozio che per la ricchezza non guadagnata. Lentamente ma sicuramente essi stanno trionfando sulle loro macchine. Anch’essi lottarono un tempo per la libertà politica e poi per l’indipendenza economica. Ora iniziano a godere di entrambe, mentre cominciano ad apprezzare il loro ben meritato tempo libero, che può essere consacrato ad accrescere la propria realizzazione.
(814.3) 72:6.1 Questa nazione sta facendo uno sforzo risoluto per sostituire il tipo di carità distruttrice del rispetto di se stessi con dignitose garanzie di un’assicurazione governativa di previdenza per la vecchiaia. Questa nazione fornisce un’educazione a tutti i figli ed un’occupazione a tutti gli uomini; perciò può porre in atto con successo un tale piano di assicurazione per la protezione degli infermi e degli anziani.
(814.4) 72:6.2 Presso questo popolo tutte le persone devono ritirarsi dalle occupazioni remunerate all’età di sessantacinque anni, a meno di ricevere un permesso dal commissario statale al lavoro che consenta loro di rimanere al lavoro fino a settant’anni. Questo limite di età non si applica né ai funzionari di governo né ai filosofi. I disabili fisici o gli invalidi permanenti possono essere iscritti nella lista dei pensionati a qualsiasi età su disposizione del tribunale controfirmata dal commissario alle pensioni del governo regionale.
(814.5) 72:6.3 I fondi per le pensioni di vecchiaia provengono da quattro fonti:
(814.6) 72:6.4 1. Il guadagno di una giornata per ogni mese viene requisito dal governo federale per questo scopo, ed in questo paese tutti lavorano.
(814.7) 72:6.5 2. I lasciti — numerosi cittadini ricchi lasciano dei fondi a questo fine.
(814.8) 72:6.6 3. I profitti del lavoro obbligatorio nelle miniere dello Stato. Dopo che gli operai arruolati hanno provveduto alle loro necessità e messo da parte le loro contribuzioni per la pensione, tutti i ricavi residui del loro lavoro sono versati su questo fondo di pensione.
(814.9) 72:6.7 4. Il ricavato delle risorse naturali. Tutte le ricchezze naturali del continente sono detenute come deposito sociale dal governo federale ed il loro ricavo è utilizzato per scopi sociali, quali la prevenzione contro le malattie, l’educazione dei geni ed il mantenimento d’individui particolarmente promettenti nelle scuole d’arte di governo. Metà del ricavato delle risorse naturali va al fondo pensione per la vecchiaia.
(814.10) 72:6.8 Benché delle fondazioni attuariali provinciali e regionali forniscano numerose forme di assicurazione protettiva, le pensioni di vecchiaia sono esclusivamente amministrate dal governo federale tramite i dieci dipartimenti regionali.
(814.11) 72:6.9 Questi fondi governativi sono stati amministrati onestamente da lungo tempo. Dopo il tradimento e l’omicidio, le pene più severe sono inflitte dai tribunali al tradimento della fiducia pubblica. La slealtà sociale e politica è attualmente considerata come il più odioso di tutti i crimini.
(815.1) 72:7.1 Il governo federale è paternalistico soltanto nell’amministrazione delle pensioni di vecchiaia e nel sostenimento del genio e della originalità creativa; i governi di Stato s’interessano un po’ più del singolo cittadino, mentre i governi locali sono molto più paternalistici o socialistici. La città (o una sua suddivisione) si occupa di materie quali la salute, l’igiene, i regolamenti urbanistici, l’abbellimento, la fornitura d’acqua, l’illuminazione, il riscaldamento, la ricreazione, la musica e le comunicazioni.
(815.2) 72:7.2 In tutta l’industria la principale attenzione è per la salute. Alcuni aspetti del benessere fisico sono considerati prerogative dell’industria e della comunità, ma i problemi della salute individuale e familiare sono questioni unicamente personali. In medicina, come in tutte le altre questioni puramente personali, il piano del governo è quello di astenersi sempre più dall’interferire.
(815.3) 72:7.3 Le città non hanno alcun potere di tassare, né possono indebitarsi. Esse ricevono dalla tesoreria di Stato un’assegnazione per ogni abitante e devono integrare tale entrata con i profitti delle loro imprese sociali e con le licenze per l’esercizio delle varie attività commerciali.
(815.4) 72:7.4 I mezzi di trasporto rapido, che rendono possibile un’estensione considerevole dei limiti urbani, sono sotto il controllo municipale. I dipartimenti urbani dei pompieri sono sostenuti dalle fondazioni di assicurazione e di prevenzione contro l’incendio, e tutte le costruzioni, in città o in campagna, sono a prova di fuoco — e lo sono da più di settantacinque anni.
(815.5) 72:7.5 Non ci sono poliziotti incaricati dalla municipalità; le forze di polizia sono mantenute dai governi di Stato. I membri di questo dipartimento sono reclutati quasi esclusivamente tra gli uomini celibi dai venticinque ai cinquant’anni. La maggior parte degli Stati impone una tassa piuttosto pesante sul celibato, che non è richiesta a tutti gli uomini che si arruolano nella polizia di Stato. Nella media degli Stati le forze di polizia sono ora soltanto un decimo di quelle di cinquant’anni fa.
(815.6) 72:7.6 C’è pochissima o nessuna uniformità nei piani fiscali dei cento Stati relativamente liberi e sovrani, perché le condizioni economiche e di altro tipo variano grandemente nei differenti settori del continente. Ogni Stato ha dieci clausole costituzionali di base che non possono essere modificate senza il consenso della corte federale suprema, ed uno di questi articoli proibisce d’imporre un’imposta superiore all’uno per cento del valore di un bene qualunque per ciascun anno; le abitazioni sia urbane che rurali sono esenti da imposte.
(815.7) 72:7.7 Il governo federale non può contrarre debiti ed è necessario un referendum con una maggioranza di tre quarti dei voti perché uno Stato possa accendere dei mutui, salvo che per scopi di guerra. Poiché il governo federale non può contrarre debiti, in caso di guerra il Consiglio Nazionale della Difesa ha la facoltà di richiedere agli Stati sia denaro che uomini e materiali, secondo i bisogni. Ma nessun debito può andare oltre i venticinque anni.
(815.8) 72:7.8 Le entrate destinate a sostenere il governo federale provengono dalle cinque fonti seguenti:
(815.9) 72:7.9 1. I diritti d’importazione. Tutte le merci importate sono soggette ad un’imposta destinata a proteggere il livello di vita di questo continente, che è molto più elevato rispetto a qualsiasi altra nazione del pianeta. Queste tariffe sono fissate dalla corte più elevata dell’industria dopo che le due camere del congresso industriale hanno ratificato le raccomandazioni del capo esecutivo degli affari economici, il quale è nominato congiuntamente da questi due corpi legislativi. La camera alta dell’industria è eletta in base al lavoro, la camera bassa in base al capitale.
(816.1) 72:7.10 2. Le royalties. Il governo federale incoraggia le invenzioni e le creazioni originali nei dieci laboratori regionali, aiutando tutti i tipi di geni — artisti, autori e scienziati — e proteggendo i loro brevetti. In cambio il governo preleva metà dei profitti provenienti da tutte queste invenzioni e creazioni, sia che riguardino macchine, libri, opere d’arte, piante o animali.
(816.2) 72:7.11 3. Le tasse di successione. Il governo federale preleva un’imposta di successione progressiva che va dall’uno al cinquanta per cento, secondo l’entità dei beni ed altre condizioni.
(816.3) 72:7.12 4. L’equipaggiamento militare. Il governo ricava somme considerevoli dall’affitto di equipaggiamenti militari e navali per usi commerciali e ricreativi.
(816.4) 72:7.13 5. Le risorse naturali. Il ricavato delle risorse naturali, quando non è completamente utilizzato per gli scopi specifici indicati nella carta dello Stato, viene versato al tesoro nazionale.
(816.5) 72:7.14 Gli stanziamenti federali, eccetto i fondi di guerra stabiliti dal Consiglio Nazionale della Difesa, sono fissati dalla camera alta legislativa, confermati dalla camera bassa, approvati dal capo esecutivo ed infine convalidati dalla commissione dei cento del bilancio federale. I membri di questa commissione sono nominati dai governatori di Stato e sono eletti dalle assemblee legislative degli Stati e durano in carica ventiquattro anni; ne viene eletto un quarto ogni sei anni. Ogni sei anni questo corpo, con una maggioranza di tre quarti dei voti, sceglie un capo tra i suoi membri, e costui diventa così direttore-controllore del tesoro federale.
(816.6) 72:8.1 In aggiunta al programma d’istruzione obbligatoria di base che va dai cinque ai diciotto anni, sono organizzate le seguenti scuole speciali:
(816.7) 72:8.2 1. Scuole d’arte di governo. Queste scuole sono di tre tipi: nazionali, regionali e di Stato. Gli uffici pubblici della nazione sono raggruppati in quattro divisioni. La prima divisione di responsabilità pubblica concerne principalmente l’amministrazione nazionale e tutti i funzionari di questo gruppo devono avere il diploma della scuola d’arte di governo sia regionale che nazionale. Nella seconda divisione i candidati possono accettare una carica politica, elettiva o di nomina, dopo essersi diplomati in una delle dieci scuole regionali d’arte di governo; i loro incarichi concernono responsabilità nell’amministrazione regionale e nei governi degli Stati. La terza divisione comprende responsabilità di Stato, e per tali funzionari è sufficiente avere il titolo della scuola d’arte di governo degli Stati. Ai funzionari della quarta ed ultima divisione non è richiesto alcun diploma d’arte di governo, in quanto tali cariche sono attribuite tutte per nomina. Esse rappresentano posizioni minori di assistenti, segretari e tecnici occupate da membri delle varie professioni liberali che operano con funzioni amministrative di governo.
(816.8) 72:8.3 I giudici dei tribunali minori e di Stato sono diplomati dalle scuole d’arte di governo di Stato. I giudici dei tribunali giurisdizionali che giudicano questioni sociali, educative e industriali sono diplomati dalle scuole regionali. I giudici della corte federale suprema devono possedere il diploma di tutte queste scuole d’arte di governo.
(817.1) 72:8.4 2. Scuole di filosofia. Queste scuole sono affiliate ai templi di filosofia e sono più o meno associate alla religione in quanto funzione pubblica.
(817.2) 72:8.5 3. Istituti scientifici. Queste scuole tecniche sono coordinate con l’industria piuttosto che con il sistema educativo e sono amministrate in quindici divisioni.
(817.3) 72:8.6 4. Scuole di formazione professionale. Queste istituzioni speciali provvedono alla preparazione tecnica per le diverse professioni liberali, che sono dodici.
(817.4) 72:8.7 5. Scuole militari e navali. Presso il quartier generale nazionale e nei venticinque centri militari costieri vi sono le istituzioni dedite alla preparazione militare di cittadini volontari di età dai diciotto ai trent’anni. Per essere ammessi a queste scuole prima dei venticinque anni è necessario il consenso dei genitori.
(817.5) 72:9.1 Benché per i candidati a tutti gli incarichi pubblici sia obbligatorio il diploma delle scuole d’arte di governo provinciali, regionali o federali, i dirigenti progressisti di questa nazione individuarono un grave difetto nel loro piano di suffragio universale, e circa cinquant’anni fa adottarono dei provvedimenti costituzionali per un sistema modificato di votazione che includeva le seguenti particolarità:
(817.6) 72:9.2 1. Ogni uomo o donna dai vent’anni in su dispone di un voto. Al raggiungimento di questa età tutti i cittadini devono accettare l’inserimento in due gruppi di elettori: s’iscriveranno al primo in base alla loro funzione economica — industriale, professionale, agricola o commerciale; entreranno nel secondo gruppo a seconda delle loro inclinazioni politiche, filosofiche e sociali. In tal modo tutti i lavoratori appartengono ad un gruppo elettorale economico, e queste corporazioni, alla stregua delle associazioni non economiche, sono regolate in modo molto simile a quello del governo nazionale con la sua triplice divisione dei poteri. L’iscrizione a questi gruppi non può essere cambiata per dodici anni.
(817.7) 72:9.3 2. Su proposta dei governatori di Stato o dei capi esecutivi regionali, e su disposizione dei consigli supremi regionali, agli individui che hanno reso grandi servizi alla società o che hanno dimostrato una straordinaria saggezza nei servizi governativi, possono essere assegnati dei voti addizionali non più spesso di ogni cinque anni e senza superare nove di tali voti addizionali. Il suffragio massimo di un elettore multiplo è di dieci voti. Gli scienziati, gli inventori, gli educatori, i filosofi ed i capi spirituali sono anch’essi beneficiati ed onorati in tal modo di un potere politico accresciuto. Questi elevati privilegi civici sono conferiti dai consigli supremi di Stato e regionali in modo molto simile al conferimento di diplomi da parte delle scuole superiori speciali, ed i beneficiari sono fieri di aggiungere i simboli di tale riconoscimento civico, assieme ai loro altri diplomi, alla lista delle loro realizzazioni personali.
(817.8) 72:9.4 3. Tutti gli individui condannati ai lavori forzati nelle miniere e tutti gli impiegati governativi retribuiti con il ricavato delle imposte, durante i periodi di tali servizi non hanno diritto di voto. Questa disposizione non si applica alle persone anziane che sono andate in pensione all’età di sessantacinque anni.
(817.9) 72:9.5 4. Ci sono cinque categorie di suffragio che riflettono la media delle imposte pagate annualmente per ogni periodo quinquennale. Ai contribuenti maggiori sono concessi dei voti supplementari fino ad un massimo di cinque. Questa concessione è indipendente da ogni altro riconoscimento, ma in nessun caso una persona può disporre di più di dieci voti.
(818.1) 72:9.6 5. Nel momento in cui fu adottato questo sistema di votazione, il metodo elettorale territoriale fu abbandonato a favore del sistema economico o di funzione. Tutti i cittadini votano ora in quanto membri di gruppi industriali, sociali o professionali, indipendentemente dalla loro residenza. In tal modo l’elettorato è composto di gruppi integrati, unificati ed intelligenti che eleggono solo i loro membri migliori ai posti governativi di fiducia e di responsabilità. C’è una sola eccezione a questo piano di suffragio per funzioni o per gruppi: l’elezione di un capo esecutivo federale ogni sei anni avviene con votazione nazionale, e nessun cittadino dispone di più di un voto.
(818.2) 72:9.7 In tal modo, salvo che nell’elezione del capo esecutivo, il suffragio è esercitato da gruppi economici, professionali, intellettuali e sociali di cittadini. Lo Stato ideale è organico ed ogni gruppo libero ed intelligente di cittadini rappresenta un organo vitale e funzionale all’interno del più ampio organismo governativo.
(818.3) 72:9.8 Le scuole d’arte di governo hanno il potere di promuovere un’azione davanti ai tribunali di Stato per far ritirare il diritto di voto ad ogni individuo tarato, ozioso, apatico o criminale. Questo popolo riconosce che, quando il cinquanta per cento di una nazione è composta di elementi inferiori o degenerati in possesso del diritto di voto, tale nazione è condannata. Essi credono che il predominio della mediocrità significhi la rovina di una nazione. Il voto è obbligatorio; sono comminate forti ammende a coloro che non danno il loro voto.
(818.4) 72:10.1 I metodi di questo popolo nei confronti del crimine, della pazzia e della degenerazione, se per certi aspetti piaceranno, per altri si riveleranno indubbiamente sconvolgenti per la maggior parte degli Urantiani. I criminali comuni e gli anormali sono assegnati per sesso in differenti colonie agricole e sono più che autosufficienti. I criminali più inveterati e gli alienati incurabili sono condannati dai tribunali a morire nelle camere a gas. Numerosi crimini oltre all’omicidio, compreso il tradimento della fiducia del governo, comportano anch’essi la pena di morte, e l’azione della giustizia è sicura e rapida.
(818.5) 72:10.2 Questo popolo sta per uscire dall’era negativa della legge per entrare in quella positiva. Recentemente essi si sono spinti fino a tentare di prevenire i crimini condannando a servire per tutta la vita nelle colonie di detenzione coloro che sono ritenuti potenziali assassini e grandi criminali. Se tali detenuti dimostrano successivamente di essere diventati più normali, possono essere liberati sulla parola o graziati. Il numero degli omicidi su questo continente raggiunge soltanto l’uno per cento di quello delle altre nazioni.
(818.6) 72:10.3 Da più di cento anni sono stati intrapresi degli sforzi per impedire la riproduzione di criminali e di degenerati, che hanno già dato risultati soddisfacenti. Non vi sono né prigioni né ospedali per gli alienati. Per un’unica ragione: questi gruppi raggiungono soltanto il dieci per cento di quelli esistenti su Urantia.
(818.7) 72:11.1 I diplomati delle scuole militari federali possono essere incaricati come “custodi della civiltà” in sette gradi, a seconda della capacità e dell’esperienza, dal presidente del Consiglio Nazionale della Difesa. Questo consiglio è composto da venticinque membri nominati dai tribunali familiari, educativi e industriali più elevati, è ratificato dalla corte federale suprema e presieduto d’ufficio dal capo di stato maggiore degli affari militari coordinati. Tali membri servono fino all’età di settant’anni.
(819.1) 72:11.2 I corsi seguiti da questi ufficiali incaricati durano quattro anni e sono invariabilmente legati alla padronanza di un qualche mestiere o professione. L’addestramento militare non viene mai dato senza associarvi questa istruzione industriale, scientifica o professionale. Quando l’addestramento militare è terminato, l’interessato ha ricevuto durante i suoi quattro anni di corso metà dell’istruzione impartita in una qualsiasi delle scuole speciali, dove i corsi durano ugualmente quattro anni. In questo modo si evita la creazione di una classe di militari di professione, fornendo ad un gran numero di uomini l’opportunità di guadagnarsi da vivere mentre acquisiscono la prima metà di un’istruzione tecnica o professionale.
(819.2) 72:11.3 Il servizio militare in tempo di pace è puramente volontario, e l’arruolamento in tutte le branche del servizio è di quattro anni, durante i quali ogni uomo segue un indirizzo di studio speciale in aggiunta all’apprendimento della tattica militare. L’educazione musicale è una delle principali occupazioni delle scuole militari centrali e dei venticinque campi di addestramento distribuiti alla periferia del continente. Durante i periodi di ristagno nell’industria molte migliaia di disoccupati vengono automaticamente utilizzati per rinforzare le difese militari del continente sulla terra, sul mare e nell’aria.
(819.3) 72:11.4 Benché questo popolo mantenga un potente apparato di guerra per difendersi dalle invasioni dei popoli ostili circostanti, si può ascrivere a suo merito che da più di cento anni non ha impiegato queste risorse militari in una guerra offensiva. Esso è divenuto civilizzato al punto da poter difendere energicamente la civiltà senza cedere alla tentazione d’impiegare il suo potenziale di guerra in aggressioni. Non ci sono state guerre civili dall’istituzione dello Stato continentale unificato, ma durante gli ultimi due secoli questo popolo è stato chiamato a sostenere nove accanite guerre di difesa, tre delle quali contro potenti confederazioni di potenze mondiali. Sebbene questa nazione mantenga un’adeguata difesa contro ogni attacco da parte di vicini ostili, dedica molta più attenzione alla preparazione di uomini di Stato, di scienziati e di filosofi.
(819.4) 72:11.5 Quando esso è in pace con il mondo tutti i mezzi mobili di difesa sono interamente impiegati negli affari, nel commercio o nei divertimenti. Quando viene dichiarata guerra l’intera nazione è mobilitata. Per tutto il periodo delle ostilità in tutte le industrie è in vigore il soldo militare, e i capi di tutti i dipartimenti militari divengono membri del gabinetto del capo esecutivo.
(819.5) 72:12.1 Benché la società ed il governo di questo popolo straordinario siano sotto molti aspetti superiori a quelli delle nazioni di Urantia, bisogna precisare che sugli altri continenti (ve ne sono undici su questo pianeta) i governi sono nettamente inferiori a quelli delle nazioni più evolute di Urantia.
(819.6) 72:12.2 Attualmente questo governo superiore sta progettando di stabilire relazioni d’ambasciata con i popoli inferiori, e per la prima volta è sorto un grande capo religioso che sollecita l’invio di missionari alle nazioni circostanti. Noi temiamo che essi stiano per commettere l’errore che tanti altri hanno fatto tentando d’imporre una cultura ed una religione superiore ad altre razze. Quale cosa meravigliosa si compirebbe su tale mondo se questa nazione continentale di cultura avanzata si limitasse ad uscire e a portare presso di sé gli elementi migliori dei popoli vicini e poi, dopo averli educati, li rimandasse come emissari di cultura presso i loro fratelli arretrati! Beninteso, se un Figlio Magistrale venisse presto in questa nazione evoluta, grandi cose potrebbero accadere rapidamente su tale mondo.
(820.1) 72:12.3 Questo racconto degli affari di un pianeta vicino è fatto per autorizzazione speciale allo scopo di far progredire la civiltà e di accelerare l’evoluzione governativa su Urantia. Si potrebbero narrare molte più cose che senza dubbio interesserebbero e sorprenderebbero gli Urantiani, ma quanto rivelato è ai limiti di ciò che ci consente il nostro mandato.
(820.2) 72:12.4 Gli Urantiani dovrebbero tuttavia prender nota che la loro sfera sorella nella famiglia di Satania non ha beneficiato né di missioni magistrali né di missioni di conferimento di Figli Paradisiaci. Né i vari popoli di Urantia sono divisi l’uno dall’altro dalla disparità di cultura che separa la nazione continentale dalle altre nazioni del pianeta.
(820.3) 72:12.5 L’effusione dello Spirito della Verità fornisce la base spirituale per la realizzazione di grandi compimenti nell’interesse della razza umana del pianeta che ne beneficia. Urantia è quindi molto meglio preparato per la più immediata realizzazione di un governo planetario con le sue leggi, i suoi meccanismi, i suoi simboli, le sue convenzioni e la sua lingua — i quali potrebbero contribuire tutti così potentemente a stabilire la pace mondiale sotto l’egida della legge ed a portare prima o poi all’aurora di una reale epoca d’impegno spirituale. Una tale epoca è la soglia planetaria che conduce alle ere utopistiche di luce e vita.
(820.4) 72:12.6 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(821.1) 73:0.1 LA decadenza culturale e l’indigenza spirituale risultanti dalla caduta di Caligastia e dal conseguente disordine sociale ebbero scarso effetto sullo status fisico o biologico dei popoli di Urantia. L’evoluzione organica proseguì di buon passo, del tutto indipendentemente dal regresso culturale e morale che seguì così rapidamente la disaffezione di Caligastia e di Daligastia. E venne il momento nella storia planetaria, circa quarantamila anni fa, in cui i Portatori di Vita in servizio presero atto che da un punto di vista puramente biologico il progresso evolutivo delle razze di Urantia era prossimo al suo culmine. Gli amministratori fiduciari Melchizedek, condividendo questa opinione, accettarono subito di unirsi ai Portatori di Vita per chiedere agli Altissimi di Edentia di far ispezionare Urantia in vista di autorizzare l’invio di elevatori biologici, un Figlio ed una Figlia Materiali.
(821.2) 73:0.2 Questa richiesta fu rivolta agli Altissimi di Edentia perché essi avevano esercitato una giurisdizione diretta su molti affari di Urantia dopo la caduta di Caligastia e la vacanza temporanea di autorità su Jerusem.
(821.3) 73:0.3 Tabamantia, supervisore sovrano della serie di mondi decimali o sperimentali, venne ad ispezionare il pianeta, e dopo la sua verifica del progresso razziale, raccomandò debitamente che fossero assegnati ad Urantia dei Figli Materiali. Poco meno di cento anni dopo questa ispezione, Adamo ed Eva, un Figlio ed una Figlia Materiali del sistema locale, arrivarono e cominciarono il loro difficile compito di tentare di sbrogliare gli affari confusi di un pianeta ritardato dalla ribellione e messo al bando dall’isolamento spirituale.
(821.4) 73:1.1 Su un pianeta normale l’arrivo del Figlio Materiale annuncerebbe generalmente l’avvicinarsi di una grande era d’invenzioni, di progresso materiale e d’illuminazione intellettuale. L’era postadamica è la grande era scientifica sulla maggior parte dei mondi, ma non fu così su Urantia. Benché il pianeta fosse popolato da razze fisicamente idonee, le tribù languivano negli abissi dello stato selvaggio e della stagnazione morale.
(821.5) 73:1.2 Diecimila anni dopo la ribellione praticamente tutti i guadagni dell’amministrazione del Principe erano stati annullati; le razze del mondo erano poco migliori di quanto sarebbero state se questo Figlio sviato non fosse mai venuto su Urantia. Le tradizioni di Dalamatia e la cultura del Principe Planetario persisterono soltanto presso i Noditi e gli Amadoniti.
(821.6) 73:1.3 I Noditi erano i discendenti dei membri ribelli del gruppo del Principe e derivavano il loro nome dal loro primo capo, Nod, un tempo presidente della commissione dell’industria e del commercio di Dalamatia. Gli Amadoniti erano i discendenti degli Andoniti che scelsero di rimanere fedeli con Van e Amadon. “Amadonita” è più una designazione culturale e religiosa che un termine razziale; dal punto di vista razziale gli Amadoniti erano essenzialmente Andoniti. “Nodita” è un termine sia culturale che razziale, perché i Noditi costituivano l’ottava razza di Urantia.
(822.1) 73:1.4 Esisteva un’ostilità tradizionale tra i Noditi e gli Amadoniti. Questa inimicizia ritornava costantemente alla superficie tutte le volte che i discendenti di questi due gruppi tentavano d’impegnarsi in un’impresa comune. Anche più tardi, negli affari dell’Eden, fu estremamente difficile per loro lavorare insieme in pace.
(822.2) 73:1.5 Poco dopo la distruzione di Dalamatia i seguaci di Nod si divisero in tre gruppi maggiori. Il gruppo centrale rimase nelle immediate vicinanze del loro ambiente originario presso il Golfo Persico. Il gruppo orientale emigrò verso le regioni elevate di Elam ad est della valle dell’Eufrate. Il gruppo occidentale si stabilì sulla riva siriana a nordest del Mediterraneo e nel territorio adiacente.
(822.3) 73:1.6 Questi Noditi si erano largamente congiunti con le razze Sangik ed avevano lasciato una progenie capace. Successivamente alcuni discendenti dei ribelli Dalamatiani si unirono a Van e ai suoi fedeli seguaci nelle terre situate a nord della Mesopotamia. Qui, in prossimità del Lago Van e nella regione a sud del Mar Caspio, i Noditi si unirono e si mescolarono con gli Amadoniti e furono considerati tra i “potenti uomini di un tempo”.
(822.4) 73:1.7 Prima dell’arrivo di Adamo ed Eva questi gruppi — i Noditi e gli Amadoniti — erano le razze più evolute e più colte della terra.
(822.5) 73:2.1 Per quasi cento anni prima dell’ispezione di Tabamantia, Van ed i suoi associati, dal loro quartier generale di etica e di cultura mondiale situato sugli altopiani, avevano predicato la venuta di un Figlio di Dio promesso, un elevatore razziale, un insegnante della verità e un degno successore del traditore Caligastia. Benché la maggior parte degli abitanti del pianeta di quel tempo accordassero poco o nessun interesse a tale predizione, quelli che erano a contatto diretto con Van e Amadon presero sul serio questo insegnamento e cominciarono a fare dei progetti per ricevere realmente il Figlio promesso.
(822.6) 73:2.2 Van raccontò ai suoi più vicini collaboratori la storia dei Figli Materiali su Jerusem; quello che aveva conosciuto di loro prima di venire su Urantia. Egli sapeva bene che questi Figli Adamici vivevano sempre in dimore-giardino semplici ma graziose e propose, ottantatré anni prima dell’arrivo di Adamo ed Eva, di dedicarsi tutti alla proclamazione della loro venuta e alla preparazione di una dimora-giardino per accoglierli.
(822.7) 73:2.3 Dal loro quartier generale sugli altopiani e dai sessantuno insediamenti sparsi lontano, Van e Amadon reclutarono un corpo di più di tremila lavoratori entusiasti e volonterosi, i quali, in una solenne assemblea, si consacrarono a questa missione di preparazione per l’arrivo del promesso — o almeno atteso — Figlio.
(822.8) 73:2.4 Van divise i suoi volontari in cento compagnie con un capitano al comando di ciascuna ed un associato che serviva nel suo stato maggiore personale come ufficiale di collegamento, tenendo Amadon come suo collaboratore personale. Queste commissioni cominciarono tutte seriamente i loro lavori preliminari, ed il comitato per l’ubicazione del Giardino partì alla ricerca del luogo ideale.
(822.9) 73:2.5 Benché Caligastia e Daligastia fossero stati privati di gran parte del loro potere di nuocere, fecero tutto il possibile per frustrare ed intralciare il lavoro di preparazione del Giardino. Ma le loro manovre perverse furono largamente controbilanciate dalle attività leali delle quasi diecimila creature intermedie fedeli che lavorarono infaticabilmente per far progredire l’iniziativa.
(823.1) 73:3.1 Il comitato per l’ubicazione del Giardino rimase assente per quasi tre anni. Esso fece un rapporto favorevole su tre possibili posizioni: la prima era un’isola nel Golfo Persico; la seconda era la posizione sul fiume occupata successivamente per il secondo giardino; la terza era una lunga e stretta penisola — quasi un’isola — che si stendeva verso ovest a partire dalla costa orientale del Mare Mediterraneo.
(823.2) 73:3.2 Il comitato preferì quasi unanimemente la terza soluzione. Fu scelto questo luogo e ci vollero due anni per trasferire il quartier generale culturale del mondo, compreso l’albero della vita, su questa penisola mediterranea. Tutti gli abitanti della penisola, salvo un solo gruppo, evacuarono pacificamente quando arrivarono Van ed il suo seguito.
(823.3) 73:3.3 Questa penisola mediterranea aveva un clima salubre ed una temperatura uniforme. Questa stabilità del tempo era dovuta alle montagne che la circondavano ed al fatto che tale area era praticamente un’isola in un mare interno. Mentre pioveva abbondantemente sulle zone montuose circostanti, raramente pioveva su Eden propriamente detto. Ma ogni notte, dall’estesa rete di canali artificiali d’irrigazione “si alzava una bruma” che rinfrescava la vegetazione del Giardino.
(823.4) 73:3.4 La linea costiera di questa penisola era molto elevata e l’istmo che la collegava alla terraferma era largo solo quarantatré chilometri nel suo punto più stretto. Il grande fiume che bagnava il Giardino scendeva dalle terre più alte della penisola e scorreva verso est attraverso l’istmo della penisola fino al continente, attraversando le pianure della Mesopotamia sino al mare situato dalla parte opposta. Esso era alimentato da quattro affluenti che nascevano nelle colline costiere della penisola edenica; queste erano le “quattro teste” del fiume che “usciva da Eden” e che furono confuse più tardi con gli affluenti dei fiumi circostanti il secondo giardino.
(823.5) 73:3.5 Le montagne che circondavano il Giardino abbondavano di pietre preziose e di metalli, sebbene questi ricevessero pochissima attenzione. L’idea dominante doveva essere la glorificazione dell’orticoltura e l’esaltazione dell’agricoltura.
(823.6) 73:3.6 Il luogo scelto per il Giardino era probabilmente il posto più bello del suo tipo nel mondo intero ed il clima era a quel tempo ideale. In nessun altro luogo c’era una posizione che potesse prestarsi così perfettamente a diventare un simile paradiso di espressione botanica. In questo luogo d’incontro si riuniva la crema della civiltà di Urantia. Al di fuori e più lontano il mondo giaceva nelle tenebre, nell’ignoranza e allo stato selvaggio. Eden era l’unico luogo splendente di Urantia; per sua natura era un sogno d’incanto e divenne ben presto un poema di squisita e perfezionata gloria paesaggistica.
(823.7) 73:4.1 Quando dei Figli Materiali, gli elevatori biologici, iniziano il loro soggiorno su un mondo evoluzionario, il loro luogo di dimora è spesso chiamato il Giardino di Eden perché è caratterizzato dalla bellezza floreale e dalla magnificenza botanica di Edentia, la capitale della costellazione. Van conosceva bene queste abitudini e di conseguenza stabilì che l’intera penisola fosse consacrata al Giardino. Furono progettati pascoli ed allevamenti nella terraferma adiacente. Come appartenenti al regno animale dovevano esserci nel parco soltanto gli uccelli e le varie specie di animali domestici. Van aveva ordinato che Eden fosse un giardino e solo un giardino. Entro i suoi confini non furono mai abbattuti animali. Tutta la carne mangiata dai lavoratori del Giardino durante gli anni della costruzione proveniva dalle mandrie tenute in custodia sul continente.
(824.1) 73:4.2 Il primo compito fu di costruire un muro di mattoni attraverso l’istmo della penisola. Una volta completatolo, poté procedere senza intralci il vero lavoro di abbellimento del paesaggio e di costruzione delle abitazioni.
(824.2) 73:4.3 Fu creato un giardino zoologico costruendo un muro più piccolo appena al di là del muro principale; lo spazio intermedio, occupato da ogni sorta di bestie feroci, serviva da difesa supplementare contro gli attacchi ostili. Questo serraglio fu organizzato in dodici grandi settori, e dei sentieri fiancheggiati da muri separavano questi gruppi e conducevano alle dodici porte del Giardino; il fiume ed i suoi pascoli adiacenti occupavano l’area centrale.
(824.3) 73:4.4 Nella preparazione del Giardino furono impiegati soltanto lavoratori volontari; non ne fu mai utilizzato alcuno a pagamento. Essi coltivavano il Giardino e accudivano le loro mandrie per mantenersi; contribuzioni di cibo erano ricevute anche dai credenti vicini. Questa grande impresa fu portata a termine malgrado le difficoltà che accompagnarono lo stato di disordine del mondo durante questi tempi perturbati.
(824.4) 73:4.5 Tuttavia, fu causa di grande delusione quando Van, non sapendo in quale momento il Figlio e la Figlia attesi sarebbero giunti, suggerì che anche la generazione più giovane fosse addestrata nel lavoro per proseguire l’impresa nel caso il loro arrivo fosse ritardato. Ciò sembrò l’ammissione di una mancanza di fede da parte di Van e provocò un notevole turbamento, accompagnato da numerose diserzioni. Ma Van proseguì nel suo piano di preparazione, colmando nel contempo i posti dei disertori con volontari più giovani.
(824.5) 73:5.1 Al centro della penisola edenica c’era l’incantevole tempio in pietra del Padre Universale, il santuario sacro del Giardino. A nord fu stabilito il quartier generale amministrativo; a sud furono costruite le case per gli operai e le loro famiglie; ad ovest fu previsto l’appezzamento di terreno per le progettate scuole del sistema educativo del Figlio atteso, mentre ad “est di Eden” furono costruiti i domicili destinati al Figlio promesso e alla sua discendenza diretta. I piani architettonici per Eden prevedevano case e terre abbondanti per un milione di esseri umani.
(824.6) 73:5.2 Al momento dell’arrivo di Adamo, benché il Giardino fosse completato solo per un quarto, possedeva migliaia di chilometri di canali d’irrigazione e più di ventimila chilometri di strade e di sentieri pavimentati. C’erano poco più di cinquemila costruzioni in mattoni nei diversi settori, e gli alberi e le piante erano innumerevoli. Sette era il numero massimo di case costituenti ciascun agglomerato nel parco. E sebbene le strutture del Giardino fossero semplici, erano molto artistiche. Le strade e i sentieri erano ben costruiti ed il paesaggio era incantevole.
(824.7) 73:5.3 I dispositivi sanitari del Giardino erano molto più progrediti rispetto a tutto ciò che era stato tentato sino ad allora su Urantia. L’acqua da bere di Eden era mantenuta potabile dalla stretta osservanza dei regolamenti d’igiene destinati a conservare la sua purezza. Durante questi tempi primitivi molti problemi sorgevano dall’inosservanza di queste regole, ma Van inculcò gradualmente nei suoi associati l’importanza di non far cadere nulla nei serbatoi d’acqua del Giardino.
(825.1) 73:5.4 Prima della successiva costruzione di un sistema di eliminazione delle acque di scolo, gli Edeniti praticarono lo scrupoloso seppellimento di tutti i rifiuti o dei materiali soggetti a decomposizione. Gli ispettori di Amadon effettuavano il loro giro tutti i giorni alla ricerca di possibili cause di malattia. Gli Urantiani non presero nuovamente coscienza dell’importanza della prevenzione contro le malattie umane fino ai tempi successivi del diciannovesimo e del ventesimo secolo. Prima del disfacimento del regime adamico era stato costruito un sistema di eliminazione dei rifiuti mediante una condotta sotterranea in mattoni che passava sotto le mura e si riversava nel fiume di Eden più di un chilometro e mezzo oltre la muraglia esterna, o minore, a valle del Giardino.
(825.2) 73:5.5 Al momento dell’arrivo di Adamo la maggior parte dei tipi di piante di questa regione del mondo cresceva in Eden. Molti frutti, cereali e noci erano già stati notevolmente migliorati. Molti cereali ed ortaggi moderni furono coltivati qui per la prima volta, ma decine di varietà di piante alimentari furono successivamente perdute per il mondo.
(825.3) 73:5.6 Circa il cinque per cento del Giardino era a coltivazione intensiva artificiale, il quindici per cento era parzialmente coltivato, il resto fu lasciato ad uno stato più o meno naturale in attesa dell’arrivo di Adamo, essendosi ritenuto preferibile completare il parco secondo le sue idee.
(825.4) 73:5.7 È così che il Giardino di Eden fu preparato per ricevere l’Adamo promesso e la sua consorte. E questo Giardino avrebbe fatto onore ad un mondo sotto un’amministrazione perfezionata ed un controllo normale. Adamo ed Eva furono molto soddisfatti del piano generale di Eden, anche se portarono molti cambiamenti all’arredamento della loro dimora personale.
(825.5) 73:5.8 Benché il lavoro di abbellimento non fosse completamente terminato al momento dell’arrivo di Adamo, il posto era già un gioiello di splendore botanico; e durante i primi tempi del suo soggiorno in Eden tutto il Giardino prese una nuova forma ed assunse nuove proporzioni di bellezza e di magnificenza. Né prima né dopo quest’epoca Urantia ha mai ospitato un’esposizione così stupenda e completa di orticoltura e di agricoltura.
(825.6) 73:6.1 Al centro del tempio del Giardino Van piantò l’albero della vita a lungo custodito, le cui foglie erano destinate alla “guarigione delle nazioni” ed i cui frutti l’avevano così a lungo sostentato sulla terra. Van sapeva bene che Adamo ed Eva sarebbero dipesi anch’essi da questo dono di Edentia per il mantenimento della loro vita una volta che fossero apparsi su Urantia in forma materiale.
(825.7) 73:6.2 Nelle capitali dei sistemi i Figli Materiali non hanno bisogno dell’albero della vita per la loro sussistenza. Solo nella ripersonalizzazione planetaria essi dipendono da questo complemento per l’immortalità fisica.
(825.8) 73:6.3 L’ “albero della conoscenza del bene e del male” può essere una figura retorica, una designazione simbolica che copre una moltitudine di esperienze umane, ma l’ “albero della vita” non era un mito; esso era reale e per lungo tempo fu presente su Urantia. Quando gli Altissimi di Edentia approvarono la nomina di Caligastia come Principe Planetario di Urantia e quella dei cento cittadini di Jerusem come suo personale amministrativo, inviarono sul pianeta per mezzo dei Melchizedek un arbusto di Edentia, e questa pianta divenne l’albero della vita su Urantia. Questa forma di vita non intelligente è propria delle sfere capitali delle costellazioni e si trova anche sui mondi capitale degli universi locali e dei superuniversi come pure sulle sfere di Havona, ma non sulle capitali dei sistemi.
(826.1) 73:6.4 Questa superpianta immagazzinava certe energie dello spazio che erano antidoti agli elementi che producevano l’invecchiamento dell’esistenza animale. Il frutto dell’albero della vita agiva come una batteria di accumulatori superchimici, liberando misteriosamente, quando lo si mangiava, la forza dell’universo prolungatrice della vita. Tale forma di sostentamento era assolutamente inutilizzabile dagli esseri evoluzionari normali di Urantia, ma era specificamente utile ai cento membri materializzati del personale di Caligastia ed ai cento Andoniti modificati che avevano fornito il loro plasma vitale al gruppo del Principe e che, in ricambio, avevano ricevuto quel complemento vitale che consentiva loro di utilizzare il frutto dell’albero della vita per un prolungamento indefinito della loro esistenza altrimenti mortale.
(826.2) 73:6.5 Durante il regno del Principe l’albero cresceva nel suolo del cortile centrale circolare del tempio del Padre. Allo scoppio della ribellione esso fu ripiantato, a partire dal ceppo centrale, da Van e dai suoi associati, nel loro accampamento temporaneo. Questo arbusto di Edentia fu successivamente portato nel loro rifugio sugli altopiani, dove servì a Van e ad Amadon per più di centocinquantamila anni.
(826.3) 73:6.6 Quando Van ed i suoi associati prepararono il Giardino per Adamo ed Eva trapiantarono l’albero di Edentia nel Giardino di Eden dove, ancora una volta, crebbe in un cortile centrale circolare di un altro tempio del Padre. E Adamo ed Eva mangiavano periodicamente il suo frutto per il mantenimento della loro forma duale di vita fisica.
(826.4) 73:6.7 Quando i piani del Figlio Materiale furono sconvolti, ad Adamo e alla sua famiglia non fu permesso di portar via il ceppo dell’albero dal Giardino. Allorché i Noditi invasero Eden fu detto loro che sarebbero divenuti come “dei se avessero mangiato del frutto dell’albero”. Con loro grande sorpresa lo trovarono incustodito. Essi mangiarono abbondantemente i suoi frutti per anni, ma ciò non procurò loro alcun effetto. Essi erano tutti mortali materiali del regno; erano privi della dotazione che agisce come complemento dei frutti dell’albero. Essi s’infuriarono per la loro incapacità di beneficiare dell’albero della vita e, in occasione di una delle loro guerre intestine, il tempio e l’albero furono entrambi distrutti dal fuoco; solo il muro di pietra sussisté fino a quando il Giardino fu successivamente sommerso. Questo fu il secondo tempio del Padre ad essere distrutto.
(826.5) 73:6.8 Ed ora tutta l’umanità di Urantia deve seguire il corso naturale della vita e della morte. Adamo, Eva, i loro figli ed i figli dei loro figli, unitamente ai loro associati, perirono tutti nel corso del tempo, divenendo in tal modo soggetti al piano d’ascensione dell’universo locale, in cui la risurrezione sui mondi delle dimore segue la morte fisica.
(826.6) 73:7.1 Dopo che il primo giardino fu lasciato da Adamo, fu variamente occupato dai Noditi, dai Cutiti e dai Suntiti. Esso divenne più tardi il luogo di abitazione dei Noditi del nord che erano contrari alla cooperazione con gli Adamiti. La penisola era stata invasa da questi Noditi di livello inferiore da quasi quattromila anni dopo che Adamo aveva lasciato il Giardino quando, in connessione con la violenta attività dei vulcani circostanti e la sommersione dell’istmo che collegava la Sicilia all’Africa, il fondale orientale del Mare Mediterraneo affondò, trascinando sotto le acque l’intera penisola edenica. Contemporaneamente a questa vasta sommersione la costa orientale del Mediterraneo fu considerevolmente innalzata. Questa fu la fine della più bella creazione naturale che Urantia abbia mai ospitato. Lo sprofondamento non fu improvviso; ci vollero parecchie centinaia di anni per sommergere completamente l’intera penisola.
(827.1) 73:7.2 Noi non possiamo considerare questa scomparsa del Giardino come risultante, in qualche modo, dal fallimento dei piani divini o come conseguenza degli errori di Adamo ed Eva. Riteniamo che la sommersione di Eden sia stata nient’altro che un avvenimento naturale, ma ci sembra che l’inabissamento del Giardino sia stato regolato in modo da farlo coincidere all’incirca con la data in cui l’accumulo delle riserve della razza viola sarebbe stato sufficiente per intraprendere l’opera di riabilitazione dei popoli del mondo.
(827.2) 73:7.3 I Melchizedek avevano consigliato ad Adamo di non iniziare il programma di elevazione e di mescolanza delle razze prima che la sua famiglia avesse raggiunto il mezzo milione di membri. Non fu mai inteso che il Giardino dovesse essere la dimora permanente degli Adamiti. Essi dovevano divenire gli emissari di una nuova vita per tutto il mondo; si sarebbero mobilitati per un conferimento disinteressato alle razze della terra che ne avevano bisogno.
(827.3) 73:7.4 Le istruzioni date ad Adamo dai Melchizedek implicavano che egli avrebbe istituito dei centri razziali, continentali e divisionali, affidati alla responsabilità dei suoi figli e delle sue figlie diretti, mentre lui ed Eva avrebbero diviso il loro tempo tra queste varie capitali mondiali come consiglieri e coordinatori del ministero mondiale di elevazione biologica, di progresso intellettuale e di riabilitazione morale.
(827.4) 73:7.5 [Presentato da Solonia, la serafica “voce nel Giardino”.]
(828.1) 74:0.1 ADAMO ED EVA arrivarono su Urantia 37.848 anni fa, a partire dall’anno 1934 dell’era cristiana. Fu nel mezzo della bella stagione, quando il Giardino era all’apice della fioritura che essi arrivarono. A mezzogiorno in punto e senza preavviso i due trasporti serafici, accompagnati dal personale di Jerusem incaricato di trasportare su Urantia gli elevatori biologici, si posarono dolcemente sulla superficie del pianeta in rivoluzione, vicino al tempio del Padre Universale. Tutto il lavoro di rimaterializzazione dei corpi di Adamo ed Eva fu eseguito all’interno di questo santuario creato di recente. Dal momento del loro arrivo trascorsero dieci giorni prima che essi fossero ricreati in duplice forma umana per essere presentati come nuovi sovrani del mondo. Essi ripresero coscienza simultaneamente. I Figli e le Figlie Materiali servono sempre insieme. In ogni tempo ed in ogni luogo l’essenza del loro servizio è di non essere mai separati. Essi sono designati a lavorare in coppie; raramente svolgono le loro funzioni da soli.
(828.2) 74:1.1 L’Adamo e l’Eva Planetari di Urantia erano membri del corpo anziano dei Figli Materiali di Jerusem, dove erano iscritti congiuntamente con il numero 14.311. Essi appartenevano alla terza serie fisica ed erano alti circa due metri e mezzo.
(828.3) 74:1.2 Quando fu scelto per venire su Urantia, Adamo lavorava con la sua compagna nei laboratori di esperimenti e di prove fisiche di Jerusem. Per più di quindicimila anni essi avevano diretto il dipartimento di energia sperimentale applicata alla modificazione delle forme viventi. Molto prima di questo incarico erano stati insegnanti nelle scuole di cittadinanza per i nuovi arrivati su Jerusem. E tutto ciò dovrebbe essere tenuto presente in connessione con la narrazione della loro condotta successiva su Urantia.
(828.4) 74:1.3 Quando fu emesso il bando per la richiesta di volontari da assegnare alla missione d’avventura adamica su Urantia, l’intero corpo decano di Figli e Figlie Materiali si offrì volontario. Gli esaminatori Melchizedek, con l’approvazione di Lanaforge e degli Altissimi di Edentia, scelsero alla fine l’Adamo e l’Eva che vennero successivamente ad operare come elevatori biologici su Urantia.
(828.5) 74:1.4 Adamo ed Eva erano rimasti fedeli a Micael durante la ribellione di Lucifero; ciò nonostante la coppia fu chiamata davanti al Sovrano del Sistema e a tutto il suo gabinetto per essere esaminata e ricevere istruzioni. I dettagli della situazione di Urantia furono loro completamente esposti; essi furono esaurientemente istruiti sui piani che dovevano seguire accettando la responsabilità di governare un simile mondo lacerato da conflitti. Essi furono sottoposti a giuramento congiunto di fedeltà agli Altissimi di Edentia e a Micael di Salvington. Furono debitamente informati, inoltre, di considerarsi sottomessi al corpo di amministratori fiduciari Melchizedek di Urantia fino a quando tale corpo governativo giudicasse opportuno abbandonare la direzione del pianeta di cui era incaricato.
(829.1) 74:1.5 Questa coppia di Jerusem lasciò dietro di sé sulla capitale di Satania e altrove cento discendenti — cinquanta figli e cinquanta figlie — creature magnifiche che erano sfuggite alle insidie della progressione e che erano tutte incaricate come servitori di fiducia dell’universo al momento della partenza dei loro genitori per Urantia. Ed essi erano tutti presenti nello splendido tempio dei Figli Materiali per assistere ai rituali di congedo associati alle ultime cerimonie di accettazione del conferimento. Questi figli accompagnarono i loro genitori al centro di smaterializzazione del loro ordine e furono gli ultimi ad augurare loro buon viaggio ed un successo divino mentre la coppia si addormentava nella perdita di coscienza della personalità che precede la preparazione al trasporto serafico. I figli trascorsero qualche tempo insieme nell’incontro di famiglia rallegrandosi che i loro genitori stessero per diventare i capi visibili, in realtà i soli governanti, del pianeta 606 del sistema di Satania.
(829.2) 74:1.6 E così Adamo ed Eva lasciarono Jerusem tra le acclamazioni e gli auguri dei suoi cittadini. Essi partirono verso le loro nuove responsabilità adeguatamente equipaggiati e pienamente istruiti su tutti i doveri e i pericoli che avrebbero incontrato su Urantia.
(829.3) 74:2.1 Adamo ed Eva si addormentarono su Jerusem, e quando si risvegliarono nel tempio del Padre su Urantia alla presenza di una imponente folla riunita per accoglierli, si trovarono di fronte a due esseri di cui avevano molto sentito parlare, Van ed il suo fedele associato Amadon. Questi due eroi della secessione di Caligastia furono i primi a dargli il benvenuto nella loro nuova dimora giardino.
(829.4) 74:2.2 La lingua di Eden era un dialetto andonico come lo parlava Amadon. Van e Amadon avevano notevolmente migliorato questo linguaggio creando un nuovo alfabeto di ventiquattro lettere, ed avevano sperato di vederlo diventare la lingua di Urantia via via che la cultura edenica si fosse diffusa in tutto il mondo. Adamo ed Eva avevano perfettamente imparato questo dialetto umano prima di partire da Jerusem, cosicché questo figlio di Andon udì l’eminente capo del suo mondo rivolgersi a lui nella sua stessa lingua.
(829.5) 74:2.3 In quel giorno vi fu grande eccitazione e gioia in tutto Eden mentre i corrieri andavano in gran fretta al centro di raccolta dei piccioni viaggiatori riuniti da vicino e da lontano, gridando: “Liberate gli uccelli; che portino la notizia che il Figlio promesso è venuto.” Centinaia d’insediamenti di credenti avevano fedelmente mantenuto, anno dopo anno, la provvista di questi piccioni allevati in casa proprio per tale occasione.
(829.6) 74:2.4 Mentre la notizia dell’arrivo di Adamo si diffondeva lontano, migliaia di membri delle tribù vicine accettarono gli insegnamenti di Van e di Amadon, e per molti mesi i pellegrini continuarono ad affluire in Eden per salutare Adamo ed Eva e rendere omaggio al loro Padre invisibile.
(829.7) 74:2.5 Poco dopo il loro risveglio Adamo ed Eva furono accompagnati al ricevimento ufficiale sul grande poggio situato a nord del tempio. Questa collina naturale era stata ampliata e sistemata per l’installazione dei nuovi governatori del mondo. Qui, a mezzogiorno, il comitato d’accoglienza di Urantia diede il benvenuto a questi Figlio e Figlia del sistema di Satania. Amadon presiedeva il comitato, che era composto da dodici membri comprendenti un rappresentante di ciascuna delle sei razze Sangik; il capo in funzione degli intermedi; Annan, una figlia leale e portavoce dei Noditi; Noè, il figlio dell’architetto costruttore del Giardino ed esecutore dei piani di suo padre deceduto; e i due Portatori di Vita residenti.
(830.1) 74:2.6 L’atto successivo fu l’affidamento della custodia del pianeta ad Adamo ed Eva da parte del Melchizedek decano, capo del consiglio degli amministratori fiduciari di Urantia. Il Figlio e la Figlia Materiali prestarono giuramento di fedeltà agli Altissimi di Norlatiadek e a Micael di Nebadon e furono proclamati sovrani di Urantia da Van, il quale abbandonava così l’autorità nominale che aveva detenuto per più di centocinquantamila anni in virtù di una decisione degli amministratori fiduciari Melchizedek.
(830.2) 74:2.7 Adamo ed Eva furono rivestiti con abiti regali in questa occasione, al momento del loro insediamento ufficiale alla direzione del mondo. Non tutte le arti di Dalamatia erano state perdute sul pianeta; la tessitura era ancora praticata ai tempi dell’Eden.
(830.3) 74:2.8 Allora si udì la proclamazione degli arcangeli e la voce di Gabriele che decretò per trasmissione il secondo appello nominale di giudizio di Urantia e la risurrezione dei sopravviventi addormentati della seconda dispensazione di grazia e di misericordia sul 606 di Satania. La dispensazione del Principe è passata, l’era di Adamo, la terza epoca planetaria, si apre in uno scenario di semplice grandiosità; i nuovi sovrani di Urantia iniziano il loro regno in condizioni apparentemente favorevoli, nonostante il disordine generale provocato dalla mancanza di cooperazione del loro predecessore in autorità sul pianeta.
(830.4) 74:3.1 Ed ora, dopo la loro installazione ufficiale, Adamo ed Eva divennero dolorosamente coscienti del loro isolamento planetario. Le trasmissioni a loro familiari tacevano e tutti i circuiti di comunicazione extraplanetaria erano assenti. I loro compagni di Jerusem erano andati su pianeti dove tutto era normale, con un Principe Planetario ben insediato ed uno sperimentato e competente personale pronto a riceverli per collaborare con loro durante l’esperienza iniziale su questi mondi. Ma su Urantia la ribellione aveva cambiato ogni cosa. Qui il Principe Planetario era ben presente, e sebbene privato della maggior parte del suo potere di fare del male, era ancora in grado di rendere difficile e per certi aspetti abbastanza rischioso il compito di Adamo ed Eva. Preoccupati e disillusi, un Figlio ed una Figlia di Jerusem passeggiavano quella sera nel Giardino sotto il bagliore della luna piena, discutendo i piani per il giorno successivo.
(830.5) 74:3.2 In tal modo finì il primo giorno di Adamo ed Eva sull’isolato Urantia, il confuso pianeta del tradimento di Caligastia. Essi camminarono e parlarono fino a notte inoltrata, la loro prima notte sulla terra — e si sentivano tanto soli.
(830.6) 74:3.3 Il secondo giorno di Adamo sulla terra fu trascorso in riunione con gli amministratori fiduciari planetari e con il consiglio consultivo. Dai Melchizedek e dai loro associati Adamo ed Eva furono maggiormente informati sui dettagli della ribellione di Caligastia e sugli effetti di quella insurrezione sul progresso del mondo. Fu nel complesso una storia sconfortante questo lungo racconto della cattiva gestione degli affari del pianeta. Essi appresero tutti i fatti concernenti il completo fallimento del piano di Caligastia per accelerare il processo di evoluzione sociale. Giunsero altresì alla piena comprensione della follia di tentare di ottenere un avanzamento planetario indipendentemente dal piano divino di progressione. Finì così una giornata triste ma chiarificatrice — il loro secondo giorno su Urantia.
(831.1) 74:3.4 Il terzo giorno fu dedicato ad un’ispezione del Giardino. Sui grandi uccelli trasportatori — i fandor — Adamo ed Eva osservarono dall’alto le vaste distese del Giardino mentre erano trasportati per via aerea sopra il più splendido luogo della terra. Questo giorno d’ispezione terminò con un enorme banchetto in onore di tutti coloro che avevano lavorato per creare un tale giardino di bellezza e di grandiosità edeniche. E di nuovo, fino a tarda notte del loro terzo giorno, il Figlio e la sua compagna passeggiarono nel Giardino e parlarono dell’immensità dei loro problemi.
(831.2) 74:3.5 Il quarto giorno Adamo ed Eva fecero un discorso all’assemblea del Giardino. Dal monte inaugurale essi parlarono al popolo dei loro piani per la riabilitazione del mondo e delinearono i metodi con cui avrebbero cercato di risollevare la cultura sociale di Urantia dai bassi livelli nei quali era caduta a seguito del peccato e della ribellione. Questo fu un grande giorno, e si concluse con un banchetto per il consiglio di uomini e di donne che erano stati scelti per assumere delle responsabilità nella nuova amministrazione degli affari del mondo. Notate! In questo gruppo c’erano sia donne che uomini, ed era la prima volta che un tale avvenimento accadeva sulla terra dai tempi di Dalamatia. Fu un’innovazione stupefacente vedere Eva, una donna, condividere gli onori e le responsabilità degli affari del mondo con un uomo. In tal modo finì il quarto giorno sulla terra.
(831.3) 74:3.6 Il quinto giorno fu impiegato nell’organizzazione del governo temporaneo, l’amministrazione che doveva funzionare fino a quando gli amministratori fiduciari Melchizedek avessero lasciato Urantia.
(831.4) 74:3.7 Il sesto giorno fu consacrato ad un’ispezione dei numerosi tipi di uomini e di animali. Lungo le mura ad oriente di Eden, Adamo ed Eva furono scortati per tutto il giorno, osservando la vita animale del pianeta e giungendo ad una migliore comprensione di che cosa doveva essere fatto per rimettere ordine nella confusione di un mondo abitato da una tale varietà di creature viventi.
(831.5) 74:3.8 Sorprese grandemente coloro che accompagnavano Adamo in questo giro constatare quanto egli conoscesse pienamente la natura e la funzione delle migliaia e migliaia di animali che gli venivano mostrati. Appena gettava uno sguardo su un animale, egli indicava la sua natura ed il suo comportamento. Adamo era in grado di dare dei nomi che descrivevano l’origine, la natura e la funzione di tutte le creature materiali che vedeva. Quelli che lo accompagnavano nel suo giro d’ispezione non sapevano che il nuovo governatore del mondo era uno dei più esperti anatomisti di tutto Satania; ed Eva era altrettanto competente. Adamo meravigliò i suoi associati descrivendo una folla di creature viventi troppo piccole per essere percepite dall’occhio umano.
(831.6) 74:3.9 Quando il sesto giorno del loro soggiorno sulla terra fu terminato, Adamo ed Eva si riposarono per la prima volta nella loro nuova casa “ad est di Eden”. I primi sei giorni dell’avventura di Urantia erano stati molto intensi, ed essi aspettavano con grande piacere un’intera giornata libera da ogni attività.
(831.7) 74:3.10 Ma le circostanze decisero altrimenti. L’esperienza del giorno appena trascorso in cui Adamo aveva analizzato con tanta intelligenza e completezza la vita animale di Urantia, unitamente al suo magistrale discorso inaugurale ed alle sue affascinanti maniere, avevano conquistato a tal punto i cuori e soggiogato le menti degli abitanti del Giardino che essi non solo erano disposti ad accettare di buon grado come capi il Figlio e la Figlia appena arrivati da Jerusem, ma la maggior parte di loro era quasi pronta a prostrarsi e ad adorarli come dei.
(832.1) 74:4.1 Quella notte, la notte che seguì il sesto giorno, mentre Adamo ed Eva dormivano, stavano accadendo strane cose in prossimità del tempio del Padre nel settore centrale di Eden. Là, sotto i raggi della dolce luna, centinaia di uomini e di donne entusiasti ed eccitati ascoltarono per ore le dichiarazioni appassionate dei loro capi. Essi erano bene intenzionati, ma non riuscivano assolutamente a comprendere la semplicità delle maniere fraterne e democratiche dei loro nuovi sovrani. E molto prima dell’alba i nuovi amministratori temporanei degli affari del mondo giunsero alla conclusione praticamente unanime che Adamo e la sua compagna erano troppo semplici e modesti. Essi conclusero che una Divinità era discesa sulla terra in forma corporale, che Adamo ed Eva erano in realtà degli dei o così vicini ad una tale condizione da essere meritevoli di un culto riverente.
(832.2) 74:4.2 Gli stupefacenti avvenimenti dei primi sei giorni di Adamo ed Eva sulla terra oltrepassavano completamente la capacità di comprensione delle menti impreparate persino degli stessi uomini migliori di Urantia; le loro teste erano frastornate. Essi furono tentati dal proposito di condurre la nobile coppia al tempio del Padre, a mezzogiorno, affinché tutti potessero inchinarsi in deferente adorazione e prostrarsi in umile sottomissione. E gli abitanti del Giardino erano veramente sinceri in tutto questo.
(832.3) 74:4.3 Van protestò. Amadon era assente, essendo a capo della guardia d’onore che era rimasta con Adamo ed Eva per tutta la notte. Ma la protesta di Van fu respinta. Gli fu detto che anche lui era troppo modesto, troppo umile; che non era lontano dall’essere un dio anche lui, altrimenti come avrebbe potuto vivere così a lungo sulla terra e come avrebbe potuto determinare un avvenimento così grande come la venuta di Adamo? E mentre gli Edeniti eccitati stavano per prenderlo e portarlo sul monte per adorarlo, Van si aprì un varco tra la folla e, essendo in grado di comunicare con gli intermedi, mandò il loro capo in gran fretta da Adamo.
(832.4) 74:4.4 Era quasi l’alba del loro settimo giorno sulla terra quando Adamo ed Eva appresero la sorprendente notizia del proposito di questi mortali bene intenzionati ma sviati. Ed allora, mentre gli uccelli trasportatori ancora si affrettavano per prelevarli e portarli al tempio, gli intermedi, avendo la capacità di fare tali cose, trasportarono Adamo ed Eva al tempio del Padre. Erano le prime ore del mattino di questo settimo giorno, e dal poggio sul quale erano stati così recentemente accolti Adamo fece un’esposizione degli ordini di filiazione divina e chiarì a queste menti terrene che soltanto il Padre e quelli che egli designa possono essere oggetto di culto. Adamo precisò che avrebbe accettato ogni onore e ricevuto ogni segno di rispetto, ma l’adorazione mai!
(832.5) 74:4.5 Questo fu un giorno memorabile, e poco prima di mezzogiorno, quasi al momento dell’arrivo del messaggero serafico che portava il riconoscimento di Jerusem dell’installazione dei sovrani planetari, Adamo ed Eva, allontanatisi dalla folla, indicarono il tempio del Padre e dissero: “Andate ora al simbolo materiale della presenza invisibile del Padre e prostratevi in adorazione di colui che ci ha tutti creati e che ci mantiene in vita. E che questo atto sia la promessa sincera che non sarete mai più tentati di adorare altri che Dio.” Essi fecero tutti come Adamo aveva ordinato. Il Figlio e la Figlia Materiali rimasero soli sul poggio a capo chino mentre il popolo si prostrava attorno al tempio.
(832.6) 74:4.6 Questa fu l’origine della tradizione del giorno del sabato. In Eden il settimo giorno fu sempre dedicato all’assemblea di mezzogiorno al tempio; persisté a lungo l’usanza di consacrare questo giorno alla propria cultura. Il mattino era dedicato al miglioramento fisico, le ore centrali al culto spirituale, il pomeriggio alla cultura della mente, mentre la sera veniva trascorsa in divertimenti sociali. Ciò non fu mai legge in Eden, ma rimase come costume per tutto il tempo in cui l’amministrazione adamica conservò il suo potere sulla terra.
(833.1) 74:5.1 Per quasi sette anni dopo l’arrivo di Adamo gli amministratori fiduciari Melchizedek rimasero in servizio, ma alla fine giunse per loro il momento di passare l’amministrazione degli affari del mondo ad Adamo e di ritornare a Jerusem.
(833.2) 74:5.2 I saluti di congedo degli amministratori fiduciari occuparono tutta una giornata, e durante la sera i singoli Melchizedek diedero ad Adamo ed Eva i loro ultimi consigli e fecero loro i migliori auguri. Adamo aveva chiesto parecchie volte ai suoi consiglieri di rimanere sulla terra con lui, ma queste richieste erano sempre state respinte. Era giunto il momento in cui i Figli Materiali dovevano assumere la piena responsabilità della conduzione degli affari del mondo. E così, a mezzanotte, i trasporti serafici di Satania lasciarono il pianeta per Jerusem con quattordici esseri, in quanto il trasferimento di Van e Amadon ebbe luogo contemporaneamente alla partenza dei dodici Melchizedek.
(833.3) 74:5.3 Tutto andò abbastanza bene per un certo tempo su Urantia, e sembrò che Adamo sarebbe stato in grado alla fine di sviluppare un piano per promuovere la graduale espansione della civiltà edenica. Conformemente al consiglio dei Melchizedek, egli iniziò ad incoraggiare le arti della manifattura con l’intenzione di sviluppare relazioni commerciali con il mondo esterno. Quando Eden fu distrutto erano in funzione più di cento laboratori primitivi di manifattura ed erano state stabilite estese relazioni commerciali con le tribù circostanti.
(833.4) 74:5.4 Durante molte epoche Adamo ed Eva erano stati istruiti nella tecnica di miglioramento di un mondo per essere pronti a portare il loro contributo specializzato all’avanzamento della civiltà evoluzionaria, ma ora si trovavano di fronte a problemi pressanti, come l’instaurazione della legge e dell’ordine in un mondo di selvaggi, di barbari e di esseri umani semicivilizzati. A parte la crema della popolazione terrestre riunita nel Giardino, solo pochi gruppi qua e là erano un po’ suscettibili di ricevere la cultura adamica.
(833.5) 74:5.5 Adamo fece uno sforzo eroico e risoluto per istituire un governo mondiale, ma incontrò una resistenza ostinata ad ogni tentativo. Adamo aveva già messo in opera in tutto Eden un sistema di controllo collettivo ed aveva federato tutti questi gruppi nella lega edenica. Ma dei disordini, disordini gravi, avvennero quando egli uscì dal Giardino e cercò di applicare queste idee alle tribù esterne. Quando gli associati di Adamo cercarono di lavorare fuori del Giardino si scontrarono con la resistenza diretta e bene organizzata di Caligastia e di Daligastia. Il Principe decaduto era stato deposto da sovrano del mondo, ma non era stato rimosso dal pianeta. Egli era ancora presente sulla terra ed in grado, almeno in una certa misura, di resistere a tutti i piani di Adamo per la riabilitazione della società umana. Adamo tentò di mettere in guardia le razze contro Caligastia, ma il compito fu reso molto difficile perché il suo nemico acerrimo era invisibile agli occhi dei mortali.
(833.6) 74:5.6 Anche tra gli Edeniti c’erano delle menti confuse che propendevano verso l’insegnamento di Caligastia di una libertà personale senza controlli; e causarono ad Adamo infinite difficoltà sconvolgendo sempre i piani meglio predisposti per un progresso ordinato ed uno sviluppo sostanziale. Egli fu alla fine obbligato a rinunciare al suo programma per una socializzazione immediata; ritornò al metodo di organizzazione di Van, dividendo gli Edeniti in compagnie di cento con un capitano per ciascuna e luogotenenti responsabili di gruppi di dieci.
(834.1) 74:5.7 Adamo ed Eva erano venuti per istituire un governo rappresentativo al posto di uno monarchico, ma non trovarono alcun governo degno di tal nome su tutta la superficie della terra. Per il momento Adamo abbandonò ogni tentativo di stabilire un governo rappresentativo e, prima del crollo del regime edenico, riuscì ad istituire quasi un centinaio di centri commerciali e sociali esterni in cui delle forti personalità governavano in nome suo. La maggior parte di questi centri era stata organizzata in precedenza da Van e Amadon.
(834.2) 74:5.8 L’invio di ambasciatori da una tribù ad un’altra data dai tempi di Adamo. Questo fu un grande passo in avanti nell’evoluzione del governo.
(834.3) 74:6.1 L’area riservata alla famiglia di Adamo era poco più di milletrecento ettari. Negli immediati dintorni di questa zona di abitazione erano stati adottati provvedimenti per alloggiare più di trecentomila discendenti di razza pura. Ma fu costruita soltanto la prima unità degli edifici progettati. Prima che il numero dei componenti la famiglia adamica fosse cresciuto oltre questa prima riserva, l’intero piano edenico era stato sconvolto ed il Giardino evacuato.
(834.4) 74:6.2 Adamson fu il primogenito della razza viola di Urantia, seguito da sua sorella e da Eveson, il secondo figlio di Adamo ed Eva. Eva era madre di cinque figli prima della partenza dei Melchizedek — tre figli e due figlie. I successivi due furono dei gemelli. Prima del suo errore essa aveva messo al mondo sessantatré figli, trentadue femmine e trentuno maschi. Quando Adamo ed Eva lasciarono il Giardino, la loro famiglia comprendeva quattro generazioni che contavano 1.647 discendenti di razza pura. Essi ebbero quarantadue figli dopo aver lasciato il Giardino, senza contare i due discendenti di origine congiunta con la stirpe mortale della terra. E queste cifre non includono la discendenza adamica presso i Noditi e le razze evoluzionarie.
(834.5) 74:6.3 I figli adamici quando cessavano di nutrirsi al seno della madre all’età di un anno non bevevano latte di animali. Eva poteva procurarsi il latte di una grande varietà di noci ed il succo di molti frutti e, conoscendo perfettamente la chimica e l’energia di questi alimenti, essa li combinava opportunamente per nutrire i suoi figli fino alla comparsa dei denti.
(834.6) 74:6.4 Mentre la cottura era universalmente impiegata fuori dell’immediato settore adamico di Eden, non si cuoceva alcunché in casa di Adamo. Essi trovavano il loro cibo — frutti, noci e cereali — pronti via via che maturavano. Essi mangiavano una sola volta al giorno, poco dopo mezzogiorno. Adamo ed Eva assorbivano anche “luce ed energia” direttamente da certe emanazioni spaziali in congiunzione con il sostegno dell’albero della vita.
(834.7) 74:6.5 I corpi di Adamo ed Eva emettevano un bagliore di luce, ma essi erano sempre vestiti conformemente ai costumi dei loro associati. Mentre si vestivano molto leggermente durante il giorno, di sera si avvolgevano con delle coperte. L’origine dell’alone tradizionale che circonda la testa delle persone ritenute pie e sante data dai tempi di Adamo ed Eva. Poiché le emanazioni luminose dei loro corpi erano così abbondantemente nascoste dai vestiti, solo la luce che irradiava dalle loro teste era discernibile. I discendenti di Adamson illustrarono sempre in tale modo il loro concetto degli individui ritenuti in possesso di uno sviluppo spirituale straordinario.
(834.8) 74:6.6 Adamo ed Eva potevano comunicare l’uno con l’altra e con i loro figli diretti fino ad una distanza di circa ottanta chilometri. Questo scambio di pensieri era effettuato per mezzo dei delicati alveoli a gas situati molto vicino alle loro strutture cerebrali. Per mezzo di questo meccanismo essi potevano inviare e ricevere delle vibrazioni mentali. Ma questo potere fu istantaneamente interrotto quando abbandonarono la loro mente alla discordia e alla disgregazione del male.
(835.1) 74:6.7 I figli adamici frequentavano le loro scuole fino all’età di sedici anni; i più giovani erano istruiti dai più anziani. I più piccoli cambiavano attività ogni trenta minuti, i più grandi ogni ora. E fu certamente uno spettacolo nuovo su Urantia osservare questi figli di Adamo ed Eva giocare, svolgere un’attività gioiosa e vivificante per puro divertimento. Il gioco e l’umorismo delle razze moderne provengono in gran parte dalla stirpe adamica. Tutti gli Adamiti apprezzavano molto la musica ed avevano un acuto senso dell’umorismo.
(835.2) 74:6.8 L’età media del fidanzamento era di diciotto anni, e questi giovani seguivano allora un corso d’istruzione di due anni per prepararsi ad assumere le responsabilità coniugali. A vent’anni essi avevano il diritto di sposarsi; e dopo il matrimonio cominciavano l’attività della loro vita od iniziavano una preparazione specifica a tale scopo.
(835.3) 74:6.9 La pratica di alcune nazioni successive di permettere alle famiglie reali, presunte discendenti degli dei, i matrimoni tra fratello e sorella, data dalle tradizioni dei discendenti di Adamo — che si sposavano tra di loro in quanto lo dovevano fare per necessità. Le cerimonie di matrimonio della prima e della seconda generazione del Giardino furono sempre officiate da Adamo ed Eva.
(835.4) 74:7.1 Eccetto i quattro anni in cui frequentavano le scuole poste ad occidente, i figli di Adamo vivevano e lavoravano ad “est di Eden”. Fino all’età di sedici anni essi ricevevano un’educazione intellettuale conforme ai metodi delle scuole di Jerusem. Dai sedici ai vent’anni erano istruiti nelle scuole di Urantia situate all’altra estremità del Giardino, nelle quali svolgevano anche il ruolo d’insegnanti per i gradi inferiori.
(835.5) 74:7.2 Lo scopo essenziale del sistema scolastico ad occidente del Giardino era la socializzazione. I periodi di ricreazione del mattino erano dedicati all’orticoltura e all’agricoltura pratiche, e quelli del pomeriggio a giochi di competizione. Le sere erano impiegate in rapporti sociali e nella coltivazione di amicizie personali. L’educazione religiosa e sessuale era considerata una competenza della famiglia, come dovere dei genitori.
(835.6) 74:7.3 L’insegnamento in queste scuole comprendeva l’istruzione riguardante:
(835.7) 74:7.4 1. La salute e la cura del corpo.
(835.8) 74:7.5 2. La regola d’oro, il modello dei rapporti sociali.
(835.9) 74:7.6 3. La relazione tra i diritti individuali e i diritti collettivi, come pure gli obblighi verso la comunità.
(835.10) 74:7.7 4. La storia e la cultura delle diverse razze della terra.
(835.11) 74:7.8 5. I metodi per migliorare e favorire il commercio nel mondo.
(835.12) 74:7.9 6. La coordinazione dei conflitti tra doveri e sentimenti.
(835.13) 74:7.10 7. La pratica dei giochi, dell’umorismo e di competizioni sostitutive dei combattimenti fisici.
(835.14) 74:7.11 Le scuole, in effetti tutte le attività del Giardino, erano sempre aperte ai visitatori. Gli osservatori non armati erano liberamente ammessi ad Eden per brevi visite. Per soggiornare nel Giardino un Urantiano doveva essere “adottato”. Egli riceveva istruzioni sul piano e sugli scopi del conferimento adamico, comunicava la sua intenzione di aderire a questa missione, e faceva poi una dichiarazione di fedeltà alla regola sociale di Adamo e alla sovranità spirituale del Padre Universale.
(836.1) 74:7.12 Le leggi del Giardino erano basate sugli antichi codici di Dalamatia ed erano promulgate sotto sette titoli:
(836.2) 74:7.13 1. Le leggi della salute e dell’igiene.
(836.3) 74:7.14 2. Le regole sociali del Giardino.
(836.4) 74:7.15 3. Il codice degli scambi e del commercio.
(836.5) 74:7.16 4. Le leggi del comportamento leale e della concorrenza.
(836.6) 74:7.17 5. Le leggi della vita familiare.
(836.7) 74:7.18 6. Il codice civile della regola d’oro.
(836.8) 74:7.19 7. I sette comandamenti della legge morale suprema.
(836.9) 74:7.20 La legge morale di Eden era poco differente dai sette comandamenti di Dalamatia. Ma gli Adamiti insegnavano molte ragioni supplementari per queste disposizioni. Per esempio, riguardo all’ingiunzione contro l’omicidio, la presenza interiore dell’Aggiustatore di Pensiero era presentata come ragione addizionale per non distruggere la vita umana. Essi insegnavano che “chiunque versa sangue d’uomo, per mano d’uomo avrà il proprio sangue versato, perché Dio ha fatto l’uomo a propria immagine”.
(836.10) 74:7.21 L’ora di Eden per l’adorazione pubblica era mezzogiorno; il tramonto era l’ora dell’adorazione in famiglia. Adamo fece del suo meglio per scoraggiare l’uso di preghiere fisse, insegnando che una preghiera efficace deve essere esclusivamente individuale, deve rappresentare il “desiderio dell’anima”; ma gli Edeniti continuarono ad impiegare le preghiere e le forme ereditate dai tempi di Dalamatia. Nelle cerimonie religiose, Adamo si sforzò anche di sostituire con offerte di frutti della terra i sacrifici di sangue, ma fece pochi progressi in tal senso prima della distruzione del Giardino.
(836.11) 74:7.22 Adamo tentò d’insegnare alle razze l’uguaglianza dei sessi. Il modo in cui Eva lavorava a fianco di suo marito fece una profonda impressione su tutti gli abitanti del Giardino. Adamo insegnò loro chiaramente che la donna porta, tanto quanto l’uomo, quei fattori di vita che si uniscono per formare un nuovo essere. In precedenza gli uomini avevano supposto che ogni procreazione risiedesse nei “lombi del padre”. Essi avevano considerato la madre come un semplice strumento per portare il figlio non ancora nato e per allattare il nuovo nato.
(836.12) 74:7.23 Adamo insegnò ai suoi contemporanei tutto quello che essi potevano comprendere, ma che non era gran cosa comparativamente parlando. Ciononostante gli individui più intelligenti delle razze della terra attendevano con impazienza il momento in cui sarebbero stati autorizzati a sposarsi con i figli superiori della razza viola. Quale mondo differente sarebbe divenuto Urantia se questo grande piano di elevazione delle razze fosse stato portato a buon fine! Ma anche nel modo in cui sono andate le cose, sono derivati enormi guadagni dalla modesta quantità di sangue di questa razza importata che i popoli evoluzionari hanno ricevuto incidentalmente.
(836.13) 74:7.24 È in tal modo che Adamo ha lavorato per il benessere e l’elevazione del mondo in cui ha soggiornato. Ma fu un compito difficile condurre questi popoli misti ed incrociati sulla via migliore.
(836.14) 74:8.1 La storia della creazione di Urantia in sei giorni fu basata sulla tradizione che Adamo ed Eva avevano trascorso esattamente sei giorni nella loro ispezione iniziale del Giardino. Questa circostanza conferì una ratifica quasi sacra al periodo di tempo della settimana, che era stata originariamente introdotta dai Dalamatiani. Il fatto che Adamo abbia trascorso sei giorni ad ispezionare il Giardino e a formulare i piani preliminari per l’organizzazione non era prestabilito; fu elaborato di giorno in giorno. La scelta del settimo giorno per l’adorazione fu del tutto fortuita e legata agli avvenimenti qui descritti.
(837.1) 74:8.2 La leggenda della creazione del mondo in sei giorni fu un’idea venuta più tardi, in effetti più di trentamila anni dopo. Una parte del racconto, l’apparizione improvvisa del sole e della luna, potrebbe aver avuto origine dalle tradizioni relative all’antica improvvisa emersione del mondo da una densa nube spaziale di materia minuta che aveva a lungo oscurato il sole e la luna.
(837.2) 74:8.3 La storia della creazione di Eva da una costola di Adamo è il riassunto confuso dell’arrivo di Adamo e della chirurgia celeste connessa con l’interscambio di sostanze viventi associato alla venuta del gruppo corporale del Principe Planetario più di quattrocentocinquantamila anni prima.
(837.3) 74:8.4 La maggior parte dei popoli del mondo è stata influenzata dalla tradizione che Adamo ed Eva ebbero delle forme fisiche create per loro all’arrivo su Urantia. La credenza che l’uomo sia stato creato con l’argilla fu pressoché universale nell’emisfero orientale; si ritrova questa tradizione in tutto il mondo, dalle Filippine all’Africa. E molti gruppi accettarono tale storia dell’uomo originato dall’argilla per mezzo di una forma di creazione speciale, in luogo delle precedenti credenze nella creazione progressiva — nell’evoluzione.
(837.4) 74:8.5 Al di fuori delle influenze di Dalamatia e di Eden l’umanità era incline a credere all’ascesa graduale della razza umana. Il fatto dell’evoluzione non è una scoperta moderna; gli antichi comprendevano il lento carattere evoluzionario del progresso umano. Gli antichi Greci avevano idee chiare in merito a ciò indipendentemente dalla loro vicinanza alla Mesopotamia. Benché le varie razze della terra fossero infelicemente confuse nelle loro nozioni sull’evoluzione, tuttavia molte delle tribù primitive credevano ed insegnavano di essere discese da vari animali. I popoli primitivi presero l’abitudine di scegliere come loro “totem” gli animali supposti loro antenati. Parecchie tribù indiane dell’America del Nord si credevano originate da castori e da coyote. Certe tribù africane insegnano di essere discese dalla iena, una tribù malese dal lemuro, un gruppo della Nuova Guinea dal pappagallo.
(837.5) 74:8.6 I Babilonesi, a causa del loro contatto diretto con i resti della civiltà degli Adamiti, ampliarono ed abbellirono la storia della creazione dell’uomo; essi insegnavano che era disceso direttamente dagli dei. Sostenevano un’origine aristocratica della razza che era incompatibile anche con la dottrina della creazione dall’argilla.
(837.6) 74:8.7 Il racconto della creazione nell’Antico Testamento risale a molto tempo dopo l’epoca di Mosè; egli non insegnò mai agli Ebrei una tale storia deformata. Infatti, presentò agli Israeliti un racconto semplice e condensato della creazione, sperando con ciò di evidenziare meglio il suo appello all’adorazione del Creatore, il Padre Universale, che egli chiamava il Signore Dio d’Israele.
(837.7) 74:8.8 Nei suoi primi insegnamenti Mosè evitò molto saggiamente di risalire oltre i tempi di Adamo, e poiché Mosè era l’istruttore supremo degli Ebrei, le storie di Adamo furono intimamente associate a quelle della creazione. Che le tradizioni più antiche riconoscessero una civiltà preadamica è chiaramente dimostrato dal fatto che gli editori successivi, intenzionati ad eliminare ogni riferimento alle questioni umane anteriori al tempo di Adamo, dimenticarono di togliere il riferimento rivelatore dell’emigrazione di Caino nella “Terra di Nod”, dove prese moglie.
(838.1) 74:8.9 Gli Ebrei non ebbero un linguaggio scritto di uso generale per lungo tempo dopo aver raggiunto la Palestina. Essi impararono l’impiego di un alfabeto dai vicini Filistei, che erano rifugiati politici della civiltà superiore di Creta. Gli Ebrei scrissero poco fino all’anno 900 a. C., e non avendo alcun linguaggio scritto fino a tale epoca tardiva, ebbero in circolazione parecchie differenti storie della creazione, sebbene dopo la cattività in Babilonia ebbero maggiore tendenza ad accettare una versione mesopotamica modificata.
(838.2) 74:8.10 La tradizione ebraica si cristallizzò attorno a Mosè, e poiché egli si era sforzato di far risalire la genealogia di Abramo fino ad Adamo, gli Ebrei ritennero che Adamo fosse stato il primo uomo di tutta l’umanità. Yahweh era il creatore, e poiché Adamo era ritenuto essere il primo uomo, bisognava che Yahweh avesse creato il mondo poco prima di creare Adamo. Ed allora la tradizione dei sei giorni di Adamo fu inserita nella storia, con il risultato che quasi mille anni dopo il soggiorno di Mosè sulla terra, la tradizione della creazione in sei giorni fu messa per iscritto e successivamente attribuita a lui.
(838.3) 74:8.11 Quando i sacerdoti ebrei ritornarono a Gerusalemme, avevano già finito di scrivere il loro racconto dell’inizio delle cose. Essi asserirono subito che questa narrazione era una storia della creazione scritta da Mosè scoperta di recente. Ma gli Ebrei contemporanei del periodo attorno al 500 a.C. non ritenevano questi scritti delle rivelazioni divine; li consideravano piuttosto alla maniera in cui i popoli successivi considerarono i racconti mitologici.
(838.4) 74:8.12 Questo documento spurio, ritenuto rappresentare gli insegnamenti di Mosè, fu portato all’attenzione di Tolomeo, il re greco d’Egitto, che lo fece tradurre in greco da una commissione di settanta eruditi per la sua nuova biblioteca di Alessandria. E così questa narrazione trovò il proprio posto tra gli scritti che divennero in seguito parte delle collezioni successive delle “sacre scritture” delle religioni ebraica e cristiana. Grazie all’identificazione con questi sistemi teologici, tali concezioni hanno profondamente influenzato per lungo tempo la filosofia di molti popoli occidentali.
(838.5) 74:8.13 Gli insegnanti cristiani perpetuarono la credenza nella creazione della razza umana mediante un “fiat”, e tutto ciò portò direttamente alla formazione dell’ipotesi di un’antica età d’oro di felicità utopistica e alla teoria della caduta dell’uomo o del superuomo, che spiegava la condizione non utopistica della società. Queste visioni sulla vita e sulla posizione dell’uomo nell’universo erano quanto meno scoraggianti poiché si basavano su una credenza nella regressione piuttosto che nella progressione, ed implicavano inoltre una Deità vendicatrice, che nutriva una collera palese verso la razza umana come punizione degli errori di certi antichi amministratori planetari.
(838.6) 74:8.14 L’ “età d’oro” è un mito, ma Eden fu un fatto, e la civiltà del Giardino andò effettivamente in rovina. Adamo ed Eva proseguirono le loro attività nel Giardino per centodiciassette anni fino a che, per l’impazienza di Eva e gli errori di giudizio di Adamo, osarono deviare dalla via indicata, provocando rapidamente una catastrofe per se stessi e un disastroso ritardo nello sviluppo progressivo di tutto Urantia.
(838.7) 74:8.15 [Narrato da Solonia, la serafica “voce nel Giardino”.]
(839.1) 75:0.1 DOPO più di cento anni di sforzi su Urantia, Adamo poteva constatare solo dei progressi molto scarsi all’esterno del Giardino; il mondo nel suo complesso non sembrava migliorare molto. La realizzazione del miglioramento della razza appariva molto lontana e la situazione sembrava così disperata da richiedere un qualche rimedio non previsto nei piani originali. Questo almeno è ciò che passava spesso per la mente di Adamo, ed egli si espresse molte volte in tal senso con Eva. Adamo e la sua compagna erano leali, ma erano isolati dai loro simili ed erano estremamente afflitti per la triste condizione del loro mondo.
(839.2) 75:1.1 La missione adamica su Urantia, pianeta sperimentale, lacerato dalla ribellione ed isolato, era un’impresa formidabile. Il Figlio e la Figlia Materiali si resero subito conto della difficoltà e della complessità del loro incarico planetario. Ciò nonostante si misero coraggiosamente all’opera per risolvere i loro numerosi problemi. Ma quando si dedicarono al lavoro importantissimo di eliminare gli anormali e i degenerati delle stirpi umane, furono completamente scoraggiati. Essi non vedevano alcun modo per uscire dal dilemma e non potevano consigliarsi con i loro superiori di Jerusem o di Edentia. Erano qui, isolati e confrontati giorno dopo giorno con qualche nuovo e complicato groviglio, con qualche problema che sembrava insolubile.
(839.3) 75:1.2 In condizioni normali il primo lavoro di un Adamo e di un’Eva Planetari sarebbe stato la coordinazione e la mescolanza delle razze. Ma su Urantia un tale progetto sembrava quasi senza speranza, perché le razze, pur biologicamente idonee, non erano mai state depurate delle loro stirpi ritardate e difettose.
(839.4) 75:1.3 Adamo ed Eva si trovavano su una sfera del tutto impreparata per la proclamazione della fratellanza degli uomini, un mondo che brancolava in tenebre spirituali abiette ed afflitto da una confusione resa peggiore dal fallimento della missione della precedente amministrazione. La mente e la morale erano ad un basso livello, ed invece d’intraprendere il compito per giungere all’unità religiosa essi dovevano ricominciare daccapo il lavoro di conversione degli abitanti alle forme più semplici di credenza religiosa. Invece di trovare un linguaggio pronto per essere adottato, essi dovevano affrontare la confusione mondiale di centinaia e centinaia di dialetti locali. Nessun Adamo di servizio planetario fu mai assegnato ad un mondo più difficile; gli ostacoli sembravano insormontabili ed i problemi al di là della portata delle creature.
(839.5) 75:1.4 Essi erano isolati ed il tremendo senso di solitudine che gravava su di loro fu ancor più accresciuto dalla rapida partenza degli amministratori fiduciari Melchizedek. Solo indirettamente, per mezzo degli ordini angelici, essi potevano comunicare con un essere esterno al pianeta. Lentamente il loro coraggio diminuiva, il loro ardore scemava e talvolta la loro fede era prossima a vacillare.
(840.1) 75:1.5 Questa è la vera descrizione della costernazione di queste due nobili anime mentre riflettevano sui compiti che dovevano affrontare. Entrambi si rendevano perfettamente conto dell’enorme impresa implicata nell’esecuzione del loro incarico planetario.
(840.2) 75:1.6 Probabilmente nessuno dei Figli Materiali di Nebadon aveva mai dovuto affrontare un compito così difficile ed apparentemente disperato come quello di Adamo ed Eva nella penosa situazione di Urantia. Tuttavia, essi avrebbero finito per riuscire se fossero stati più lungimiranti e pazienti. Entrambi, specialmente Eva, erano veramente troppo impazienti; essi non erano disposti ad adattarsi alla lunga, lunga prova di resistenza. Desideravano vedere risultati immediati, e li videro, ma i risultati acquisiti in tal modo si rivelarono i più disastrosi per se stessi e per il loro mondo.
(840.3) 75:2.1 Caligastia faceva frequenti visite al Giardino e sostenne numerose conversazioni con Adamo ed Eva, i quali furono tuttavia inflessibili davanti a tutte le sue istigazioni al compromesso e alle scorciatoie avventurose. Essi avevano davanti a loro sufficienti risultati della ribellione per essere efficacemente immunizzati contro tutte queste subdole proposte. Nemmeno i giovani discendenti di Adamo furono influenzati dalle proposte di Daligastia. E certamente né Caligastia né il suo associato avevano il potere d’influenzare un individuo contro la sua volontà, ed ancor meno di persuadere i figli di Adamo ad agire male.
(840.4) 75:2.2 Si deve ricordare che Caligastia era ancora il Principe Planetario titolare di Urantia, un Figlio sviato ma nondimeno elevato dell’universo locale. Egli non fu definitivamente deposto fino alla venuta di Cristo Micael su Urantia.
(840.5) 75:2.3 Ma il Principe decaduto era perseverante e determinato. Egli rinunciò ben presto ad agire su Adamo e decise di tentare un astuto attacco laterale su Eva. Il malvagio concluse che l’unica speranza di successo risiedeva nell’abile impiego di persone qualificate appartenenti ai ceti superiori del gruppo nodita, i discendenti degli antichi associati del suo gruppo corporale. Ed in tal senso furono elaborati i piani per intrappolare la madre della razza viola.
(840.6) 75:2.4 Eva non ebbe mai la minima intenzione di fare qualcosa che ostacolasse i piani di Adamo o che mettesse in pericolo il loro incarico di fiducia planetaria. Conoscendo la tendenza della donna a cercare risultati immediati piuttosto che a fare piani lungimiranti per effetti più remoti, i Melchizedek, prima di partire, avevano accuratamente messo in guardia Eva contro i pericoli peculiari che minacciavano la loro posizione isolata sul pianeta e l’avevano avvertita in particolare di non allontanarsi mai dalla linea seguita da suo marito, cioè di non tentare metodi segreti o personali per far progredire le loro imprese comuni. Eva aveva seguito molto scrupolosamente queste istruzioni per più di cento anni, e non aveva mai pensato che un qualche pericolo sarebbe potuto derivare dalle visite sempre più private e confidenziali che stava ricevendo da un capo nodita di nome Serapatatia. Tutta la questione si sviluppò con tale gradualità e naturalezza che essa fu colta alla sprovvista.
(840.7) 75:2.5 Gli abitanti del Giardino erano stati in contatto con i Noditi fin dai primi giorni di Eden. Da questi discendenti misti dei membri sviati del personale di Caligastia essi avevano ricevuto un aiuto ed una collaborazione molto preziosi, e per causa loro il regime edenico stava ora andando incontro alla sua rovina completa e alla sua disfatta definitiva.
(841.1) 75:3.1 Adamo aveva superato da poco i suoi primi cento anni sulla terra quando Serapatatia, alla morte di suo padre, divenne il capo della confederazione occidentale o siriana delle tribù nodite. Serapatatia era un uomo di colorito bruno, un brillante discendente dell’antico capo della commissione per la salute di Dalamatia, sposatosi con una delle menti femminili più dotate della razza blu di quei tempi lontani. Attraverso tutte le epoche questa stirpe aveva detenuto l’autorità ed esercitato una grande influenza tra le tribù nodite occidentali.
(841.2) 75:3.2 Serapatatia aveva fatto parecchie visite al Giardino ed era rimasto profondamente impressionato dalla giustezza della causa di Adamo. Poco dopo aver assunto il comando dei Noditi siriani egli annunciò la sua intenzione di stabilire un’affiliazione con l’opera di Adamo ed Eva nel Giardino. La maggior parte del suo popolo lo seguì in questo programma e Adamo fu confortato dalla notizia che la più potente ed intelligente di tutte le tribù vicine aveva deciso quasi in blocco di appoggiare il suo programma di miglioramento del mondo; ciò era decisamente incoraggiante. Poco dopo questo grande avvenimento Serapatatia ed il suo nuovo stato maggiore furono accolti da Adamo ed Eva nella loro casa.
(841.3) 75:3.3 Serapatatia divenne uno dei più capaci ed efficienti luogotenenti di Adamo. Egli era interamente onesto e completamente sincero in tutte le sue attività; non ebbe mai coscienza, nemmeno più tardi, di essere usato come uno strumento secondario dall’astuto Caligastia.
(841.4) 75:3.4 Ben presto Serapatatia divenne il co-presidente della commissione edenica per le relazioni tribali, e furono elaborati numerosi piani per una prosecuzione più vigorosa dell’opera intesa a conquistare le tribù lontane alla causa del Giardino.
(841.5) 75:3.5 Egli intrattenne numerose conversazioni con Adamo ed Eva — specialmente con Eva — e discussero di molti progetti per migliorare i loro metodi. Un giorno, durante una conversazione con Eva, venne in mente a Serapatatia che sarebbe stato molto utile se, in attesa di reclutare un gran numero di rappresentanti della razza viola, fosse stato fatto nel frattempo qualcosa per l’avanzamento immediato delle tribù arretrate che ne avevano bisogno. Serapatatia sostenne che se i Noditi, la razza più progressiva e cooperativa, avessero avuto un capo originato in parte dalla razza viola, ciò avrebbe costituito un potente vincolo che avrebbe legato più strettamente queste popolazioni al Giardino. E tutto ciò fu seriamente ed onestamente considerato benefico per il mondo poiché tale figlio, che sarebbe stato allevato ed educato nel Giardino, avrebbe esercitato una grande influenza favorevole sul popolo di suo padre.
(841.6) 75:3.6 È necessario sottolineare nuovamente che Serapatatia era totalmente onesto e completamente sincero in tutto ciò che propose. Egli non sospettò una sola volta di essere un giocattolo nelle mani di Caligastia e di Daligastia. Serapatatia era interamente fedele al piano che prevedeva di accumulare una forte riserva della razza viola prima di tentare l’elevazione su scala mondiale dei popoli confusi di Urantia. Ma ciò avrebbe richiesto centinaia di anni per compiersi, ed egli era impaziente; voleva vedere risultati immediati — qualcosa nel corso della sua stessa vita. Egli disse chiaramente ad Eva che Adamo era spesso scoraggiato per gli scarsi risultati ottenuti nell’elevazione del mondo.
(841.7) 75:3.7 Per più di cinque anni questi piani furono maturati segretamente. Alla fine essi avevano raggiunto uno sviluppo tale che Eva acconsentì ad avere un incontro segreto con Cano, la mente più brillante ed il capo più attivo della vicina colonia di Noditi simpatizzanti. Cano apprezzava molto il regime adamico; infatti egli era il sincero capo spirituale di quei Noditi dei dintorni che favorivano le relazioni amichevoli con il Giardino.
(842.1) 75:3.8 L’incontro fatale ebbe luogo durante le ore del crepuscolo di una sera d’autunno, non lontano dalla dimora di Adamo. Eva non aveva mai incontrato prima l’avvenente ed entusiasta Cano — ed egli era uno stupendo esemplare della sopravvivenza del fisico superiore e dell’intelletto rimarchevole dei suoi lontani progenitori del personale del Principe. Anche Cano credeva completamente nella bontà del progetto di Serapatatia. (Fuori del Giardino l’accoppiamento multiplo era una pratica corrente.)
(842.2) 75:3.9 Influenzata dall’adulazione, dall’entusiasmo e da una grande persuasione personale, Eva acconsentì seduta stante a lanciarsi nell’impresa a lungo discussa, ad aggiungere il suo piccolo progetto di salvezza del mondo al piano divino più ampio e di più vasta portata. Prima di rendersi completamente conto di quanto stava accadendo, il passo fatale era stato fatto. Tutto era compiuto.
(842.3) 75:4.1 Gli esseri celesti presenti sul pianeta erano in fermento. Adamo si accorse che qualcosa non andava e chiese ad Eva di venire a colloquio con lui nel Giardino. Ed allora, per la prima volta, Adamo ascoltò l’intera storia del piano a lungo maturato per accelerare il progresso del mondo operando simultaneamente in due direzioni: la prosecuzione del piano divino in concomitanza con l’esecuzione del progetto di Serapatatia.
(842.4) 75:4.2 Mentre il Figlio e la Figlia Materiali s’intrattenevano così nel Giardino rischiarato dalla luna, “la voce nel Giardino” li rimproverò per la loro disobbedienza. Questa voce altro non era che il mio stesso annuncio alla coppia edenica che essi avevano trasgredito il patto del Giardino; che avevano disobbedito alle istruzioni dei Melchizedek; essi non avevano adempiuto al loro giuramento di fedeltà al sovrano dell’universo.
(842.5) 75:4.3 Eva aveva acconsentito a partecipare alla pratica del bene e del male. Il bene è l’esecuzione dei piani divini; il peccato è una trasgressione deliberata della volontà divina; il male è il mancato adattamento ai piani ed il cattivo adeguamento alle tecniche che si traducono in disarmonia universale e in disordine planetario.
(842.6) 75:4.4 Ogni volta che la coppia del Giardino aveva mangiato del frutto dell’albero della vita, essi erano stati avvertiti dall’arcangelo custode di astenersi dal cedere ai suggerimenti di Caligastia di congiungere il bene ed il male. Erano stati avvertiti in questi termini: “Il giorno in cui mescolerete il bene ed il male diverrete sicuramente simili al mortali del regno; morirete certamente.”
(842.7) 75:4.5 Nella fatale occasione del loro incontro segreto Eva aveva raccontato a Cano di questo avvertimento spesso ripetuto, ma Cano, non conoscendo né l’importanza né il significato di tali ammonimenti, l’aveva assicurata che degli uomini e delle donne con buoni propositi ed intenzioni sincere non potevano fare alcun male; che sicuramente essa non sarebbe morta, ma sarebbe piuttosto vissuta nuovamente nella persona del loro figlio, il quale sarebbe cresciuto per benedire e stabilizzare il mondo.
(842.8) 75:4.6 Anche se questo progetto di modificare il piano divino fosse stato concepito ed eseguito con totale sincerità e solo con i nobili motivi concernenti il benessere del mondo, costituiva un male perché rappresentava il modo sbagliato di raggiungere scopi giusti, perché deviava dalla retta via, dal piano divino.
(843.1) 75:4.7 È vero, Eva aveva trovato Cano piacevole a vedersi, e comprendeva tutto ciò che il suo seduttore le prometteva per mezzo di “una nuova ed accresciuta conoscenza degli affari umani e di una maggiore comprensione della natura umana che integrava la comprensione della natura adamica”.
(843.2) 75:4.8 Io parlai al padre e alla madre della razza viola quella notte nel Giardino come mi competeva in queste tristi circostanze. Ascoltai interamente il racconto di tutto ciò che aveva portato a sbagliare la Madre Eva e diedi ad entrambi degli avvertimenti e dei consigli sulla situazione immediata. Alcuni di questi avvisi essi li seguirono, altri li trascurarono. Questa conversazione figura nei vostri testi come “il Signore Iddio che chiama Adamo ed Eva nel Giardino e chiede: ‘Dove siete?’ ” Le generazioni successive avevano l’abitudine di attribuire tutto ciò che era insolito e straordinario, sia di ordine fisico che spirituale, direttamente all’intervento personale degli Dei.
(843.3) 75:5.1 La disillusione di Eva fu veramente patetica. Adamo comprese interamente la difficile situazione, e pur abbattuto e con il cuore infranto manifestò solo pietà e simpatia per la sua compagna che aveva sbagliato.
(843.4) 75:5.2 Fu nella disperazione della realizzazione del fallimento che Adamo, il giorno dopo il passo falso di Eva, cercò Laotta, la brillante donna nodita che dirigeva le scuole poste ad occidente del Giardino, e commise con premeditazione la stessa follia di Eva. Ma non fraintendete; Adamo non fu sedotto; egli sapeva esattamente quello che faceva; scelse deliberatamente di condividere la sorte di Eva. Egli amava la sua compagna di un affetto superumano, e l’idea della possibilità di una veglia solitaria su Urantia senza di lei era più di quanto poteva sopportare.
(843.5) 75:5.3 Quando appresero ciò che era successo ad Eva, gli abitanti infuriati del Giardino divennero ingovernabili; dichiararono guerra ai Noditi insediati nelle vicinanze. Essi uscirono dalle porte di Eden e si precipitarono su questa popolazione impreparata distruggendola completamente — nessun uomo, donna o bambino fu risparmiato. E Cano, il padre di Caino non ancora nato, perì anche lui.
(843.6) 75:5.4 Quando si rese conto di quanto era successo, Serapatatia fu preso da costernazione e sopraffatto dalla paura e dal rimorso. Il giorno successivo si gettò nel grande fiume ed annegò.
(843.7) 75:5.5 I figli di Adamo cercarono di confortare la loro madre sconvolta mentre il loro padre errò da solo per trenta giorni. Alla fine di quel periodo prevalse il buon senso e Adamo ritornò a casa sua e cominciò a fare dei piani per la loro futura linea di condotta.
(843.8) 75:5.6 Le conseguenze delle follie dei genitori malaccorti sono molto spesso condivise dai loro figli innocenti. Gli onesti e nobili figli e figlie di Adamo ed Eva erano sopraffatti dall’indicibile dolore dovuto all’incredibile tragedia che si era abbattuta in modo così improvviso e crudele su di loro. Dopo cinquant’anni i più anziani di questi figli non si erano ancora rimessi dal dispiacere e dal dolore di quei tragici giorni, specialmente dal terrore di quel periodo di trenta giorni durante il quale il loro padre era rimasto lontano dalla famiglia, mentre la loro madre sconvolta ignorava completamente la propria sorte e dove si trovasse.
(843.9) 75:5.7 E quegli stessi trenta giorni furono per Eva come lunghi anni di dolore e di patimenti. Questa nobile anima non si riprese mai completamente dagli effetti di quel periodo atroce di sofferenza mentale e di tristezza spirituale. Nessuna fase delle loro privazioni ed avversità materiali successive fu mai paragonabile nella memoria di Eva a quei terribili giorni e a quelle tremende notti di solitudine e d’intollerabile incertezza. Essa apprese del gesto sconsiderato di Serapatatia senza sapere se il suo compagno si fosse ucciso per il dispiacere o fosse stato tolto dal mondo come punizione dell’errore da lei commesso. E quando ritornò Adamo, Eva provò una gioia ed una gratitudine che non furono mai cancellate durante la loro lunga e difficile associazione di vita di duro servizio.
(844.1) 75:5.8 Il tempo passava, ma Adamo non fu certo della natura della loro infrazione fino a settanta giorni dopo l’errore di Eva, quando gli amministratori fiduciari Melchizedek ritornarono su Urantia ed assunsero la giurisdizione sugli affari del mondo. Ed allora egli seppe che avevano fallito.
(844.2) 75:5.9 Ma altri guai ancora si stavano addensando: la notizia dell’annientamento della colonia nodita vicino ad Eden non tardò a raggiungere le tribù di Serapatatia al nord, e fu riunito subito un grande esercito per marciare sul Giardino. Questo fu l’inizio di una lunga ed accanita guerra tra gli Adamiti e i Noditi, perché le ostilità proseguirono a lungo anche dopo che Adamo ed i suoi seguaci emigrarono nel secondo giardino nella valle dell’Eufrate. Ci fu un’intensa e prolungata “inimicizia tra quest’uomo e la donna, tra il seme di lui ed il seme di lei”.
(844.3) 75:6.1 Quando Adamo seppe che i Noditi erano in marcia, chiese consiglio ai Melchizedek, ma essi rifiutarono di assisterlo, limitandosi a dirgli di agire come riteneva più opportuno e promettendo la loro collaborazione amichevole, in ogni modo possibile, in qualunque linea di condotta avesse scelto. Ai Melchizedek era stato proibito d’interferire nei piani personali di Adamo ed Eva.
(844.4) 75:6.2 Adamo sapeva che lui ed Eva avevano fallito. La presenza degli amministratori fiduciari Melchizedek glielo manifestava, anche se non sapeva ancora nulla del loro status personale né della loro sorte futura. Egli tenne una riunione, durata tutta la notte, con circa milleduecento seguaci fedeli che s’impegnarono a seguire il loro capo, e l’indomani a mezzogiorno questi pellegrini se ne andarono da Eden in cerca di nuove dimore. Adamo non aveva alcuna simpatia per la guerra e di conseguenza preferì abbandonare il primo giardino ai Noditi senza opporre resistenza.
(844.5) 75:6.3 La carovana edenica fu fermata il terzo giorno dopo la sua uscita dal Giardino dall’arrivo dei trasporti serafici proveniente da Jerusem. E per la prima volta Adamo ed Eva furono informati su ciò che sarebbe stato dei loro figli. Mentre i trasporti si tenevano pronti, ai figli che erano giunti all’età della scelta (vent’anni) fu concessa l’opzione di restare su Urantia con i loro genitori o di divenire pupilli degli Altissimi di Norlatiadek. Due terzi scelsero di andare su Edentia; quasi un terzo decise di restare con i loro genitori. Tutti i figli che non erano in età di scegliere furono portati su Edentia. Nessuno avrebbe potuto assistere alla penosa separazione di questo Figlio e Figlia Materiali dai propri figli senza comprendere che la via dei trasgressori è ardua. Questi discendenti di Adamo ed Eva sono ora su Edentia; noi non sappiamo quali provvedimenti saranno presi per loro.
(844.6) 75:6.4 Fu una ben triste carovana quella che si preparò a proseguire il viaggio. Niente avrebbe potuto essere più tragico! Essere venuti su un mondo con così tante speranze, essere stati accolti sotto così favorevoli auspici, e poi andarsene da Eden in disgrazia e perdere quasi tre quarti dei loro figli prima ancora di aver trovato un nuovo luogo in cui abitare!
(845.1) 75:7.1 Fu mentre la carovana edenica faceva una sosta che Adamo ed Eva furono informati sulla natura della loro trasgressione e furono avvertiti della loro sorte. Gabriele apparve per pronunciare il giudizio. E questo fu il verdetto: l’Adamo e l’Eva Planetari di Urantia sono giudicati inadempienti; essi hanno violato il patto del loro incarico di fiducia come sovrani di questo mondo abitato.
(845.2) 75:7.2 Anche se abbattuti dal loro senso di colpa, Adamo ed Eva furono grandemente confortati dall’annuncio che i loro giudici su Salvington li avevano assolti da ogni accusa di aver “oltraggiato il governo dell’universo”. Essi non erano stati ritenuti colpevoli di ribellione.
(845.3) 75:7.3 La coppia edenica fu informata che si era degradata allo status dei mortali del regno; fu loro detto che oramai dovevano condursi come un uomo e una donna di Urantia, che dovevano guardare al futuro delle razze del mondo come al loro stesso futuro.
(845.4) 75:7.4 Molto prima che Adamo ed Eva lasciassero Jerusem, i loro istruttori avevano pienamente spiegato loro le conseguenze di ogni deviazione vitale dai piani divini. Io li avevo personalmente e ripetutamente avvertiti, sia prima sia dopo il loro arrivo su Urantia, che la riduzione allo status della carne mortale sarebbe stato il risultato certo, la punizione sicura, che avrebbe infallibilmente accompagnato una mancanza nell’esecuzione della loro missione planetaria. Ma per una chiara comprensione delle conseguenze derivate dall’errore di Adamo ed Eva è indispensabile una comprensione dello status d’immortalità dell’ordine materiale di filiazione.
(845.5) 75:7.5 1. Adamo ed Eva, come i loro simili su Jerusem, mantenevano uno status d’immortalità grazie all’associazione intellettuale con il circuito di gravità mentale dello Spirito. Quando questo sostegno vitale è interrotto dalla disgiunzione mentale, allora, qualunque sia il livello spirituale d’esistenza della creatura, lo status d’immortalità è perduto. Lo status mortale seguito dalla dissoluzione fisica era la conseguenza inevitabile dell’errore intellettuale di Adamo ed Eva.
(845.6) 75:7.6 2. Il Figlio e la Figlia Materiali di Urantia, essendo anche personalizzati nelle sembianze della carne mortale di questo mondo, dipendevano inoltre dal mantenimento di un doppio sistema circolatorio, uno derivato dalla loro natura fisica, l’altro dalla superenergia contenuta nel frutto dell’albero della vita. L’arcangelo conservatore dell’albero aveva sempre avvertito Adamo ed Eva che una mancanza alla fiducia sarebbe culminata nella degradazione di status, e l’accesso a questa fonte d’energia fu loro negato a seguito del loro errore.
(845.7) 75:7.7 Caligastia era riuscito ad intrappolare Adamo ed Eva, ma non aveva realizzato il suo disegno di coinvolgerli in un’aperta ribellione contro il governo dell’universo. Ciò che essi avevano fatto era veramente male, ma non furono mai colpevoli di aver oltraggiato la verità, né di essersi deliberatamente ribellati contro il giusto governo del Padre Universale e del suo Figlio Creatore.
(845.8) 75:8.1 Adamo ed Eva caddero dal loro stato superiore di filiazione materiale alla bassa condizione dell’uomo mortale. Ma questa non fu la caduta dell’uomo. La razza umana è stata elevata malgrado le conseguenze immediate dell’errore adamico. Anche se il piano divino del dono della razza viola ai popoli di Urantia fallì, le razze mortali hanno tratto enorme profitto dal contributo limitato che Adamo ed i suoi discendenti portarono alle razze di Urantia.
(846.1) 75:8.2 Non c’è stata alcuna “caduta dell’uomo”. La storia della razza umana è un’evoluzione progressiva, ed il conferimento adamico ha lasciato i popoli del mondo grandemente migliorati rispetto alla loro condizione biologica precedente. Le stirpi superiori di Urantia contengono ora dei fattori ereditari derivati da almeno quattro fonti distinte: andonita, sangik, nodita e adamica.
(846.2) 75:8.3 Adamo non dovrebbe essere considerato come la causa di una maledizione sulla razza umana. Anche se egli fallì nell’esecuzione del piano divino, anche se trasgredì il suo patto con la Deità, anche se lui e la sua compagna furono veramente degradati allo status di creature, nonostante tutto ciò il loro apporto alla razza umana contribuì molto al progresso della civiltà su Urantia.
(846.3) 75:8.4 Nel valutare i risultati della missione adamica sul vostro mondo, la giustizia esige che si riconosca la condizione del pianeta. Adamo fu posto di fronte ad un compito quasi disperato quando, con la sua bella compagna, fu trasportato da Jerusem su questo mondo oscuro e confuso. Ma se avessero seguito il consiglio dei Melchizedek e dei loro associati, e se fossero stati più pazienti, essi alla fine avrebbero avuto successo. Ma Eva ascoltò la propaganda insidiosa per la libertà personale e l’indipendenza planetaria nell’agire. Essa fu indotta a fare un esperimento con il plasma vitale dell’ordine materiale di filiazione, nel senso che permise a questa fiducia vivente di mescolarsi prematuramente con quella dell’ordine già misto del modello originale dei Portatori di Vita, che era stato precedentemente combinato con quello degli esseri riproduttori un tempo aggregati al personale del Principe Planetario.
(846.4) 75:8.5 Nel corso di tutta la vostra ascensione al Paradiso non guadagnerete mai niente tentando impazientemente di aggirare il piano divino stabilito per mezzo di scorciatoie, d’invenzioni personali o di altri espedienti per migliorare la via della perfezione, verso la perfezione e per la perfezione eterna.
(846.5) 75:8.6 Tutto sommato probabilmente non c’è mai stato in nessun pianeta di Nebadon un fallimento della saggezza più scoraggiante. Ma non c’è da sorprendersi che questi passi falsi avvengano negli affari degli universi in evoluzione. Noi facciamo parte di una creazione gigantesca e non è strano che non tutto vada alla perfezione; il nostro universo non è stato creato perfetto. La perfezione è la nostra meta eterna, non la nostra origine.
(846.6) 75:8.7 Se questo fosse un universo meccanicistico, se la Prima Grande Sorgente e Centro fosse soltanto una forza e non anche una personalità, se tutta la creazione fosse un’immensa aggregazione di materia fisica dominata da leggi precise caratterizzate da azioni dell’energia invariabili, allora la perfezione potrebbe prevalere anche senza che lo status dell’universo fosse completato. Non ci sarebbe alcun dissenso; non ci sarebbe alcuna frizione. Ma nel nostro universo in evoluzione di perfezione e d’imperfezione relative noi ci rallegriamo che siano possibili dissensi e malintesi, perché in tal modo si evidenzia il fatto e l’azione della personalità nell’universo. E se la nostra creazione è un’esistenza dominata dalla personalità, allora potete essere certi della possibilità della sopravvivenza, del progresso e della realizzazione della personalità; noi possiamo avere fiducia nella crescita, nell’esperienza e nell’avventura della personalità. Quale glorioso universo in quanto è personale e progressivo, non semplicemente meccanico oppure passivamente perfetto!
(846.7) 75:8.8 [Presentato da Solonia, la serafica “voce nel Giardino”.]
(847.1) 76:0.1 QUANDO Adamo decise di lasciare il primo giardino senza opporsi ai Noditi, egli ed i suoi seguaci non potevano andare verso ovest, perché gli Edeniti non avevano imbarcazioni adatte ad una simile avventura sul mare. Non potevano andare verso nord, perché i Noditi del nord erano già in marcia verso Eden. Essi temevano di andare a sud, perché le colline di quella regione erano infestate da tribù ostili. La sola via aperta era verso est e così essi si diressero ad oriente verso le regioni allora amene situate tra i fiumi Tigri ed Eufrate. Molti di quelli che erano stati lasciati indietro andarono più tardi verso est per raggiungere gli Adamiti nella valle della loro nuova dimora.
(847.2) 76:0.2 Caino e Sansa nacquero entrambi prima che la carovana adamica avesse raggiunto la sua destinazione tra i fiumi in Mesopotamia. Laotta, la madre di Sansa, morì alla nascita di sua figlia; Eva soffrì molto ma sopravvisse grazie al suo vigore superiore. Eva attaccò Sansa, la figlia di Laotta, al suo seno, ed essa fu allevata con Caino. Sansa crebbe e divenne una donna molto capace. Essa divenne la moglie di Sargan, il capo delle razze blu settentrionali, e contribuì al progresso degli uomini blu di quei tempi.
(847.3) 76:1.1 Ci volle quasi un anno intero alla carovana di Adamo per raggiungere il fiume Eufrate. Trovandolo in piena, essi rimasero accampati per quasi sei settimane nelle pianure occidentali prima di attraversarlo per entrare nella regione situata tra i fiumi, che sarebbe divenuta il secondo giardino.
(847.4) 76:1.2 Quando giunse notizia agli abitanti della regione del secondo giardino che il re ed il gran sacerdote del Giardino di Eden stavano marciando verso di loro, erano fuggiti in fretta verso le montagne ad oriente. Quando Adamo arrivò, trovò che tutto il territorio desiderato era stato evacuato. E qui, in questo nuovo posto, Adamo ed i suoi aiutanti si misero al lavoro per costruire nuove dimore e stabilire un nuovo centro di cultura e di religione.
(847.5) 76:1.3 Adamo sapeva che questo luogo era uno dei tre selezionati in origine dal comitato incaricato di scegliere delle posizioni possibili per il Giardino progettato da Van e da Amadon. I due fiumi stessi erano una buona difesa naturale in quell’epoca, e poco a nord del secondo giardino l’Eufrate e il Tigri si avvicinavano molto, in modo che bastava costruire una muraglia di difesa di novanta chilometri per proteggere a sud il territorio tra i fiumi.
(847.6) 76:1.4 Dopo l’installazione nel nuovo Eden divenne necessario adottare metodi di vita rudimentali; sembrava veramente che la terra fosse stata maledetta. La natura stava nuovamente seguendo il suo corso. Ora gli Adamiti erano costretti a ricavare a stento di che vivere da un terreno non coltivato e ad affrontare le realtà della vita di fronte alle ostilità e alle incompatibilità naturali dell’esistenza umana. Essi avevano trovato il primo giardino parzialmente preparato per loro, ma il secondo doveva essere creato con il lavoro delle loro stesse mani e con il “sudore della loro fronte”.
(848.1) 76:2.1 Meno di due anni dopo la nascita di Caino, nacque Abele, il primo figlio di Adamo ed Eva a nascere nel secondo giardino. Quando Abele ebbe dodici anni, decise di fare il pastore; Caino aveva scelto l’agricoltura.
(848.2) 76:2.2 Ora, in questi tempi, era costume offrire al clero le cose di cui si disponeva. I pastori portavano animali delle loro greggi, i contadini frutti dei campi; ed in conformità con questa usanza Caino ed Abele facevano anch’essi delle offerte periodiche ai sacerdoti. I due giovani avevano discusso molte volte sui rispettivi pregi dei loro mestieri, e Abele non tardò a notare che erano preferiti i suoi sacrifici di animali. Invano Caino fece appello alle tradizioni del primo Eden, all’antica preferenza per i frutti dei campi. Ma Abele non volle ammetterlo e si burlò di suo fratello maggiore frustrato.
(848.3) 76:2.3 Ai tempi del primo Eden, Adamo aveva veramente cercato di scoraggiare le offerte di animali sacrificali, per cui Caino aveva un precedente legittimo per le sue asserzioni. Era tuttavia difficile organizzare la vita religiosa del secondo Eden. Adamo era preso da mille e uno dettagli associati ai lavori di costruzione, di difesa e per l’agricoltura. Essendo molto depresso spiritualmente, egli affidò l’organizzazione del culto e dell’educazione a quei collaboratori di stirpe nodita che avevano già svolto queste funzioni nel primo giardino. Ed in un periodo pur così breve i sacerdoti noditi che officiavano cominciarono a ritornare ai criteri e alle regole dei tempi preadamici.
(848.4) 76:2.4 I due giovani non erano mai andati d’accordo, e questa faccenda dei sacrifici contribuì ulteriormente ad accrescere l’odio tra di loro. Abele sapeva di essere il figlio di Adamo ed Eva e non perdeva occasione di ricordare a Caino che Adamo non era suo padre. Caino non era di pura razza viola poiché suo padre apparteneva alla razza nodita incrociata successivamente con gli uomini blu e rossi e con la stirpe andonica aborigena. E tutto ciò, unito alla sua naturale eredità bellicosa, portò Caino a nutrire un odio sempre maggiore per suo fratello più giovane.
(848.5) 76:2.5 I giovani avevano rispettivamente diciotto e vent’anni quando la tensione tra di loro fu definitivamente risolta il giorno in cui i dileggi di Abele infuriarono talmente il suo bellicoso fratello che Caino si scagliò con collera su di lui e lo uccise.
(848.6) 76:2.6 L’analisi della condotta di Abele conferma il valore dell’ambiente e dell’educazione come fattori di sviluppo del carattere. Abele aveva un’eredità ideale, e l’eredità è la base di ogni carattere; ma l’influenza di un ambiente inferiore neutralizzò praticamente questa splendida eredità. Abele, specialmente durante i suoi primi anni, fu grandemente influenzato dal suo ambiente sfavorevole. Egli sarebbe divenuto una persona completamente differente se fosse vissuto fino all’età di venticinque o trent’anni; la sua superba eredità sarebbe allora emersa. Mentre un ambiente buono non può contribuire molto a vincere realmente i difetti di carattere di un’eredità mediocre, un ambiente cattivo può danneggiare molto efficacemente un’eccellente eredità, almeno durante i primi anni di vita. Un buon ambiente sociale e un’educazione adeguata sono il terreno e l’atmosfera indispensabili per ottenere il meglio di una buona eredità.
(849.1) 76:2.7 I genitori di Abele seppero della sua morte quando i suoi cani riportarono a casa le greggi senza il loro padrone. Per Adamo ed Eva, Caino stava diventando rapidamente il sinistro ricordo della loro follia, ed essi lo incoraggiarono nella sua decisione di lasciare il giardino.
(849.2) 76:2.8 La vita di Caino in Mesopotamia non era stata proprio felice perché egli rappresentava in modo particolarmente simbolico l’errore. Non era tanto che i suoi associati fossero cattivi con lui, ma si rendeva conto del loro subconscio risentimento per la sua presenza. Ma Caino sapeva che, giacché non portava il marchio tribale, sarebbe stato ucciso dai primi uomini delle tribù vicine che l’avessero incontrato. La paura ed un certo rimorso lo portarono a pentirsi. Caino non era mai stato abitato da un Aggiustatore, aveva sempre sfidato la disciplina familiare e disdegnato la religione di suo padre. Ma ora andò da Eva, sua madre, e chiese aiuto e guida spirituali, e poiché cercò sinceramente l’assistenza divina, un Aggiustatore venne ad abitare in lui. E questo Aggiustatore, che dimorava all’interno ma guardava all’esterno, diede a Caino un netto vantaggio di superiorità che lo distinse dalla tribù di Adamo assai timorosa.
(849.3) 76:2.9 Così Caino partì per il paese di Nod, ad est del secondo Eden. Egli divenne un grande capo di uno dei gruppi del popolo di suo padre e compì in una certa misura le predizioni di Serapatatia, perché favorì la pace tra il suo gruppo di Noditi e gli Adamiti per tutta la sua vita. Caino sposò Remona, sua lontana cugina, ed il loro primo figlio, Enoch, divenne il capo dei Noditi Elamiti. E per centinaia di anni gli Elamiti e gli Adamiti continuarono a vivere in pace.
(849.4) 76:3.1 Via via che il tempo passava nel secondo giardino, le conseguenze dell’inadempienza divenivano sempre più evidenti. Ad Adamo ed Eva mancavano molto la loro antica dimora di bellezza e di tranquillità come pure i loro figli che erano stati deportati su Edentia. Era veramente patetico osservare questa splendida coppia ridotta allo status dell’umanità comune del regno; ma essi sopportavano la loro condizione degradata con grazia e coraggio.
(849.5) 76:3.2 Adamo trascorreva saggiamente la maggior parte del suo tempo ad insegnare ai suoi figli ed ai suoi associati l’amministrazione civile, i metodi educativi e le pratiche religiose. Se non fosse stato per questa previdenza, alla sua morte si sarebbe scatenato un pandemonio. Infatti, la morte di Adamo portò pochi cambiamenti nella condotta degli affari del suo popolo. Ma molto tempo prima della loro scomparsa, Adamo ed Eva avevano riconosciuto che i loro figli ed i loro seguaci avevano gradualmente imparato a dimenticare i tempi della loro gloria in Eden. E fu un bene per la maggior parte dei loro seguaci dimenticare la grandezza di Eden; ebbero così minori possibilità di essere eccessivamente scontenti del loro ambiente meno favorevole.
(849.6) 76:3.3 I capi civili degli Adamiti discendevano ereditariamente dai figli del primo giardino. Il primo figlio di Adamo, Adamson (Adam ben Adam), fondò un centro secondario della razza viola a nord del secondo Eden. Il secondo figlio di Adamo, Eveson, divenne un eccellente capo ed amministratore; egli fu il grande collaboratore di suo padre. Eveson non visse a lungo quanto Adamo, e suo figlio primogenito, Jansad, divenne il successore di Adamo alla testa delle tribù adamite.
(849.7) 76:3.4 I capi religiosi, o clero, ebbero inizio con Set, il maggiore dei figli sopravviventi di Adamo ed Eva nati nel secondo giardino. Egli nacque centoventinove anni dopo l’arrivo di Adamo su Urantia. Set si dedicò interamente all’opera di miglioramento della condizione spirituale del popolo di suo padre, divenendo il capo del nuovo clero del secondo giardino. Suo figlio, Enos, fondò il nuovo ordine di culto, e suo nipote, Kenan, istituì il servizio missionario esterno per le tribù circostanti, vicine e lontane.
(850.1) 76:3.5 Il clero setita s’impegnò in un triplice compito che abbracciava la religione, la salute e l’educazione. Ai sacerdoti di quest’ordine s’insegnava ad officiare nelle cerimonie religiose, a servire come medici ed ispettori sanitari e ad operare come insegnanti nelle scuole del giardino.
(850.2) 76:3.6 La carovana di Adamo aveva trasportato i semi ed i bulbi di centinaia di piante e di cereali del primo giardino fino alla terra situata tra i fiumi; essi avevano portato anche vaste mandrie ed alcuni esemplari di tutti gli animali domestici. A causa di ciò avevano grandi vantaggi sulle tribù circostanti. Essi godevano di numerosi benefici della cultura precedente del Giardino originario.
(850.3) 76:3.7 Fino al momento di lasciare il primo giardino, Adamo e la sua famiglia si erano sempre cibati di frutti, di cereali e di noci. Sulla strada verso la Mesopotamia essi avevano mangiato per la prima volta erbe e legumi. La consumazione di carne fu introdotta ben presto nel secondo giardino, ma Adamo ed Eva non mangiarono mai carne come parte della loro dieta regolare. E nemmeno Adamson, Eveson e gli altri figli della prima generazione del primo giardino divennero mangiatori di carne.
(850.4) 76:3.8 Gli Adamiti erano considerevolmente superiori alle popolazioni circostanti per realizzazione culturale e sviluppo intellettuale. Essi concepirono il terzo alfabeto e posero in altri modi le fondamenta di molte attività che furono le precorritrici dell’arte, della scienza e della letteratura moderne. Qui, nelle terre tra il Tigri e l’Eufrate, essi conservarono le arti della scrittura, della lavorazione dei metalli, della ceramica e della tessitura, ed elaborarono un tipo di architettura che non fu superato per migliaia di anni.
(850.5) 76:3.9 La vita di famiglia delle popolazioni viola era ideale per il loro tempo e la loro era. I figli erano sottoposti a corsi di formazione per l’agricoltura, l’artigianato e l’allevamento di animali, oppure venivano istruiti per svolgere il triplice incarico di un Setita: essere sacerdote, medico ed insegnante.
(850.6) 76:3.10 Quando pensate al clero setita, non confondete quei ben intenzionati e nobili insegnanti di salute e di religione, quei veri maestri, con il clero degradato e commerciale delle tribù successive e delle nazioni circostanti. I loro concetti religiosi della Deità e dell’universo erano elevati e più o meno esatti; le loro regole igieniche erano eccellenti per quel tempo, ed i loro metodi di educazione non sono mai stati superati da allora.
(850.7) 76:4.1 Adamo ed Eva furono i fondatori della razza viola, la nona razza umana apparsa su Urantia. Adamo e la sua discendenza avevano occhi blu, e la popolazione viola era caratterizzata da carnagione chiara e da capelli di colore chiaro — gialli, rossi e castani.
(850.8) 76:4.2 Eva non soffriva nel partorire; e così le donne delle razze evoluzionarie primitive. Solo le razze miste originate dall’unione dell’uomo evoluzionario con i Noditi e più tardi con gli Adamiti soffrirono i forti dolori del parto.
(851.1) 76:4.3 Adamo ed Eva, come i loro simili su Jerusem, traevano la loro energia da una doppia nutrizione, sostentandosi sia con cibo che con luce integrati da certe energie superfisiche non rivelate su Urantia. I loro discendenti urantiani non ereditarono la facoltà dei genitori di assorbimento dell’energia e di circolazione della luce. Avevano una sola circolazione, il tipo umano di mantenimento a mezzo del sangue. Essi erano segnatamente mortali seppure con una lunga durata di vita, benché ad ogni generazione successiva la longevità gravitasse verso la norma umana.
(851.2) 76:4.4 Adamo ed Eva e la loro prima generazione di figli non utilizzarono la carne di animali come cibo. Essi si sostentavano esclusivamente con “i frutti degli alberi”. Dopo la prima generazione tutti i discendenti di Adamo cominciarono a cibarsi di prodotti caseari, ma molti di loro continuarono a seguire un regime privo di carne. Anche molte delle tribù meridionali con le quali si unirono successivamente non mangiavano carne. Più tardi queste tribù vegetariane emigrarono per la maggior parte verso est e sopravvissero come sono ora mescolate ai popoli dell’India.
(851.3) 76:4.5 La vista fisica e spirituale di Adamo ed Eva erano di gran lunga superiori a quelle dei popoli odierni. I loro sensi speciali erano molto più acuti, ed essi erano in grado di vedere gli intermedi e le schiere angeliche, i Melchizedek e il decaduto Principe Caligastia, che venne parecchie volte a conferire con il suo nobile successore. Essi conservarono la capacità di vedere questi esseri celesti per più di cento anni dopo la loro mancanza. Questi sensi speciali non erano presenti in modo così acuto nei loro figli ed ebbero tendenza a diminuire ad ogni generazione successiva.
(851.4) 76:4.6 I figli adamici erano generalmente abitati da un Aggiustatore poiché possedevano tutti un’indubbia capacità di sopravvivenza. Questi discendenti superiori non erano così soggetti alla paura quanto i figli evoluzionari. Un tale grado di paura persiste nelle razze odierne di Urantia perché i vostri antenati hanno ricevuto così poco plasma vitale di Adamo, a causa dell’immediato fallimento dei piani per l’elevazione fisica razziale.
(851.5) 76:4.7 Le cellule del corpo dei Figli Materiali e della loro progenie sono molto più resistenti alle malattie di quelle degli esseri evoluzionari nativi del pianeta. Le cellule del corpo delle razze native sono affini agli organismi viventi microscopici ed ultramicroscopici del regno che generano le malattie. Questi fatti spiegano perché i popoli di Urantia devono fare tanti sforzi nella ricerca scientifica per opporsi a così tanti disturbi fisici. Voi sareste molto più resistenti alle malattie se le vostre razze portassero più linfa vitale adamica.
(851.6) 76:4.8 Dopo essersi stabilito nel secondo giardino sull’Eufrate, Adamo decise di lasciare dietro di sé quanto più possibile del suo plasma vitale perché ne beneficiasse il mondo dopo la sua morte. Di conseguenza Eva fu messa a capo di una commissione di dodici persone per il miglioramento della razza, e prima della morte di Adamo questa commissione aveva selezionato 1.682 donne del tipo più evoluto di Urantia, e queste donne furono fecondate con il plasma vitale adamico. I loro figli raggiunsero tutti l’età adulta, salvo 112, cosicché il mondo beneficiò in tal modo di un supplemento di 1.570 uomini e donne superiori. Anche se queste candidate alla maternità furono selezionate tra tutte le tribù circostanti e rappresentavano la maggior parte delle razze della terra, furono scelte in maggioranza dalle stirpi superiori dei Noditi, e costituirono gli inizi della potente razza Andita. Questi figli nacquero e furono allevati nelle tribù circostanti delle loro rispettive madri.
(851.7) 76:5.1 Non molto tempo dopo la costruzione del secondo Eden, Adamo ed Eva furono debitamente informati che il loro pentimento era bene accetto, e che pur essendo destinati a subire la sorte dei mortali del loro mondo, sarebbero certamente divenuti candidati all’ammissione nei ranghi dei sopravviventi addormentati di Urantia. Essi credettero pienamente a questo vangelo di risurrezione e di riabilitazione che i Melchizedek avevano annunciato loro in modo così toccante. La loro trasgressione era stata un errore di giudizio e non un peccato di ribellione cosciente e deliberato.
(852.1) 76:5.2 Adamo ed Eva, come cittadini di Jerusem, non avevano Aggiustatori di Pensiero, né furono abitati da Aggiustatori quando operarono su Urantia nel primo giardino. Ma poco dopo la loro riduzione allo status mortale essi divennero coscienti di una nuova presenza in loro e percepirono che lo status umano, unito ad un sincero pentimento, aveva reso possibile a degli Aggiustatori di dimorare in loro. Fu questa consapevolezza di essere abitati da un Aggiustatore che incoraggiò grandemente Adamo ed Eva per tutto il resto della loro vita. Essi sapevano di aver fallito come Figli Materiali di Satania, ma sapevano anche che la carriera del Paradiso era ancora aperta per loro come figli ascendenti dell’universo.
(852.2) 76:5.3 Adamo sapeva della risurrezione dispensazionale che avvenne simultaneamente al suo arrivo sul pianeta, e credeva che lui e la sua compagna sarebbero stati probabilmente ripersonalizzati in connessione con l’arrivo dell’ordine di filiazione successivo. Egli non sapeva che Micael, il sovrano di questo universo, sarebbe apparso così presto su Urantia; si aspettava che il prossimo Figlio ad arrivare sarebbe stato dell’ordine degli Avonal. Anche così, fu sempre un conforto per Adamo ed Eva meditare l’unico messaggio personale che ricevettero da Micael, benché fosse per loro qualcosa di difficile da comprendere. Questo messaggio, tra altre espressioni di amicizia e d’incoraggiamento, diceva: “Ho preso in considerazione le circostanze della vostra mancanza; mi sono ricordato il desiderio del vostro cuore di essere sempre fedeli alla volontà di mio Padre, e voi sarete chiamati dall’abbraccio del sonno mortale quando verrò io su Urantia, se i Figli subordinati del mio regno non vi manderanno a prendere prima di quel tempo.”
(852.3) 76:5.4 Questo fu un grande mistero per Adamo ed Eva. Essi riuscivano a comprendere in questo messaggio la velata promessa di una possibile risurrezione speciale, ed una tale possibilità li rincuorò grandemente, ma non riuscivano a capire il significato della dichiarazione che avrebbero potuto riposare fino al momento di una risurrezione associata all’apparizione personale di Micael su Urantia. Così la coppia edenica proclamò sempre che sarebbe venuto un giorno un Figlio di Dio, e comunicarono ai loro cari la credenza, o almeno l’ardente speranza, che il mondo dei loro errori e delle loro sventure sarebbe forse stato il regno in cui il sovrano di questo universo avrebbe potuto decidere di agire come Figlio Paradisiaco autoconferito. Sembrava troppo bello per essere vero, ma Adamo conservò l’idea che l’Urantia lacerata dalle contese avrebbe potuto, dopo tutto, diventare il mondo più fortunato del sistema di Satania ed il pianeta più invidiato di tutto Nebadon.
(852.4) 76:5.5 Adamo visse 530 anni; egli morì di quella che si potrebbe chiamare vecchiaia. Il suo meccanismo fisico semplicemente si logorò; il processo di disintegrazione prevalse gradualmente sul processo di ricupero, e sopraggiunse l’inevitabile fine. Eva era morta diciannove anni prima per debolezza cardiaca. Essi furono entrambi sepolti al centro del tempio di servizio divino che era stato costruito secondo i loro piani subito dopo che le mura della colonia erano state completate. E questa fu l’origine del costume di seppellire illustri e pii uomini e donne sotto il pavimento dei luoghi di culto.
(852.5) 76:5.6 Il governo supermateriale di Urantia proseguì sotto la direzione dei Melchizedek, ma il contatto fisico diretto con le razze evoluzionarie era stato interrotto. Dai lontani giorni dell’arrivo del gruppo corporale del Principe Planetario, passando per i tempi di Van e di Amadon, fino all’arrivo di Adamo ed Eva, dei rappresentanti fisici del governo dell’universo avevano sempre stazionato sul pianeta. Ma con l’inadempienza adamica questo regime, estendentesi su un periodo di oltre 450.000 anni, ebbe termine. Nelle sfere spirituali, degli aiuti angelici continuarono a lottare assieme agli Aggiustatori di Pensiero, lavorando tutti eroicamente per la salvezza degli individui. Ma nessun piano completo e di vasta portata per il benessere del mondo fu promulgato per i mortali della terra fino all’arrivo di Machiventa Melchizedek, ai tempi di Abramo, il quale, con il potere, la pazienza e l’autorità di un Figlio di Dio, pose le fondamenta per un’ulteriore elevazione e riabilitazione spirituale dello sfortunato Urantia.
(853.1) 76:5.7 La sfortuna non è stata, tuttavia, l’unica sorte di Urantia; questo pianeta è stato anche il più fortunato dell’universo locale di Nebadon. Gli Urantiani dovrebbero considerare tutto di guadagnato se gli sbagli dei loro antenati e gli errori dei primi capi del loro mondo hanno spinto il pianeta in un tale stato disperato di confusione, ancor più sconvolto dal male e dal peccato, che questo stesso scenario di tenebre interessò Micael di Nebadon al punto da scegliere questo mondo come arena in cui rivelare la personalità amorevole del Padre celeste. Ciò non avvenne perché Urantia aveva bisogno di un Figlio Creatore che rimettesse in ordine i suoi affari aggrovigliati, ma piuttosto perché il male ed il peccato su Urantia offrivano al Figlio Creatore l’ambiente più stupefacente per rivelare l’amore, la misericordia e la pazienza incomparabili del Padre del Paradiso.
(853.2) 76:6.1 Adamo ed Eva entrarono nel riposo mortale con una fede salda nelle promesse fatte loro dai Melchizedek che si sarebbero risvegliati un giorno dal sonno della morte per riprendere a vivere sui mondi delle dimore, mondi che erano per loro così familiari prima della loro missione nella carne materiale della razza viola su Urantia.
(853.3) 76:6.2 Essi non rimasero a lungo nell’oblio del sonno incosciente dei mortali del regno. Il terzo giorno dopo la morte di Adamo, il secondo dopo la sua reverente sepoltura, gli ordini di Lanaforge che prescrivevano l’appello nominale speciale dei sopravviventi più eminenti dell’errore adamico su Urantia, confermati dagli Altissimi di Edentia in funzione e ratificati dall’Unione dei Giorni di Salvington, attuati da parte di Micael, furono rimessi a Gabriele. Ed in conformità a questo ordine di risurrezione speciale, numero ventisei della serie di Urantia, Adamo ed Eva furono ripersonalizzati e ricostituiti nelle sale di risurrezione dei mondi delle dimore di Satania assieme a 1.316 loro associati nell’esperienza del primo giardino. Molte altre anime leali erano già state trasferite al momento dell’arrivo di Adamo su Urantia, che fu accompagnato da un giudizio dispensazionale dei sopravviventi addormentati e degli ascendenti viventi qualificati.
(853.4) 76:6.3 Adamo ed Eva passarono rapidamente per i mondi d’ascensione progressiva fino a raggiungere la cittadinanza di Jerusem, e ridivennero residenti del loro pianeta d’origine, ma questa volta come membri di un ordine differente di personalità dell’universo. Essi avevano lasciato Jerusem come cittadini permanenti — Figli di Dio; vi ritornavano come cittadini ascendenti — figli dell’uomo. Essi furono immediatamente assegnati al servizio di Urantia sulla capitale del sistema, e furono nominati più tardi membri del consiglio dei ventiquattro che costituisce attualmente il corpo di controllo consultivo di Urantia.
(854.1) 76:6.4 Così termina la storia dell’Adamo e dell’Eva Planetari di Urantia, una storia di prove, di tragedia e di trionfo, almeno di trionfo personale per il vostro Figlio e la vostra Figlia Materiali bene intenzionati ma tratti in inganno; e alla fine sarà indubbiamente anche una storia di trionfo ultimo per il loro mondo ed i suoi abitanti scossi dalla ribellione e tormentati dal male. Tutto sommato Adamo ed Eva hanno portato un potente contributo al rapido sviluppo della civiltà ed hanno accelerato il progresso biologico della razza umana. Essi hanno lasciato sulla terra una grande cultura, ma non è stato possibile per una tale civiltà avanzata sopravvivere di fronte alla diluizione prematura e al naufragio finale dell’eredità adamica. È il popolo che crea una civiltà; la civiltà non crea il popolo.
(854.2) 76:6.5 [Presentato da Solonia, la serafica “voce nel Giardino”.]
(855.1) 77:0.1 LA MAGGIOR parte dei mondi abitati di Nebadon ospita uno o più gruppi di esseri straordinari che esistono su un livello di funzionamento vitale situato circa a metà strada tra quello dei mortali dei regni e quello degli ordini angelici; per questo sono chiamati creature intermedie. Essi sembrano essere un accidente del tempo, ma sono così diffusi e sono aiuti così preziosi che noi li abbiamo accettati da lungo tempo come uno degli ordini essenziali del nostro ministero planetario congiunto.
(855.2) 77:0.2 Su Urantia operano due ordini distinti d’intermedi: il corpo primario o anziano, che venne all’esistenza nei giorni lontani di Dalamatia, ed il gruppo secondario o più giovane, la cui origine data dai tempi di Adamo.
(855.3) 77:1.1 Gli intermedi primari hanno la loro genesi in un’interassociazione unica del materiale e dello spirituale su Urantia. Noi sappiamo dell’esistenza di creature simili su altri mondi ed in altri sistemi, ma esse sono state originate mediante tecniche differenti.
(855.4) 77:1.2 È sempre bene tenere a mente che i conferimenti in successione dei Figli di Dio ad un pianeta in evoluzione producono cambiamenti notevoli nell’economia spirituale del regno e modificano talvolta l’attività d’interassociazione delle agenzie spirituali e materiali su un pianeta al punto da creare situazioni veramente difficili da comprendere. Lo status dei cento membri corporali del personale del Principe Caligastia illustra proprio una tale interassociazione straordinaria. Come cittadini morontiali ascendenti di Jerusem essi erano creature supermateriali senza prerogative di riproduzione; come ministri planetari discendenti di Urantia essi erano creature materiali sessuate capaci di procreare una discendenza materiale (come alcuni di loro fecero più tardi). Quello che non riusciamo a spiegare in modo soddisfacente è come questi cento membri hanno potuto svolgere il ruolo di genitori su un livello supermateriale, ma questo è esattamente ciò che avvenne. Un rapporto supermateriale (non sessuale) tra un membro maschile ed uno femminile del gruppo corporale si tradusse nell’apparizione del primogenito degli intermedi primari.
(855.5) 77:1.3 Ci si accorse immediatamente che una creatura di quest’ordine, a metà strada tra il livello mortale e quello angelico, sarebbe stata di grande aiuto occupandosi degli affari del quartier generale del Principe, e di conseguenza ogni coppia del gruppo corporale fu autorizzata ad originare un essere simile. Questo sforzo ebbe come risultato il primo gruppo di cinquanta creature intermedie.
(855.6) 77:1.4 Dopo aver osservato per un anno il lavoro di questo gruppo straordinario, il Principe Planetario autorizzò la riproduzione d’intermedi senza restrizioni. Questo piano fu proseguito fintanto che sussisté il potere di procreare, e fu così portato all’esistenza il corpo originario di 50.000 intermedi.
(856.1) 77:1.5 Tra la produzione di ciascun intermedio intercorreva un periodo di sei mesi, e quando mille di questi esseri furono nati da ogni coppia, non ne nacquero più. E non c’è alcuna spiegazione valida al perché questo potere si esaurì all’apparizione del millesimo discendente. Nessun tentativo successivo diede mai un qualche risultato se non fallimenti.
(856.2) 77:1.6 Queste creature costituirono il corpo d’informazione dell’amministrazione del Principe. Esse si sparsero ovunque, studiando ed osservando le razze del mondo e rendendo altri servizi inestimabili al Principe ed al suo gruppo nel lavoro d’influenzare le comunità umane lontane dal quartier generale planetario.
(856.3) 77:1.7 Questo regime perdurò fino ai tragici giorni della ribellione planetaria, che irretì poco più di quattro quinti degli intermedi primari. Il corpo leale entrò al servizio degli amministratori fiduciari Melchizedek, operando sotto il comando nominale di Van fino ai giorni di Adamo.
(856.4) 77:2.1 Mentre questa è la narrazione dell’origine, della natura e della funzione delle creature intermedie di Urantia, la parentela tra i due ordini — primario e secondario — rende necessario interrompere a questo punto la storia degli intermedi primari al fine di seguire la linea di discendenza dei membri ribelli del personale corporale del Principe Caligastia dai giorni della ribellione planetaria fino ai tempi di Adamo. Fu questa linea ereditaria che, nei primi tempi del secondo giardino, fornì la metà degli antenati dell’ordine secondario di creature intermedie.
(856.5) 77:2.2 I membri fisici del personale del Principe erano stati costituiti come creature sessuate affinché partecipassero al piano di procreazione di una discendenza incorporante le qualità congiunte del loro ordine speciale unite a quelle delle stirpi selezionate delle tribù di Andon; e tutto ciò in vista dell’apparizione successiva di Adamo. I Portatori di Vita avevano programmato la nascita di un nuovo tipo di mortale inglobante l’unione dei discendenti congiunti del personale del Principe con la prima generazione di figli di Adamo e di Eva. Essi avevano dunque progettato un piano che prevedeva un nuovo ordine di creature planetarie che speravano sarebbero divenute i capi e gli istruttori della società umana. Tali esseri erano destinati alla sovranità sociale, non alla sovranità civile. Ma poiché questo progetto fallì quasi completamente, non sapremo mai di quale aristocrazia di dirigenti benevoli e di quale cultura incomparabile sia stato privato Urantia. Perché quando i membri del gruppo corporale si riprodussero più tardi, fu successivamente alla ribellione e dopo che erano stati privati del loro collegamento con le correnti di vita del sistema.
(856.6) 77:2.3 L’era posteriore alla ribellione su Urantia vide prodursi molti avvenimenti insoliti. Una grande civiltà — la cultura di Dalamatia — si stava sfasciando. “I Nephilim (Noditi) erano sulla terra in quei giorni, e quando questi figli degli dei si congiunsero con le figlie degli uomini ed esse partorirono, i loro figli furono i ‘potenti uomini di un tempo’, gli ‘uomini di rinomanza.’” Pur non essendo proprio “figli degli dei”, i membri del personale ed i loro primi discendenti erano considerati tali dai mortali evoluzionari di quei tempi lontani; anche la loro statura fu magnificata dalla tradizione. Questa dunque è l’origine del racconto popolare pressoché universale degli dei che discesero sulla terra e diedero origine con le figlie degli uomini ad un’antica razza di eroi. Tutta questa leggenda divenne ancor più confusa con le mescolanze razziali degli Adamiti apparsi più tardi nel secondo giardino.
(857.1) 77:2.4 Poiché i cento membri corporali del gruppo del Principe portavano il plasma germinativo delle stirpi umane andoniche, ci si sarebbe naturalmente aspettato che, se s’impegnavano nella riproduzione sessuale, la loro progenie assomigliasse totalmente a quella di altri genitori andoniti. Ma quando i sessanta ribelli del personale, i seguaci di Nod, s’impegnarono effettivamente nella riproduzione sessuale, i loro figli si rivelarono molto superiori in quasi tutti gli aspetti sia alle popolazioni andonite che a quelle sangik. Questa superiorità inattesa caratterizzava non solo le qualità fisiche ed intellettuali ma anche le capacità spirituali.
(857.2) 77:2.5 Questi caratteri mutanti apparsi nella prima generazione nodita risultavano da certi cambiamenti che erano stati operati nella configurazione e nei costituenti chimici dei fattori ereditari del plasma germinativo andonico. Questi cambiamenti furono causati dalla presenza, nei corpi dei membri del personale, dei potenti circuiti di mantenimento della vita del sistema di Satania. Questi circuiti vitali portarono i cromosomi del modello speciale di Urantia a riorganizzarsi principalmente secondo i modelli della specializzazione standardizzata per Satania della manifestazione della vita fissata per Nebadon. La tecnica di questa metamorfosi del plasma germinativo mediante l’azione delle correnti vitali sistemiche non è dissimile dai procedimenti con i quali gli scienziati di Urantia modificano il plasma germinativo delle piante e degli animali con l’impiego di raggi X.
(857.3) 77:2.6 È in tal modo che i popoli noditi ebbero origine da certe modificazioni particolari ed inattese prodottesi nel plasma vitale che era stato trasferito dai corpi dei contributori andoniti a quelli dei membri del gruppo corporale dai chirurghi di Avalon.
(857.4) 77:2.7 Ricordiamoci che i cento Andoniti che avevano fornito il plasma germinativo furono a loro volta dotati del complemento organico dell’albero della vita, cosicché le correnti vitali di Satania pervasero anche i loro corpi. I quarantaquattro Andoniti modificati che seguirono il personale nella ribellione si congiunsero inoltre tra di loro e portarono un grande contributo alle stirpi migliori del popolo nodita.
(857.5) 77:2.8 Questi due gruppi, comprendenti 104 individui che portavano il plasma germinativo andonita modificato, costituiscono gli antenati dei Noditi, l’ottava razza apparsa su Urantia. Questa nuova caratteristica della vita umana su Urantia rappresenta un’altra fase dell’esecuzione del piano originale consistente nell’utilizzare questo pianeta come mondo modificatore della vita, salvo che questo era uno degli sviluppi non previsti.
(857.6) 77:2.9 I Noditi di sangue puro erano una razza magnifica, ma si mescolarono gradualmente con i popoli evoluzionari della terra, in modo che non tardò a prodursi un grande deterioramento. Diecimila anni dopo la ribellione essi erano regrediti al punto che la durata media della loro vita era di poco superiore a quella delle razze evoluzionarie.
(857.7) 77:2.10 Quando gli archeologi portano alla luce le tavolette d’argilla che raccontano la storia dei successivi discendenti dei Noditi, i Sumeri, scoprono liste di re sumeri che risalgono a parecchie migliaia di anni; e via via che questi archivi risalgono nel passato, i regni dei singoli re si allungano da circa venticinque o trent’anni fino a centocinquant’anni e più. L’allungamento dei regni di questi antichi re significa che alcuni dei primi capi noditi (discendenti diretti del personale del Principe) vivevano più a lungo dei loro successori e denotano anche lo sforzo di far risalire le dinastie fino ai tempi di Dalamatia.
(857.8) 77:2.11 Le indicazioni della longevità di questi individui sono dovute anche alla confusione tra mesi ed anni come periodi di tempo. Si può osservare la stessa cosa nella genealogia biblica di Abramo e nei primi archivi dei Cinesi. La confusione tra il mese, o periodo di tempo di ventotto giorni, e l’anno introdotto più tardi di oltre trecentocinquanta giorni, è responsabile delle tradizioni di queste lunghe vite umane. È citato il caso di un uomo vissuto più di novecento “anni”. Questo periodo rappresenta non più di settant’anni, e tali durate di vita furono considerate per ere come molto lunghe, “tre ventine di anni più dieci” come fu designato più tardi un tale periodo di vita.
(858.1) 77:2.12 Il calcolo del tempo in mesi di ventotto giorni persisté fino a molto dopo l’epoca di Adamo. Ma quando gli Egiziani intrapresero a riformare il calendario, circa settemila anni or sono, lo fecero con grande precisione, introducendo l’anno di 365 giorni.
(858.2) 77:3.1 Dopo la sommersione di Dalamatia, i Noditi si diressero verso nord e verso est, fondando subito la nuova città di Dilmun come loro quartier generale razziale e culturale. E circa cinquantamila anni dopo la morte di Nod, quando i discendenti del personale del Principe divennero troppo numerosi per trovare sostentamento nelle terre immediatamente circostanti alla loro nuova città di Dilmun, e dopo che erano giunti a sposarsi con membri delle tribù andonite e sangik adiacenti ai loro confini, i loro capi compresero che bisognava fare qualcosa per preservare la loro unità razziale. Di conseguenza fu convocato un consiglio delle tribù, e dopo lunga discussione fu approvato il piano di Bablot, un discendente di Nod.
(858.3) 77:3.2 Bablot proponeva di erigere un tempio pretenzioso di glorificazione razziale al centro del territorio allora occupato da loro. Questo tempio doveva avere una torre di cui il mondo non avesse mai visto l’uguale. Esso doveva essere un memoriale monumentale alla loro passata grandezza. C’erano molti che desideravano che questo monumento fosse eretto a Dilmun, ma altri sostenevano che una struttura così grande doveva essere posta a distanza di sicurezza dai pericoli del mare, ricordando le tradizioni dello sprofondamento della loro prima capitale, Dalamatia.
(858.4) 77:3.3 Bablot prevedeva che le nuove costruzioni dovessero divenire il nucleo del futuro centro della cultura e della civiltà nodite. Il suo parere finì per prevalere e fu iniziata la costruzione in conformità ai suoi piani. La nuova città si sarebbe chiamata Bablot, come l’architetto e costruttore della torre. Questo luogo fu conosciuto più tardi come Bablod ed infine come Babele.
(858.5) 77:3.4 Ma i Noditi erano ancora abbastanza divisi nei loro pareri circa i piani e gli scopi di questa impresa. E nemmeno i loro capi erano interamente d’accordo sui piani di costruzione e sull’utilizzazione degli edifici una volta completati. Dopo quattro anni e mezzo di lavoro sorse una grande disputa sull’obiettivo ed il motivo dell’erezione della torre. La controversia s’inasprì a tal punto che ogni lavoro fu sospeso. I portatori di viveri sparsero la notizia del dissenso, ed un gran numero di tribù cominciarono a radunarsi sul luogo della costruzione. Erano proposti tre punti di vista differenti sullo scopo di costruire la torre.
(858.6) 77:3.5 1. Il gruppo più numeroso, circa la metà, desiderava vedere costruita la torre come monumento commemorativo della storia e della superiorità razziale dei Noditi. Essi ritenevano che dovesse essere una grande ed imponente struttura atta a suscitare l’ammirazione di tutte le generazioni future.
(858.7) 77:3.6 2. La fazione successiva per numero desiderava che la torre fosse destinata a commemorare la cultura di Dilmun. Essi prevedevano che Bablot sarebbe divenuta un grande centro di commercio, d’arte e di manifattura.
(859.1) 77:3.7 3. Il contingente più piccolo e minoritario stimava che l’erezione della torre offrisse un’occasione per riparare la follia dei loro progenitori di aver partecipato alla ribellione di Caligastia. Essi sostenevano che la torre doveva essere consacrata all’adorazione del Padre di tutti, che il solo fine della nuova città doveva essere quello di prendere il posto di Dalamatia — di funzionare come centro culturale e religioso per i barbari circostanti.
(859.2) 77:3.8 Il gruppo religioso fu immediatamente battuto ai voti. La maggioranza respinse la nozione che i loro antenati fossero stati colpevoli di ribellione; essi si risentivano per un tale marchio d’infamia razziale. Avendo eliminato uno dei tre punti di vista della disputa e non riuscendo gli altri due a mettersi d’accordo mediante dibattito, entrarono in guerra. I religiosi, i non combattenti, fuggirono verso sud a casa loro, mentre i loro compagni si batterono fino a quando furono quasi sterminati.
(859.3) 77:3.9 Circa dodicimila anni fa fu fatto un secondo tentativo di erigere la torre di Babele. Le razze miste degli Anditi (Noditi e Adamiti) cominciarono a costruire un nuovo tempio sulle rovine della prima struttura, ma non vi furono sufficienti appoggi all’impresa; essa soccombette sotto il peso della propria presunzione. Questa regione fu a lungo conosciuta come il paese di Babele.
(859.4) 77:4.1 La dispersione dei Noditi fu una conseguenza immediata del conflitto intestino riguardo alla torre di Babele. Questa guerra interna ridusse considerevolmente il numero dei Noditi più puri e fu responsabile sotto molti aspetti del loro fallimento nell’istituzione di una grande civiltà preadamica. A partire da questo periodo la cultura nodita declinò per più di centoventimila anni, fino a quando non fu rielevata dall’infusione adamica. Ma anche ai tempi di Adamo i Noditi erano ancora un popolo capace. Molti dei loro discendenti di sangue misto furono tra i costruttori del Giardino, e parecchi capitani del gruppo di Van erano Noditi. Alcune delle menti più qualificate che servivano nel personale di Adamo appartenevano a questa razza.
(859.5) 77:4.2 Tre dei quattro grandi centri noditi furono stabiliti immediatamente dopo il conflitto di Bablot:
(859.6) 77:4.3 1. I Noditi occidentali o siriani. I superstiti del gruppo nazionalista, o dei favorevoli al memoriale razziale, si diressero verso nord, unendosi con gli Andoniti per fondare i successivi centri noditi a nordovest della Mesopotamia. Questo era il gruppo più numeroso di Noditi in corso di dispersione, ed essi contribuirono molto alla successiva apparizione della stirpe assira.
(859.7) 77:4.4 2. I Noditi orientali o elamiti. I sostenitori della cultura e del commercio emigrarono in gran numero verso est nell’Elam e si unirono con le tribù miste sangik. Gli Elamiti di trenta o quarantamila anni fa erano divenuti in larga parte di natura sangik, pur continuando a mantenere una civiltà superiore a quella dei barbari circostanti.
(859.8) 77:4.5 Dopo la costruzione del secondo giardino era usanza alludere a questo insediamento nodita vicino come al “paese di Nod”. E durante il lungo periodo di pace relativa tra questo gruppo nodita e gli Adamiti, le due razze furono grandemente mescolate, perché divenne sempre più costume per i Figli di Dio (gli Adamiti) sposarsi con le figlie degli uomini (i Noditi).
(860.1) 77:4.6 3. I Noditi centrali o presumeri. Un piccolo gruppo alla foce dei fiumi Tigri ed Eufrate conservò maggiori elementi della sua integrità razziale. Essi persisterono per migliaia di anni e fornirono alla fine gli antenati noditi che si mescolarono con gli Adamiti per fondare i popoli sumeri dei tempi storici
(860.2) 77:4.7 E tutto ciò spiega come i Sumeri apparvero così improvvisamente e misteriosamente sulla scena d’azione in Mesopotamia. I ricercatori non riusciranno mai a trovare le tracce e a risalire agli inizi di queste tribù sumere, che avevano avuto origine duecentomila anni addietro dopo la sommersione di Dalamatia. Senza una traccia d’origine in nessun’altra parte del mondo, queste antiche tribù si profilarono improvvisamente all’orizzonte della civiltà con una cultura completa e superiore, comprendente templi, lavorazione dei metalli, agricoltura, allevamento di animali, arte della ceramica, tessitura, leggi commerciali, codici civili, cerimoniali religiosi ed un antico sistema di scrittura. All’inizio dell’era storica essi avevano perso da lungo tempo l’alfabeto di Dalamatia ed avevano adottato il sistema di scrittura particolare originato in Dilmun. La lingua sumera, anche se praticamente perduta per il mondo, non era semitica; essa aveva molto in comune con le cosiddette lingue ariane.
(860.3) 77:4.8 I documenti dettagliati lasciati dai Sumeri descrivono il luogo di un notevole insediamento situato sul Golfo Persico vicino all’antica città di Dilmun. Gli Egiziani chiamavano questa città di antica gloria Dilmat, mentre i successivi Sumeri adamizzati confusero sia la prima che la seconda città nodita con Dalamatia e chiamarono tutte e tre Dilmun. Ed alcuni archeologi hanno già trovato le antiche tavolette d’argilla sumere che parlano di questo paradiso terrestre “dove gli Dei benedirono per la prima volta l’umanità con l’esempio di una vita civilizzata e colta”. Tali tavolette che descrivono Dilmun, il paradiso degli uomini e di Dio, riposano ora nel silenzio delle gallerie polverose di numerosi musei.
(860.4) 77:4.9 I Sumeri conoscevano bene il primo ed il secondo Eden, ma nonostante il gran numero di matrimoni con gli Adamiti, continuarono a considerare gli abitanti del giardino del nord come una razza straniera. L’orgoglio dei Sumeri per la cultura nodita più antica li portava ad ignorare queste nuove prospettive di gloria a favore della grandiosità e delle tradizioni paradisiache della città di Dilmun.
(860.5) 77:4.10 4. I Noditi e gli Amadoniti del nord — i Vaniti. Questo gruppo era sorto prima del conflitto di Bablot. Questi Noditi più settentrionali erano i discendenti di coloro che avevano lasciato la guida di Nod e dei suoi successori per quella di Van e di Amadon.
(860.6) 77:4.11 Alcuni dei primi associati di Van s’installarono in seguito vicino alle rive del lago che porta ancora il suo nome, e le loro tradizioni si svilupparono attorno a questa località. L’Ararat divenne la loro montagna sacra, e prese per i Vaniti successivi un significato molto analogo a quello che il Sinai aveva per gli Ebrei. Diecimila anni fa i Vaniti antenati degli Assiri insegnavano che la loro legge morale di sette comandamenti era stata data a Van dagli Dei sul Monte Ararat. Essi credevano fermamente che Van ed il suo associato Amadon fossero stati portati via vivi dal pianeta mentre erano in adorazione sulla montagna.
(860.7) 77:4.12 Il Monte Ararat era la montagna sacra della Mesopotamia settentrionale, e poiché gran parte della vostra tradizione di questi tempi antichi fu acquisita in connessione con la storia babilonese del diluvio, non ci si deve sorprendere che il Monte Ararat e la sua regione siano stati inseriti nella successiva storia ebraica di Noè e del diluvio universale.
(860.8) 77:4.13 Circa 35.000 anni a.C. Adamson visitò uno dei più orientali tra gli antichi insediamenti vaniti per fondarvi il suo centro di civiltà.
(861.1) 77:5.1 Dopo aver delineato gli antecedenti noditi degli antenati degli intermedi secondari, questa narrazione deve ora prendere in considerazione la metà adamica dei loro antenati, perché gli intermedi secondari sono anche i nipoti di Adamson, il primogenito della razza viola di Urantia.
(861.2) 77:5.2 Adamson era tra quel gruppo di figli di Adamo ed Eva che scelsero di rimanere sulla terra con i loro genitori. Ora questo figlio maggiore di Adamo aveva spesso ascoltato da Van e Amadon la storia del luogo in cui vivevano sugli altopiani del nord, e qualche tempo dopo la costruzione del secondo giardino decise di partire alla ricerca di questo paese dei sogni della sua gioventù.
(861.3) 77:5.3 Adamson aveva allora 120 anni ed era stato il padre di trentadue figli di sangue puro nel primo giardino. Egli voleva restare con i suoi genitori ed aiutarli a costruire il secondo giardino, ma era profondamente turbato dalla perdita della sua compagna e dei loro figli, che avevano tutti scelto di andare su Edentia con gli altri figli adamici che scelsero di diventare pupilli degli Altissimi.
(861.4) 77:5.4 Adamson non voleva abbandonare i suoi genitori su Urantia, non era incline a fuggire le avversità e i pericoli, ma trovò che l’ambiente del secondo giardino non lo soddisfava. Egli contribuì molto alle attività iniziali di difesa e di costruzione, ma decise di partire per il nord alla prima occasione. Ed anche se la sua partenza fu del tutto amichevole, Adamo ed Eva furono molto afflitti per la perdita del loro figlio maggiore, sapendo che andava in un mondo sconosciuto ed ostile dal quale temevano che non sarebbe più tornato.
(861.5) 77:5.5 Un gruppo di ventisette compagni seguì Adamson verso il nord in cerca di questo popolo delle sue fantasie giovanili. In poco più di tre anni il gruppo di Adamson trovò effettivamente l’oggetto della sua avventura, e tra questa gente egli scoprì una meravigliosa e bella giovane di vent’anni, che asseriva di essere l’ultima discendente di sangue puro del personale del Principe. Questa donna, Ratta, disse che i suoi antenati discendevano tutti da due membri del personale decaduto del Principe. Essa era l’ultima della sua razza, non avendo né fratelli né sorelle viventi. Aveva quasi deciso di non sposarsi, si era quasi rassegnata a morire senza discendenza, ma s’innamorò del maestoso Adamson. E quando ebbe ascoltato la storia di Eden, come le predizioni di Van e di Amadon si erano effettivamente realizzate, e dopo aver sentito il racconto dell’errore del Giardino, essa non ebbe che un solo pensiero — sposare questo figlio ed erede di Adamo. E l’idea attecchì rapidamente in Adamson. Poco più di tre mesi dopo essi si sposarono.
(861.6) 77:5.6 Adamson e Ratta ebbero una famiglia di sessantesette figli. Essi diedero origine ad una grande stirpe di capi del mondo, ma fecero qualcosa di più. Si deve tenere presente che entrambi questi esseri erano in realtà superumani. Ogni quarto figlio nato da loro era di un ordine straordinario. Era spesso invisibile. Nella storia del mondo non era mai avvenuta una cosa simile. Ratta ne fu profondamente turbata — divenne persino superstiziosa — ma Adamson conosceva bene l’esistenza degli intermedi primari e concluse che qualcosa di simile stava avvenendo davanti ai suoi occhi. Quando venne al mondo il secondo discendente dal comportamento strano egli decise di farli sposare, poiché uno era un maschio e l’altro una femmina, e questa è l’origine dell’ordine secondario degli intermedi. Nell’arco di cento anni, prima che questo fenomeno cessasse, ne furono portati all’esistenza quasi duemila.
(862.1) 77:5.7 Adamson visse 396 anni. Egli ritornò molte volte a trovare suo padre e sua madre. Ogni sette anni lui e Ratta partivano verso sud per recarsi nel secondo giardino, e nel frattempo gli intermedi lo tenevano informato sulle condizioni del suo popolo. Durante la vita di Adamson essi svolsero un grande servizio costruendo un nuovo centro mondiale indipendente per la verità e la rettitudine.
(862.2) 77:5.8 Durante tutta la loro lunga vita Adamson e Ratta ebbero così a loro disposizione questo corpo di aiutanti meravigliosi, che lavorarono con loro per aiutarli nella propagazione della verità avanzata e nella diffusione di livelli più elevati di vita spirituale, intellettuale e fisica. Ed i risultati di questo sforzo per migliorare il mondo non furono mai interamente cancellati dai regressi successivi.
(862.3) 77:5.9 Gli Adamsoniti mantennero un’elevata cultura per quasi settemila anni a partire dai tempi di Adamson e Ratta. Più tardi si mescolarono con i vicini Noditi e Andoniti e furono anch’essi inclusi tra i “potenti uomini di un tempo”. Ed alcuni dei progressi di quell’epoca persisterono e divennero una parte latente del potenziale culturale che sbocciò più tardi nella civiltà europea.
(862.4) 77:5.10 Questo centro di civiltà era situato nella regione ad est dell’estremità meridionale del Mar Caspio, vicino a Kopet Dagh. A non grande altezza sui contrafforti del Turkestan vi sono le vestigia di quello che fu un tempo il quartier generale adamsonita della razza viola. In questi luoghi montuosi, situati in una stretta ed antica cintura fertile ai piedi dei contrafforti della catena del Kopet, ebbero origine in vari periodi quattro culture diverse promosse rispettivamente da quattro gruppi differenti di discendenti adamsoniti. Fu il secondo di questi gruppi che emigrò verso ovest in Grecia e nelle isole del Mediterraneo. Il resto dei discendenti di Adamson emigrò verso nord e verso ovest per entrare in Europa con le razze miste dell’ultima ondata andita uscita dalla Mesopotamia, ed essi furono anche annoverati tra gli invasori anditi-ariani dell’India.
(862.5) 77:6.1 Mentre gli intermedi primari ebbero un’origine quasi superumana, quelli dell’ordine secondario sono i discendenti della pura razza adamica unita ad una discendenza umanizzata di antenati comuni a quelli del corpo primario.
(862.6) 77:6.2 Tra i figli di Adamson ce ne furono esattamente sedici di questi progenitori peculiari degli intermedi secondari. Questi figli eccezionali erano equamente divisi quanto al sesso, ed ogni coppia poteva produrre un intermedio secondario ogni settanta giorni mediante una tecnica combinata di unione sessuale e non sessuale. Un tale fenomeno non era mai stato possibile sulla terra prima di quel tempo, né si è mai prodotto dopo di allora.
(862.7) 77:6.3 Questi sedici figli vissero e morirono (eccezion fatta per le loro peculiarità) come dei mortali del regno, ma i loro discendenti energizzati elettricamente vivono indefinitamente, non essendo soggetti alle limitazioni della carne mortale.
(862.8) 77:6.4 Ognuna delle otto coppie produsse alla fine 248 intermedi, ed in tal modo venne all’esistenza il corpo secondario originale di 1.984 membri. Vi sono otto sottogruppi d’intermedi secondari. Essi sono indicati come a-b-c il primo, il secondo, il terzo e così via. Poi ci sono d-e-f il primo, il secondo e così via.
(862.9) 77:6.5 Dopo l’errore di Adamo gli intermedi primari ritornarono al servizio degli amministratori fiduciari Melchizedek, mentre il gruppo secondario rimase assegnato al centro di Adamson fino alla sua morte. Trentatré di questi intermedi secondari, i capi della loro organizzazione alla morte di Adamson, tentarono di portare l’intero ordine al servizio dei Melchizedek, effettuando in tal modo un collegamento con il corpo primario. Ma non essendo riusciti nel loro intento, essi abbandonarono i loro compagni e passarono in blocco al servizio degli amministratori fiduciari planetari.
(863.1) 77:6.6 Dopo la morte di Adamson il resto degli intermedi secondari divenne un’influenza estranea, disorganizzata e indipendente su Urantia. Da quel momento e fino ai giorni di Machiventa Melchizedek essi condussero un’esistenza irregolare e disordinata. Essi furono parzialmente riportati sotto controllo da questo Melchizedek, ma furono ancora fonte di molti guai fino ai giorni di Cristo Micael. Durante il suo soggiorno sulla terra essi presero tutti delle decisioni finali sul loro destino futuro, e la maggioranza leale si pose allora sotto la direzione degli intermedi primari.
(863.2) 77:7.1 La maggior parte degli intermedi primari cadde nel peccato al tempo della ribellione di Lucifero. Quando fu conteggiata la devastazione della ribellione planetaria, si scoprì tra le altre perdite che degli originali 50.000 intermedi primari 40.119 si erano uniti alla secessione di Caligastia.
(863.3) 77:7.2 Il numero iniziale d’intermedi secondari era di 1.984, e di questi 873 non si allinearono alle direttive di Micael e furono debitamente internati in connessione con il giudizio planetario di Urantia nel giorno di Pentecoste. Nessuno può prevedere il futuro di queste creature deviate.
(863.4) 77:7.3 Entrambi i gruppi d’intermedi ribelli sono ora reclusi in attesa del giudizio finale degli affari della ribellione del sistema. Ma essi fecero molte cose strane sulla terra prima dell’inizio dell’attuale dispensazione planetaria.
(863.5) 77:7.4 Questi intermedi sleali erano in grado di rivelarsi agli occhi dei mortali in certe circostanze, e ciò era vero specialmente per gli associati di Belzebù, il capo degli intermedi secondari apostati. Ma tali creature straordinarie non devono essere confuse con certi cherubini e serafini ribelli che vissero anch’essi sulla terra fino al tempo della morte e della risurrezione di Cristo. Alcuni degli antichi scrittori designarono queste creature intermedie ribelli come spiriti cattivi e demoni, ed i serafini apostati come angeli cattivi.
(863.6) 77:7.5 Su nessun mondo gli spiriti cattivi possono possedere una mente mortale dopo che vi è vissuto un Figlio Paradisiaco autoconferito. Ma prima del soggiorno di Cristo Micael su Urantia — prima della venuta universale degli Aggiustatori di Pensiero e dell’effusione dello spirito del Maestro su tutta l’umanità — questi intermedi ribelli erano effettivamente in grado d’influenzare la mente di certi mortali inferiori e di controllare un po’ le loro azioni. Ciò era compiuto in modo molto simile a quello in cui le creature intermedie leali operano quando servono come efficienti custodi di contatto delle menti umane del corpo di riserva urantiano del destino, mentre il loro Aggiustatore è in effetti staccato dalla loro personalità durante un periodo di contatto con intelligenze superumane.
(863.7) 77:7.6 Non si tratta di una semplice figura retorica quando i vostri scritti affermano: “Ed essi portarono da Lui ogni sorta di ammalati, quelli che erano posseduti da demoni e quelli che erano lunatici.” Gesù sapeva e riconosceva la differenza tra la follia e la possessione demoniaca, benché questi stati fossero grandemente confusi nella mente di coloro che vivevano ai suoi tempi e durante la sua generazione.
(863.8) 77:7.7 Anche prima della Pentecoste nessun spirito ribelle poteva dominare una mente umana normale, e da quel giorno anche le menti deboli di mortali inferiori sono liberate da tale possibilità. La supposta cacciata di demoni dopo la venuta dello Spirito della Verità è stata dovuta al fatto di confondere una credenza nella possessione demoniaca con l’isteria, la follia e la debolezza mentale. Ma proprio perché il conferimento di Micael ha liberato per sempre tutte le menti umane di Urantia dalla possibilità di possessione demoniaca, non pensate che ciò non fosse una realtà nelle ere passate.
(864.1) 77:7.8 L’intero gruppo degli intermedi ribelli è attualmente tenuto prigioniero per ordine degli Altissimi di Edentia. Essi non vanno più in giro per questo mondo a compiere misfatti. Indipendentemente dalla presenza degli Aggiustatori di Pensiero, l’effusione dello Spirito della Verità su tutta l’umanità ha reso per sempre impossibile agli spiriti sleali di qualunque specie e natura d’invadere ancora anche la più debole delle menti umane. Dal giorno di Pentecoste non può mai più esistere una cosa come la possessione demoniaca.
(864.2) 77:8.1 Nell’ultimo giudizio di questo mondo, quando Micael trasferì i sopravviventi addormentati del tempo, le creature intermedie furono lasciate sul posto per aiutare nel lavoro spirituale e semispirituale sul pianeta. Essi operano ora come un corpo unico comprendente entrambi gli ordini e che conta 10.992 membri. Gli Intermedi Uniti di Urantia sono attualmente governati alternativamente dal membro più anziano di ciascun ordine. Questo regime è prevalso dalla loro amalgamazione in un solo gruppo poco dopo la Pentecoste.
(864.3) 77:8.2 I membri dell’ordine più anziano o primario sono generalmente conosciuti con dei numeri; essi sono spesso denominati come 1-2-3 il primo, 4-5-6 il primo, e così via. Su Urantia gli intermedi adamici sono indicati alfabeticamente per distinguerli dalla designazione numerica degli intermedi primari.
(864.4) 77:8.3 Entrambi gli ordini sono esseri non materiali quanto alla nutrizione e all’assorbimento d’energia, ma condividono molti dei tratti umani e possono godere e seguire il vostro umorismo come pure il vostro culto. Quando sono assegnati a dei mortali, essi entrano nello spirito del lavoro, del riposo e del divertimento umani. Ma gli intermedi non dormono, né posseggono poteri di procreazione. In un certo senso i membri del gruppo secondario sono differenziati secondo le linee maschile e femminile, essendo spesso indicati con “lui” o “lei”. Essi lavorano di frequente assieme in coppie di questo tipo.
(864.5) 77:8.4 Gli intermedi non sono uomini e nemmeno angeli, ma gli intermedi secondari sono per natura più vicini agli uomini che agli angeli. Essi appartengono in un certo modo alle vostre razze e sono perciò molto comprensivi e benevoli nei loro contatti con gli esseri umani. Essi sono di prezioso aiuto ai serafini nel loro lavoro a favore delle varie razze dell’umanità ed assieme ad esse, ed entrambi gli ordini sono indispensabili ai serafini che servono come custodi personali di mortali.
(864.6) 77:8.5 Gli Intermedi Uniti di Urantia sono organizzati per servire con i serafini planetari, secondo i loro doni innati e le capacità acquisite, nei gruppi seguenti:
(864.7) 77:8.6 1. Intermedi messaggeri. I membri di questo gruppo portano dei nomi; essi sono un piccolo corpo e sono di grande aiuto su un mondo evoluzionario per assicurare comunicazioni personali rapide e sicure.
(864.8) 77:8.7 2. Sentinelle planetarie. Gli intermedi sono i custodi, le sentinelle, dei mondi dello spazio. Essi svolgono le importanti funzioni di osservatori di tutti i numerosi fenomeni e tipi di comunicazione che sono di qualche interesse per gli esseri soprannaturali del regno. Essi perlustrano il regno spirituale invisibile del pianeta.
(865.1) 77:8.8 3. Personalità di contatto. Nei contatti con gli esseri mortali dei mondi materiali, come quelli tenuti con il soggetto attraverso il quale furono trasmesse queste comunicazioni, sono sempre impiegate le creature intermedie. Esse sono un fattore essenziale in tali collegamenti tra il livello materiale e quello spirituale.
(865.2) 77:8.9 4. Aiuti del progresso. Queste sono le più spirituali tra le creature intermedie, e sono ripartite come assistenti presso i vari ordini di serafini che operano in gruppi speciali sul pianeta.
(865.3) 77:8.10 Gli intermedi differiscono grandemente nelle loro capacità di stabilire dei contatti con i serafini in alto e con i loro cugini umani in basso. È estremamente difficile, per esempio, per gli intermedi primari stabilire un contatto diretto con soggetti materiali. Essi sono considerevolmente più vicini agli esseri di tipo angelico e sono quindi assegnati di solito a lavorare e a collaborare con le forze spirituali residenti sul pianeta. Essi agiscono come compagni e guide dei visitatori celesti e degli ospiti studenti, mentre le creature secondarie sono quasi esclusivamente assegnate al ministero degli esseri materiali del regno.
(865.4) 77:8.11 I 1.111 intermedi secondari leali sono impegnati in importanti missioni sulla terra. A confronto con i loro associati primari, essi sono decisamente materiali. Essi vivono appena oltre il campo visivo umano e posseggono una sufficiente ampiezza di adattamento da stabilire a volontà un contatto fisico con quelle che i mortali chiamano “cose materiali”. Queste creature straordinarie hanno certi poteri definiti sulle cose del tempo e dello spazio, non esclusi gli animali del regno.
(865.5) 77:8.12 Molti dei fenomeni fisici attribuiti agli angeli sono stati compiuti dalle creature intermedie secondarie. Quando i primi insegnanti del vangelo di Gesù furono gettati in prigione dagli ignoranti capi religiosi di quel tempo, un vero “angelo del Signore” “aprì di notte le porte della prigione e li condusse fuori”. Ma nel caso della liberazione di Pietro dopo l’uccisione di Giacomo per ordine di Erode, fu un intermedio secondario che compì il lavoro attribuito ad un angelo.
(865.6) 77:8.13 Oggi il loro lavoro principale è quello di associati invisibili di collegamento personale tra gli uomini e le donne che costituiscono il corpo di riserva planetario del destino. Fu l’opera di questo gruppo secondario, abilmente assecondato da alcuni membri del corpo primario, che determinò la coordinazione delle personalità e delle circostanze su Urantia che indussero alla fine i supervisori planetari celesti a presentare le richieste che portarono alla concessione delle autorizzazioni che resero possibile la serie di rivelazioni, di cui questa presentazione è una parte. Ma è necessario precisare che le creature intermedie non sono implicate negli squallidi spettacoli che avvengono sotto la designazione generica di “spiritismo”. Gli intermedi attualmente residenti su Urantia, i quali hanno tutti una reputazione onorevole, non sono collegati con i fenomeni della cosiddetta “intermedianità”; essi non permettono di solito ai mortali di essere testimoni delle loro attività fisiche talvolta necessarie, né di altri contatti con il mondo materiale, quali sono percepiti dai sensi umani.
(865.7) 77:9.1 Gli intermedi possono essere considerati come il primo gruppo di abitanti permanenti incontrato sui vari ordini di mondi in tutti gli universi, in contrapposizione agli ascendenti evoluzionari come le creature mortali e le schiere angeliche. Questi cittadini permanenti s’incontrano in vari punti dell’ascensione al Paradiso.
(866.1) 77:9.2 Contrariamente ai vari ordini di esseri celesti assegnati al ministero su un pianeta, gli intermedi vivono su un mondo abitato. I serafini vanno e vengono, ma le creature intermedie rimangono e rimarranno, sebbene siano anche dei ministri per gli esseri nativi del pianeta, ed assicurino l’unico regime continuo che armonizza e collega le amministrazioni mutevoli delle schiere serafiche.
(866.2) 77:9.3 In quanto cittadini effettivi di Urantia, gli intermedi hanno un interesse di affinità nel destino di questa sfera. Essi sono un’associazione determinata, che opera con persistenza per il progresso del loro pianeta natale. La loro determinazione è indicata dal motto del loro ordine: “Quello che gli Intermedi Uniti intraprendono, gli Intermedi Uniti portano a termine.”
(866.3) 77:9.4 Benché la loro capacità di attraversare i circuiti di energia consenta a qualsiasi intermedio di partire dal pianeta, essi si sono impegnati individualmente a non lasciare il pianeta senza il consenso delle autorità dell’universo. Gli intermedi sono fissi su un pianeta fino alle ere di luce e vita. Ad eccezione di 1-2-3 il primo, nessuna creatura intermedia leale è mai partita da Urantia.
(866.4) 77:9.5 1-2-3 il primo, il decano dell’ordine primario, fu sciolto dai suoi doveri planetari immediati poco dopo la Pentecoste. Questo nobile intermedio rimase saldo al fianco di Van e Amadon durante i tragici giorni della ribellione planetaria, ed il suo governo intrepido fu di valido aiuto nel ridurre le defezioni nel suo ordine. Egli serve attualmente su Jerusem come membro del consiglio dei ventiquattro ed ha già svolto una volta la funzione di governatore generale di Urantia dopo la Pentecoste.
(866.5) 77:9.6 Gli intermedi sono confinati nel pianeta, ma come i mortali parlano con i viaggiatori venuti da lontano e s’informano così sui luoghi remoti del pianeta, allo stesso modo gli intermedi conversano con i viaggiatori celesti per informarsi sui luoghi lontani dell’universo. In questo modo essi si tengono al corrente riguardo a questo sistema ed a questo universo, ed anche riguardo ad Orvonton ed alle sue creazioni sorelle, e si preparano così per la cittadinanza sui livelli superiori d’esistenza delle creature.
(866.6) 77:9.7 Anche se gli intermedi furono portati all’esistenza pienamente sviluppati — senza passare per alcun periodo di crescita o di sviluppo a partire dall’immaturità — non cessano mai di crescere in saggezza ed esperienza. Come i mortali, essi sono creature evoluzionarie e posseggono una cultura che è un autentico successo evoluzionario. Vi sono molte grandi menti e spiriti potenti nel corpo degli intermedi di Urantia.
(866.7) 77:9.8 Sotto un aspetto più ampio la civiltà di Urantia è il prodotto congiunto dei mortali di Urantia e degli intermedi di Urantia, e ciò è vero nonostante l’attuale differenza tra i due livelli di cultura, una differenza che non sarà compensata prima delle ere di luce e vita.
(866.8) 77:9.9 La cultura degli intermedi, essendo il prodotto di un gruppo di cittadini planetari immortali, è relativamente immune dalle vicissitudini temporali che punteggiano la civiltà umana. Le generazioni degli uomini dimenticano; il corpo degli intermedi ricorda, e questa memoria è la tesoreria delle tradizioni del vostro mondo abitato. In questo modo la cultura di un pianeta rimane sempre presente su quel pianeta, ed in circostanze appropriate tali memorie tesaurizzate di avvenimenti passati vengono messe a disposizione, proprio come la storia della vita e degli insegnamenti di Gesù è stata comunicata dagli intermedi di Urantia ai loro cugini nella carne.
(867.1) 77:9.10 Gli intermedi sono gli abili ministri che colmano quel divario tra gli affari materiali e quelli spirituali di Urantia che è apparso dopo la morte di Adamo ed Eva. Essi sono anche i vostri fratelli maggiori, i vostri compagni nella lunga lotta per raggiungere uno status stabilizzato di luce e vita su Urantia. Gli Intermedi Uniti sono un corpo a prova di ribellione, e svolgeranno fedelmente il loro ruolo nell’evoluzione planetaria fino a quando questo mondo raggiungerà la meta delle ere, fino a quel lontano giorno in cui la pace regnerà di fatto sulla terra ed in cui, in verità, ci sarà della buona volontà nel cuore degli uomini.
(867.2) 77:9.11 A motivo del prezioso lavoro compiuto da questi intermedi, noi abbiamo concluso che essi sono una parte veramente essenziale dell’economia spirituale dei regni. E dove la ribellione non ha rovinato gli affari planetari, essi sono ancor di maggiore aiuto per i serafini.
(867.3) 77:9.12 L’intera organizzazione di spiriti superiori, di schiere angeliche e di compagni intermedi è entusiasticamente consacrata all’avanzamento del piano paradisiaco per l’ascensione progressiva ed il raggiungimento della perfezione dei mortali evoluzionari, una delle attività superne dell’universo — il grandioso piano di sopravvivenza consistente nel far scendere Dio fin giù all’uomo e poi, per mezzo di una sorta d’associazione sublime, di condurre l’uomo a Dio ed ancora oltre fino all’eternità di servizio e alla divinità di realizzazione — per i mortali come per gli intermedi.
(867.4) 77:9.13 [Presentato da un Arcangelo di Nebadon.]
(868.1) 78:0.1 IL SECONDO Eden fu la culla della civiltà per quasi trentamila anni. Qui, in Mesopotamia, i popoli adamici perdurarono, inviando la loro progenie sino ai confini della terra, e più tardi, quando si amalgamarono con le tribù nodite e sangik, furono conosciuti con il nome di Anditi. Da questa regione partirono gli uomini e le donne che iniziarono le attività dei tempi storici e che accelerarono enormemente il progresso culturale su Urantia.
(868.2) 78:0.2 Questo fascicolo descrive la storia planetaria della razza viola, cominciando da poco dopo l’errore di Adamo, circa 35.000 anni a.C., e proseguendo la sua amalgamazione con le razze nodite e sangik, circa 15.000 anni a.C., per formare i popoli anditi, e sino alla sua scomparsa finale dal luogo di residenza in Mesopotamia, circa 2.000 anni a.C.
(868.3) 78:1.1 Benché le menti e la morale delle razze fossero ad un basso livello al momento dell’arrivo di Adamo, l’evoluzione fisica era proseguita senza essere minimamente pregiudicata dalla crisi della ribellione di Caligastia. Il contributo di Adamo allo status biologico delle razze, nonostante il parziale fallimento della sua impresa, elevò enormemente la popolazione di Urantia.
(868.4) 78:1.2 Adamo ed Eva portarono anche un contributo prezioso al progresso sociale, morale ed intellettuale dell’umanità; la civiltà fu immensamente vivificata dalla presenza dei loro discendenti. Ma trentacinquemila anni fa il mondo nel suo insieme possedeva poca cultura. Alcuni centri di civiltà esistevano qua e là, ma la maggior parte di Urantia languiva allo stato selvaggio. La ripartizione razziale e culturale era la seguente:
(868.5) 78:1.3 1. La razza viola — Gli Adamiti e gli Adamsoniti. Il principale centro di cultura adamita era nel secondo giardino, situato nel triangolo dei fiumi Tigri ed Eufrate; questa fu veramente la culla delle civiltà occidentale e indiana. Il centro secondario o nordico della razza viola era il quartier generale adamsonita, situato ad est della riva meridionale del Mar Caspio, vicino ai monti Kopet. Da questi due centri si diffusero nei paesi circostanti la cultura ed il plasma vitale che vivificarono così immediatamente tutte le razze.
(868.6) 78:1.4 2. I Presumeri ed altri Noditi. Erano presenti in Mesopotamia, presso la foce dei fiumi, anche dei resti dell’antica cultura dei tempi di Dalamatia. Con il trascorrere dei millenni questo gruppo si mescolò completamente con gli Adamiti del nord, ma non perse mai interamente le sue tradizioni nodite. Vari altri gruppi noditi che si erano stabiliti nel Levante furono in generale assorbiti dalla razza viola nel corso della sua espansione successiva.
(869.1) 78:1.5 3. Gli Andoniti mantennero cinque o sei insediamenti abbastanza rappresentativi a nord e ad est del quartier generale di Adamson. Essi erano sparsi anche nel Turkestan, mentre loro gruppi isolati persisterono in tutta l’Eurasia, specialmente nelle regioni montuose. Questi aborigeni occupavano ancora le regioni settentrionali del continente eurasiano, così come l’Islanda e la Groenlandia, ma erano stati cacciati da lungo tempo dalle pianure dell’Europa dagli uomini blu e dalle valli dei fiumi della lontana Asia dalla razza gialla in espansione.
(869.2) 78:1.6 4. Gli uomini rossi occupavano le Americhe, dopo essere stati cacciati dall’Asia più di cinquantamila anni prima dell’arrivo di Adamo.
(869.3) 78:1.7 5. La razza gialla. I popoli cinesi erano ben stabiliti nel controllo dell’Asia orientale. I loro insediamenti più avanzati erano situati a nordovest della Cina moderna, nelle regioni adiacenti al Tibet.
(869.4) 78:1.8 6. La razza blu. Gli uomini blu erano sparsi in tutta l’Europa, ma i loro centri migliori di cultura erano situati nelle valli allora fertili del bacino mediterraneo e nel nordovest dell’Europa. L’assorbimento del popolo del Neandertal aveva grandemente ritardato la cultura degli uomini blu, ma esso era d’altronde il più dinamico, avventuroso ed incline all’esplorazione di tutti i popoli evoluzionari dell’Eurasia.
(869.5) 78:1.9 7. L’India predavidica. La mescolanza complessa delle razze in India — comprendente tutte le razze della terra, ma soprattutto la verde, l’arancio e la nera — manteneva una cultura leggermente superiore a quella delle regioni esterne.
(869.6) 78:1.10 8. La civiltà del Sahara. Gli elementi superiori della razza indaco avevano i loro insediamenti più progressivi in quello che è ora il grande deserto del Sahara. Questo gruppo indaco-nero conteneva numerose linee delle razze arancio e verde scomparse.
(869.7) 78:1.11 9. Il bacino mediterraneo. La razza più altamente mescolata fuori dell’India occupava quello che è ora il bacino mediterraneo. Qui degli uomini blu provenienti dal nord e dei Sahariani provenienti dal sud s’incontrarono e si mescolarono con Noditi e Adamiti provenienti dall’est.
(869.8) 78:1.12 Questo era il quadro del mondo prima dell’inizio delle grandi espansioni della razza viola, circa venticinquemila anni fa. La speranza di una civiltà futura si trovava nel secondo giardino tra i fiumi della Mesopotamia. Qui, nell’Asia sudoccidentale, esisteva il potenziale di una grande civiltà, la possibilità di diffondere nel mondo le idee e gli ideali che erano stati preservati dai giorni di Dalamatia e dai tempi di Eden.
(869.9) 78:1.13 Adamo ed Eva avevano lasciato dietro di loro una progenie limitata ma potente, e gli osservatori celesti su Urantia aspettavano con ansia di vedere come se la sarebbero cavata questi discendenti del Figlio e della Figlia Materiali deviati.
(869.10) 78:2.1 Per migliaia di anni i figli di Adamo lavorarono lungo i fiumi della Mesopotamia, risolvendo verso il sud i loro problemi d’irrigazione e di controllo delle piene, perfezionando le difese a nord e sforzandosi di preservare le loro tradizioni della gloria del primo Eden.
(869.11) 78:2.2 L’eroismo dimostrato nella direzione del secondo giardino costituisce una delle epopee più stupefacenti ed ispiranti della storia di Urantia. Queste anime splendide non persero mai completamente di vista gli scopi della missione adamica, e per questo respinsero valorosamente le influenze delle tribù circostanti ed inferiori, mentre inviarono volontariamente i loro figli e figlie migliori in un flusso continuo come emissari presso le razze della terra. Talvolta questa espansione stava per svuotare il centro di cultura, ma questi popoli superiori si sono sempre ricostituiti.
(870.1) 78:2.3 La civiltà, la società e lo status culturale degli Adamiti erano molto al di sopra del livello generale delle razze evoluzionarie di Urantia. Solo tra gli antichi insediamenti di Van e Amadon e degli Adamsoniti c’era una civiltà comparabile. Ma la civiltà del secondo Eden era una struttura artificiale — non era il risultato di un’evoluzione — ed era perciò destinata a deteriorarsi fino a raggiungere un livello evoluzionario naturale.
(870.2) 78:2.4 Adamo aveva lasciato una grande cultura intellettuale e spirituale dietro di lui, ma essa non era avanzata nelle applicazioni meccaniche poiché ogni civiltà è limitata dalle risorse naturali disponibili, dal genio innato e dalla disponibilità di tempo sufficiente ad assicurare la fruizione delle invenzioni. La civiltà della razza viola era fondata sulla presenza di Adamo e sulle tradizioni del primo Eden. Dopo la morte di Adamo e via via che queste tradizioni si offuscarono con il passare dei millenni, il livello culturale degli Adamiti si deteriorò in continuazione fino a raggiungere uno stato di mutuo equilibrio tra lo status dei popoli circostanti e le capacità culturali in evoluzione naturale della razza viola.
(870.3) 78:2.5 Ma gli Adamiti erano una vera nazione circa 19.000 anni a.C., che contava quattro milioni e mezzo d’individui e che aveva già riversato milioni di propri discendenti tra i popoli circostanti.
(870.4) 78:3.1 La razza viola conservò le tradizioni pacifiche di Eden per molti millenni, fatto che spiega il suo lungo ritardo nell’effettuare conquiste territoriali. Quando avevano un eccesso di popolazione, invece di fare guerra per assicurarsi un territorio più esteso, essi inviavano i loro abitanti in eccedenza come insegnanti presso le altre razze. L’effetto culturale di queste prime migrazioni non era durevole, ma l’assorbimento degli insegnanti, dei commercianti e degli esploratori adamiti fortificava biologicamente le popolazioni circostanti.
(870.5) 78:3.2 Alcuni Adamiti si diressero presto verso ovest nella valle del Nilo; altri penetrarono verso est in Asia, ma questi erano una minoranza. Il movimento di massa delle epoche successive avvenne in larga misura verso nord e da là verso ovest. Fu nel suo insieme una spinta graduale ma incessante verso nord, con la maggior parte che si dirigeva a nord e poi, girando verso ovest attorno al Mar Caspio, penetrava in Europa.
(870.6) 78:3.3 Circa venticinquemila anni fa molti degli elementi più puri degli Adamiti erano già molto avanzati nella loro migrazione verso nord. E via via che penetravano verso nord essi divenivano sempre meno adamici fino a che, al tempo della loro occupazione del Turkestan, si erano completamente mescolati con le altre razze, particolarmente con i Noditi. Pochissimi elementi di pura razza viola penetrarono profondamente in Europa o in Asia.
(870.7) 78:3.4 Tra il 30.000 e il 10.000 a.C. si verificarono delle mescolanze razziali storiche in tutta l’Asia sudoccidentale. Gli abitanti degli altopiani del Turkestan erano un popolo virile e vigoroso. A nordovest dell’India persisteva una buona parte della cultura dei tempi di Van. Anche a nord di questi insediamenti i migliori Andoniti primitivi si erano conservati. Entrambe queste razze superiori per cultura e carattere furono assorbite dagli Adamiti in movimento verso nord. Questa amalgamazione portò all’adozione di molte nuove idee; essa facilitò il progresso della civiltà e fece avanzare considerevolmente tutte le fasi dell’arte, della scienza e della cultura sociale.
(871.1) 78:3.5 Quando terminò il periodo delle prime migrazioni adamiche, verso il 15.000 a.C., c’erano già più discendenti di Adamo in Europa e nell’Asia centrale che in tutto il resto del mondo, anche più che in Mesopotamia. Le razze blu europee erano state largamente impregnate. I paesi chiamati ora Russia e Turkestan erano occupati in tutte le loro regioni meridionali da una grande riserva di Adamiti mescolati con Noditi, Andoniti e Sangik rossi e gialli. L’Europa meridionale e la costa del Mediterraneo erano abitate da una razza mista di Andoniti e di Sangik — arancio, verdi e indaco — con un tocco di razza adamita. L’Asia Minore e le regioni dell’Europa centro-orientale erano occupate da tribù in prevalenza andonite.
(871.2) 78:3.6 Una razza mista di colore, grandemente rinforzata in quest’epoca da elementi giunti dalla Mesopotamia, si consolidava in Egitto e si preparava a subentrare alla cultura della valle dell’Eufrate che stava scomparendo. Le popolazioni nere si spostavano verso il lontano sud dell’Africa e, come la razza rossa, erano praticamente isolate.
(871.3) 78:3.7 La civiltà sahariana era stata distrutta dalla siccità e quella del bacino mediterraneo dalle inondazioni. Le razze blu non erano ancora riuscite a sviluppare una cultura avanzata. Gli Andoniti erano ancora sparsi nelle regioni artiche e dell’Asia centrale. Le razze verde e arancio erano state sterminate come tali. La razza indaco si dirigeva verso il sud dell’Africa per iniziarvi la sua lenta ma continua degenerazione razziale.
(871.4) 78:3.8 I popoli dell’India ristagnavano, con una civiltà che non progrediva; gli uomini gialli consolidavano il loro insediamento nell’Asia centrale; gli uomini bruni non avevano ancora dato inizio alla loro civiltà nelle vicine isole del Pacifico.
(871.5) 78:3.9 Queste ripartizioni razziali, associate a vasti cambiamenti climatici, prepararono la scena mondiale per l’inaugurazione dell’era andita della civiltà di Urantia. Queste prime migrazioni si estesero su un periodo di diecimila anni, dal 25.000 al 15.000 a.C. Le migrazioni successive o andite si estesero dal 15.000 al 6.000 a.C.
(871.6) 78:3.10 Ci volle così tanto tempo alle prime ondate di Adamiti per attraversare l’Eurasia che la loro cultura fu in larga parte perduta lungo il percorso. Solo gli Anditi successivi si spostarono con sufficiente rapidità da conservare la cultura edenica a grande distanza dalla Mesopotamia.
(871.7) 78:4.1 Le razze andite erano le mescolanze iniziali tra la pura razza viola ed i Noditi, con l’aggiunta di popoli evoluzionari. In generale gli Anditi si devono considerare come aventi una percentuale di sangue adamico molto più elevata delle razze moderne. Per lo più il termine Andita è usato per designare quei popoli la cui eredità razziale era da un ottavo ad un sesto viola. Gli Urantiani moderni, anche le razze bianche nordiche, contengono una percentuale molto inferiore del sangue di Adamo.
(871.8) 78:4.2 I primissimi popoli anditi ebbero origine nelle regioni adiacenti alla Mesopotamia più di venticinquemila anni or sono ed erano costituiti da una mescolanza di Adamiti e di Noditi. Il secondo giardino era circondato da zone concentriche di elementi con sempre minore sangue viola, e fu alla periferia di questo crogiolo razziale che ebbe origine la razza andita. Successivamente, quando gli Adamiti e i Noditi in corso di migrazione penetrarono nelle regioni allora fertili del Turkestan, si mescolarono ben presto con gli abitanti superiori, e la mescolanza razziale risultante estese il tipo andita verso nord.
(872.1) 78:4.3 Gli Anditi furono senz’altro la più completa razza umana apparsa su Urantia dai tempi delle popolazioni di pura razza viola. Essi inglobavano la maggior parte dei tipi superiori dei residui sopravviventi delle razze adamita e nodita e, più tardi, alcune delle migliori stirpi degli uomini gialli, blu e verdi.
(872.2) 78:4.4 Questi primi Anditi non erano Ariani, erano pre-Ariani. Essi non erano bianchi, erano pre-bianchi. Non erano né un popolo occidentale né orientale. Ma è l’eredità andita che dona al miscuglio poliglotta delle cosiddette razze bianche quella omogeneità generale che è stata chiamata caucasoide.
(872.3) 78:4.5 Le linee più pure della razza viola avevano conservato la tradizione adamica di cercare la pace, cosa che spiega perché i primi spostamenti razziali ebbero soprattutto la natura di migrazioni pacifiche. Ma via via che gli Adamiti si unirono con le stirpi nodite, che erano allora una razza bellicosa, i loro discendenti anditi divennero, per la loro epoca, i militaristi più capaci e scaltri che fossero mai vissuti su Urantia. Da allora gli spostamenti dei Mesopotamici presero sempre più un carattere militare e divennero più simili a vere conquiste.
(872.4) 78:4.6 Questi Anditi erano avventurosi; avevano inclinazione a vagabondare. Un’aggiunta delle stirpi sangik o andonite ebbe tendenza a stabilizzarli. Ma anche così i loro discendenti successivi non si fermarono prima di aver circumnavigato il globo ed avere scoperto l’ultimo continente lontano.
(872.5) 78:5.1 La cultura del secondo giardino persisté per ventimila anni, ma subì un costante declino fino al 15.000 a.C., quando la rigenerazione del clero setita e la guida di Amosad inaugurarono un’era brillante. Le massicce ondate di civiltà che si sparsero più tardi sull’Eurasia seguirono immediatamente la grande rinascita del Giardino, conseguente alle numerose unioni degli Adamiti con i Noditi misti circostanti per formare gli Anditi.
(872.6) 78:5.2 Questi Anditi diedero avvio a nuovi progressi in Eurasia e nel Nordafrica. Dalla Mesopotamia al Sinkiang dominava la cultura andita, e la continua migrazione verso l’Europa era costantemente compensata da nuovi arrivi dalla Mesopotamia. Ma non sarebbe esatto parlare degli Anditi come di una vera razza in Mesopotamia prima dell’inizio delle migrazioni finali dei discendenti misti di Adamo. In quest’epoca anche le razze del secondo giardino si erano talmente mescolate da non poter più essere considerate adamite.
(872.7) 78:5.3 La civiltà del Turkestan era costantemente rivivificata e rinnovata dai nuovi arrivi dalla Mesopotamia, specialmente dai successivi cavalieri anditi. La cosiddetta lingua madre ariana era in corso di formazione negli altopiani del Turkestan; essa era una mescolanza del dialetto andonico di quella regione con la lingua degli Adamsoniti e dei successivi Anditi. Molte lingue moderne sono derivate da questa antica lingua delle tribù dell’Asia centrale che conquistarono l’Europa, l’India e la parte superiore delle pianure mesopotamiche. Questo antico idioma diede alle lingue occidentali tutta quella similarità che è chiamata ariana.
(872.8) 78:5.4 Verso il 12.000 a.C. tre quarti delle razze andite del mondo risiedevano nel nord e nell’est dell’Europa, e quando iniziò il successivo esodo finale dalla Mesopotamia, il sessantacinque per cento di queste ultime ondate d’emigrazione entrarono in Europa.
(873.1) 78:5.5 Gli Anditi emigrarono non solo verso l’Europa ma nel nord della Cina e dell’India, mentre molti gruppi penetravano sino ai confini della terra come missionari, insegnanti e commercianti. Essi portarono un considerevole contributo ai gruppi settentrionali delle popolazioni sangik del Sahara. Ma solo pochi insegnanti e commercianti penetrarono in Africa più a sud delle sorgenti del Nilo. Più tardi, degli Anditi misti e degli Egiziani scesero lungo le coste orientale ed occidentale dell’Africa fino a ben oltre l’equatore, ma non raggiunsero il Madagascar.
(873.2) 78:5.6 Questi Anditi erano i cosiddetti Dravidi e conquistatori Ariani successivi dell’India; la loro presenza nell’Asia centrale elevò considerevolmente gli antenati dei Turaniani. Molti membri di questa razza andarono in Cina sia attraverso il Sinkiang che il Tibet ed aggiunsero qualità positive alle stirpi cinesi successive. Di tanto in tanto piccoli gruppi arrivarono sino in Giappone, a Formosa, nelle Indie Orientali e nella Cina meridionale, ma molto pochi entrarono nella Cina meridionale per via costiera.
(873.3) 78:5.7 Centotrentadue membri di questa razza, imbarcatisi in Giappone su una flottiglia di piccole imbarcazioni, finirono per raggiungere l’America del Sud, e mediante matrimoni con i nativi delle Ande diedero origine agli antenati dei successivi capi degli Incas. Essi attraversarono il Pacifico a piccole tappe, fermandosi sulle numerose isole che incontravano lungo il viaggio. Le isole del gruppo della Polinesia erano più numerose e più grandi di oggi, e questi marinai anditi, insieme con altri che li seguirono, modificarono biologicamente al loro passaggio i gruppi nativi. A seguito della penetrazione andita si svilupparono su queste terre ora sommerse molti centri fiorenti di civiltà. L’Isola di Pasqua fu a lungo il centro religioso ed amministrativo di uno di questi gruppi scomparsi. Ma degli Anditi che navigarono sul Pacifico molto tempo fa nessuno eccetto i centotrentadue raggiunse mai il continente delle Americhe.
(873.4) 78:5.8 Le migrazioni di conquista degli Anditi proseguirono fino alle loro ultime dispersioni dall’anno 8.000 al 6.000 a.C. Quando si spargevano fuori della Mesopotamia essi diminuivano continuamente le riserve biologiche della loro terra natale, mentre rinforzavano notevolmente i popoli circostanti. In ogni nazione presso cui giunsero, portarono un contributo di umorismo, d’arte, di avventura, di musica e di manifattura. Essi erano abili addomesticatori di animali ed esperti agricoltori. In quel tempo almeno, la loro presenza migliorava in generale le credenze religiose e le pratiche morali delle razze più antiche. E così la cultura della Mesopotamia si diffuse pacificamente sull’Europa, l’India, la Cina, l’Africa del Nord e le isole del Pacifico.
(873.5) 78:6.1 Le ultime tre ondate di Anditi si sparsero fuori della Mesopotamia tra gli anni 8.000 e 6.000 a.C. Queste tre grandi ondate di cultura furono spinte fuori dalla Mesopotamia dalla pressione delle tribù montane ad est e dagli attacchi degli uomini delle pianure dell’ovest. Gli abitanti della valle dell’Eufrate e del territorio adiacente partirono per il loro esodo finale in parecchie direzioni:
(873.6) 78:6.2 Il sessantacinque per cento entrò in Europa per la via del Mar Caspio per vincere le razze bianche appena apparse — la mescolanza degli uomini blu con i primi Anditi — e per amalgamarsi con esse.
(873.7) 78:6.3 Il dieci per cento, compreso un gruppo numeroso di sacerdoti setiti, si diresse verso est attraverso gli altopiani elamiti fino al pianoro iraniano e al Turkestan. Molti dei loro discendenti furono successivamente sospinti in India con i loro fratelli ariani delle regioni settentrionali.
(874.1) 78:6.4 Il dieci per cento dei Mesopotamici che nelle loro migrazioni verso il nord si erano diretti ad est, entrando nel Sinkiang, si mescolarono con gli abitanti anditi gialli. La maggior parte degli abili discendenti di questa unione razziale entrò più tardi in Cina e contribuì molto al miglioramento immediato della frazione settentrionale della razza gialla.
(874.2) 78:6.5 Il dieci per cento di questi Anditi in fuga attraversarono l’Arabia ed entrarono in Egitto.
(874.3) 78:6.6 Il cinque per cento degli Anditi, quelli di cultura più elevata del distretto costiero posto alla confluenza del Tigri e dell’Eufrate, che non si erano sposati con i membri inferiori delle tribù vicine, rifiutarono di lasciare le loro abitazioni. Questo gruppo rappresentava la sopravvivenza di numerose stirpi nodite e adamite superiori.
(874.4) 78:6.7 Gli Anditi avevano evacuato quasi interamente questa regione verso il 6.000 a.C., benché i loro discendenti, largamente mescolati con le razze sangik circostanti e con gli Andoniti dell’Asia Minore, fossero presenti per dare battaglia agli invasori del nord e dell’est in una data molto più tardiva.
(874.5) 78:6.8 L’era culturale del secondo giardino ebbe termine con la crescente infiltrazione delle stirpi inferiori circostanti. La civiltà si spostò verso ovest nella valle del Nilo e nelle isole del Mediterraneo, dove continuò a prosperare e a progredire a lungo dopo che la sua fonte d’origine in Mesopotania si era deteriorata. E questo afflusso incontrollato di popoli inferiori preparò la via alla conquista successiva di tutta la Mesopotamia da parte dei barbari del nord che cacciarono le superstiti stirpi evolute. Anche in anni successivi la colta parte residua mal sopportava ancora la presenza di questi rozzi ed ignoranti invasori.
(874.6) 78:7.1 Quelli che abitavano lungo i fiumi erano abituati agli straripamenti delle acque in certe stagioni; queste inondazioni periodiche erano avvenimenti annuali della loro vita. Ma nuovi pericoli minacciarono la valle della Mesopotamia a seguito di progressivi mutamenti geologici nel nord.
(874.7) 78:7.2 Per migliaia di anni dopo la sommersione del primo Eden le montagne vicine alla costa orientale del Mediterraneo e quelle a nordovest e a nordest della Mesopotamia continuarono ad alzarsi. Questa elevazione delle terre alte fu notevolmente accelerata verso il 5.000 a.C., e ciò, unitamente alle cadute di neve considerevolmente accresciute sulle montagne settentrionali, causò ad ogni primavera delle inondazioni senza precedenti in tutta la valle dell’Eufrate. Queste inondazioni primaverili divennero sempre più disastrose, cosicché gli abitanti delle regioni fluviali furono alla fine sospinti verso gli altopiani orientali. Per quasi un migliaio di anni decine di città furono praticamente abbandonate a causa di questi estesi diluvi.
(874.8) 78:7.3 Quasi cinquemila anni più tardi, quando i sacerdoti ebrei in cattività a Babilonia cercarono di tracciare l’origine del popolo ebraico sino ad Adamo, ebbero grande difficoltà a congiungere le varie parti della storia. E venne in mente ad uno di loro di abbandonare questo tentativo, di lasciare che il mondo intero affogasse nella sua depravazione al tempo del diluvio di Noè, per essere così in una posizione migliore per far risalire Abramo direttamente ad uno dei tre figli sopravvissuti di Noè.
(875.1) 78:7.4 Le tradizioni che raccontano di un tempo in cui le acque coprirono tutta la superficie della terra sono universali. La storia di un’inondazione mondiale in una certa epoca delle ere passate è comune a molte razze. La storia biblica di Noè, dell’arca e del diluvio è un’invenzione del clero ebraico durante la cattività in Babilonia. Non c’è mai stato un diluvio universale dopo che la vita si fu stabilita su Urantia. La sola volta in cui la superficie della terra fu completamente coperta dall’acqua fu durante le ere archeozoiche, prima che la terra avesse cominciato ad apparire.
(875.2) 78:7.5 Ma Noè visse realmente; era un viticoltore di Aram, un insediamento fluviale vicino ad Erech. Egli tenne di anno in anno delle annotazioni scritte sui periodi di crescita del fiume. Si rese molto ridicolo andando su e giù per la valle del fiume a raccomandare che tutte le case fossero costruite di legno, a forma di battello, e che gli animali di famiglia fossero posti sul battello ogni notte all’avvicinarsi della stagione delle inondazioni. Egli si recava ogni anno negli insediamenti fluviali vicini ed avvertiva gli abitanti sulla data in cui si sarebbero prodotte le inondazioni. Giunse infine un anno in cui le inondazioni annuali furono considerevolmente accresciute da piogge eccezionalmente intense, cosicché l’improvvisa crescita delle acque spazzò via l’intero villaggio; solo Noè ed i suoi famigliari diretti furono salvi nella loro casa galleggiante.
(875.3) 78:7.6 Queste inondazioni completarono la rovina della civiltà andita. Con la fine di questo periodo di diluvi il secondo giardino non esisteva più. Soltanto al sud e tra i Sumeri persisté qualche traccia della sua antica gloria.
(875.4) 78:7.7 I resti di questa civiltà, una delle più antiche, si possono trovare in queste regioni della Mesopotamia sia a nordest che a nordovest. Ma vestigia ancora più antiche dei tempi di Dalamatia esistono sotto le acque del Golfo Persico, ed il primo Eden giace sommerso sotto l’estremità orientale del Mare Mediterraneo.
(875.5) 78:8.1 Quando l’ultima dispersione andita spezzò la spina dorsale biologica della civiltà mesopotamica, una piccola minoranza di questa razza superiore rimase nel suo paese d’origine vicino alla confluenza dei fiumi. Questi erano i Sumeri, e verso il 6.000 a.C. essi erano divenuti in larga parte di estrazione andita, benché la loro cultura fosse di carattere più esclusivamente nodita e fossero rimasti fedeli alle antiche tradizioni di Dalamatia. Tuttavia questi Sumeri delle regioni costiere furono gli ultimi Anditi in Mesopotamia. Ma le razze della Mesopotamia erano già completamente mescolate in questa data tardiva, come testimoniano i tipi di crani trovati nelle tombe di quest’epoca.
(875.6) 78:8.2 Fu durante i periodi delle inondazioni che Susa prosperò così grandemente. La prima città più bassa fu inondata, cosicché la seconda città più alta succedette a quella più bassa come centro delle arti e dei mestieri peculiari di quel tempo. Con la successiva diminuzione di queste inondazioni, Ur divenne il centro dell’industria del vasellame. Circa settemila anni fa Ur si trovava sul Golfo Persico; da allora i depositi fluviali hanno prolungato la terra fino ai suoi limiti attuali. Questi insediamenti soffrirono meno le inondazioni a causa delle migliori opere di protezione e dell’allargamento delle foci dei fiumi.
(875.7) 78:8.3 I pacifici coltivatori di cereali delle valli del Tigri e dell’Eufrate erano stati molestati a lungo dalle scorrerie dei barbari del Turkestan e del pianoro iraniano. Ma ora un’invasione concertata della valle dell’Eufrate fu determinata dalla crescente aridità dei pascoli sugli altopiani. E questa invasione fu tanto più grave in quanto questi pastori e cacciatori circostanti possedevano un gran numero di cavalli addomesticati. Fu il possesso di cavalli che diede loro un’enorme superiorità militare sui loro ricchi vicini del sud. In poco tempo essi invasero tutta la Mesopotamia, spingendo fuori le ultime ondate di cultura che si sparsero per tutta l’Europa, l’Asia occidentale e l’Africa settentrionale.
(876.1) 78:8.4 Questi conquistatori della Mesopotamia avevano nei loro ranghi molti dei migliori anditi delle razze miste nordiche del Turkestan, compresi alcuni della stirpe di Adamson. Queste tribù del nord, meno evolute ma più vigorose, assimilarono rapidamente e di buon grado i resti della civiltà della Mesopotamia e si svilupparono ben presto in quei popoli misti trovati nella valle dell’Eufrate all’inizio dei tempi storici. Essi ristabilirono subito molte fasi della passata civiltà della Mesopotamia, adottando le arti delle tribù della valle e molta parte della cultura dei Sumeri. Cercarono inoltre di costruire una terza torre di Babele e adottarono più tardi questo termine come loro nome nazionale.
(876.2) 78:8.5 Quando questi cavalieri barbari provenienti da nordest invasero tutta la valle dell’Eufrate, non sgominarono i resti degli Anditi che abitavano presso la foce del fiume sul Golfo Persico. Questi Sumeri furono capaci di difendersi a motivo della loro intelligenza superiore, delle armi migliori e del loro vasto sistema di canali militari, che avevano aggiunto al loro piano d’irrigazione di stagni intercomunicanti. Essi erano un popolo unito perché avevano in comune una religione uniforme. Furono così in grado di conservare la loro integrità razziale e nazionale per molto tempo dopo che i loro vicini del nordovest si erano divisi in città-stato distinte. Nessuno di questi gruppi urbani fu capace di prevalere sui Sumeri uniti.
(876.3) 78:8.6 Gli invasori provenienti dal nord impararono presto a fidarsi di questi pacifici Sumeri e ad apprezzarli come abili insegnanti ed amministratori. Essi furono molto rispettati e ricercati come maestri nelle arti e nell’industria, come dirigenti commerciali e come capi civili da tutti i popoli del nord e dall’Egitto ad ovest fino all’India ad est.
(876.4) 78:8.7 Dopo la disgregazione della prima confederazione sumera, le città-stato successive furono governate dai discendenti apostati dei sacerdoti setiti. Solo dopo che questi sacerdoti ebbero conquistato le città vicine si fecero chiamare re. I successivi re delle città non riuscirono a formare delle potenti confederazioni prima dei tempi di Sargon a causa della gelosia per i loro dei. Ogni città credeva che il suo dio municipale fosse superiore a tutti gli altri dei e di conseguenza i suoi abitanti rifiutavano di sottomettersi ad un capo comune.
(876.5) 78:8.8 A questo lungo periodo di governo debole da parte dei sacerdoti delle città pose fine Sargon, il sacerdote di Kish, che si proclamò re e partì alla conquista di tutta la Mesopotamia e dei paesi adiacenti. E per il momento ciò mise fine alle città-stato governate ed oppresse dai sacerdoti, nelle quali ogni città aveva il proprio dio municipale e le proprie pratiche cerimoniali.
(876.6) 78:8.9 Dopo lo scioglimento della confederazione di Kish seguì un lungo periodo di continue guerre tra queste città della valle per la supremazia. E la sede del governo si spostò alternativamente tra Sumer, Akkad, Kish, Erech, Ur e Susa.
(876.7) 78:8.10 Circa 2.500 anni a.C. i Sumeri subirono gravi disfatte da parte dei Suiti e dei Guiti del nord. Lagash, la capitale sumera costruita su terreni alluvionali, cadde. Erech resistette per trent’anni dopo la caduta di Akkad. Al tempo dell’instaurazione del regno di Hammurabi, i Sumeri erano stati assorbiti dai Semiti del nord, e gli Anditi della Mesopotamia furono cancellati dalle pagine della storia.
(877.1) 78:8.11 Dal 2.500 al 2.000 a.C. i nomadi imperversarono dall’Atlantico al Pacifico. I Neriti rappresentarono l’invasione finale del gruppo caspiano dei discendenti mesopotamici delle razze andonite e andite mescolate. Quello che i barbari non avevano fatto per la rovina della Mesopotamia, riuscirono a compierlo i successivi mutamenti climatici.
(877.2) 78:8.12 Questa è la storia della razza viola dopo i tempi di Adamo e del destino della sua terra d’origine tra il Tigri e l’Eufrate. Alla fine la sua antica civiltà cadde a causa dell’emigrazione degli elementi superiori e dell’immigrazione dei suoi vicini inferiori. Ma molto tempo prima che i cavalieri barbari conquistassero la valle, gran parte della cultura del Giardino si era diffusa in Asia, in Africa ed in Europa per produrvi i fermenti che ebbero come risultato la civiltà di Urantia del ventesimo secolo.
(877.3) 78:8.13 [Presentato da un Arcangelo di Nebadon.]
(878.1) 79:0.1 L’ASIA è la terra d’origine della razza umana. Fu su una penisola meridionale di questo continente che nacquero Andon e Fonta; sugli altipiani di quello che è ora l’Afghanistan il loro discendente Badonan fondò un centro primitivo di cultura che persisté per più di mezzo milione di anni. Qui, in questo epicentro orientale della razza umana, i popoli sangik si differenziarono dalla stirpe andonica, e l’Asia fu la loro prima patria, il loro primo terreno di caccia, il loro primo campo di battaglia. L’Asia sudoccidentale vide passare le civiltà successive dei Dalamatiani, dei Noditi, degli Adamiti e degli Anditi, e da queste regioni i potenziali della civiltà moderna si diffusero nel mondo.
(878.2) 79:1.1 Per oltre venticinquemila anni, quasi fino all’anno 2.000 a.C., il cuore dell’Eurasia fu prevalentemente, benché in modo sempre decrescente, andita. Nelle pianure del Turkestan gli Anditi si diressero ad ovest verso l’Europa girando attorno ai laghi interni, mentre partendo dagli altopiani di questa regione s’infiltrarono verso est. Il Turkestan orientale (Sinkiang), ed in misura minore il Tibet, furono le antiche porte per le quali questi popoli della Mesopotamia penetrarono nelle montagne che portavano alle terre settentrionali degli uomini gialli. L’infiltrazione andita dell’India procedette dagli altopiani del Turkestan verso il Punjab e dai pascoli dell’Iran attraverso il Belucistan. Queste prime migrazioni non erano in alcun senso delle conquiste; erano piuttosto lo spostamento incessante delle tribù andite verso l’India occidentale e la Cina.
(878.3) 79:1.2 Per quasi quindicimila anni dei centri di cultura mista andita persisterono nel bacino del Fiume Tarim nel Sinkiang e a sud nelle regioni montuose del Tibet, dove gli Anditi e gli Andoniti si erano largamente mescolati. La valle del Tarim era l’avamposto più orientale della vera cultura andita. Qui essi stabilirono i loro insediamenti ed entrarono in relazioni commerciali con i Cinesi progressisti ad est e con gli Andoniti a nord. In quei tempi la regione del Tarim era una terra fertile; le piogge erano abbondanti. Ad est del Gobi c’era una vasta prateria dove i pastori si trasformavano gradualmente in agricoltori. Questa civiltà perì quando i venti della pioggia si orientarono verso sudest, ma ai suoi tempi essa rivaleggiava con quella della Mesopotamia stessa.
(878.4) 79:1.3 Verso l’8.000 a.C. l’aridità in lenta crescita delle regioni montuose dell’Asia centrale cominciò a sospingere gli Anditi verso i fondi valle e le coste marittime. Questa crescente siccità non solo li spinse verso le valli del Nilo, dell’Eufrate, dell’Indo e del Fiume Giallo, ma provocò un nuovo sviluppo della civiltà andita. Cominciò ad apparire in gran numero una nuova classe di uomini, i commercianti.
(879.1) 79:1.4 Quando le condizioni climatiche resero poco proficua la caccia per gli Anditi migratori, essi non seguirono il corso evoluzionario delle razze antiche divenendo pastori. Fecero la loro apparizione il commercio e la vita urbana. Dall’Egitto, attraverso la Mesopotamia ed il Turkestan, sino ai fiumi della Cina e dell’India, le tribù più altamente civilizzate cominciarono a riunirsi in città dedite alla manifattura e al commercio. Adonia, situata vicino all’attuale città di Ashkhabad, divenne la metropoli commerciale dell’Asia centrale. Il commercio della pietra, dei metalli, del legno e del vasellame fu accelerato sia via terra che via acqua.
(879.2) 79:1.5 Ma la siccità sempre crescente provocò gradualmente il grande esodo andita dalle terre a sud e ad est del Mar Caspio. Il flusso della migrazione verso nord cominciò ad invertirsi verso sud e i cavalieri di Babilonia cominciarono ad invadere la Mesopotamia.
(879.3) 79:1.6 L’aridità crescente dell’Asia centrale contribuì ulteriormente a ridurre la popolazione e a rendere queste genti meno bellicose. Quando la diminuzione delle piogge al nord spinse gli Andoniti nomadi verso sud, vi fu un enorme esodo di Anditi dal Turkestan. Questa fu la migrazione finale dei cosiddetti Ariani nel Levante ed in India. Essa segnò la fine di quella lunga dispersione dei discendenti misti di Adamo durante la quale tutti i popoli asiatici e la maggior parte delle popolazioni insulari del Pacifico furono migliorate in una certa misura da queste razze superiori.
(879.4) 79:1.7 In tal modo, mentre si disperdevano nell’emisfero orientale, gli Anditi furono spodestati delle loro terre d’origine in Mesopotamia e nel Turkestan, perché fu questa vasta migrazione degli Andoniti verso sud che diluì gli Anditi nell’Asia centrale quasi al punto da farli scomparire.
(879.5) 79:1.8 Ma anche nel ventesimo secolo dopo Cristo si trovano tracce di sangue andita tra i Turaniani e i Tibetani, com’è testimoniato dai tipi biondi che s’incontrano occasionalmente in queste regioni. Gli archivi cinesi primitivi descrivono la presenza dei nomadi dai capelli rossi a nord degli insediamenti pacifici del Fiume Giallo, ed esistono anche pitture che rappresentano fedelmente la presenza di entrambi i tipi biondo-andita e bruno-mongolo nel bacino del Tarim di un tempo.
(879.6) 79:1.9 L’ultima grande manifestazione del genio militare scomparso degli Anditi dell’Asia centrale avvenne nel 1.200 d.C., quando i Mongoli al comando di Gengis Khan iniziarono la conquista della maggior parte del continente asiatico. E come gli Anditi di un tempo, questi guerrieri proclamarono l’esistenza di “un solo Dio nel cielo”. Il rapido crollo del loro impero ritardò a lungo i rapporti culturali tra l’Oriente e l’Occidente ed ostacolò grandemente la crescita del concetto monoteista in Asia.
(879.7) 79:2.1 L’India è il solo luogo in cui tutte le razze di Urantia furono mescolate; l’invasione andita vi aggiunse l’ultima stirpe. Le razze sangik ebbero origine sugli altopiani a nordovest dell’India, e i membri di ciascuna razza, senza eccezione, penetrarono ai loro inizi nel subcontinente dell’India, lasciando dietro di loro il più eterogeneo miscuglio di razze mai esistito su Urantia. L’India antica agì da bacino di confluenza per le razze in migrazione. La base della penisola era una volta un po’ più stretta di adesso, in quanto gran parte dei delta del Gange e dell’Indo si è formata negli ultimi cinquantamila anni.
(879.8) 79:2.2 Le primissime mescolanze razziali in India furono una fusione delle razze rossa e gialla migratrici con gli aborigeni andoniti. Questo gruppo fu successivamente indebolito dall’assorbimento della porzione maggiore delle popolazioni verdi orientali ora estinte come pure di numerosi individui della razza arancio, e fu leggermente migliorato da una limitata mescolanza con gli uomini blu; ma soffrì enormemente per l’assimilazione di un gran numero di membri della razza indaco. Tuttavia i cosiddetti aborigeni dell’India non sono del tutto rappresentativi di questi popoli primitivi; sono piuttosto la frangia inferiore meridionale ed orientale, che non fu mai completamente assorbita né dai primi Anditi né dai loro cugini Ariani apparsi più tardi.
(880.1) 79:2.3 Verso il 20.000 a.C. la popolazione dell’India occidentale si era già impregnata di sangue adamico, e mai nella storia di Urantia un popolo congiunse così tante razze differenti. Ma fu un fatto sfavorevole che siano prevalse le linee sangik secondarie e fu una vera calamità che gli uomini blu e rossi siano stati così poco numerosi in questo crogiolo razziale di molto tempo fa. Un maggior numero di linee sangik primarie avrebbe contribuito in misura considerevole all’elevazione di quella che avrebbe potuto essere una civiltà ancora superiore. Mentre avveniva questo, gli uomini rossi si stavano distruggendo tra di loro nelle Americhe, gli uomini blu si stavano spargendo in Europa e i primi discendenti di Adamo (e la maggior parte dei loro discendenti) mostravano scarsa tendenza ad unirsi ai popoli di colore più scuro, sia in India che in Africa o altrove.
(880.2) 79:2.4 Verso il 15.000 a.C. la crescente pressione della popolazione in tutto il Turkestan e l’Iran provocò la prima migrazione andita veramente estesa verso l’India. Per più di quindici secoli questi popoli superiori defluirono attraverso gli altopiani del Belucistan, diffondendosi nelle valli dell’Indo e del Gange e spostandosi lentamente verso sud nel Deccan. Questa pressione andita da nordovest spinse numerose popolazioni inferiori del sud e dell’est in Birmania e nella Cina meridionale, ma non a sufficienza per salvare gli invasori da un annientamento razziale.
(880.3) 79:2.5 Il fatto che l’India non sia riuscita ad estendere la sua egemonia sull’Eurasia è stata in larga misura una questione di topografia. La pressione delle popolazioni provenienti dal nord non fece che spingere la maggior parte degli abitanti verso sud nel territorio sempre più stretto del Deccan, circondato da ogni lato dal mare. Se vi fossero state terre adiacenti in cui emigrare, allora le popolazioni inferiori sarebbero state sospinte in tutte le direzioni e le stirpi superiori avrebbero stabilito una civiltà più evoluta.
(880.4) 79:2.6 In effetti questi primi conquistatori anditi fecero un disperato tentativo di preservare la loro identità e di arginare la marea di sommersione razziale istituendo rigide restrizioni riguardo ai matrimoni misti. Ciononostante verso il 10.000 a.C. gli Anditi erano stati assorbiti, ma l’intera massa della popolazione era stata molto migliorata da questo assorbimento.
(880.5) 79:2.7 La mescolanza razziale è sempre vantaggiosa, nel senso che favorisce la versatilità della cultura ed opera a favore di una civiltà progressiva, ma se predominano gli elementi inferiori delle stirpi razziali tali risultati saranno di breve durata. Una cultura poliglotta può essere preservata soltanto se le stirpi superiori si riproducono con sufficiente margine di sicurezza rispetto a quelle inferiori. La moltiplicazione senza restrizioni degli elementi inferiori, con decrescente riproduzione di quelli superiori, conduce infallibilmente al suicidio della civiltà culturale.
(880.6) 79:2.8 Se i conquistatori anditi fossero stati tre volte più numerosi, o se avessero cacciato o distrutto il terzo meno desiderabile degli abitanti misti arancio-verde-indaco, allora l’India sarebbe divenuta uno dei centri-guida mondiali della civiltà culturale ed avrebbe indubbiamente attirato una parte maggiore delle ondate di Mesopotamici che affluirono nel Turkestan e da là, verso nord, in Europa.
(881.1) 79:3.1 La mescolanza dei conquistatori anditi dell’India con le stirpi native produsse alla fine quel popolo misto che è stato chiamato Dravida. I primi e più puri Dravidi possedevano una grande attitudine per le realizzazioni culturali, ma questa qualità fu continuamente indebolita via via che l’eredità andita progressivamente si attenuava. E ciò condannò la civiltà dell’India che stava germogliando quasi dodicimila anni or sono. Ma l’infusione di questa sia pur piccola quantità di sangue adamico provocò una marcata accelerazione dello sviluppo sociale. Questa razza composita produsse immediatamente la civiltà più versatile allora presente sulla terra.
(881.2) 79:3.2 Poco dopo la conquista dell’India, gli Anditi dravidici persero il contatto razziale e culturale con la Mesopotamia, ma la successiva apertura di linee marittime e di vie carovaniere ripristinò questi collegamenti. In nessun momento degli ultimi diecimila anni l’India ha mai interamente perso contatto con la Mesopotamia ad ovest e con la Cina ad est, anche se le barriere montuose hanno assai favorito le relazioni con l’occidente.
(881.3) 79:3.3 La cultura superiore e le tendenze religiose dei popoli dell’India datano dai primi tempi della dominazione dravidica e sono dovute in parte al fatto che un gran numero di sacerdoti setiti penetrarono in India, sia nel corso delle prime invasioni andite che durante le successive invasioni ariane. Il filo del monoteismo che passa attraverso la storia religiosa dell’India parte dunque dagli insegnamenti degli Adamiti del secondo giardino.
(881.4) 79:3.4 All’inizio del 16.000 a.C. una compagnia di cento sacerdoti setiti entrò in India e riuscì a conquistare religiosamente quasi tutta la metà occidentale di quel popolo poliglotta. Ma la loro religione non persisté. Nello spazio di cinquemila anni le loro dottrine sulla Trinità del Paradiso erano degenerate nel simbolo trino del dio del fuoco.
(881.5) 79:3.5 Ma per più di settemila anni, sino alla fine delle migrazioni andite, lo status religioso degli abitanti dell’India fu molto superiore a quello del resto del mondo. Durante quest’epoca l’India aveva buone probabilità di produrre la civiltà culturale, religiosa, filosofica e commerciale più avanzata del mondo. E se non fosse avvenuto il completo assorbimento degli Anditi da parte dei popoli del sud, questo destino sarebbe stato probabilmente realizzato.
(881.6) 79:3.6 I centri dravidici di cultura erano situati nelle valli dei fiumi, principalmente dell’Indo e del Gange, e nel Deccan lungo i tre grandi fiumi che scorrono attraverso le Catene Orientali verso il mare. Gli insediamenti lungo la costa marittima delle Catene Occidentali dovettero la loro importanza alle relazioni marittime con la Sumeria.
(881.7) 79:3.7 I Dravidi furono tra i primi popoli a costruire città e a lanciarsi in affari d’importazione e d’esportazione su grande scala, sia per via di terra che di mare. Nel 7.000 a.C. carovane di cammelli facevano viaggi regolari verso la lontana Mesopotamia; i battelli dravidici si spingevano lungo la costa attraverso il Mare d’Arabia fino alle città sumere del Golfo Persico e si avventuravano sulle acque della Baia del Bengala fino alle lontane Indie Orientali. Un alfabeto, assieme all’arte della scrittura, fu importato dalla Sumeria da questi navigatori e mercanti.
(881.8) 79:3.8 Queste relazioni commerciali contribuirono grandemente all’ulteriore diversificazione di una cultura cosmopolita, che provocò la prima apparizione di molte raffinatezze ed anche di molti oggetti di lusso della vita cittadina. Quando gli Ariani apparsi più tardi entrarono in India, non riconobbero nei Dravidi i loro cugini anditi assorbiti dalle razze sangik, ma trovarono una civiltà molto avanzata. Nonostante i limiti biologici, i Dravidi avevano fondato una civiltà superiore. Essa fu largamente diffusa in tutta l’India ed è sopravvissuta nel Deccan fino ai tempi moderni.
(882.1) 79:4.1 La seconda penetrazione andita in India fu l’invasione ariana durante un periodo di quasi cinquecento anni alla metà del terzo millennio a.C. Questa migrazione segnò l’esodo finale degli Anditi dal loro luogo d’origine nel Turkestan.
(882.2) 79:4.2 I primi centri ariani erano sparsi sulla metà settentrionale dell’India, soprattutto a nordovest. Questi invasori non completarono mai la conquista del paese e tale negligenza fu causa successivamente della loro rovina, poiché la loro minoranza numerica li rese vulnerabili all’assorbimento da parte dei Dravidi del sud, che invasero più tardi l’intera penisola ad eccezione delle province himalaiane.
(882.3) 79:4.3 Gli Ariani impressero un’impronta razziale molto scarsa in India, salvo che nelle province settentrionali. Nel Deccan la loro influenza fu culturale e religiosa più che razziale. La maggiore persistenza del cosiddetto sangue ariano nell’India del nord non è dovuta solo alla loro maggiore presenza numerica in queste regioni, ma anche al fatto che furono rinforzati dai conquistatori, commercianti e missionari successivi. Fino al primo secolo a.C. ci fu una continua infiltrazione di sangue ariano nel Punjab; l’ultimo influsso fu dovuto alle campagne militari dei popoli ellenistici.
(882.4) 79:4.4 Nella piana del Gange, Ariani e Dravidi alla fine si mescolarono e produssero una cultura elevata, e questo centro fu successivamente rinforzato da apporti nordorientali provenienti dalla Cina.
(882.5) 79:4.5 In India fiorirono di tanto in tanto numerosi tipi di organizzazioni sociali, dai sistemi semidemocratici degli Ariani alle forme dispotiche e monarchiche di governo. Ma l’aspetto più caratteristico della società fu la persistenza delle grandi caste sociali che furono istituite dagli Ariani nel tentativo di perpetuare la loro identità razziale. Questo elaborato sistema di caste è stato preservato fino ai nostri giorni.
(882.6) 79:4.6 Delle quattro grandi caste, tutte salvo la prima furono stabilite nel futile tentativo d’impedire l’amalgama razziale dei conquistatori ariani con i loro assoggettati inferiori. Ma la casta più importante, quella degli insegnanti-sacerdoti, proviene dai Setiti. I Bramini del ventesimo secolo sono i discendenti culturali diretti dei sacerdoti del secondo giardino, anche se i loro insegnamenti differiscono considerevolmente da quelli dei loro illustri predecessori.
(882.7) 79:4.7 Quando gli Ariani entrarono in India, portarono con sé i loro concetti di Deità quali erano stati preservati nelle vaghe tradizioni della religione del secondo giardino. Ma i sacerdoti bramani non furono mai capaci di opporsi all’impulso pagano dovuto all’improvviso contatto con le religioni inferiori del Deccan dopo la scomparsa razziale degli Ariani. In tal modo la vasta maggioranza della popolazione cadde nella schiavitù delle superstizioni asserventi delle religioni inferiori; e fu così che l’India non riuscì a produrre la civiltà elevata che era stata prefigurata nei tempi precedenti.
(882.8) 79:4.8 Il risveglio spirituale del sesto secolo a.C. non persisté in India, essendosi spento ancor prima dell’invasione maomettana. Ma un giorno potrebbe sorgere un Gautama più grande per condurre tutta l’India alla ricerca del Dio vivente, ed allora il mondo osserverà il compimento delle potenzialità culturali di un popolo versatile rimasto così a lungo comatoso sotto l’influenza paralizzante di una visione spirituale non progressista.
(883.1) 79:4.9 La cultura riposa su fondamenta biologiche, ma le caste da sole non poterono perpetuare la cultura ariana, perché la religione, la vera religione, è la sorgente indispensabile di quell’energia superiore che spinge gli uomini a stabilire una civiltà superiore fondata sulla fratellanza umana.
(883.2) 79:5.1 Mentre la storia dell’India è quella della conquista da parte degli Anditi e del loro assorbimento finale da parte dei popoli evoluzionari più antichi, la storia dell’Asia orientale è più propriamente quella dei Sangik primari, ed in particolare quella degli uomini rossi e degli uomini gialli. Queste due razze sfuggirono in larga parte a quella mescolanza con le stirpi arretrate del Neandertal che ritardò così grandemente gli uomini blu in Europa, preservando in tal modo il potenziale superiore del tipo sangik primario.
(883.3) 79:5.2 Mentre i primi Neandertaliani erano sparsi su tutta l’Eurasia, l’ala orientale era la più contaminata dalle stirpi animali degradate. Questi tipi subumani furono spinti verso sud dal quinto ghiacciaio, la stessa coltre glaciale che bloccò così a lungo la migrazione sangik verso l’Asia orientale. E quando gli uomini rossi si diressero verso nordest contornando gli altopiani dell’India, trovarono l’Asia nordorientale sgombra da questi tipi subumani. L’organizzazione in tribù delle razze rosse si formò prima che in qualsiasi altro popolo ed esse furono le prime ad emigrare dal centro sangik dell’Asia centrale. Le stirpi inferiori del Neandertal furono distrutte o cacciate dal continente dalle successive tribù gialle in migrazione. Ma gli uomini rossi avevano regnato sovrani nell’Asia orientale per quasi centomila anni prima dell’arrivo delle tribù gialle.
(883.4) 79:5.3 Più di trecentomila anni fa la massa principale della razza gialla entrò in Cina provenendo da sud nel corso della migrazione lungo la costa marittima. Ad ogni millennio essi penetrarono sempre di più all’interno, ma non stabilirono dei contatti con i loro fratelli tibetani migratori fino a tempi relativamente recenti.
(883.5) 79:5.4 La pressione della sovrappopolazione portò la razza gialla in movimento verso nord a penetrare nei terreni di caccia degli uomini rossi. Questa usurpazione, unita ad un naturale antagonismo razziale, culminò in crescenti ostilità e cominciò così la lotta cruciale per le terre fertili della parte estrema dell’Asia.
(883.6) 79:5.5 Il racconto di questa battaglia millenaria tra la razza rossa e quella gialla è un’epopea della storia di Urantia. Per più di duecentomila anni queste due razze superiori si fecero una guerra accanita ed incessante. Nelle prime battaglie gli uomini rossi in genere prevalsero; le loro scorrerie seminavano distruzione tra gli insediamenti gialli. Ma gli uomini gialli erano validi allievi nell’arte della guerra ed inoltre manifestarono presto una marcata attitudine a vivere in pace con i loro compatrioti. I Cinesi furono i primi ad imparare che l’unione fa la forza. Le tribù rosse continuarono a battersi tra di loro e cominciarono ben presto a subire ripetute sconfitte da parte degli implacabili aggressori cinesi, che proseguivano la loro marcia inesorabile verso nord.
(883.7) 79:5.6 Centomila anni fa le tribù decimate della razza rossa lottavano addossate all’ultimo ghiacciaio che si stava ritirando, e quando il passaggio terrestre verso est, attraverso l’istmo di Bering, divenne praticabile, queste tribù non tardarono a lasciare le rive inospitali del continente asiatico. Sono trascorsi ottantacinquemila anni da quando gli ultimi uomini rossi di razza pura partirono dall’Asia, ma la loro lunga lotta ha lasciato la sua impronta genetica sulla vittoriosa razza gialla. Le popolazioni cinesi del nord, così come i Siberiani andoniti, assimilarono molto dalle stirpi rosse e ne beneficiarono in misura considerevole.
(884.1) 79:5.7 Gli Indiani dell’America del Nord non entrarono mai in contatto nemmeno con i discendenti anditi di Adamo ed Eva, essendo stati espropriati delle loro terre natali asiatiche circa cinquantamila anni prima dell’arrivo di Adamo. Durante l’epoca delle migrazioni andite anche le stirpi rosse si stavano spargendo sull’America del Nord come tribù nomadi, cacciatori che praticavano l’agricoltura in misura limitata. Queste razze e questi gruppi culturali rimasero quasi completamente isolati dal resto del mondo a partire dal loro arrivo nelle Americhe sino alla fine del primo millennio dell’era cristiana, quando furono scoperte dalle razze bianche d’Europa. Fino a quel momento gli Eschimesi furono gli esseri più vicini agli uomini bianchi che le tribù nordiche di uomini rossi avessero mai visto.
(884.2) 79:5.8 Le razze gialla e rossa sono le sole stirpi umane ad aver raggiunto un alto grado di civiltà al di fuori dall’influenza degli Anditi. La più antica cultura amerinda fu il centro di Onamonalonton in California, ma questo era scomparso da lungo tempo nel 35.000 a.C. In Messico, nell’America Centrale e nelle montagne dell’America del Sud delle civiltà successive e più durevoli furono fondate da una razza prevalentemente rossa, ma contenente una considerevole mescolanza delle razze gialla, arancio e blu.
(884.3) 79:5.9 Queste civiltà furono prodotti evoluzionari dei Sangik, nonostante che tracce di sangue andita avessero raggiunto il Perù. Ad eccezione degli Eschimesi nell’America del Nord e di alcuni Anditi polinesiani nell’America del Sud, i popoli dell’emisfero occidentale non ebbero alcun contatto con il resto del mondo sino alla fine del primo millennio dopo Cristo. Nel piano originale dei Melchizedek per migliorare le razze di Urantia era stato previsto che un milione di discendenti in linea diretta di Adamo andassero ad elevare gli uomini rossi delle Americhe.
(884.4) 79:6.1 Qualche tempo dopo aver sospinto gli uomini rossi nell’America del Nord, i Cinesi in espansione cacciarono gli Andoniti dalle valli fluviali dell’Asia orientale, spingendoli verso nord in Siberia e verso ovest nel Turkestan, dove entrarono subito in contatto con la cultura superiore degli Anditi.
(884.5) 79:6.2 In Birmania e nella penisola dell’Indocina le culture dell’India e della Cina si mescolarono e dettero origine alle civiltà successive di quelle regioni. Qui la razza verde scomparsa era persistita in proporzione maggiore che in qualsiasi altra parte del mondo.
(884.6) 79:6.3 Molte razze differenti occuparono le isole del Pacifico. In generale le isole meridionali allora più estese furono invase da popoli con alta percentuale di sangue verde e indaco. Le isole settentrionali furono occupate da Andoniti e più tardi da razze con grandi proporzioni di stirpi gialle e rosse. Gli antenati del popolo giapponese non furono cacciati dal continente fino al 12.000 a.C., quando furono sloggiati da una potente spinta delle tribù nordiche cinesi che scendevano verso sud lungo la costa. Il loro esodo finale non fu tanto dovuto alla pressione della popolazione quanto all’iniziativa di un capo che essi finirono per considerare come un personaggio divino.
(885.1) 79:6.4 Come i popoli dell’India e del Levante, le tribù vittoriose degli uomini gialli stabilirono i loro primi centri lungo la costa del mare e lungo il corso dei fiumi. Gli insediamenti costieri ebbero vita difficile negli anni successivi quando le crescenti inondazioni ed il mutare del corso dei fiumi resero le città di pianura indifendibili.
(885.2) 79:6.5 Ventimila anni fa gli antenati dei Cinesi avevano costruito una dozzina di grandi centri di cultura e d’insegnamento primitivi, specialmente lungo il Fiume Giallo e lo Yang-tze. E ben presto questi centri cominciarono ad essere rinforzati dall’arrivo di una corrente ininterrotta di popolazioni miste superiori provenienti dal Sinkiang e dal Tibet. La migrazione dal Tibet verso la valle dello Yang-tze non fu così estesa come quella verso il nord, né i centri tibetani erano così avanzati come quelli del bacino del Tarim. Ma i due movimenti portarono una certa quantità di sangue andita verso est negli insediamenti fluviali.
(885.3) 79:6.6 La superiorità dell’antica razza gialla era dovuta a quattro grandi fattori:
(885.4) 79:6.7 1. Genetico. Contrariamente ai loro cugini blu d’Europa, le razze gialla e rossa erano sfuggite in larga misura alla mescolanza con ceppi umani degradati. I Cinesi del nord, già rinforzati da piccoli apporti delle stirpi superiori rosse e andoniche, beneficiarono presto di un considerevole influsso di sangue andita. I Cinesi del sud non furono altrettanto favoriti sotto questo aspetto, ed avevano sofferto a lungo per l’assorbimento della razza verde, mentre più tardi furono ulteriormente indeboliti dall’infiltrazione delle ondate di popoli inferiori cacciati dall’India dall’invasione dravidica-andita. Ed oggi in Cina c’è una netta differenza tra le razze del nord e quelle del sud.
(885.5) 79:6.8 2. Sociale. La razza gialla apprese molto presto il valore della pace tra i propri componenti. Il loro carattere pacifico contribuì all’aumento della popolazione in modo da assicurare la diffusione della loro civiltà tra molti milioni d’individui. Dal 25.000 al 5.000 a.C. la civiltà di massa più elevata su Urantia fu nella Cina centrale e settentrionale. Gli uomini gialli furono i primi a realizzare una solidarietà razziale — i primi a raggiungere una civiltà culturale, sociale e politica su vasta scala.
(885.6) 79:6.9 I Cinesi di 15.000 anni a.C. erano militaristi aggressivi; essi non erano stati indeboliti da un’eccessiva venerazione per il passato, ed essendo meno di dodici milioni, formavano un corpo compatto che parlava la stessa lingua. Durante quest’epoca essi costruirono una vera nazione, molto più unita ed omogenea delle loro unioni politiche dei tempi storici.
(885.7) 79:6.10 3. Spirituale. Durante l’epoca delle migrazioni andite i Cinesi erano tra i popoli più spirituali della terra. La loro adesione al culto dell’Unica Verità proclamata da Singlangton li manteneva al di sopra della maggior parte delle altre razze. Lo stimolo di una religione progressiva ed avanzata è spesso un fattore decisivo dello sviluppo culturale. Mentre l’India languiva, la Cina andava avanti sotto lo stimolo vivificante di una religione in cui la verità era gelosamente custodita come Deità suprema.
(885.8) 79:6.11 Questo culto della verità provocava la ricerca e l’esplorazione intrepida delle leggi della natura e dei potenziali dell’umanità. I Cinesi di seimila anni fa erano ancora degli ardenti e dinamici studiosi nella loro ricerca della verità.
(885.9) 79:6.12 4. Geografico. La Cina è protetta dalle montagne ad ovest e dall’Oceano Pacifico ad est. Solo a nord la via è aperta agli attacchi, e dai tempi degli uomini rossi all’arrivo dei successivi discendenti degli Anditi il nord non fu occupato da alcuna razza aggressiva.
(886.1) 79:6.13 E senza le barriere montuose ed il successivo declino della sua cultura spirituale, la razza gialla avrebbe indubbiamente attratto a sé la maggior parte degli emigranti anditi provenienti dal Turkestan ed avrebbe di sicuro dominato rapidamente la civiltà del mondo.
(886.2) 79:7.1 Circa quindicimila anni fa gli Anditi superavano in numero considerevole il valico di Ti Tao e si diffondevano nella valle superiore del Fiume Giallo tra gli insediamenti cinesi di Kansu. Essi si spinsero subito verso est nell’Honan, dove erano situati gli insediamenti più progressivi. Questa infiltrazione proveniente da ovest era metà andonita e metà andita.
(886.3) 79:7.2 I centri settentrionali di cultura situati lungo il Fiume Giallo erano sempre stati più progressivi rispetto agli insediamenti meridionali sullo Yang-tze. Poche migliaia di anni dopo l’arrivo del numero pur esiguo di questi mortali superiori, gli insediamenti lungo il Fiume Giallo avevano sopravanzato i villaggi sullo Yang-tze ed avevano raggiunto una posizione avanzata sui loro fratelli del sud che da allora hanno sempre mantenuto.
(886.4) 79:7.3 Non che gli Anditi fossero numerosi, né che la loro cultura fosse così superiore, ma l’amalgama con loro produsse una razza più versatile. I Cinesi del nord ricevettero dalla stirpe andita quanto bastava per stimolare un po’ le loro menti capaci per natura, ma non abbastanza da infiammare l’irrequieta curiosità esploratrice così caratteristica delle razze bianche del nord. Questa infusione più limitata di eredità andita portò meno scompiglio alla stabilità innata del tipo sangik.
(886.5) 79:7.4 Le successive ondate di Anditi portarono con sé alcuni dei progressi culturali della Mesopotamia; ciò è specialmente vero per le ultime ondate di migrazione provenienti da ovest. Esse migliorarono grandemente le pratiche economiche ed educative dei Cinesi del nord, e mentre la loro influenza sulla cultura religiosa della razza gialla fu effimera, i loro discendenti contribuirono molto ad un risveglio spirituale successivo. Ma le tradizioni andite della bellezza di Eden e di Dalamatia influenzarono le tradizioni cinesi; le leggende cinesi primitive situano “il paese degli dei” ad occidente.
(886.6) 79:7.5 Il popolo cinese non cominciò a costruire città e ad impegnarsi nella manifattura fino a dopo il 10.000 a.C., a seguito dei cambiamenti climatici nel Turkestan e dell’arrivo degli ultimi immigrati anditi. L’infusione di questo sangue nuovo non ebbe tanto l’effetto di aggiungere molto alla civiltà degli uomini gialli quanto di stimolare un ulteriore rapido sviluppo delle tendenze latenti delle stirpi cinesi superiori. Dall’Honan allo Shensi cominciavano a fruttificare i potenziali di una civiltà avanzata. La lavorazione dei metalli e tutte le arti della manifattura datano da questi tempi.
(886.7) 79:7.6 Le similitudini tra alcuni metodi dei Cinesi e dei Mesopotamici primitivi per il calcolo del tempo, l’astronomia e l’amministrazione governativa erano dovute alle relazioni commerciali tra questi due centri molto lontani tra loro. Anche al tempo dei Sumeri i mercanti cinesi viaggiavano per le vie terrestri che attraverso il Turkestan portavano in Mesopotamia. Questi scambi non furono unilaterali — la valle dell’Eufrate ne beneficiò considerevolmente, così come i popoli della pianura del Gange. Ma i cambiamenti climatici e le invasioni nomadi del terzo millennio a.C. ridussero grandemente il volume del commercio che transitava sulle piste carovaniere dell’Asia centrale.
(887.1) 79:8.1 Mentre gli uomini rossi soffrirono per l’eccessivo guerreggiare, non è del tutto errato dire che lo sviluppo strutturale dello Stato tra i Cinesi fu ritardato dal completamento della loro conquista dell’Asia. Essi avevano un grande potenziale di solidarietà razziale, ma esso non riuscì a svilupparsi adeguatamente a causa della mancanza dello stimolo motore continuo rappresentato dal pericolo sempre incombente di un’aggressione esterna.
(887.2) 79:8.2 Con il completamento della conquista dell’Asia orientale, l’antico Stato militare si disintegrò gradualmente — le guerre del passato furono dimenticate. Dell’epica battaglia con la razza rossa persisterono soltanto vaghe tradizioni di un’antica lotta contro il popolo degli arcieri. I Cinesi si orientarono ben presto verso l’agricoltura, cosa che accrebbe ulteriormente le loro tendenze pacifiche, mentre una popolazione ben al di sotto del rapporto terra-uomo per l’agricoltura contribuì ancor più alla crescita pacifica del paese.
(887.3) 79:8.3 La coscienza delle realizzazioni passate (un po’ diminuita al presente), il conservatorismo di un popolo nella sua stragrande maggioranza agricolo ed una vita di famiglia ben sviluppata diedero origine alla venerazione degli antenati, che culminò nel costume di onorare gli uomini del passato al punto da rasentare l’adorazione. Un comportamento molto simile prevalse tra le razze bianche in Europa per circa cinquecento anni dopo il crollo della civiltà greco-romana.
(887.4) 79:8.4 La credenza ed il culto dell’ “Unica Verità” insegnati da Singlangton non scomparvero mai del tutto; ma con il passare del tempo la ricerca di verità nuove e superiori fu offuscata da una crescente tendenza a venerare ciò che era già stabilito. Lentamente il genio della razza gialla fu rivolto dalla ricerca del non conosciuto alla conservazione del conosciuto. Questa è la ragione della stagnazione di quella che era stata la civiltà progredita più rapidamente nel mondo.
(887.5) 79:8.5 Tra il 4.000 ed il 500 a.C. la riunificazione politica della razza gialla fu completata, ma l’unione culturale dei centri dello Yang-tze e del Fiume Giallo era già stata raggiunta. Questa riunificazione politica dei gruppi tribali più tardivi non avvenne senza conflitti, ma la considerazione del popolo per la guerra rimase scarsa. Il culto degli antenati, l’aumento dei dialetti e la mancanza di chiamata per azioni militari per migliaia e migliaia di anni avevano reso questo popolo ultrapacifico.
(887.6) 79:8.6 Pur non mantenendo la promessa del rapido sviluppo di uno Stato avanzato, la razza gialla avanzò progressivamente nella realizzazione delle arti della civiltà, specialmente nel campo dell’agricoltura e dell’orticoltura. I problemi idraulici che dovettero affrontare gli agricoltori nel Shensi e nell’Honan esigevano una cooperazione collettiva per essere risolti. Tali difficoltà per l’irrigazione e la conservazione del suolo contribuirono non poco allo sviluppo dell’interdipendenza, con la conseguente promozione della pace tra i gruppi di agricoltori.
(887.7) 79:8.7 Ben presto gli sviluppi nella scrittura, unitamente all’istituzione di scuole, contribuirono alla diffusione della conoscenza su scala mai raggiunta in precedenza. Ma la natura difficile del sistema di scrittura ideografico limitò il numero delle classi istruite, malgrado la stampa fosse apparsa molto presto. Soprattutto proseguì di buon passo il processo di livellamento sociale e di dogmatizzazione religioso-filosofica. Lo sviluppo religioso della venerazione degli antenati divenne ancor più complicato da un profluvio di superstizioni che implicavano l’adorazione della natura, ma le vestigia di un vero concetto di Dio rimasero preservate nel culto imperiale di Shang-ti.
(888.1) 79:8.8 La grande debolezza della venerazione degli antenati è che essa favorisce una filosofia rivolta al passato. Benché possa essere avveduto racimolare saggezza dal passato, è una follia considerare il passato come fonte esclusiva di verità. La verità è relativa e si espande; essa vive sempre nel presente, raggiungendo nuove espressioni in ogni generazione di uomini — ed anche in ogni vita umana.
(888.2) 79:8.9 La grande forza della venerazione degli antenati è il valore che un tale atteggiamento attribuisce alla famiglia. La stabilità e la persistenza stupefacente della cultura cinese sono una conseguenza della posizione eminente accordata alla famiglia, perché la civiltà dipende direttamente dall’efficace funzionamento della famiglia; ed in Cina la famiglia raggiunse un’importanza sociale ed anche un significato religioso avvicinati da pochi altri popoli.
(888.3) 79:8.10 La devozione filiale e la lealtà familiare richieste dal crescente culto dell’adorazione degli antenati assicurò lo stabilirsi di relazioni familiari superiori e di gruppi familiari durevoli, i quali favorirono i seguenti fattori nella preservazione della civiltà:
(888.4) 79:8.11 1. Conservazione della proprietà e della ricchezza.
(888.5) 79:8.12 2. Messa in comune dell’esperienza per più di una sola generazione.
(888.6) 79:8.13 3. Educazione efficace dei figli nelle arti e nelle scienze del passato.
(888.7) 79:8.14 4. Sviluppo di un forte senso del dovere, l’elevazione della moralità e l’accrescimento della sensibilità etica.
(888.8) 79:8.15 Il periodo formativo della civiltà cinese, iniziato con l’arrivo degli Anditi, si estende fino al grande risveglio etico, morale e semireligioso del sesto secolo a.C. E la tradizione cinese preserva la vaga memoria del passato evoluzionario; la transizione dalla famiglia matriarcale alla famiglia patriarcale, l’istituzione dell’agricoltura, lo sviluppo dell’architettura, l’avvio dell’industria — tutto ciò è successivamente raccontato. Questa storia presenta, con accuratezza maggiore di qualunque altro racconto analogo, la descrizione della magnifica ascesa di un popolo superiore a partire dal livello della barbarie. Durante questo tempo essi passarono da una società agricola primitiva ad un’organizzazione sociale superiore comprendente urbanizzazione, manifattura, lavorazione dei metalli, scambi commerciali, governo, scrittura, matematica, arte, scienza e stampa.
(888.9) 79:8.16 Così l’antica civiltà della razza gialla è persistita attraverso i secoli. Sono trascorsi quasi quarantamila anni da quando furono compiuti i primi progressi importanti nella cultura cinese, e benché vi siano stati numerosi regressi, la civiltà dei figli di Han è quella più vicina di tutte ad offrire un’immagine ininterrotta di progresso continuo fino ai tempi del ventesimo secolo. Gli sviluppi meccanici e religiosi delle razze bianche sono stati di ordine elevato, ma non hanno mai superato i Cinesi per fedeltà familiare, etica collettiva o moralità personale.
(888.10) 79:8.17 Questa antica cultura ha contribuito molto alla felicità degli uomini; milioni di esseri umani sono vissuti e sono morti benedetti dalle sue realizzazioni. Per secoli questa grande civiltà ha riposato sugli allori del passato, ma ora si sta risvegliando per cercare di nuovo le mete trascendenti dell’esistenza umana, per riprendere la lotta incessante per un progresso senza fine.
(888.11) 79:8.18 [Presentato da un Arcangelo di Nebadon.]
(889.1) 80:0.1 BENCHÉ gli uomini blu europei non abbiano raggiunto da se stessi una grande civiltà culturale, hanno fornito la base biologica che, quando le loro stirpi adamizzate si mescolarono con i successivi invasori anditi, produsse una delle più potenti razze in grado di raggiungere una civiltà dinamica che siano mai apparse su Urantia dai tempi della razza viola e dei suoi successori anditi.
(889.2) 80:0.2 I popoli bianchi moderni incorporano le linee superstiti della stirpe adamica che si mescolarono con le razze sangik, un po’ della rossa e della gialla ma più particolarmente di quella blu. In tutte le razze bianche c’è una percentuale considerevole della stirpe andonita originale, ed ancor più delle linee nodite primitive.
(889.3) 80:1.1 Prima che gli ultimi Anditi fossero cacciati dalla valle dell’Eufrate, molti dei loro fratelli erano entrati in Europa come avventurieri, insegnanti, commercianti e guerrieri. Durante i primi tempi della razza viola il bacino mediterraneo era protetto dall’istmo di Gibilterra e dal ponte terrestre della Sicilia. Una parte del primissimo commercio marittimo dell’uomo fu stabilito su questi laghi interni nei quali gli uomini blu provenienti dal nord ed i Sahariani provenienti dal sud incontravano i Noditi e gli Adamiti provenienti dall’est.
(889.4) 80:1.2 Nella depressione orientale del Mediterraneo i Noditi avevano stabilito uno dei loro centri di cultura più estesi e da questi centri erano penetrati un po’ nell’Europa meridionale, ma più specialmente nell’Africa settentrionale. I Siriani noditi-andoniti dalla testa larga introdussero molto presto la ceramica e l’agricoltura in connessione con i loro insediamenti sul delta del Nilo in lenta elevazione. Essi importarono anche pecore, capre, bovini ed altri animali domestici ed introdussero metodi di lavorazione dei metalli molto migliorati, perché la Siria era allora il centro di questa industria.
(889.5) 80:1.3 Per più di trentamila anni l’Egitto ricevette un flusso continuo di Mesopotamici, che portarono la loro arte e la loro cultura ad arricchire quelle della valle del Nilo. Ma l’ingresso di un gran numero di Sahariani deteriorò grandemente l’antica civiltà lungo il Nilo, cosicché l’Egitto raggiunse il suo livello culturale più basso circa quindicimila anni fa.
(889.6) 80:1.4 Ma durante i primi tempi non vi furono ostacoli alla migrazione degli Adamiti verso ovest. Il Sahara era un immenso territorio da pascolo disseminato di pastori e di agricoltori. Questi Sahariani non si dedicarono mai alla manifattura, né erano costruttori di città. Essi erano un gruppo indaco-nero con un consistente apporto delle razze arancio e verde estinte. Ma ricevettero una quantità molto limitata di eredità viola prima che il sollevamento della terra ed il cambiamento dei venti portatori di piogge disperdessero i resti di questa prospera e pacifica civiltà.
(890.1) 80:1.5 Il sangue di Adamo era stato distribuito nella maggior parte delle razze umane, ma alcune ne ricevettero più di altre. Le razze miste dell’India ed i popoli più scuri dell’Africa non attraevano gli Adamiti. Essi si sarebbero mescolati volentieri con gli uomini rossi se questi non fossero stati così lontani nelle Americhe, ed erano ben disposti verso gli uomini gialli, ma anche costoro erano difficili da raggiungere nella lontana Asia. Per questo, quando furono spinti dall’avventura o dall’altruismo, o quando furono cacciati dalla valle dell’Eufrate, essi scelsero molto naturalmente l’unione con le razze blu dell’Europa.
(890.2) 80:1.6 Gli uomini blu, allora dominanti in Europa, non avevano pratiche religiose che fossero sgradevoli per i primi emigranti adamiti, e c’era una grande attrazione sessuale tra la razza viola e la razza blu. I migliori uomini blu consideravano un grande onore ottenere il permesso di sposarsi con gli Adamiti. Ogni uomo blu aveva l’ambizione di divenire così abile e capace nelle arti da conquistare l’affetto di una donna adamita, e la più alta aspirazione di una donna blu superiore era di ricevere le attenzioni di un Adamita.
(890.3) 80:1.7 Lentamente questi figli migratori di Eden si unirono con i tipi superiori della razza blu e rinvigorirono le loro pratiche culturali, mentre sterminarono spietatamente i ceppi residui della stirpe del Neandertal. Questa tecnica d’incrocio delle razze, unitamente all’eliminazione delle linee inferiori, produsse una dozzina o più di gruppi virili e progressivi di uomini blu superiori. Uno di tali gruppi voi l’avete denominato Cro-Magnon.
(890.4) 80:1.8 Per queste ed altre ragioni, non ultima delle quali quella delle vie di migrazione più favorevoli, le prime ondate di cultura mesopotamica si diressero quasi esclusivamente verso l’Europa. E furono queste circostanze che determinarono gli antecedenti della civiltà europea moderna.
(890.5) 80:2.1 L’espansione iniziale della razza viola in Europa fu fermata da alcuni cambiamenti climatici e geologici piuttosto improvvisi. Con il ritiro dei ghiacciai settentrionali, i venti portatori di piogge provenienti da ovest si orientarono verso nord, trasformando gradualmente le vaste regioni da pascolo del Sahara in un deserto sterile. Questa aridità disperse gli abitanti del grande pianoro sahariano, bruni, di taglia piccola, con occhi scuri, ma dalla testa lunga.
(890.6) 80:2.2 Gli elementi indaco più puri andarono verso sud nelle foreste dell’Africa centrale, dove da allora sono sempre rimasti. I gruppi più misti si sparsero verso tre direzioni: le tribù superiori situate ad ovest emigrarono in Spagna e da là nelle parti adiacenti dell’Europa, formando il nucleo delle razze mediterranee successive di bruni dalla testa lunga. La parte meno progressiva posta ad est del pianoro sahariano emigrò in Arabia e da là, attraverso la Mesopotamia settentrionale e l’India, fino alla lontana Ceylon. Il gruppo centrale si diresse verso nord ed est nella valle del Nilo ed in Palestina.
(890.7) 80:2.3 È questo substrato sangik secondario che suggerisce un certo grado di parentela tra i popoli moderni sparsi dal Deccan, all’Iran e alla Mesopotamia, fino a lungo entrambe le rive del Mare Mediterraneo.
(890.8) 80:2.4 Circa all’epoca di questi cambiamenti climatici in Africa, l’Inghilterra si separò dal continente e la Danimarca sorse dal mare, mentre l’istmo di Gibilterra, che proteggeva il bacino occidentale del Mediterraneo, sprofondò a seguito di un terremoto, elevando rapidamente questo lago interno al livello dell’Oceano Atlantico. Poco dopo sprofondò il ponte terrestre della Sicilia, facendo del Mediterraneo un mare e collegandolo con l’Oceano Atlantico. Questo cataclisma della natura sommerse centinaia d’insediamenti umani e causò la più grande perdita di vite per inondazione di tutta la storia del mondo.
(891.1) 80:2.5 Questo abbassamento del bacino mediterraneo bloccò immediatamente gli spostamenti degli Adamiti verso occidente, mentre il grande afflusso di Sahariani li portò a cercare degli sbocchi per la loro sovrappopolazione a nord e ad est dell’Eden. Via via che i discendenti di Adamo si diressero verso nord partendo dalle valli del Tigri e dell’Eufrate, incontrarono delle barriere montuose e l’allora esteso Mar Caspio. E per molte generazioni gli Adamiti si dedicarono alla caccia, all’allevamento e alla coltivazione della terra attorno ai loro insediamenti sparsi in tutto il Turkestan. Lentamente questo magnifico popolo estese il suo territorio in Europa. Ma ora gli Adamiti entrano in Europa da est e vi trovano la cultura degli uomini blu in ritardo di migliaia di anni su quella dell’Asia, poiché questa regione è rimasta quasi del tutto priva di contatti con la Mesopotamia.
(891.2) 80:3.1 Gli antichi centri di cultura degli uomini blu erano situati lungo tutti i fiumi dell’Europa, ma soltanto la Somma scorre ancora lungo lo stesso percorso che seguiva durante l’epoca preglaciale.
(891.3) 80:3.2 Anche se parliamo degli uomini blu come occupanti il continente europeo, c’erano decine di tipi razziali. Trentacinquemila anni fa le razze blu dell’Europa erano già un popolo notevolmente mescolato, contenente linee di sangue rosso e giallo, mentre sulle coste dell’Atlantico e nelle regioni della Russia attuale essi avevano assorbito una quantità considerevole di sangue andonita, e a sud erano in contatto con i popoli del Sahara. Ma sarebbe inutile tentare di enumerare i molti gruppi razziali.
(891.4) 80:3.3 La civiltà europea di questo primo periodo postadamico era una mescolanza straordinaria del vigore e dell’arte degli uomini blu con l’immaginazione creativa degli Adamiti. Gli uomini blu erano una razza di grande vigore, ma essi deteriorarono grandemente lo status culturale e spirituale degli Adamiti. Era molto difficile per questi ultimi imprimere la loro religione sui Cro-Magnoidi a causa della tendenza di troppi di loro ad ingannare e sedurre le giovani. Per diecimila anni la religione in Europa rimase ad un livello molto basso se paragonata ai suoi sviluppi in India ed in Egitto.
(891.5) 80:3.4 Gli uomini blu erano perfettamente onesti in tutti i loro affari e totalmente esenti dai vizi sessuali degli Adamiti misti. Essi rispettavano la verginità e praticavano la poligamia soltanto quando la guerra produceva scarsità di maschi.
(891.6) 80:3.5 Questi popoli Cro-Magnon erano una razza coraggiosa e lungimirante. Essi avevano un efficiente sistema di educazione dei figli. Entrambi i genitori partecipavano a queste attività ed i servizi dei figli più anziani erano pienamente utilizzati. Ogni figlio veniva accuratamente istruito nella cura delle caverne, nell’arte e nel taglio delle selci. Fin da giovani le donne erano molto esperte nelle arti domestiche ed in una rozza agricoltura, mentre gli uomini erano abili cacciatori e coraggiosi guerrieri.
(891.7) 80:3.6 Gli uomini blu erano cacciatori, pescatori e raccoglitori di cibo; erano abili costruttori di battelli. Essi fabbricavano asce di pietra, tagliavano alberi, costruivano capanne di legno parzialmente interrate e con tetti di pelli. E certi popoli costruiscono ancora capanne simili in Siberia. I Cro-Magnon del sud vivevano generalmente in caverne ed in grotte.
(892.1) 80:3.7 Non era raro durante i rigori dell’inverno che le loro sentinelle di guardia durante la notte all’entrata delle caverne morissero di freddo. Essi erano coraggiosi, ma soprattutto erano artisti; la mescolanza adamica accelerò immediatamente la loro immaginazione creativa. L’apice dell’arte degli uomini blu fu circa quindicimila anni fa, prima dell’epoca in cui le razze dalla pelle più scura vennero al nord dall’Africa attraverso la Spagna.
(892.2) 80:3.8 Quindicimila anni fa le foreste alpine si stavano estendendo considerevolmente. I cacciatori europei erano sospinti verso le valli dei fiumi e le rive del mare dalla stessa coercizione climatica che aveva mutato i favorevoli terreni di caccia del mondo in deserti secchi e aridi. Via via che i venti portatori di piogge si orientarono verso nord, le vaste praterie dell’Europa si coprirono di foreste. Queste grandi e relativamente improvvise modificazioni climatiche spinsero le razze dell’Europa a trasformarsi da cacciatori su spazi aperti in pastori ed in una certa misura in pescatori e in coltivatori della terra.
(892.3) 80:3.9 Questi cambiamenti, anche se portarono dei progressi culturali, produssero certi regressi biologici. Durante la precedente era di caccia i membri delle tribù superiori si erano congiunti con i tipi più evoluti tra i prigionieri di guerra ed avevano invariabilmente ucciso quelli che ritenevano inferiori. Ma quando cominciarono a stabilire degli insediamenti e a dedicarsi all’agricoltura e al commercio, essi iniziarono a preservare molti prigionieri mediocri come schiavi. E fu la progenie di questi schiavi che in seguito deteriorò in modo così considerevole l’intero tipo Cro-Magnon. Questo regresso della cultura continuò fino a che essa ricevette un nuovo impulso dall’oriente, quando l’invasione finale in massa dei Mesopotamici si abbatté sull’Europa, assorbendo rapidamente il tipo e la cultura cro-magnon e dando avvio alla civiltà delle razze bianche.
(892.4) 80:4.1 Anche se gli Anditi si riversarono in Europa con un flusso costante, ci furono sette invasioni maggiori; gli ultimi arrivarono a cavallo in tre grandi ondate. Alcuni entrarono in Europa passando per le isole dell’Egeo e risalendo la valle del Danubio, ma la maggior parte delle prime stirpi più pure emigrarono verso il nordovest dell’Europa passando a nord attraverso le terre da pascolo del Volga e del Don.
(892.5) 80:4.2 Tra la terza e la quarta invasione, un’orda di Andoniti entrò in Europa da nord dopo essere venuta dalla Siberia attraverso i fiumi russi ed il Baltico. Essi furono immediatamente assimilati dalle tribù andite settentrionali.
(892.6) 80:4.3 Le espansioni iniziali della razza viola più pura furono molto più pacifiche di quelle dei suoi discendenti anditi successivi semimilitari ed amanti delle conquiste. Gli Adamiti erano pacifici; i Noditi erano bellicosi. L’unione di queste stirpi, che si mescolarono più tardi con le razze sangik, produsse gli abili ed aggressivi Anditi che fecero delle reali conquiste militari.
(892.7) 80:4.4 Ma fu il cavallo il fattore evoluzionario che determinò la dominazione degli Anditi in Occidente. Il cavallo diede agli Anditi in dispersione il vantaggio prima non esistente della mobilità, consentendo agli ultimi gruppi di cavalieri anditi di progredire rapidamente attorno al Mar Caspio per invadere l’intera Europa. Tutte le ondate precedenti di Anditi si erano spostate così lentamente da tendere a disgregarsi una volta a grande distanza dalla Mesopotamia. Ma queste ondate più tardive avanzarono così rapidamente che raggiunsero l’Europa in gruppi compatti, conservando ancora una certa quantità di cultura superiore.
(893.1) 80:4.5 L’intero mondo abitato, all’infuori della Cina e della regione dell’Eufrate, aveva fatto progressi culturali molto limitati per diecimila anni, quando i rudi cavalieri anditi fecero la loro apparizione nel settimo e nel sesto millennio a.C. Mentre si spostavano verso ovest attraverso le pianure della Russia, assorbendo il meglio degli uomini blu e sterminando i peggiori, essi si mescolarono formando un solo popolo. Questi furono gli antenati delle cosiddette razze nordiche, i progenitori delle popolazioni scandinave, germaniche ed anglosassoni.
(893.2) 80:4.6 Le linee blu superiori non tardarono ad essere interamente assorbite dagli Anditi in tutta l’Europa settentrionale. Soltanto in Lapponia (ed in una certa misura in Bretagna) gli antichi Andoniti conservarono un sembiante d’identità razziale.
(893.3) 80:5.1 Le tribù dell’Europa settentrionale erano continuamente rinforzate e migliorate dal flusso costante di emigranti che provenivano dalla Mesopotamia attraverso le regioni russe del Turkestan meridionale, e quando le ultime ondate di cavalieri anditi si riversarono sull’Europa, c’erano già in quella regione più uomini con sangue andita di quanti se ne trovassero in tutto il resto del mondo.
(893.4) 80:5.2 Per tremila anni il quartier generale militare degli Anditi del nord fu in Danimarca. Da questo punto centrale partirono le ondate successive di conquistatori, che erano sempre meno anditi e sempre più bianchi via via che il passare dei secoli vide la mescolanza finale dei conquistatori mesopotamici con i popoli conquistati.
(893.5) 80:5.3 Mentre gli uomini blu erano stati assorbiti nel nord e alla fine soccombettero alle incursioni dei cavalieri bianchi che penetravano verso sud, le tribù in movimento della razza bianca mista incontrarono una resistenza accanita e prolungata da parte dei Cro-Magnon; ma l’intelligenza superiore e le riserve biologiche in costante aumento consentirono loro di distruggere completamente la razza più antica.
(893.6) 80:5.4 Le battaglie decisive tra gli uomini bianchi e gli uomini blu si svolsero nella valle della Somma. Qui il fior fiore della razza blu si oppose con accanimento agli Anditi in movimento verso sud, e per più di 500 anni questi Cro-Magnoidi difesero con successo i loro territori prima di soccombere alla strategia militare superiore degli invasori bianchi. Thor, il comandante vittorioso degli eserciti del nord nella battaglia finale della Somma, divenne l’eroe delle tribù bianche nordiche e fu più tardi venerato come un dio da alcune di esse.
(893.7) 80:5.5 Le roccaforti degli uomini blu che resistettero più a lungo erano nel sud della Francia, ma l’ultima grande resistenza militare fu vinta lungo la Somma. La conquista ulteriore progredì con la penetrazione commerciale, con la spinta della popolazione lungo i fiumi e con un seguito continuo di matrimoni con gli elementi superiori, unitamente allo spietato sterminio di quelli inferiori.
(893.8) 80:5.6 Quando il consiglio di tribù degli anziani anditi aveva giudicato che un prigioniero inferiore era inadatto, esso veniva consegnato con un’elaborata cerimonia ai sacerdoti sciamani, che lo accompagnavano al fiume ed amministravano i riti d’iniziazione ai “felici territori di caccia” — l’immersione mortale. In questa maniera gli invasori bianchi dell’Europa sterminarono tutti i popoli incontrati che non furono rapidamente assorbiti nei loro stessi ranghi; in tal modo videro la propria fine gli uomini blu — e rapidamente.
(893.9) 80:5.7 Gli uomini blu cro-magnoidi costituirono la base biologica delle razze europee moderne, ma sopravvissero solo nella misura in cui furono assorbiti dai virili conquistatori successivi del loro paese d’origine. Le stirpi blu apportarono molta robustezza e molto vigore fisico alle razze bianche d’Europa, ma l’umorismo e l’immaginazione dei popoli misti europei provenivano dagli Anditi. Questa unione tra Anditi e uomini blu, da cui risultarono le razze bianche nordiche, provocò un crollo immediato della civiltà andita, un ritardo di natura transitoria. Alla fine la superiorità latente di questi barbari nordici si manifestò e culminò nella civiltà europea odierna.
(894.1) 80:5.8 Verso il 5.000 a.C. le razze bianche in evoluzione dominavano in tutta l’Europa del nord, comprese la Germania settentrionale, la Francia settentrionale e le Isole Britanniche. L’Europa centrale fu controllata per qualche tempo dagli uomini blu e dagli Andoniti dalla testa rotonda. Questi ultimi abitavano soprattutto nella valle del Danubio e non furono mai cacciati totalmente dagli Anditi.
(894.2) 80:6.1 A partire dai tempi delle migrazioni andite finali, la cultura declinò nella valle dell’Eufrate, ed il centro immediato della civiltà passò nella valle del Nilo. L’Egitto succedette alla Mesopotamia come quartier generale del gruppo più evoluto sulla terra.
(894.3) 80:6.2 La valle del Nilo cominciò a subire delle inondazioni poco prima delle valli della Mesopotamia, ma ne soffrì molto meno. Questo svantaggio iniziale fu più che compensato dall’afflusso costante d’immigrati anditi, cosicché la cultura dell’Egitto, pur provenendo in realtà dalla valle dell’Eufrate, sembrò sopravanzarla. Ma nel 5.000 a.C., durante il periodo delle inondazioni in Mesopotamia, in Egitto c’erano sette gruppi distinti di esseri umani, tutti salvo uno provenienti dalla Mesopotamia.
(894.4) 80:6.3 Quando vi fu l’ultimo esodo dalla valle dell’Eufrate, l’Egitto ebbe la fortuna di acquisire un gran numero degli artisti e degli artigiani più abili. Questi artigiani anditi si trovarono come a casa loro giacché erano del tutto abituati alla vita fluviale, alle inondazioni, alle irrigazioni e alle stagioni secche. Essi apprezzavano la posizione riparata della valle del Nilo; lì erano molto meno soggetti ad incursioni e ad attacchi ostili che non lungo l’Eufrate. Così essi accrebbero grandemente la capacità degli Egiziani di lavorare i metalli. Qui lavoravano minerali di ferro provenienti dal Monte Sinai invece che dalle regioni del Mar Nero.
(894.5) 80:6.4 Gli Egiziani raggrupparono molto presto le loro deità municipali in un elaborato sistema nazionale di dei. Essi svilupparono una vasta teologia ed ebbero un clero altrettanto numeroso ma opprimente. Parecchi differenti capi cercarono di fare rivivere le vestigia dei primi insegnamenti religiosi dei Setiti, ma questi tentativi ebbero vita breve. Gli Anditi costruirono i primi edifici di pietra in Egitto. La prima e più bella delle piramidi di pietra fu eretta da Imhotep, un genio architettonico andita, mentre serviva come primo ministro. Le costruzioni precedenti erano state fatte in mattoni, ed anche se molti edifici in pietra erano stati eretti in differenti parti del mondo, questo fu il primo in Egitto. Ma l’arte della costruzione declinò costantemente dai tempi di questo grande architetto.
(894.6) 80:6.5 Questa brillante epoca di cultura fu bruscamente interrotta da guerre intestine lungo il Nilo, ed il paese fu presto invaso, come lo era stata la Mesopotamia, dalle tribù inferiori provenienti dall’inospitale Arabia e dai neri provenienti dal sud. Ne risultò un declino continuo del progresso sociale per più di cinquecento anni.
(895.1) 80:7.1 Durante il declino della cultura in Mesopotamia persisté per qualche tempo una civiltà superiore nelle isole del Mediterraneo orientale.
(895.2) 80:7.2 Verso il 12.000 a.C. una brillante tribù di Anditi emigrò a Creta. Questa fu la sola isola colonizzata così presto da un gruppo superiore, e trascorsero quasi duemila anni prima che i discendenti di questi marinai si diffondessero nelle isole vicine. Questo gruppo era composto da Anditi a testa lunga, di piccola statura, che si erano congiunti con il ramo vanita dei Noditi settentrionali. Essi misuravano tutti meno di un metro e ottanta di altezza ed erano stati letteralmente cacciati dal continente dai loro compagni più alti ed inferiori. Questi emigrati a Creta erano molto abili nelle arti della tessitura, dei metalli, della ceramica, della piombatura e nell’uso della pietra come materiale da costruzione. Essi utilizzavano la scrittura e vivevano di pastorizia e di agricoltura.
(895.3) 80:7.3 Quasi duemila anni dopo la colonizzazione di Creta, un gruppo di discendenti di Adamson di alta statura giunse attraverso le isole settentrionali in Grecia, provenendo quasi direttamente dal loro paese d’origine sugli altipiani a nord della Mesopotamia. Questi progenitori dei Greci furono condotti verso ovest da Sato, un discendente diretto di Adamson e Ratta.
(895.4) 80:7.4 Il gruppo che alla fine si stabilì in Grecia consisteva di 375 elementi del popolo scelto e superiore che costituiva la parte finale della seconda civiltà degli Adamsoniti. Questi lontani discendenti di Adamson portavano le linee allora più valide delle razze bianche emergenti. Essi erano di un ordine intellettuale elevato e dal punto di vista fisico erano gli uomini più belli dai tempi del primo Eden.
(895.5) 80:7.5 Ben presto la Grecia e la regione delle Isole Egee succedettero alla Mesopotamia e all’Egitto quale centro occidentale del commercio, dell’arte e della cultura. Ma, come avvenne in Egitto, praticamente tutta l’arte e la scienza del mondo egeo provenivano dalla Mesopotamia, eccetto la cultura degli Adamsoniti precursori dei Greci. Tutta l’arte ed il genio di questo popolo successivo sono un’eredità diretta della posterità di Adamson, il primo figlio di Adamo ed Eva, e della sua straordinaria seconda moglie, una figlia discendente in linea ininterrotta del puro personale nodita del Principe Caligastia. Nessuna meraviglia che i Greci avessero delle tradizioni mitologiche secondo le quali erano discesi direttamente da dei e da esseri superumani.
(895.6) 80:7.6 La regione egea passò per cinque differenti stadi di cultura, ciascuno meno spirituale del precedente, e presto l’ultima gloriosa epoca artistica sprofondò sotto il peso dei mediocri discendenti in rapido aumento degli schiavi danubiani che erano stati importati dalle generazioni successive di Greci.
(895.7) 80:7.7 Fu durante quest’epoca a Creta che il culto della madre dei discendenti di Caino raggiunse il suo sviluppo maggiore. Questo culto glorificava Eva nell’adorazione della “grande madre”. Immagini di Eva erano dappertutto. Migliaia di santuari pubblici furono eretti in tutta l’isola di Creta e nell’Asia Minore. Questo culto della madre persisté fino al tempo di Cristo, venendo più tardi incorporato nella religione cristiana primitiva sotto la forma della glorificazione e del culto di Maria, la madre terrena di Gesù.
(895.8) 80:7.8 Verso il 6.500 a.C. si era prodotto un grande declino nell’eredità spirituale degli Anditi. I discendenti di Adamo erano completamente sparpagliati ed erano stati praticamente assorbiti dalle razze umane più antiche e più numerose. E questa decadenza della civiltà andita, unita alla scomparsa delle loro norme religiose, lasciò le razze spiritualmente povere del mondo in una condizione deplorevole.
(896.1) 80:7.9 Verso il 5.000 a.C. le tre linee più pure di discendenti di Adamo erano in Sumeria, nell’Europa settentrionale ed in Grecia. Tutta la Mesopotamia era lentamente deteriorata dal flusso di razze miste e più scure che s’infiltravano dall’Arabia. L’arrivo di questi popoli inferiori contribuì ancor più alla dispersione del residuo biologico e culturale degli Anditi. Partendo da tutta la fertile mezzaluna i popoli più avventurosi si diressero verso ovest nelle isole. Questi emigranti coltivavano sia cereali sia ortaggi e conducevano con loro animali domestici.
(896.2) 80:7.10 Attorno al 5.000 a.C. una potente armata di Mesopotamici progressivi partì dalla valle dell’Eufrate e s’installò nell’isola di Cipro; questa civiltà fu distrutta circa duemila anni più tardi dalle orde barbariche provenienti dal nord.
(896.3) 80:7.11 Un’altra grande colonia s’installò sulle rive del Mediterraneo vicino alla posizione successiva di Cartagine. Dal nord dell’Africa un gran numero di Anditi entrarono in Spagna e si mescolarono in seguito in Svizzera con i loro fratelli che erano giunti in precedenza in Italia dalle Isole Egee.
(896.4) 80:7.12 Quando l’Egitto seguì la Mesopotamia nel declino culturale, molte delle famiglie più capaci ed evolute fuggirono a Creta, accrescendo così grandemente questa civiltà già avanzata. Quando l’arrivo di gruppi inferiori provenienti dall’Egitto minacciò più tardi la civiltà di Creta, le famiglie più colte andarono verso ovest in Grecia.
(896.5) 80:7.13 I Greci non furono soltanto grandi maestri e grandi artisti, furono anche i più grandi commercianti e colonizzatori del mondo. Prima di soccombere alla marea d’inferiorità che alla fine sommerse la loro arte ed il loro commercio, essi riuscirono ad istituire così tanti avamposti di cultura in occidente che una parte considerevole dei progressi della civiltà greca iniziale persisterono presso i popoli successivi dell’Europa meridionale, e molti discendenti misti di questi Adamsoniti furono incorporati nelle tribù delle terreferme adiacenti.
(896.6) 80:8.1 I popoli anditi della valle dell’Eufrate emigrarono verso nord in Europa per mischiarsi con gli uomini blu, e verso ovest nelle regioni del Mediterraneo per mescolarsi con i superstiti misti dei Sahariani e degli uomini blu meridionali. Questi due rami della razza bianca furono, e sono ancora, totalmente distinti dai montanari dalla testa larga superstiti delle tribù andonite primitive che avevano abitato a lungo queste regioni centrali.
(896.7) 80:8.2 Questi discendenti di Andon erano distribuiti nella maggior parte delle regioni montuose dell’Europa centrale e sudorientale. Essi furono spesso rinforzati da arrivi dall’Asia Minore, regione che occupavano in numero considerevole. Gli antichi Ittiti discendevano direttamente dalla stirpe andonita; la loro carnagione chiara e la loro testa larga erano tipiche di quella razza. Questa stirpe fu continuata negli antenati di Abramo e contribuì molto all’aspetto del viso caratteristico dei suoi discendenti ebrei successivi i quali, pur avendo una cultura ed una religione derivate dagli Anditi, parlavano una lingua molto differente. La loro lingua era nettamente andonita.
(897.1) 80:8.3 Le tribù che abitavano in case erette su palafitte o su piattaforme di legno sui laghi d’Italia, della Svizzera e dell’Europa meridionale erano le frange in espansione delle migrazioni africane, egee e più specialmente danubiane.
(897.2) 80:8.4 I Danubiani erano Andoniti, agricoltori e pastori che erano entrati in Europa attraverso la Penisola Balcanica e che si spostavano lentamente verso nord seguendo la valle del Danubio. Essi fabbricavano ceramiche e coltivavano la terra, preferendo vivere nelle vallate. L’insediamento più settentrionale dei Danubiani era presso Liegi in Belgio. Queste tribù degenerarono rapidamente a mano a mano che si allontanarono dal centro e dalla sorgente della loro cultura. Le ceramiche più belle sono il prodotto dei primi insediamenti.
(897.3) 80:8.5 I Danubiani praticarono il culto della madre a seguito dell’opera dei missionari provenienti da Creta. Queste tribù si amalgamarono più tardi con gruppi di marinai andoniti che vennero in battello dalla costa dell’Asia Minore e che erano essi pure adoratori della madre. Gran parte dell’Europa centrale fu così colonizzata ben presto da questi tipi misti di razze bianche a testa larga che praticavano il culto della madre ed il rito religioso della cremazione dei morti, poiché era costume dei seguaci del culto della madre bruciare i loro morti in capanne di pietra.
(897.4) 80:9.1 Le mescolanze razziali in Europa verso la fine delle migrazioni andite si raggrupparono nelle tre razze bianche seguenti:
(897.5) 80:9.2 1. La razza bianca del nord. Questa cosiddetta razza nordica era essenzialmente composta di uomini blu con l’aggiunta di Anditi, ma conteneva anche una quantità considerevole di sangue andonita, con quantità minori di sangue rosso e giallo sangik. La razza bianca del nord inglobava così le quattro stirpi umane più desiderabili. Ma l’eredità maggiore proveniva dagli uomini blu. Il tipo nordico primitivo era a testa lunga, alto e biondo. Ma molto tempo fa questa razza si mescolò completamente con tutte le branche dei popoli bianchi.
(897.6) 80:9.3 La cultura primitiva dell’Europa che fu trovata dai Nordici invasori era quella dei Danubiani in regresso mescolati con gli uomini blu. Le culture nordica-danese e danubiano-andonita s’incontrarono e si mescolarono sul Reno, come testimonia l’esistenza di due gruppi razziali nella Germania contemporanea.
(897.7) 80:9.4 I Nordici continuarono il commercio dell’ambra partendo dalla costa baltica, stabilendo una grande corrente d’affari con i testa larga della valle del Danubio attraverso il valico del Brennero. Questo esteso contatto con i Danubiani portò questi uomini del nord a praticare il culto della madre, e per parecchi millenni la cremazione dei morti fu quasi universale in tutta la Scandinavia. Ciò spiega perché non si riescano a trovare resti delle razze bianche primitive, benché siano stati sepolti in tutta l’Europa — si trovano soltanto le loro ceneri in urne di pietra o di argilla. Questi uomini bianchi costruivano anche delle abitazioni; essi non sono mai vissuti in caverne. Anche questo spiega perché vi siano così poche testimonianze della cultura primitiva dell’uomo bianco, sebbene il tipo precedente cro-magnon sia ben conservato nei luoghi in cui è stato murato al sicuro in caverne ed in grotte. Comunque sia, ad un certo momento si trova nell’Europa settentrionale una cultura primitiva di Danubiani in regresso e di uomini blu e poi quella apparsa improvvisamente ed immensamente superiore degli uomini bianchi.
(897.8) 80:9.5 2. La razza bianca centrale. Anche se questo gruppo include linee blu, gialle e andite, è prevalentemente andonita. Questa popolazione è a testa larga, bruna e tozza. Essa è posta come un cuneo tra le razze nordiche e quelle mediterranee, con la base in Asia e la punta che penetra nella Francia orientale.
(898.1) 80:9.6 Per quasi ventimila anni gli Andoniti erano stati spinti sempre più lontano verso il nord dell’Asia centrale dagli Anditi. Verso il 3.000 a.C. la crescente aridità stava riportando questi Andoniti verso il Turkestan. Tale spinta andonita verso sud continuò per oltre mille anni, e dividendosi attorno al Mar Caspio ed al Mar Nero penetrò in Europa sia attraverso i Balcani che l’Ucraina. Questa invasione comprendeva i restanti gruppi di discendenti di Adamson, e durante l’ultima metà del periodo d’invasione portò con sé un considerevole numero di Anditi iraniani come pure molti discendenti dei sacerdoti setiti.
(898.2) 80:9.7 Verso il 2.500 a.C. la spinta verso occidente degli Andoniti raggiunse l’Europa. E questa invasione di tutta la Mesopotamia, dell’Asia Minore e del bacino del Danubio da parte dei barbari delle colline del Turkestan costituì il più serio e duraturo di tutti i regressi culturali avvenuti fino a quel tempo. Questi invasori andonizzarono nettamente il carattere delle razze dell’Europa centrale, che da allora sono sempre rimaste tipicamente alpine.
(898.3) 80:9.8 3. La razza bianca del sud. Questa razza bruna mediterranea era costituita da una mescolanza di Anditi e di uomini blu, con linee andonite minori che al nord. Questo gruppo assorbì anche una considerevole quantità di sangue sangik secondario attraverso i Sahariani. In tempi successivi questo ramo meridionale della razza bianca ricevette l’infusione di forti elementi anditi provenienti dal Mediterraneo orientale.
(898.4) 80:9.9 Le regioni costiere del Mediterraneo, tuttavia, non furono fortemente permeate dagli Anditi fino al tempo delle grandi invasioni nomadi del 2.500 a.C. Il trasporto ed il commercio per via di terra furono quasi interrotti durante questi secoli in cui i nomadi invasero i distretti del Mediterraneo orientale. Questa interferenza con i trasporti per via di terra portò alla grande espansione del traffico e del commercio marittimi; il commercio per mare nel Mediterraneo era in piena attività circa quattromilacinquecento anni fa. E questo sviluppo del traffico marittimo portò all’improvvisa espansione dei discendenti degli Anditi in tutto il territorio costiero del bacino mediterraneo.
(898.5) 80:9.10 Queste mescolanze razziali posero le fondamenta della razza europea meridionale, la più mista di tutte. E da tale epoca questa razza ha subito ancora ulteriori mescolanze, in particolare con i popoli blu-gialli-anditi d’Arabia. Questa razza mediterranea è, di fatto, talmente mescolata con i popoli circostanti da essere praticamente indistinguibile come tipo separato, ma in generale i suoi membri sono piccoli, a testa lunga e bruni.
(898.6) 80:9.11 Nel nord gli Anditi, attraverso guerre e matrimoni, eliminarono gli uomini blu, ma nel sud costoro sopravvissero in numero maggiore. I Baschi e i Berberi rappresentano la sopravvivenza di due rami di questa razza, ma anche questi popoli si sono totalmente mescolati con i Sahariani.
(898.7) 80:9.12 Tale era il quadro della mescolanza razziale offerto dall’Europa centrale circa 3.000 anni a.C. Nonostante il parziale fallimento adamico, i tipi superiori si erano incrociati.
(898.8) 80:9.13 Questi erano i tempi in cui all’Età della Pietra si sovrapponeva l’incombente Età del Bronzo. In Scandinavia c’era l’Età del Bronzo associata al culto della madre. Nella Francia meridionale ed in Spagna c’era l’Età della Pietra associata al culto del sole. Questo fu il tempo della costruzione dei templi del sole circolari e senza tetto. Le razze bianche europee erano costruttrici energiche che provavano piacere nel rizzare grandi pietre in omaggio al sole, come fecero più tardi i loro discendenti a Stonehenge. La moda dell’adorazione del sole indica che questo fu un grande periodo di agricoltura nell’Europa meridionale.
(899.1) 80:9.14 Le superstizioni di quest’epoca relativamente recente di adorazione del sole persistono ancora aggi nelle credenze popolari della Bretagna. Benché cristianizzati da più di millecinquecento anni, questi Bretoni conservano ancora degli amuleti dell’Età della Pietra per allontanare il malocchio. Essi conservano ancora delle “pietre del tuono” sul loro camino per proteggersi dalla folgore. I Bretoni non si sono mai mescolati con i Nordici scandinavi. Essi sono i superstiti degli abitanti originali andoniti dell’Europa occidentale, mescolati con la stirpe mediterranea.
(899.2) 80:9.15 Ma è sbagliato pretendere di classificare i popoli bianchi in Nordici, Alpini e Mediterranei. Ci sono state nell’insieme troppe mescolanze per consentire un tale raggruppamento. Ad un dato momento ci fu una divisione abbastanza ben definita della razza bianca in tali classi, ma da allora si sono prodotte delle mescolanze molto estese e non è più possibile identificare queste distinzioni con una certa chiarezza. Anche nel 3.000 a.C. gli antichi gruppi sociali non erano un’unica razza più di quanto non lo sono gli attuali abitanti dell’America del Nord.
(899.3) 80:9.16 Questa cultura europea continuò a crescere ed in una certa misura a mescolarsi per cinquemila anni. Ma la barriera delle lingue impedì il totale interscambio tra le varie nazioni occidentali. Durante il secolo scorso questa cultura ha avuto la migliore occasione di mescolarsi nella popolazione cosmopolita dell’America del Nord. Ed il futuro di questo continente sarà determinato dalla qualità dei fattori razziali che potranno entrare nelle sue popolazioni presenti e future, come pure dal livello di cultura sociale che vi sarà mantenuto.
(899.4) 80:9.17 [Presentato da un Arcangelo di Nebadon.]
(900.1) 81:0.1 INDIPENDENTEMENTE dagli alti e bassi dovuti al fallimento dei progettati piani per il miglioramento del mondo delle missioni di Caligastia e di Adamo, l’evoluzione organica fondamentale della specie umana continuò a portare avanti le razze sulla scala del progresso umano e dello sviluppo razziale. L’evoluzione può essere ritardata, ma non può essere arrestata.
(900.2) 81:0.2 L’influenza della razza viola, sebbene in misura minore di quanto fosse stato previsto, ha prodotto un’avanzata della civiltà che, dai tempi di Adamo, ha superato di gran lunga il progresso dell’umanità in tutta la sua precedente esistenza di quasi un milione di anni.
(900.3) 81:1.1 Per circa trentacinquemila anni dopo i tempi di Adamo la culla della civiltà fu nell’Asia sud-occidentale, che si stendeva dalla valle del Nilo verso est e leggermente verso nord, attraverso l’Arabia settentrionale e la Mesopotamia, fino al Turkestan. Il clima fu il fattore determinante per l’istituzione della civiltà in quest’area.
(900.4) 81:1.2 Furono i grandi cambiamenti climatici e geologici nell’Africa settentrionale e nell’Asia occidentale che misero fine alle prime migrazioni degli Adamiti, sbarrando loro il passo verso l’Europa a causa dell’allargamento del Mediterraneo e deviando il flusso delle migrazioni verso il nord e l’est in direzione del Turkestan. All’epoca del completamento di queste elevazioni di terre e di mutamenti climatici associati, circa 15.000 anni a.C., la civiltà era giunta ad un punto di stallo nel mondo intero, salvo che per i fermenti culturali e le riserve biologiche degli Anditi, ancora chiusi dalle montagne dell’Asia ad est e dalle foreste in espansione dell’Europa ad ovest.
(900.5) 81:1.3 L’evoluzione climatica sta ora per compiere quello che tutti gli altri sforzi non erano riusciti a fare, cioè costringere gli Eurasiani ad abbandonare la caccia a favore delle occupazioni più progredite della pastorizia e dell’agricoltura. L’evoluzione può essere lenta, ma è terribilmente efficace.
(900.6) 81:1.4 Poiché gli schiavi erano impiegati in modo generale dai primi agricoltori, costoro in passato erano disprezzati sia dai cacciatori che dai pastori. Per lunghe ere coltivare la terra fu considerato un lavoro inferiore; da qui l’idea che lavorare la terra fosse una maledizione, mentre è la più grande di tutte le benedizioni. Anche all’epoca di Caino ed Abele i sacrifici della pastorizia erano tenuti in maggior stima delle offerte dell’agricoltura.
(900.7) 81:1.5 Gli uomini si evolvettero ordinariamente da cacciatori a coltivatori passando per l’era di transizione della pastorizia, e ciò avvenne anche tra gli Anditi, ma più spesso la coercizione evoluzionaria degli eventi climatici costrinse intere tribù a passare direttamente da cacciatori a prosperi coltivatori. Ma questo fenomeno del passaggio diretto dalla caccia all’agricoltura si verificò soltanto nelle regioni in cui c’era un forte grado di mescolanza razziale con la razza viola.
(901.1) 81:1.6 I popoli evoluzionari (in particolare quello cinese) impararono molto presto a piantare semi e a coltivare le messi osservando la germinazione dei semi accidentalmente inumiditi o che erano stati posti in tombe come cibo per i trapassati. Ma in tutta l’Asia sudoccidentale, lungo le fertili parti basse dei fiumi e nelle pianure adiacenti, gli Anditi mettevano in atto le tecniche agricole migliorate ereditate dai loro antenati, che avevano fatto dell’agricoltura e del giardinaggio l’occupazione principale entro i confini del secondo giardino.
(901.2) 81:1.7 Per migliaia di anni i discendenti di Adamo avevano coltivato frumento ed orzo, migliorati nel Giardino, in tutti gli altopiani del confine settentrionale della Mesopotamia. I discendenti di Adamo e di Adamson s’incontravano qui, commerciavano e relazionavano socialmente.
(901.3) 81:1.8 Furono questi cambiamenti imposti dalle condizioni di vita che indussero una così vasta parte della razza umana a divenire onnivora nel regime alimentare. La combinazione del consumo di frumento, riso e ortaggi con la carne degli allevamenti segnò un grande passo avanti nella salute e nel vigore di questi popoli antichi.
(901.4) 81:2.1 La crescita della cultura è fondata sullo sviluppo degli strumenti della civiltà. E gli strumenti che gli uomini utilizzarono nella loro ascesa dallo stato selvaggio furono efficaci giusto nella misura in cui liberarono l’energia umana per svolgere compiti più elevati.
(901.5) 81:2.2 Voi che vivete oggi in un quadro moderno di cultura fiorente e d’iniziale progresso negli affari sociali, che disponete realmente di un po’ di tempo libero per riflettere sulla società e sulla civiltà, non dovete perdere di vista il fatto che i vostri antenati primitivi avevano molto poco tempo libero da dedicare a riflessioni profonde e a meditazioni sociali.
(901.6) 81:2.3 I primi quattro grandi progressi nella civiltà umana furono:
(901.7) 81:2.4 1. La conquista del fuoco.
(901.8) 81:2.5 2. L’addomesticamento degli animali.
(901.9) 81:2.6 3. L’asservimento dei prigionieri.
(901.10) 81:2.7 4. La proprietà privata.
(901.11) 81:2.8 Anche se il fuoco, la prima grande scoperta, alla fine aprì le porte del mondo scientifico, per l’uomo primitivo risultava di scarso valore a tale riguardo. Egli rifiutava di riconoscere le cause naturali come spiegazioni dei fenomeni comuni.
(901.12) 81:2.9 Quando si chiese da dove venisse il fuoco, la semplice storia di Andon e della selce fu subito sostituita dalla leggenda di come un certo Prometeo lo rubò dal cielo. Gli antichi cercavano una spiegazione soprannaturale per tutti i fenomeni naturali che uscivano dai limiti della loro comprensione personale; e molti moderni continuano a fare altrettanto. La spersonalizzazione dei cosiddetti fenomeni naturali ha richiesto delle ere, e non è ancora completata. Ma la franca, onesta ed intrepida ricerca delle vere cause ha dato origine alla scienza moderna: essa ha trasformato l’astrologia in astronomia, l’alchimia in chimica e la magia in medicina.
(901.13) 81:2.10 Nell’era anteriore alle macchine il solo modo con cui l’uomo poteva compiere un lavoro senza farlo lui stesso era di utilizzare un animale. L’addomesticamento degli animali mise nelle sue mani degli strumenti viventi, il cui impiego intelligente preparò la via all’agricoltura e ai trasporti. Senza questi animali l’uomo non avrebbe potuto elevarsi dal suo stato primitivo ai livelli della civiltà successiva.
(902.1) 81:2.11 La maggior parte degli animali adatti all’addomesticamento si trovava in Asia, specialmente nelle regioni centrali e sudoccidentali. Questa fu una delle ragioni per cui la civiltà progredì più rapidamente in quella zona che in altre parti del mondo. Molti di questi animali erano già stati addomesticati due volte, e nell’epoca andita furono domati ancora una volta. Ma il cane era sempre rimasto con i cacciatori dopo essere stato adottato dagli uomini blu molto, molto tempo prima.
(902.2) 81:2.12 Gli Anditi del Turkestan furono i primi popoli ad addomesticare in modo esteso il cavallo, e questa è un’altra ragione per cui la loro cultura fu così a lungo predominante. Verso il 5.000 a.C. gli agricoltori della Mesopotamia, del Turkestan e della Cina avevano cominciato ad allevare pecore, capre, mucche, cammelli, cavalli, volatili ed elefanti. Essi impiegavano come bestie da soma il bue, il cammello, il cavallo e lo yak. Un tempo l’uomo era lui stesso la bestia da soma. Un capo della razza blu ebbe un tempo centomila uomini nella sua colonia di portatori.
(902.3) 81:2.13 L’istituzione della schiavitù e della proprietà privata di terre sopraggiunse con l’agricoltura. La schiavitù elevò il livello di vita dei padroni e procurò loro maggior tempo libero per la cultura sociale.
(902.4) 81:2.14 Il selvaggio è uno schiavo della natura, ma la civiltà scientifica conferisce lentamente all’umanità una libertà crescente. Grazie agli animali, al fuoco, al vento, all’acqua, all’elettricità e ad altre fonti d’energia non ancora scoperte, l’uomo si è liberato, e continuerà a liberarsi, dalla necessità di lavorare senza sosta. Indipendentemente dai problemi provvisori causati dall’invenzione prolifica di macchinari, i benefici finali che deriveranno da queste invenzioni meccaniche sono inestimabili. La civiltà non può mai fiorire, e men che meno stabilizzarsi, prima che l’uomo abbia del tempo libero per pensare, per fare progetti, per immaginare nuovi e migliori metodi di fare le cose.
(902.5) 81:2.15 All’inizio l’uomo s’impadronì semplicemente del suo rifugio, visse sotto delle sporgenze rocciose o abitò in caverne. Poi adattò certi materiali naturali quali il legno e la pietra alla creazione di capanne per la famiglia. Infine entrò nello stadio creativo di costruzione delle abitazioni, imparando a fabbricare mattoni ed altri materiali da costruzione.
(902.6) 81:2.16 I popoli degli altopiani del Turkestan furono i primi tra le razze più moderne a costruire le loro abitazioni di legno, case abbastanza simili alle prime capanne di tronchi dei pionieri americani. In tutte le pianure furono costruite dimore umane in mattoni crudi; più tardi in mattoni cotti.
(902.7) 81:2.17 Le antiche razze fluviali costruivano le loro capanne piantando lunghi pali in cerchio nel terreno; le sommità dei pali venivano poi unite, formando un’intelaiatura per la capanna che era intrecciata con canne trasversali in modo che l’insieme della costruzione somigliava ad un enorme cesto rovesciato. Questa struttura poteva poi essere ricoperta con argilla e, dopo l’essiccamento al sole, si disponeva di un’abitazione impermeabile molto comoda.
(902.8) 81:2.18 Fu da queste capanne primitive che ebbe origine in modo indipendente l’idea successiva d’intrecciare ogni sorta di cesti. In un gruppo sorse l’idea di fare del vasellame osservando gli effetti prodotti dallo spalmare su queste intelaiature di legno l’argilla bagnata. La pratica d’indurire il vasellame con la cottura fu scoperta quando una di queste capanne primitive ricoperte d’argilla s’incendiò accidentalmente. Le arti dell’antichità ebbero spesso origine da circostanze fortuite della vita quotidiana dei popoli primitivi. Questo almeno fu quasi del tutto vero per i progressi evoluzionari dell’umanità fino alla venuta di Adamo.
(903.1) 81:2.19 Anche se la ceramica era stata inizialmente introdotta dal personale del Principe circa mezzo milione di anni fa, la fabbricazione di recipienti d’argilla era praticamente cessata da più di centocinquantamila anni. Solo i Noditi pre-Sumeri della costa del golfo continuarono a fabbricare recipienti d’argilla. L’arte della ceramica fu ripresa durante i tempi di Adamo. La propagazione di quest’arte avvenne simultaneamente con l’estensione delle aree desertiche dell’Africa, dell’Arabia e dell’Asia centrale, e si diffuse in successive ondate di tecnica migliorata dalla Mesopotamia a tutto l’emisfero orientale.
(903.2) 81:2.20 Queste civiltà dell’era andita non possono essere sempre tracciate secondo gli stadi della loro ceramica o di altre arti. Il corso normale dell’evoluzione umana fu enormemente complicato dai regimi di Dalamatia e di Eden. Capita spesso che i vasi e gli utensili più tardivi siano inferiori ai prodotti iniziali dei popoli anditi più puri.
(903.3) 81:3.1 La distruzione climatica delle ricche ed aperte praterie di caccia e dei terreni di pascolo del Turkestan, cominciata verso il 12.000 a.C., costrinse gli uomini di quelle regioni a ricorrere a nuove forme d’industria e di rozza manifattura. Alcuni si dedicarono all’allevamento di greggi addomesticate, altri divennero agricoltori o raccoglitori di alimenti di origine acquatica, ma il tipo più elevato d’intelletti anditi scelse di lanciarsi nel commercio e nella manifattura. Divenne anche costume per intere tribù dedicarsi allo sviluppo di una singola industria. Dalla valle del Nilo all’Inducush e dal Gange al Fiume Giallo la principale occupazione delle tribù superiori divenne la coltivazione del terreno, con il commercio come attività secondaria.
(903.4) 81:3.2 La crescita degli scambi e la trasformazione di materie prime in diversi articoli commerciali contribuì direttamente al sorgere di quelle comunità primitive e semipacifiche che ebbero tanta influenza nella diffusione della cultura e delle arti della civiltà. Prima dell’era del commercio mondiale esteso le comunità sociali erano tribali — gruppi familiari ingranditi. Il commercio mise in relazione tipi differenti di esseri umani, contribuendo in tal modo ad una più rapida fecondazione incrociata della cultura.
(903.5) 81:3.3 Circa dodicimila anni fa stava per sorgere l’era delle città indipendenti. Queste prime città commerciali e manifatturiere erano sempre circondate da zone agricole e per l’allevamento del bestiame. Anche se è vero che l’industria fu favorita dall’elevazione del livello di vita, non dovreste farvi idee sbagliate sulle raffinatezze della vita urbana iniziale. Le razze primitive non erano troppo pulite e curate, e le comunità primitive normali si alzavano da terra da trenta a sessanta centimetri ogni venticinque anni a causa del semplice accumulo di sporcizia e rifiuti. Alcune di queste città antiche si elevarono inoltre molto rapidamente sopra il terreno circostante perché le loro capanne d’argilla senza sostegni duravano poco, ed era costume costruire le nuove abitazioni direttamente sulle rovine delle vecchie.
(903.6) 81:3.4 L’impiego generalizzato dei metalli fu una caratteristica dell’era delle prime città industriali e commerciali. Voi avete già scoperto nel Turkestan una cultura dell’età del bronzo che data da più di 9.000 anni a.C., e gli Anditi appresero presto a lavorare anche il ferro, l’oro ed il rame. Ma le condizioni erano molto differenti lontano dai centri di civiltà più avanzati. Non vi furono periodi distinti come l’Età della Pietra, del Bronzo e del Ferro; tutte e tre esisterono simultaneamente in località differenti.
(904.1) 81:3.5 L’oro fu il primo metallo ad essere cercato dall’uomo; era facile da lavorare ed inizialmente fu usato solo come ornamento. In seguito fu impiegato il rame, ma non in maniera diffusa prima che fosse mescolato con lo stagno per formare il bronzo più duro. La scoperta di mescolare il rame con lo stagno per formare il bronzo fu fatta da uno degli Adamsoniti del Turkestan, la cui miniera di rame in regione montuosa capitò di trovarsi a fianco di un deposito di stagno.
(904.2) 81:3.6 Con l’apparizione di una manifattura rudimentale e di un’industria primitiva il commercio divenne rapidamente la più potente influenza nella diffusione della civiltà culturale. L’apertura delle vie commerciali terrestri e marittime facilitò grandemente i viaggi e la mescolanza di culture come pure la fusione di civiltà. Verso il 5.000 a. C. il cavallo era d’impiego generale in tutti i paesi civilizzati e semicivilizzati. Queste razze più recenti non solo avevano cavalli addomesticati ma anche vari tipi di carri e di carriole. In ere precedenti la ruota era già stata utilizzata, ma ora i veicoli equipaggiati in tal modo furono universalmente impiegati sia nel commercio che in guerra.
(904.3) 81:3.7 I commercianti viaggiatori e gli esploratori nomadi fecero per il progresso della civiltà storica più di tutte le altre influenze messe insieme. Le conquiste militari, la colonizzazione e le attività missionarie promosse dalle religioni successive furono anch’esse fattori di diffusione della cultura; ma queste furono tutte secondarie rispetto alle relazioni commerciali, che furono sempre accelerate dalle arti e dalle scienze dell’industria in rapido sviluppo.
(904.4) 81:3.8 L’infusione della stirpe adamica nelle razze umane non solo accelerò il passo della civiltà, ma stimolò anche grandemente la loro propensione all’avventura e all’esplorazione, cosicché la maggior parte dell’Eurasia e dell’Africa settentrionale fu ben presto occupata dai discendenti misti degli Anditi in rapido aumento.
(904.5) 81:4.1 All’approssimarsi degli albori dei tempi storici tutta l’Eurasia, l’Africa settentrionale e le Isole del Pacifico sono popolate dalle razze composite dell’umanità. E queste razze moderne hanno avuto origine da una mescolanza e rimescolanza delle cinque stirpi umane basilari di Urantia.
(904.6) 81:4.2 Ciascuna delle razze di Urantia era identificata da certe caratteristiche fisiche distinte. Gli Adamiti e i Noditi erano a testa lunga; gli Andoniti erano a testa larga. Le razze sangik avevano delle teste medie, con tendenza degli uomini gialli e blu alla larghezza cranica. Le razze blu, se mescolate con stirpi andonite, erano decisamente a testa larga. I Sangik secondari avevano delle teste medie o lunghe.
(904.7) 81:4.3 Benché queste dimensioni craniche siano utili per decifrare le origini razziali, lo scheletro nel suo insieme è molto più affidabile. Nello sviluppo iniziale delle razze di Urantia vi furono in origine cinque tipi distinti di struttura scheletrica:
(904.8) 81:4.4 1. Gli Andoniti, gli aborigeni di Urantia.
(904.9) 81:4.5 2. I Sangik primari, gli uomini rossi, gialli e blu.
(904.10) 81:4.6 3. I Sangik secondari, gli uomini arancio, verdi e indaco.
(904.11) 81:4.7 4. I Noditi, i discendenti dei Dalamatiani.
(904.12) 81:4.8 5. Gli Adamiti, la razza viola.
(904.13) 81:4.9 Quando questi cinque grandi gruppi razziali si mischiarono in forma diffusa, la continua mescolanza tese ad attenuare il tipo andonita con una predominanza ereditaria sangik. I Lapponi e gli Eschimesi sono mescolanze di razze andonita e sangik-blu. La struttura del loro scheletro è la più vicina a conservare il tipo andonico originale. Ma gli Adamiti e i Noditi si sono talmente mescolati con le altre razze che possono essere individuati soltanto come un generalizzato ordine caucasoide.
(905.1) 81:4.10 In generale, perciò, quando i resti umani degli ultimi ventimila anni verranno dissotterrati, sarà impossibile distinguere chiaramente i cinque tipi originali. Lo studio di tali strutture scheletriche rivelerà che l’umanità è ora divisa approssimativamente in tre classi:
(905.2) 81:4.11 1. La Caucasoide — la mescolanza andita delle stirpi nodita e adamica, modificata inoltre da un apporto di Sangik primari e (un po’) di secondari, e da un considerevole incrocio con gli Andoniti. Le razze bianche occidentali, così come alcuni popoli indiani e turaniani, sono inclusi in questo gruppo. Il fattore unificante di questa divisione è la maggiore o minore proporzione di eredità andita.
(905.3) 81:4.12 2. La Mongoloide — il tipo sangik primario, che comprende le razze originali rossa, gialla e blu. I Cinesi e gli Amerindi appartengono a questo gruppo. In Europa il tipo mongoloide è stato modificato da una mescolanza con Sangik secondari e Andoniti, e più ancora da un’infusione andita. I Malesi ed altri popoli indonesiani sono inclusi in questa classificazione, benché contengano una percentuale elevata di sangue sangik secondario.
(905.4) 81:4.13 3. La Negroide — il tipo sangik secondario, che includeva in origine le razze arancio, verde e indaco. Questo è il tipo meglio rappresentato dal Negro, e si trova in Africa, in India e in Indonesia, luoghi in cui si stabilirono le razze sangik secondarie.
(905.5) 81:4.14 Nella Cina del Nord c’è una certa mescolanza dei tipi caucasoide e mongoloide; nel Levante il caucasoide ed il negroide si sono mescolati; in India, come nell’America del Sud, sono rappresentati tutti e tre i tipi. E le caratteristiche scheletriche dei tre tipi superstiti sussistono ancora ed aiutano ad identificare gli antenati più tardivi delle razze umane attuali.
(905.6) 81:5.1 L’evoluzione biologica e la civiltà culturale non sono necessariamente correlate; l’evoluzione organica in una qualunque era può procedere senza ostacoli anche nel bel mezzo di una decadenza culturale. Ma quando si esaminano lunghi periodi della storia umana, si constata che alla fine l’evoluzione e la cultura sono in relazione di causa ed effetto. L’evoluzione può progredire in assenza della cultura, ma la civiltà culturale non fiorisce senza un sottofondo adeguato di progresso razziale antecedente. Adamo ed Eva non introdussero alcuna arte della civiltà estranea al progresso della società umana, ma il sangue adamico accrebbe le attitudini innate delle razze ed accelerò il passo dello sviluppo economico e del progresso industriale. La dotazione di Adamo migliorò il potere cerebrale delle razze, cosa che affrettò grandemente i processi di evoluzione naturale.
(905.7) 81:5.2 Tramite l’agricoltura, l’addomesticamento degli animali ed una migliore architettura, l’umanità sfuggì gradualmente alle fasi peggiori della lotta incessante per la vita e cominciò a cercare il modo con cui rendere meno duro il modo di vivere. E questo fu l’inizio degli sforzi per raggiungere livelli sempre più elevati di comfort materiale. Grazie alla manifattura e all’industria l’uomo accresce gradualmente la quantità dei piaceri della vita di mortale.
(906.1) 81:5.3 Ma la società culturale non è un grande circolo benefico di privilegi ereditati nel quale ogni uomo nasce come membro di diritto e di totale eguaglianza. È piuttosto un’alta corporazione di operatori terrestri in continuo progresso, che ammette nei suoi ranghi soltanto la nobiltà dei lavoratori che si sforzano di fare del mondo un luogo migliore nel quale i loro figli ed i figli dei loro figli potranno vivere e progredire nelle ere successive. E questa corporazione della civiltà esige diritti di ammissione costosi, impone discipline severe e rigorose, infligge pesanti penalità a tutti i dissenzienti e ai non conformisti, mentre conferisce poche licenze o pochi privilegi personali, eccetto quelli di un’accresciuta protezione contro i pericoli comuni ed i rischi razziali.
(906.2) 81:5.4 L’associazione sociale è una forma di assicurazione per la sopravvivenza che gli esseri umani hanno appreso essere utile. Per questo la maggior parte degli individui è disposta a pagare quei premi di sacrificio di sé e di restrizione della libertà personale che la società esige dai suoi membri come compenso per questa accresciuta protezione collettiva. In breve, il meccanismo sociale di oggi è un piano di assicurazione per prove ed errori destinato a fornire un certo grado di garanzia e di protezione contro un ritorno alle terribili condizioni antisociali che hanno caratterizzato le esperienze iniziali della razza umana.
(906.3) 81:5.5 La società diviene così un’organizzazione cooperativa per assicurare la libertà civile tramite le istituzioni, la libertà economica attraverso il capitale e le invenzioni, la libertà sociale per mezzo della cultura e la libertà dalla violenza mediante i regolamenti di polizia.
(906.4) 81:5.6 La forza non crea il diritto, ma fa rispettare i diritti comunemente riconosciuti di ogni generazione successiva. La missione principale di un governo è la definizione del diritto, la regolamentazione giusta ed equa delle differenze di classe e l’imposizione di uguali opportunità di fronte alle norme di legge. Ogni diritto umano è associato a un dovere sociale. Un privilegio di gruppo è un meccanismo di assicurazione che esige infallibilmente il pagamento totale dei rigorosi premi del servizio collettivo. E i diritti collettivi, quanto quelli individuali, devono essere protetti, compresa la regolamentazione delle tendenze sessuali.
(906.5) 81:5.7 La libertà sottomessa ai regolamenti collettivi è la meta legittima dell’evoluzione sociale. La libertà senza restrizioni è il sogno vano e chimerico di menti umane instabili e superficiali.
(906.6) 81:6.1 Mentre l’evoluzione biologica è costantemente progredita in meglio, gran parte dell’evoluzione culturale è uscita dalla valle dell’Eufrate ad ondate successive, le quali in seguito s’indebolirono con il passare del tempo sino a che, alla fine, la totalità dei discendenti di puro sangue adamico non fu partita per arricchire le civiltà dell’Asia e dell’Europa. Le razze non si amalgamarono completamente, ma le loro civiltà si mescolarono in misura considerevole. La cultura si diffuse lentamente in tutto il mondo. E questa civiltà deve essere mantenuta e sostenuta, perché oggi non esistono nuove fonti di cultura, non esistono degli Anditi per rinvigorire e stimolare il lento progresso evolutivo della civiltà.
(906.7) 81:6.2 La civiltà che si evolve ora su Urantia è derivata dai seguenti fattori e su di essi fondata:
(906.8) 81:6.3 1. Circostanze naturali. La natura e l’estensione di una civiltà materiale sono determinate in larga misura dalle risorse naturali disponibili. Il clima, il tempo e numerose condizioni fisiche sono dei fattori nell’evoluzione della cultura.
(907.1) 81:6.4 All’inizio dell’era andita c’erano soltanto due estese e fertili aree di caccia aperte in tutto il mondo. Una si trovava nell’America del Nord ed era interamente popolata dagli Amerindi; l’altra si trovava a nord del Turkestan ed era parzialmente occupata da una razza andonico-gialla. I fattori decisivi dell’evoluzione di una cultura superiore nel sudovest dell’Asia furono la razza ed il clima. Gli Anditi erano un grande popolo, ma il fattore cruciale che determinò il corso della loro civiltà fu l’aridità crescente dell’Iran, del Turkestan e del Sinkiang, che li costrinse ad inventare e ad adottare nuovi ed avanzati metodi per strappare dei mezzi di sussistenza dalle loro terre sempre meno fertili.
(907.2) 81:6.5 La configurazione dei continenti ed altre situazioni geografiche influiscono molto nel determinare la pace o la guerra. Pochissimi Urantiani hanno mai avuto una tale favorevole opportunità per uno sviluppo continuo e indisturbato qual è stata goduta dai popoli dell’America del Nord — protetti praticamente da ogni parte da vasti oceani.
(907.3) 81:6.6 2. Beni strumentali. La cultura non si sviluppa mai in condizioni di miseria; il tempo libero è essenziale al progresso della civiltà. Un carattere individuale di valore morale e spirituale può essere acquisito in assenza di ricchezza materiale, ma una civiltà culturale è derivata solo da quelle condizioni di prosperità materiale che favoriscono il tempo libero congiunto all’ambizione.
(907.4) 81:6.7 Durante i tempi primitivi la vita su Urantia era un problema serio e grave. Fu per sfuggire a questa lotta incessante e a questa fatica interminabile che l’umanità tese costantemente ad indirizzarsi verso il clima salubre dei tropici. Anche se queste zone d’abitazione più calde consentirono di attenuare un po’ la lotta accanita per l’esistenza, le razze e le tribù che cercarono in tal modo la tranquillità utilizzarono raramente il loro tempo libero non guadagnato per l’avanzamento della civiltà. Il progresso sociale è invariabilmente venuto dalle idee e dai progetti di quelle razze che, con i loro sforzi intelligenti, hanno imparato come strappare i mezzi di sussistenza dalla terra con minor sforzo e con giornate di lavoro più brevi e sono state così in grado di disporre di un margine proficuo di tempo libero ben meritato.
(907.5) 81:6.8 3. Conoscenza scientifica. Gli aspetti materiali della civiltà devono sempre attendere l’accumulo di dati scientifici. È trascorso molto tempo dopo la scoperta dell’arco e della freccia e l’utilizzazione degli animali per i lavori pesanti prima che l’uomo imparasse a sfruttare il vento e l’acqua ed in seguito l’impiego del vapore e dell’elettricità. Ma lentamente gli strumenti della civiltà migliorarono. La tessitura, la ceramica, l’addomesticamento degli animali e la lavorazione dei metalli furono seguiti da un’era di scrittura e di stampa.
(907.6) 81:6.9 La conoscenza è potere. L’invenzione precede sempre l’accelerazione dello sviluppo culturale su scala mondiale. La scienza e l’invenzione trassero i maggiori benefici dalla stampa, e l’interazione di tutte queste attività culturali ed inventive ha enormemente accelerato il ritmo dell’avanzamento culturale.
(907.7) 81:6.10 La scienza insegna all’uomo a parlare il nuovo linguaggio della matematica e lo addestra a pensare secondo linee di severa precisione. La scienza dà stabilità anche alla filosofia grazie all’eliminazione degli errori e nel contempo purifica la religione con la distruzione della superstizione.
(907.8) 81:6.11 4. Risorse umane. La numerosità degli uomini è indispensabile per la diffusione della civiltà. A parità d’altre condizioni un popolo numeroso dominerà la civiltà di una razza meno numerosa. Per cui la mancata crescita in una nazione di un certo numero di cittadini impedisce la piena realizzazione del suo destino nazionale, ma si giunge ad un punto nella crescita della popolazione in cui un ulteriore aumento diviene un suicidio. La moltiplicazione del numero di abitanti oltre l’optimum del normale rapporto uomo-terra conduce o ad un abbassamento del livello di vita o ad un’immediata espansione dei confini territoriali per penetrazione pacifica o per conquista militare, l’occupazione con la forza.
(908.1) 81:6.12 Voi siete talvolta impressionati dalle devastazioni della guerra, ma dovreste riconoscere la necessità di far nascere un gran numero di mortali per fornire ampie opportunità di sviluppo sociale e morale; ma con tale fecondità planetaria sorge ben presto il grave problema della sovrappopolazione. I mondi abitati sono per la maggior parte piccoli. Urantia è di misura media, forse un po’ al di sotto. La stabilizzazione ottimale della popolazione nazionale eleva la cultura ed impedisce la guerra. È una nazione saggia quella che conosce il momento di cessare di crescere.
(908.2) 81:6.13 Ma il continente più ricco di depositi naturali ed il più avanzato in attrezzature meccaniche farà pochi progressi se l’intelligenza del suo popolo è in declino. La conoscenza può derivare dall’istruzione, ma la saggezza, che è indispensabile alla vera cultura, si acquisisce solamente grazie all’esperienza e da uomini e donne che sono intelligenti per natura. Tali persone sono capaci di apprendere dall’esperienza; possono divenire veramente sagge.
(908.3) 81:6.14 5. Efficacia delle risorse materiali. Molto dipende dalla saggezza dimostrata nell’utilizzazione delle risorse naturali, delle conoscenze scientifiche, dei beni strumentali e dei potenziali umani. Il fattore principale della civiltà primitiva fu la forza esercitata da saggi capi sociali; gli uomini primitivi ebbero la civiltà letteralmente imposta dai loro contemporanei superiori. Le minoranze superiori e ben organizzate hanno in larga misura governato questo mondo.
(908.4) 81:6.15 La forza non crea il diritto, ma la forza crea ciò che esiste e ciò che è esistito nella storia. Soltanto recentemente Urantia ha raggiunto il punto in cui la società è disposta a discutere l’etica della forza e del diritto.
(908.5) 81:6.16 6. Efficacia del linguaggio. La diffusione della civiltà deve attendere il linguaggio. Le lingue vive ed in evoluzione assicurano l’espansione delle idee e dei progetti civilizzati. Durante le ere primitive furono fatti importanti progressi nel linguaggio. Oggi c’è un grande bisogno di un ulteriore sviluppo linguistico per facilitare l’espressione del pensiero in evoluzione.
(908.6) 81:6.17 Il linguaggio si evolvé nelle associazioni di gruppo; ogni gruppo locale elaborò il proprio sistema di scambio di parole. Il linguaggio si sviluppò attraverso gesti, segni, grida, suoni imitativi, intonazioni ed accenti fino alla vocalizzazione di alfabeti successivi. Il linguaggio è il più grande e più utile degli strumenti del pensiero umano, ma non è mai fiorito prima che dei gruppi sociali avessero acquisito un po’ di tempo libero. La tendenza a giocare con il linguaggio sviluppa nuove parole — il gergo. Se la maggioranza addotta il gergo, allora l’uso lo costituisce linguaggio. L’origine dei dialetti è illustrata dall’indulgere al “parlare infantile” in un gruppo familiare.
(908.7) 81:6.18 Le differenze di linguaggio sono sempre state la grande barriera all’estensione della pace. Il superamento dei dialetti deve precedere la diffusione di una cultura in una razza, in un continente o in un mondo intero. Un linguaggio universale favorisce la pace, assicura la cultura ed accresce la felicità. Anche quando le lingue di un mondo sono ridotte a poche, la loro padronanza da parte dei popoli colti più importanti influenza potentemente il conseguimento della pace e della prosperità mondiali.
(908.8) 81:6.19 Mentre Urantia ha fatto pochissimi progressi verso lo sviluppo di un linguaggio internazionale, molto è stato fatto dall’istituzione di scambi commerciali internazionali. E tutte queste relazioni internazionali dovrebbero essere incoraggiate, sia che riguardino la lingua, il commercio, l’arte, la scienza, i giochi di competizione o la religione.
(909.1) 81:6.20 7. Efficacia dei dispositivi meccanici. Il progresso della civiltà è direttamente legato allo sviluppo ed al possesso di strumenti, di macchine e di canali di distribuzione. Strumenti migliorati, macchine ingegnose ed efficienti, determinano la sopravvivenza dei gruppi in lotta nell’arena della civiltà in progresso.
(909.2) 81:6.21 Nei tempi primitivi la sola energia impiegata per la coltivazione della terra era la forza umana. Ci volle una lunga lotta per sostituire gli uomini con i buoi poiché ciò escludeva alcuni uomini dall’impiego. Più recentemente le macchine hanno cominciato a rimpiazzare gli uomini, ed ogni progresso di tal genere contribuisce direttamente all’avanzamento della società perché libera forze umane per compiti di maggior valore.
(909.3) 81:6.22 La scienza, guidata dalla saggezza, può divenire la grande liberatrice sociale degli uomini. Un’era meccanica può rivelarsi un disastro solo per una nazione il cui livello intellettuale è troppo basso per scoprire i metodi saggi e le tecniche sane per un buon adattamento alle difficoltà di transizione che sorgono dall’improvvisa perdita d’impiego da parte di un gran numero di persone, conseguente all’invenzione troppo rapida di nuovi tipi di macchinari che economizzano manodopera.
(909.4) 81:6.23 8. Carattere dei portafiaccola. L’eredità sociale consente agli uomini di appoggiarsi sulle spalle di tutti coloro che li hanno preceduti e che hanno contribuito in qualcosa alla somma di cultura e di conoscenza. In quest’opera di trasmissione della fiaccola culturale alla generazione successiva, la famiglia resterà sempre l’istituzione fondamentale. Il gioco e la vita sociale vengono dopo, con la scuola per ultima, ma egualmente indispensabile in una società complessa ed altamente organizzata.
(909.5) 81:6.24 Gli insetti nascono completamente educati ed equipaggiati per la vita — un’esistenza invero molto breve e puramente istintiva. Il bambino umano nasce senza un’educazione; perciò gli uomini possiedono il potere, controllando l’educazione formativa delle generazioni più giovani, di modificare notevolmente il corso evoluzionario della civiltà.
(909.6) 81:6.25 Le influenze maggiori del ventesimo secolo che contribuiscono all’avanzamento della civiltà e al progresso della cultura sono il marcato aumento dei viaggi nel mondo ed i miglioramenti senza precedenti dei mezzi di comunicazione. Ma il progresso dell’educazione non ha tenuto il passo con la struttura sociale in espansione; né l’apprezzamento moderno dell’etica si è sviluppato in corrispondenza con la crescita secondo linee più propriamente intellettuali e scientifiche. E la civiltà moderna si trova ad un punto di stallo nello sviluppo spirituale e nella salvaguardia dell’istituzione della famiglia.
(909.7) 81:6.26 9. Gli ideali razziali. Gli ideali di una generazione scavano i canali del destino per la posterità immediata. La qualità dei portafiaccola sociali determinerà l’avanzamento o il regresso della civiltà. Le famiglie, le Chiese e le scuole di una generazione predeterminano la tendenza di carattere della generazione seguente. L’impulso morale e spirituale di una razza o di una nazione determina in larga misura la velocità di sviluppo culturale di quella civiltà.
(909.8) 81:6.27 Gli ideali elevano la sorgente della corrente sociale. E nessuna corrente può salire più in alto della sua stessa sorgente, quali che siano le tecniche di pressione o di controllo di direzione impiegate. La forza propulsiva degli aspetti, anche quelli più materiali, di una civiltà culturale risiede nella meno materiale tra le realizzazioni di una società. L’intelligenza può controllare il meccanismo della civiltà, la saggezza può dirigerlo, ma l’idealismo spirituale è l’energia che eleva realmente e che fa progredire la cultura umana da un livello di realizzazione ad un altro.
(910.1) 81:6.28 All’inizio la vita era una lotta per l’esistenza; oggi lo è per il livello di vita; domani sarà per la qualità del pensiero, la prossima meta terrena dell’esistenza umana.
(910.2) 81:6.29 10. Coordinamento degli specialisti. La civiltà è stata fatta progredire enormemente dall’iniziale divisione del lavoro e dal suo corollario successivo della specializzazione. La civiltà dipende ora dalla coordinazione efficace degli specialisti. Via via che la società si espande, si deve trovare un metodo per riunire i vari specialisti.
(910.3) 81:6.30 Gli specialisti sociali, artistici, tecnici e industriali continueranno a moltiplicarsi e ad accrescere la loro abilità e la loro destrezza. E questa diversificazione di capacità e di diversità d’impiego finiranno per indebolire e disintegrare la società umana se non saranno sviluppati efficaci metodi di coordinazione e di cooperazione. Ma l’intelligenza che è capace di una tale inventiva e di una tale specializzazione dovrebbe essere del tutto competente ad escogitare metodi appropriati di controllo e di aggiustamento per tutti i problemi risultanti dal rapido aumento delle invenzioni e dal passo accelerato dell’espansione culturale.
(910.4) 81:6.31 11. Piani per l’occupazione. La prossima era di sviluppo sociale sarà concretizzata da una migliore e più efficace cooperazione e coordinazione delle specializzazioni in costante crescita ed espansione. A mano a mano che il lavoro si diversifica sempre di più, deve essere individuata una qualche tecnica per orientare gli individui verso impieghi appropriati. Il meccanicismo non è la sola causa della disoccupazione tra i popoli civilizzati di Urantia. La complessità economica e la crescita continua delle specializzazioni industriali e professionali accrescono i problemi del posto di lavoro.
(910.5) 81:6.32 Non è sufficiente insegnare agli uomini a lavorare; in una società complessa si devono anche fornire metodi efficaci per trovare un impiego. Prima d’insegnare ai cittadini delle tecniche altamente specializzate per guadagnarsi da vivere, bisognerebbe insegnare loro uno o più metodi di lavoro comune, mestieri od occupazioni che potrebbero essere praticati quando essi fossero temporaneamente non utilizzati nel loro lavoro specializzato. Nessuna civiltà può sopravvivere al mantenimento prolungato di grandi classi di disoccupati. Con il tempo anche il migliore dei cittadini verrà stravolto e demoralizzato per il fatto di accettare il mantenimento da parte del Tesoro pubblico. Anche la carità privata diventa dannosa se praticata a lungo nei confronti di cittadini abili al lavoro.
(910.6) 81:6.33 Una tale società altamente specializzata non si adatterà facilmente alle vecchie pratiche comunali e feudali dei popoli di una volta. È vero, molti servizi comuni possono essere utilmente e proficuamente socializzati, ma gli esseri umani altamente addestrati ed ultraspecializzati possono essere meglio governati mediante una tecnica di cooperazione intelligente. Una coordinazione modernizzata ed una regolamentazione fraterna porteranno ad una cooperazione più durevole rispetto ai vecchi metodi più primitivi di comunismo o d’istituzioni regolamentatrici dittatoriali basate sulla forza.
(910.7) 81:6.34 12. La disponibilità a cooperare. Uno dei grandi ostacoli al progresso della società umana è il conflitto tra gli interessi ed il benessere dei gruppi umani più numerosi e più socializzati da una parte e dei gruppi meno numerosi di oppositori asociali dall’altra, senza contare i singoli individui di mentalità antisociale.
(910.8) 81:6.35 Nessuna civiltà nazionale dura a lungo a meno che i suoi metodi educativi ed i suoi ideali religiosi non ispirino un patriottismo intelligente e una devozione nazionale di tipo elevato. Senza questo tipo di patriottismo intelligente e di solidarietà culturale, tutte le nazioni tendono a disgregarsi a causa delle gelosie provinciali e degli egoismi locali.
(911.1) 81:6.36 Per mantenere una civiltà mondiale bisogna che gli esseri umani imparino a vivere insieme in pace ed in fraternità. Senza coordinazione efficace, la civiltà industriale è minacciata dai pericoli dell’ultraspecializzazione: monotonia, grettezza e tendenza ad ingenerare sfiducia e gelosia.
(911.2) 81:6.37 13. Guida efficace e saggia. La civiltà dipende in grande, grandissima misura, da uno spirito di squadra entusiastico ed efficace. Dieci uomini non valgono più di uno per sollevare un fardello pesante, a meno che non lo sollevino insieme — tutti nello stesso momento. E questo lavoro di squadra — questa cooperazione sociale — dipende dalla guida. Le civiltà culturali del passato e del presente sono state basate sulla cooperazione intelligente dei cittadini con capi saggi e progressivi; e fino a quando gli uomini non si evolveranno a livelli più elevati, la civiltà continuerà a dipendere da una guida saggia e vigorosa.
(911.3) 81:6.38 Le civiltà superiori nascono dalla sagace correlazione tra ricchezza materiale, elevatezza intellettuale, valore morale, abilità sociale ed intuizione cosmica.
(911.4) 81:6.39 14. Mutamenti sociali. La società non è un’istituzione divina; è un fenomeno di evoluzione progressiva; una civiltà in evoluzione è sempre ritardata quando i suoi capi sono lenti ad effettuare quei cambiamenti nell’organizzazione sociale che sono essenziali per tenere il passo con gli sviluppi scientifici dell’epoca. Malgrado ciò non bisogna disprezzare certe cose unicamente perché sono vecchie, né abbracciare incondizionatamente un’idea solo perché è originale e nuova.
(911.5) 81:6.40 L’uomo non dovrebbe aver paura di fare degli esperimenti con i meccanismi della società. Ma queste avventure di aggiustamento culturale dovrebbero essere sempre controllate da coloro che sono pienamente al corrente della storia dell’evoluzione sociale. Questi innovatori dovrebbero essere sempre consigliati dalla saggezza di coloro che hanno avuto un’esperienza pratica nei domini degli esperimenti sociali od economici previsti. Nessun grande cambiamento sociale od economico dovrebbe essere tentato improvvisamente. Il tempo è essenziale per tutti i tipi di aggiustamento umano — fisico, sociale o economico. Solo gli aggiustamenti morali e spirituali possono essere effettuati sotto l’impulso del momento, ed anche questi richiedono tempo per la completa manifestazione delle loro ripercussioni materiali e sociali. Gli ideali della razza sono il supporto e la garanzia principali durante i periodi critici in cui una civiltà transita da un livello ad un altro.
(911.6) 81:6.41 15. La prevenzione di un crollo in periodi di transizione. La società è il frutto di ere ed ere di prove ed errori; essa è quanto è sopravvissuto agli aggiustamenti e raggiustamenti selettivi negli stadi successivi dell’ascesa millenaria dell’umanità dai livelli animali a quelli umani di status planetario. Il grande pericolo per una civiltà — in qualsiasi momento — è la minaccia di un crollo durante il periodo di transizione dai metodi stabiliti del passato ai procedimenti nuovi e migliori, ma non sperimentati, del futuro.
(911.7) 81:6.42 La guida è vitale per il progresso. La saggezza, la perspicacia e la previdenza sono indispensabili al perdurare delle nazioni. La civiltà non è mai realmente in pericolo finché non cominciano a mancare guide capaci. E la quantità di tali sagge guide non ha mai superato l’uno per cento della popolazione.
(911.8) 81:6.43 È stato grazie a questi gradini della scala evoluzionaria che la civiltà si è elevata fino al punto in cui potevano essere messe in funzione quelle potenti influenze che sono culminate nella cultura in rapida espansione del ventesimo secolo. Solo aderendo a questi princìpi essenziali l’uomo può sperare di mantenere le sue civiltà attuali, assicurando nel contempo il loro sviluppo continuo e la loro sopravvivenza certa.
(912.1) 81:6.44 Questa è l’essenza della lunga, lunga lotta dei popoli della terra per istituire la civiltà dopo l’epoca di Adamo. La cultura odierna è il netto risultato di questa strenua evoluzione. Prima della scoperta della stampa il progresso era relativamente lento, perché una generazione non poteva beneficiare così rapidamente delle realizzazioni dei suoi predecessori. Ma ora la società umana spinge in avanti con la viva forza accumulata da tutte le ere nel corso delle quali la civiltà ha lottato.
(912.2) 81:6.45 [Patrocinato da un Arcangelo di Nebadon.]
(913.1) 82:0.1 IL matrimonio — l’accoppiamento — ha origine dalla bisessualità. Il matrimonio è la reazione umana per adattarsi a tale bisessualità, mentre la vita di famiglia è la somma totale risultante da tutti questi aggiustamenti evoluzionari e di adattamento. Il matrimonio è durevole; esso non è insito nell’evoluzione biologica, ma è la base di tutta l’evoluzione sociale ed è perciò certo della continuità della sua esistenza sotto una qualche forma. Il matrimonio ha dato all’umanità il focolare domestico e questo focolare è la gloria che corona l’intera lunga e ardua lotta evoluzionaria.
(913.2) 82:0.2 Anche se le istituzioni religiose, sociali ed educative sono tutte essenziali alla sopravvivenza di una civiltà culturale, la famiglia è la civilizzatrice principale. Un bambino impara la maggior parte delle cose essenziali della vita dalla sua famiglia e dai suoi vicini.
(913.3) 82:0.3 Gli umani dei tempi antichi non possedevano una civiltà sociale molto ricca, ma quella che avevano la trasmettevano fedelmente ed efficacemente alla generazione successiva. E bisogna riconoscere che la maggior parte di queste civiltà del passato hanno continuato ad evolversi con uno scarso apporto di altre influenze istituzionali, perché la famiglia funzionava in modo efficace. Oggi le razze umane posseggono una ricca eredità sociale e culturale ed essa dovrebbe essere saggiamente ed efficacemente trasmessa alle generazioni successive. La famiglia come istituzione educativa deve essere mantenuta.
(913.4) 82:1.1 Nonostante l’abisso che separa la personalità dell’uomo e della donna, lo stimolo sessuale è sufficiente ad assicurare la loro unione per la riproduzione della specie. Questo istinto operava efficacemente molto prima che gli umani sperimentassero ciò che più tardi è stato chiamato amore, devozione e fedeltà coniugale. L’accoppiamento è una tendenza innata ed il matrimonio è la sua ripercussione sociale evoluzionaria.
(913.5) 82:1.2 L’interesse e il desiderio sessuali non erano passioni dominanti nei popoli primitivi; essi semplicemente li accettavano. L’intera esperienza riproduttiva era scevra da abbellimenti immaginativi. La passione sessuale totalmente assorbente dei popoli più altamente civilizzati è principalmente dovuta a mescolanze razziali, specialmente quando la natura evoluzionaria è stata stimolata dall’immaginazione associativa e dall’apprezzamento della bellezza dei Noditi e degli Adamiti. Ma questa eredità andita è stata assorbita dalle razze evoluzionarie in quantità talmente limitata da non riuscire ad assicurare un sufficiente autocontrollo sulle passioni animali così stimolate e risvegliate da una coscienza sessuale più acuta e da bisogni di accoppiamento più imperiosi. Tra le razze evoluzionarie sono gli uomini rossi che avevano il codice sessuale più elevato.
(913.6) 82:1.3 La regolamentazione sessuale in relazione al matrimonio indica:
(913.7) 82:1.4 1. Il relativo progresso della civiltà. La civiltà ha richiesto sempre più che il sesso fosse soddisfatto in canali utili ed in conformità ai costumi.
(914.1) 82:1.5 2. La quantità di sangue andita in un popolo qualunque. In queste collettività il sesso è divenuto l’espressione più elevata e più bassa sia della natura fisica sia di quella emotiva.
(914.2) 82:1.6 Le razze sangik avevano passioni animali normali, ma mostravano poca immaginazione od apprezzamento per la bellezza e l’attrattiva fisica del sesso opposto. Quella che è chiamata attrazione sessuale è praticamente assente anche nelle razze primitive odierne. Questi popoli non mescolati hanno un istinto di accoppiamento ben definito, ma un’attrazione sessuale insufficiente per creare seri problemi che richiedono un controllo sociale.
(914.3) 82:1.7 L’istinto di accoppiamento è una delle forze fisiche di stimolo dominanti degli esseri umani; è l’emozione che, sotto l’apparenza della gratificazione individuale, inganna efficacemente l’uomo egoista ponendo il benessere e la perpetuazione della razza molto al di sopra delle convenienze individuali e della libertà personale dalle responsabilità.
(914.4) 82:1.8 Come istituzione il matrimonio, dai suoi primi inizi fino ai tempi moderni, descrive l’evoluzione sociale della tendenza biologica all’autoperpetuazione. La perpetuazione della specie umana in evoluzione è assicurata dalla presenza di questo impulso razziale all’accoppiamento, un bisogno che è chiamato in modo improprio attrazione sessuale. Questo grande bisogno biologico diventa il fulcro motore di ogni sorta d’istinti, di emozioni e di abitudini associati — fisici, intellettuali, morali e sociali.
(914.5) 82:1.9 Per il selvaggio l’approvvigionamento di cibo era la motivazione più impellente, ma quando la civiltà assicura abbondanza di cibo, il bisogno sessuale diventa molte volte un impulso dominante e perciò ha sempre bisogno di una regolamentazione sociale. Negli animali la periodicità istintiva frena la spinta all’accoppiamento, ma poiché l’uomo è un essere così ampiamente dotato di autocontrollo, il desiderio sessuale non è affatto periodico; diventa quindi necessario che la società imponga agli individui un autocontrollo.
(914.6) 82:1.10 Nessuna emozione o impulso umano, quando è senza freno o lasciato troppo libero, può provocare altrettanti guasti e dispiaceri quanto questo potente stimolo sessuale. La sottomissione intelligente di questo impulso alla regolamentazione della società è la prova suprema della realtà di una civiltà. L’autocontrollo, un crescente autocontrollo, è l’esigenza sempre maggiore dell’umanità che progredisce. La discrezione, la mancanza di sincerità e l’ipocrisia possono nascondere i problemi sessuali, ma non forniscono soluzioni né fanno avanzare l’etica.
(914.7) 82:2.1 La storia dell’evoluzione del matrimonio è semplicemente la storia del controllo sessuale mediante la pressione delle restrizioni sociali, religiose e civili. La natura non riconosce gli individui; essa non tiene alcun conto della cosiddetta morale; è unicamente ed esclusivamente interessata alla riproduzione della specie. La natura insiste irresistibilmente sulla riproduzione, ma lascia con indifferenza che i problemi conseguenti siano risolti dalla società, creando in tal modo un problema maggiore e sempre di attualità per l’umanità in evoluzione. Questo conflitto sociale consiste nella guerra senza fine tra gli istinti basilari e l’etica in evoluzione.
(914.8) 82:2.2 Presso le razze primitive non c’era alcuna regolamentazione delle relazioni tra i sessi. A causa di questa licenza sessuale non esisteva la prostituzione. Ancora oggi i Pigmei ed altri gruppi arretrati non hanno alcuna istituzione matrimoniale; uno studio di queste popolazioni rivela il semplice costume dell’accoppiamento seguito dalle razze primitive. Ma tutti i popoli antichi dovrebbero sempre essere studiati e giudicati alla luce dei criteri morali dei costumi dei loro tempi.
(915.1) 82:2.3 Il libero amore, tuttavia, non è mai stato visto con favore dai popoli al di sopra del livello della barbarie. Dal momento in cui si formarono dei gruppi sociali, cominciarono a svilupparsi dei codici matrimoniali e delle restrizioni coniugali. L’accoppiamento è progredito così, attraverso una moltitudine di transizioni, da uno stato di licenza sessuale quasi totale fino ai criteri morali di restrizione sessuale relativamente completa del ventesimo secolo.
(915.2) 82:2.4 Nei primissimi stadi dello sviluppo tribale i costumi ed i tabù restrittivi erano molto grossolani, ma tennero separati i sessi — cosa che favorì la tranquillità, l’ordine e l’industria — ed era iniziata la lunga evoluzione del matrimonio e della famiglia. I costumi sessuali concernenti il vestire, l’adornarsi e le pratiche religiose ebbero la loro origine in questi tabù primitivi che definivano il campo delle libertà sessuali e crearono così alla fine i concetti di vizio, di crimine e di peccato. Ma durò a lungo l’abitudine di sospendere ogni regolamentazione sessuale nei giorni di grande festa, specialmente nel calendimaggio.
(915.3) 82:2.5 Le donne sono sempre state soggette a più tabù restrittivi che non gli uomini. I costumi primitivi accordavano alle donne non sposate lo stesso grado di libertà sessuale degli uomini, ma è sempre stato preteso dalle mogli che fossero fedeli al loro marito. Il matrimonio primitivo non limitava molto le libertà sessuali dell’uomo, ma rendeva tabù un’ulteriore licenza sessuale per la moglie. Le donne sposate hanno sempre portato qualche segno distintivo che ne faceva una classe a parte, quale l’acconciatura dei capelli, la veste, il velo, l’isolamento, l’ornamento e gli anelli.
(915.4) 82:3.1 Il matrimonio è la risposta istituzionale dell’organismo sociale alla tensione biologica sempre presente dello stimolo persistente dell’uomo alla riproduzione — alla propria moltiplicazione. L’accoppiamento è universalmente naturale, e via via che la società si evolvé dal semplice al complesso ci fu una corrispondente evoluzione dei costumi dell’accoppiamento, la genesi dell’istituzione matrimoniale. Dovunque l’evoluzione sociale è progredita fino allo stadio in cui sono generati dei costumi, si troverà il matrimonio come un’istituzione in evoluzione.
(915.5) 82:3.2 Ci sono sempre stati e ci saranno sempre due regni distinti del matrimonio: i costumi, le leggi che regolano gli aspetti esterni dell’accoppiamento, e le relazioni peraltro segrete e personali tra uomini e donne. L’individuo si è sempre ribellato alle regolamentazioni sessuali imposte dalla società. La ragione di tale millenario problema sessuale è questa: l’autopreservazione è individuale, ma è assicurata dalla collettività; l’autoperpetuazione è sociale, ma è assicurata dall’impulso individuale.
(915.6) 82:3.3 I costumi, quando sono rispettati, hanno un ampio potere di ridurre e controllare il bisogno sessuale, come si è visto presso tutte le razze. I criteri del matrimonio sono sempre stati il vero indicatore del potere corrente dei costumi e dell’integrità funzionale del governo civile. Ma i costumi primitivi concernenti il sesso e l’accoppiamento erano un insieme di prescrizioni incongruenti e grossolane. Genitori, figli, parenti e società avevano tutti degli interessi conflittuali nella regolamentazione del matrimonio. Ma nonostante tutto ciò, le razze che esaltarono e praticarono il matrimonio si evolvettero naturalmente a livelli più elevati e sopravvissero in numero maggiore.
(915.7) 82:3.4 Nelle epoche primitive il matrimonio era il prezzo del rango sociale; il possesso di una moglie era un segno di distinzione. Il selvaggio considerava il giorno del suo matrimonio come la sua entrata nelle responsabilità e nell’età virile. In una certa epoca il matrimonio è stato considerato come un dovere sociale; in un’altra come un obbligo religioso; e in un’altra ancora come una necessità politica per fornire cittadini allo Stato.
(916.1) 82:3.5 Molte tribù primitive esigevano azioni di ruberia come qualificazione per il matrimonio; più tardi i popoli sostituirono a tali incursioni razziatorie i combattimenti atletici ed i giochi di competizione. Ai vincitori di queste prove era assegnato il primo premio — la scelta tra le giovani da maritare. Presso i cacciatori di teste un giovane non poteva sposarsi fino a che non possedeva almeno una testa, benché tali crani si potessero talvolta acquistare. Via via che l’acquisto delle mogli declinò, esse furono conquistate per mezzo di gare d’indovinelli, una pratica che sopravvive ancora presso numerosi gruppi di uomini neri.
(916.2) 82:3.6 Con il progredire della civiltà certe tribù misero le severe prove matrimoniali di resistenza maschile nelle mani delle donne; esse furono così in grado di favorire gli uomini di loro scelta. Queste prove matrimoniali comprendevano l’abilità nella caccia, la lotta e l’attitudine a mantenere una famiglia. Il pretendente fu per lungo tempo obbligato ad entrare nella famiglia della fidanzata per almeno un anno, viverci e lavorarvi e dimostrare di essere degno della moglie cui aspirava.
(916.3) 82:3.7 Le qualifiche di una moglie erano la capacità di fare lavori pesanti e di dare alla luce dei figli. Si pretendeva che eseguisse in un dato tempo un determinato lavoro agricolo. E se aveva originato un figlio prima del matrimonio essa aveva ancora più valore; la sua fertilità era in tal modo assicurata.
(916.4) 82:3.8 Il fatto che i popoli antichi considerassero un disonore o anche un peccato non essere sposati spiega l’origine dei matrimoni tra bambini; poiché si doveva essere sposati, prima era meglio era. Si credeva anche generalmente che le persone non sposate non potessero entrare nel paese degli spiriti, e questo fu un ulteriore incentivo ai matrimoni tra bambini anche alla nascita e talvolta prima della nascita, con la riserva sul sesso. Gli antichi credevano che anche i morti dovessero essere sposati. In origine gli organizzatori di matrimoni erano impiegati per negoziare matrimoni d’individui deceduti. Uno dei genitori faceva in modo che questi intermediari concludessero il matrimonio di un figlio morto con una figlia morta di un’altra famiglia.
(916.5) 82:3.9 Presso i popoli più recenti la pubertà era l’età ordinaria del matrimonio, ma questa età è aumentata in proporzione diretta al progredire della civiltà. Nell’evoluzione sociale sorsero ben presto degli ordini peculiari per uomini e donne non sposati; questi ordini furono avviati e mantenuti da persone più o meno prive di bisogni sessuali normali.
(916.6) 82:3.10 Molte tribù permettevano ai membri del gruppo dirigente di avere rapporti sessuali con una fidanzata poco prima che fosse data a suo marito. Ognuno di questi uomini faceva un regalo alla giovane, e questa fu l’origine del costume di fare dei regali di matrimonio. Presso certi gruppi si faceva affidamento sul fatto che una giovane si sarebbe guadagnata la sua dote, che consisteva nei regali ricevuti come ricompensa delle sue prestazioni sessuali nella sala di esposizione delle ragazze da maritare.
(916.7) 82:3.11 Certe tribù maritavano i giovani con le vedove e le donne attempate e poi, quando in seguito rimanevano vedovi, si permetteva loro di sposare le giovani, assicurando così, secondo la loro espressione, che i due genitori non facessero delle follie, come ritenevano che sarebbe avvenuto se si fosse permesso a due giovani di accoppiarsi. Altre tribù limitavano l’accoppiamento per i gruppi di pari età. Fu la limitazione del matrimonio a gruppi di un’età determinata che diede origine per prima alle idee d’incesto. (In India ancor oggi non c’è alcun limite di età al matrimonio.)
(916.8) 82:3.12 Sotto certi costumi la vedovanza era molto da temere; le vedove o venivano uccise o si permetteva loro di suicidarsi sulla tomba dei loro mariti, perché si riteneva che andassero nel paese degli spiriti con i loro sposi. La vedova sopravvivente era quasi invariabilmente biasimata per la morte di suo marito. Certe tribù le bruciavano vive. Se una vedova continuava a vivere, conduceva una vita di lutto continuo e di restrizioni sociali intollerabili in quanto il rimaritarsi era generalmente disapprovato.
(917.1) 82:3.13 Nei tempi antichi s’incoraggiavano molte pratiche oggi considerate immorali. Non era raro che le mogli primitive andassero molto fiere dei rapporti dei loro mariti con altre donne. La castità nelle ragazze era un grande ostacolo al matrimonio; mettere al mondo un figlio prima del matrimonio accresceva considerevolmente la desiderabilità di una giovane come moglie in quanto l’uomo era sicuro di avere una compagna fertile.
(917.2) 82:3.14 Molte tribù primitive approvavano il matrimonio di prova fino a quando la donna non fosse rimasta incinta, dopodiché sarebbe seguita la cerimonia regolare del matrimonio; presso altri gruppi il matrimonio non veniva celebrato fino a che non fosse nato il primo figlio. Se una moglie era sterile doveva essere riscattata dai suoi genitori ed il matrimonio veniva annullato. I costumi esigevano che ogni coppia avesse dei figli.
(917.3) 82:3.15 Questi matrimoni primitivi di prova erano del tutto privi di qualsiasi carattere di licenza; erano semplicemente delle prove sincere di fecondità. Gli interessati contraevano un matrimonio permanente appena stabilita la fecondità. Quando delle coppie moderne si sposano con la riserva mentale di un divorzio conveniente se non sono del tutto soddisfatte della loro vita coniugale, in realtà contraggono una forma di matrimonio di prova, una forma molto inferiore al livello delle oneste avventure dei loro antenati meno civilizzati.
(917.4) 82:4.1 Il matrimonio ha sempre avuto stretti legami con la proprietà e la religione. La proprietà è stata la stabilizzatrice del matrimonio; la religione, la sua moralizzatrice.
(917.5) 82:4.2 Il matrimonio primitivo era un investimento, una speculazione economica; era più una questione di affari che una faccenda di amoreggiamento. Gli antichi si sposavano per il profitto ed il benessere del gruppo; per questo i loro matrimoni erano progettati ed organizzati dal gruppo, dai genitori e dagli anziani. E che i costumi sulla proprietà fossero efficaci per stabilizzare l’istituzione del matrimonio è confermato dal fatto che il matrimonio era più stabile tra le tribù primitive di quanto lo sia tra molti popoli moderni.
(917.6) 82:4.3 A mano a mano che la civiltà progredì e che la proprietà privata acquisì ulteriore riconoscimento nei costumi, il furto divenne il grande crimine. L’adulterio fu considerato come una forma di furto, una violazione dei diritti di proprietà del marito; esso non è perciò specificamente menzionato nei codici e nei costumi primitivi. La donna cominciava con l’essere proprietà di suo padre, il quale trasferiva il suo diritto al marito; e tutte le relazioni sessuali legalizzate ebbero origine da questi diritti di proprietà preesistenti. L’Antico Testamento tratta le donne come una forma di proprietà; il Corano insegna la loro inferiorità. L’uomo aveva il diritto di prestare sua moglie ad un amico o ad un ospite, e questo costume è ancora in uso presso certi popoli.
(917.7) 82:4.4 La gelosia sessuale moderna non è innata; è un prodotto dei costumi in evoluzione. L’uomo primitivo non era geloso di sua moglie; difendeva semplicemente la sua proprietà. La ragione di tenere legata la moglie ad obblighi sessuali più severi rispetto al marito era perché la sua infedeltà coniugale coinvolgeva la discendenza e l’eredità. Molto presto nel cammino della civiltà il figlio illegittimo cadde in discredito. Inizialmente solo la donna veniva punita per adulterio; più tardi i costumi decretarono anche la punizione del suo partner, e per lunghe ere il marito offeso o il padre protettore ebbero il pieno diritto di uccidere il maschio trasgressore. Alcuni popoli moderni conservano questi costumi, che ammettono i cosiddetti delitti d’onore secondo una legge non scritta.
(917.8) 82:4.5 Poiché il tabù sulla castità ebbe origine come una fase dei costumi sulla proprietà, si applicò inizialmente alle donne sposate ma non alle giovani nubili. Negli anni successivi la castità era più richiesta dal padre che dal pretendente; una vergine era un attivo commerciale per il padre — essa comportava un prezzo più elevato. Via via che la castità fu più richiesta, si stabilì la pratica di pagare al padre un compenso di fidanzamento in riconoscimento del servizio di avere allevato convenientemente una fidanzata casta per il futuro marito. Una volta avviata, questa idea della castità femminile ebbe una tale presa sulle razze che divenne pratica comune tenere letteralmente rinchiuse le giovani, imprigionarle realmente per anni, al fine di assicurare la loro verginità. E così le norme più recenti e le prove di verginità diedero origine automaticamente alle classi di prostitute professionali. Esse erano le fidanzate respinte, le donne che non venivano trovate vergini dalle madri dei fidanzati.
(918.1) 82:5.1 I selvaggi osservarono molto presto che la mescolanza razziale migliorava la qualità della discendenza. Non che l’incrocio tra consanguinei fosse sempre negativo, ma l’accoppiamento tra non consanguinei era sempre comparativamente migliore. Perciò i costumi tesero a cristallizzarsi nella restrizione dei rapporti sessuali tra parenti prossimi. Fu riconosciuto che l’esogamia accresceva notevolmente l’opportunità selettiva per una variazione ed un avanzamento evoluzionari. Gli individui nati da unioni esogame erano più versatili ed avevano maggiore attitudine a sopravvivere in un mondo ostile; i nati da consanguinei, così come i loro costumi, scomparvero gradualmente. Tutto ciò avvenne lentamente; i selvaggi non ragionavano coscientemente su questi problemi. Ma i successivi popoli progrediti lo fecero, ed anch’essi osservarono che un indebolimento generale talvolta risultava da un eccessivo accoppiamento tra consanguinei.
(918.2) 82:5.2 Anche se l’endogamia di stirpi valide si tradusse talvolta nella creazione di tribù forti, gli spettacolari casi di cattivi risultati dell’endogamia tra anormali ereditari impressionarono molto di più la mente dell’uomo, con il risultato che i costumi in evoluzione formularono sempre più tabù contro tutti i matrimoni tra parenti prossimi.
(918.3) 82:5.3 La religione è stata a lungo una barriera efficace contro l’esogamia; molti insegnamenti religiosi hanno proscritto i matrimoni al di fuori della fede. Le donne hanno generalmente favorito la pratica dell’endogamia; gli uomini quella dell’esogamia. La proprietà ha sempre influenzato il matrimonio, e talvolta, nello sforzo di conservare la proprietà all’interno di un clan, sono sorti dei costumi che obbligavano le donne a scegliere i mariti nella tribù del loro padre. Regole di questo tipo portarono ad una grande moltiplicazione di matrimoni tra cugini. L’endogamia fu anche praticata nello sforzo di preservare i segreti dei mestieri artigiani; abili artigiani cercavano di conservare in famiglia la conoscenza del loro mestiere.
(918.4) 82:5.4 Quando i gruppi superiori erano isolati, tornavano sempre ad accoppiamenti tra consanguinei. Per più di centocinquantamila anni i Noditi furono uno dei grandi gruppi endogami. I costumi endogami successivi furono enormemente influenzati dalle tradizioni della razza viola, nella quale agli inizi gli accoppiamenti avvennero necessariamente tra fratello e sorella. Ed i matrimoni tra fratello e sorella erano inizialmente comuni in Egitto, in Siria, in Mesopotamia ed in tutti i paesi un tempo occupati dagli Anditi. Gli Egiziani praticarono a lungo il matrimonio tra fratello e sorella nello sforzo di conservare puro il sangue reale, un costume che persisté ancora più a lungo in Persia. Presso i Mesopotamici, prima dell’epoca di Abramo, i matrimoni tra cugini erano obbligatori; i cugini avevano diritti prioritari per sposarsi con i loro cugini. Abramo stesso sposò la sua sorellastra, ma tali unioni non furono permesse sotto i successivi costumi degli Ebrei.
(919.1) 82:5.5 Le prime misure per eliminare il matrimonio tra fratello e sorella furono prese sotto i costumi poligamici, perché la sorella-moglie cercava di dominare arrogantemente l’altra moglie o le altre mogli. I costumi di certe tribù vietavano il matrimonio con la vedova del fratello morto, ma esigevano che il fratello vivente generasse dei figli al posto di suo fratello defunto. Non c’è alcun istinto biologico contro una qualche forma di endogamia; tali restrizioni sono esclusivamente una questione di tabù.
(919.2) 82:5.6 L’esogamia finì per dominare perché fu favorita dall’uomo; prendere una moglie esterna assicurava una libertà maggiore dai parenti acquisiti. La familiarità genera disprezzo; così, a mano a mano che il fattore della scelta individuale cominciò a prevalere nell’accoppiamento, divenne usanza scegliere dei partner al di fuori della tribù.
(919.3) 82:5.7 Molte tribù finirono per vietare i matrimoni all’interno del clan; altre limitarono l’accoppiamento a certe caste. Il tabù contro il matrimonio con una donna del proprio totem diede origine all’usanza di rapire le donne dalle tribù vicine. Più tardi i matrimoni furono regolati più secondo la residenza territoriale che secondo la parentela. Vi furono molte tappe nell’evoluzione dall’endogamia alla pratica moderna dell’esogamia. Anche dopo l’istituzione del tabù sui matrimoni tra consanguinei del popolo comune, i capi ed i re furono autorizzati a sposare parenti strette per conservare il sangue reale concentrato e puro. I costumi hanno generalmente permesso ai capi sovrani certe licenze in materia sessuale.
(919.4) 82:5.8 La presenza dei popoli anditi posteriori contribuì molto ad accrescere il desiderio delle razze sangik di sposarsi all’esterno delle loro tribù. Ma non fu possibile che l’esogamia divenisse prevalente prima che i gruppi confinanti avessero imparato a vivere insieme in relativa pace.
(919.5) 82:5.9 L’esogamia stessa fu promotrice di pace; i matrimoni tra le tribù limitarono le ostilità. L’esogamia portò alla collaborazione tribale e ad alleanze militari; essa divenne predominante perché determinò un accrescimento di forze; fu una costruttrice di nazioni. L’esogamia fu anche molto favorita dai crescenti contatti commerciali; l’avventura e l’esplorazione contribuirono ad estendere i confini dell’accoppiamento e facilitarono grandemente la fecondazione incrociata delle culture razziali.
(919.6) 82:5.10 Le incongruenze altrimenti inspiegabili dei costumi matrimoniali della razza sono largamente dovute a questa usanza dell’esogamia accompagnata dal ratto e dall’acquisto delle mogli dalle tribù esterne, con il risultato di una mescolanza dei diversi costumi tribali. Che questi tabù concernenti l’endogamia fossero sociologici e non biologici è illustrato bene dai tabù sui matrimoni tra parenti, che comprendevano numerosi gradi di relazioni con parenti acquisiti, casi che non comportavano la benché minima relazione di sangue.
(919.7) 82:6.1 Non ci sono oggi razze pure nel mondo. I primitivi ed originali popoli evoluzionari di colore hanno soltanto due razze rappresentative che sussistono nel mondo: l’uomo giallo e l’uomo nero; ed anche queste due razze sono molto mescolate con i popoli di colore estinti. Benché la cosiddetta razza bianca sia discesa prevalentemente dall’antico uomo blu, è più o meno mescolata con tutte le altre razze, come lo è l’uomo rosso delle Americhe.
(919.8) 82:6.2 Delle sei razze sangik di colore, tre erano primarie e tre secondarie. Sebbene le razze primarie — blu, rossa e gialla — fossero sotto molti aspetti superiori ai tre popoli secondari, bisogna tenere presente che queste razze secondarie avevano molti tratti desiderabili che avrebbero considerevolmente migliorato i popoli primari se le loro linee migliori fossero state assorbite.
(920.1) 82:6.3 L’odierno pregiudizio contro i “meticci”, gli “ibridi” e i “bastardi” è sorto perché l’incrocio razziale moderno avviene per la maggior parte tra le linee grossolanamente inferiori delle razze interessate. Si ottengono risultati egualmente insoddisfacenti quando si sposano tra di loro le linee degenerate della stessa razza.
(920.2) 82:6.4 Se le razze attuali di Urantia potessero essere liberate dalla calamità dei loro strati più bassi di soggetti degenerati, antisociali, mentalmente debilitati e reietti, ci sarebbero poche obiezioni ad un limitato amalgama razziale. E se queste mescolanze razziali avvenissero tra i tipi più elevati delle diverse razze, ci sarebbero ancora meno obiezioni.
(920.3) 82:6.5 L’ibridazione di ceppi superiori e dissimili è il segreto della creazione di linee nuove e più vigorose. E questo è vero per le piante, per gli animali e per la specie umana. L’ibridazione aumenta il vigore ed accresce la fertilità. Le mescolanze razziali delle classi medie o superiori di vari popoli accrescono grandemente il potenziale creativo, com’è dimostrato dalla popolazione attuale degli Stati Uniti dell’America del Nord. Quando tali unioni avvengono tra strati più bassi o inferiori, la creatività viene diminuita, com’è dimostrato dai popoli attuali dell’India meridionale.
(920.4) 82:6.6 La mescolanza razziale contribuisce grandemente all’improvvisa apparizione di caratteristiche nuove, e se questa ibridazione è l’unione di linee superiori, allora queste nuove caratteristiche saranno anch’esse dei tratti superiori.
(920.5) 82:6.7 Fintanto che le razze attuali resteranno così sovraccaricate di linee inferiori e degenerate, la mescolanza razziale su larga scala sarebbe molto pregiudizievole, ma la maggior parte delle obiezioni a tali esperimenti si fondano su pregiudizi sociali e culturali più che su considerazioni biologiche. Anche tra i ceppi inferiori gli ibridi sono spesso un miglioramento sui loro antenati. L’ibridazione tende a migliorare la specie a causa del ruolo dei geni dominanti. La mescolanza razziale aumenta le probabilità che un numero maggiore di dominanti desiderabili sia presente nell’ibrido.
(920.6) 82:6.8 Negli ultimi cento anni si è prodotta su Urantia un’ibridazione razziale maggiore di quanta è avvenuta in migliaia di anni. Il pericolo di disarmonie grossolane a seguito dell’incrocio di stirpi umane è stato assai esagerato. I principali inconvenienti derivanti ai “meticci” sono dovuti a pregiudizi sociali.
(920.7) 82:6.9 L’esperimento di Pitcairn di mescolare la razza bianca e quella polinesiana riuscì abbastanza bene perché gli uomini bianchi e le donne polinesiane provenivano da linee razziali sufficientemente buone. I matrimoni misti tra i tipi superiori delle razze bianca, rossa e gialla porterebbero immediatamente all’esistenza molte caratteristiche nuove e biologicamente efficaci. Questi tre popoli appartengono alle razze sangik primarie. Gli incroci tra i bianchi ed i neri non sono altrettanto desiderabili quanto ai loro risultati immediati, ma tale discendenza mulatta non sarebbe così deplorevole come i pregiudizi sociali e razziali vorrebbe far credere. Fisicamente tali ibridi bianchi-neri sono eccellenti esemplari dell’umanità, nonostante la loro leggera inferiorità sotto certi altri aspetti.
(920.8) 82:6.10 Quando una razza sangik primaria si amalgama con una razza sangik secondaria, quest’ultima viene considerevolmente migliorata a spese della prima. E su piccola scala — estendentesi su lunghi periodi di tempo — non ci possono essere serie obiezioni ad una tale contribuzione di sacrificio delle razze primarie al miglioramento dei gruppi secondari. Dal punto di vista biologico i Sangik secondari erano, sotto certi aspetti, superiori alle razze primarie.
(921.1) 82:6.11 Dopotutto la vera minaccia per la specie umana va ricercata nella moltiplicazione sregolata dei ceppi inferiori e degenerati dei vari popoli civilizzati piuttosto che nel presunto pericolo del loro incrocio razziale.
(921.2) 82:6.12 [Presentato dal Capo dei Serafini stazionati su Urantia.]
(922.1) 83:0.1 QUESTO è il racconto dei primi inizi dell’istituzione del matrimonio. Essa è progredita costantemente dai liberi e promiscui accoppiamenti dell’orda, attraverso numerose variazioni e adattamenti, fino all’apparizione di quelle norme sul matrimonio che culminarono alla fine nella realizzazione delle unioni di coppia, l’unione di un solo uomo e di una sola donna per formare una famiglia del più alto ordine sociale.
(922.2) 83:0.2 Il matrimonio è stato molte volte in pericolo, ed i costumi matrimoniali hanno largamente tratto sostegno dalla proprietà e dalla religione. Ma la vera influenza che salvaguarda per sempre il matrimonio e la famiglia che ne consegue è il semplice ed innato fatto biologico che gli uomini e le donne non possono assolutamente vivere gli uni senza gli altri, si tratti dei selvaggi più primitivi o dei mortali più colti.
(922.3) 83:0.3 È a causa dello stimolo sessuale che l’uomo egoista è spinto a trasformarsi in qualcosa di meglio di un animale. Le relazioni sessuali che soddisfano l’amor proprio e l’autoappagamento comportano le conseguenze certe dell’abnegazione ed assicurano l’assunzione di doveri altruistici e di numerose responsabilità familiari giovevoli per la razza. In questo il sesso è stato il civilizzatore non riconosciuto ed insospettato dei selvaggi, perché questo stesso impulso sessuale costringe automaticamente ed inevitabilmente l’uomo a pensare e alla fine lo conduce ad amare.
(922.4) 83:1.1 Il matrimonio è un meccanismo della società concepito per regolare e controllare le numerose relazioni umane sorte dal fatto fisico della bisessualità. Come istituzione di tal genere il matrimonio funziona in due direzioni:
(922.5) 83:1.2 1. Nella regolamentazione delle relazioni sessuali personali.
(922.6) 83:1.3 2. Nella regolamentazione della discendenza, dell’eredità, della successione e dell’ordine sociale, essendo questa la sua funzione originale più antica.
(922.7) 83:1.4 La famiglia che ha origine dal matrimonio è essa stessa una stabilizzatrice dell’istituzione del matrimonio, unitamente ai costumi sulla proprietà. Altri potenti fattori di stabilità del matrimonio sono l’orgoglio, la vanità, lo spirito di cavalleria, il dovere e le convinzioni religiose. Ma anche se i matrimoni possono essere approvati o disapprovati dall’alto, non sono affatto determinati in cielo. La famiglia umana è un’istituzione nettamente umana, uno sviluppo evoluzionario. Il matrimonio è un’istituzione della società, non una sfera di attività della Chiesa. È vero, la religione dovrebbe influenzarlo profondamente, ma non dovrebbe essere la sola a controllarlo e a regolamentarlo.
(922.8) 83:1.5 Il matrimonio primitivo era essenzialmente industriale, ed anche in tempi moderni è spesso un affare sociale o d’interesse. Per l’influenza della mescolanza delle stirpi andite ed in conseguenza dei costumi della civiltà in evoluzione, il matrimonio diviene lentamente vicendevole, romantico, genitoriale, poetico, affettuoso, etico ed anche idealistico. Tuttavia, la selezione ed il cosiddetto amore romantico svolgevano un ruolo minimo nelle unioni primitive. Durante i tempi antichi marito e moglie non stavano molto insieme, e nemmeno mangiavano insieme molto spesso. Ma tra gli antichi l’affetto personale non era fortemente legato all’attrazione sessuale; l’affetto dell’uno per l’altro nasceva in larga misura perché vivevano e lavoravano assieme.
(923.1) 83:2.1 I matrimoni primitivi erano sempre concertati dai genitori del giovane e della ragazza. Lo stadio di transizione tra questa usanza e l’epoca della libera scelta fu occupato dal mediatore di matrimoni o combinatore professionale. Questi combinatori di matrimoni furono inizialmente i barbieri ed in seguito i sacerdoti. Il matrimonio fu in origine un affare di gruppo, poi una questione di famiglia; solo recentemente è divenuto un’avventura individuale.
(923.2) 83:2.2 La coercizione, non l’attrazione, era l’approccio al matrimonio primitivo. Nei tempi primitivi la donna non aveva riservatezza sessuale, ma solo inferiorità sessuale inculcata dai costumi. Come la razzia precedette il commercio, così il matrimonio per cattura precedette il matrimonio per contratto. Certe donne erano conniventi nella cattura al fine di sfuggire al dominio degli uomini più anziani della loro tribù; esse preferivano cadere nelle mani di uomini della loro stessa età appartenenti ad un’altra tribù. Questa pseudofuga fu lo stadio di transizione tra la cattura con la forza e la successiva corte per attrazione.
(923.3) 83:2.3 Un tipo primitivo di cerimonia matrimoniale era la fuga simulata, una specie di prova della fuga che fu un tempo di pratica corrente. Più tardi una finta cattura entrò a far parte della cerimonia regolare del matrimonio. La presunta resistenza di una ragazza moderna alla “cattura”, la reticenza verso il matrimonio, sono tutti residui di antiche usanze. Il trasportare la sposa oltre la soglia di casa è una reminiscenza di numerose antiche pratiche, tra le altre quella dell’epoca del ratto della sposa.
(923.4) 83:2.4 Alla donna fu a lungo negata la piena libertà di disporre di se stessa nel matrimonio, ma le donne più perspicaci sono sempre state capaci di raggirare questa restrizione esercitando abilmente la loro intelligenza. Generalmente è l’uomo che ha preso l’iniziativa nel corteggiamento, ma non sempre. Talvolta formalmente, talvolta segretamente, è la donna che ha preso l’iniziativa per sposarsi. E via via che la civiltà è progredita, le donne hanno avuto un ruolo crescente in tutte le fasi del corteggiamento e del matrimonio.
(923.5) 83:2.5 L’accrescimento dell’amore, dell’idillio amoroso e della selezione personale nel corteggiamento prematrimoniale è un apporto andita alle razze del mondo. Le relazioni tra i sessi si stanno evolvendo favorevolmente; molti popoli in progresso stanno gradualmente sostituendo le concezioni un po’ idealizzate dell’attrazione sessuale agli antichi motivi dell’utilità e della proprietà. L’impulso sessuale ed i sentimenti affettivi cominciano a rimpiazzare il freddo calcolo nella scelta dei partner della vita.
(923.6) 83:2.6 Il fidanzamento equivaleva in origine al matrimonio; e tra i popoli primitivi i rapporti sessuali erano comuni durante il fidanzamento. In tempi recenti, la religione ha stabilito un tabù sessuale sul periodo tra il fidanzamento ed il matrimonio.
(923.7) 83:3.1 Gli antichi diffidavano dell’amore e delle promesse; essi stimavano che le unioni durevoli dovessero essere assicurate da qualche garanzia tangibile, da un bene. Per questa ragione il prezzo d’acquisto di una moglie era considerato come un pegno o un deposito che il marito era condannato a perdere in caso di divorzio o di abbandono. Una volta che il prezzo d’acquisto di una sposa era stato pagato, molte tribù permettevano al marito di marcarla con il fuoco. Gli Africani acquistano ancora le loro mogli. Essi paragonano una moglie che si sposa per amore, o la moglie di un uomo bianco, ad un gatto, perché non costa niente.
(924.1) 83:3.2 Le esposizioni delle donne da maritare erano occasioni per abbigliare e adornare le figlie per mostrarle in pubblico con la speranza che fossero acquistate a prezzi più alti come mogli. Ma esse non venivano vendute come animali — nelle tribù più recenti una tale moglie non era trasferibile. Né il loro acquisto era sempre solo una fredda transazione economica; il servizio era equivalente al denaro nell’acquisto di una moglie. Se un uomo desiderabile non poteva pagare per sua moglie, poteva essere adottato come figlio dal padre della giovane e poteva allora sposarla. E se un uomo povero cercava una moglie e non poteva far fronte al prezzo richiesto da un padre avido, gli anziani facevano spesso pressione sul padre per fargli modificare le sue richieste, altrimenti poteva verificarsi una fuga.
(924.2) 83:3.3 A mano a mano che la civiltà progredì i padri non amarono più apparire come i venditori delle proprie figlie, e così, pur continuando ad accettare il prezzo d’acquisto della sposa, diedero avvio alla consuetudine di donare alla coppia dei regali di valore quasi equivalente al prezzo d’acquisto. Quando poi cessò il pagamento per la sposa, questi doni divennero la dote della sposa.
(924.3) 83:3.4 L’idea di una dote sorse per dare l’impressione dell’indipendenza della sposa, per indicare che si era molto lontani dai tempi delle mogli schiave e delle compagne di proprietà. Un uomo non poteva divorziare da una moglie con dote senza rimborsare interamente la dote. In certe tribù veniva effettuato un deposito reciproco presso i genitori della sposa e dello sposo, che veniva confiscato nel caso uno abbandonasse l’altra o viceversa; in realtà era un contratto di matrimonio. Durante il periodo di transizione tra l’acquisto e la dote, se la moglie era stata acquistata i figli appartenevano al padre, in caso contrario appartenevano alla famiglia della moglie.
(924.4) 83:4.1 La cerimonia del matrimonio nacque dal fatto che il matrimonio era originariamente una questione della comunità, non soltanto il punto culminante di una decisione di due individui. L’accoppiamento interessava il gruppo pur restando una funzione personale.
(924.5) 83:4.2 La magia, i rituali e le cerimonie circondavano l’intera vita degli antichi, ed il matrimonio non faceva eccezione. Via via che la civiltà progredì, e che il matrimonio venne considerato più seriamente, la cerimonia dello sposalizio divenne sempre più pretenziosa. Il matrimonio primitivo era un fatto importante negli interessi della proprietà, come lo è anche oggi, e perciò richiedeva una cerimonia legale, mentre lo status sociale dei figli susseguenti esigeva la maggiore pubblicità possibile. L’uomo primitivo non aveva archivi; la cerimonia del matrimonio doveva quindi essere fatta alla presenza di numerosi testimoni.
(924.6) 83:4.3 All’inizio la cerimonia del matrimonio aveva più il carattere di un fidanzamento e consisteva soltanto nella notificazione pubblica dell’intenzione di vivere insieme; più avanti consisté in un pasto ufficiale consumato insieme. In certe tribù i genitori si limitavano a portare la loro figlia al marito; in altri casi la sola cerimonia era lo scambio formale di doni, dopodiché il padre della sposa la presentava allo sposo. Presso molti popoli levantini era usanza dispensarsi da ogni formalità; il matrimonio veniva consumato mediante rapporti sessuali. L’uomo rosso fu il primo a sviluppare la celebrazione più elaborata del matrimonio.
(924.7) 83:4.4 L’assenza di figli era assai temuta, e poiché la sterilità era attribuita a macchinazioni degli spiriti, gli sforzi per assicurare la fecondità portarono anche ad associare il matrimonio a certi rituali magici o religiosi. Ed in questo sforzo per garantire un matrimonio felice e fecondo, venivano impiegati numerosi amuleti; si consultavano anche gli astrologi per accertare gli astri propizi alla nascita delle parti contraenti. In una certa epoca i sacrifici umani fecero regolarmente parte di tutti i matrimoni tra persone facoltose.
(925.1) 83:4.5 Furono individuati dei giorni fortunati, con il giovedì considerato come il più favorevole, ed i matrimoni celebrati con la luna piena erano ritenuti eccezionalmente fortunati. Divenne usanza di molti popoli del Vicino Oriente gettare del frumento sui novelli sposi; questo era un rito magico che si riteneva assicurasse la fecondità. Certi popoli orientali utilizzavano del riso per questo scopo.
(925.2) 83:4.6 Il fuoco e l’acqua furono sempre considerati i mezzi migliori per resistere ai fantasmi e agli spiriti malvagi; di conseguenza nei matrimoni erano generalmente in evidenza i fuochi sull’altare e le candele accese, come pure le aspersioni battesimali di acqua benedetta. Per lungo tempo fu consuetudine fissare una falsa data di matrimonio e poi rimandare improvvisamente l’avvenimento al fine di far perdere le tracce ai fantasmi e agli spiriti.
(925.3) 83:4.7 Le burle ai novelli sposi e gli scherzi giocati alle coppie in luna di miele sono tutti sopravvivenze di quei tempi molto lontani in cui si credeva fosse meglio sembrare infelici ed imbarazzati agli occhi degli spiriti per evitare di suscitare la loro invidia. Portare il velo da parte della sposa è un residuo dei tempi in cui si riteneva necessario celare la sposa affinché i fantasmi non potessero riconoscerla ed anche per nascondere la sua bellezza agli sguardi degli spiriti altrimenti gelosi ed invidiosi. I piedi della sposa non dovevano mai toccare il suolo poco prima della cerimonia. Anche nel ventesimo secolo è ancora abitudine sotto i costumi cristiani stendere dei tappeti dal punto d’arrivo della vettura all’altare della chiesa.
(925.4) 83:4.8 Una delle più antiche forme di cerimonia matrimoniale consisteva nel far benedire il letto coniugale da un sacerdote per assicurare la fecondità dell’unione; ciò fu praticato a lungo prima dell’istituzione di un rituale matrimoniale ufficiale. Durante questo periodo nell’evoluzione dei costumi matrimoniali, gli invitati alle nozze dovevano sfilare di notte attraverso la camera da letto, divenendo così testimoni legali della consumazione del matrimonio.
(925.5) 83:4.9 Il fattore del caso, che malgrado tutte le prove prematrimoniali faceva fallire certi matrimoni, portò l’uomo primitivo a cercare una forma di garanzia contro i fallimenti matrimoniali; lo indusse a rivolgersi ai sacerdoti e alla magia. E questo movimento culminò direttamente nei matrimoni moderni in chiesa. Ma per lungo tempo il matrimonio fu generalmente riconosciuto come consistente nelle decisioni dei genitori che lo contrattavano — e più tardi della coppia — mentre negli ultimi cinquecento anni la Chiesa e lo Stato ne hanno assunto la giurisdizione e pretendono ora di ratificare il matrimonio.
(925.6) 83:5.1 Agli inizi della storia del matrimonio le donne nubili appartenevano agli uomini della tribù. Più tardi una donna ebbe soltanto un marito per volta. Questa pratica di un solo uomo per volta fu il primo passo verso l’abbandono della promiscuità dell’orda. Mentre alla donna era consentito un solo uomo, suo marito poteva troncare questa relazione temporanea a sua volontà. Ma queste associazioni vagamente regolamentate furono il primo passo verso la vita di coppia in contrapposizione alla vita nell’orda. In questo stadio di sviluppo del matrimonio i figli appartenevano generalmente alla madre.
(925.7) 83:5.2 La tappa successiva nell’evoluzione dell’accoppiamento fu il matrimonio collettivo. Questa fase del matrimonio comunitario dovette intervenire nello sviluppo della vita di famiglia perché i costumi del matrimonio non erano ancora abbastanza potenti per rendere permanenti le associazioni di coppia. I matrimoni tra fratelli e sorelle appartenevano a questo gruppo; cinque fratelli di una famiglia sposavano cinque sorelle di un’altra. In tutto il mondo le vaghe forme di matrimonio comunitario si evolvettero gradualmente in vari tipi di matrimonio collettivo. E queste associazioni di gruppo erano in larga parte regolate dai costumi totemici. La vita di famiglia si sviluppò lentamente e sicuramente perché la regolamentazione del sesso e del matrimonio favoriva la sopravvivenza della tribù stessa, assicurando la sopravvivenza di un numero maggiore di figli.
(926.1) 83:5.3 I matrimoni collettivi cedettero gradualmente il passo alle pratiche emergenti della poligamia — poligenia e poliandria — tra le tribù più evolute. Ma la poliandria non fu mai molto estesa, essendo ordinariamente limitata alle regine e alle donne ricche; inoltre era per lo più una questione di famiglia, una moglie per più fratelli. Le restrizioni di casta e di economia obbligarono talvolta più uomini a contendersi una sola moglie. Anche allora la donna ne sposava soltanto uno; gli altri erano vagamente tollerati come “zii” della progenie comune.
(926.2) 83:5.4 L’usanza ebraica che esigeva che un uomo sposasse la vedova di suo fratello allo scopo di “alimentare il seme per suo fratello”, era l’usanza di più della metà del mondo antico. Questo era un residuo del tempo in cui il matrimonio era una questione di famiglia piuttosto che un’associazione individuale.
(926.3) 83:5.5 L’istituzione della poligenia riconobbe, in epoche diverse, quattro tipi di mogli:
(926.4) 83:5.6 1. Le mogli rituali o legali.
(926.5) 83:5.7 2. Le mogli per affetto e permesso.
(926.6) 83:5.8 3. Le concubine, le mogli contrattuali.
(926.7) 83:5.9 4. Le mogli schiave.
(926.8) 83:5.10 La vera poligenia, in cui tutte le mogli sono di status uguale e tutti i figli sono uguali, è stata molto rara. Di solito, anche nei matrimoni plurimi, la famiglia era dominata dalla moglie principale, la compagna di status legale. Essa sola aveva avuto la cerimonia matrimoniale rituale, e solo i figli di questa sposa acquistata o con dote potevano ereditare, a meno di un accordo particolare con questa moglie.
(926.9) 83:5.11 La moglie legale non era necessariamente la moglie amata; nei tempi primitivi essa di norma non lo era. La moglie amata, o amorosa, non apparve fino a che le razze non furono considerevolmente evolute, più particolarmente dopo la mescolanza delle tribù evoluzionarie con i Noditi e gli Adamiti.
(926.10) 83:5.12 La moglie tabù — l’unica moglie di status legale — creò i costumi di concubinaggio. Sotto questi costumi un uomo poteva avere soltanto una moglie, ma poteva mantenere relazioni sessuali con qualsiasi numero di concubine. Il concubinaggio fu il primo passo verso la monogamia, la prima mossa per staccarsi dalla libera poligenia. Le concubine degli Ebrei, dei Romani e dei Cinesi erano molto frequentemente le ancelle della moglie. Più tardi, come tra gli Ebrei, la moglie legale fu considerata come la madre di tutti i figli generati dal marito.
(926.11) 83:5.13 Gli antichi tabù sui rapporti sessuali con una moglie incinta o che allattava contribuirono moltissimo ad incoraggiare la poligenia. Le donne primitive invecchiavano molto presto a causa delle frequenti maternità unite al duro lavoro. (Queste mogli sovraccaricate d’oneri riuscivano a mantenersi in vita solo in virtù del fatto che erano poste in isolamento una settimana al mese quando non erano incinte.) Una tale moglie spesso si stancava di procreare figli e chiedeva a suo marito di prendere una seconda moglie più giovane, in grado di aiutarla sia nel generare figli che nei lavori domestici. Queste nuove mogli erano quindi accolte di solito con gioia dalle spose più anziane; non esisteva nulla che assomigliasse alla gelosia sessuale.
(926.12) 83:5.14 Il numero di mogli era limitato solo dalla capacità dell’uomo di mantenerle. Gli uomini ricchi e capaci volevano un gran numero di figli, e poiché la mortalità infantile era molto alta, era necessario un gruppo di mogli per reclutare una grande famiglia. Molte di queste mogli plurime erano semplici operaie, mogli schiave.
(927.1) 83:5.15 Le usanze umane si evolvono, ma molto lentamente. Lo scopo di un harem era di formare un gruppo forte e numeroso di parenti dello stesso sangue per il sostegno del trono. Un certo capo fu un tempo convinto che non doveva tenere un harem, che doveva accontentarsi di una sola moglie; così egli sciolse subito il suo harem. Le mogli malcontente ritornarono alle loro famiglie, ed i loro parenti offesi si precipitarono in collera sul capo e lo uccisero seduta stante.
(927.2) 83:6.1 La monogamia è un monopolio; essa è buona per coloro che raggiungono questo stato desiderabile, ma tende a produrre una privazione biologica per coloro che non sono così fortunati. Ma del tutto indipendentemente dai suoi effetti sull’individuo, la monogamia è decisamente la formula migliore per i figli.
(927.3) 83:6.2 La monogamia più primitiva fu dovuta alla forza delle circostanze, alla povertà. La monogamia è culturale e sociale, artificiale ed innaturale, innaturale cioè per l’uomo evoluzionario. Essa era del tutto naturale per i Noditi e gli Adamiti più puri ed è stata di grande valore culturale per tutte le razze evolute.
(927.4) 83:6.3 Le tribù caldee riconoscevano ad una moglie il diritto d’imporre al suo sposo l’impegno prematrimoniale di non prendere una seconda moglie o una concubina; sia i Greci che i Romani favorirono il matrimonio monogamo. Il culto degli antenati ha sempre incoraggiato la monogamia, come ha fatto l’errore cristiano di considerare il matrimonio un sacramento. Anche l’elevazione del livello di vita ha costantemente militato contro la pluralità delle mogli. Al tempo della venuta di Micael su Urantia tutto il mondo civilizzato aveva praticamente raggiunto il livello di una monogamia teorica. Ma questa monogamia passiva non significava che l’umanità si fosse abituata alla pratica di un vero matrimonio di coppia.
(927.5) 83:6.4 Pur perseguendo la meta monogamica del matrimonio ideale di coppia, che è dopotutto un po’ un’associazione sessuale monopolistica, la società non deve trascurare la situazione poco invidiabile di quegli uomini e donne sfortunati che non riescono a trovare un posto in questo nuovo e migliorato ordine sociale, anche se hanno fatto del loro meglio per cooperare con le sue esigenze e per conformarvisi. Il non riuscire a trovare un coniuge nel quadro sociale della competizione può essere dovuto alle insormontabili difficoltà o alle molteplici restrizioni imposte dai costumi correnti. È vero, la monogamia è ideale per coloro che ne godono, ma provoca inevitabilmente grandi privazioni a coloro che ne sono lasciati fuori nel freddo dell’esistenza solitaria.
(927.6) 83:6.5 Una minoranza sfortunata ha sempre dovuto soffrire perché la maggioranza potesse progredire sotto i costumi in sviluppo della società in evoluzione. Ma la maggioranza favorita dovrebbe sempre guardare con bontà e considerazione i suoi simili meno fortunati che devono pagare il prezzo di non essere riusciti a divenire membri di queste associazioni sessuali ideali che consentono di soddisfare tutti i bisogni biologici sotto la sanzione dei costumi più elevati dell’evoluzione sociale in progresso.
(927.7) 83:6.6 La monogamia è sempre stata, è ora, e sarà sempre la meta ideale dell’evoluzione sessuale umana. Questo ideale del vero matrimonio di coppia implica abnegazione, e per questo esso fallisce così spesso semplicemente perché una o entrambe le parti contraenti mancano della più grande di tutte le virtù umane, un severo autocontrollo.
(927.8) 83:6.7 La monogamia è il metro che misura il progresso della civiltà sociale, distinta dall’evoluzione puramente biologica. La monogamia non è necessariamente biologica o naturale, ma è indispensabile al mantenimento immediato e allo sviluppo successivo della civiltà sociale. Essa contribuisce ad una delicatezza di sentimenti, ad un affinamento del carattere morale e ad una crescita spirituale che sono assolutamente impossibili nella poligamia. Una donna non può mai diventare una madre ideale quando è costretta a rivaleggiare continuamente per l’affetto di suo marito.
(928.1) 83:6.8 Il matrimonio di coppia favorisce ed incoraggia la comprensione intima e la cooperazione efficace, che sono le cose migliori per la felicità dei genitori, per il benessere dei figli e per l’utilità sociale. Il matrimonio, che è iniziato con una rude costrizione, si sta gradualmente evolvendo in una magnifica istituzione di autocultura, di autocontrollo, di autoespressione e di autoperpetuazione.
(928.2) 83:7.1 Nell’evoluzione primitiva dei costumi matrimoniali il matrimonio era una vaga unione che poteva essere interrotta a volontà, ed i figli seguivano sempre la madre; il legame madre-figlio è istintivo ed ha funzionato indipendentemente dallo stadio di sviluppo dei costumi.
(928.3) 83:7.2 Presso i popoli primitivi soltanto circa una metà dei matrimoni si rivelava soddisfacente. La causa più frequente di separazione era la sterilità, di cui si attribuiva sempre la colpa alla moglie; e si credeva che le mogli senza figli diventassero serpenti nel mondo degli spiriti. Sotto i costumi più primitivi solo l’uomo aveva la facoltà di ottenere il divorzio, e queste norme sono persistite fino al ventesimo secolo presso alcuni popoli.
(928.4) 83:7.3 Con l’evoluzione dei costumi certe tribù svilupparono due forme di matrimonio: quella ordinaria, che permetteva il divorzio, ed il matrimonio sacerdotale che non consentiva la separazione. L’inizio dell’acquisto delle mogli e della dote delle mogli, con l’introduzione di un pegno in beni in caso di fallimento del matrimonio, contribuì molto a ridurre le separazioni. Ed in verità molte unioni moderne sono consolidate da questo antico fattore della proprietà.
(928.5) 83:7.4 La pressione sociale dello status della comunità e dei privilegi della proprietà è sempre stata un potente fattore nel mantenimento dei tabù e dei costumi del matrimonio. Lungo le ere, il matrimonio ha fatto costanti progressi e si trova in una posizione avanzata nel mondo moderno, nonostante sia attaccato in modo minaccioso da un’insoddisfazione molto diffusa in quei popoli nei quali la scelta individuale — che è una nuova libertà — ha un ruolo predominante. Mentre questi sconvolgimenti d’adattamento appaiono tra le razze più progressive a seguito dell’accelerazione improvvisa dell’evoluzione sociale, tra i popoli meno avanzati il matrimonio continua a prosperare ed a migliorarsi lentamente sotto il governo degli antichi costumi.
(928.6) 83:7.5 La sostituzione nuova e repentina nel matrimonio del motivo d’amore più ideale ma estremamente individualistico al posto del più antico motivo della proprietà stabilito da lungo tempo, ha provocato inevitabilmente un’instabilità temporanea nell’istituzione del matrimonio. I motivi dell’uomo per sposarsi hanno sempre trasceso di gran lunga la morale effettiva del matrimonio. E nel diciannovesimo e ventesimo secolo l’ideale occidentale del matrimonio ha improvvisamente oltrepassato di molto gli impulsi sessuali egocentrici solo parzialmente controllati delle razze. La presenza in una società di un gran numero di persone non sposate indica un crollo temporaneo od una transizione dei costumi.
(928.7) 83:7.6 La vera prova del matrimonio lungo tutte le ere è stata quell’intimità continua che è inevitabile in tutta la vita di famiglia. Due giovani viziati e coccolati, allevati aspettandosi ogni indulgenza e la piena soddisfazione della loro vanità e del loro ego, non possono sperare in una grande riuscita nel matrimonio e nell’edificazione di una famiglia — che è un’associazione di abnegazione, di compromesso, di devozione e di consacrazione disinteressata all’educazione dei figli per tutta la vita.
(929.1) 83:7.7 L’alto grado d’immaginazione ed il romanticismo fantastico propri del corteggiamento sono in larga misura i responsabili dell’aumento della tendenza al divorzio tra i moderni popoli occidentali, e tutto ciò è ancor più complicato dalla maggior libertà personale e dall’accresciuta indipendenza economica della donna. Il facile divorzio, quando risulta da una mancanza di autocontrollo o di normale adattamento della personalità, riconduce soltanto direttamente a quegli stadi sociali primitivi dai quali l’uomo è emerso così recentemente a seguito di tante angustie personali e sofferenze razziali.
(929.2) 83:7.8 Ma fintantoché la società non riuscirà ad educare convenientemente i giovani e le giovani, finché l’ordine sociale non provvederà ad un’adeguata preparazione prematrimoniale, e fino a che l’idealismo di una giovinezza priva di saggezza e di maturità sarà l’arbitro dell’accesso al matrimonio, il divorzio continuerà a prevalere. E nella misura in cui il gruppo sociale non riesce a preparare i giovani al matrimonio, il divorzio deve funzionare come valvola di sicurezza sociale per impedire delle situazioni ancora peggiori durante le ere di rapido sviluppo dei costumi in evoluzione.
(929.3) 83:7.9 Gli antichi sembrano aver considerato il matrimonio con altrettanta serietà di certi popoli di oggi. E non sembra che molti dei matrimoni affrettati e non riusciti dei tempi moderni rappresentino un grande miglioramento rispetto alle pratiche antiche che qualificavano i giovani e le giovani ad unirsi. La grande incoerenza della società moderna consiste nell’esaltare l’amore e nell’idealizzare il matrimonio disapprovando l’analisi approfondita di entrambi.
(929.4) 83:8.1 Il matrimonio che culmina nella famiglia è in verità l’istituzione più sublime dell’uomo, ma è essenzialmente umana; non si sarebbe mai dovuto chiamare sacramento. I sacerdoti setiti fecero del matrimonio un rituale religioso; ma per migliaia di anni dopo Eden il matrimonio era proseguito come un’istituzione puramente sociale e civile.
(929.5) 83:8.2 Paragonare le associazioni umane alle associazioni divine è una cosa molto infelice. L’unione del marito e della moglie nella relazione del matrimonio e della famiglia è una funzione materiale dei mortali dei mondi evoluzionari. È vero, molti progressi spirituali possono derivare come conseguenza dei sinceri sforzi umani di un marito e di una moglie per migliorarsi, ma ciò non significa che il matrimonio sia necessariamente sacro. Il progresso spirituale accompagna l’applicazione sincera ad altri indirizzi dello sforzo umano.
(929.6) 83:8.3 Né il matrimonio può essere in verità paragonato alla relazione dell’Aggiustatore con un uomo, né alla fraternità di Cristo Micael con i suoi fratelli umani. Queste relazioni non sono quasi in alcun punto comparabili all’associazione tra marito e moglie. Ed è molto spiacevole che l’errata concezione umana di queste relazioni abbia provocato tanta confusione sullo status del matrimonio.
(929.7) 83:8.4 È anche spiacevole che certi gruppi di mortali abbiano concepito che il matrimonio dovesse essere consumato mediante un atto divino. Tali credenze portano direttamente al concetto dell’indissolubilità del legame coniugale indipendentemente dalle circostanze o dai desideri delle parti contraenti. Ma il fatto stesso che un matrimonio possa essere sciolto indica che la Deità non è parte collegata con tali unioni. Se Dio ha unito una volta due cose o due persone, esse resteranno così unite fino al momento in cui la volontà divina decreterà la loro separazione. Ma per quanto concerne il matrimonio, che è un’istituzione umana, chi pretenderà di emettere un giudizio, di dire quali matrimoni sono unioni che possono essere approvate dai supervisori dell’universo in contrasto con quelle che sono per natura ed origine puramente umane?
(930.1) 83:8.5 Esiste tuttavia un ideale di matrimonio nelle sfere superiori. Sulla capitale di ogni sistema locale i Figli e le Figlie Materiali di Dio dimostrano l’elevatezza degli ideali dell’unione di un uomo e di una donna nei legami del matrimonio e allo scopo di procreare e di allevare una discendenza. Dopotutto il matrimonio ideale dei mortali è umanamente sacro.
(930.2) 83:8.6 Il matrimonio è sempre stato ed è ancora il sogno umano supremo dell’idealità temporale. Benché questo bel sogno sia raramente realizzato nella sua interezza, esso persiste come un ideale glorioso, stimolando sempre l’umanità in progresso verso sforzi maggiori per la felicità umana. Ma ai giovani e alle giovani dovrebbe essere insegnato qualcosa delle realtà del matrimonio prima di essere immersi nelle severe esigenze delle interassociazioni della vita familiare; l’idealizzazione dei giovani dovrebbe essere temperata con un certo grado di disillusione prematrimoniale.
(930.3) 83:8.7 L’idealizzazione giovanile del matrimonio non dovrebbe tuttavia essere scoraggiata; questi sogni sono la visualizzazione della meta futura della vita di famiglia. Questo atteggiamento è stimolante ed utile purché non produca un’incapacità a realizzare le necessità pratiche e ordinarie del matrimonio e della susseguente vita familiare.
(930.4) 83:8.8 Gli ideali del matrimonio hanno fatto grandi progressi nei tempi recenti; presso alcuni popoli la donna gode praticamente gli uguali diritti del suo consorte. Almeno concettualmente la famiglia sta diventando una leale associazione per allevare dei figli, accompagnata dalla fedeltà sessuale. Ma anche questa versione più recente del matrimonio non deve pretendere di arrivare al punto estremo di conferire un monopolio reciproco di tutta la personalità e di tutta l’individualità. Il matrimonio non è semplicemente un ideale individualistico; è l’associazione sociale in evoluzione di un uomo e di una donna, esistente e funzionante sotto i correnti costumi, limitato dai tabù e sostenuto dalle leggi e dai regolamenti della società.
(930.5) 83:8.9 I matrimoni del ventesimo secolo sono ad un livello elevato a paragone di quelli delle ere passate, nonostante che l’istituzione della famiglia sia ora messa a dura prova a causa dei problemi imposti così improvvisamente all’organizzazione sociale dall’aumento repentino delle libertà della donna, diritti così a lungo ad essa negati nella lenta evoluzione dei costumi delle generazioni passate.
(930.6) 83:8.10 [Presentato dal Capo dei Serafini stazionati su Urantia.]
(931.1) 84:0.1 LA necessità materiale ha fondato il matrimonio, l’appetito sessuale l’ha abbellito, la religione l’ha sancito ed esaltato, lo Stato l’ha richiesto e regolamentato, mentre in tempi più recenti l’amore in evoluzione comincia a giustificare e a glorificare il matrimonio come l’antenato ed il creatore dell’istituzione più utile e più sublime della civiltà, la famiglia. E l’edificazione della famiglia dovrebbe essere il centro e l’essenza di tutti gli sforzi educativi.
(931.2) 84:0.2 L’accoppiamento è puramente un atto di autoperpetuazione associato a differenti gradi di autogratificazione; il matrimonio, l’edificazione di una famiglia, è in larga parte una questione di autopreservazione ed implica l’evoluzione della società. La società stessa è la struttura assemblata di unità familiari. Gli individui sono del tutto temporanei come fattori planetari — solo le famiglie sono fattori di continuità nell’evoluzione sociale. La famiglia è il canale attraverso il quale il fiume della cultura e della conoscenza scorre da una generazione all’altra.
(931.3) 84:0.3 La famiglia è fondamentalmente un’istituzione sociologica. Il matrimonio è sorto dalla cooperazione per il proprio sostentamento e dall’associazione per l’autoperpetuazione; l’elemento di soddisfazione personale è stato largamente incidentale. Tuttavia la famiglia abbraccia tutte e tre le funzioni essenziali dell’esistenza umana, mentre la propagazione della vita ne fa l’istituzione umana fondamentale, ed il sesso la distingue da tutte le altre attività sociali.
(931.4) 84:1.1 Il matrimonio non è stato fondato sulle relazioni sessuali; esse furono incidentali ad esso. Il matrimonio non era necessario all’uomo primitivo, il quale soddisfava liberamente il suo appetito sessuale senza addossarsi le responsabilità di moglie, figli e famiglia.
(931.5) 84:1.2 La donna, a causa dell’attaccamento fisico e sentimentale ai propri figli, dipende dalla cooperazione dell’uomo, e ciò la spinge a cercare il rifugio protettore del matrimonio. Ma nessun bisogno biologico diretto indusse l’uomo al matrimonio — ed ancor meno ve lo trattenne. Non fu l’amore che rese il matrimonio attraente per l’uomo, ma la fame che attirò inizialmente l’uomo selvaggio verso la donna e verso il ricovero primitivo che essa divideva con i suoi figli.
(931.6) 84:1.3 Il matrimonio non fu nemmeno causato dalla presa di coscienza degli obblighi risultanti dalle relazioni sessuali. L’uomo primitivo non comprendeva la connessione tra l’appagamento sessuale e la nascita successiva di un bambino. Una volta era credenza universale che una vergine potesse rimanere incinta. Il selvaggio concepì molto presto l’idea che i bambini fossero concepiti nel paese degli spiriti; che la gravidanza fosse il risultato della penetrazione di una donna da parte di uno spirito, di un fantasma in evoluzione. Si credeva anche che il regime alimentare ed il malocchio potessero causare una gravidanza in una vergine o in una donna non sposata, mentre le credenze successive collegarono gli inizi della vita al respiro e alla luce del sole.
(932.1) 84:1.4 Molti popoli primitivi associavano i fantasmi al mare; perciò alle vergini fu molto limitata la pratica del bagno; le giovani avevano molta più paura di bagnarsi nel mare con l’alta marea che di avere relazioni sessuali. I bambini deformi o prematuri erano considerati come piccoli di animali che avevano trovato il modo di entrare nel corpo di una donna a seguito di bagni imprudenti o di attività malevole degli spiriti. I selvaggi, beninteso, non davano alcuna importanza al fatto di strangolare questi bambini alla loro nascita.
(932.2) 84:1.5 Il primo passo chiarificatore venne con la credenza che i rapporti sessuali aprissero al fantasma fecondatore la via per entrare nella donna. Da allora l’uomo ha scoperto che il padre e la madre contribuiscono in eguale misura ai fattori ereditari viventi che danno inizio alla discendenza. Ma anche nel ventesimo secolo molti genitori cercano ancora di tenere i loro figli in una maggiore o minore ignoranza circa l’origine della vita umana.
(932.3) 84:1.6 Un tipo semplice di famiglia fu assicurato dal fatto che la funzione riproduttiva comporta la relazione madre-figlio. L’amore materno è istintivo; esso non ebbe origine dai costumi come il matrimonio. L’amore materno di tutti i mammiferi è il dono innato degli spiriti aiutanti della mente dell’universo locale ed è per intensità e devozione sempre direttamente proporzionale alla durata dell’infanzia inerme delle specie.
(932.4) 84:1.7 La relazione tra madre e figlio è naturale, forte ed istintiva, e costrinse perciò le donne primitive a sottomettersi a molte condizioni particolari ed a subire prove indicibili. Tale irresistibile amore materno è il sentimento condizionante che ha da sempre posto la donna in condizione di enorme svantaggio in tutte le sue lotte con l’uomo. Malgrado ciò, l’istinto materno nella specie umana non è prevalente; esso può essere contrastato dall’ambizione, dall’egoismo e dalle convinzioni religiose.
(932.5) 84:1.8 Anche se l’associazione madre-figlio non è né il matrimonio né la famiglia, essa fu il nucleo dal quale si svilupparono entrambi. Il grande progresso nell’evoluzione della coppia si ebbe quando queste unioni temporanee durarono abbastanza a lungo da allevare la prole che ne risultava, perché fu questo che creò la famiglia.
(932.6) 84:1.9 Indipendentemente dagli antagonismi tra queste coppie primitive, nonostante la precarietà della loro unione, le possibilità di sopravvivenza furono grandemente accresciute da tali associazioni di un maschio e di una femmina. Un uomo e una donna che cooperano, anche al di fuori della famiglia e della discendenza, sono immensamente superiori nella maggior parte delle loro azioni a due uomini o a due donne. Questo accoppiamento dei sessi accrebbe la sopravvivenza e fu il vero inizio della società umana. La divisione del lavoro tra i sessi portò anche benessere e maggiore felicità.
(932.7) 84:2.1 L’emorragia periodica della donna e la sua ulteriore perdita di sangue al momento del parto fecero pensare inizialmente che il sangue fosse il creatore del figlio (ed anche la sede dell’anima) e diedero origine al concetto del legame di sangue nelle relazioni umane. Nei tempi primitivi tutta la discendenza era enumerata secondo la linea femminile, che era la sola parte di eredità ad essere del tutto certa.
(932.8) 84:2.2 La famiglia primitiva, avendo origine dal legame di sangue biologico istintivo tra madre e figlio, era inevitabilmente un matriarcato; e numerose tribù conservarono a lungo questo assetto. Il matriarcato era la sola transizione possibile dallo stadio del matrimonio collettivo dell’orda alla successiva e migliorata vita di famiglia del patriarcato poligamo e monogamo. Il matriarcato era naturale e biologico; il patriarcato è sociale, economico e politico. La persistenza del matriarcato tra gli uomini rossi dell’America del Nord è una delle principali ragioni per le quali gli Irochesi, altrimenti progressivi, non divennero mai un vero Stato.
(933.1) 84:2.3 Sotto i costumi matriarcali la madre della moglie godeva nella famiglia di un’autorità praticamente suprema; anche i fratelli della moglie ed i loro figli avevano un ruolo maggiore nella supervisione della famiglia rispetto al marito. I padri ricevevano spesso un nuovo nome derivato da quello dei loro stessi figli.
(933.2) 84:2.4 Le razze più primitive attribuivano poco credito al padre, considerando il figlio come interamente proveniente dalla madre. Esse credevano che i figli assomigliassero al padre a seguito dell’unione, o che fossero “segnati” in questo modo perché la madre desiderava che assomigliassero al padre. Più tardi, quando si passò dal matriarcato al patriarcato, il padre acquisì tutto il credito per il figlio, e molti tabù sulla donna incinta furono successivamente estesi per includervi suo marito. Il futuro padre cessava di lavorare all’avvicinarsi del momento del parto, e dopo il parto si metteva a letto assieme alla moglie, rimanendo a riposo da tre ad otto giorni. La moglie poteva alzarsi il giorno seguente e dedicarsi a duri lavori, ma il marito rimaneva a letto per ricevere le congratulazioni; tutto ciò faceva parte dei costumi primitivi destinati a stabilire il diritto del padre sul figlio.
(933.3) 84:2.5 All’inizio era costume che l’uomo andasse a vivere con la gente di sua moglie, ma in tempi successivi, dopo che un uomo aveva pagato in denaro o in lavoro il prezzo della sposa, poteva riportare sua moglie ed i suoi figli presso la sua gente. La transizione dal matriarcato al patriarcato spiega le proibizioni, altrimenti prive di senso, di certi tipi di matrimonio tra cugini, mentre altri di uguale grado di parentela erano ammessi.
(933.4) 84:2.6 Con la scomparsa dei costumi sulla caccia, quando l’allevamento diede all’uomo il controllo della principale fonte di nutrimento, il matriarcato giunse rapidamente alla fine. Esso venne meno semplicemente perché non poteva competere con successo con la forma più nuova del patriarcato. Il potere detenuto dai parenti maschi della madre non poteva competere con il potere concentrato nel marito-padre. La donna non era all’altezza dei compiti congiunti di mettere al mondo figli ed esercitare una continua autorità ed un crescente potere domestico. La pratica del ratto della moglie e più tardi dell’acquisto della moglie affrettarono la scomparsa del matriarcato.
(933.5) 84:2.7 Lo stupefacente passaggio dal matriarcato al patriarcato è uno dei voltafaccia di aggiustamento più radicali e completi mai effettuati dalla razza umana. Questo cambiamento portò immediatamente ad una maggiore espressione sociale e ad un accresciuto spirito d’avventura familiare.
(933.6) 84:3.1 Può darsi che l’istinto della maternità abbia condotto la donna al matrimonio, ma fu la forza superiore dell’uomo, unita all’influenza dei costumi, che la obbligò praticamente a rimanere nello stato coniugale. La vita pastorale ebbe tendenza a creare un nuovo sistema di costumi, il tipo patriarcale di vita familiare; e la base dell’unità familiare sotto i costumi dell’allevamento e dell’agricoltura primitiva era l’autorità indiscussa ed arbitraria del padre. Tutta la società, sia nazionale che familiare, passò per lo stadio dell’autorità autocratica di ordine patriarcale.
(934.1) 84:3.2 La scarsa gentilezza usata verso le donne durante l’era dell’Antico Testamento è un vero riflesso dei costumi dei mandriani. I patriarchi ebrei erano tutti mandriani, com’è testimoniato dalla frase: “Il Signore è il mio Pastore.”
(934.2) 84:3.3 Ma non era tanto l’uomo da biasimare per la sua bassa stima della donna durante le ere passate, quanto la donna stessa. Essa non riuscì ad ottenere il riconoscimento sociale nel corso dei tempi primitivi perché in caso di necessità non agiva; non era un’eroina spettacolare o da momenti di crisi. La maternità era un netto svantaggio nella lotta per l’esistenza; l’amore materno condizionava le donne nella difesa della tribù.
(934.3) 84:3.4 Le donne primitive crearono involontariamente anche la loro dipendenza dal maschio con la loro ammirazione ed il loro plauso per la sua combattività e virilità. Questa esaltazione del guerriero elevò l’ego maschile, mentre depresse altrettanto quello della femmina e la rese più dipendente; un’uniforme militare suscita potentemente ancor oggi le emozioni femminili.
(934.4) 84:3.5 Tra le razze più evolute le donne non sono così importanti e forti quanto gli uomini. La donna, essendo più debole, divenne perciò più avveduta; imparò presto a profittare della sua attrattiva sessuale. Essa divenne più accorta e conservatrice dell’uomo, benché un po’ meno profonda. L’uomo era superiore alla donna sul campo di battaglia e nella caccia, ma in famiglia la donna ha generalmente superato in strategia anche il più primitivo degli uomini.
(934.5) 84:3.6 I pastori contavano sulle loro mandrie per sostentarsi, ma durante queste ere pastorali la donna doveva ancora provvedere al cibo vegetale. L’uomo primitivo rifuggiva dal lavoro della terra, che era troppo pacifico, troppo privo di avventure. Esisteva anche un’antica superstizione secondo la quale le donne facevano crescere meglio le piante; esse erano delle madri. In molte tribù arretrate di oggi gli uomini cuociono la carne, le donne le verdure, e quando le tribù primitive dell’Australia sono in marcia, le donne non attaccano mai la selvaggina, mentre un uomo non si fermerebbe mai ad estrarre una radice.
(934.6) 84:3.7 La donna ha sempre dovuto lavorare; almeno fino ai tempi moderni la femmina è stata una vera produttrice. L’uomo ha scelto di solito la via più facile e questa disuguaglianza è esistita per tutta la storia della razza umana. La donna è sempre stata la portatrice di fardelli, trasportando i beni della famiglia ed occupandosi dei figli, lasciando così le mani libere all’uomo per battersi o per cacciare.
(934.7) 84:3.8 La prima liberazione della donna giunse quando l’uomo acconsentì a lavorare la terra, accettò di fare ciò che era stato fino ad allora considerato il lavoro della donna. Fu un grande passo avanti quando i prigionieri maschi non furono più uccisi ma tenuti schiavi come agricoltori. Ciò portò alla liberazione della donna in modo che poté dedicare più tempo alla cura della famiglia e all’educazione dei figli.
(934.8) 84:3.9 L’approvvigionamento di latte per i piccoli permise lo svezzamento precoce dei bambini e consentì alle madri di avere più figli, esentandole così dai loro periodi d’infecondità temporanea, mentre l’impiego del latte di mucca e del latte di capra ridusse considerevolmente la mortalità infantile. Prima dello stadio sociale dell’allevamento le madri avevano l’abitudine di allattare i loro bambini fino all’età di quattro o cinque anni.
(934.9) 84:3.10 La diminuzione delle guerre primitive ridusse grandemente la disparità nella divisione del lavoro basata sul sesso. Ma il vero lavoro spettava ancora alle donne mentre gli uomini svolgevano compiti di sentinella. Nessun accampamento o villaggio poteva essere lasciato indifeso di giorno o di notte, ma anche questo compito fu alleggerito dall’addomesticamento del cane. In generale la comparsa dell’agricoltura ha innalzato il prestigio e la condizione sociale della donna; questo fu almeno vero fino al momento in cui l’uomo divenne lui stesso agricoltore. Ed appena l’uomo si dedicò lui stesso alla coltivazione della terra, né seguì immediatamente un grande miglioramento nei metodi agricoli, che proseguì nel corso delle generazioni successive. Nella caccia ed in guerra l’uomo aveva appreso il valore dell’organizzazione ed introdusse queste tecniche nell’industria e più tardi, quando si caricò di molti lavori svolti in precedenza dalla donna, migliorò grandemente i suoi metodi di lavoro approssimativi.
(935.1) 84:4.1 Parlando in generale, durante una qualunque epoca la condizione della donna è un’indicazione equa del progresso evoluzionario del matrimonio come istituzione sociale, mentre il progresso del matrimonio stesso è un indice abbastanza esatto dell’avanzamento della civiltà umana.
(935.2) 84:4.2 La condizione della donna è sempre stata un paradosso sociale; essa è sempre stata una scaltra manovratrice degli uomini; ha sempre capitalizzato il bisogno sessuale più imperioso dell’uomo per i propri interessi e per il proprio avanzamento. Facendo abilmente valere la sua attrattiva sessuale essa è stata spesso capace di esercitare un potere dominante sull’uomo, anche quando questi la teneva in una schiavitù abbietta.
(935.3) 84:4.3 La donna primitiva non era per l’uomo un’amica, un’amorosa, un’amante e una compagna, ma piuttosto un oggetto di proprietà, una serva o una schiava e più tardi un’associata economica, un giocattolo e una generatrice di figli. Tuttavia, dei rapporti sessuali appropriati e soddisfacenti hanno sempre comportato l’elemento di scelta e di cooperazione da parte della donna, e ciò è sempre valso alle donne intelligenti un’influenza considerevole sulla loro situazione immediata e personale, indipendentemente dalla loro posizione sociale come sesso. Ma la sfiducia ed il sospetto dell’uomo non furono dissipati dal fatto che le donne fossero costantemente obbligate a ricorrere alla scaltrezza nello sforzo di alleviare la loro schiavitù.
(935.4) 84:4.4 I sessi hanno avuto grandi difficoltà a comprendersi l’un l’altro. L’uomo ha trovato difficile comprendere la donna, considerandola con una strana mescolanza di diffidenza ignorante e di fascino timoroso, se non con sospetto e disprezzo. Molte tradizioni tribali e razziali fanno risalire i guai ad Eva, a Pandora o a qualche altra rappresentante del sesso femminile. Questi racconti furono sempre deformati in modo da far apparire che la donna portava danno all’uomo; e tutto ciò indica che la mancanza di fiducia nei confronti della donna fu un tempo universale. Tra le ragioni citate a favore di un sacerdozio celibe, la principale fu la bassezza morale della donna. Il fatto che la maggior parte delle presunte streghe fossero donne non migliorò l’antica reputazione del sesso.
(935.5) 84:4.5 Gli uomini hanno considerato a lungo le donne come bizzarre, ed anche anormali. Essi hanno anche creduto che le donne non avessero anima; perciò hanno negato loro il nome. Durante i tempi primitivi si aveva molta paura del primo rapporto sessuale con la donna; per questo divenne usanza che un sacerdote avesse un rapporto iniziale con una vergine. Anche l’ombra di una donna era ritenuta pericolosa.
(935.6) 84:4.6 Un tempo si riteneva generalmente che la gravidanza rendesse una donna pericolosa ed impura. Molti costumi tribali stabilivano che una madre dovesse sottoporsi a lunghe cerimonie di purificazione dopo la nascita di un figlio. Eccetto che tra i gruppi in cui il marito partecipava al parto, la madre in attesa era evitata, lasciata sola. Gli antichi evitavano anche che un figlio nascesse in casa. Alla fine le donne anziane furono autorizzate ad assistere la madre durante il travaglio del parto e questa pratica diede origine alla professione di levatrice. Durante il travaglio si dicevano e si facevano molte cose sciocche nello sforzo di facilitare il parto. Era usanza aspergere il neonato con acqua benedetta per impedire l’ingerenza dei fantasmi.
(935.7) 84:4.7 Tra le tribù non miste il parto era relativamente agevole, perché necessitava solo di due o tre ore; è invece raramente così facile tra le razze miste. Se una donna moriva di parto, specialmente durante il parto di gemelli, si credeva che fosse stata colpevole di adulterio con uno spirito. Più tardi le tribù superiori considerarono la morte per parto come volontà del cielo; si considerava che queste madri fossero morte per una nobile causa.
(936.1) 84:4.8 La cosiddetta modestia delle donne riguardo al loro abbigliamento e all’esposizione del corpo ebbe origine dalla paura mortale di essere osservate durante il periodo mestruale. Essere scoperte in tale stato era un grave peccato, la violazione di un tabù. Sotto i costumi dei tempi antichi ogni donna, dall’adolescenza alla menopausa, era soggetta alla completa quarantena familiare e sociale per un’intera settimana al mese. Ogni cosa che aveva toccato, su cui si era seduta o coricata, era “contaminata”. Fu a lungo costume colpire brutalmente una giovane dopo ogni periodo mestruale nel tentativo di cacciare dal suo corpo lo spirito cattivo. Ma quando una donna raggiungeva la menopausa, era generalmente trattata con più considerazione e le erano accordati maggiori diritti e privilegi. A causa di tutto ciò non c’era da stupirsi che le donne fossero trattate con disprezzo. Anche i Greci consideravano la donna mestruata come una delle tre grandi cause di contaminazione; le altre due erano la carne suina e l’aglio.
(936.2) 84:4.9 Per quanto sciocche fossero queste antiche nozioni, fecero del bene poiché consentirono alle femmine oberate di lavoro, almeno mentre erano giovani, una settimana al mese di gradito riposo e di proficua meditazione. In tal modo esse potevano aguzzare la loro intelligenza riguardo alla condotta con i loro associati maschi per il resto del tempo. Questa quarantena delle donne protesse anche gli uomini dagli eccessi sessuali, contribuendo così indirettamente alla limitazione della popolazione e all’aumento dell’autocontrollo.
(936.3) 84:4.10 Un grande progresso fu fatto quando fu negato ad un uomo il diritto di uccidere la moglie a sua volontà. Similmente fu un passo avanti quando una donna poté possedere i doni di nozze. Più tardi essa acquisì il diritto legale di possedere dei beni, di controllarli e anche di disporne, ma fu a lungo privata del diritto di avere una carica nella Chiesa o nello Stato. Fino al ventesimo secolo dopo Cristo, ed anche durante tale secolo, la donna è sempre stata trattata più o meno come una proprietà. Essa non ha ancora acquisito una libertà a livello mondiale dal controllo dell’uomo. Anche tra i popoli evoluti il tentativo dell’uomo di proteggere la donna è sempre stato una tacita affermazione di superiorità.
(936.4) 84:4.11 Ma le donne primitive non piangevano su se stesse come le loro sorelle liberate più di recente sono avvezze a fare. Esse erano, dopotutto, abbastanza felici e contente; non osavano immaginare una forma d’esistenza migliore o differente.
(936.5) 84:5.1 Nell’autoperpetuazione la donna è uguale all’uomo, ma nell’associazione per l’automantenimento essa lavora con un netto svantaggio, e questo handicap della maternità forzata può essere compensato solo dai costumi illuminati di una civiltà in progresso e dal crescente senso di equità da parte dell’uomo.
(936.6) 84:5.2 Via via che la società si evolvé, i criteri sessuali si elevarono tra le donne perché esse soffrirono maggiormente le conseguenze della trasgressione dei costumi sessuali. I criteri sessuali dell’uomo migliorarono solo tardivamente come conseguenza del semplice senso di questa equità richiesta dalla civiltà. La natura non conosce equità — essa fa soffrire solo alla donna le doglie del parto.
(936.7) 84:5.3 L’idea moderna dell’uguaglianza dei sessi è bella e degna di una civiltà in espansione, ma non si trova in natura. Quando la forza è diritto, l’uomo spadroneggia sulla donna; quando maggiore giustizia, pace ed equità prevalgono, la donna emerge gradualmente dalla schiavitù e dall’oscurità. La posizione sociale della donna è generalmente variata inversamente al grado di militarismo di ciascuna nazione ed epoca.
(937.1) 84:5.4 Ma l’uomo non si è né coscientemente né intenzionalmente impadronito dei diritti della donna per poi restituirglieli gradualmente e con riluttanza; tutto ciò fu un episodio involontario e non calcolato dell’evoluzione sociale. Quando giunse veramente il momento per la donna di godere di diritti addizionali, essa li ottenne e del tutto indipendentemente dal comportamento cosciente dell’uomo. Lentamente ma sicuramente i costumi cambiano al fine di assicurare quegli aggiustamenti sociali che fanno parte dell’evoluzione continua della civiltà. I costumi in progresso hanno lentamente procurato alle donne un trattamento costantemente migliore; le tribù che persisterono nella crudeltà verso di loro non sopravvissero.
(937.2) 84:5.5 Gli Adamiti e i Noditi accordarono alle donne un maggior riconoscimento, ed i gruppi che furono influenzati dagli Anditi in migrazione ebbero tendenza ad essere influenzati dagli insegnamenti edenici concernenti la posizione delle donne nella società.
(937.3) 84:5.6 I Cinesi primitivi ed i Greci trattarono le donne meglio della maggior parte dei popoli circostanti. Ma gli Ebrei erano estremamente malfidenti verso di loro. In occidente la donna ha avuto un’ascesa difficile sotto le dottrine di Paolo che furono annesse al Cristianesimo, anche se il Cristianesimo fece progredire i costumi imponendo degli obblighi sessuali più severi all’uomo. La condizione delle donne è poco meno che disperata sotto l’avvilimento particolare in cui sono tenute nell’Islamismo, e sono trattate ancora peggio sotto gli insegnamenti di parecchie altre religioni orientali.
(937.4) 84:5.7 La scienza, non la religione, emancipò realmente la donna; fu la fabbrica moderna che la liberò in larga misura dai confini della casa. Le capacità fisiche dell’uomo non furono più una necessità nel nuovo meccanismo del mantenimento; la scienza mutò le condizioni di vita in modo tale che il potere dell’uomo non fu più così superiore al potere della donna.
(937.5) 84:5.8 Questi cambiamenti ebbero la tendenza a liberare la donna dalla schiavitù domestica e portarono una tale modificazione della sua condizione che ora essa gode di un grado di libertà personale e di decisione sessuale praticamente uguale a quello dell’uomo. Una volta il valore di una donna consisteva nella sua capacità di procurare cibo, ma le invenzioni e la ricchezza le hanno consentito di creare un nuovo mondo in cui operare — le sfere della grazia e del fascino. In tal modo l’industria ha vinto la sua battaglia inconsapevole e non intenzionale per l’emancipazione sociale ed economica della donna. E di nuovo l’evoluzione è riuscita a fare quello che la rivelazione stessa non era riuscita a compiere.
(937.6) 84:5.9 La reazione dei popoli illuminati contro i costumi ingiusti che determinano la posizione della donna nella società ha veramente oscillato come un pendolo tra le sue estremità. Nelle razze industrializzate essa ha ottenuto quasi tutti i diritti ed è stata esentata da molti obblighi, quali il servizio militare. Ogni attenuazione nella lotta per l’esistenza è tornata a vantaggio della liberazione della donna, ed essa ha beneficiato direttamente di ogni progresso verso la monogamia. Il più debole acquisisce sempre vantaggi sproporzionati in ogni aggiustamento dei costumi nell’evoluzione progressiva della società.
(937.7) 84:5.10 Negli ideali del matrimonio di coppia la donna ha finalmente ottenuto riconoscimento, dignità, indipendenza, uguaglianza ed istruzione; ma essa si dimostrerà degna di questo risultato nuovo e senza precedenti? La donna moderna risponderà a questa grande conquista della liberazione sociale con pigrizia, indifferenza, apatia ed infedeltà? Oggi, nel ventesimo secolo, la donna è sottoposta alla prova decisiva della sua lunga esistenza nel mondo!
(938.1) 84:5.11 La donna partecipa quanto l’uomo alla riproduzione della razza e svolge quindi un ruolo altrettanto importante nello sviluppo dell’evoluzione razziale. Per questo l’evoluzione ha operato sempre di più verso la realizzazione dei diritti delle donne. Ma i diritti delle donne non sono affatto i diritti degli uomini. La donna non può trarre vantaggi dai diritti dell’uomo, come l’uomo non può prosperare sui diritti della donna.
(938.2) 84:5.12 Ogni sesso ha la propria distinta sfera d’esistenza, con i propri diritti nell’ambito di questa sfera. Se la donna aspira letteralmente a godere di tutti i diritti dell’uomo, allora presto o tardi una concorrenza spietata e crudele rimpiazzerà certamente lo spirito cavalleresco e la considerazione speciale di cui godono attualmente molte donne, e che esse hanno ottenuto così recentemente dagli uomini.
(938.3) 84:5.13 La civiltà non potrà mai eliminare l’abisso di comportamento tra i sessi. I costumi cambiano di era in era, ma l’istinto mai. L’affetto materno innato non permetterà mai alla donna emancipata di rivaleggiare seriamente con l’uomo nell’industria. Ogni sesso resterà per sempre supremo nel proprio dominio, che è determinato dalla differenziazione biologica e dalla diversità mentale.
(938.4) 84:5.14 Ciascun sesso avrà sempre la propria sfera speciale, anche se le due sfere di tanto in tanto si accavalleranno. Solo socialmente gli uomini e le donne competeranno in condizioni uguali.
(938.5) 84:6.1 L’impulso alla riproduzione unisce infallibilmente gli uomini e le donne per la loro perpetuazione, ma da solo non assicura che resteranno uniti in mutua cooperazione — la fondazione di una famiglia.
(938.6) 84:6.2 Ogni istituzione umana coronata da successo ingloba degli antagonismi d’interesse personale che sono stati composti per un armonioso lavoro pratico, e la creazione della famiglia non fa eccezione. Il matrimonio, la base dell’edificazione di una famiglia, è la più alta manifestazione di quella cooperazione antagonistica che caratterizza così spesso i contatti tra la natura e la società. Il conflitto è inevitabile. L’accoppiamento è innato; è naturale. Ma il matrimonio non è biologico; è sociologico. La passione assicura che l’uomo e la donna si congiungeranno, ma sono il più tenue istinto di genitori ed i costumi sociali che li mantengono uniti.
(938.7) 84:6.3 Il maschio e la femmina, considerati nella pratica, sono due varietà distinte della stessa specie che vivono in stretta ed intima associazione. I loro punti di vista e tutte le loro reazioni vitali sono essenzialmente differenti; essi sono del tutto incapaci di comprendersi pienamente e realmente l’uno con l’altra. La comprensione completa tra i sessi non è raggiungibile.
(938.8) 84:6.4 Le donne sembrano avere più intuito degli uomini, ma sembrano anche essere un po’ meno logiche. La donna, tuttavia, è sempre stata l’alfiere morale e la guida spirituale dell’umanità. La mano che fa dondolare la culla fraternizza ancora oggi con il destino.
(938.9) 84:6.5 Le differenze di natura, di reazione, di punti di vista e di pensiero tra gli uomini e le donne, invece che causare preoccupazioni, dovrebbero essere considerate altamente benefiche per l’umanità, sia individualmente che collettivamente. Molti ordini di creature dell’universo sono creati in una duplice fase di manifestazione della personalità. Tra i mortali, i Figli Materiali ed i midsonitari, questa differenza è descritta come maschio e femmina; tra i serafini, i cherubini ed i Compagni Morontiali è stata denominata positivo o dinamico e negativo o riservato. Queste associazioni duali moltiplicano grandemente la versatilità ed oltrepassano i limiti innati, così come fanno certe associazioni trine nel sistema Paradiso-Havona.
(939.1) 84:6.6 Gli uomini e le donne hanno bisogno gli uni delle altre nella loro carriera morontiale e spirituale così come in quella mortale. Le differenze dei punti di vista tra il maschio e la femmina persistono anche oltre la prima vita e per tutta l’ascensione dell’universo locale e del superuniverso. Ed anche in Havona i pellegrini che furono un tempo uomini e donne si aiuteranno ancora gli uni con gli altri nell’ascensione al Paradiso. Mai, nemmeno nel Corpo della Finalità, la metamorfosi della creatura arriverà al punto da cancellare le tendenze della personalità che gli uomini chiamano maschile e femminile. Queste due varietà fondamentali dell’umanità continueranno sempre ad incuriosirsi, a stimolarsi, ad incoraggiarsi e ad aiutarsi vicendevolmente; esse dipenderanno sempre dalla mutua cooperazione nella soluzione degli sconcertanti problemi dell’universo e nel superamento delle molteplici difficoltà cosmiche.
(939.2) 84:6.7 Anche se i sessi non potranno mai sperare di comprendersi pienamente l’un l’altro, sono in effetti complementari, e benché la cooperazione sia spesso più o meno antagonistica, è capace di mantenere e di riprodurre la società. Il matrimonio è un’istituzione destinata a comporre le differenze di sesso, attuando nel contempo la continuità della civiltà ed assicurando la riproduzione della razza.
(939.3) 84:6.8 Il matrimonio è la madre di tutte le istituzioni umane, perché conduce direttamente alla fondazione e al mantenimento della famiglia, che è la base strutturale della società. La famiglia è essenzialmente legata al meccanismo dell’autopreservazione; essa è la sola speranza di perpetuare la razza sotto i costumi della civiltà, mentre allo stesso tempo procura molto efficacemente certe forme altamente soddisfacenti di autogratificazione. La famiglia è il più gran compimento puramente umano dell’uomo, combinando l’evoluzione delle relazioni biologiche tra maschio e femmina con le relazioni sociali tra marito e moglie.
(939.4) 84:7.1 L’unione sessuale è istintiva, i figli ne sono il risultato naturale, e la famiglia viene così automaticamente all’esistenza. Come sono le famiglie della razza o della nazione, così è la sua società. Se le famiglie sono buone, la società è anch’essa buona. La grande stabilità culturale dei popoli ebreo e cinese risiede nella forza dei loro gruppi familiari.
(939.5) 84:7.2 L’istinto della donna di amare e di curare i figli ha contribuito a farne la compagna interessata a promuovere il matrimonio e la vita di famiglia primitiva. L’uomo fu forzato alla formazione della famiglia solo dalla pressione dei costumi successivi e dalle convenzioni sociali. Egli fu lento a prendere interesse per l’istituzione del matrimonio e della famiglia perché l’atto sessuale non comporta per lui alcuna conseguenza biologica.
(939.6) 84:7.3 L’associazione sessuale è naturale, ma il matrimonio è sociale ed è sempre stato regolato dai costumi. I costumi (religiosi, morali ed etici), così come la proprietà, l’orgoglio e le qualità cavalleresche, stabilizzano le istituzioni del matrimonio e della famiglia. Ogni volta che i costumi fluttuano, c’è una fluttuazione nella stabilità dell’istituzione matrimonio-famiglia. Il matrimonio sta ora uscendo dallo stadio della proprietà per passare all’era dell’atto personale. In precedenza l’uomo proteggeva la donna perché era il suo bene principale, ed essa obbediva per la stessa ragione. Indipendentemente dai suoi meriti questo sistema assicurava stabilità. Attualmente la donna non è più considerata come una proprietà, e nuovi costumi stanno emergendo per dare stabilità all’istituzione matrimonio-famiglia, quali:
(939.7) 84:7.4 1. Il nuovo ruolo della religione — l’insegnamento che l’esperienza di genitori è essenziale, l’idea di procreare cittadini cosmici, la comprensione ampliata del privilegio della procreazione — dare figli al Padre.
(940.1) 84:7.5 2. Il nuovo ruolo della scienza — la procreazione sta divenendo sempre più volontaria, più soggetta al controllo dell’uomo. Nei tempi antichi la mancanza d’informazione assicurava l’arrivo di figli in assenza di ogni desiderio di averne.
(940.2) 84:7.6 3. La nuova funzione delle attrazioni del piacere — ciò introduce un nuovo fattore nella sopravvivenza della razza; l’uomo antico abbandonava i figli indesiderati alla morte, i moderni rifiutano di metterli al mondo.
(940.3) 84:7.7 4. L’aumento dell’istinto di genitori. Ogni generazione tende ora ad eliminare dalla corrente riproduttiva della razza quegli individui nei quali l’istinto di genitore non è sufficientemente forte da assicurare la procreazione di figli, i possibili genitori della generazione seguente.
(940.4) 84:7.8 Ma la famiglia come istituzione, come associazione tra un solo uomo ed una sola donna, data più specificamente dai tempi di Dalamatia, circa mezzo milione di anni fa. Le abitudini monogamiche di Andon e dei suoi discendenti diretti erano state abbandonate molto tempo prima. La vita di famiglia, tuttavia, non fu tale da esserne orgogliosi prima dell’epoca dei Noditi e dei successivi Adamiti. Adamo ed Eva esercitarono un’influenza permanente su tutta l’umanità; per la prima volta nella storia del mondo uomini e donne furono visti lavorare fianco a fianco nel Giardino. L’ideale edenico, una famiglia intera di giardinieri, era un’idea nuova su Urantia.
(940.5) 84:7.9 La famiglia primitiva inglobava un gruppo di lavoro ad essa relazionato, inclusi gli schiavi, e vivevano tutti in un’unica abitazione. Non sempre il matrimonio è stato identificato con la vita di famiglia, ma è stato per necessità strettamente associato ad essa. La donna ha sempre desiderato una famiglia individuale ed ha finito per ottenerla.
(940.6) 84:7.10 L’amore per i figli è quasi universale ed ha un preciso valore di sopravvivenza. Gli antichi sacrificavano sempre gli interessi della madre al benessere del figlio; una madre eschimese lecca ancora oggi il suo bambino invece di lavarlo. Ma le madri primitive nutrivano e curavano i loro figli solo quando erano molto piccoli; alla stregua degli animali, esse li allontanavano appena erano cresciuti. Le associazioni umane durature e continue non sono mai state fondate sul solo affetto biologico. Gli animali amano i loro piccoli; l’uomo — l’uomo civilizzato — ama i figli dei suoi figli. Più elevata è la civiltà, più grande è la gioia dei genitori per il progresso e la riuscita dei figli; in tal modo nasce la nuova e più elevata comprensione dell’orgoglio del nome.
(940.7) 84:7.11 Le grandi famiglie tra i popoli antichi non risultavano necessariamente dall’affetto. Molti figli erano desiderati perché:
(940.8) 84:7.12 1. Erano preziosi come lavoratori.
(940.9) 84:7.13 2. Erano un’assicurazione per la vecchiaia.
(940.10) 84:7.14 3. Le figlie si potevano vendere.
(940.11) 84:7.15 4. L’orgoglio di famiglia esigeva l’estensione del nome.
(940.12) 84:7.16 5. I figli portavano protezione e difesa.
(940.13) 84:7.17 6. La paura dei fantasmi generava timore della solitudine.
(940.14) 84:7.18 7. Certe religioni richiedevano una progenitura.
(940.15) 84:7.19 I praticanti del culto degli antenati consideravano il non avere figli come la calamità suprema per ogni tempo e per l’eternità. Essi desideravano prima di tutto avere dei figli che officiassero nelle cerimonie successive alla morte, che offrissero i sacrifici richiesti per l’avanzamento del fantasma attraverso il paese degli spiriti.
(941.1) 84:7.20 Tra gli antichi selvaggi la disciplina dei figli veniva iniziata molto presto; il bambino comprendeva subito che la disobbedienza significava insuccesso od anche la morte, esattamente come avveniva per gli animali. La protezione data dalla civiltà al bambino contro le conseguenze naturali di una condotta sciocca è quanto più contribuisce all’insubordinazione moderna.
(941.2) 84:7.21 I figli degli Eschimesi crescono bene con così poca disciplina e correzione semplicemente perché sono piccoli animali naturalmente docili; i figli degli uomini rossi e degli uomini gialli sono quasi altrettanto docili. Ma nelle razze contenenti un’eredità andita i figli non sono così tranquilli; questi giovani più immaginativi ed avventurosi richiedono maggiore educazione e disciplina. I problemi moderni dell’educazione dei figli sono resi sempre più difficili da:
(941.3) 84:7.22 1. Il grado elevato di mescolanza razziale.
(941.4) 84:7.23 2. L’educazione artificiale e superficiale.
(941.5) 84:7.24 3. L’incapacità del figlio di acquisire cultura imitando i genitori — i genitori sono assenti dal quadro familiare per troppo tempo.
(941.6) 84:7.25 Le antiche idee di disciplina familiare erano biologiche, derivate dalla comprensione che i genitori erano i creatori dell’esistenza del figlio. Gli ideali evoluti di vita familiare stanno conducendo al concetto che portare al mondo un figlio, lungi dal conferire certi diritti ai genitori, implica la responsabilità suprema dell’esistenza umana.
(941.7) 84:7.26 La civiltà contempla che i genitori si assumano tutti i doveri e che il figlio abbia tutti i diritti. Il rispetto del figlio per i suoi genitori deriva non dal riconoscimento dell’obbligo insito nella procreazione da parte dei genitori, ma cresce naturalmente come conseguenza della cura, dell’educazione e dell’affetto che sono amorevolmente dispensati per aiutare il bambino a vincere la battaglia della vita. Il vero genitore è impegnato in un continuo ministero di servizio che il figlio accorto finisce per riconoscere ed apprezzare.
(941.8) 84:7.27 Nella presente era industriale ed urbana l’istituzione del matrimonio si sta evolvendo secondo nuovi indirizzi economici. La vita di famiglia è divenuta sempre più onerosa, mentre i figli, che erano un tempo un attivo, sono divenuti un passivo economico. Ma la sicurezza della civiltà stessa riposa ancora sulla propensione crescente di ogni generazione ad investire nel benessere della generazione successiva e di quelle future. Ed ogni tentativo di trasferire la responsabilità dei genitori allo Stato o alla Chiesa si rivelerà fatale per il benessere ed il progresso della civiltà.
(941.9) 84:7.28 Il matrimonio, con i figli e la conseguente vita familiare, stimola i più alti potenziali della natura umana e fornisce allo stesso tempo il canale ideale per l’espressione di questi attributi vivificati della personalità umana. La famiglia assicura la perpetuazione biologica della specie umana. Il focolare domestico è l’arena sociale naturale nella quale l’etica della fratellanza del sangue può essere colta dai figli che crescono. La famiglia è l’unità fondamentale di fraternità nella quale genitori e figli imparano quelle lezioni di pazienza, di altruismo, di tolleranza e di sopportazione che sono così essenziali alla realizzazione della fratellanza tra tutti gli uomini.
(941.10) 84:7.29 La società umana sarebbe grandemente migliorata se le razze civilizzate ritornassero più estesamente alla pratica del consiglio di famiglia degli Anditi. Essi non avevano una forma patriarcale o autocratica di governo familiare. Erano molto fraterni e cooperativi, discutendo liberamente ed apertamente ogni proposta e regola di natura familiare. Essi erano idealmente fraterni in tutte le loro forme di governo familiare. In una famiglia ideale l’affetto filiale e quello dei genitori sono entrambi accresciuti dalla devozione fraterna.
(942.1) 84:7.30 La vita di famiglia è il progenitore della vera moralità, l’antenato della coscienza della fedeltà al dovere. Le associazioni obbligate della vita di famiglia stabilizzano la personalità e stimolano la sua crescita mediante la costrizione del necessario adattamento ad altre personalità diverse. Ma più ancora una vera famiglia — una buona famiglia — rivela ai genitori procreatori l’atteggiamento del Creatore verso i suoi figli, mentre al medesimo tempo questi stessi genitori rappresentano per i loro figli la prima di una lunga serie di rivelazioni ascendenti dell’amore del genitore Paradisiaco di tutti i figli dell’universo.
(942.2) 84:8.1 La grande minaccia contro la vita di famiglia è la pericolosa marea montante dell’autogratificazione, la mania moderna del piacere. Il principale incentivo al matrimonio era un tempo economico; l’attrazione sessuale era secondaria. Il matrimonio fondato sull’autosostentamento portava all’autoperpetuazione e procurava allo stesso tempo una delle forme più desiderabili di autogratificazione. Esso è la sola istituzione della società umana che ingloba i tre grandi incentivi della vita.
(942.3) 84:8.2 In origine la proprietà era l’istituzione fondamentale per l’autosostentamento, mentre il matrimonio funzionava come unica istituzione di autoperpetuazione. Sebbene la soddisfazione alimentare, il gioco e l’umorismo, così come la periodica indulgenza sessuale, fossero dei mezzi di autogratificazione, rimane il fatto che i costumi in evoluzione non sono riusciti a costruire un’istituzione distinta per l’autogratificazione. Ed è a causa di questo fallimento nello sviluppo di tecniche specializzate di godimento piacevole che tutte le istituzioni umane sono così completamente protese verso questa ricerca del piacere. L’accumulo di ricchezze sta diventando uno strumento per accrescere tutte le forme di autogratificazione, mentre il matrimonio è spesso visto solo come un mezzo di piacere. Questa eccessiva indulgenza, questa mania largamente diffusa del piacere, costituiscono ora la più grande minaccia che sia mai stata rivolta verso l’istituzione evoluzionaria sociale della vita familiare, il focolare domestico.
(942.4) 84:8.3 La razza viola ha introdotto nell’esperienza dell’umanità una caratteristica nuova e solo imperfettamente realizzata — l’istinto del gioco unito al senso dell’umorismo. Esisteva in una certa misura nei Sangik e negli Andoniti, ma le stirpi adamiche elevarono questa tendenza primitiva al potenziale di piacere, una forma nuova e glorificata di autogratificazione. Il tipo fondamentale di autogratificazione, eccetto l’appagamento della fame, è la soddisfazione sessuale, e questa forma di piacere sensuale fu enormemente accresciuta dall’unione dei Sangik con gli Anditi.
(942.5) 84:8.4 C’è un pericolo reale nella combinazione d’irrequietezza, curiosità, avventura e abbandono al piacere caratteristica delle razze post-andite. La sete dell’anima non può essere soddisfatta con i piaceri fisici; l’amore per la famiglia ed i figli non viene accresciuto dall’insensata ricerca del piacere. Anche se esaurite le risorse dell’arte, del colore, del suono, del ritmo, della musica e dell’abbigliamento personale, non potete sperare con ciò di elevare l’anima o di nutrire lo spirito. La vanità e la moda non possono aiutare l’edificazione della famiglia e l’educazione dei figli; l’orgoglio e la rivalità non possono elevare le qualità di sopravvivenza delle generazioni successive.
(942.6) 84:8.5 Tutti gli esseri celesti in progressione godono del riposo e del ministero dei direttori di retrospezione. Tutti gli sforzi per ottenere un divertimento sano e per praticare dei giochi che elevano sono salubri; il sonno ristoratore, il riposo, la ricreazione e tutti i passatempi che impediscono la noia della monotonia sono utili. I giochi di competizione, la narrazione di storie ed anche il gusto della buona tavola possono servire da forme di autogratificazione. (Quando impiegate il sale per insaporire il cibo, soffermatevi a considerare che per quasi un milione di anni l’uomo poteva ottenere del sale solo intingendo il suo cibo nella cenere.)
(943.1) 84:8.6 Che l’uomo si diverta; che la razza umana trovi piacere in mille ed una maniere; che l’umanità evoluzionaria esplori tutte le forme di legittima autogratificazione: i frutti della lunga lotta biologica per elevarsi. L’uomo ha ben meritato alcuni dei suoi piaceri e delle sue gioie attuali. Ma tenete ben fissa la meta del destino! I piaceri sono veramente suicidi se giungono a distruggere la proprietà, che è divenuta l’istituzione dell’autosostentamento. L’autogratificazione ha veramente un costo fatale se provoca il fallimento del matrimonio, la decadenza della vita di famiglia e la distruzione del focolare domestico — acquisizione evoluzionaria suprema dell’uomo e sola speranza di sopravvivenza della civiltà.
(943.2) 84:8.7 [Presentato dal Capo dei Serafini stazionati su Urantia.]
(944.1) 85:0.1 LA religione primitiva ha avuto un’origine biologica, uno sviluppo evoluzionario naturale, indipendente dalle associazioni morali e al di fuori di ogni influenza spirituale. Gli animali superiori hanno delle paure ma non delle illusioni, quindi nessuna religione. L’uomo crea le sue religioni primitive dalle sue paure e per mezzo delle sue illusioni.
(944.2) 85:0.2 Nell’evoluzione della specie umana l’adorazione, nelle sue manifestazioni primitive, appare molto prima che la mente dell’uomo sia capace di formulare i concetti più complessi di vita quaggiù e nell’aldilà che meritino di essere chiamati religione. La religione primitiva era di natura del tutto intellettuale ed interamente fondata su circostanze associative. Gli oggetti di adorazione erano totalmente suggestivi; consistevano in cose della natura che erano a portata di mano o che erano in primo piano nell’esperienza ordinaria delle menti semplici degli Urantiani primitivi.
(944.3) 85:0.3 Quando la religione si fu evoluta al di là dell’adorazione della natura, acquisì radici di origine spirituale, ma fu tuttavia sempre condizionata dall’ambiente sociale. A mano a mano che l’adorazione della natura si sviluppò, i concetti umani immaginarono una divisione del lavoro nel mondo supermortale; c’erano spiriti della natura per laghi, alberi, cascate, piogge e centinaia di altri fenomeni terrestri ordinari.
(944.4) 85:0.4 In un’epoca o in un’altra l’uomo mortale ha adorato ogni cosa esistente sulla faccia della terra, incluso se stesso. Ha adorato anche ogni cosa immaginabile nel cielo e sotto la superficie della terra. L’uomo primitivo temeva tutte le manifestazioni di potere; adorava ogni fenomeno naturale che non riusciva a comprendere. L’osservazione di potenti forze naturali, quali tempeste, inondazioni, terremoti, frane, vulcani, fuoco, caldo e freddo, impressionava grandemente la mente in espansione dell’uomo. Le cose inspiegabili della vita sono ancora chiamate “atti di Dio” e “misteriose dispensazioni della Provvidenza”.
(944.5) 85:1.1 Il primo oggetto ad essere adorato dall’uomo in evoluzione fu una pietra. Oggi la popolazione Kateri dell’India meridionale adora ancora una pietra, così come fanno numerose tribù dell’India settentrionale. Giacobbe dormì su una pietra perché la venerava; egli perfino la unse. Rachele celava parecchie pietre sacre nella sua tenda.
(944.6) 85:1.2 Le pietre impressionarono inizialmente l’uomo primitivo essendo fuori dell’ordinario a causa del modo in cui apparivano così improvvisamente sulla superficie di un campo coltivato o da pascolo. Gli uomini non tenevano conto né dell’erosione né dei risultati del ribaltamento del terreno. Le pietre impressionarono molto i popoli primitivi anche a causa della loro frequente somiglianza con gli animali. L’attenzione dell’uomo civilizzato è attratta da numerose formazioni rocciose delle montagne che assomigliano molto a musi di animali ed anche a facce di uomini. Ma l’influenza più profonda fu esercitata dalle pietre meteoriche che gli umani primitivi vedevano precipitare attraverso l’atmosfera con fiammeggiante splendore. Le stelle filanti terrorizzavano l’uomo primitivo, ed egli credeva facilmente che tali scie luminose indicassero il passaggio di uno spirito nel suo viaggio verso la terra. Non c’è da meravigliarsi che gli uomini siano stati portati ad adorare tali fenomeni, specialmente quando scoprirono in seguito le meteore. E questo portò ad un maggior rispetto per tutte le altre pietre. Nel Bengala molti adorano una meteora che cadde sulla Terra nel 1880.
(945.1) 85:1.3 Tutti gli antichi clan e tribù avevano le loro pietre sacre, e la maggior parte dei popoli moderni manifesta una relativa venerazione per certi tipi di pietre — i loro gioielli. Un gruppo di cinque pietre era venerato in India; in Grecia c’era un cumulo di trenta pietre; tra gli uomini rossi c’era di solito un cerchio di pietre. I Romani gettavano sempre una pietra in aria quando invocavano Giove. In India anche ai giorni nostri una pietra può essere usata come testimone. In certe regioni una pietra può essere impiegata come talismano della legge, e per il suo prestigio un offensore può essere trascinato in tribunale. Ma i semplici mortali non identificano sempre la Deità con un oggetto di culto riverente. Questi feticci sono molto spesso meri simboli del vero oggetto di adorazione.
(945.2) 85:1.4 Gli antichi avevano una particolare considerazione per i buchi nelle pietre. Tali rocce porose si riteneva che fossero eccezionalmente efficaci per guarire le malattie. Le orecchie non erano forate per portare delle pietre, ma vi si mettevano dentro delle pietre per tenere aperto il condotto uditivo. Anche nei tempi moderni delle persone superstiziose fanno dei buchi nelle monete. In Africa i nativi hanno un gran daffare con le loro pietre feticce. Infatti, tra tutte le tribù e le popolazioni arretrate le pietre sono ancora tenute in superstiziosa venerazione. L’adorazione delle pietre è ancora oggi molto diffusa nel mondo. La pietra tombale è un simbolo sopravvivente delle immagini e degli idoli che venivano scolpiti nella pietra in connessione con le credenze nei fantasmi e negli spiriti di persone decedute.
(945.3) 85:1.5 L’adorazione delle colline seguì l’adorazione delle pietre, e le prime colline ad essere venerate furono delle grandi formazioni rocciose. Divenne ben presto costume credere che gli dei abitassero le montagne, cosicché le alte elevazioni di terra furono adorate per questa ragione aggiuntiva. Con il passare del tempo alcune montagne furono associate a certi dei e perciò divennero sacre. Gli aborigeni ignoranti e superstiziosi credevano che le grotte conducessero al mondo sotterraneo, con i suoi demoni e spiriti cattivi, in contrasto con le montagne che furono identificate con i successivi concetti in evoluzione di spiriti e deità buoni.
(945.4) 85:2.1 Le piante furono prima temute e poi adorate a causa dei liquori inebrianti che ne venivano ricavati. L’uomo primitivo credeva che l’ubriachezza rendesse divini. Si riteneva che ci fosse qualcosa d’insolito e di sacro in tale esperienza. Anche nei tempi moderni l’alcool è conosciuto come “spirito”.
(945.5) 85:2.2 L’uomo primitivo considerava il germogliare del grano con timore e superstizioso rispetto. L’apostolo Paolo non fu il primo a trarre profonde lezioni spirituali dal germogliare del grano e a basare su di esso delle credenze religiose.
(945.6) 85:2.3 Il culto di adorazione degli alberi si trova tra i più antichi gruppi religiosi. Tutti i matrimoni primitivi erano celebrati sotto gli alberi, e quando le donne desideravano dei figli erano talvolta trovate nella foresta affettuosamente abbracciate ad una robusta quercia. Molti alberi e piante erano venerati a causa delle loro virtù medicinali reali o presunte. Il selvaggio credeva che tutti gli effetti chimici fossero dovuti all’attività diretta di forze soprannaturali.
(945.7) 85:2.4 Le idee sugli spiriti degli alberi variavano grandemente tra le differenti tribù e razze. Alcuni alberi erano abitati da spiriti benigni; altri ospitavano quelli ingannevoli e crudeli. I Finlandesi credevano che la maggior parte degli alberi fosse abitata da spiriti benevoli. Gli Svizzeri diffidarono a lungo degli alberi; essi credevano che contenessero spiriti infidi. Gli abitanti dell’India e della Russia orientale consideravano gli spiriti degli alberi degli esseri crudeli. I Patagoni adorano ancora gli alberi, come fecero i Semiti primitivi. Molto tempo dopo che gli Ebrei ebbero cessato di adorare gli alberi, continuarono a venerare le loro diverse deità nei boschetti. Salvo che in Cina, esisteva una volta un culto universale dell’albero della vita.
(946.1) 85:2.5 La credenza che l’acqua o i metalli preziosi sotto la superficie della terra si possano scoprire con l’aiuto di una bacchetta di legno da rabdomante è un residuo degli antichi culti degli alberi. L’albero di maggio, l’albero di Natale e la pratica superstiziosa di toccare il legno perpetuano alcuni degli antichi costumi di adorazione degli alberi e dei più recenti culti degli alberi.
(946.2) 85:2.6 Molte di queste forme più antiche di venerazione della natura si mescolarono alle tecniche di adorazione che si svilupparono più tardi, ma i primissimi tipi di adorazione attivati da uno spirito aiutante della mente funzionavano molto prima che la natura religiosa appena risvegliata dell’umanità fosse divenuta pienamente sensibile allo stimolo d’influenze spirituali.
(946.3) 85:3.1 L’uomo primitivo aveva un sentimento particolare di cameratismo per gli animali superiori. I suoi antenati avevano vissuto con loro e si erano anche accoppiati con loro. Nell’Asia meridionale si credeva anticamente che le anime degli uomini ritornassero sulla terra sotto forma di animali. Questa credenza era una sopravvivenza della pratica ancora più antica di adorare gli animali.
(946.4) 85:3.2 Gli uomini primitivi riverivano gli animali per la loro forza e la loro astuzia. Essi pensavano che l’odorato affinato e la vista penetrante di certe bestie indicassero una guida spirituale. Gli animali sono stati tutti adorati da una razza o da un’altra in un’epoca o in un’altra. Tra questi oggetti di adorazione c’erano delle creature considerate metà umane e metà animali, quali i centauri e le sirene.
(946.5) 85:3.3 Gli Ebrei adorarono i serpenti fino all’epoca del re Ezechia, e gli Indù mantengono ancora relazioni amichevoli con i loro serpenti domestici. L’adorazione del drago da parte dei Cinesi è una sopravvivenza del culto dei serpenti. La saggezza del serpente era un simbolo della medicina greca ed è ancora utilizzato come emblema dai medici moderni. L’arte d’incantare i serpenti è stata tramandata dall’epoca delle donne sciamane praticanti il culto dell’amore per i serpenti, le quali, a seguito dei morsi quotidiani dei serpenti, divenivano immunizzate; in effetti divenivano delle vere tossicomani e non potevano più fare a meno di questo veleno.
(946.6) 85:3.4 L’adorazione d’insetti e di altri animali fu causata da una successiva errata interpretazione della regola d’oro — fare agli altri (a qualsiasi forma di vita) ciò che vorreste fosse fatto a voi. Un tempo gli antichi credevano che tutti i venti fossero prodotti dalle ali degli uccelli e perciò temevano e adoravano tutte le creature alate. I Nordici primitivi credevano che le eclissi fossero causate da un lupo che divorava una porzione del sole o della luna. Gli Indù mostrano spesso Visnù con una testa di cavallo. Molte volte un simbolo animale rappresenta un dio dimenticato o un culto scomparso. Nella religione evoluzionaria l’agnello divenne presto il tipico animale sacrificale e la colomba il simbolo della pace e dell’amore.
(946.7) 85:3.5 In religione il simbolismo è buono o cattivo nell’esatta misura in cui il simbolo soppianta o meno l’idea originale di adorazione. Il simbolismo non deve essere confuso con l’idolatria diretta in cui l’oggetto materiale è direttamente ed effettivamente adorato.
(946.8) 85:4.1 L’umanità ha adorato la terra, l’aria, l’acqua e il fuoco. Le razze primitive veneravano le sorgenti e adoravano i fiumi. Ancora oggi in Mongolia prospera un influente culto dei fiumi. Il battesimo divenne una cerimonia religiosa in Babilonia ed i Creek amerindi praticarono il bagno rituale annuale. Era facile per gli antichi immaginare che gli spiriti abitassero le sorgenti gorgoglianti, le fontane zampillanti, i fiumi fluenti ed i torrenti impetuosi. Le acque in movimento impressionavano vivamente queste menti semplici con credenze di animazione da parte degli spiriti e di potere soprannaturale. Talvolta si rifiutava di soccorrere un uomo che stava per annegare per paura di offendere qualche dio fluviale.
(947.1) 85:4.2 Molte cose e numerosi avvenimenti hanno agito da stimolo religioso per popoli differenti in epoche diverse. Un arcobaleno è ancora adorato da molte delle tribù montanare dell’India. In India ed in Africa si crede che l’arcobaleno sia un gigantesco serpente celeste; gli Ebrei e i Cristiani lo considerano come “l’arco della promessa”. Similmente delle influenze considerate benefiche in una parte del mondo possono essere ritenute malefiche in altre regioni. Il vento dell’est è un dio nell’America del Sud perché porta la pioggia; in India è un demone perché porta polvere e causa siccità. Gli antichi Beduini credevano che uno spirito della natura producesse i turbini di sabbia, ed anche ai tempi di Mosè la credenza negli spiriti della natura fu abbastanza forte da assicurare la loro perpetuazione nella teologia ebraica come angeli del fuoco, dell’acqua e dell’aria.
(947.2) 85:4.3 Nuvole, pioggia e grandine sono state tutte temute e adorate da numerose tribù primitive ed in molti dei culti primitivi della natura. Le tempeste con tuoni e lampi intimidivano l’uomo primitivo. Egli era talmente impressionato da queste perturbazioni degli elementi che considerava il tuono come la voce di un dio in collera. L’adorazione del fuoco e la paura della folgore erano collegati ed assai diffusi tra molti gruppi primitivi.
(947.3) 85:4.4 Il fuoco era mescolato alla magia nella mente dei mortali primitivi dominati dalla paura. Un adepto della magia ricorderà chiaramente un risultato casualmente positivo nella pratica delle sue formule magiche, mentre dimentica disinvoltamente decine di risultati negativi, di fallimenti completi. La venerazione del fuoco raggiunse il suo apice in Persia, dove persisté a lungo. Alcune tribù adoravano il fuoco come una deità stessa; altri lo veneravano come simbolo ardente dello spirito purificatore e depuratore delle loro deità venerate. Delle vergini vestali erano incaricate di vegliare sui fuochi sacri, e nel ventesimo secolo delle candele bruciano ancora come parte del rituale di molti servizi religiosi.
(947.4) 85:5.1 L’adorazione di rocce, montagne, alberi e animali si trasformò naturalmente, passando dalla venerazione timorosa degli elementi alla deificazione del sole, della luna e delle stelle. In India e altrove le stelle furono considerate come le anime glorificate di grandi uomini che avevano lasciato la vita nella carne. Gli adepti caldei del culto delle stelle si consideravano figli del padre cielo e della madre terra.
(947.5) 85:5.2 L’adorazione della luna precedette l’adorazione del sole. La venerazione della luna raggiunse il suo apice durante l’era della caccia, mentre l’adorazione del sole divenne la principale cerimonia religiosa delle ere agricole successive. L’adorazione del sole si radicò dapprima estesamente in India ed è là che persisté il più a lungo. In Persia la venerazione del sole diede origine al culto mitraico successivo. Tra molti popoli il sole era considerato come l’antenato dei loro re. I Caldei ponevano il sole al centro de “i sette cerchi dell’universo”. Civiltà più tardive onorarono il sole dando il suo nome al primo giorno della settimana.
(947.6) 85:5.3 Il dio sole era ritenuto essere il padre mistico dei figli del destino nati da una vergine che di tanto in tanto si pensava fossero conferiti come salvatori alle razze predilette. Questi bambini soprannaturali erano sempre abbandonati alla deriva su qualche fiume sacro, erano salvati in una maniera straordinaria, dopodiché sarebbero cresciuti per diventare personalità miracolose ed i liberatori dei loro popoli.
(948.1) 85:6.1 Dopo aver adorato tutto ciò che si trovava sulla faccia della terra e nei cieli, l’uomo non esitò ad onorare con una simile adorazione se stesso. Gli ingenui selvaggi non fanno una netta distinzione tra bestie, uomini e dei.
(948.2) 85:6.2 L’uomo primitivo considerava tutte le persone insolite come superumane e temeva talmente tali esseri da manifestare nei loro confronti un timore reverenziale; in una certa misura li adorava letteralmente. Anche avere dei gemelli era considerato sia come una grande fortuna sia come una grande disgrazia. Lunatici, epilettici e deboli di mente erano spesso adorati dai loro compagni mentalmente normali, i quali credevano che tali esseri anormali fossero abitati dagli dei. Furono adorati sacerdoti, re e profeti; gli uomini santi di un tempo erano ritenuti ispirati dalle deità.
(948.3) 85:6.3 Capi tribù morirono e furono deificati. Più tardi anime insigni morirono e furono santificate. L’evoluzione da sola non ha mai dato origine a dei superiori agli spiriti glorificati, esaltati ed evoluti di umani deceduti. Nella sua evoluzione iniziale la religione crea i propri dei. Nel corso della rivelazione gli Dei formulano la religione. La religione evoluzionaria crea i suoi dei ad immagine e somiglianza dell’uomo mortale; la religione rivelata cerca di evolvere e di trasformare l’uomo mortale ad immagine e somiglianza di Dio.
(948.4) 85:6.4 Gli dei fantasma, che sono di supposta origine umana, devono essere distinti dagli dei della natura, perché l’adorazione della natura ha prodotto un pantheon — spiriti della natura elevati alla posizione di dei. I culti della natura continuarono a svilupparsi contemporaneamente ai culti dei fantasmi apparsi più tardi, ed ognuno esercitò un’influenza sull’altro. Molti sistemi religiosi abbracciarono un doppio concetto di deità: dei della natura e dei fantasma. In alcune teologie questi concetti sono confusamente intrecciati, com’è illustrato da Thor, un eroe fantasma che era anche il signore della folgore.
(948.5) 85:6.5 Ma l’adorazione dell’uomo da parte degli uomini raggiunse il suo apice quando certi governanti temporali pretesero tale venerazione dai loro sudditi, ed a giustificazione di tali richieste sostennero di essere discesi dalla deità.
(948.6) 85:7.1 L’adorazione della natura può sembrare essere nata naturalmente e spontaneamente nella mente degli uomini e delle donne primitivi, e fu così; ma per tutto questo tempo fu operante in queste stesse menti primitive il sesto spirito aiutante, che era stato conferito a questi popoli come influenza direttrice di questa fase dell’evoluzione umana. E tale spirito stimolò costantemente la spinta della specie umana all’adorazione, per quanto primitive fossero le sue prime manifestazioni. Lo spirito dell’adorazione diede un’origine precisa all’impulso umano all’adorazione, nonostante che la paura animale motivasse la sua espressione e che la sua prima pratica fosse incentrata su oggetti della natura.
(948.7) 85:7.2 Si deve tenere presente che il sentimento, non il raziocinio, fu l’influenza direttrice e di controllo di tutto lo sviluppo evoluzionario. Per la mente primitiva c’è poca differenza tra temere, rifuggire, onorare e adorare.
(948.8) 85:7.3 Quando lo stimolo all’adorazione è animato e diretto dalla saggezza — da una mente meditativa ed esperienziale — allora comincia ad evolversi nel fenomeno della vera religione. Quando il settimo spirito aiutante, lo spirito della saggezza, giunge ad esercitare un efficace ministero, allora nell’adorazione l’uomo comincia ad orientarsi, dalla natura e dagli oggetti naturali, verso il Dio della natura ed il Creatore eterno di tutte le cose naturali.
(949.1) 85:7.4 [Presentato da un Brillante Astro della Sera di Nebadon.]
(950.1) 86:0.1 L’EVOLUZIONE della religione a partire dall’impulso primitivo precedente all’adorazione non dipende dalla rivelazione. Il funzionamento normale della mente umana sotto l’influenza direttrice del sesto e del settimo aiutante della mente, conferimenti spirituali universali, è del tutto sufficiente ad assicurare tale sviluppo.
(950.2) 86:0.2 La primissima paura prereligiosa per le forze della natura divenne gradualmente religiosa a mano a mano che la natura venne personalizzata, spiritualizzata e alla fine deificata nella coscienza umana. La religione di tipo primitivo era quindi una conseguenza biologica naturale dell’inerzia psicologica delle menti animali in evoluzione dopo che tali menti si erano formate dei concetti del soprannaturale.
(950.3) 86:1.1 A parte la spinta naturale all’adorazione, la religione evoluzionaria primitiva aveva le sue radici originarie nelle esperienze umane del caso — la cosiddetta fortuna, gli avvenimenti ordinari. L’uomo primitivo era un cacciatore di cibo. I risultati della caccia sono sempre diversi, e ciò dà origine certa a quelle esperienze che l’uomo interpreta come fortuna e sfortuna. La disgrazia era un fattore importante nella vita degli uomini e delle donne che vivevano costantemente sull’orlo incerto di un’esistenza precaria e tormentata.
(950.4) 86:1.2 Il limitato orizzonte intellettuale del selvaggio concentra talmente la sua attenzione sul caso che la fortuna diviene un fattore costante della sua vita. Gli Urantiani primitivi lottavano per vivere, non per una qualità di vita; essi vivevano una vita pericolosa in cui il caso giocava un ruolo importante. Il timore costante per una calamità sconosciuta ed invisibile incombeva su questi selvaggi come una nube di disperazione che eclissava efficacemente ogni piacere; essi vivevano nel timore costante di fare qualcosa che portasse sfortuna. I selvaggi superstiziosi temevano sempre un periodo di buona sorte; essi consideravano questa buona fortuna come annunciatrice certa di calamità.
(950.5) 86:1.3 Questa paura sempre presente della cattiva sorte era paralizzante. Perché lavorare duro e raccogliere sfortuna — niente per qualcosa — quando è possibile lasciarsi trasportare dagli eventi ed incontrare la fortuna — qualcosa per niente? Gli uomini irriflessivi dimenticano la buona sorte — la considerano come dovuta — ma ricordano con dispiacere la sfortuna.
(950.6) 86:1.4 L’uomo primitivo viveva nell’incertezza e nella costante paura del caso — della sfortuna. La vita era un appassionante gioco legato al caso; l’esistenza era un azzardo. Non c’è da stupirsi che gente parzialmente civilizzata creda ancora al caso e manifesti persistenti predisposizioni al gioco d’azzardo. L’uomo primitivo si alternava tra due potenti interessi: la passione di ottenere qualcosa per niente e la paura di non ottenere niente per qualcosa. E questo gioco d’azzardo dell’esistenza era il principale interesse ed il fascino supremo della mente dei selvaggi primitivi.
(951.1) 86:1.5 I successivi mandriani ebbero lo stesso punto di vista sul caso e sulla fortuna, mentre più tardi ancora gli agricoltori presero sempre più coscienza che i raccolti erano direttamente influenzati da molti fattori sui quali l’uomo aveva poco o nessun controllo. Il contadino si trovò vittima della siccità, delle inondazioni, della grandine, delle tempeste, degli insetti nocivi e delle malattie parassitarie, così come del caldo e del freddo. E poiché tutte queste influenze naturali incidevano sulla prosperità individuale, furono considerate come fortuna o sfortuna.
(951.2) 86:1.6 Questa nozione del caso e della fortuna impregnò fortemente la filosofia di tutti i popoli antichi. Anche in tempi recenti nella Saggezza di Salomone è detto: “Sono tornato ed ho visto che la corsa non è per il veloce, né la battaglia per il forte, né il pane per il saggio, né le ricchezze per gli uomini intelligenti, né il favore per gli uomini abili; ma il destino ed il caso raggiungono tutti loro. Perché l’uomo non conosce il proprio destino; come i pesci sono presi in una rete maligna e gli uccelli sono presi al laccio, così i figli degli uomini vengono intrappolati da una cattiva circostanza quando essa piomba improvvisamente su di loro.”
(951.3) 86:2.1 L’ansietà era uno stato naturale della mente dei selvaggi. Quando gli uomini e le donne cadono vittime di un’ansia eccessiva, ritornano semplicemente alla condizione naturale dei loro lontanissimi antenati. E quando l’ansietà diviene veramente penosa, inibisce l’attività e provoca infallibilmente dei cambiamenti evoluzionari e degli adattamenti biologici. Il dolore e la sofferenza sono essenziali all’evoluzione progressiva.
(951.4) 86:2.2 La lotta per la vita è così penosa che ancora oggi certe tribù arretrate urlano e si lamentano ad ogni nuovo sorgere del sole. L’uomo primitivo si chiedeva costantemente: “Chi mi tormenta?” Non trovando una fonte materiale alle sue disgrazie, egli fissò la sua spiegazione sugli spiriti. E così ebbe origine la religione della paura del misterioso, del timore riverenziale dell’invisibile e del terrore dell’ignoto. La paura della natura divenne quindi un fattore nella lotta per l’esistenza, prima a motivo del caso e poi a causa del mistero.
(951.5) 86:2.3 La mente primitiva era logica, ma conteneva poche idee per un’associazione intelligente; la mente del selvaggio era incolta, totalmente ingenua. Se un avvenimento ne seguiva un altro, il selvaggio li considerava come causa ed effetto. Ciò che l’uomo civilizzato considera come superstizione non era che pura ignoranza nel selvaggio. L’umanità è stata lenta ad imparare che non c’è necessariamente una relazione tra propositi e risultati. Gli esseri umani cominciano solo ora a comprendere che le reazioni dell’esistenza appaiono tra gli atti e le loro conseguenze. Il selvaggio si sforza di personalizzare tutto ciò che è intangibile ed astratto, e così la natura ed il caso divengono entrambi personalizzati come fantasmi — come spiriti — e più tardi come dei.
(951.6) 86:2.4 L’uomo tende per natura a credere in ciò che ritiene migliore per lui, in ciò che è di suo immediato o lontano interesse; l’interesse personale oscura largamente la logica. La differenza tra la mente dei selvaggi e quella degli uomini civilizzati è più una questione di contenuto che di natura, di livello piuttosto che di qualità.
(951.7) 86:2.5 Ma continuare ad attribuire le cose difficili da comprendere a cause soprannaturali è nient’altro che un modo pigro e comodo di evitare ogni forma di lavoro intellettuale faticoso. La fortuna è semplicemente un termine coniato per coprire l’inspiegabile in ogni era dell’esistenza umana; essa designa quei fenomeni che gli uomini sono incapaci o poco desiderosi di penetrare. Il caso è una parola che significa che l’uomo è troppo ignorante o troppo indolente per determinare le cause. Gli uomini considerano un avvenimento naturale come un accidente o come sfortuna solo quando sono privi di curiosità e d’immaginazione, quando le razze mancano d’iniziativa e di spirito d’avventura. L’esplorazione dei fenomeni della vita distrugge presto o tardi la credenza dell’uomo nel caso, nella fortuna e nei cosiddetti accidenti, sostituendovi un universo di legge e d’ordine in cui tutti gli effetti sono preceduti da cause definite. In tal modo la paura dell’esistenza è rimpiazzata dalla gioia di vivere.
(952.1) 86:2.6 Il selvaggio considerava tutta la natura come vivente, posseduta da qualcosa. L’uomo civilizzato scalcia ancora, ed impreca contro, gli oggetti inanimati che si trovano sulla sua strada e sui quali inciampa. L’uomo primitivo non considerava mai nulla come accidentale; ogni cosa era sempre intenzionale. Per l’uomo primitivo il dominio del fato, la funzione della fortuna, il mondo degli spiriti, erano altrettanto disorganizzati e caotici quanto lo era la società primitiva. La fortuna era considerata come la reazione capricciosa e stravagante del mondo degli spiriti; più tardi come l’umore degli dei.
(952.2) 86:2.7 Ma non tutte le religioni si svilupparono dall’animismo. Altri concetti del soprannaturale furono contemporanei all’animismo, ed anche queste credenze portarono all’adorazione. Il naturalismo non è una religione — è il frutto della religione.
(952.3) 86:3.1 La morte era lo shock supremo per l’uomo in evoluzione, la combinazione più sconvolgente di caso e di mistero. Non fu la santità della vita ma lo shock della morte che ispirò paura e favorì così efficacemente la religione. Tra i popoli selvaggi la morte era generalmente dovuta alla violenza, cosicché la morte non violenta divenne sempre più un mistero. La morte come fine naturale e prevista della vita non era chiara alla coscienza della gente primitiva, e l’uomo ha impiegato intere epoche per comprendere la sua inevitabilità.
(952.4) 86:3.2 L’uomo primitivo accettava la vita come un fatto, mentre considerava la morte come una sorta di calamità. Tutte le razze hanno le loro leggende di uomini che non sono morti, vestigia di tradizioni del comportamento iniziale verso la morte. Nella mente umana esisteva già il concetto nebuloso di un mondo degli spiriti confuso e disorganizzato, di un dominio da cui proveniva tutto ciò che è inesplicabile nella vita umana, e la morte fu aggiunta a questa lunga lista di fenomeni inspiegati.
(952.5) 86:3.3 Si credette inizialmente che tutte le malattie umane e la morte naturale fossero dovute all’influenza degli spiriti. Anche al tempo attuale alcune razze civilizzate considerano la malattia come prodotta da “il nemico” e fanno assegnamento su cerimonie religiose per la guarigione. Successivi e più complessi sistemi di teologia attribuiscono ancora la morte all’azione del mondo degli spiriti; e l’insieme di tutto ciò ha condotto a dottrine quali il peccato originale e la caduta dell’uomo.
(952.6) 86:3.4 Fu la presa di coscienza della sua impotenza davanti alle potenti forze della natura, unitamente al riconoscimento della debolezza umana di fronte alle calamità della malattia e della morte, che spinsero il selvaggio a cercare aiuto nel mondo sovrammateriale, che egli si raffigurava vagamente come fonte di queste misteriose vicissitudini della vita.
(952.7) 86:4.1 Il concetto di una fase sovrammateriale della personalità mortale ebbe origine dall’associazione inconscia e puramente accidentale degli avvenimenti della vita quotidiana con i sogni di fantasmi. Sognare simultaneamente un capo defunto da parte di più membri della sua tribù sembrava costituire una prova convincente che il vecchio capo era realmente tornato sotto qualche forma. Tutto ciò era molto reale per il selvaggio che si svegliava da tali sogni madido di sudore, tremando e urlando.
(953.1) 86:4.2 L’origine onirica della credenza in un’esistenza futura spiega la tendenza ad immaginare sempre le cose invisibili in termini di cose visibili. E subito questo nuovo concetto di vita futura derivato dai fantasmi sognati cominciò a servire da efficace antidoto alla paura della morte associata all’istinto biologico di autopreservazione.
(953.2) 86:4.3 L’uomo primitivo provava anche molto interesse per il suo respiro, specialmente nel climi freddi dove appariva come una nuvoletta quando si espirava. Il soffio di vita fu considerato come l’unico fenomeno che differenziava il vivente dal morto. Egli sapeva che il soffio poteva lasciare il corpo, ed i suoi sogni in cui faceva ogni sorta di cose bizzarre mentre dormiva lo convinsero che c’era qualcosa d’immateriale nell’essere umano. L’idea più primitiva di anima umana, il fantasma, fu derivato dal sistema d’idee relativo ai sogni e al respiro.
(953.3) 86:4.4 Alla fine il selvaggio concepì se stesso come una doppia entità — corpo e respiro. Il respiro meno il corpo equivaleva ad uno spirito, ad un fantasma. Anche se avevano un’origine umana ben definita, i fantasmi, o gli spiriti, erano considerati superumani. E questa credenza nell’esistenza di spiriti disincarnati sembrava spiegare gli avvenimenti insoliti, straordinari, eccezionali ed inspiegabili.
(953.4) 86:4.5 La dottrina primitiva della sopravvivenza dopo la morte non era necessariamente una credenza nell’immortalità. Esseri che non sapevano contare oltre il venti potevano difficilmente concepire l’infinità e l’eternità; essi pensavano piuttosto a ricorrenti incarnazioni.
(953.5) 86:4.6 La razza arancio era particolarmente incline alla credenza nella trasmigrazione e nella reincarnazione. Questa idea della reincarnazione ebbe origine dall’osservazione della somiglianza di tratti ereditari tra discendenti ed antenati. Il costume di dare ai figli il nome dei nonni e di altri ascendenti fu dovuto alla credenza nella reincarnazione. Alcune razze più recenti credettero che l’uomo morisse da tre a sette volte. Questa credenza (residuo degli insegnamenti di Adamo concernenti i mondi delle dimore), e molte altre vestigia della religione rivelata, si possono trovare tra le dottrine, peraltro assurde, dei barbari del ventesimo secolo.
(953.6) 86:4.7 L’uomo primitivo non nutriva idee d’inferno o di punizione futura. Il selvaggio immaginava la vita futura esattamente simile a questa, ma priva di malasorte. Più tardi fu concepito un destino separato per i buoni fantasmi ed i cattivi fantasmi — cielo e inferno. Ma poiché molte razze primitive credevano che l’uomo entrasse nella vita successiva nello stesso stato in cui aveva lasciato questa, non gradivano l’idea di diventare vecchi e decrepiti. Gli anziani preferivano essere uccisi prima di diventare troppo infermi.
(953.7) 86:4.8 Quasi tutti i gruppi avevano un’idea differente riguardo al destino dell’anima fantasma. I Greci credevano che gli uomini deboli dovevano avere anime deboli; così inventarono l’Ade come luogo appropriato per ricevere tali anime deboli. Essi supponevano anche che questi individui gracili avessero ombre più piccole. I primi Anditi credevano che i loro fantasmi ritornassero nelle terre natali dei loro antenati. I Cinesi e gli Egiziani credettero un tempo che l’anima e il corpo rimanessero uniti. Ciò portò gli Egiziani all’accurata costruzione di tombe e a sforzarsi di preservare il corpo. Anche dei popoli moderni cercano d’impedire la decomposizione dei morti. Gli Ebrei concepirono che un fantasma, replica dell’individuo, scendesse allo Sheol; esso non poteva ritornare nel paese dei viventi. Sono loro che fecero questo importante progresso nella dottrina dell’evoluzione dell’anima.
(953.8) 86:5.1 La parte non materiale dell’uomo è stata variamente denominata fantasma, spirito, ombra, immagine, spettro e più recentemente anima. L’anima era il doppio sognato dall’uomo primitivo; essa era sotto ogni aspetto esattamente simile al mortale stesso, salvo che non era sensibile al tatto. La credenza nei doppi sognati portò direttamente alla nozione che tutte le cose animate ed inanimate avessero un’anima come gli uomini. Questo concetto tese lungamente a perpetuare la credenza negli spiriti della natura; gli Eschimesi credono ancora che ogni cosa in natura abbia uno spirito.
(954.1) 86:5.2 L’anima fantasma poteva essere ascoltata e vista, ma non toccata. Gradualmente la vita dei sogni della razza sviluppò ed estese le attività di questo mondo in evoluzione degli spiriti, al punto che la morte fu alla fine considerata come “rendere l’anima”. Tutte le tribù primitive, eccetto quelle di poco superiori agli animali, hanno sviluppato un qualche concetto di anima. A mano a mano che la civiltà progredisce, questo concetto superstizioso di anima viene distrutto, e l’uomo dipende interamente dalla rivelazione e dall’esperienza religiosa personale per la sua nuova idea dell’anima quale creazione congiunta della mente mortale che conosce Dio e dello spirito divino che vi dimora, l’Aggiustatore di Pensiero.
(954.2) 86:5.3 I mortali primitivi non riuscivano in genere a differenziare i concetti di uno spirito interiore e di un’anima di natura evoluzionaria. Il selvaggio era molto confuso sulla questione che l’anima fantasma nascesse dal corpo o fosse un agente esterno in possesso del corpo. L’assenza di una mente razionale a fronte di perplessità spiega le notevoli incongruenze dei punti di vista dei selvaggi riguardo alle anime, ai fantasmi e agli spiriti.
(954.3) 86:5.4 Si credette che l’anima fosse legata al corpo come il profumo al fiore. Gli antichi credevano che l’anima potesse lasciare il corpo in vari modi, quali:
(954.4) 86:5.5 1. Abbandono ordinario e temporaneo.
(954.5) 86:5.6 2. Sonno, sogno naturale.
(954.6) 86:5.7 3. Coma ed incoscienza associati a malattie e ad incidenti.
(954.7) 86:5.8 4. Morte, partenza definitiva.
(954.8) 86:5.9 Il selvaggio considerava gli starnuti come un tentativo non riuscito dell’anima di fuggire dal corpo. Essendo sveglio ed attento, il corpo era capace di contrastare il tentativo di fuga dell’anima. Più tardi lo starnuto fu sempre accompagnato da qualche espressione religiosa, quale “Dio vi benedica!”
(954.9) 86:5.10 Nel corso iniziale dell’evoluzione il sonno fu considerato quale prova che l’anima fantasma poteva assentarsi dal corpo, e si credeva che potesse essere richiamata dicendo o gridando il nome del dormiente. In altre forme d’incoscienza si credeva che l’anima fosse più lontana, cercando forse di fuggire davvero — la morte imminente. I sogni erano considerati come le esperienze dell’anima durante il sonno mentre era temporaneamente assente dal corpo. Il selvaggio crede che i suoi sogni siano reali quanto una qualsiasi parte della sua esperienza da sveglio. Gli antichi presero l’abitudine di svegliare gradualmente i dormienti in modo che l’anima potesse avere il tempo di rientrare nel corpo.
(954.10) 86:5.11 Nel corso delle epoche gli uomini hanno avuto timore dell’apparire della notte, e gli Ebrei non fecero eccezione. Essi credevano veramente che Dio parlasse loro in sogno, nonostante le ingiunzioni di Mosè contro questa opinione. E Mosè aveva ragione, perché i sogni ordinari non sono i mezzi impiegati dalle personalità del mondo spirituale quando cercano di comunicare con gli esseri materiali.
(954.11) 86:5.12 Gli antichi credevano che le anime potessero entrare in animali od anche in oggetti inanimati. Ciò culminò nelle idee d’identificazione animale dei lupi mannari. Una persona poteva essere di giorno un cittadino rispettoso della legge, ma quando si addormentava la sua anima poteva entrare in un lupo o in qualche altro animale per andare in giro a compiere razzie notturne.
(955.1) 86:5.13 Gli uomini primitivi credevano che l’anima fosse associata al respiro e che le sue qualità si potessero trasmettere o trasferire tramite il soffio. Un capo ardimentoso soffiava su un bambino appena nato trasmettendogli in tal modo coraggio. Tra i primi Cristiani la cerimonia di conferimento dello Spirito Santo era accompagnata dal soffiare sui candidati. Il Salmista disse: “Per mezzo della parola del Signore furono creati i cieli, e tutti i loro eserciti con il soffio della sua bocca.” Fu a lungo costume che il figlio primogenito tentasse di cogliere l’ultimo respiro di suo padre morente.
(955.2) 86:5.14 Più tardi l’ombra giunse ad essere temuta e riverita quanto il soffio. Anche il profilo riflesso nell’acqua fu considerato talvolta come prova del doppio io e gli specchi furono considerati con timore superstizioso. Anche oggi molte persone civilizzate girano lo specchio verso il muro in caso di morte. Alcune tribù arretrate credono ancora che fare ritratti, disegni, modelli o immagini tolga dal corpo tutta l’anima o parte di essa; di conseguenza tali cose sono proibite.
(955.3) 86:5.15 In generale si riteneva che l’anima s’identificasse con il soffio, ma essa venne anche situata da vari popoli nella testa, nei capelli, nel cuore, nel fegato, nel sangue e nel grasso. Il “sangue di Abele che grida dalla terra” esprime la credenza di un tempo nella presenza dell’anima nel sangue. I Semiti insegnavano che l’anima risiedeva nel grasso del corpo e per molti il mangiare grassi di animale era tabù. Il cacciare teste era un metodo per catturare l’anima di un nemico, come lo era lo scotennare. In tempi recenti gli occhi sono stati considerati come le finestre dell’anima.
(955.4) 86:5.16 I seguaci della dottrina che prevedeva tre o quattro anime credevano che la perdita di un’anima significasse disagio, la perdita di due malattia, di tre la morte. Un’anima viveva nel soffio, una nella testa, una nei capelli ed una nel cuore. Gli ammalati venivano consigliati di passeggiare all’aria aperta con la speranza di ricatturare le loro anime smarrite. Si riteneva che gli stregoni migliori scambiassero l’anima malata di una persona afflitta con una nuova anima, la “nuova nascita”.
(955.5) 86:5.17 I figli di Badonan svilupparono una credenza in due anime, il respiro e l’ombra. Le prime razze nodite ritenevano che l’uomo fosse costituito da due persone, l’anima ed il corpo. Questa filosofia dell’esistenza umana si rifletté più tardi nel punto di vista dei Greci. Anche i Greci credevano in tre anime; quella vegetativa risiedeva nello stomaco, quella animale nel cuore, quella intellettuale nella testa. Gli Eschimesi credono che l’uomo sia composto di tre parti: corpo, anima e nome.
(955.6) 86:6.1 L’uomo ereditò un ambiente naturale, acquisì un ambiente sociale ed immaginò un ambiente di fantasmi. Lo Stato è la reazione dell’uomo al suo ambiente naturale, la famiglia al suo ambiente sociale, la Chiesa al suo ambiente illusorio di fantasmi.
(955.7) 86:6.2 Molto presto nella storia dell’umanità le realtà del mondo immaginario dei fantasmi e degli spiriti divennero credenze universali, e questo mondo di spiriti appena immaginato divenne una potenza nella società primitiva. La vita mentale e morale di tutta l’umanità fu modificata per sempre dall’apparizione di questo nuovo fattore nel pensare e nell’agire umano.
(955.8) 86:6.3 All’interno di questa premessa maggiore d’illusione e d’ignoranza, la paura umana ha stipato ogni successiva superstizione e religione dei popoli primitivi. Questa fu l’unica religione dell’uomo fino ai tempi della rivelazione, ed oggi molte razze del mondo hanno soltanto questa rozza religione di evoluzione.
(955.9) 86:6.4 Con il progredire dell’evoluzione la buona sorte fu associata agli spiriti buoni e la cattiva sorte agli spiriti cattivi. Il disagio dell’adattamento obbligato ad un ambiente mutevole fu considerato come cattiva sorte, il malcontento degli spiriti fantasma. L’uomo primitivo sviluppò lentamente una religione partendo dal suo bisogno innato di adorazione e dalla sua errata concezione del caso. L’uomo civilizzato stabilisce piani di assicurazione per vincere questi eventi del caso; la scienza moderna propone un attuario di calcoli matematici al posto di spiriti fittizi e di dei capricciosi.
(956.1) 86:6.5 Ogni generazione che passa sorride delle sciocche superstizioni dei suoi antenati, pur continuando a mantenere quegli errori di pensiero e di adorazione che faranno sorridere a loro volta la posterità illuminata.
(956.2) 86:6.6 Ma infine la mente dell’uomo primitivo fu occupata da pensieri che trascendevano tutti i suoi impulsi biologici innati; finalmente l’uomo era sul punto di evolvere un’arte di vivere basata su qualcosa di più della reazione a degli stimoli materiali. Stavano emergendo gli inizi di una politica di vita filosofica primitiva. Stava per apparire un modello di vita soprannaturale in quanto, se lo spirito fantasma corrucciato porta sfortuna e quello contento porta fortuna, allora la condotta umana deve essere regolata di conseguenza. Il concetto di bene e di male si era finalmente evoluto, e tutto ciò molto prima dell’epoca di una qualsiasi rivelazione sulla terra.
(956.3) 86:6.7 Con l’emergere di questi concetti ebbe inizio la lunga e dispendiosa lotta per placare gli spiriti sempre scontenti, la schiavitù servile della paura religiosa evoluzionaria, quel lungo spreco di sforzi umani per tombe, templi, sacrifici e sacerdoti. Fu un terribile e spaventoso prezzo da pagare, ma valse tutto il suo costo, perché grazie ad esso l’uomo raggiunse una coscienza naturale del bene e del male relativi; era nata l’etica umana!
(956.4) 86:7.1 Il selvaggio sentì il bisogno di sicurezza, e pagava perciò volentieri i suoi pesanti premi di paura, di superstizione, di terrore e di doni ai sacerdoti per la sua polizza di assicurazione magica contro la sfortuna. La religione primitiva era semplicemente il pagamento di premi di assicurazione contro i pericoli della foresta; l’uomo civilizzato paga premi materiali contro gli incidenti dell’industria e le esigenze dei sistemi di vita moderni.
(956.5) 86:7.2 La società moderna sta spostando gli affari dell’assicurazione dal dominio dei sacerdoti e della religione, collocandoli nel campo economico. La religione si occupa sempre più dell’assicurazione della vita oltre la tomba. Gli uomini moderni, almeno quelli che riflettono, cessano di pagare premi inutili per controllare la fortuna. La religione si eleva lentamente a livelli filosofici superiori in contrapposizione alla sua precedente funzione di piano di assicurazione contro la cattiva sorte.
(956.6) 86:7.3 Ma queste antiche concezioni della religione hanno impedito agli uomini di diventare fatalisti e disperatamente pessimisti; essi hanno creduto di poter almeno fare qualcosa per influenzare il fato. La religione della paura dei fantasmi ha impresso negli uomini che dovevano regolare la loro condotta, che c’era un mondo sovrammateriale che controllava il destino umano.
(956.7) 86:7.4 Le razze civilizzate moderne stanno giusto emergendo dalla paura dei fantasmi come spiegazione della fortuna e delle disuguaglianze ordinarie dell’esistenza. L’umanità si sta emancipando dalla schiavitù di spiegare la sfortuna con gli spiriti-fantasma. Ma mentre gli uomini rinunciano alla dottrina errata che gli spiriti sono la causa delle vicissitudini della vita, mostrano una sorprendente tendenza ad accettare un insegnamento quasi altrettanto fallace che li invita ad attribuire tutte le disuguaglianze umane al cattivo adattamento politico, all’ingiustizia sociale e alla competizione industriale. Ma una nuova legislazione, un’accresciuta filantropia ed una maggiore riorganizzazione industriale, per quanto buone in se stesse e per se stesse, non rimedieranno i fatti della nascita e gli accidenti della vita. Solo la comprensione dei fatti e la loro saggia amministrazione nel quadro delle leggi naturali consentiranno all’uomo di ottenere ciò che desidera e di evitare ciò che non desidera. La conoscenza scientifica, che porta all’azione scientifica, è il solo antidoto per i cosiddetti mali accidentali.
(957.1) 86:7.5 L’industria, la guerra, la schiavitù ed il governo civile sorsero in risposta all’evoluzione sociale dell’uomo nel suo ambiente naturale; la religione apparve similmente come risposta all’ambiente illusorio del mondo immaginario dei fantasmi. La religione fu uno sviluppo evoluzionario di autopreservazione, ed ha funzionato nonostante fosse originariamente erronea nella concezione e del tutto illogica.
(957.2) 86:7.6 La religione primitiva, per mezzo della potente e terrificante forza della falsa paura, ha preparato il terreno della mente umana per il conferimento di una forza spirituale autentica di origine soprannaturale, l’Aggiustatore di Pensiero. E da allora i divini Aggiustatori hanno sempre lavorato per tramutare la paura di Dio in amore per Dio. L’evoluzione può essere lenta, ma è infallibilmente efficace.
(957.3) 86:7.7 [Presentato da un Astro della Sera di Nebadon.]
(958.1) 87:0.1 IL culto dei fantasmi si sviluppò come una compensazione dei rischi della cattiva sorte; le sue pratiche religiose primitive furono la risultanza dell’ansietà per la malasorte e dell’eccessiva paura dei morti. Nessuna di queste religioni primitive ebbe molto a che vedere con il riconoscimento della Deità o con la venerazione del superumano; i loro riti erano per lo più negativi, destinati ad evitare, ad espellere o a costringere i fantasmi. Il culto dei fantasmi non era né più né meno che un’assicurazione contro i disastri; non aveva niente a che fare con un investimento per futuri maggiori profitti.
(958.2) 87:0.2 L’uomo ha sostenuto una lunga ed accanita lotta contro il culto dei fantasmi. Niente nella storia umana è destinato a suscitare più pietà di questa immagine di abbietto asservimento dell’uomo alla paura degli spiriti-fantasma. Con la nascita di questa grande paura l’umanità si è avviata verso l’ascesa dell’evoluzione religiosa. L’immaginazione umana è salpata dalle rive dell’ego e non troverà più dove gettare l’ancora prima di giungere al concetto di una vera Deità, di un Dio reale.
(958.3) 87:1.1 La morte era temuta perché morte significava la liberazione di un altro fantasma dal suo corpo fisico. Gli antichi facevano del loro meglio per impedire la morte, per evitare la preoccupazione di dover lottare con un nuovo fantasma. Essi erano sempre ansiosi d’indurre il fantasma a lasciare la scena della morte, ad imbarcarsi nel viaggio verso la terra dei morti. Il fantasma era temuto soprattutto durante il periodo di supposta transizione tra la sua emersione al momento della morte e la sua partenza successiva per il paese d’origine dei fantasmi, un vago e primitivo concetto di pseudo-cielo.
(958.4) 87:1.2 Benché il selvaggio attribuisse ai fantasmi dei poteri soprannaturali, non li concepiva dotati di un’intelligenza soprannaturale. Erano praticati molti trucchi e stratagemmi nello sforzo di raggirare ed ingannare i fantasmi; l’uomo civilizzato pone ancora molta fiducia nella speranza che una manifestazione esteriore di pietà inganni in qualche modo anche una Deità onnisciente.
(958.5) 87:1.3 I primitivi temevano la malattia perché avevano osservato che era spesso presagio di morte. Se lo stregone della tribù non riusciva a guarire un individuo ammalato, costui era di solito allontanato dalla capanna di famiglia per portarlo in una più piccola o per lasciarlo all’aria aperta a morire da solo. Una casa in cui era avvenuto un decesso era solitamente distrutta; in caso contrario essa era sempre evitata, e questa paura impedì all’uomo primitivo di costruire dimore durevoli. Essa fu d’ostacolo anche alla costruzione di villaggi e città permanenti.
(958.6) 87:1.4 I selvaggi rimanevano svegli tutta la notte a parlare quando un membro del clan moriva; essi temevano di morire anche loro se si addormentavano in prossimità di un cadavere. Il contagio da cadavere convalidava la paura dei morti, e tutti i popoli, in un’epoca o in un’altra, hanno praticato accurate cerimonie di purificazione destinate a mondare un individuo dopo il contatto con i morti. Gli antichi credevano che bisognasse fornire luce ad un cadavere; non si permetteva mai che un corpo morto rimanesse nell’oscurità. Nel ventesimo secolo si accendono ancora delle candele nelle camere mortuarie e gli uomini vegliano ancora i morti. Il cosiddetto uomo civilizzato non ha ancora completamente eliminato la paura dei corpi morti dalla sua filosofia di vita.
(959.1) 87:1.5 Ma malgrado tutta questa paura gli uomini cercavano ancora d’ingannare il fantasma. Se la capanna del morto non veniva distrutta, il cadavere era portato via attraverso un buco nella parete, mai per la porta. Queste misure erano prese per confondere il fantasma, per impedirgli di trattenersi sul posto e per garantirsi contro il suo ritorno. Le persone in lutto ritornavano inoltre da un funerale per una strada diversa per timore che il fantasma le seguisse. Si praticarono la marcia all’indietro e decine di altre tattiche per assicurarsi che il fantasma non ritornasse dalla tomba. Le persone di sesso diverso si scambiavano gli abiti allo scopo di trarre in inganno il fantasma. L’abbigliamento da lutto fu destinato a camuffare i sopravviventi; più tardi per mostrare rispetto verso i morti ed appagare in tal modo i fantasmi.
(959.2) 87:2.1 Nella religione il programma negativo del placamento dei fantasmi precedette di molto il programma positivo di coercizione e di supplica degli spiriti. I primi atti di adorazione umana furono dei fenomeni di difesa, non di venerazione. L’uomo moderno stima saggio assicurarsi contro l’incendio; allo stesso modo il selvaggio riteneva quanto mai saggio assicurarsi contro la cattiva sorte dovuta ai fantasmi. Lo sforzo per ottenere questa protezione costituì le tecniche ed i rituali del culto dei fantasmi.
(959.3) 87:2.2 Si è creduto un tempo che il più grande desiderio di un fantasma fosse di essere rapidamente “sepolto” in modo da poter procedere indisturbato verso il paese dei morti. Ogni errore di esecuzione o di omissione negli atti del vivente durante il rituale per seppellire il fantasma contribuiva certamente a ritardare il suo viaggio verso il paese dei fantasmi. Si credeva che ciò dispiacesse al fantasma, e si supponeva che un fantasma in collera fosse fonte di calamità, di sventura e d’infelicità.
(959.4) 87:2.3 Il servizio funebre ebbe origine dallo sforzo dell’uomo per indurre l’anima fantasma a partire per la sua futura dimora, ed il sermone funebre era in origine destinato ad istruire il nuovo fantasma sul modo di recarvisi. Era usanza fornire cibo e vestiti per il viaggio del fantasma, e questi oggetti erano posti nella tomba o in prossimità della stessa. Il selvaggio credeva che ci volessero da tre giorni ad un anno per “seppellire il fantasma” — per allontanarlo dalle vicinanze della tomba. Gli Eschimesi credono ancora che l’anima rimanga con il corpo per tre giorni.
(959.5) 87:2.4 Il silenzio o il cordoglio erano osservati dopo un decesso affinché il fantasma non fosse tentato di ritornare a casa. L’autolesione — le ferite — era una forma comune di lutto. Molti insegnanti evoluti tentarono di porre fine a questa pratica, ma senza successo. Il digiuno ed altre forme di autonegazione erano ritenute gradite ai fantasmi, e si pensava che costoro provassero piacere per le afflizioni dei viventi durante il periodo di transizione in cui si celavano nelle vicinanze prima della loro effettiva partenza per il paese dei morti.
(959.6) 87:2.5 Lunghi e frequenti periodi d’inattività per lutto furono uno dei grandi ostacoli al progresso della civiltà. Settimane e anche mesi di ogni anno erano letteralmente sciupati in questi lutti improduttivi ed inutili. Il fatto che si assumessero dei piangitori di professione in occasione dei funerali indica che il lutto era un rituale, non una testimonianza di dispiacere. La gente moderna può piangere i morti per rispetto e a causa della perdita, ma gli antichi lo facevano per paura.
(959.7) 87:2.6 I nomi dei morti non erano mai pronunciati. In effetti, essi erano spesso banditi dal linguaggio. Questi nomi divenivano tabù ed in questo modo le lingue furono costantemente impoverite. Ciò produsse alla fine una moltitudine di parole simboliche e di espressioni figurative, quali “il nome o il giorno che non si menziona mai”.
(960.1) 87:2.7 Gli antichi erano talmente ansiosi di liberarsi di un fantasma che gli offrivano tutto quello che avrebbe potuto desiderare durante la sua vita. I fantasmi volevano mogli e servitori; un selvaggio benestante si aspettava che almeno una moglie schiava fosse sepolta viva alla sua morte. Più tardi divenne usanza che una vedova si suicidasse sulla tomba di suo marito. Quando moriva un bambino, la madre, una zia o la nonna venivano spesso strangolate affinché un fantasma adulto potesse accompagnare il fantasma bambino ed aver cura di lui. Quelli che rinunciavano in tal modo alla loro vita lo facevano di solito molto volentieri; in verità, se fossero vissuti in violazione dell’usanza, la paura della collera del fantasma avrebbe privato la loro vita dei pochi piaceri di cui godevano i primitivi.
(960.2) 87:2.8 Era abituale uccidere un gran numero di sudditi perché accompagnassero un capo morto; si uccidevano degli schiavi quando moriva il loro padrone affinché potessero servirlo nel paese dei fantasmi. Gli indigeni del Borneo forniscono ancora al morto un compagno messaggero; uno schiavo viene ucciso con la lancia perché faccia il viaggio fantasma con il suo padrone deceduto. Si credeva che i fantasmi di persone assassinate amassero avere i fantasmi dei loro assassini come schiavi; questa nozione spinse gli uomini a farsi cacciatori di teste.
(960.3) 87:2.9 Si supponeva che i fantasmi amassero l’odore del cibo; le offerte di cibo ai banchetti funebri erano una volta universali. Il metodo primitivo per rendere grazie consisteva nel gettare, prima del pasto, un pezzo di cibo nel fuoco allo scopo di placare gli spiriti, mentre si borbottava una formula magica.
(960.4) 87:2.10 Si supponeva che i morti utilizzassero i fantasmi di attrezzi e di armi che erano appartenuti loro in vita. Rompere uno di questi oggetti equivaleva ad “ucciderlo”, liberando in tal modo il suo fantasma perché andasse a servire nel paese dei fantasmi. Si facevano anche sacrifici di beni bruciandoli o sotterrandoli. Gli sprechi negli antichi funerali erano enormi. Le razze successive fecero dei modelli di carta e sostituirono dei disegni agli oggetti e alle persone reali in questi sacrifici funebri. Fu un grande progresso nella civiltà quando la suddivisione dell’eredità tra i parenti rimpiazzò l’incendio e la sepoltura dei beni. Gli Indiani Irochesi fecero molte riforme nello spreco funebre. E questa conservazione della proprietà permise loro di diventare gli uomini rossi più potenti del nord. Si ritiene che l’uomo moderno non tema i fantasmi, ma l’usanza resiste, e si consumano ancora molte ricchezze terrene in rituali e in cerimonie funebri.
(960.5) 87:3.1 Il progredire del culto dei fantasmi rese inevitabile l’adorazione degli antenati, in quanto divenne l’anello di congiunzione tra i fantasmi comuni e gli spiriti superiori, gli dei in evoluzione. Gli dei primitivi erano semplicemente degli umani trapassati e glorificati.
(960.6) 87:3.2 L’adorazione degli antenati era in origine più una paura che un’adorazione, ma tali credenze contribuirono certamente all’ulteriore diffusione della paura e dell’adorazione dei fantasmi. I fedeli dei culti primitivi dei fantasmi degli antenati avevano timore anche di sbadigliare per paura che uno spirito maligno entrasse nel loro corpo in quell’istante.
(960.7) 87:3.3 L’usanza di adottare dei figli era destinata a garantire che qualcuno facesse delle offerte dopo la morte per la pace ed il progresso dell’anima. Il selvaggio viveva nella paura dei fantasmi dei suoi simili e passava il suo tempo libero a fare dei piani perché il proprio fantasma avesse un salvacondotto dopo la morte.
(960.8) 87:3.4 La maggior parte delle tribù istituì una festa per tutte le anime almeno una volta l’anno. I Romani avevano ogni anno dodici feste per i fantasmi con relative cerimonie. Metà dei giorni dell’anno era consacrata a diversi tipi di cerimonie associate a questi antichi culti. Un imperatore romano tentò di riformare queste pratiche riducendo il numero dei giorni festivi a 135 per anno.
(961.1) 87:3.5 Il culto dei fantasmi era in continua evoluzione. Via via che i fantasmi furono immaginati passare da una fase d’esistenza incompleta ad una superiore, il culto progredì fino all’adorazione di spiriti ed anche di dei. Ma indipendentemente dalle credenze trasformantesi in spiriti più evoluti, tutte le tribù e le razze hanno creduto un tempo nei fantasmi.
(961.2) 87:4.1 La paura dei fantasmi è stata la fonte di tutte le religioni del mondo; e per intere epoche molte tribù rimasero attaccate alla vecchia credenza in una sola classe di fantasmi. Esse insegnavano che l’uomo aveva fortuna quando il fantasma era contento e sfortuna quando era in collera.
(961.3) 87:4.2 A mano a mano che il culto della paura dei fantasmi si diffuse, si arrivò al riconoscimento di tipi di spiriti superiori, di spiriti non nettamente identificabili con un individuo umano. Essi erano fantasmi qualificati o glorificati che erano progrediti oltre i domini del paese dei fantasmi fino ai regni superiori del paese degli spiriti.
(961.4) 87:4.3 La nozione di due specie di spiriti fantasma fece lenti ma sicuri progressi in tutto il mondo. Questo nuovo duplice spiritismo non si diffuse di tribù in tribù; sorse dappertutto in maniera indipendente. La potenza di un’idea nell’influenzare la mente evoluzionaria in espansione non risiede nella sua realtà o ragionevolezza, ma piuttosto nella sua vividezza e nell’universalità della sua facile e semplice applicazione.
(961.5) 87:4.4 Più tardi ancora l’immaginazione dell’uomo concepì il concetto di fattori soprannaturali buoni e cattivi; certi fantasmi non si evolvevano mai fino al livello di spiriti buoni. Il monospiritismo primitivo della paura dei fantasmi si evolvé gradualmente in un duplice spiritismo, in un nuovo concetto del controllo invisibile degli affari terreni. Alla fine la buona sorte e la cattiva sorte furono immaginate come aventi i loro rispettivi controllori. E delle due classi, il gruppo che portava sfortuna si riteneva fosse il più attivo e numeroso.
(961.6) 87:4.5 Quando la dottrina dei buoni e dei cattivi spiriti giunse infine a maturazione, divenne la più diffusa e persistente di tutte le credenze religiose. Questo dualismo rappresentò un grande avanzamento filosofico-religioso perché permise all’uomo di spiegare la buona e la cattiva sorte credendo allo stesso tempo in esseri supermortali che erano in una qualche misura coerenti nella loro condotta. Si poteva fare affidamento sia sugli spiriti buoni che su quelli cattivi; essi non erano ritenuti totalmente capricciosi come erano stati concepiti i primi fantasmi del monospiritismo della maggior parte delle religioni primitive. L’uomo era finalmente capace di concepire delle forze supermortali che avevano una condotta coerente, e questa fu una delle scoperte più importanti della verità nell’intera storia dell’evoluzione della religione e nell’espansione della filosofia umana.
(961.7) 87:4.6 La religione evoluzionaria ha tuttavia pagato un prezzo terribile per il concetto di duplice spiritismo. La filosofia primitiva dell’uomo riuscì a conciliare la coerenza degli spiriti con le vicissitudini della fortuna temporale soltanto ipotizzando due tipi di spiriti: uno buono e l’altro cattivo. E mentre questa credenza consentì all’uomo di conciliare le variabili del caso con un concetto di forze supermortali invariabili, tale dottrina ha da allora sempre reso difficile alle persone religiose concepire l’unità cosmica. Gli dei della religione evoluzionaria sono stati generalmente contrastati dalle forze delle tenebre.
(962.1) 87:4.7 La tragedia di tutto ciò risiede nel fatto che, quando queste idee misero radici nella mente primitiva dell’uomo, non c’erano in realtà degli spiriti cattivi o disarmonici in nessuna parte del mondo. Tale malaugurata situazione si sviluppò solo dopo la ribellione di Caligastia e durò soltanto fino alla Pentecoste. Anche nel ventesimo secolo il concetto di bene e di male come coordinati cosmici è molto vivo nella filosofia umana. La maggior parte delle religioni del mondo porta ancora questo marchio d’origine culturale dei lontani giorni in cui emersero i culti dei fantasmi.
(962.2) 87:5.1 L’uomo primitivo concepiva gli spiriti ed i fantasmi come aventi diritti quasi illimitati, ma nessun dovere. Si riteneva che gli spiriti considerassero l’uomo come avente molteplici doveri, ma nessun diritto. Si credeva che gli spiriti disprezzassero l’uomo in quanto costantemente fallace nel compimento dei suoi doveri spirituali. Era credenza generale dell’umanità che i fantasmi esigessero un continuo tributo di servizio come prezzo per non interferire negli affari umani, e la più piccola disgrazia era attribuita ad attività di fantasmi. Gli umani primitivi temevano talmente di dimenticare qualche onore dovuto agli dei che, dopo aver fatto sacrifici a tutti gli spiriti conosciuti, ne facevano una seconda serie agli “dei sconosciuti”, giusto per essere del tutto sicuri.
(962.3) 87:5.2 Il semplice culto dei fantasmi fu presto seguito dalle pratiche del culto più evoluto e relativamente complesso degli spiriti fantasma, che consisteva nel servire ed adorare gli spiriti superiori quali si evolvettero nell’immaginazione primitiva dell’uomo. Il cerimoniale religioso doveva tenere il passo con l’evoluzione ed il progresso degli spiriti. Il culto ampliato non era che l’arte di autopreservazione praticata in relazione alla credenza in esseri soprannaturali, l’adattamento personale all’ambiente degli spiriti. Le organizzazioni industriali e militari erano adattamenti agli ambienti naturale e sociale. E come il matrimonio sorse in risposta alle esigenze della bisessualità, così l’organizzazione religiosa si evolvé in risposta alla credenza in forze ed in esseri spirituali superiori. La religione rappresenta l’adattamento dell’uomo alle sue illusioni sul mistero del caso. La paura e la successiva adorazione degli spiriti furono adottate come assicurazione contro la malasorte, come polizze di benessere.
(962.4) 87:5.3 Il selvaggio immagina che gli spiriti buoni si occupino delle loro vicende esigendo poche cose dagli esseri umani. Sono i fantasmi e gli spiriti cattivi che bisogna mantenere di buonumore. Di conseguenza i popoli primitivi prestavano più attenzione ai loro fantasmi malevoli che non ai loro spiriti benigni.
(962.5) 87:5.4 Si credeva che la prosperità umana fosse particolarmente provocatrice dell’invidia degli spiriti cattivi, e che il loro metodo di rappresaglia consistesse nel reagire tramite un agente umano e mediante la tecnica del malocchio. Questa fase del culto che riguardava il modo di sfuggire agli spiriti si occupava molto delle macchinazioni del malocchio. La paura di esso divenne quasi universale. Le donne graziose furono velate per proteggerle dal malocchio; in seguito molte donne che desideravano essere considerate belle adottarono questa pratica. A causa di questa paura degli spiriti cattivi si permetteva raramente ai ragazzi di uscire dopo il calare della notte e le preghiere primitive includevano sempre la supplica: “Liberaci dal malocchio.”
(962.6) 87:5.5 Il Corano contiene un intero capitolo dedicato al malocchio ed agli incantesimi magici e gli Ebrei vi credevano totalmente. L’intero culto fallico sorse come difesa contro il malocchio. Gli organi di riproduzione erano ritenuti essere il solo feticcio capace di neutralizzarlo. Il malocchio diede origine alle prime superstizioni concernenti i marchi prenatali dei bambini, le impronte materne, e questo culto fu ad un certo momento quasi universale.
(963.1) 87:5.6 L’invidia è una caratteristica umana profondamente radicata; perciò l’uomo primitivo l’attribuì ai suoi primi dei. E poiché l’uomo aveva praticato un tempo l’inganno verso i fantasmi, cominciò ben presto ad ingannare gli spiriti. Egli disse: “Se gli spiriti sono gelosi della nostra bellezza e prosperità, c’imbruttiremo e parleremo poco del nostro successo.” L’umiltà primitiva non era quindi uno svilimento dell’ego, ma piuttosto un tentativo di depistare ed ingannare gli spiriti invidiosi.
(963.2) 87:5.7 Il metodo adottato per impedire agli spiriti di diventare gelosi della prosperità umana fu quello di coprire d’ingiurie un oggetto o una persona preferiti o molto amati. L’usanza di rivolgere frasi di discredito verso se stessi o la propria famiglia ebbe origine in questo modo e si trasformò infine nella modestia civilizzata, nella riservatezza e nella cortesia. Per lo stesso motivo divenne di moda sembrare brutti. La bellezza suscitava l’invidia degli spiriti; era indice di un colpevole orgoglio umano. Il selvaggio cercava un nome sgradevole. Questo aspetto del culto fu di grande ostacolo al progresso dell’arte e mantenne a lungo il mondo tetro e brutto.
(963.3) 87:5.8 Sotto il culto degli spiriti la vita era nel migliore dei casi un azzardo, il risultato del controllo da parte degli spiriti. Il proprio futuro non era il risultato dello sforzo, dell’industria o del talento, salvo nella misura in cui potevano essere utilizzati per influenzare gli spiriti. Le cerimonie di propiziazione degli spiriti costituivano un pesante fardello, rendendo la vita tediosa e praticamente insopportabile. Di era in era e di generazione in generazione, una razza dopo l’altra ha cercato di migliorare questa dottrina dei superfantasmi, ma nessuna generazione ha mai ancora osato respingerla del tutto.
(963.4) 87:5.9 L’intenzione e la volontà degli spiriti furono indagate per mezzo di presagi, oracoli e segni. E questi messaggi degli spiriti furono interpretati mediante la divinazione, la predizione, la magia, le ordalie e l’astrologia. L’intero culto era un piano destinato a placare, a soddisfare e a tacitare gli spiriti attraverso questa corruzione camuffata.
(963.5) 87:5.10 Nacque così una nuova ed estesa filosofia mondiale basata su:
(963.6) 87:5.11 1. Il dovere — le cose che devono essere fatte per conservare gli spiriti favorevolmente disposti, o almeno neutrali.
(963.7) 87:5.12 2. Il diritto — la condotta e le cerimonie corrette destinate ad ottenere il favore effettivo degli spiriti verso i propri interessi.
(963.8) 87:5.13 3. La verità — l’esatta comprensione degli spiriti ed il comportamento corretto verso di loro, e quindi verso la vita e la morte.
(963.9) 87:5.14 Non era soltanto per curiosità che gli antichi cercavano di conoscere il futuro; essi volevano eludere la cattiva sorte. La divinazione era semplicemente un tentativo di evitare le difficoltà. Durante questi tempi i sogni erano considerati profetici, mentre tutto ciò che era fuori dell’ordinario era considerato un presagio. Ancora oggi le razze civilizzate sono afflitte dalla credenza in segni, simboli ed altri residui superstiziosi dell’antico culto dei fantasmi in progresso. L’uomo è lento, molto lento, ad abbandonare i metodi con cui ha così gradualmente e penosamente asceso la scala evoluzionaria della vita.
(963.10) 87:6.1 Quando gli uomini credevano soltanto nei fantasmi, il rituale religioso era più personale, meno organizzato; ma il riconoscimento di spiriti più elevati richiese l’impiego di “metodi spirituali superiori” per trattare con loro. Questo tentativo di migliorare e di elaborare la tecnica di propiziazione degli spiriti portò direttamente alla creazione di difese contro gli spiriti. L’uomo si sentiva davvero impotente davanti alle forze incontrollabili che operavano nella vita terrena ed il suo senso d’inferiorità lo spinse a tentare di trovare un qualche aggiustamento compensatore, una qualche tecnica per pareggiare le sorti nella lotta unilaterale dell’uomo contro il cosmo.
(964.1) 87:6.2 Nei primi tempi del culto gli sforzi dell’uomo per influenzare l’attività dei fantasmi si limitavano alla propiziazione, ai tentativi di corruzione per tacitare la cattiva sorte. Via via che l’evoluzione del culto dei fantasmi progredì verso il concetto dei buoni e dei cattivi spiriti, queste cerimonie si trasformarono in tentativi di natura più positiva, in sforzi per ottenere la buona fortuna. La religione dell’uomo cessò di essere completamente negativista, egli non si limitò allo sforzo di ottenere la buona sorte; ben presto cominciò ad escogitare dei piani che gli permettessero di costringere gli spiriti a collaborare. Le persone religiose non furono più indifese davanti alle richieste incessanti dei fantasmi degli spiriti da essi stessi immaginati; il selvaggio comincia ad inventare armi con cui forzare l’attività degli spiriti e costringerli ad aiutarlo.
(964.2) 87:6.3 I primi sforzi difensivi dell’uomo furono diretti contro i fantasmi. Con il trascorrere delle ere i viventi cominciarono ad ideare dei metodi per resistere ai morti. Furono sviluppate molte tecniche per spaventare e cacciare i fantasmi, tra le quali si possono citare le seguenti:
(964.3) 87:6.4 1. Tagliare la testa e legare il corpo nella tomba.
(964.4) 87:6.5 2. Prendere a sassate la casa del morto.
(964.5) 87:6.6 3. Castrare il cadavere o spezzargli le gambe.
(964.6) 87:6.7 4. Seppellire sotto delle pietre; una delle origini dalla pietra tombale moderna.
(964.7) 87:6.8 5. Cremazione; un’invenzione successiva per impedire al fantasma di dare fastidio.
(964.8) 87:6.9 6. Gettare il corpo in mare.
(964.9) 87:6.10 7. Esporre il corpo perché fosse mangiato dagli animali selvaggi.
(964.10) 87:6.11 Si supponeva che i fantasmi fossero disturbati e spaventati dal rumore; che le grida, le campane e i tamburi li allontanassero dai viventi; e questi antichi metodi sono ancora in voga nelle “veglie funebri”. Furono utilizzate miscele dall’odore cattivo per allontanare gli spiriti importuni. Furono costruite immagini ripugnanti degli spiriti affinché fuggissero in fretta quando guardavano se stessi. Si credeva che i cani potessero sentire l’avvicinarsi degli spiriti, che avvertissero ululando; che i galli cantassero quando essi erano vicini. L’impiego di un gallo come banderuola è in perpetuazione di questa superstizione.
(964.11) 87:6.12 L’acqua era considerata come la migliore protezione contro i fantasmi. L’acqua benedetta era superiore a tutte le altre forme, acqua nella quale i sacerdoti si erano lavati i piedi. Il fuoco e l’acqua erano ritenuti costituire barriere insuperabili per i fantasmi. I Romani portavano dell’acqua tre volte attorno al cadavere; nel ventesimo secolo il feretro viene spruzzato con acqua benedetta, ed il lavaggio delle mani al cimitero è ancora un rituale ebraico. Il battesimo fu una caratteristica del rituale successivo con l’acqua; il bagno primitivo era una cerimonia religiosa. Solo in tempi recenti il bagno è diventato una pratica igienica.
(964.12) 87:6.13 Ma l’uomo non si fermò alla coercizione nei confronti dei fantasmi; per mezzo di rituali religiosi e di altre pratiche tentò ben presto di forzare gli spiriti ad agire. L’esorcismo era l’impiego di uno spirito per controllarne o cacciarne un altro, e questa tattica fu anche utilizzata per spaventare i fantasmi e gli spiriti. Il concetto del duplice spiritismo delle forze buone e cattive offrì all’uomo ampie occasioni di tentare di opporre un agente ad un altro, perché, se un uomo forte poteva vincere uno più debole, allora uno spirito potente poteva certamente dominare un fantasma inferiore. La maledizione primitiva era una pratica coercitiva destinata ad intimidire gli spiriti minori. Più tardi questo costume si sviluppò nel pronunciare maledizioni contro i nemici.
(965.1) 87:6.14 Si credette a lungo che ritornando alle usanze dei costumi più antichi gli spiriti ed i semidei potessero essere forzati a compiere un’azione desiderabile. L’uomo moderno ha la colpa di agire allo stesso modo. Voi vi rivolgete ad un altro nel linguaggio ordinario di tutti i giorni, ma quando vi mettete a pregare ricorrete allo stile antico di un’altra generazione, al cosiddetto stile solenne.
(965.2) 87:6.15 Questa dottrina spiega anche molti ritorni di tipo religioso ritualistico di natura sessuale, quale la prostituzione nei templi. Questi ritorni a costumi primitivi erano considerati protezioni sicure contro molte calamità. Presso tali semplici popoli tutti questi comportamenti erano totalmente esenti da ciò che l’uomo moderno chiamerebbe promiscuità.
(965.3) 87:6.16 Venne poi la pratica dei voti rituali, seguita ben presto dai solenni voti religiosi e dai giuramenti sacri. La maggior parte di questi giuramenti era accompagnata da torture e mutilazioni inflitte a se stessi; più tardi da digiuni e preghiere. L’autonegazione fu successivamente considerata come un coercitivo sicuro; questo fu specialmente vero in materia di astensione sessuale. Così l’uomo primitivo sviluppò presto una marcata austerità nelle sue pratiche religiose, una credenza nell’efficacia dell’autotortura e dell’autonegazione quali rituali capaci di costringere gli spiriti restii a reagire favorevolmente verso tali sofferenze e privazioni.
(965.4) 87:6.17 L’uomo moderno non tenta più apertamente di costringere gli spiriti, anche se mostra ancora una certa tendenza a mercanteggiare con la Deità. E tuttora giura, tocca il legno, incrocia le dita e fa seguire all’espettorazione qualche frase triviale; una volta questa era una formula magica.
(965.5) 87:7.1 L’organizzazione sociale di tipo cultuale persisté perché forniva un simbolismo per la preservazione e lo stimolo di sentimenti morali e di fedeltà religiose. Il culto ebbe origine dalle tradizioni delle “vecchie famiglie” e fu perpetuato come un’istituzione stabile; tutte le famiglie hanno un culto di qualche genere. Ogni ideale ispirante comprende un simbolismo che lo perpetui — cerca una tecnica per una manifestazione culturale che assicuri la sua sopravvivenza ed accresca la sua realizzazione — ed il culto perviene a questo fine stimolando e gratificando l’emozione.
(965.6) 87:7.2 Dall’aurora della civiltà ogni movimento interessante della cultura sociale o del progresso religioso ha dato origine ad un rituale, ad un cerimoniale simbolico. Più questo rituale è stato una crescita inconscia, più forte è stata la presa sui suoi fedeli. Il culto ha preservato sentimenti e suscitato emozioni, ma è sempre stato il più grande ostacolo alla ricostruzione sociale e al progresso spirituale.
(965.7) 87:7.3 Anche se il culto ha sempre ritardato il progresso sociale, è spiacevole che così tanti moderni, credenti nei criteri morali e negli ideali spirituali non abbiano alcun simbolismo appropriato — nessun culto di mutuo supporto — niente a cui appartenere. Ma un culto religioso non può essere fabbricato, deve crescere. E gli appartenenti a due gruppi non avranno mai un culto identico a meno che i loro rituali non siano arbitrariamente uniformati d’autorità.
(965.8) 87:7.4 Il culto cristiano primitivo fu il più efficace, attraente e duraturo di tutti i rituali mai concepiti o immaginati, ma in quest’era scientifica gran parte del suo valore è stato perduto per la distruzione di tanti dei suoi principi originali basilari. Il culto cristiano è stato devitalizzato dalla perdita di molte delle sue idee fondamentali.
(965.9) 87:7.5 In passato la verità è cresciuta rapidamente e si è diffusa liberamente quando il culto era stato elastico ed il simbolismo estendibile. Ricchezza di verità e adattabilità di culto hanno favorito la rapidità del progresso sociale. Un culto privo di significato vizia la religione quando tenta di soppiantare la filosofia e di asservire la ragione; un culto autentico cresce.
(966.1) 87:7.6 Nonostante gli inconvenienti e gli ostacoli, ogni nuova rivelazione della verità ha dato origine ad un nuovo culto, ed anche la riformulazione della religione di Gesù deve sviluppare un nuovo ed appropriato simbolismo. L’uomo moderno deve trovare un simbolismo adeguato alle sue nuove idee, ideali e devozioni in espansione. Questo simbolo elevato deve sorgere dalla vita religiosa, dall’esperienza spirituale. E questo simbolismo superiore di una civiltà più avanzata deve essere basato sul concetto della Paternità di Dio ed essere ricolmo del potente ideale della fratellanza degli uomini.
(966.2) 87:7.7 I culti antichi erano troppo egocentrici; il nuovo culto deve risultare dall’applicazione dell’amore. Il nuovo culto deve, come il vecchio, favorire il sentimento, appagare l’emozione e promuovere la devozione. Ma deve fare di più: deve favorire il progresso spirituale, elevare i significati cosmici, accrescere i valori morali, incoraggiare lo sviluppo sociale e stimolare un tipo elevato di vita religiosa personale. Il nuovo culto deve fornire degli scopi supremi di vita sia temporali che eterni — sia sociali che spirituali.
(966.3) 87:7.8 Nessun culto può durare e contribuire al progresso della civiltà sociale e della realizzazione spirituale individuale se non è basato sul significato biologico, sociologico e religioso del focolare domestico. Un culto che sopravvive deve simbolizzare ciò che resta permanente in presenza di un cambiamento incessante; deve glorificare ciò che unifica la corrente delle metamorfosi sociali in continuo cambiamento. Esso deve riconoscere i veri significati, esaltare le belle relazioni e glorificare i buoni valori di reale nobiltà.
(966.4) 87:7.9 Ma la grande difficoltà di trovare un simbolismo nuovo e soddisfacente è dovuta al fatto che gli uomini moderni, in quanto gruppo, aderiscono ad un atteggiamento scientifico, rifuggono dalla superstizione ed aborriscono l’ignoranza, mentre in quanto individui sono tutti bramosi di mistero e venerano l’occulto. Nessun culto può sopravvivere a meno d’incorporare un mistero magistrale e di celare una meta inaccessibile degna di essere raggiunta. Inoltre, il nuovo simbolismo deve non solo essere significativo per il gruppo, ma avere anche un senso per l’individuo. Le forme di un simbolismo utile devono essere quelle che l’individuo può mettere in pratica di propria iniziativa e di cui può anche godere con i suoi simili. Se il nuovo culto potesse essere dinamico invece che statico, potrebbe realmente apportare qualcosa di valido al progresso dell’umanità, sia temporale che spirituale.
(966.5) 87:7.10 Ma un culto — un simbolismo di rituali, di slogan o di scopi — non funzionerà se è troppo complesso. E ci deve essere l’esigenza della devozione, la risposta della fedeltà. Ogni religione efficace sviluppa infallibilmente un simbolismo valido, ed i suoi fedeli farebbero bene ad impedire la cristallizzazione di un tale rituale in impaccianti, deformanti ed opprimenti cerimoniali stereotipati che possono solo ostacolare e ritardare il progresso sociale, morale e spirituale. Nessun culto può sopravvivere se ritarda la crescita morale e non riesce a favorire il progresso spirituale. Il culto è la struttura scheletrica attorno alla quale si sviluppa il corpo vivente e dinamico dell’esperienza spirituale personale — la vera religione.
(966.6) 87:7.11 [Presentato da un Brillante Astro della Sera di Nebadon.]
(967.1) 88:0.1 IL CONCETTO dell’entrata di uno spirito in un oggetto inanimato, in un animale o in un essere umano è una credenza molto antica e rispettata, che è prevalsa dall’inizio dell’evoluzione della religione. Questa dottrina di possessione da parte di uno spirito non è né più né meno che il feticismo. Il selvaggio non adora necessariamente il feticcio; egli adora e venera molto logicamente lo spirito che vi risiede.
(967.2) 88:0.2 All’inizio si credette che lo spirito di un feticcio fosse il fantasma di un essere umano deceduto; più tardi si suppose che nei feticci risiedessero gli spiriti superiori. Così il culto dei feticci finì per incorporare tutte le idee primitive sui fantasmi, sulle anime, sugli spiriti e sulla possessione da parte di demoni.
(967.3) 88:1.1 L’uomo primitivo ha sempre desiderato trasformare qualsiasi cosa straordinaria in un feticcio; il caso diede perciò origine a molti feticci. Un uomo è ammalato, accade qualcosa e si ristabilisce. La stessa cosa si verifica per la reputazione di molte medicine e per i metodi casuali di trattamento delle malattie. Gli oggetti connessi con i sogni avevano probabilità di essere convertiti in feticci. I vulcani, ma non le montagne; le comete, ma non le stelle divennero feticci. L’uomo primitivo considerava le stelle filanti e le meteore come indicanti l’arrivo sulla terra di spiriti speciali in visita.
(967.4) 88:1.2 I primi feticci furono dei ciottoli con segni particolari, e da allora sono sempre state cercate dall’uomo le “pietre sacre”; una collana di perline era una volta una collezione di pietre sacre, un insieme di amuleti. Molte tribù ebbero pietre feticce, ma poche sono sopravvissute com’è accaduto per la Kaaba e la Pietra di Scone. Il fuoco e l’acqua furono anch’essi tra i primi feticci, e l’adorazione del fuoco, come la credenza nell’acqua benedetta, sopravvivono ancora.
(967.5) 88:1.3 Gli alberi feticci furono uno sviluppo successivo, ma presso certe tribù la persistenza dell’adorazione della natura portò a credere in amuleti abitati da certi tipi di spiriti della natura. Quando piante e frutti divenivano feticci erano tabù come cibo. La mela fu tra le prime ad entrare in questa categoria; essa non fu mai mangiata dai popoli levantini.
(967.6) 88:1.4 Se un animale mangiava carne umana diveniva un feticcio. In tal modo il cane divenne l’animale sacro dei Parsi. Se il feticcio è un animale ed il fantasma vi risiede in permanenza, allora il feticismo può sfociare nella reincarnazione. Per molti aspetti i selvaggi invidiavano gli animali; essi non si sentivano superiori a loro e spesso prendevano il nome dalla loro bestia favorita.
(967.7) 88:1.5 Quando degli animali divenivano feticci ne seguivano i tabù sull’assunzione di carne dell’animale feticcio. Le scimmie e le scimmie antropomorfe, a causa della loro somiglianza con gli uomini, divennero presto animali feticcio; più tardi serpenti, uccelli e porci furono anch’essi considerati in modo analogo. In una certa epoca la mucca fu un feticcio; il suo latte era tabù ed i suoi escrementi erano tenuti in alta considerazione. Il serpente fu venerato in Palestina, specialmente dai Fenici i quali, come gli Ebrei, lo consideravano il portavoce degli spiriti cattivi. Anche molti popoli moderni credono nel potere magico dei rettili. Il serpente è stato venerato dall’Arabia, attraverso l’India, fino agli uomini rossi nella danza del serpente della tribù Moqui.
(968.1) 88:1.6 Certi giorni della settimana erano feticci. Per molte ere il venerdì è stato considerato un giorno sfortunato ed il numero tredici funesto. I numeri fortunati tre e sette provennero da rivelazioni successive; il quattro era il numero fortunato dell’uomo primitivo e fu derivato dal riconoscimento iniziale dei quattro punti cardinali. Era considerato un fatto sfavorevole contare il bestiame o altri beni; gli antichi si opponevano sempre al censimento, alla “numerazione del popolo”.
(968.2) 88:1.7 L’uomo primitivo non fece del sesso un feticcio eccessivo; la funzione della riproduzione riceveva solo un’attenzione limitata. Il selvaggio aveva una mentalità naturale, né oscena né lasciva.
(968.3) 88:1.8 La saliva era un potente feticcio; i demoni potevano essere scacciati da una persona sputando su di essa. Il più grande complimento di un anziano o di un superiore era sputare su una persona. Certe parti del corpo umano furono considerate potenziali feticci, in particolare i capelli e le unghie. Le unghie lunghe dei capi erano molto apprezzate ed i loro ritagli erano un potente feticcio. La credenza nei crani feticcio incise molto sull’attività dei successivi cacciatori di teste. Il cordone ombelicale era un feticcio altamente apprezzato; ancora oggi è considerato tale in Africa. Il primo giocattolo dell’umanità fu un cordone ombelicale conservato. Ornato di perle, come si faceva spesso, esso fu la prima collana dell’uomo.
(968.4) 88:1.9 I bambini gobbi o storpi erano considerati feticci; si credeva che i pazzi fossero stati colpiti dalla luna. L’uomo primitivo non sapeva distinguere tra genio e follia; gli idioti erano sia battuti a morte sia venerati come personalità feticce. L’isteria confermò sempre più la credenza popolare nella stregoneria; gli epilettici erano spesso sacerdoti o stregoni. L’ubriachezza era considerata una forma di possessione da parte degli spiriti; quando un selvaggio faceva baldoria, metteva una foglia nei suoi capelli allo scopo di disconoscere la responsabilità dei suoi atti. Veleni e bevande alcoliche divennero feticci; essi erano ritenuti posseduti.
(968.5) 88:1.10 Molte persone consideravano i geni personalità feticce possedute da uno spirito saggio. E questi uomini di talento impararono presto a ricorrere alla frode e all’inganno per favorire i loro interessi personali. Si credeva che un uomo feticcio fosse più che umano; egli era divino ed anche infallibile. In tal modo dirigenti, re, sacerdoti, profeti e capi della Chiesa finirono per disporre di un grande potere e per esercitare un’autorità illimitata.
(968.6) 88:2.1 Si supponeva che i fantasmi preferissero abitare un oggetto che era appartenuto loro mentre vivevano nella carne. Questa credenza spiega l’efficacia di molte reliquie moderne. Gli antichi veneravano sempre le ossa dei loro capi, ed i resti dello scheletro di santi e di eroi sono ancora considerati con timore superstizioso da molte persone. Anche oggi si fanno pellegrinaggi sulle tombe di grandi uomini.
(968.7) 88:2.2 La credenza nelle reliquie è una conseguenza dell’antico culto dei feticci. Le reliquie delle religioni moderne rappresentano un tentativo di razionalizzare il feticcio del selvaggio ed elevarlo in tal modo ad una posizione di dignità e rispettabilità nei sistemi religiosi moderni. Si considera pagano credere nei feticci e nella magia, ma si ritiene corretto accettare reliquie e miracoli.
(969.1) 88:2.3 Il focolare — il camino — divenne più o meno un feticcio, un luogo sacro. I santuari ed i templi furono inizialmente luoghi feticci perché vi venivano sepolti i morti. La capanna feticcio degli Ebrei fu elevata da Mosè a luogo in cui alloggiava un superfeticcio, il concetto allora esistente della legge di Dio. Ma gli Israeliti non abbandonarono mai la credenza peculiare dei Cananei nell’altare di pietra: “E questa pietra che ho innalzato come una stele sarà la dimora di Dio.” Essi credevano veramente che lo spirito del loro Dio abitasse in questi altari di pietra, che erano in realtà dei feticci.
(969.2) 88:2.4 Le prime statue furono fatte per conservare le sembianze e la memoria dei morti illustri; esse erano in realtà dei monumenti. Gli idoli furono un affinamento del feticismo. I primitivi credevano che una cerimonia di consacrazione inducesse lo spirito ad entrare nella statua; similmente, quando certi oggetti erano benedetti, divenivano degli amuleti.
(969.3) 88:2.5 Mosè, aggiungendo il secondo comandamento all’antico codice morale di Dalamatia, fece uno sforzo per controllare l’adorazione dei feticci tra gli Ebrei. Egli ordinò in particolare di non fare alcuna specie d’immagine che potesse essere consacrata come feticcio. Egli disse chiaramente: “Tu non farai alcun idolo né alcunché di simile a qualunque cosa che sta in alto nel cielo, o in basso sulla terra, o nelle acque della terra.” Anche se questo comandamento contribuì molto a ritardare l’arte tra gli Ebrei, limitò l’adorazione di feticci. Ma Mosè era troppo saggio per tentare di sostituire repentinamente gli antichi feticci, e perciò acconsentì che fossero poste certe reliquie a fianco della legge nella combinazione di altare da guerra e di reliquiario religioso che era l’arca.
(969.4) 88:2.6 Divennero infine feticci certe parole, in modo speciale quelle che erano considerate come parole di Dio; in questo modo i libri sacri di molte religioni sono divenuti delle prigioni feticiste che incarcerano l’immaginazione spirituale dell’uomo. Lo sforzo stesso di Mosè contro i feticci divenne un feticcio supremo; il suo comandamento fu utilizzato più tardi per denigrare l’arte e ritardare il godimento e la venerazione del bello.
(969.5) 88:2.7 Nei tempi antichi la feticcia parola dell’autorità era una dottrina che ispirava paura, il più terribile di tutti i tiranni che asservono gli uomini. Un feticcio dottrinale porterà l’uomo mortale ad ingannare se stesso gettandosi nelle grinfie del bigottismo, del fanatismo, della superstizione, dell’intolleranza e delle più atroci crudeltà barbare. Il rispetto moderno per la saggezza e la verità è solo lo sfuggire recente alla tendenza ad istituire dei feticci fino ai livelli più elevati di pensiero e di ragionamento. Per quanto concerne le raccolte di scritti feticci che diverse religioni conservano come libri sacri, si ritiene non solo che ciò che c’è nel libro sia vero, ma anche che ogni verità sia contenuta in quel libro. Se uno di questi libri sacri parla per caso della terra come pianeta piatto, allora per lunghe generazioni uomini e donne peraltro assennati rifiuteranno di accettare la prova evidente che il pianeta è rotondo.
(969.6) 88:2.8 La pratica di aprire uno di questi libri sacri per lasciare cadere l’occhio a caso su un passaggio, conformandosi al quale si possono determinare importanti decisioni o progetti della vita, non è né più né meno che un totale feticismo. Prestare giuramento su un “libro sacro” o giurare su qualche oggetto di suprema venerazione è una forma di raffinato feticismo.
(969.7) 88:2.9 Rappresenta invece un reale progresso evoluzionario passare dalla paura feticistica dei ritagli di unghie di un capo selvaggio alla venerazione di una stupenda collezione di lettere, di leggi, di leggende, di allegorie, di miti, di poemi e di cronache, i quali, dopotutto, riflettono la vagliata saggezza morale di molti secoli, almeno fino a quando non sono riuniti come “libro sacro”.
(970.1) 88:2.10 Per diventare feticci le parole dovevano essere considerate ispirate, e l’invocazione di scritti ritenuti d’ispirazione divina portò direttamente all’istituzione dell’autorità della Chiesa mentre l’evoluzione di forme civili portò alla realizzazione dell’autorità dello Stato.
(970.2) 88:3.1 Il feticismo si ritrovava in tutti i culti primitivi, dalla primissima credenza nelle pietre sacre, passando per l’idolatria, il cannibalismo e l’adorazione della natura, fino al totemismo.
(970.3) 88:3.2 Il totemismo è una combinazione di osservanze sociali e religiose. Originariamente si credeva che il rispetto per l’animale totem di supposta origine biologica assicurasse provviste di cibo. I totem erano ad un tempo simboli dei gruppi e loro dei. Un tale dio era il clan personificato. Il totemismo fu una fase del tentativo di socializzare la religione altrimenti personale. Il totem si evolvé alla fine nella bandiera, o simbolo nazionale, dei diversi popoli moderni.
(970.4) 88:3.3 Una borsa feticcio, una borsa per medicamenti, era un sacchetto contenente un rispettabile assortimento di articoli impregnati di fantasmi, e lo stregone di un tempo non permetteva mai che la sua borsa, simbolo del suo potere, toccasse il suolo. I popoli civilizzati del ventesimo secolo stanno attenti che le loro bandiere, emblemi della coscienza nazionale, similmente non tocchino mai il suolo.
(970.5) 88:3.4 Le insegne di cariche sacerdotali e regali furono alla fine considerate feticci ed il feticcio dello Stato supremo è passato per molti stadi di sviluppo, dai clan alle tribù, dalla signoria alla sovranità, dai totem alle bandiere. Re feticci hanno regnato per “diritto divino” e sono esistite molte altre forme di governo. Gli uomini hanno fatto un feticcio anche della democrazia, l’esaltazione e la venerazione delle idee dell’uomo comune quando sono chiamate collettivamente “opinione pubblica”. L’opinione di un solo uomo, presa isolatamente, non è considerata di grande valore, ma quando molti uomini agiscono collettivamente come una democrazia, questo identico giudizio mediocre è considerato arbitro di giustizia e modello di rettitudine.
(970.6) 88:4.1 L’uomo civilizzato affronta i problemi di un ambiente reale con la sua scienza; l’uomo selvaggio tentava di risolvere i problemi reali di un ambiente illusorio di fantasmi con la magia. La magia era la tecnica con la quale si manipolava l’ambiente ipotetico degli spiriti le cui macchinazioni spiegavano incessantemente l’inesplicabile; era l’arte di ottenere la cooperazione volontaria degli spiriti e di costringerli a portare il loro aiuto involontario mediante l’impiego di feticci o di altri spiriti più potenti.
(970.7) 88:4.2 L’obiettivo della magia, della stregoneria e della negromanzia era duplice:
(970.8) 88:4.3 1. Riuscire a penetrare il futuro.
(970.9) 88:4.4 2. Influenzare favorevolmente l’ambiente.
(970.10) 88:4.5 Gli obiettivi della scienza sono identici a quelli della magia. L’umanità progredisce dalla magia alla scienza non per mezzo della meditazione e della ragione, ma piuttosto per mezzo di una lunga esperienza, gradualmente e penosamente. L’uomo avanza pian piano a ritroso verso la verità, cominciando nell’errore, progredendo nell’errore e raggiungendo alla fine la soglia della verità. Solo con l’arrivo del metodo scientifico l’uomo ha guardato in avanti. Ma l’uomo primitivo doveva sperimentare o perire.
(970.11) 88:4.6 Il fascino della superstizione primitiva fu la madre della curiosità scientifica successiva. C’era un’emozione dinamica progressista — paura aggiunta a curiosità — in queste superstizioni primitive; c’era una forza di propulsione progressista nell’antica magia. Queste superstizioni rappresentavano l’emersione del desiderio umano di conoscere e di controllare l’ambiente planetario.
(971.1) 88:4.7 La magia ebbe una forte presa sul selvaggio perché egli non riusciva ad afferrare il concetto di morte naturale. L’idea successiva del peccato originale aiutò molto ad indebolire la presa della magia sulla razza perché spiegava la morte naturale. In una certa epoca non era affatto insolito che dieci persone innocenti fossero messe a morte a causa della supposta responsabilità di una sola morte naturale. Questa è una delle ragioni per le quali i popoli antichi non si sono moltiplicati più rapidamente, e ciò si verifica ancora presso alcune tribù africane. L’accusato confessava di solito la sua colpa, anche se doveva affrontare la morte.
(971.2) 88:4.8 La magia è naturale per un selvaggio. Egli crede che un nemico possa effettivamente essere ucciso mediante pratiche di stregoneria sui suoi capelli tagliati o sui suoi ritagli di unghie. L’esito mortale di morsi di serpente era attribuito alla magia dello stregone. La difficoltà di combattere la magia sorge dal fatto che la paura può uccidere. I popoli primitivi temevano talmente la magia che essa uccideva realmente e tali risultati erano sufficienti per convalidare questa errata credenza. In caso di fallimento c’era sempre una qualche spiegazione plausibile; il rimedio per una magia imperfetta era un supplemento di magia.
(971.3) 88:5.1 Poiché ogni oggetto collegato al corpo poteva diventare un feticcio, la magia più primitiva s’interessò dei capelli e delle unghie. La segretezza che accompagnava le eliminazioni corporali ebbe origine dalla paura che un nemico potesse impadronirsi di qualche derivato del corpo ed utilizzarlo per una magia nociva; tutti gli escrementi del corpo venivano perciò attentamente interrati. Ci si asteneva dallo sputare in pubblico per timore che la saliva potesse essere usata in una magia deleteria; lo sputo veniva sempre coperto. Anche i residui di cibo, i vestiti e gli ornamenti potevano diventare strumenti di magia. Il selvaggio non lasciava mai residui del suo pasto sulla tavola. E tutto ciò era fatto per paura che i propri nemici potessero usare queste cose in riti magici, non per un apprezzamento del valore igienico di tali pratiche.
(971.4) 88:5.2 Gli amuleti magici erano composti da una grande varietà di cose: carne umana, unghie di tigre, denti di coccodrillo, semi di piante velenose, veleno di serpente e capelli umani. Le ossa dei morti erano molto magiche. Anche la polvere di orme di piede poteva essere usata in magia. Gli antichi credevano molto negli amuleti d’amore. Il sangue ed altre forme di secrezione corporale erano in grado di assicurare l’influenza magica dell’amore.
(971.5) 88:5.3 Si riteneva che le immagini fossero efficaci in magia. Venivano fatte delle effigi, e quando le si trattava bene o male, si credeva che gli stessi effetti raggiungessero la persona reale. Nel fare degli acquisti le persone superstiziose masticavano un pezzo di legno duro allo scopo d’intenerire il cuore del venditore.
(971.6) 88:5.4 Il latte di una vacca nera era altamente magico, così come lo erano i gatti neri. Il bastone o la bacchetta erano magici, insieme con i tamburi, le campane e i nodi. Tutti gli oggetti antichi erano degli amuleti magici. Le pratiche di una civiltà nuova o più elevata erano guardati con sospetto a causa della loro presunta natura magica cattiva. Gli scritti, le stampe e le immagini furono a lungo considerati in tal modo.
(971.7) 88:5.5 L’uomo primitivo credeva che i nomi dovessero essere trattati con rispetto, specialmente i nomi degli dei. Il nome era considerato come un’entità, un’influenza distinta dalla personalità fisica; esso era tenuto nella stessa considerazione dell’anima e dell’ombra. I nomi venivano dati in prestito; un uomo non poteva usare il suo nome prima di averlo riscattato pagando il prestito. Oggi si firma con il proprio nome un pagherò. Il nome di un individuo divenne ben presto importante in magia. Il selvaggio aveva due nomi; quello principale era considerato troppo sacro per essere usato in occasioni ordinarie, da qui il secondo nome o nome comune — un soprannome. Egli non diceva mai il suo vero nome a degli stranieri. Ogni esperienza di natura insolita lo portava a cambiare il suo nome; talvolta ciò avveniva nello sforzo di guarire una malattia o di arrestare la malasorte. Il selvaggio poteva ottenere un nuovo nome acquistandolo dal capo tribù; gli uomini investono ancora in titoli e in gradi. Ma tra le tribù più primitive, come i Boscimani dell’Africa, i nomi individuali non esistono.
(972.1) 88:6.1 La magia fu praticata con l’impiego di bacchette, di riti “medicali” e d’incantesimi ed era abitudine per chi li praticava lavorare svestiti. Le donne erano più numerose degli uomini tra i maghi primitivi. In magia, “medicina” significa mistero, non trattamento. Il selvaggio non curava mai se stesso; non prendeva mai medicine se non su consiglio degli specialisti in magia. Gli stregoni vudù del ventesimo secolo sono tipici dei maghi di un tempo.
(972.2) 88:6.2 C’era una fase pubblica ed una privata della magia. Quella compiuta dallo stregone, dallo sciamano o dal sacerdote era considerata destinata al bene di tutta la tribù. Le streghe, gli stregoni ed i maghi dispensavano una magia privata, una magia personale ed egoistica che era impiegata come metodo coercitivo per portare il male sui nemici. Il concetto di duplice spiritismo, di buoni e cattivi spiriti, diede origine alle credenze successive nella magia bianca e in quella nera. E via via che la religione si evolvé, il termine magia fu applicato alle operazioni degli spiriti estranei al proprio culto ed esso fu anche riferito alle credenze più antiche nei fantasmi.
(972.3) 88:6.3 Le combinazioni di parole, il rituale di canti e d’incantesimi, erano altamente magici. Certi incantesimi primitivi si trasformarono alla fine in preghiere. Ben presto fu praticata la magia imitativa; le preghiere furono rappresentate; le danze magiche non erano nient’altro che preghiere messe in scena. La preghiera sostituì gradualmente la magia come associata ai sacrifici.
(972.4) 88:6.4 La gestualità, essendo più antica della parola, era più sacra e magica, e la mimica era ritenuta avere un forte potere magico. Gli uomini rossi inscenavano spesso una danza del bisonte in cui uno di loro faceva la parte di un bisonte, e venendo preso egli assicurava il successo della caccia imminente. Le festività sessuali del Calendimaggio erano semplicemente una magia imitativa, un richiamo suggestivo alle passioni sessuali del mondo vegetale. La bambola fu inizialmente impiegata come talismano magico dalle spose sterili.
(972.5) 88:6.5 La magia fu il ramo dell’albero religioso evoluzionario che produsse alla fine il frutto di un’era scientifica. La credenza nell’astrologia portò allo sviluppo dell’astronomia; la credenza nella pietra filosofale portò alla conoscenza approfondita dei metalli, mentre la credenza in numeri magici fondò la scienza della matematica.
(972.6) 88:6.6 Ma un mondo così pieno di amuleti contribuì molto a distruggere ogni ambizione ed ogni iniziativa personali. I frutti del lavoro supplementare o della diligenza erano considerati magici. Se un uomo aveva nel suo campo più grano del suo vicino poteva essere trascinato davanti al capo ed accusato di aver attirato questo grano in più dal campo del suo vicino indolente. In verità in quest’epoca di barbarie era pericoloso sapere troppo; c’era sempre il pericolo di essere giustiziato come praticante di magia nera.
(972.7) 88:6.7 Gradualmente la scienza sta rimuovendo dalla vita il fattore azzardo. Ma se i metodi moderni di educazione fallissero, ci sarebbe un ritorno quasi immediato alle credenze primitive nella magia. Queste superstizioni persistono ancora nella mente di molte persone cosiddette civilizzate. Il linguaggio contiene molte espressioni fossili che testimoniano come la razza sia stata a lungo immersa nella superstizione magica, parole quali maleficio, cattiva stella, possessione, ispirazione, sparire per incanto, ingegnosità, incantatore, stupefatto e stupito. E degli esseri umani intelligenti credono ancora nella buona sorte, nel malocchio e nell’astrologia.
(973.1) 88:6.8 La magia antica fu il bozzolo della scienza moderna, indispensabile al suo tempo ma ora non più utile. E così i fantasmi della superstizione ignorante agitarono la mente primitiva degli uomini fino a quando non poterono nascere i concetti della scienza. Oggi Urantia è agli albori di questa evoluzione intellettuale. Una metà del mondo è bramosa di conoscere la luce della verità ed i fatti della scoperta scientifica, mentre l’altra metà langue tra le braccia dell’antica superstizione e di una magia appena dissimulata.
(973.2) 88:6.9 [Presentato da un Brillante Astro della Sera di Nebadon.]
(974.1) 89:0.1 L’UOMO primitivo si considerava in debito verso gli spiriti, come avente bisogno di redenzione. Secondo il punto di vista dei selvaggi, gli spiriti avrebbero potuto punirli, per giustizia, con molta più malasorte. Con il passare del tempo questo concetto si trasformò nella dottrina del peccato e della salvezza. Si riteneva che l’anima venisse al mondo con una penalità — il peccato originale. L’anima doveva essere redenta; si doveva fornire un capro espiatorio. Il cacciatore di teste, oltre a praticare il culto dell’adorazione del cranio, poteva fornire un sostituto per la sua stessa vita, un uomo che fungesse da capro espiatorio.
(974.2) 89:0.2 Il selvaggio fu ben presto ossessionato dalla nozione che gli spiriti provassero una soddisfazione suprema alla vista della miseria, della sofferenza e dell’umiliazione umane. All’inizio l’uomo si occupò solo dei peccati di commissione, ma in seguito si preoccupò dei peccati di omissione. E tutto il sistema successivo dei sacrifici si sviluppò attorno a queste due idee. Questo nuovo rituale riguardava l’osservanza delle cerimonie di propiziazione dei sacrifici. L’uomo primitivo credeva che si dovesse fare qualcosa di speciale per conquistare il favore degli dei; solo una civiltà evoluta riconosce un Dio costantemente sereno e benevolo. La propiziazione era un’assicurazione contro la cattiva sorte immediata piuttosto che un investimento per una felicità futura. I riti di evitazione, di esorcismo, di coercizione e di propiziazione si fondono tutti gli uni negli altri.
(974.3) 89:1.1 L’osservanza di un tabù era lo sforzo dell’uomo di schivare la cattiva sorte, di non offendere gli spiriti fantasma astenendosi da qualcosa. All’inizio i tabù non erano religiosi, ma acquisirono presto l’approvazione dei fantasmi e degli spiriti, e quando furono rafforzati in tal modo, divennero dei legislatori e dei costruttori d’istituzioni. Il tabù è la fonte delle norme cerimoniali e l’antenato dell’autocontrollo primitivo. Esso fu la primissima forma di regolamentazione sociale e per lungo tempo la sola; ed è ancora un fattore fondamentale della struttura sociale regolatrice.
(974.4) 89:1.2 Il rispetto che queste proibizioni ispiravano alla mente del selvaggio eguagliava esattamente la sua paura dei poteri che si riteneva imponessero tali proibizioni. I tabù sorsero inizialmente a causa dell’esperienza casuale con la cattiva sorte; in seguito furono proposti dai capi e dagli sciamani — uomini feticcio che si riteneva fossero guidati da uno spirito fantasma, o addirittura da un dio. La paura della punizione degli spiriti è così grande nella mente di un primitivo che talvolta muore di spavento quando ha violato un tabù, e questo episodio drammatico rafforza enormemente la presa del tabù sulla mente dei sopravviventi.
(974.5) 89:1.3 Tra le primissime proibizioni c’erano le restrizioni sull’appropriazione delle donne e di altri beni. A mano a mano che la religione cominciò a svolgere un ruolo più ampio nell’evoluzione del tabù, l’articolo messo al bando fu considerato impuro, successivamente empio. Gli annali degli Ebrei sono pieni di menzioni concernenti cose pure ed impure, sante ed empie, ma le loro credenze in tal senso erano molto meno ingombranti ed estese di quelle di molti altri popoli.
(975.1) 89:1.4 I sette comandamenti di Dalamatia e di Eden, così come le dieci leggi degli Ebrei, erano dei tabù definiti, tutti espressi nella stessa forma negativa delle più antiche proibizioni. Ma questi ultimi codici erano veramente emancipatori per il fatto che prendevano il posto di migliaia di tabù preesistenti. Inoltre questi comandamenti più tardivi promettevano in modo preciso qualcosa come ricompensa per l’obbedienza.
(975.2) 89:1.5 I tabù primitivi sul cibo ebbero origine dal feticismo e dal totemismo. Il maiale era sacro per i Fenici, la vacca per gli Indù. Il tabù egiziano sulla carne di porco è stato perpetuato dalle fedi ebraica ed islamica. Una variante del tabù sul cibo era la credenza che una donna incinta potesse pensare talmente ad un certo alimento che il bambino, alla nascita, sarebbe stato il riflesso di questo alimento. Tali cibi sarebbero stati tabù per il bambino.
(975.3) 89:1.6 I modi di mangiare divennero presto dei tabù, e così ebbe origine l’etichetta per la tavola antica e moderna. I sistemi di casta ed i livelli sociali sono vestigia residue di antiche proibizioni. I tabù furono molto efficaci per organizzare la società, ma erano terribilmente opprimenti; il sistema di proibizione negativa conteneva non solo regole utili e costruttive ma anche tabù obsoleti, triti ed inutili.
(975.4) 89:1.7 Nessuna società civilizzata, tuttavia, può permettersi di criticare l’uomo primitivo, eccetto che per questi svariati e diffusi tabù, ed il tabù non sarebbe mai persistito se non fosse stato appoggiato dall’approvazione della religione primitiva. Molti dei fattori essenziali dell’evoluzione dell’uomo sono stati estremamente onerosi, sono costati immensi tesori di sforzi, di sacrifici e di rinunce; ma questi successi nell’autocontrollo sono stati i gradini stessi sui quali l’uomo ha salito la scala ascendente della civiltà.
(975.5) 89:2.1 La paura del caso ed il timore della cattiva sorte spinsero letteralmente l’uomo all’invenzione della religione primitiva come supposta assicurazione contro queste calamità. Dalla magia e dai fantasmi la religione si evolvé, attraverso gli spiriti ed i feticci, fino ai tabù. Ogni tribù primitiva aveva il suo albero dal frutto proibito, letteralmente il melo, ma figurativamente consistente in un migliaio di rami pendenti carichi di ogni sorta di tabù. E l’albero proibito diceva sempre: “Tu non farai.”
(975.6) 89:2.2 Quando la mente del selvaggio si evolvé fino al punto d’immaginare buoni e cattivi spiriti, e quando il tabù ricevette l’approvazione solenne della religione in evoluzione, la scena fu pronta per l’apparizione del nuovo concetto di peccato. L’idea di peccato era universalmente stabilita nel mondo prima che la religione rivelata facesse il suo ingresso. Fu solo attraverso il concetto di peccato che la morte naturale divenne logica per la mente primitiva. Il peccato era la trasgressione del tabù e la morte era la punizione del peccato.
(975.7) 89:2.3 Il peccato era rituale, non razionale; era un atto, non un pensiero. E l’intero concetto di peccato era sostenuto dalle vaghe tradizioni di Dilmun e dei tempi di un piccolo paradiso sulla terra. La tradizione di Adamo e del Giardino di Eden conferiva anch’essa sostanza al sogno di un’antica “età d’oro” agli albori delle razze. Tutto ciò confermava le idee espresse più tardi nella credenza che l’uomo avesse avuto la sua origine in una creazione speciale, che avesse iniziato la sua carriera nella perfezione e che la trasgressione dei tabù — il peccato — l’avesse abbassato al suo triste destino successivo.
(976.1) 89:2.4 La violazione abituale di un tabù divenne un vizio; la legge primitiva fece del vizio un crimine; la religione ne fece un peccato. Presso le tribù primitive la violazione di un tabù era insieme un crimine ed un peccato. Una calamità che colpiva la comunità era sempre considerata come punizione di un peccato della tribù. Per coloro che credevano che la prosperità andasse di pari passo con la rettitudine, l’apparente prosperità del malvagio causò tale preoccupazione che fu necessario inventare degli inferni per punire i violatori dei tabù; il numero di questi luoghi di punizione futura è variato da uno a cinque.
(976.2) 89:2.5 L’idea di confessione e di perdono apparve presto nella religione primitiva. Gli uomini chiedevano perdono in una riunione pubblica per i peccati che intendevano commettere la settimana seguente. La confessione era semplicemente un rito di remissione ed anche una denuncia pubblica di contaminazione, un rituale per gridare “impuro, impuro!” Seguivano poi tutte le forme rituali di purificazione. Tutti i popoli antichi praticarono queste cerimonie prive di senso. Molte usanze apparentemente igieniche delle tribù primitive erano prevalentemente cerimoniali.
(976.3) 89:3.1 La rinuncia fu la tappa successiva dell’evoluzione religiosa; il digiuno fu una pratica comune. Ben presto divenne usanza rinunciare a molte forme di piacere fisico, specialmente di natura sessuale. Il rituale del digiuno era profondamente radicato in molte religioni antiche ed è stato trasmesso praticamente a tutti i sistemi teologici moderni di pensiero.
(976.4) 89:3.2 Giusto nel momento in cui i barbari cominciavano ad abbandonare la pratica dispendiosa di bruciare e di seppellire i beni con i morti, proprio quando la struttura economica delle razze cominciava a prendere forma, apparve questa nuova dottrina religiosa della rinuncia, e decine di migliaia di anime sincere si misero a praticare la povertà. I beni furono considerati un ostacolo spirituale. Queste nozioni dei pericoli spirituali connessi con il possesso di beni materiali erano molto diffuse all’epoca di Filone e di Paolo, e da allora hanno sempre notevolmente influenzato la filosofia europea.
(976.5) 89:3.3 La povertà era semplicemente una parte del rituale di mortificazione della carne che, sfortunatamente, fu incorporato negli scritti e negli insegnamenti di molte religioni, in particolare del Cristianesimo. La penitenza è la forma negativa di questo rituale tante volte insensato della rinuncia. Ma tutto ciò insegnò al selvaggio l’autocontrollo e fu un valido progresso nell’evoluzione sociale. La negazione di sé e l’autocontrollo furono due delle più grandi conquiste sociali della religione evoluzionaria primitiva. L’autocontrollo portò l’uomo ad una nuova filosofia di vita; gli insegnò l’arte di accrescere la sua frazione di vita diminuendo il denominatore delle esigenze personali invece di tentare sempre di aumentare il numeratore della gratificazione egoista.
(976.6) 89:3.4 Queste antiche idee di autodisciplina comprendevano la flagellazione ed ogni sorta di tortura fisica. I sacerdoti del culto della madre erano particolarmente attivi nell’insegnare la virtù della sofferenza fisica, dando l’esempio col sottoporsi alla castrazione. Gli Ebrei, gli Indù e i Buddisti erano ardenti seguaci di questa dottrina di umiliazione fisica.
(976.7) 89:3.5 Durante tutta l’antichità gli uomini cercarono con questi metodi d’inscrivere crediti addizionali sui registri di autonegazione dei loro dei. Un tempo fu usanza, quando si era sotto certe tensioni emotive, di fare voto di autonegazione e di autotortura. Con il tempo questi voti assunsero la forma di contratti con gli dei, ed in tal senso rappresentarono un vero progresso evoluzionario per il fatto che gli dei furono ritenuti fare qualcosa di preciso come ricompensa di questa autotortura e di questa mortificazione della carne. I voti erano sia negativi che positivi. Promesse di questo genere dannoso ed estremo si osservano meglio oggi tra certi gruppi dell’India.
(977.1) 89:3.6 Fu naturale che il culto della rinuncia e dell’umiliazione avesse rivolto l’attenzione alla soddisfazione sessuale. Il culto della continenza ebbe origine come rituale tra i soldati prima d’iniziare una battaglia; in tempi successivi divenne la pratica dei “santi”. Questo culto tollerava il matrimonio solo come male minore rispetto alla fornicazione. Molte delle grandi religioni del mondo sono state sfavorevolmente influenzate da questo antico culto, ma nessuna più marcatamente del Cristianesimo. L’apostolo Paolo fu un devoto di questo culto, ed i suoi punti di vista personali sono riflessi negli insegnamenti che fissò nella teologia cristiana: “È bene per un uomo non toccare una donna.” “Vorrei che tutti gli uomini fossero come me.” “Io dico dunque ai celibi e alle vedove, è bene per loro mantenersi come me.” Paolo sapeva bene che questi insegnamenti non facevano parte del vangelo di Gesù, ed il suo riconoscimento di ciò è illustrato dalla sua affermazione: “Dico questo per licenza e non per comandamento.” Ma questo culto portò Paolo a disprezzare le donne. Il fatto spiacevole di tutto ciò è che le sue opinioni personali hanno influenzato a lungo gli insegnamenti di una grande religione del mondo. Se il consiglio del maestro costruttore di tende fosse stato seguito alla lettera ed universalmente, allora la razza umana sarebbe pervenuta ad una fine immediata ed ingloriosa. Inoltre, il coinvolgimento di una religione nell’antico culto della continenza portò direttamente ad una guerra contro il matrimonio e la famiglia, vere basi della società ed istituzioni fondamentali del progresso umano. E non c’è da stupirsi del fatto che queste credenze abbiano favorito la formazione di sacerdozi praticanti il celibato nelle numerose religioni dei vari popoli.
(977.2) 89:3.7 Un giorno l’uomo dovrà apprendere come godere della libertà senza licenza, del nutrirsi senza ingordigia e del piacere senza depravazione. L’autocontrollo è una politica umana migliore per regolare la propria condotta rispetto all’estrema negazione di sé. Gesù non ha mai insegnato questi punti di vista irragionevoli ai suoi discepoli.
(977.3) 89:4.1 Il sacrificio come parte delle devozioni religiose, similmente a molti altri rituali di adorazione, non ebbe un’origine semplice ed unica. La tendenza ad inchinarsi davanti al potere ed a prostrarsi in adorazione in presenza di un mistero è prefigurata dall’accucciarsi del cane davanti al suo padrone. Non c’è che un passo tra l’impulso dell’adorazione e l’atto del sacrificio. L’uomo primitivo misurava il valore del suo sacrificio dal dolore di cui soffriva. Quando l’idea del sacrificio si accompagnò per la prima volta al cerimoniale religioso, non fu prevista alcuna offerta che non producesse sofferenza. I primi sacrifici furono degli atti quali strapparsi i capelli, incidere la carne, mutilarsi, rompersi i denti e tagliarsi le dita. Con il progredire della civiltà questi rozzi concetti del sacrificio furono elevati al livello dei rituali di autoabnegazione, di ascetismo, di digiuno, di privazione e più tardi della dottrina cristiana di santificazione attraverso afflizioni, sofferenze e la mortificazione della carne.
(977.4) 89:4.2 Nell’evoluzione della religione si formarono ben presto due concetti del sacrificio: l’idea di sacrificare delle offerte, che implicava l’atteggiamento di rendere grazie, ed il sacrificio come debito, che inglobava l’idea di redenzione. Più tardi si sviluppò la nozione di sostituzione.
(977.5) 89:4.3 Più tardi ancora l’uomo concepì che il suo sacrificio, di qualunque natura fosse, poteva servire come portatore di messaggi agli dei; poteva essere come un aroma gradevole nelle narici della deità. Ciò portò all’uso dell’incenso e di altre forme estetiche nei rituali del sacrificio, che si trasformarono in feste sacrificali, divenendo col tempo sempre più elaborati e adorni.
(978.1) 89:4.4 A mano a mano che la religione si evolvé, i riti sacrificali di conciliazione e di propiziazione rimpiazzarono gli antichi metodi di elusione, di placamento e di esorcismo.
(978.2) 89:4.5 L’idea iniziale del sacrificio era quella di un’imposta di neutralità percepita dagli spiriti ancestrali; solo più tardi si sviluppò l’idea di espiazione. Via via che l’uomo si allontanò dalla nozione dell’origine evoluzionaria della razza, e che le tradizioni dei tempi del Principe Planetario e del soggiorno di Adamo furono filtrate dal tempo, si diffuse il concetto di peccato e di peccato originale, cosicché il sacrificio per un peccato accidentale e personale si evolvé nella dottrina del sacrificio per l’espiazione del peccato razziale. L’espiazione del sacrificio era un meccanismo di assicurazione globale che copriva anche il risentimento e la gelosia di un dio sconosciuto.
(978.3) 89:4.6 Circondato da così tanti spiriti suscettibili e da dei avidi, l’uomo primitivo doveva fronteggiare una tale schiera di deità creditrici che ci volevano tutti i sacerdoti, i rituali ed i sacrifici di un’intera vita per trarlo fuori dai suoi debiti spirituali. La dottrina del peccato originale, o colpa razziale, dotava inizialmente ogni persona di un grosso debito verso i poteri spirituali.
(978.4) 89:4.7 Agli uomini vengono dati doni e regalie; ma quando sono offerti agli dei sono descritti come consacrati, resi sacri, o sono chiamati sacrifici. La rinuncia era la forma negativa della propiziazione; il sacrificio divenne la forma positiva. L’atto di propiziazione includeva la lode, la glorificazione, l’adulazione ed anche il divertimento. Sono i residui di queste pratiche positive dell’antico culto di propiziazione che costituiscono le forme moderne di adorazione divina. Le forme odierne di adorazione sono semplicemente la ritualizzazione di queste antiche tecniche sacrificali di propiziazione positiva.
(978.5) 89:4.8 Il sacrificio di animali significava per l’uomo primitivo molto di più di quanto potrebbe mai significare per le razze moderne. Questi barbari consideravano gli animali come loro effettivi parenti prossimi. Con il passare del tempo l’uomo divenne accorto nei suoi sacrifici, cessando di offrire i suoi animali da lavoro. All’inizio egli sacrificava il meglio di ogni cosa, inclusi i suoi animali domestici.
(978.6) 89:4.9 Non era una sciocca vanteria quella di un certo sovrano egiziano quando affermò di aver sacrificato: 113.433 schiavi, 493.386 capi di bestiame, 88 battelli, 2.756 statuette d’oro, 331.702 giare di miele e d’olio, 228.380 giare di vino, 680.714 oche, 6.744.428 pani e 5.740.352 sacchi di monete. E per fare questo aveva dovuto tassare pesantemente i suoi provati sudditi.
(978.7) 89:4.10 Una reale necessità spinse alla fine questi semiselvaggi a mangiare la parte materiale dei loro sacrifici, avendo gli dei beneficiato della loro anima. Questa usanza trovò giustificazione sotto il pretesto dell’antico pasto sacro, un rito di comunione conforme alle usanze moderne.
(978.8) 89:5.1 Le idee moderne sul cannibalismo primitivo sono del tutto sbagliate; esso faceva parte dei costumi della società primitiva. Mentre il cannibalismo è tradizionalmente orribile per la civiltà moderna, era un elemento della struttura sociale e religiosa della società primitiva. Gli interessi collettivi imposero la pratica del cannibalismo. Esso si sviluppò sotto la spinta della necessità e persisté a causa della schiavitù della superstizione e dell’ignoranza. Era un’usanza sociale, economica, religiosa e militare.
(979.1) 89:5.2 L’uomo primitivo era cannibale; gradiva molto la carne umana e perciò la offriva come dono alimentare agli spiriti ed ai suoi dei primitivi. Poiché gli spiriti fantasma erano semplicemente degli uomini modificati, e poiché il cibo era il bisogno principale degli uomini, allora il cibo doveva essere similmente il bisogno più grande di uno spirito.
(979.2) 89:5.3 Il cannibalismo fu un tempo quasi universale tra le razze in evoluzione. I Sangik erano tutti cannibali, ma in origine gli Andoniti non lo erano, e nemmeno i Noditi e gli Adamiti; né lo furono gli Anditi fino a quando non si furono notevolmente mescolati con le razze evoluzionarie.
(979.3) 89:5.4 Il gusto per la carne umana cresce. Preso avvio attraverso la fame, l’amicizia, la vendetta o il rituale religioso, l’assunzione di carne umana prosegue fino al cannibalismo abituale. Il mangiare carne umana prese origine dalla scarsità di cibo, benché questa fosse stata raramente la ragione soggiacente. Gli Eschimesi e i primi Anditi, tuttavia, furono raramente cannibali, salvo che in tempi di carestia. Gli uomini rossi, specialmente nell’America Centrale, erano cannibali. Una volta era pratica generale per le madri primitive uccidere e mangiare i loro stessi figli per recuperare le forze perse durante il parto, e nel Queensland il primo figlio è ancora spesso ucciso in tal modo e divorato. In tempi recenti molte tribù africane hanno fatto deliberatamente ricorso al cannibalismo come misura di guerra, una sorta di atrocità con cui terrorizzare i loro vicini.
(979.4) 89:5.5 Un certo cannibalismo risultò dalla degenerazione di stirpi un tempo superiori, ma fu perlopiù prevalente tra le razze evoluzionarie. Il cibarsi di carne umana ebbe inizio in un’epoca in cui gli uomini provavano emozioni intense ed aspre nei confronti dei loro nemici. Mangiare carne umana divenne parte di una cerimonia solenne di vendetta; si credeva che il fantasma di un nemico potesse in questo modo essere distrutto o incorporato in quello del mangiatore. Un tempo fu credenza molto diffusa che gli stregoni ottenessero i loro poteri mangiando carne umana.
(979.5) 89:5.6 Certi gruppi di mangiatori di uomini volevano consumare soltanto membri della loro tribù, una consanguineità pseudospirituale che era ritenuta accentuare la solidarietà tribale. Ma essi mangiavano anche dei nemici per vendetta, con l’idea di appropriarsi della loro forza. Era considerato un onore per l’anima di un amico o di un compagno di tribù se il suo corpo veniva mangiato, mentre non era niente più che una giusta punizione per un nemico divorarlo in tal modo. La mente dei selvaggi non aveva alcuna pretesa di essere coerente.
(979.6) 89:5.7 Presso certe tribù i genitori anziani cercavano di essere mangiati dai loro figli; presso altre era consuetudine astenersi dal mangiare i parenti prossimi, i cui corpi erano venduti o scambiati con quelli di stranieri. C’era un commercio considerevole di donne e di bambini che erano stati ingrassati per essere macellati. Quando le malattie o la guerra non riuscivano a limitare la popolazione, l’eccedenza veniva mangiata senza tante cerimonie.
(979.7) 89:5.8 Il cannibalismo è andato gradualmente scomparendo a causa delle seguenti influenze:
(979.8) 89:5.9 1. Esso divenne talvolta una cerimonia comunitaria, l’assunzione di una responsabilità collettiva per infliggere la pena di morte ad un membro della tribù. Macchiarsi del sangue altrui cessa di essere un crimine quando vi partecipano tutti, la società. L’ultima pratica di cannibalismo in Asia fu di mangiare i criminali giustiziati.
(979.9) 89:5.10 2. Esso divenne molto presto un rito religioso, ma la crescita della paura dei fantasmi non contribuì sempre a ridurre l’assunzione di carne umana.
(979.10) 89:5.11 3. Alla fine esso progredì al punto che venivano mangiate solo certe parti od organi del corpo, quelle parti che si supponeva contenessero l’anima o porzioni dello spirito. Bere sangue divenne cosa comune, ed era usanza mescolare le parti “commestibili” del corpo con medicamenti.
(980.1) 89:5.12 4. Esso venne limitato agli uomini; si proibì alle donne di mangiare carne umana.
(980.2) 89:5.13 5. Esso fu successivamente limitato ai capi, ai sacerdoti e agli sciamani.
(980.3) 89:5.14 6. Esso divenne in seguito tabù tra le tribù superiori. Il tabù sul cannibalismo ebbe origine a Dalamatia e si diffuse lentamente nel mondo. I Noditi incoraggiarono la cremazione come mezzo per combattere il cannibalismo, poiché un tempo era pratica corrente dissotterrare i corpi sepolti e mangiarli.
(980.4) 89:5.15 7. Il sacrificio umano suonò gli ultimi rintocchi per il cannibalismo. La carne umana essendo divenuta il cibo di uomini superiori, dei capi, fu alla fine riservata agli spiriti ancora superiori; e così le offerte di sacrifici umani posero efficacemente fine al cannibalismo, salvo che tra le tribù più arretrate. Quando la pratica dei sacrifici umani fu pienamente stabilita, il cannibalismo divenne tabù; la carne umana era cibo solo per gli dei; l’uomo poteva mangiare soltanto un piccolo boccone cerimoniale, un sacramento.
(980.5) 89:5.16 Alla fine la sostituzione con animali divenne di uso generale per gli scopi sacrificali, ed anche tra le tribù più arretrate il mangiare cani ridusse grandemente il cannibalismo. Il cane era il principale animale domestico ed era tenuto in alta considerazione sia come tale che come cibo.
(980.6) 89:6.1 I sacrifici umani furono un risultato indiretto del cannibalismo come pure la sua cura. Fornire delle scorte spirituali per il mondo degli spiriti portò anch’esso alla diminuzione della pratica di mangiare carne umana in quanto non fu mai usanza mangiare questi sacrifici morti. Nessuna razza è stata completamente esente dalla pratica dei sacrifici umani sotto una qualche forma ed in una qualche epoca, anche se gli Andoniti, i Noditi e gli Adamiti furono i meno dediti al cannibalismo.
(980.7) 89:6.2 Il sacrificio umano è stato praticamente universale; esso persisté nelle usanze religiose dei Cinesi, degli Indù, degli Egiziani, degli Ebrei, dei Mesopotamici, dei Greci, dei Romani e di molti altri popoli, anche fino a tempi recenti tra le tribù arretrate dell’Africa e dell’Australia. Gli Indiani d’America più tardivi avevano una civiltà emergente dal cannibalismo e perciò impregnata di sacrifici umani, specialmente nell’America Centrale e nell’America del Sud. I Caldei furono i primi ad abbandonare i sacrifici umani nelle occasioni ordinarie, sostituendovi degli animali. Circa duemila anni fa un imperatore giapponese dal cuore tenero introdusse delle statuette d’argilla per rimpiazzare i sacrifici umani, ma fu meno di un migliaio di anni fa che questi sacrifici si estinsero nell’Europa settentrionale. Tra certe tribù arretrate il sacrificio umano è ancora praticato da volontari, una sorta di suicidio religioso o rituale. Uno sciamano ordinò una volta il sacrificio di un uomo anziano molto rispettato di una certa tribù. La popolazione si rivoltò, si rifiutò di obbedire. Ed allora l’uomo anziano si fece uccidere dal proprio figlio; gli antichi credevano realmente in questa usanza.
(980.8) 89:6.3 Non c’è più tragica e patetica esperienza registrata, illustrativa dei laceranti contrasti tra le antiche usanze religiose onorate nel tempo e le esigenze opposte della civiltà in progresso, del racconto ebreo di Jefte e della sua unica figlia. Secondo l’usanza corrente quest’uomo bene intenzionato aveva fatto un voto sciocco, aveva fatto un contratto con il “dio delle battaglie” accettando di pagare un certo prezzo per la vittoria sui suoi nemici. E questo prezzo consisteva nel sacrificare chi fosse uscito per primo dalla sua casa per andargli incontro quando fosse ritornato. Jefte pensava che uno dei suoi fedeli schiavi sarebbe stato pronto a venirgli incontro in tal modo, ma capitò che sua figlia, la sua unica figlia, uscì per dargli il bentornato a casa. E così, anche in quella data più tarda e tra un popolo ritenuto civilizzato, questa bella giovane, dopo due mesi di pianto per la sua sorte, fu effettivamente offerta come sacrificio umano da suo padre e con l’approvazione dei membri della sua tribù. E tutto questo fu fatto a dispetto delle rigorose ordinanze di Mosè contro le offerte di sacrifici umani. Ma gli uomini e le donne sono invogliati a fare dei voti sciocchi ed inutili, e gli uomini dell’antichità consideravano questi impegni altamente sacri.
(981.1) 89:6.4 Nei tempi antichi, quando s’iniziava una nuova costruzione di qualche importanza, era consuetudine uccidere un essere umano come “sacrificio per le fondamenta”. Ciò forniva uno spirito fantasma per vegliare e proteggere l’edificio. Quando i Cinesi si apprestavano a fondere una campana, l’usanza esigeva il sacrificio di almeno una giovane allo scopo di migliorare il timbro della campana; la giovane scelta veniva gettata viva nel metallo fuso.
(981.2) 89:6.5 Fu a lungo pratica di molti gruppi murare degli schiavi vivi dentro muri importanti. In tempi successivi le tribù del nord dell’Europa sostituirono il murare l’ombra di un passante a questa usanza di seppellire persone vive nelle pareti delle nuove costruzioni. I Cinesi seppellivano in un muro gli operai che erano morti mentre lo costruivano.
(981.3) 89:6.6 Un piccolo re di Palestina, nel costruire le mura di Gerico, “ne posò le fondamenta su Abiram, suo primogenito, e ne eresse le porte su suo figlio più giovane, Segub”. In quella data tardiva, non solo questo padre mise due dei suoi figli vivi negli scavi di fondazione delle porte della città, ma il suo atto è anche trascritto come compiuto “in conformità alla parola del Signore”. Mosè aveva proibito questi sacrifici per le fondamenta, ma gli Israeliti vi ritornarono ben presto dopo la sua morte. La cerimonia del ventesimo secolo di depositare dei ninnoli e dei ricordi nella prima pietra di una nuova costruzione è una reminiscenza dei sacrifici primitivi per le fondamenta.
(981.4) 89:6.7 Fu a lungo usanza di molti popoli dedicare i primi frutti agli spiriti. E queste osservanze, ora più o meno simboliche, sono tutte sopravvivenze delle cerimonie primitive implicanti dei sacrifici umani. L’idea di offrire il primogenito come sacrificio era assai diffusa tra gli antichi, specialmente tra i Fenici, i quali furono gli ultimi ad abbandonarla. All’atto del sacrificio si usava dire “una vita per la vita”. Ora al momento della morte voi dite “polvere alla polvere”.
(981.5) 89:6.8 Lo spettacolo di Abramo costretto a sacrificare suo figlio Isacco, benché sconvolgente per le suscettibilità civilizzate, non era un’idea nuova o strana per le persone di quell’epoca. Fu a lungo una pratica molto diffusa per i padri, nei momenti di grande tensione emotiva, sacrificare i loro primogeniti. Molti popoli hanno una tradizione analoga a questa storia, perché ci fu un tempo una credenza universale e profonda che fosse necessario offrire un sacrificio umano quando accadeva qualcosa di straordinario o d’insolito.
(981.6) 89:7.1 Mosè tentò di porre fine ai sacrifici umani introducendo il riscatto come sostituto. Egli stabilì una tabella sistematica che permetteva al suo popolo di evitare le conseguenze peggiori delle proprie scelte avventate e sciocche. Terre, beni e figli potevano essere riscattati sulla base delle quote stabilite, che si dovevano pagare ai sacerdoti. I gruppi che cessarono di sacrificare i loro primogeniti ebbero ben presto grandi vantaggi sui loro vicini meno evoluti che continuarono questi atti atroci. Molte di queste tribù arretrate non solo s’indebolirono moltissimo per questa perdita di figli, ma la stessa successione del comando fu spesso interrotta.
(982.1) 89:7.2 Una derivazione del passato sacrificio dei figli fu l’usanza d’imbrattare di sangue gli stipiti delle porte della casa per la protezione dei primogeniti. Ciò veniva fatto spesso in occasione di una delle feste sacre dell’anno, e questa cerimonia prevalse un tempo nella maggior parte del mondo, dal Messico all’Egitto.
(982.2) 89:7.3 Anche dopo che la maggior parte dei gruppi aveva cessato il rituale di uccidere i figli, rimase l’usanza di abbandonare un figlio in mezzo al deserto o in una piccola imbarcazione sull’acqua. Se il figlio sopravviveva si credeva che gli dei fossero intervenuti per proteggerlo, come nelle tradizioni di Sargon, Mosè, Ciro e Romolo. Poi venne la pratica di consacrare i figli primogeniti come sacri o sacrificali, permettendo loro di crescere e poi esiliandoli invece di farli morire; questa fu l’origine della colonizzazione. I Romani aderirono a questa usanza nel loro piano di colonizzazione.
(982.3) 89:7.4 Molte delle associazioni peculiari tra il lassismo sessuale ed il culto primitivo ebbero origine in connessione con i sacrifici umani. Nei tempi antichi, se una donna incontrava dei cacciatori di teste, poteva riscattare la propria vita con una concessione sessuale. Più tardi una giovane consacrata in sacrificio agli dei poteva scegliere di riscattare la sua vita dedicando per sempre il suo corpo al servizio sessuale sacro del tempio; in questo modo poteva procurarsi il denaro per il suo riscatto. Gli antichi consideravano molto nobilitante avere rapporti sessuali con una donna impegnata in tal modo a riscattare la sua vita. Congiungersi con queste giovani sacre era una cerimonia religiosa, ed inoltre questo rituale forniva un pretesto accettabile per soddisfazioni sessuali ordinarie. Questo era un modo sottile d’ingannare se stessi, e sia le giovani che i loro partner provavano piacere a praticarlo. I costumi sono sempre in ritardo rispetto al progresso evoluzionario della civiltà, sanzionando in tal modo le pratiche sessuali più primitive e più barbare delle razze in evoluzione.
(982.4) 89:7.5 La prostituzione nei templi si estese alla fine in tutta l’Europa meridionale e nell’Asia. Il denaro guadagnato dalle prostitute nei templi fu considerato sacro da tutti i popoli — un dono di grande valore da offrire agli dei. Le donne del tipo più evoluto affollavano i mercati sessuali del tempio e devolvevano i loro guadagni ad ogni sorta di servizi sacri e di opere d’interesse pubblico. Molte donne delle classi migliori accumulavano la loro dote mediante un servizio sessuale temporaneo nei templi, e la maggior parte degli uomini preferiva avere tali donne per mogli.
(982.5) 89:8.1 La redenzione sacrificale e la prostituzione nei templi erano in realtà modificazioni del sacrificio umano. Venne poi la simulazione del sacrificio delle figlie. Questa cerimonia consisteva in un salasso, con la consacrazione alla verginità per tutta la vita, e questa fu una reazione morale all’antica prostituzione nel tempio. In tempi più recenti le vergini si consacrarono al servizio di custodire i fuochi sacri dei templi.
(982.6) 89:8.2 Gli uomini concepirono infine l’idea che l’offerta di una parte del corpo poteva sostituire il vecchio sacrificio umano completo. Anche la mutilazione fisica fu considerata un sostituto accettabile. Furono sacrificati capelli, unghie, sangue ed anche dita delle mani e dei piedi. L’antico rito successivo e pressoché universale della circoncisione derivò dal culto del sacrificio parziale; esso era semplicemente un sacrificio; nessuna idea d’igiene gli era collegata. Gli uomini furono circoncisi; alle donne furono forate le orecchie.
(983.1) 89:8.3 Successivamente divenne usanza legare delle dita insieme invece di tagliarle. La rasatura della testa ed il taglio dei capelli furono anch’essi forme di devozione religiosa. L’eunuco derivò inizialmente da una modificazione dell’idea del sacrificio umano. La foratura del naso e delle labbra è ancora praticata in Africa, ed il tatuaggio è un’evoluzione artistica della precedenti grossolane incisioni sulla pelle.
(983.2) 89:8.4 L’usanza del sacrificio fu infine associata, a seguito d’insegnamenti più elevati, all’idea del patto. Infine si concepì che gli dei facessero dei reali accordi con gli uomini; e questa fu una tappa importante nella stabilizzazione della religione. La legge, un patto, prese il posto della fortuna, della paura e della superstizione.
(983.3) 89:8.5 L’uomo non si sarebbe neppure sognato di stipulare un contratto con la Deità prima che il suo concetto di Dio non fosse progredito al livello in cui i controllori dell’universo fossero ritenuti degni di fiducia. L’idea primitiva dell’uomo su Dio era talmente antropomorfica che egli non fu capace di concepire una Deità affidabile prima di essere divenuto lui stesso relativamente affidabile, morale ed etico.
(983.4) 89:8.6 Ma l’idea di fare un patto con gli dei finì per farsi strada. L’uomo evoluzionario acquisì finalmente una tale dignità morale da osare contrattare con i suoi dei. E così l’attività di offrire sacrifici si trasformò gradualmente nel gioco di mercanteggiamento filosofico dell’uomo con Dio. Tutto ciò rappresentava un nuovo espediente per assicurarsi contro la cattiva sorte, o piuttosto una tecnica migliore per l’acquisizione più certa della prosperità. Non nutrite l’idea errata che questi sacrifici primitivi fossero dei doni gratuiti agli dei, un’offerta spontanea di gratitudine o di ringraziamento; essi non erano espressioni di vera adorazione.
(983.5) 89:8.7 Le forme primitive di preghiera non erano né più né meno che mercanteggiamenti con gli spiriti, una trattativa con gli dei. Erano una specie di baratto nel quale la perorazione e la persuasione erano sostituite a qualcosa di più tangibile e costoso. Lo sviluppo del commercio tra le razze aveva inculcato lo spirito dello scambio ed aveva sviluppato la scaltrezza del baratto; ed ora queste caratteristiche cominciarono ad apparire nei metodi di culto dell’uomo. Come certi uomini erano commercianti migliori di altri, così certi furono considerati pregatori migliori di altri. La preghiera di un uomo giusto era tenuta in alta considerazione. Un uomo giusto era colui che aveva pagato tutti i suoi debiti agli spiriti, che aveva pienamente adempiuto tutti i suoi obblighi rituali verso gli dei.
(983.6) 89:8.8 La preghiera primitiva non era affatto un’adorazione; era una richiesta mediante mercanteggiamento per la salute, la ricchezza e la vita. E sotto molti aspetti le preghiere non sono molto cambiate con il trascorrere delle ere. Sono ancora lette ad alta voce dai libri, recitate ufficialmente e trascritte per essere poste su ruote e per essere appese agli alberi, dove il soffiare dei venti eviterà agli uomini il fastidio di spendere il loro fiato.
(983.7) 89:9.1 Il sacrificio umano, nel corso dell’evoluzione dei rituali di Urantia, è progredito dai sistemi sanguinari del cannibalismo fino ai livelli superiori e più simbolici. I riti primitivi del sacrificio generarono le cerimonie successive del sacramento. In tempi più recenti solo il sacerdote mangiava un pezzo del sacrificio cannibalesco o beveva un goccio di sangue umano, e poi tutti mangiavano l’animale sostitutivo. Queste idee primitive di riscatto, di redenzione e di alleanza si sono evolute negli attuali servizi sacramentali. E tutta questa evoluzione cerimoniale ha esercitato una potente influenza socializzante.
(984.1) 89:9.2 In connessione con il culto della Madre di Dio, in Messico e altrove fu alla fine utilizzato un sacramento di focacce e di vino al posto della carne e del sangue degli antichi sacrifici umani. Gli Ebrei praticarono a lungo questo rituale come parte delle loro cerimonie pasquali, e fu da questo cerimoniale che trasse la sua origine la successiva versione cristiana del sacramento.
(984.2) 89:9.3 Le antiche confraternite sociali erano basate sul rito di bere del sangue; la fraternità ebrea primitiva era una questione di sangue sacrificale. Paolo diede inizio alla formazione di un nuovo culto cristiano su “il sangue dell’alleanza eterna”. E benché abbia inutilmente ingombrato il Cristianesimo con insegnamenti sul sangue e sul sacrificio, egli riuscì a porre fine una volta per tutte alle dottrine di redenzione per mezzo di sacrifici umani o di animali. I suoi compromessi teologici indicano che anche la rivelazione deve sottomettersi al controllo graduale dell’evoluzione. Secondo Paolo, Cristo divenne l’ultimo sacrificio umano e quello bastevole per tutto; il Giudice divino è ora pienamente e definitivamente soddisfatto.
(984.3) 89:9.4 E così, dopo lunghe ere, il culto del sacrificio si è evoluto nel culto del sacramento. I sacramenti delle religioni moderne sono dunque i successori legittimi di quelle terribili cerimonie primitive dei sacrifici umani e degli ancora più primitivi rituali del cannibalismo. Molte persone contano ancora sul sangue per la salvezza, ma esso è almeno divenuto figurativo, simbolico e mistico.
(984.4) 89:10.1 L’uomo antico giungeva alla coscienza di essere nel favore di Dio solo tramite il sacrificio. L’uomo moderno deve sviluppare nuove tecniche per raggiungere l’autocoscienza della salvezza. La coscienza del peccato persiste nella mente umana, ma i modelli mentali di liberazione dal peccato sono divenuti superati ed antiquati. La realtà del bisogno spirituale persiste, ma il progresso intellettuale ha distrutto gli antichi modi di ottenere la pace e la consolazione per la mente e per l’anima.
(984.5) 89:10.2 Il peccato deve essere ridefinito come una ribellione deliberata alla Deità. Ci sono dei gradi d’infedeltà: la fedeltà parziale dell’indecisione; la fedeltà divisa del conflitto; la fedeltà agonizzante dell’indifferenza; e la morte della fedeltà manifestata nella consacrazione ad empi ideali.
(984.6) 89:10.3 Il senso o sentimento di colpa è la coscienza di aver violato dei costumi; non è necessariamente un peccato. Non c’è alcun peccato reale in assenza dell’infedeltà cosciente alla Deità.
(984.7) 89:10.4 La possibilità di riconoscere il senso di colpa è un segno di distinzione trascendente per l’umanità. Esso non designa l’uomo come meschino, ma lo propone piuttosto come una creatura di potenziale grandezza e di gloria sempre crescente. Tale sentimento d’indegnità è lo stimolo iniziale che conduce rapidamente e con certezza a quelle conquiste di fede che trasferiscono la mente umana sugli splendidi livelli della nobiltà morale, dell’intuizione cosmica e della vita spirituale. In tal modo tutti i significati dell’esistenza umana sono cambiati dal temporale all’eterno, e tutti i valori sono elevati dall’umano al divino.
(984.8) 89:10.5 La confessione dei peccati è un ripudio risoluto dell’infedeltà, ma non attenua in alcun modo le conseguenze nel tempo-spazio di questa infedeltà. Ma la confessione — il riconoscimento sincero della natura del peccato — è essenziale per la crescita religiosa e per il progresso spirituale.
(985.1) 89:10.6 [Presentato da un PIl perdono dei peccati da parte della Deità è il ripristino delle relazioni di fedeltà che segue ad un periodo in cui l’uomo ha coscienza dell’interruzione di tali relazioni come conseguenza di una ribellione cosciente. Il perdono non deve essere cercato, ma solo ricevuto come coscienza del ristabilimento delle relazioni di fedeltà tra la creatura ed il Creatore. E tutti i figli leali di Dio sono felici, amanti del servizio ed in costante progressione nell’ascensione al Paradiso.
(985.2) 89:10.7 [Presentato da un Brillante Astro della Sera di Nebadon.]erfettore di Saggezza incaricato di questa missione dagli Antichi dei Giorni di Uversa.]
(986.1) 90:0.1 L’EVOLUZIONE delle osservanze religiose progredì dal placamento, l’elusione, l’esorcismo, la coercizione, la conciliazione e la propiziazione fino al sacrificio, l’espiazione e la redenzione. La tecnica del rituale religioso passò dalle forme del culto primitivo, attraverso i feticci, la magia ed i miracoli. E via via che il rituale divenne più complicato in risposta al concetto sempre più complesso dell’uomo riguardo ai regni sopramateriali, esso fu inevitabilmente dominato dagli stregoni, dagli sciamani e dai sacerdoti.
(986.2) 90:0.2 Nei concetti in progresso dell’uomo primitivo il mondo degli spiriti fu alla fine considerato come insensibile ai comuni mortali. Solo gli esseri umani eccezionali potevano ottenere ascolto dagli dei; solo l’uomo o la donna straordinari sarebbero stati ascoltati dagli spiriti. La religione entrò così in una nuova fase, in uno stadio in cui è divenuta gradualmente mediata; interviene sempre uno stregone, uno sciamano o un sacerdote tra la persona religiosa e l’oggetto di adorazione. Oggi la maggior parte dei sistemi urantiani di credenze religiose organizzate sta passando per questo livello di sviluppo evoluzionario.
(986.3) 90:0.3 La religione evoluzionaria è nata da una semplice e fortissima paura, la paura che sorge nella mente umana quando si trova di fronte all’ignoto, all’inspiegabile e all’incomprensibile. La religione giunge infine alla comprensione profondamente semplice di un amore onnipotente, l’amore che invade irresistibilmente l’anima umana quando si sveglia alla concezione dell’affetto illimitato del Padre Universale per i figli dell’universo. Ma tra l’inizio e la fine dell’evoluzione religiosa intervengono le lunghe ere degli sciamani, che pretendono d’interporsi tra l’uomo e Dio come intermediari, interpreti ed intercessori.
(986.4) 90:1.1 Lo sciamano era lo stregone più eminente, l’uomo feticcio delle cerimonie e la personalità focale per tutte le pratiche della religione evoluzionaria. In molti gruppi lo sciamano era gerarchicamente superiore al capo della guerra, cosa che segnò l’inizio della dominazione della Chiesa sullo Stato. Lo sciamano funzionava talvolta come sacerdote ed anche come sacerdote-re. Alcune delle tribù successive avevano sia gli sciamani stregoni (veggenti) più antichi che gli sciamani sacerdoti apparsi più tardi. Ed in molti casi l’ufficio dello sciamano divenne ereditario.
(986.5) 90:1.2 Poiché nei tempi antichi qualunque fatto anormale era attribuito alla possessione da parte degli spiriti, qualsiasi anormalità mentale o fisica straordinaria costituiva una qualifica per essere stregone. Molti di questi uomini erano epilettici, molte delle donne erano isteriche, e questi due tipi spiegano buona parte dell’antica ispirazione così come la possessione da parte di spiriti e di demoni. Molti di questi sacerdoti più primitivi appartenevano ad una classe che è stata da allora denominata paranoica.
(987.1) 90:1.3 Anche se possono aver praticato l’inganno in questioni minori, la grande maggioranza degli sciamani credeva nel fatto di essere posseduti dagli spiriti. Le donne capaci di entrare in uno stato di trance o di catalessi divennero delle potenti sciamane; più tardi queste donne divennero profetesse e medium spiritiche. I loro stati catalettici implicavano generalmente pretese comunicazioni con i fantasmi dei morti. Molte sciamane erano anche danzatrici di professione.
(987.2) 90:1.4 Ma non tutti gli sciamani erano degli autoillusi; molti erano scaltri ed abili imbroglioni. Con lo svilupparsi della professione era richiesto ad un novizio di servire in un apprendistato di dieci anni di prove severe e di rinunce per qualificarsi stregone. Gli sciamani svilupparono una maniera professionale di vestirsi ed ostentarono una condotta misteriosa. Essi impiegavano frequentemente delle droghe per provocare certi stati fisici destinati ad impressionare e ad ingannare i membri delle loro tribù. La prestidigitazione fu considerata come soprannaturale dalla gente comune ed il ventriloquio fu usato inizialmente da sacerdoti astuti. Molti antichi sciamani caddero senza volerlo nell’ipnotismo; altri provocarono l’autoipnosi fissando a lungo il loro ombelico.
(987.3) 90:1.5 Anche se molti di loro ricorrevano a questi trucchi ed inganni, la loro reputazione in quanto classe si reggeva dopotutto sull’apparente riuscita. Quando uno sciamano falliva nelle sue attività, se non riusciva a presentare un alibi plausibile, era declassato o ucciso. In tal modo gli sciamani onesti perirono ben presto; sopravvissero solo i commedianti astuti.
(987.4) 90:1.6 Fu lo sciamanesimo che tolse la direzione esclusiva degli affari della tribù dalle mani degli anziani e dei forti e la mise nelle mani degli scaltri, degli intelligenti e dei perspicaci
(987.5) 90:2.1 L’evocazione degli spiriti era una procedura molto precisa ed assai complicata, paragonabile agli attuali rituali ecclesiastici condotti in una lingua antica. La razza umana ha cercato molto presto l’aiuto superumano, la rivelazione; e gli uomini credevano che lo sciamano ricevesse effettivamente tali rivelazioni. Anche se gli sciamani utilizzavano il grande potere della suggestione nel loro lavoro, era quasi invariabilmente una suggestione negativa; solo in tempi molto recenti è stata impiegata la tecnica della suggestione positiva. Agli inizi dello sviluppo della loro professione gli sciamani cominciarono a specializzarsi in settori quali provocare la pioggia, curare gli ammalati e scoprire i criminali. La principale funzione di uno stregone sciamano non era tuttavia la cura delle malattie; era piuttosto quella di conoscere e di controllare i rischi della vita.
(987.6) 90:2.2 L’antica magia nera, sia religiosa che laica, era chiamata magia bianca quando era praticata da sacerdoti, veggenti, sciamani o stregoni. Quelli che praticavano la magia nera erano chiamati streghe, maghi, fattucchieri, fattucchiere, incantatori, negromanti, esorcisti e indovini. Con il passare del tempo tutti questi pretesi contatti con il soprannaturale furono classificati sia come stregoneria che come sciamanesimo.
(987.7) 90:2.3 La stregoneria comprendeva la magia compiuta da spiriti primitivi, irregolari e non riconosciuti; lo sciamanesimo concerneva i miracoli compiuti da spiriti regolari e dagli dei riconosciuti dalla tribù. In tempi successivi la strega fu associata al demonio, e così era pronta la scena per le numerose esibizioni relativamente recenti d’intolleranza religiosa. La stregoneria era una religione per molte tribù primitive.
(987.8) 90:2.4 Gli sciamani credevano profondamente nella missione del caso come rivelatore della volontà degli spiriti; essi tiravano frequentemente a sorte per giungere alle decisioni. Sopravvivenze moderne di questa tendenza a tirare a sorte si ritrovano non solo nei numerosi giochi d’azzardo, ma anche nelle note “filastrocche” di conta. Una volta la persona contata doveva morire; oggi questo avviene soltanto in qualche gioco infantile. Quella che era una questione seria per l’uomo primitivo è sopravvissuta come un divertimento dei bambini moderni.
(988.1) 90:2.5 Gli stregoni riponevano grande fiducia in segni e presagi, quali: “Quando odi il rumore di un fruscio sulle cime dei gelsi, allora affrettati ad agire.” Molto presto nella storia della razza gli sciamani rivolsero la loro attenzione alle stelle. L’astrologia primitiva fu una credenza ed una pratica estesa al mondo intero; l’interpretazione dei sogni divenne anch’essa molto diffusa. Tutto ciò fu ben presto seguito dall’apparizione di quelle sciamane stravaganti che affermavano di essere capaci di comunicare con gli spiriti dei morti.
(988.2) 90:2.6 Sebbene di origine antica, coloro che facevano piovere, o sciamani del tempo, sono persistiti lungo tutte le ere. Una grande siccità significava la morte per gli agricoltori primitivi; il controllo del tempo era l’oggetto di molta dell’antica magia. L’uomo civilizzato fa ancora del tempo l’argomento comune di conversazione. I popoli antichi credevano tutti nel potere dello sciamano di provocare la pioggia, ma era consuetudine ucciderlo quando falliva, a meno che non fornisse una scusa plausibile per giustificare il fallimento.
(988.3) 90:2.7 I Cesari bandirono più volte gli astrologi, ma essi ritornarono invariabilmente a causa della credenza popolare nei loro poteri. Essi non potevano essere cacciati, ed anche nel sedicesimo secolo dopo Cristo i capi delle Chiese e degli Stati occidentali furono i protettori dell’astrologia. Migliaia di persone reputate intelligenti credono ancora che si possa nascere sotto il dominio di una stella che porti fortuna o sfortuna; che la giustapposizione dei corpi celesti determini l’esito di differenti avventure terrene. Gli indovini sono ancora patrocinati dai creduloni.
(988.4) 90:2.8 I Greci credevano nell’efficacia del consiglio degli oracoli, i Cinesi impiegavano la magia come protezione dai demoni, lo sciamanesimo fiorì in India e persiste ancora apertamente nell’Asia centrale. In gran parte del mondo esso è una pratica abbandonata solo di recente.
(988.5) 90:2.9 Di tanto in tanto sono sorti dei veri profeti ed istruttori per denunciare e smascherare lo sciamanesimo. Anche gli uomini rossi in via d’estinzione ebbero un tale profeta nel secolo scorso, lo Shawnee Tenskwatawa, che predisse l’eclissi di sole del 1808 e denunciò i vizi degli uomini bianchi. Molti veri insegnanti sono apparsi tra le diverse tribù e razze nel corso delle lunghe ere della storia evoluzionaria. E continueranno ad apparire per sfidare gli sciamani o i sacerdoti di ogni epoca che ostacolano l’educazione generale e tentano di contrastare il progresso scientifico.
(988.6) 90:2.10 In molti modi e con metodi subdoli gli antichi sciamani costruirono la loro reputazione come voci di Dio e custodi della provvidenza. Essi aspergevano con acqua i neonati e conferivano loro dei nomi; circoncidevano i maschi. Presiedevano a tutte le cerimonie di sepoltura ed annunciavano debitamente l’arrivo certo dei morti nel paese degli spiriti.
(988.7) 90:2.11 I sacerdoti e gli stregoni sciamanici divenivano spesso molto ricchi grazie all’accumulo dei loro vari compensi, che erano apparentemente delle offerte agli spiriti. Non di rado uno sciamano accumulava praticamente tutti i beni materiali della sua tribù. Alla morte di un uomo ricco era consuetudine dividere le sue proprietà in parti uguali tra lo sciamano e qualche associazione pubblica o di carità. Questa pratica persiste ancora in alcune regioni del Tibet, dove metà della popolazione maschile appartiene a questa classe di non produttori.
(989.1) 90:2.12 Gli sciamani vestivano bene e di solito avevano numerose mogli; essi erano l’aristocrazia originaria, esentati da ogni restrizione tribale. Essi erano molto spesso di basso livello mentale e morale. Eliminavano i loro rivali denunciandoli come streghe o maghi e molto di frequente si elevavano a tali posizioni d’influenza e di potere da poter dominare i capi o i re.
(989.2) 90:2.13 L’uomo primitivo considerava lo sciamano come un male necessario; lo temeva, ma non l’amava. L’uomo primitivo rispettava il sapere; onorava e ricompensava la saggezza. Lo sciamano era principalmente un imbroglione, ma la venerazione per lo sciamanesimo illustra bene il premio accordato alla saggezza nell’evoluzione della razza.
(989.3) 90:3.1 Poiché l’uomo antico considerava che lui stesso ed il suo ambiente materiale rispondessero direttamente ai capricci dei fantasmi e alle fantasie degli spiriti, non è strano che la sua religione si sia così esclusivamente occupata di affari materiali. L’uomo moderno affronta direttamente i suoi problemi materiali; riconosce che la materia risponde alla manipolazione intelligente della mente. L’uomo primitivo desiderava similmente modificare ed anche controllare la vita e le energie del campo fisico; e poiché la sua comprensione limitata del cosmo lo portò a credere che i fantasmi, gli spiriti e gli dei si occupassero personalmente e direttamente del controllo dettagliato della vita e della materia, orientò logicamente i suoi sforzi per conquistare il favore ed il sostegno di questi agenti superumani.
(989.4) 90:3.2 Vista sotto questa luce, gran parte dell’inspiegabile e dell’irrazionale degli antichi culti diviene comprensibile. Le cerimonie del culto erano il tentativo dell’uomo primitivo di controllare il mondo materiale in cui si trovava. E buona parte dei suoi sforzi era indirizzata al fine di prolungare la vita e di garantire la salute. Siccome tutte le malattie e la morte stessa erano originariamente considerate come fenomeni dovuti agli spiriti, era inevitabile che gli sciamani, pur operando come stregoni e sacerdoti, avessero anche lavorato come medici e chirurghi.
(989.5) 90:3.3 La mente primitiva può essere ostacolata dalla mancanza di fatti, ma in tutto ciò è logica. Quando degli uomini riflessivi osservano la malattia e la morte, cominciano a determinare la cause di queste calamità e, conformemente alla loro comprensione, gli sciamani e gli scienziati hanno proposto le seguenti teorie sull’afflizione:
(989.6) 90:3.4 1. I fantasmi — le influenze dirette degli spiriti. La primissima ipotesi avanzata per spiegare la malattia e la morte fu che gli spiriti causavano la malattia attirando l’anima fuori dal corpo; se essa non riusciva a rientrarvi ne seguiva la morte. Gli antichi temevano talmente l’azione malevola dei fantasmi produttori di malattie che gli individui sofferenti erano spesso abbandonati senza nemmeno cibo o acqua. Indipendentemente dai princìpi errati di queste credenze, essi isolavano efficacemente gli individui ammalati ed impedivano la diffusione di malattie contagiose.
(989.7) 90:3.5 2. La violenza — le cause evidenti. Le cause di certi accidenti e decessi erano così facili da identificare che furono presto eliminate dalla categoria dell’attività dei fantasmi. Gli eventi fatali e le ferite conseguenti alla guerra, ai combattimenti con animali e ad altri fattori facilmente identificabili furono considerati avvenimenti naturali. Ma si credette a lungo che gli spiriti fossero anche responsabili delle guarigioni ritardate o dell’infezione di ferite anche dovute a cause “naturali”. Se non si scopriva alcun agente naturale palese, erano ancora ritenuti responsabili della malattia e della morte gli spiriti fantasma.
(990.1) 90:3.6 Oggi, in Africa e altrove, si possono trovare dei popoli primitivi che uccidono qualcuno ogni volta che avviene una morte non violenta. I loro stregoni indicano le persone colpevoli. Se una madre muore di parto, il bambino viene immediatamente strangolato — una vita per una vita.
(990.2) 90:3.7 3. La magia — l’influenza dei nemici. Molte malattie erano ritenute causate dalla stregoneria, dall’azione del malocchio e dal puntamento dell’arco magico. In una certa epoca era veramente pericoloso puntare il dito su qualcuno; è ancora considerato maleducato il farlo. In casi di malattia e di morte oscure gli antichi facevano un’inchiesta ufficiale, esaminavano il corpo e determinavano le risultanze sulla causa della morte; altrimenti la morte sarebbe stata attribuita alla stregoneria, rendendo così necessario giustiziare la strega responsabile di ciò. Queste inchieste degli antichi magistrati hanno salvato la vita a molte presunte streghe. In certe tribù si credeva che un uomo potesse morire come conseguenza della propria stregoneria, nel qual caso nessuno veniva accusato.
(990.3) 90:3.8 4. Il peccato — la punizione per la violazione di tabù. In tempi relativamente recenti si è creduto che la malattia fosse una punizione per un peccato, personale o razziale. Presso i popoli che attraversano questo livello di evoluzione la teoria prevalente è che non si può essere afflitti a meno di avere violato un tabù. Considerare la malattia e la sofferenza come “frecce dell’Onnipotente dentro di loro” è tipico di queste credenze. I Cinesi e i Mesopotamici hanno considerato a lungo la malattia come risultante dall’azione di demoni cattivi, quantunque i Caldei avessero considerato anche le stelle come causa di sofferenza. Questa teoria della malattia come conseguenza della collera divina è ancora prevalente tra numerose collettività di Urantiani reputate civilizzate.
(990.4) 90:3.9 5. Cause naturali. L’umanità è stata molto lenta ad apprendere i segreti materiali dell’interrelazione tra causa ed effetto nei domini fisici dell’energia, della materia e della vita. Gli antichi Greci, avendo preservato le tradizioni degli insegnamenti di Adamson, furono tra i primi a riconoscere che ogni malattia è il risultato di cause naturali. Lentamente e con certezza lo sviluppo di un’era scientifica distrugge le teorie millenarie dell’uomo sulla malattia e sulla morte. La febbre fu una delle prime indisposizioni umane ad essere rimossa dalla categoria dei mali soprannaturali, e l’era della scienza ha progressivamente rotto i ceppi dell’ignoranza che hanno imprigionato così a lungo la mente umana. La comprensione della vecchiaia e del contagio sta gradualmente cancellando la paura dell’uomo dei fantasmi, degli spiriti e degli dei quali autori personali della miseria umana e delle sofferenze dei mortali.
(990.5) 90:3.10 L’evoluzione raggiunge infallibilmente il suo fine: essa impregna l’uomo di quella paura superstiziosa dell’ignoto e di quel timore dell’invisibile che sono la struttura portante per il concetto di Dio. E dopo aver assistito alla nascita di una comprensione avanzata della Deità, tramite l’azione coordinata della rivelazione, questa stessa tecnica di evoluzione mette allora infallibilmente in moto quelle forze della mente che distruggeranno inesorabilmente l’impalcatura che ha servito il suo scopo.
(990.6) 90:4.1 Tutta la vita degli uomini antichi era imperniata sulla profilassi; la loro religione era in larga misura una tecnica per prevenire le malattie. Indipendentemente dagli errori delle loro teorie, essi erano sinceri nel metterle in atto; essi avevano una fede illimitata nei loro metodi di trattamento, e questo, per se stesso, è già un potente rimedio.
(991.1) 90:4.2 La fede richiesta per ristabilirsi con le assurde cure di uno di questi antichi sciamani non era, dopotutto, materialmente differente da quella che è necessaria per ottenere la guarigione per mano di uno dei suoi successori odierni che attua un trattamento non scientifico della malattia.
(991.2) 90:4.3 Le tribù più primitive temevano molto gli ammalati, e per lunghe ere essi furono attentamente evitati, vergognosamente dimenticati. Fu un grande passo avanti nell’umanitarismo quando l’evoluzione del mestiere di sciamano produsse sacerdoti e stregoni che acconsentirono a curare le malattie. Divenne allora consuetudine per tutto il clan riunirsi nella camera dell’ammalato per aiutare lo sciamano a cacciare per mezzo di urla i fantasmi della malattia. Non era raro che fosse una donna lo sciamano che faceva la diagnosi, mentre un uomo somministrava il trattamento. Il metodo abituale per diagnosticare le malattie consisteva nell’esaminare le interiora di un animale.
(991.3) 90:4.4 La malattia veniva trattata salmodiando, urlando, imponendo le mani, soffiando sul paziente e con molte altre tecniche. In tempi successivi divenne molto diffuso il ricorso al sonno nel tempio, durante il quale si supponeva che avvenisse la guarigione. Gli stregoni tentarono infine dei veri interventi chirurgici in connessione con il sonno nel tempio. Tra le prime operazioni vi fu quella della trapanazione del cranio per consentire la fuga di uno spirito che causava il mal di testa. Gli sciamani impararono a curare le fratture e le lussazioni, ad aprire pustole ed ascessi; le sciamane divennero esperte levatrici.
(991.4) 90:4.5 Era un metodo comune di trattamento sfregare qualcosa di magico su un punto infetto o deformato del corpo, gettare via l’amuleto e supporre di aver operato una guarigione. Se per caso qualcuno avesse raccolto l’amuleto gettato, si credeva che acquisisse immediatamente l’infezione o il difetto. Trascorse molto tempo prima che fossero introdotte le erbe medicinali ed altre vere medicine. Il massaggio fu sviluppato congiuntamente con gli incantesimi per cacciare via lo spirito dal corpo, e fu preceduto dagli sforzi d’introdurre delle medicine per sfregamento, alla stregua dei tentativi moderni di far penetrare dei linimenti. Il cavare sangue dalle parti infette ed il succhiarle, unitamente al salasso, furono ritenuti validi per sbarazzarsi di uno spirito produttore di malattie.
(991.5) 90:4.6 Poiché l’acqua era un potente feticcio, fu utilizzata nel trattamento di numerose indisposizioni. Per lungo tempo si credette che lo spirito che causava la malattia potesse essere eliminato attraverso il sudore. I bagni di vapore furono tenuti in alta considerazione; sorgenti calde naturali fiorirono ben presto come stazioni di cura primitive. L’uomo primitivo scoprì che il calore alleviava la sofferenza; egli utilizzò la luce del sole, organi di animali appena uccisi, argilla calda e pietre scaldate, e molti di questi metodi sono ancora impiegati. Nello sforzo d’influenzare gli spiriti fu praticato il ritmo; i tam-tam furono universalmente impiegati.
(991.6) 90:4.7 Presso certi popoli la malattia si ritenne essere causata da una cospirazione malvagia tra spiriti ed animali. Ciò diede origine alla credenza che esistesse un rimedio vegetale per ogni malattia causata da un animale. Gli uomini rossi erano particolarmente devoti alla teoria delle piante come rimedio universale; essi lasciavano sempre cadere una goccia di sangue nella buca lasciata dalle radici quando la pianta veniva sradicata.
(991.7) 90:4.8 Furono spesso utilizzate come misure curative il digiuno, la dieta ed i revulsivi. Le secrezioni umane, essendo assolutamente magiche, godevano di alta considerazione; il sangue e l’urina furono così tra i primi medicamenti, e vi si aggiunsero ben presto delle radici e vari sali. Gli sciamani credevano che gli spiriti della malattia potessero essere scacciati dal corpo da medicine nauseabonde e disgustose. La purga divenne molto presto un trattamento di routine, ed i pregi del cacao e del chinino grezzi furono tra le primissime scoperte farmaceutiche.
(992.1) 90:4.9 I Greci furono i primi a sviluppare dei metodi veramente razionali per curare gli ammalati. Sia i Greci che gli Egiziani ricevettero le loro conoscenze mediche dagli abitanti della valle dell’Eufrate. L’olio ed il vino furono tra le prime medicine per la cura delle ferite; i Sumeri utilizzavano l’olio di ricino e l’oppio. Molti di questi rimedi segreti antichi ed efficaci persero il loro potere quando furono conosciuti; il segreto è sempre stato essenziale per praticare con successo l’inganno e la superstizione. Solo i fatti e la verità cercano la piena luce della comprensione e godono della chiarezza e dell’illuminazione della ricerca scientifica.
(992.2) 90:5.1 L’essenza del rituale è la perfezione della sua esecuzione; tra i selvaggi esso deve essere praticato con assoluta precisione. È solo quando il rituale è stato eseguito correttamente che la cerimonia ha un potere coercitivo sugli spiriti. Se il rituale è imperfetto non fa che suscitare la collera ed il risentimento degli dei. Perciò, poiché la mente in lenta evoluzione dell’uomo concepiva che la tecnica del rituale era il fattore decisivo per la sua efficacia, era inevitabile che gli sciamani primitivi si trasformassero presto o tardi in un clero occupato a dirigere la pratica meticolosa del rituale. E così per decine di migliaia di anni dei rituali interminabili hanno ingombrato la società ed ostacolato la civiltà, essendo stati un fardello intollerabile per ogni attività della vita, per ogni impresa razziale.
(992.3) 90:5.2 Il rituale è la tecnica di santificare il costume; il rituale crea e perpetua i miti così come contribuisce alla preservazione di costumi sociali e religiosi. Inoltre, il rituale stesso è stato generato da miti. I rituali sono spesso inizialmente sociali, divenendo poi economici ed acquisendo alla fine la santità e la dignità di cerimonie religiose. La pratica del rituale può essere personale o collettiva — od entrambe — come illustrato dalla preghiera, dalla danza e dalla rappresentazione drammatica.
(992.4) 90:5.3 Le parole divennero parte del rituale, come dimostra l’uso di termini quali amen e selah. L’abitudine di bestemmiare, l’irriverenza, rappresenta una prostituzione dell’antica ripetizione ritualistica di nomi sacri. Recarsi in pellegrinaggio presso i santuari sacri è un antichissimo rituale. Il rituale si trasformò poi in elaborate cerimonie di purificazione, di sanazione e di santificazione. Le cerimonie d’iniziazione delle società segrete delle tribù primitive erano in realtà un grossolano rito religioso. La tecnica di adorazione degli antichi culti dei misteri era semplicemente una lunga teoria di rituali religiosi messi insieme. Il rituale si sviluppò infine nei tipi moderni di cerimoniali sociali e di culti religiosi, i servizi che comprendono preghiere, canti, letture con risposta ed altre devozioni spirituali individuali e collettive.
(992.5) 90:5.4 I sacerdoti si evolvettero dagli sciamani, passando per gli oracoli, gli indovini, i cantori, i danzatori, i provocatori di pioggia, i custodi di reliquie religiose, i custodi di templi ed i pronosticatori di avvenimenti, fino allo stato di direttori effettivi dell’adorazione religiosa. Alla fine la carica divenne ereditaria; sorse una casta permanente di sacerdoti.
(992.6) 90:5.5 A mano a mano che la religione si evolveva, i sacerdoti cominciarono a specializzarsi secondo i loro talenti innati o le loro predilezioni particolari. Alcuni divennero cantori, altri pregatori ed altri ancora sacrificatori; più tardi vennero gli oratori — i predicatori. E quando la religione divenne un’istituzione, questi sacerdoti pretesero di “detenere le chiavi del cielo”.
(992.7) 90:5.6 I sacerdoti hanno sempre cercato d’impressionare la gente comune e d’ispirare in loro un timore rispettoso conducendo il rituale religioso in una lingua antica e mediante diversi passi magici per ingannare i fedeli in modo da accrescere il loro rispetto e la loro autorità. Il grande pericolo in tutto ciò è che il rituale tende a diventare un sostituto della religione.
(993.1) 90:5.7 Il clero ha influito molto nel ritardare lo sviluppo scientifico e nell’ostacolare il progresso spirituale, ma ha contribuito alla stabilizzazione della civiltà e all’elevazione di certi aspetti della cultura. Ma molti sacerdoti moderni hanno cessato di operare come direttori del rituale di adorazione di Dio, rivolgendo la loro attenzione alla teologia — al tentativo di definire Dio.
(993.2) 90:5.8 Non si può negare che i sacerdoti siano stati una macina attaccata al collo delle razze, ma i veri capi religiosi sono stati inestimabili nell’indicare la via verso realtà superiori e migliori.
(993.3) 90:5.9 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(994.1) 91:0.1 LA PREGHIERA, come strumento della religione, si evolvé dalle precedenti espressioni non religiose di monologhi e di dialoghi. Con il raggiungimento dell’autocoscienza da parte dell’uomo primitivo si produsse l’inevitabile corollario della coscienza degli altri, il duplice potenziale della risposta sociale e del riconoscimento di Dio.
(994.2) 91:0.2 Le primissime forme di preghiera non erano rivolte alla Deità. Queste espressioni erano molto simili a quello che direste ad un amico accingendovi ad iniziare un’impresa importante: “Augurami buona fortuna.” L’uomo primitivo era schiavo della magia; la fortuna, buona o cattiva, entrava in tutte le faccende della vita. All’inizio queste richieste di fortuna erano dei monologhi — semplicemente un modo di pensare ad alta voce da parte dei devoti della magia. In seguito questi credenti nella fortuna ottennero l’appoggio dei loro amici e delle loro famiglie, ed infine fu attuata una forma di cerimonia che includeva l’intero clan o tutta la tribù.
(994.3) 91:0.3 Quando i concetti di fantasmi e di spiriti si evolvettero, queste richieste divennero d’indirizzo superumano, ed acquisita la coscienza di dei, tali espressioni raggiunsero i livelli di autentica preghiera. Per fare un esempio: tra certe tribù dell’Australia le preghiere religiose primitive hanno preceduto la credenza negli spiriti ed in personalità superumane.
(994.4) 91:0.4 La tribù Toda dell’India osserva attualmente la pratica di non rivolgere delle preghiere a nessuno in particolare, proprio come facevano i popoli primitivi prima dei tempi di una coscienza religiosa. Soltanto che tra i Toda ciò rappresenta un regresso della loro religione degenerante verso questo livello primitivo. Gli odierni rituali dei sacerdoti lattai dei Toda non rappresentano una cerimonia religiosa, perché queste preghiere impersonali non contribuiscono affatto a conservare o ad elevare i valori sociali, morali o spirituali.
(994.5) 91:0.5 La preghiera prereligiosa faceva parte delle pratiche mana dei Melanesiani, delle credenze oudah dei Pigmei africani e delle superstizioni manitou degli Indiani dell’America del Nord. Le tribù Baganda dell’Africa sono emerse solo recentemente dal livello mana di preghiera. In questa confusione evoluzionaria primitiva gli uomini indirizzano le loro preghiere agli dei — locali e nazionali — ai feticci, agli amuleti, ai fantasmi, ai capi ed alle persone comuni.
(994.6) 91:1.1 La funzione della religione evoluzionaria primitiva è di conservare e di accrescere i valori sociali, morali e spirituali essenziali che stanno prendendo lentamente forma. Questa missione della religione non è coscientemente osservata dall’umanità, ma è principalmente compiuta dalla funzione della preghiera. La pratica di pregare rappresenta lo sforzo involontario, ma nondimeno personale e collettivo, di un dato gruppo per assicurare (per attuare) questa conservazione di valori superiori. Senza la salvaguardia della preghiera tutte le feste religiose ritornerebbero ben presto allo stato di semplici giorni di vacanza.
(995.1) 91:1.2 La religione ed i suoi strumenti, il principale dei quali è la preghiera, sono collegati soltanto con quei valori che hanno un riconoscimento sociale generale, un’approvazione collettiva. Perciò, quando un uomo primitivo tentava di soddisfare le sue emozioni più basse o di realizzare delle ambizioni puramente egoistiche, era privato del conforto della religione e dell’assistenza della preghiera. Se il singolo individuo si proponeva di compiere qualcosa di antisociale, era obbligato a cercare l’aiuto della magia non religiosa, a ricorrere agli stregoni e ad essere in tal modo privato del sostegno della preghiera. La preghiera, quindi, divenne molto presto un potente promotore di evoluzione sociale, di progresso morale e di realizzazione spirituale.
(995.2) 91:1.3 Ma la mente primitiva non era né logica né coerente. Gli uomini primitivi non percepivano che le cose materiali non erano il dominio della preghiera. Queste anime semplici costatavano che cibo, ricovero, pioggia, selvaggina ed altri beni materiali accrescevano il benessere sociale, e perciò cominciarono a pregare per questi doni fisici. Anche se ciò costituiva una pervertimento della preghiera, incoraggiava lo sforzo per realizzare questi obiettivi materiali per mezzo di azioni sociali ed etiche. Questa prostituzione della preghiera, pur svilendo i valori spirituali di un popolo, elevava tuttavia direttamente i suoi costumi economici, sociali ed etici.
(995.3) 91:1.4 È soltanto nel tipo di mente più primitivo che la preghiera è un monologo. Essa diviene ben presto un dialogo e si estende rapidamente al livello di culto collettivo. La preghiera significa che gli incantesimi premagici della religione primitiva si sono evoluti al livello in cui la mente umana riconosce la realtà di poteri o di esseri benefici che sono capaci di elevare i valori sociali e di accrescere gli ideali morali; e riconosce inoltre che queste influenze sono superumane e distinte dall’ego dell’umano cosciente di sé e dei suoi simili mortali. La vera preghiera non appare, quindi, prima che l’azione del ministero religioso sia vista come personale.
(995.4) 91:1.5 La preghiera ha pochi legami con l’animismo, ma queste credenze possono esistere parallelamente ai sentimenti religiosi emergenti. Molte volte la religione e l’animismo hanno avuto origini totalmente separate.
(995.5) 91:1.6 Per i mortali che non sono stati liberati dalla schiavitù primitiva della paura, c’è un reale pericolo che tutte le preghiere possano condurre ad un senso morboso di peccato, a convinzioni ingiustificate di colpa, reale o immaginaria. Ma in tempi moderni è poco probabile che molte persone spendano tempo sufficiente a pregare per giungere a questa riflessione nociva sulla loro indegnità o sulla loro colpevolezza. I pericoli che accompagnano la distorsione ed il pervertimento della preghiera consistono nell’ignoranza, nella superstizione, nella cristallizzazione, nella devitalizzazione, nel materialismo e nel fanatismo.
(995.6) 91:2.1 Le prime preghiere furono semplicemente auguri espressi in parole, l’espressione di desideri sinceri. La preghiera divenne in seguito una tecnica per ottenere la cooperazione degli spiriti. Poi raggiunse la funzione superiore di aiutare la religione a conservare tutti i valori degni di essere preservati.
(995.7) 91:2.2 La preghiera e la magia sorsero entrambe come risultato delle reazioni umane di adattamento all’ambiente urantiano. Ma a parte questa relazione generalizzata, esse hanno poco in comune. La preghiera ha sempre indicato un’azione positiva da parte dell’ego che la pronunciava; essa è sempre stata psichica e talvolta spirituale. La magia ha solitamente denotato un tentativo di manipolare la realtà senza riguardare l’ego del manipolatore, di colui che praticava la magia. Nonostante le loro origini indipendenti, la magia e la preghiera sono state spesso in correlazione nei loro stadi successivi di sviluppo. La magia, per l’elevatezza dei suoi scopi, è talvolta ascesa dalle formule, passando per i rituali e gli incantesimi, fino alle soglie della vera preghiera. La preghiera è divenuta talvolta così materialistica che è degenerata in una tecnica pseudomagica per evitare lo spreco dello sforzo richiesto per risolvere i problemi urantiani.
(996.1) 91:2.3 Quando l’uomo imparò che la preghiera non poteva costringere gli dei, allora essa prese più il carattere di una petizione, della ricerca di un favore. Ma la preghiera più autentica è in realtà una comunione tra l’uomo ed il suo Creatore.
(996.2) 91:2.4 L’apparizione dell’idea del sacrificio in una religione sminuisce infallibilmente la superiore efficacia della vera preghiera, nel senso che gli uomini cercano di sostituire le offerte di beni materiali all’offerta della loro volontà consacrata a fare la volontà di Dio.
(996.3) 91:2.5 Quando la religione è priva di un Dio personale, le sue preghiere sono trasposte ai livelli della teologia e della filosofia. Quando in una religione il concetto più elevato di Dio è quello di una Deità impersonale, come nell’idealismo panteistico, sebbene offra la base per certe forme di comunione mistica, esso si dimostra fatale per la potenza della vera preghiera, che rappresenta sempre la comunione dell’uomo con un essere personale e superiore.
(996.4) 91:2.6 Durante i primi tempi dell’evoluzione razziale, ed anche al giorno d’oggi, nell’esperienza quotidiana del comune mortale la preghiera è in larga misura un fenomeno di relazione tra l’uomo ed il suo subconscio. Ma esiste anche un campo di preghiera in cui l’individuo intellettualmente sveglio e spiritualmente progressivo raggiunge più o meno un contatto con i livelli supercoscienti della mente umana, il dominio dell’Aggiustatore di Pensiero interiore. Inoltre, c’è una fase spirituale definita della vera preghiera che concerne la sua ricezione ed il suo riconoscimento da parte delle forze spirituali dell’universo, e che è interamente distinta da ogni associazione umana ed intellettuale.
(996.5) 91:2.7 La preghiera contribuisce grandemente allo sviluppo del sentimento religioso di una mente umana in evoluzione. Essa è una potente influenza che opera per impedire l’isolamento della personalità.
(996.6) 91:2.8 La preghiera rappresenta una tecnica associata alle religioni naturali dell’evoluzione razziale che fa anche parte dei valori esperienziali delle religioni superiori eticamente eccellenti, le religioni di rivelazione.
(996.7) 91:3.1 Quando i bambini imparano per la prima volta a servirsi del linguaggio, sono inclini a pensare ad alta voce, ad esprimere i loro pensieri attraverso le parole, anche se nessuno è presente per ascoltarli. Agli inizi dell’immaginazione creativa essi mostrano una tendenza a conversare con dei compagni immaginari. In questo modo un ego che sta germogliando cerca di mantenersi in comunione con un alter ego fittizio. Per mezzo di questa tecnica il bambino impara presto a convertire le sue conversazioni monologhe in pseudodialoghi nei quali questo alter ego dà delle risposte al suo pensare verbale e all’espressione dei suoi desideri. Gran parte delle riflessioni di un adulto proseguono mentalmente in forma di conversazione.
(996.8) 91:3.2 La forma iniziale e primitiva di preghiera assomigliava molto alle recitazioni semimagiche dell’odierna tribù Toda, preghiere che non erano rivolte a nessuno in particolare. Ma queste tecniche di preghiera, con l’emersione dell’idea di un alter ego, tendono a trasformarsi in comunicazioni di tipo dialogato. Col tempo il concetto dell’alter ego si è elevato ad uno stato superiore di dignità divina, ed è apparsa la preghiera come uno strumento della religione. Questo tipo primitivo di preghiera è destinato ad evolversi attraverso molte fasi e per lunghe ere prima di raggiungere il livello di preghiera intelligente e veramente etica.
(997.1) 91:3.3 Com’è concepito dalle generazioni successive di mortali che praticano la preghiera, l’alter ego si evolve passando per i fantasmi, i feticci e gli spiriti, fino agli dei politeisti ed infine al Dio Unico, un essere divino che incorpora gli ideali più elevati e le aspirazioni più sublimi dell’ego che prega. In tal modo la preghiera funziona come il fattore più potente della religione per la conservazione dei valori e degli ideali superiori di coloro che pregano. Dal momento del concepimento di un alter ego fino all’apparizione del concetto di un Padre celeste divino, la preghiera è sempre una pratica socializzante, moralizzante e spiritualizzante.
(997.2) 91:3.4 La semplice preghiera di fede attesta una potente evoluzione nell’esperienza umana grazie alla quale le antiche conversazioni con il simbolo fittizio dell’alter ego della religione primitiva si sono elevate al livello di comunione con lo spirito dell’Infinito ed a quello di una coscienza effettiva della realtà del Dio eterno e Padre Paradisiaco di tutta la creazione intelligente.
(997.3) 91:3.5 A parte tutto ciò che concerne l’io superiore nell’esperienza del pregare, si dovrebbe tenere presente che la preghiera etica è un modo splendido di elevare il proprio ego e di rafforzare il proprio io per una vita migliore e per compimenti più elevati. La preghiera spinge l’ego umano a cercare aiuto in entrambe le direzioni: per l’aiuto materiale nella riserva subcosciente dell’esperienza del mortale, per l’ispirazione e la guida nei confini supercoscienti di contatto del materiale con lo spirituale, con il Monitore del Mistero.
(997.4) 91:3.6 La preghiera è sempre stata e sarà sempre una duplice esperienza umana: un processo psicologico interassociato con una tecnica spirituale. E queste due funzioni della preghiera non possono mai essere completamente separate.
(997.5) 91:3.7 La preghiera illuminata deve riconoscere non solo un Dio personale esteriore, ma anche una Divinità impersonale interiore, l’Aggiustatore interiore. È del tutto appropriato che l’uomo, quando prega, si sforzi di afferrare il concetto del Padre Universale del Paradiso. Ma la tecnica più efficace per la maggior parte degli scopi pratici sarà di ritornare al concetto di un alter ego vicino, esattamente come soleva fare la mente primitiva, e di riconoscere poi che l’idea di questo alter ego si è evoluta da una semplice fantasia alla verità che Dio abita l’uomo mortale nella presenza effettiva dell’Aggiustatore, cosicché l’uomo può parlare, per così dire, faccia a faccia con un divino, reale ed autentico alter ego che dimora in lui e che è la presenza e l’essenza stessa del Dio vivente, il Padre Universale.
(997.6) 91:4.1 Nessuna preghiera può essere etica quando colui che chiede cerca un vantaggio egoistico sui suoi simili. La preghiera egoista e materialistica è incompatibile con le religioni etiche che sono fondate sull’amore divino disinteressato. Tutte queste preghiere non etiche regrediscono ai livelli primitivi di pseudomagia e sono indegne di civiltà avanzate e di religioni illuminate. La preghiera egoista contravviene allo spirito di tutte le etiche fondate su una giustizia amorevole.
(997.7) 91:4.2 La preghiera non deve mai essere prostituita al punto da divenire un sostituto dell’azione. Ogni preghiera etica è uno stimolo all’azione ed una guida allo sforzo progressivo verso mete idealistiche di raggiungimento dell’ego superiore.
(998.1) 91:4.3 In tutte le vostre preghiere siate equi; non aspettatevi che Dio mostri parzialità, che vi ami più degli altri figli suoi, dei vostri amici, dei vostri vicini o anche dei vostri nemici. Ma la preghiera delle religioni naturali o evolute non è inizialmente etica come lo è nelle successive religioni rivelate. Ogni preghiera, sia individuale che comunitaria, può essere egoistica o altruistica. La preghiera, cioè, può essere incentrata su se stessi o sugli altri. Quando la preghiera non cerca nulla per colui che prega né alcunché per i suoi simili, allora tali atteggiamenti dell’anima tendono verso i livelli di una vera adorazione. Le preghiere egoistiche implicano delle confessioni e delle suppliche, e consistono spesso in richieste di favori materiali. La preghiera è un po’ più etica quando si occupa del perdono e cerca la saggezza per accrescere l’autocontrollo.
(998.2) 91:4.4 Mentre il tipo di preghiera non egoistico è fortificante e consolante, la preghiera materialistica è destinata a portare delusione e disinganno via via che il progresso delle scoperte scientifiche dimostra che l’uomo vive in un universo fisico di legge e d’ordine. L’infanzia di un individuo o di una razza è caratterizzata da preghiere primitive, egoiste e materialistiche. Ed in una certa misura tutte queste suppliche sono efficaci nel senso che portano invariabilmente a quegli sforzi ed applicazioni che contribuiscono ad ottenere le risposte a tali preghiere. La vera preghiera di fede contribuisce sempre a far progredire la tecnica della vita, anche se queste richieste non sono degne di riconoscimento spirituale. Ma la persona spiritualmente evoluta dovrebbe avere grande cautela nel tentare di dissuadere la mente primitiva o immatura dal formulare tali preghiere.
(998.3) 91:4.5 Ricordatevi che, anche se la preghiera non cambia Dio, effettua molto spesso dei cambiamenti importanti e duraturi in colui che prega con fede e fiduciosa aspettativa. La preghiera è stata l’antenata di molta pace mentale, allegria, calma, coraggio, padronanza di sé ed equità negli uomini e nelle donne delle razze in evoluzione.
(998.4) 91:5.1 Nell’adorazione degli antenati la preghiera porta a coltivare degli ideali ancestrali. Ma la preghiera, quale parte dell’adorazione della Deità, trascende tutte le pratiche di tal genere perché porta a coltivare ideali divini. Come il concetto dell’alter ego della preghiera diviene supremo e divino, così gli ideali umani si elevano di conseguenza da livelli puramente umani a livelli celesti e divini, ed il risultato di tutte queste preghiere è l’accrescimento del carattere umano e la profonda unificazione della personalità umana.
(998.5) 91:5.2 Ma non è necessario che la preghiera sia sempre individuale. La preghiera di gruppo o in assemblea è molto efficace, nel senso che è altamente socializzante nelle sue ripercussioni. Quando un gruppo s’impegna in una preghiera in comune per il progresso morale e l’elevazione spirituale, tali devozioni producono una reazione sugli individui che compongono il gruppo; essi sono tutti resi migliori dalla loro partecipazione. Anche tutta una città o un’intera nazione possono essere aiutate da queste preghiere di devozione. La confessione, il pentimento e la preghiera hanno portato individui, città, nazioni ed intere razze a potenti sforzi di riforma ed a coraggiosi atti di valoroso compimento.
(998.6) 91:5.3 Se voi desiderate veramente vincere l’abitudine di criticare un amico, la maniera più rapida e sicura di ottenere un tale cambiamento di atteggiamento è di stabilire la consuetudine di pregare per quella persona ogni giorno della vostra vita. Ma le ripercussioni sociali di tali preghiere dipendono largamente da due condizioni:
(998.7) 91:5.4 1. La persona per cui si prega dovrebbe sapere che si prega per lei.
(999.1) 91:5.5 2. La persona che prega dovrebbe entrare in stretto contatto sociale con la persona per cui prega.
(999.2) 91:5.6 La preghiera è la tecnica per mezzo della quale, presto o tardi, ogni religione diviene istituzionalizzata. Col tempo la preghiera viene associata a numerosi fattori secondari, alcuni utili, altri decisamente deleteri, quali preti, libri sacri, rituali di adorazione e cerimoniali.
(999.3) 91:5.7 Ma le menti spiritualmente più illuminate dovrebbero essere pazienti e tolleranti verso gli intelletti meno dotati che anelano ad un simbolismo per mobilitare la loro debole intuizione spirituale. Il forte non deve guardare con sdegno il debole. Coloro che sono coscienti di Dio senza simbolismi non devono negare il ministero di grazia dei simboli a quelli che hanno difficoltà ad adorare la Deità e ad onorare la verità, la bellezza e la bontà senza cerimonie e rituali. Nella preghiera di adorazione la maggior parte dei mortali immagina un qualche simbolo dell’oggetto-scopo delle loro devozioni.
(999.4) 91:6.1 La preghiera, a meno di essere in collegamento con la volontà e le azioni delle forze spirituali personali e dei supervisori materiali di un regno, non può avere effetto diretto sul vostro ambiente fisico. Mentre c’è un limite ben definito al dominio delle suppliche a mezzo della preghiera, tali limiti non si applicano allo stesso modo alla fede di coloro che pregano.
(999.5) 91:6.2 La preghiera non è una tecnica per curare reali malattie organiche, ma ha contribuito enormemente a far godere di abbondante salute e a guarire numerosi disturbi mentali, emotivi e nervosi. Ed anche in caso di effettiva malattia da batteri, la preghiera ha molte volte accresciuto l’efficacia di altri procedimenti di cura. La preghiera ha spesso trasformato un infermo irritabile ed insofferente in un modello di pazienza e ne ha fatto un esempio per tutti gli altri sofferenti umani.
(999.6) 91:6.3 Per quanto possa essere difficile conciliare i dubbi scientifici sull’efficacia della preghiera con il bisogno sempre presente di cercare aiuto e guida da fonti divine, non dimenticate mai che la preghiera di fede sincera è una forza potente per promuovere la felicità personale, l’autocontrollo individuale, l’armonia sociale, il progresso morale e la realizzazione spirituale.
(999.7) 91:6.4 La preghiera, anche come pratica puramente umana, come dialogo con il proprio alter ego, costituisce una tecnica di approccio tra le più efficaci per realizzare quei poteri di riserva della natura umana che sono immagazzinati e conservati nei regni dell’inconscio della mente umana. La preghiera è una sana pratica psicologica, al di fuori delle sue implicazioni religiose e del suo significato spirituale. È un fatto di esperienza umana che la maggior parte delle persone, se sufficientemente in difficoltà, rivolgeranno in qualche modo delle preghiere a qualche fonte di aiuto.
(999.8) 91:6.5 Non siate così pigri da chiedere a Dio di risolvere le vostre difficoltà, ma non esitate mai a chiedergli saggezza e forza spirituale per guidarvi e sostenervi mentre voi stessi affrontate con risolutezza e coraggio i problemi da trattare.
(999.9) 91:6.6 La preghiera è stata un fattore indispensabile al progresso e alla conservazione della civiltà religiosa, ed ha ancora dei potenti contributi da portare all’ulteriore elevazione e spiritualizzazione della società, se quelli che pregano lo faranno alla luce di fatti scientifici, di saggezza filosofica, di sincerità intellettuale e di fede spirituale. Pregate come Gesù insegnò ai suoi discepoli — onestamente, disinteressatamente, con equità e senza dubitare.
(1000.1) 91:6.7 Ma l’efficacia della preghiera nell’esperienza spirituale personale di colui che prega non dipende in alcun modo dalla comprensione intellettuale dell’adoratore, dal suo acume filosofico, dal livello sociale, dalla condizione culturale o da altre acquisizioni umane. I fattori concomitanti psichici e spirituali della preghiera di fede sono immediati, personali ed esperienziali. Non esiste nessun’altra tecnica per mezzo della quale ciascun uomo, indipendentemente da ogni altro compimento umano, può avvicinarsi così efficacemente e direttamente alla soglia del regno in cui può comunicare con il suo Artefice, in cui la creatura prende contatto con la realtà del Creatore, con l’Aggiustatore di Pensiero interiore.
(1000.2) 91:7.1 Il misticismo, come tecnica per coltivare la coscienza della presenza di Dio, è interamente degno di lode, ma quando tali pratiche portano all’isolamento sociale e culminano nel fanatismo religioso, sono del tutto condannabili. Troppo spesso ciò che il mistico sovreccitato ritiene ispirazione divina non è che l’esaltazione proveniente dal profondo della sua mente. Il contatto della mente umana con il suo Aggiustatore interiore, benché sia spesso favorito da una meditazione fervente, è più frequentemente facilitato da un servizio sincero ed amorevole nel ministero disinteressato verso i propri simili.
(1000.3) 91:7.2 I grandi educatori religiosi ed i profeti delle epoche passate non erano dei mistici estremi. Essi erano uomini e donne conoscenti Dio che servivano al meglio il loro Dio per mezzo del ministero disinteressato verso i loro simili mortali. Gesù portava spesso i suoi apostoli in luoghi appartati per brevi periodi di meditazione e di preghiera, ma per la maggior parte del tempo li teneva in contatto di servizio con le moltitudini. L’anima dell’uomo ha bisogno di esercizio spirituale quanto di nutrimento spirituale.
(1000.4) 91:7.3 L’estasi religiosa è ammissibile quando risulta da antecedenti sani, ma queste esperienze sono più spesso la conseguenza d’influenze puramente emotive piuttosto che la manifestazione di un profondo carattere spirituale. Le persone religiose non devono considerare ogni vivido presentimento spirituale ed ogni intensa esperienza emotiva come una rivelazione divina o una comunicazione spirituale. L’estasi spirituale autentica è generalmente associata ad una grande calma esteriore e ad un controllo emotivo quasi perfetto. Ma la vera visione profetica è un presentimento superpsicologico. Tali visitazioni non sono delle pseudoallucinazioni né estasi di tipo trance.
(1000.5) 91:7.4 La mente umana può operare in risposta ad una cosiddetta ispirazione quando è sensibile sia alle sollecitazioni del subconscio sia agli stimoli del superconscio. In entrambi i casi tali accrescimenti del contenuto della coscienza appaiono all’individuo come più o meno estranei. Un entusiasmo mistico senza limiti ed un’estasi religiosa sfrenata non sono le credenziali dell’ispirazione, presunte credenziali divine.
(1000.6) 91:7.5 La prova pratica di tutte queste insolite esperienze religiose di misticismo, di estasi e d’ispirazione consiste nell’osservare se questi fenomeni portano un individuo a:
(1000.7) 91:7.6 1. Godere di una salute fisica migliore e più completa.
(1000.8) 91:7.7 2. Agire più efficacemente e più praticamente nella sua vita mentale.
(1000.9) 91:7.8 3. Condividere socialmente la sua esperienza religiosa con maggior pienezza e gioia.
(1000.10) 91:7.9 4. Spiritualizzare più completamente la sua vita quotidiana, adempiendo allo stesso tempo fedelmente i doveri correnti dell’esistenza umana ordinaria.
(1001.1) 91:7.10 5. Accrescere il suo amore ed il suo apprezzamento per la verità, la bellezza e la bontà.
(1001.2) 91:7.11 6. Conservare i valori sociali, morali, etici e spirituali correntemente riconosciuti.
(1001.3) 91:7.12 7. Sviluppare la sua intuizione spirituale — la sua coscienza di Dio.
(1001.4) 91:7.13 Ma la preghiera non ha alcuna connessione reale con queste esperienze religiose eccezionali. Quando la preghiera diventa troppo estetica, quando consiste quasi esclusivamente in una meravigliosa e beata contemplazione della divinità paradisiaca, perde molto della sua influenza socializzante e tende verso il misticismo e l’isolamento dei suoi devoti. C’è un certo pericolo associato all’eccessivo pregare da soli, che è corretto e prevenuto dalla preghiera di gruppo, dalle devozioni collettive.
(1001.5) 91:8.1 C’è un aspetto veramente spontaneo nella preghiera, perché l’uomo primitivo cominciò a pregare molto prima di avere qualunque concetto chiaro di un Dio. L’uomo primitivo era solito pregare in due diverse situazioni: quando si trovava in pressante bisogno provava l’impulso di cercare un aiuto, quando era esultante dava libero corso all’espressione impulsiva della sua gioia.
(1001.6) 91:8.2 La preghiera non è un’evoluzione della magia; entrambe sono sorte indipendentemente. La magia era un tentativo di adattare la Deità alle circostanze; la preghiera è lo sforzo di adattare la personalità alla volontà della Deità. La vera preghiera è sia morale che religiosa; la magia non è né l’una né l’altra.
(1001.7) 91:8.3 La preghiera può divenire un’usanza stabilita; molti pregano perché altri lo fanno. Altri ancora pregano perché temono che possa capitare loro qualcosa di terribile se non presentano le loro suppliche regolari.
(1001.8) 91:8.4 Per certe persone la preghiera è una tranquilla espressione di gratitudine; per altre è un’espressione collettiva di lode, una devozione sociale; talvolta essa è l’imitazione della religione di altri, mentre nella vera preghiera è la comunicazione sincera e fiduciosa tra la natura spirituale della creatura e la presenza dello spirito del Creatore in ogni luogo.
(1001.9) 91:8.5 La preghiera può essere un’espressione spontanea di coscienza di Dio o una recitazione priva di senso di formule teologiche. Può essere la lode estatica di un’anima che conosce Dio o l’obbedienza servile di un mortale dominato dalla paura. Essa è talvolta l’espressione patetica dell’anelito spirituale e talvolta il clamore chiassoso di frasi di devozione. La preghiera può essere una lode gioiosa od un’umile richiesta di perdono.
(1001.10) 91:8.6 La preghiera può essere la domanda infantile dell’impossibile o l’implorazione matura per la crescita morale ed il potere spirituale. Una supplica può essere per il pane quotidiano o può incorporare un desiderio sincero di trovare Dio e di fare la sua volontà. Può essere una richiesta interamente egoistica o un gesto sincero e splendido verso la realizzazione di una fratellanza disinteressata.
(1001.11) 91:8.7 La preghiera può essere un grido di collera, di vendetta o un’intercessione misericordiosa per i propri nemici. Può essere l’espressione di una speranza di cambiare Dio o la potente tecnica per cambiare se stessi. Può essere la supplica servile di un peccatore perduto davanti ad un Giudice ritenuto severo o l’espressione gioiosa di un figlio liberato del vivente e misericordioso Padre celeste.
(1001.12) 91:8.8 L’uomo moderno è imbarazzato dal pensiero di parlare delle sue questioni con Dio in maniera puramente personale. Molti hanno abbandonato la preghiera regolare; pregano soltanto se sottoposti a pressioni straordinarie — nei casi d’emergenza. L’uomo non dovrebbe avere paura di parlare a Dio, ma solo uno spirito infantile potrebbe accingersi a persuadere o a presumere di cambiare Dio.
(1002.1) 91:8.9 Ma la vera preghiera raggiunge la realtà. Anche quando le correnti d’aria sono ascendenti, nessun uccello può spiccare il volo senza stendere le ali. La preghiera eleva l’uomo perché è una tecnica di avanzamento mediante l’utilizzazione delle correnti spirituali ascendenti dell’universo.
(1002.2) 91:8.10 La vera preghiera contribuisce alla crescita spirituale, modifica i comportamenti e procura quella soddisfazione che proviene dalla comunione con la divinità. Essa è una esplosione spontanea della coscienza di Dio.
(1002.3) 91:8.11 Dio risponde alla preghiera dell’uomo donandogli un’accresciuta rivelazione della verità, un apprezzamento elevato della bellezza ed un concetto ampliato della bontà. La preghiera è un gesto soggettivo, ma stabilisce il contatto con realtà oggettive potenti sui livelli spirituali dell’esperienza umana; essa è un tentativo significativo da parte dell’uomo di raggiungere valori superumani. È il più potente stimolo alla crescita spirituale.
(1002.4) 91:8.12 Le parole sono di scarsa importanza nella preghiera; esse sono semplicemente il canale intellettuale in cui può trovarsi a scorrere il fiume della supplica spirituale. Il valore verbale di una preghiera è puramente autosuggestivo nelle devozioni individuali e sociosuggestivo nelle devozioni collettive. Dio risponde all’atteggiamento dell’anima, non alle parole.
(1002.5) 91:8.13 La preghiera non è una tecnica per sfuggire ai conflitti, ma piuttosto uno stimolo per crescere di fronte ai conflitti stessi. Pregate soltanto per i valori, non per le cose; per la crescita, non per la soddisfazione.
(1002.6) 91:9.1 Se volete impegnarvi in una preghiera efficace, dovete tenere presenti le leggi delle suppliche efficaci:
(1002.7) 91:9.2 1. Dovete qualificarvi come pregatore efficace affrontando sinceramente e coraggiosamente i problemi della realtà universale. Dovete possedere il vigore cosmico.
(1002.8) 91:9.3 2. Dovete avere onestamente esaurito ogni possibilità per un aggiustamento umano. Dovete essere stati industriosi.
(1002.9) 91:9.4 3. Dovete abbandonare ogni desiderio della mente ed ogni anelito dell’anima all’abbraccio trasformatore della crescita spirituale. Dovete avere sperimentato un accrescimento di significati ed un’elevazione di valori.
(1002.10) 91:9.5 4. Dovete fare la sincera scelta della volontà divina. Dovete eliminare il centro inerte dell’indecisione.
(1002.11) 91:9.6 5. Non solo riconoscete la volontà del Padre e scegliete di farla, ma siete consacrati senza riserve, e votati con dinamismo, a compiere effettivamente la volontà del Padre.
(1002.12) 91:9.7 6. La vostra preghiera sarà volta esclusivamente ad ottenere la saggezza divina per risolvere gli specifici problemi umani incontrati nel corso dell’ascensione al Paradiso — il raggiungimento della perfezione divina.
(1002.13) 91:9.8 7. E dovete avere fede — una fede vivente.
(1002.14) 91:9.9 [Presentato dal Capo degli Intermedi di Urantia.]
(1003.1) 92:0.1 L’UOMO possedeva una religione di origine naturale come parte della sua esperienza evoluzionaria molto prima che fossero fatte delle rivelazioni sistematiche su Urantia. Ma questa religione di origine naturale era, in se stessa, il prodotto della dotazione superanimale dell’uomo. La religione evoluzionaria crebbe lentamente nel corso dei millenni della carriera esperienziale dell’umanità grazie al ministero delle seguenti influenze operanti all’interno del selvaggio, del barbaro e dell’uomo civilizzato, ed influenti su di loro:
(1003.2) 92:0.2 1. L’aiutante dell’adorazione — l’apparizione nella coscienza animale di potenziali superanimali per la percezione della realtà. Ciò può essere definito il primordiale istinto umano di ricerca della Deità.
(1003.3) 92:0.3 2. L’aiutante della saggezza — la manifestazione in una mente adoratrice della tendenza a dirigere la sua adorazione in canali d’espressione più elevati e verso concetti sempre più estesi di realtà della Deità.
(1003.4) 92:0.4 3. Lo Spirito Santo — questo è il dono iniziale supermentale, ed appare infallibilmente in tutte le personalità umane sincere. Questo ministero nei confronti di una mente che anela all’adorazione e che aspira alla saggezza, crea la capacità di comprendere da se stessi il postulato della sopravvivenza umana, sia come concetto teologico sia come esperienza personale e fattuale.
(1003.5) 92:0.5 Il funzionamento coordinato di questi tre ministeri divini è del tutto sufficiente per dare avvio e far proseguire la crescita della religione evoluzionaria. Queste influenze sono successivamente accresciute dagli Aggiustatori di Pensiero, dai serafini e dallo Spirito della Verità, che accelerano tutti la cadenza dello sviluppo religioso. Questi agenti hanno funzionato a lungo su Urantia e continueranno a farlo per tutto il tempo in cui questo pianeta resterà una sfera abitata. Gran parte del potenziale di queste agenzie divine non ha ancora mai avuto l’opportunità di esprimersi; molto sarà rivelato nelle ere future via via che la religione dei mortali ascenderà, livello dopo livello, verso le celesti altezze del valore morontiale e della verità spirituale.
(1003.6) 92:1.1 L’evoluzione della religione è stata tracciata a partire dalla paura primitiva e dai fantasmi, attraverso numerosi stadi successivi di sviluppo, inclusi gli sforzi iniziali per costringere e poi allettare gli spiriti. I feticci tribali divennero totem e dei tribali; le formule magiche divennero preghiere moderne. La circoncisione, inizialmente un sacrificio, divenne una pratica igienica.
(1003.7) 92:1.2 Nel corso dell’infanzia selvaggia delle razze la religione progredì dall’adorazione della natura, attraverso il culto dei fantasmi, sino al feticismo. Agli albori della civiltà la razza umana sposò delle credenze più mistiche e simboliche, mentre oggi, all’avvicinarsi della sua maturità, l’umanità si prepara ad apprezzare la vera religione, un inizio di rivelazione della verità stessa.
(1004.1) 92:1.3 La religione nasce come reazione biologica della mente alle credenze spirituali e all’ambiente; essa è l’ultima cosa a perire o a cambiare in una razza. La religione, in una qualunque epoca, è l’adattamento della società a ciò che è misterioso. Come istituzione sociale essa comprende riti, simboli, culti, testi sacri, altari, santuari e templi. Acqua santa, reliquie, feticci, amuleti, paramenti sacri, campane, tamburi e clero sono comuni a tutte le religioni. È impossibile separare completamente la religione risultante puramente da evoluzione dalla magia o dalla stregoneria.
(1004.2) 92:1.4 Il mistero ed il potere hanno sempre stimolato sentimenti e timori religiosi, mentre l’emozione ha sempre funzionato come potente fattore condizionante il loro sviluppo. La paura è sempre stata lo stimolo religioso fondamentale. La paura forma gli dei della religione evoluzionaria e motiva il rituale religioso dei credenti primitivi. A mano a mano che la civiltà progredisce, la paura è modificata dalla venerazione, dall’ammirazione, dal rispetto, dalla simpatia, ed è poi ulteriormente condizionata dal rimorso e dal pentimento.
(1004.3) 92:1.5 Un popolo asiatico insegnò che “Dio è una grande paura”; questo è il risultato della religione puramente evoluzionaria. Gesù, la rivelazione del tipo più elevato di vita religiosa, proclamò che “Dio è amore”.
(1004.4) 92:2.1 La religione è la più rigida ed inflessibile di tutte le istituzioni umane, ma si adatta con ritardo ai mutamenti sociali. Alla fine, la religione evoluzionaria riflette i costumi in cambiamento che, a loro volta, possono essere stati influenzati dalla religione rivelata. Lentamente, sicuramente, ma forzatamente, la religione (il culto) segue la scia della saggezza — della conoscenza guidata dalla ragione esperienziale ed illuminata dalla rivelazione divina.
(1004.5) 92:2.2 La religione è strettamente legata ai costumi; ciò che esisteva è antico e ritenuto sacro. Per questa ragione, e per nessun’altra, gli utensili di pietra persisterono a lungo nell’età del bronzo e del ferro. Questa affermazione ne è una testimonianza: “E se mi farai un altare di pietra, non costruirlo di pietra tagliata, perché, se impieghi i tuoi attrezzi per farlo, l’avrai profanato.” Ancora oggi gli Indù accendono il fuoco degli altari usando un accendifuoco primitivo. Nel corso della religione evoluzionaria l’innovazione è sempre stata considerata un sacrilegio. Il sacramento non deve essere costituito da alimenti nuovi e lavorati, ma dalle vivande più primitive: “La carne arrostita al fuoco ed il pane senza lievito serviti con erbe amare.” Tutti i tipi di usanze sociali ed anche di procedure legali sono strettamente legate alle forme antiche.
(1004.6) 92:2.3 Quando l’uomo moderno si stupisce che nelle Scritture delle differenti religioni siano esposti tanti fatti che potrebbero essere giudicati osceni, dovrebbe soffermarsi a considerare che le generazioni che passano hanno paura di eliminare ciò che i loro antenati avevano ritenuto santo e sacro. Molte cose che una generazione può giudicare oscene, le generazioni precedenti le hanno considerate come parte dei loro costumi accettati ed anche come rituali religiosi approvati. Una considerevole quantità di controversie religiose è stata causata dagli incessanti tentativi di conciliare pratiche antiche ma riprovevoli con ragioni sorte da poco tempo, di trovare teorie plausibili a giustificazione della perpetuazione di credo di costumi antiquati e desueti.
(1004.7) 92:2.4 Ma è pura follia tentare di accelerare troppo improvvisamente la crescita religiosa. Una razza o una nazione possono assimilare da una religione avanzata soltanto ciò che è ragionevolmente coerente e compatibile con il loro status evoluzionario corrente, e tenuto conto del loro spirito di adattamento. Le condizioni sociali, climatiche, politiche ed economiche influiscono tutte nel determinare il corso ed il progresso dell’evoluzione religiosa. La moralità sociale non è determinata dalla religione, cioè dalla religione evoluzionaria; sono piuttosto le forme di religione ad essere dettate dalla moralità razziale.
(1005.1) 92:2.5 Le razze degli uomini accettano solo superficialmente una religione nuova ed estranea; in effetti, essi la adattano ai loro costumi e alle loro antiche forme di credenza. Ciò è bene illustrato dall’esempio di una tribù della Nuova Zelanda i cui sacerdoti, dopo aver nominalmente accettato il Cristianesimo, dichiararono di aver ricevuto direttamente delle rivelazioni da Gabriele che assicuravano che questa stessa tribù era divenuta il popolo eletto di Dio, e che ordinavano fosse permesso loro di dare libero corso a sfrenati rapporti sessuali e a numerosi altri antichi e riprovevoli costumi. Ed immediatamente tutti i recenti cristiani aderirono a questa versione nuova e meno esigente del Cristianesimo.
(1005.2) 92:2.6 In un’epoca o in un’altra la religione ha ratificato ogni tipo di condotta contraddittoria ed illogica; in una data epoca ha praticamente approvato tutto ciò che è ora considerato immorale od empio. La coscienza, non istruita dall’esperienza e non aiutata dalla ragione, non è mai stata né potrà mai essere una guida sicura ed infallibile per la condotta umana. La coscienza non è una voce divina che parla all’anima umana. È soltanto la somma totale del contenuto morale ed etico dei costumi di uno stadio d’esistenza in corso; rappresenta semplicemente l’ideale umanamente concepito di reazione in un dato insieme di circostanze.
(1005.3) 92:3.1 Lo studio della religione umana è l’esame degli strati sociali fossiliferi delle ere passate. I costumi degli dei antropomorfi riflettono fedelmente la morale degli uomini che concepirono per primi tali deità. Le religioni antiche e la mitologia illustrano fedelmente le credenze e le tradizioni di popoli persi da lungo tempo nell’oscurità. Queste antiche pratiche di culto persistono fianco a fianco di costumi economici e di evoluzioni sociali più recenti e, naturalmente, appaiono grossolanamente incompatibili. Le vestigia del culto presentano un’immagine reale delle religioni razziali del passato. Ricordatevi sempre che i culti non sono formati per scoprire la verità, ma piuttosto per divulgare le loro dottrine.
(1005.4) 92:3.2 La religione è sempre stata in larga misura una questione di riti, rituali, osservanze, cerimonie e dogmi. Essa si è generalmente macchiata di quell’errore che causa persistenti discordie: l’illusione del popolo eletto. Le principali idee religiose d’incantesimo, ispirazione, rivelazione, propiziazione, pentimento, espiazione, intercessione, sacrificio, preghiera, confessione, adorazione, sopravvivenza dopo la morte, sacramento, rituale, riscatto, salvezza, redenzione, alleanza, impurità, purificazione, profezia e peccato originale — risalgono tutte agli antichi tempi della paura primordiale dei fantasmi.
(1005.5) 92:3.3 La religione primitiva non è né più né meno che la lotta per l’esistenza materiale estesa ad inglobare l’esistenza oltre la tomba. Le osservanze di un tale credo rappresentavano l’estensione della lotta per il proprio sostentamento al dominio di un mondo immaginario di spiriti fantasma. Ma quando siete tentati di criticare la religione evoluzionaria, fate attenzione. Ricordatevi che essa è ciò che è avvenuto; è un fatto storico. E ricordatevi anche che il potere di un’idea non risiede nella sua certezza o nella sua verità, ma piuttosto nella vividezza del suo richiamo sugli uomini.
(1006.1) 92:3.4 La religione evoluzionaria non effettua cambiamenti o revisioni; contrariamente alla scienza, essa non provvede alla propria correzione progressiva. La religione evoluzionaria ottiene rispetto perché i suoi fedeli credono che essa sia La Verità; “la fede una volta che è trasmessa ai santi” deve, in teoria, essere definitiva ed infallibile. Il culto resiste allo sviluppo perché il vero progresso modifica o distrugge certamente il culto stesso; perciò la revisione deve sempre essergli imposta.
(1006.2) 92:3.5 Soltanto due influenze possono modificare ed elevare i dogmi della religione naturale: la pressione dei costumi in lento progresso e l’illuminazione periodica di rivelazioni epocali. E non c’è da stupirsi che il progresso sia stato lento; nei tempi antichi essere progressivi o inventivi significava essere messi a morte per stregoneria. Il culto avanza lentamente attraverso epoche di sviluppo e cicli millenari. Ma progredisce. La credenza evoluzionaria nei fantasmi pose le fondamenta per una filosofia della religione rivelata che alla fine distruggerà la superstizione che l’ha originata.
(1006.3) 92:3.6 La religione ha ostacolato lo sviluppo sociale in molti modi, ma senza religione non ci sarebbero state né moralità né etica durevoli, né civiltà degna di tal nome. La religione ha dato vita a molta cultura non religiosa: la scultura ha avuto origine dall’intaglio di idoli, l’architettura dalla costruzione di templi, la poesia dagli incantesimi, la musica dai canti di adorazione, il teatro dalle rappresentazioni per ottenere una guida spirituale, e la danza dalle festività stagionali di culto.
(1006.4) 92:3.7 Ma pur richiamando l’attenzione sul fatto che la religione fu essenziale allo sviluppo e alla conservazione della civiltà, bisogna tenere presente che la religione naturale ha anche contribuito molto a paralizzare e ad ostacolare la stessa civiltà che essa d’altronde promuoveva e manteneva. La religione ha intralciato le attività industriali e lo sviluppo economico; ha dissipato lavoro e dilapidato capitali; non è sempre stata di aiuto alla famiglia; non ha adeguatamente favorito la pace e la buona volontà; ha talvolta trascurato l’educazione e ritardato la scienza; ha indebitamente impoverito la vita sotto il pretesto di arricchire la morte. La religione evoluzionaria, la religione umana, è stata in verità colpevole di tutti questi errori, mancanze, sviste, e di molto altro ancora. Ciò nonostante essa ha mantenuto un’etica culturale, una civiltà morale ed una coesione sociale, ed ha reso possibile alla successiva religione rivelata compensare queste numerose deficienze evoluzionarie.
(1006.5) 92:3.8 La religione evoluzionaria è stata l’istituzione umana più costosa, ma la più incomparabilmente efficace. La religione umana può essere giustificata soltanto alla luce della civiltà evoluzionaria. Se l’uomo non fosse il prodotto ascendente dell’evoluzione animale, allora un tale corso di sviluppo religioso sarebbe senza giustificazione.
(1006.6) 92:3.9 La religione ha facilitato l’accumulo di capitali; ha favorito certi tipi di lavoro; il tempo libero dei sacerdoti ha promosso l’arte e la conoscenza; la razza, alla fine, ha guadagnato molto come conseguenza di tutti questi errori iniziali nella tecnica etica. Gli sciamani, onesti e disonesti, furono terribilmente onerosi, ma valsero tutto il loro costo. Le professioni intellettuali e la scienza stessa emersero dai sacerdozi parassiti. La religione ha favorito la civiltà ed ha assicurato la continuità della società; essa è stata la forza di polizia morale di tutti i tempi. La religione ha fornito quella disciplina umana e quell’autocontrollo che hanno reso possibile la saggezza. La religione è la sferza efficace dell’evoluzione che spinge risolutamente l’umanità indolente e sofferente ad uscire dal suo stato naturale d’inerzia intellettuale e ad elevarsi ai livelli superiori della ragione e della saggezza.
(1006.7) 92:3.10 E questa sacra eredità di ascesa animale, la religione evoluzionaria, deve sempre continuare ad essere affinata e nobilitata dalla continua censura della religione rivelata e dalla fornace ardente dell’autentica scienza.
(1007.1) 92:4.1 La rivelazione è evoluzionaria, ma sempre progressiva. Lungo le ere della storia del mondo le rivelazioni della religione sono sempre più ampie e successivamente più illuminanti. È missione della rivelazione selezionare e censurare le religioni evoluzionarie che si susseguono. Ma se rivelazione è elevare e far progredire le religioni di evoluzione, allora tali visitazioni divine devono presentare insegnamenti che non siano troppo lontani dalle idee e dalle reazioni dell’epoca in cui sono presentate. La rivelazione deve dunque essere sempre rapportata all’evoluzione, e lo è. La religione di rivelazione deve sempre essere limitata dalla capacità dell’uomo a riceverla.
(1007.2) 92:4.2 Ma indipendentemente dalle loro connessioni o derivazioni apparenti, le religioni di rivelazione sono sempre caratterizzate da una credenza in una Deità di valore finale e da un concetto di sopravvivenza dell’identità della personalità dopo la morte.
(1007.3) 92:4.3 La religione evoluzionaria è sentimentale, non logica. Essa è la reazione dell’uomo alla credenza in un ipotetico mondo di spiriti-fantasma — il riflesso umano della credenza suscitato dalla constatazione e dalla paura dell’ignoto. La religione di rivelazione è proposta dal vero mondo spirituale; essa è la risposta del cosmo superintellettuale alla sete dei mortali di credere nelle Deità universali e di contare su di esse. La religione evoluzionaria descrive i brancolamenti tortuosi dell’umanità alla ricerca della verità; la religione di rivelazione è questa stessa verità.
(1007.4) 92:4.4 Ci sono stati molti avvenimenti nella rivelazione religiosa, ma solo cinque d’importanza epocale. Questi sono stati i seguenti:
(1007.5) 92:4.5 1. Gli insegnamenti dalamatiani. Il vero concetto della Prima Sorgente e Centro fu promulgato per la prima volta su Urantia dai cento membri corporali del personale del Principe Caligastia. Questa rivelazione crescente della Deità proseguì per più di trecentomila anni, fino a quando fu bruscamente interrotta dalla secessione planetaria e dalla disgregazione del regime educativo. Ad eccezione dell’opera di Van, l’influenza della rivelazione dalamatiana fu praticamente perduta per il mondo intero. Anche i Noditi avevano dimenticato questa verità al tempo dell’arrivo di Adamo. Tra tutti coloro che ricevettero gli insegnamenti dei cento, furono gli uomini rossi che li conservarono più a lungo, ma l’idea del Grande Spirito non era che un vago concetto nella religione amerinda quando il contatto con il Cristianesimo la chiarì e la rafforzò considerevolmente.
(1007.6) 92:4.6 2. Gli insegnamenti edenici. Adamo ed Eva presentarono di nuovo il concetto del Padre di tutti ai popoli evoluzionari. La disgregazione del primo Eden arrestò il corso della rivelazione adamica prima che avesse pienamente preso avvio. Ma gli insegnamenti abortiti di Adamo furono portati avanti dai sacerdoti setiti, ed alcune di queste verità non sono mai andate interamente perdute per il mondo. L’intera tendenza dell’evoluzione religiosa levantina fu modificata dagli insegnamenti dei Setiti. Ma verso il 2.500 a.C. l’umanità aveva largamente perso di vista la rivelazione presentata al tempo di Eden.
(1007.7) 92:4.7 3. Melchizedek di Salem. Questo figlio d’emergenza di Nebadon inaugurò la terza rivelazione della verità su Urantia. I precetti cardinali dei suoi insegnamenti erano la fiducia e la fede. Egli insegnò la fiducia nell’onnipotente benevolenza di Dio e proclamò che la fede era l’atto per mezzo del quale gli uomini ottenevano il favore di Dio. I suoi insegnamenti si mescolarono gradualmente con le credenze e le pratiche delle diverse religioni evoluzionarie e si svilupparono alla fine nei sistemi teologici presenti su Urantia all’inizio del primo millennio dopo Cristo.
(1008.1) 92:4.8 4. Gesù di Nazaret. Cristo Micael presentò per la quarta volta ad Urantia il concetto di Dio come Padre Universale, e questo insegnamento è generalmente persistito da allora. L’essenza del suo insegnamento era l’amore ed il servizio, l’adorazione amorevole che un figlio creatura dona spontaneamente in riconoscimento del ministero amorevole di Dio suo Padre ed in risposta ad esso; il servizio per libero arbitrio che tali figli creature offrono ai loro fratelli nella gioiosa comprensione che in questo servizio essi servono anche Dio il Padre.
(1008.2) 92:4.9 5. I Fascicoli di Urantia. I fascicoli, dei quali questo è uno, costituiscono la più recente presentazione della verità ai mortali di Urantia. Questi fascicoli differiscono da tutte le precedenti rivelazioni perché non sono opera di una sola personalità dell’universo, ma una presentazione composita da parte di numerosi esseri. Ma nessuna rivelazione può mai essere completa prima del raggiungimento del Padre Universale. Tutti gli altri ministeri celesti non sono che parziali, transitori e praticamente adattati alle condizioni locali nel tempo e nello spazio. Anche se ammissioni come questa possono forse sminuire la forza e l’autorità immediate di tutte le rivelazioni, è giunto il momento su Urantia in cui è opportuno fare tali esplicite dichiarazioni, anche a rischio d’indebolire l’influenza e l’autorità future di quest’opera, la più recente delle rivelazioni della verità alle razze mortali di Urantia.
(1008.3) 92:5.1 Nella religione evoluzionaria gli dei sono concepiti come esistenti a somiglianza dell’immagine dell’uomo. Nella religione di rivelazione s’insegna agli uomini che sono figli di Dio — fatti ad immagine finita della divinità. Nelle credenze sintetizzate composte dagli insegnamenti della rivelazione e dai prodotti dell’evoluzione il concetto di Dio è una mescolanza:
(1008.4) 92:5.2 1. Delle idee preesistenti dei culti evoluzionari.
(1008.5) 92:5.3 2. Degli ideali sublimi della religione rivelata.
(1008.6) 92:5.4 3. Dei punti di vista personali dei grandi capi religiosi, dei profeti e dei maestri dell’umanità.
(1008.7) 92:5.5 La maggior parte delle grandi epoche religiose è stata inaugurata dalla vita e dagli insegnamenti di una personalità eminente; la guida di un capo ha originato la maggioranza dei movimenti morali validi della storia. E gli uomini hanno sempre avuto tendenza a venerare il capo, anche a discapito dei suoi insegnamenti; a riverire la sua personalità, anche perdendo di vista le verità che proclamava. Ciò non è senza ragione; c’è un forte desiderio istintivo nel cuore dell’uomo evoluzionario di ricevere aiuto dall’alto e dall’aldilà. Questo anelito è destinato ad anticipare l’apparizione sulla terra del Principe Planetario e dei Figli Materiali successivi. Su Urantia l’uomo è stato privato di questi capi e dirigenti superumani, e perciò cerca costantemente di compensare questa perdita circondando i suoi capi umani di leggende che comportano origini soprannaturali e carriere miracolose.
(1008.8) 92:5.6 Molte razze hanno concepito i loro capi come nati da vergini; le loro carriere sono largamente disseminate di episodi miracolosi, ed il loro ritorno è sempre atteso dai loro rispettivi gruppi. Nell’Asia centrale i membri delle tribù attendono ancora il ritorno di Gengis Khan; in Tibet, in Cina ed in India è Budda; nell’Islam è Maometto; tra gli Amerindi era Hesunanin Onamonalonton; presso gli Ebrei era in generale il ritorno di Adamo come governante materiale. A Babilonia il dio Marduk era una perpetuazione della leggenda di Adamo, l’idea del figlio di Dio, l’anello di congiunzione tra l’uomo e Dio. A seguito dell’apparizione di Adamo sulla terra, pretesi figli di Dio furono comuni tra le razze del mondo.
(1009.1) 92:5.7 Ma nonostante il timore superstizioso di cui erano spesso fatti oggetto, rimane un fatto che questi maestri furono le personalità temporali di fulcro sulle quali le leve della verità rivelata si appoggiarono per far progredire la moralità, la filosofia e la religione dell’umanità.
(1009.2) 92:5.8 Ci sono stati centinaia e centinaia di capi religiosi nella millenaria storia umana di Urantia, da Onagar al Guru Nanak. Durante questo tempo ci sono stati molti flussi e riflussi nella marea di verità religiosa e di fede spirituale, ed ogni rinascita della religione urantiana del passato è stata identificata con la vita e gli insegnamenti di qualche capo religioso. Nel prendere in considerazione i maestri dei tempi recenti, può rivelarsi utile raggrupparli nelle sette epoche religiose maggiori dell’Urantia postadamica.
(1009.3) 92:5.9 1. Il periodo setita. I sacerdoti setiti, rigenerati sotto la guida di Amosad, divennero i grandi insegnanti postadamici. Essi operarono in tutti i paesi degli Anditi e la loro influenza persisté più a lungo presso i Greci, i Sumeri e gli Indù. Presso questi ultimi sono persistiti fino all’epoca attuale come Bramini della fede indù. I Setiti ed i loro seguaci non persero mai completamente il concetto della Trinità rivelato da Adamo.
(1009.4) 92:5.10 2. L’epoca dei missionari di Melchizedek. La religione di Urantia fu rigenerata in non lieve misura dagli sforzi degli insegnanti che furono incaricati da Machiventa Melchizedek quando visse ed insegnò a Salem quasi duemila anni avanti Cristo. Questi missionari proclamarono la fede come prezzo del favore di Dio, ed i loro insegnamenti, anche se non produssero l’apparizione immediata di religioni, formarono tuttavia le basi sulle quali gli insegnanti della verità successivi avrebbero costruito le religioni di Urantia.
(1009.5) 92:5.11 3. L’epoca posteriore a Melchizedek. Sebbene Amenemope ed Ikhnaton abbiano insegnato entrambi in questo periodo, il genio religioso più rimarchevole dell’epoca posteriore a Melchizedek fu il capo di un gruppo di Beduini levantini e fondatore della religione ebraica — Mosè. Mosè insegnò il monoteismo. Egli disse: “Ascolta, o Israele, il Signore nostro Dio è un Dio unico.” “Il Signore è lui Dio. E non c’è altri che lui.” Egli cercò con persistenza di sradicare dal suo popolo le vestigia del culto dei fantasmi, prescrivendo persino la pena di morte per coloro che lo praticavano. Il monoteismo di Mosè fu alterato dai suoi successori, ma in tempi successivi essi ritornarono a molti dei suoi insegnamenti. La grandezza di Mosè risiede nella sua saggezza e nella sua sagacia. Altri uomini hanno avuto concetti più grandi di Dio, ma nessun uomo è mai riuscito così bene ad indurre un gran numero di persone ad adottare credenze così avanzate.
(1009.6) 92:5.12 4. Il sesto secolo avanti Cristo. Molti uomini sorsero a proclamare la verità in questo secolo, uno dei più grandi secoli di risveglio religioso che si siano visti su Urantia. Tra questi si possono citare Gautama, Confucio, Lao-tze, Zoroastro e gli insegnanti Giainisti. Gli insegnamenti di Gautama si sono largamente diffusi in Asia, ed egli è venerato come il Budda da milioni di persone. Confucio fu per la moralità cinese quello che Platone fu per la filosofia greca, ed anche se ci furono ripercussioni religiose degli insegnamenti di entrambi, in senso stretto nessuno dei due era un maestro religioso. Lao-tze ebbe una visione più ampia di Dio nel Tao di quanta ne ebbe Confucio nell’umanità o Platone nell’idealismo. Zoroastro, benché molto influenzato dal concetto prevalente del dualismo spirituale, il bene ed il male, esaltò allo steso tempo in modo preciso l’idea di un’unica Deità eterna e della vittoria finale della luce sulle tenebre.
(1010.1) 92:5.13 5. Il primo secolo dopo Cristo. Come maestro religioso, Gesù di Nazaret partì dal culto che era stato stabilito da Giovanni il Battista e si allontanò quanto poté dai digiuni e dalle forme. All’infuori di Gesù, Paolo di Tarso e Filone di Alessandria furono i più grandi insegnanti di quest’epoca. I loro concetti della religione hanno svolto un ruolo dominante nell’evoluzione della fede che porta il nome di Cristo.
(1010.2) 92:5.14 6. Il sesto secolo dopo Cristo. Maometto fondò una religione che era superiore a molti credi del suo tempo. La sua era una protesta contro le esigenze sociali delle religioni straniere e contro l’incoerenza della vita religiosa del suo popolo.
(1010.3) 92:5.15 7. Il quindicesimo secolo dopo Cristo. Questo periodo vide due movimenti religiosi: la rottura dell’unità del Cristianesimo in Occidente e la sintesi di una nuova religione in Oriente. In Europa il Cristianesimo istituzionalizzato aveva raggiunto quel grado d’inflessibilità che rendeva l’ulteriore crescita incompatibile con l’unità. In Oriente gli insegnamenti congiunti dell’Islamismo, dell’Induismo e del Buddismo furono sintetizzati da Nanak e dai suoi seguaci nel Sikhismo, una delle religioni più evolute dell’Asia.
(1010.4) 92:5.16 Il futuro di Urantia sarà caratterizzato senza dubbio dall’apparizione d’insegnanti della verità religiosa — la Paternità di Dio e la fraternità di tutte le creature. Ma si deve sperare che gli ardenti e sinceri sforzi di questi futuri profeti saranno diretti meno verso il rafforzamento delle barriere interreligiose e più verso l’accrescimento della fratellanza religiosa dell’adorazione spirituale tra i numerosi seguaci delle differenti teologie intellettuali così caratteristiche di Urantia di Satania.
(1010.5) 92:6.1 Le religioni di Urantia del ventesimo secolo presentano un quadro interessante dell’evoluzione sociale dell’impulso umano all’adorazione. Molte credenze sono progredite molto poco dall’epoca del culto dei fantasmi. I Pigmei dell’Africa non hanno delle reazioni religiose come gruppo, benché alcuni di loro credano un po’ in un ambiente di spiriti. Essi sono oggi esattamente al punto in cui era l’uomo primitivo quando iniziò l’evoluzione della religione. La credenza basilare della religione primitiva era la sopravvivenza dopo la morte. L’idea di adorare un Dio personale denota uno sviluppo evoluzionario avanzato, ed anche il primo stadio della rivelazione. I Dyak hanno sviluppato soltanto le pratiche religiose più primitive. Gli Eschimesi e gli Amerindi relativamente recenti avevano concetti molto scarni di Dio; essi credevano nei fantasmi ed avevano un’idea vaga di una sorta di sopravvivenza dopo la morte. Gli attuali aborigeni australiani hanno solo paura dei fantasmi, timore del buio ed una venerazione rudimentale degli antenati. Gli Zulù stanno giusto elaborando una religione di sacrifici e di paura dei fantasmi. Molte tribù africane, a parte l’opera missionaria cristiana e maomettana, non hanno ancora oltrepassato lo stadio feticista dell’evoluzione religiosa. Ma alcuni gruppi hanno da lungo tempo aderito all’idea del monoteismo, come i Traci di un tempo che credevano anche nell’immortalità.
(1010.6) 92:6.2 Su Urantia la religione evoluzionaria e la religione di rivelazione stanno progredendo fianco a fianco mescolandosi e fondendosi nei diversi sistemi teologici che si trovano nel mondo al momento della redazione di questi fascicoli. Queste religioni, le religioni del ventesimo secolo di Urantia, possono essere enumerate come segue:
(1011.1) 92:6.3 1. L’Induismo — la più antica.
(1011.2) 92:6.4 2. La religione ebraica.
(1011.3) 92:6.5 3. Il Buddismo.
(1011.4) 92:6.6 4. Gli insegnamenti di Confucio.
(1011.5) 92:6.7 5. Le credenze taoiste.
(1011.6) 92:6.8 6. Lo Zoroastrismo.
(1011.7) 92:6.9 7. Lo Shinto.
(1011.8) 92:6.10 8. Il Giainismo.
(1011.9) 92:6.11 9. Il Cristianesimo.
(1011.10) 92:6.12 10. L’Islamismo.
(1011.11) 92:6.13 11. Il Sikhismo — la più recente.
(1011.12) 92:6.14 Le religioni più evolute dell’antichità erano il Giudaismo e l’Induismo, ed ognuna ha rispettivamente molto influenzato il corso dello sviluppo religioso in Occidente ed in Oriente. Sia gli Indù che gli Ebrei credevano che le loro religioni fossero ispirate e rivelate, e ritenevano che tutte le altre fossero forme decadenti dell’unica vera fede.
(1011.13) 92:6.15 L’India è divisa tra Indù, Sikh, Maomettani e Giainisti, e ciascun gruppo descrive Dio, l’uomo e l’universo secondo come questi sono diversamente concepiti. La Cina segue gli insegnamenti taoisti e confuciani; lo Shinto è venerato in Giappone.
(1011.14) 92:6.16 Le grandi fedi internazionali, interrazziali, sono l’ebraica, la buddista, la cristiana e l’islamica. Il Buddismo si estende da Ceylon e dalla Birmania, attraverso il Tibet e la Cina, fino al Giappone. Esso ha mostrato un’adattabilità ai costumi di molti popoli che è stata eguagliata solo dal Cristianesimo.
(1011.15) 92:6.17 La religione ebraica ingloba la transizione filosofica dal politeismo al monoteismo; essa è un anello evoluzionario tra le religioni di evoluzione e le religioni di rivelazione. Gli Ebrei furono il solo popolo occidentale a seguire i loro dei evoluzionari primitivi completamente fino al Dio della rivelazione. Ma questa verità non fu mai francamente accettata prima del tempo di Isaia, che insegnò ancora una volta l’idea mista di una deità razziale congiunta con un Creatore Universale: “O Signore degli Eserciti, Dio d’Israele, tu sei Dio, e non ce ne sono altri; tu hai creato il cielo e la terra.” In un certo tempo la speranza della sopravvivenza della civiltà occidentale risiedette nei sublimi concetti ebraici della bontà e negli avanzati concetti greci della bellezza.
(1011.16) 92:6.18 La religione cristiana è la religione fondata sulla vita e sugli insegnamenti di Cristo, basata sulla teologia del Giudaismo, modificata in seguito dall’assimilazione di certi insegnamenti zoroastriani e della filosofia greca, e formulata principalmente da tre persone: Filone, Pietro e Paolo. Essa è passata per numerose fasi di evoluzione dal tempo di Paolo ed è divenuta così completamente occidentalizzata che molti popoli non europei considerano molto naturalmente il Cristianesimo come una strana rivelazione di uno strano Dio e destinata a degli stranieri.
(1011.17) 92:6.19 L’Islamismo è il collegamento religioso-culturale tra l’Africa del Nord, il Levante e l’Asia sudorientale. Fu la teologia ebraica, in connessione con gli insegnamenti cristiani successivi, che rese monoteista l’Islamismo. I seguaci di Maometto incespicarono di fronte agli insegnamenti avanzati della Trinità; essi non riuscirono a comprendere la dottrina di tre personalità divine e di una sola Deità. È sempre difficile indurre le menti evoluzionarie ad accettare improvvisamente una verità rivelata avanzata. L’uomo è una creatura evoluzionaria e per lo più deve acquisire la sua religione per mezzo di tecniche evoluzionarie.
(1012.1) 92:6.20 L’adorazione degli antenati di un tempo costituì un deciso progresso nell’evoluzione religiosa, ma è sorprendente e deplorevole che questo concetto primitivo persista in Cina, in Giappone ed in India tra tante idee relativamente più avanzate quali il Buddismo e l’Induismo. In Occidente il culto degli antenati si evolvé nella venerazione degli dei nazionali e nel rispetto per gli eroi razziali. Nel ventesimo secolo questa religione nazionalistica di venerazione degli eroi fa la sua apparizione nei diversi secolarismi radicali e nazionalistici che caratterizzano molte razze e nazioni occidentali. Molto di questo stesso atteggiamento si trova anche nelle grandi università e nelle comunità industriali più importanti dei popoli di lingua inglese. Non molto differente da questi concetti è l’idea che la religione non è che “una ricerca comune della buona vita”. Le “religioni nazionali” non sono altro che un ritorno all’adorazione dei primi imperatori romani e allo Shinto — l’adorazione dello Stato nella famiglia imperiale.
(1012.2) 92:7.1 La religione non può mai diventare un fatto scientifico. La filosofia può, in verità, riposare su una base scientifica, ma la religione resterà sempre evoluzionaria o di rivelazione, o una possibile combinazione di entrambe, com’è nel mondo d’oggi.
(1012.3) 92:7.2 Non possono essere inventate nuove religioni; o sono frutto di evoluzione oppure sono improvvisamente rivelate. Tutte le nuove religioni evoluzionarie sono semplicemente espressioni progressive di antiche credenze, nuovi adattamenti ed aggiustamenti. L’antico non cessa di esistere; esso è fuso con il nuovo, così come il Sikhismo germogliò e sbocciò dal terreno e dalle forme dell’Induismo, del Buddismo, dell’Islamismo e di altri culti contemporanei. La religione primitiva era molto democratica; il selvaggio prendeva a prestito o prestava facilmente. Solo con la religione rivelata apparve l’egotismo teologico autocratico ed intollerante.
(1012.4) 92:7.3 Le numerose religioni di Urantia sono tutte buone nella misura in cui portano l’uomo a Dio ed in cui portano la comprensione del Padre all’uomo. È un errore per un gruppo religioso concepire il proprio credo come La Verità; tali atteggiamenti denotano più arroganza teologica che certezza di fede. Non c’è una religione su Urantia che non possa trarre profitto dallo studiare ed assimilare il meglio delle verità contenute in ogni altra fede, perché tutte contengono la verità. Le persone religiose farebbero meglio a mutuare le cose migliori dalla fede spirituale vivente dei loro vicini piuttosto che denunciare il peggio nelle loro persistenti superstizioni e nei loro rituali desueti.
(1012.5) 92:7.4 Tutte queste religioni sono sorte come risultato della risposta intellettuale variabile dell’uomo alla sua guida spirituale identica. Esse non possono mai sperare di raggiungere un’uniformità di credo, di dogmi e di rituali — perché questi sono intellettuali; ma possono, ed un giorno vi arriveranno, realizzare un’unità nell’adorazione sincera del Padre di tutti, perché questa è spirituale, ed è eternamente vero che in spirito tutti gli uomini sono uguali.
(1012.6) 92:7.5 La religione primitiva era in larga misura una coscienza di valori materiali, ma la civiltà eleva i valori religiosi, perché la vera religione è la consacrazione di se stessi al servizio di valori significativi e supremi. Via via che la religione si evolve, l’etica diviene la filosofia della morale, e la moralità diviene la disciplina di se stessi per mezzo dei modelli di significati superiori e di valori supremi — gli ideali divini spirituali. La religione diventa così una devozione spontanea e squisita, l’esperienza vivente della fedeltà dell’amore.
(1013.1) 92:7.6 La qualità di una religione è indicata da:
(1013.2) 92:7.7 1. I valori del livello — la fedeltà.
(1013.3) 92:7.8 2. La profondità dei significati — la sensibilizzazione dell’individuo all’apprezzamento idealistico di questi valori superiori.
(1013.4) 92:7.9 3. L’intensità della consacrazione — il grado di devozione a questi valori divini.
(1013.5) 92:7.10 4. Il libero progresso della personalità in questo sentiero cosmico di vita spirituale idealistica, la realizzazione della filiazione con Dio e la cittadinanza progressiva senza fine nell’universo.
(1013.6) 92:7.11 I significati religiosi progrediscono nell’autocoscienza quando il bambino trasferisce le sue idee di onnipotenza dai suoi genitori a Dio. E l’intera esperienza religiosa di questo fanciullo dipende in larga misura dal fatto che la relazione figlio-genitore sia stata dominata dalla paura o dall’amore. Gli schiavi hanno sempre avuto grande difficoltà a trasferire la loro paura per i padroni in concetti d’amore per Dio. La civiltà, la scienza e le religioni avanzate devono liberare l’umanità da queste paure nate dal timore dei fenomeni naturali. E così una maggiore illuminazione dovrebbe liberare i mortali istruiti da ogni dipendenza da intermediari per comunicare con la Deità.
(1013.7) 92:7.12 Questi stadi intermedi d’idolatra esitazione nel trasferire la venerazione dall’umano e visibile al divino ed invisibile sono inevitabili, ma dovrebbero essere abbreviati dalla coscienza del ministero facilitatore dello spirito divino interiore. Ciò nonostante, l’uomo è stato profondamente influenzato non soltanto dai suoi concetti di Deità, ma anche dal carattere degli eroi che egli ha scelto di onorare. È molto spiacevole che coloro che sono giunti a venerare il divino e risorto Cristo abbiano dimenticato l’uomo — il valoroso e coraggioso eroe — Joshua ben Joseph.
(1013.8) 92:7.13 L’uomo moderno è adeguatamente autocosciente della religione, ma le sue usanze di adorazione sono confuse e screditate dalla sua accelerata metamorfosi sociale e dagli sviluppi scientifici senza precedenti. Gli uomini e le donne raziocinanti vogliono che la religione sia ridefinita, e questa esigenza obbligherà la religione a rivalutarsi.
(1013.9) 92:7.14 L’uomo moderno è posto di fronte al compito di fare in una sola generazione più raggiustamenti nei valori umani di quanti ne siano stati fatti in duemila anni. E tutto ciò influenza l’atteggiamento sociale verso la religione, perché la religione è un modo di vivere così come una tecnica di pensiero.
(1013.10) 92:7.15 La vera religione deve sempre essere, ad un tempo, l’eterno fondamento e la stella guida per tutte le civiltà durature.
(1013.11) 92:7.16 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1014.1) 93:0.1 I MELCHIZEDEK sono largamente conosciuti come Figli d’emergenza, perché s’impegnano in una serie stupefacente di attività sui mondi di un universo locale. Quando sorge un problema straordinario o quando si deve tentare qualcosa d’insolito, è molto spesso un Melchizedek che ne accetta l’incarico. La capacità dei Figli Melchizedek di operare in casi d’emergenza e su livelli molto differenti dell’universo, anche sul livello fisico di manifestazione della personalità, è peculiare del loro ordine. Solo i Portatori di Vita condividono in una certa misura questa gamma metamorfica di funzioni della personalità.
(1014.2) 93:0.2 L’ordine Melchizedek di filiazione universale è stato estremamente attivo su Urantia. Un corpo di dodici di loro ha servito assieme ai Portatori di Vita. Un corpo successivo di dodici fu incaricato dell’amministrazione fiduciaria del vostro mondo poco dopo la secessione di Caligastia e proseguì nelle sue funzioni fino al tempo di Adamo ed Eva. Questi dodici Melchizedek ritornarono su Urantia dopo il fallimento di Adamo ed Eva e continuarono poi come amministratori fiduciari del pianeta fino al giorno in cui Gesù di Nazaret, in qualità di Figlio dell’Uomo, divenne il Principe Planetario titolare di Urantia.
(1014.3) 93:1.1 La verità rivelata fu minacciata di estinzione durante i millenni che seguirono l’insuccesso della missione adamica su Urantia. Le razze umane, benché facessero intellettualmente dei progressi, spiritualmente perdevano lentamente terreno. Verso il 3.000 a. C. il concetto di Dio era divenuto molto vago nella mente degli uomini.
(1014.4) 93:1.2 I dodici amministratori fiduciari Melchizedek erano al corrente dell’imminente conferimento di Micael sul loro pianeta, ma non sapevano in quale momento sarebbe avvenuto. Perciò si riunirono in solenne consiglio e chiesero agli Altissimi di Edentia che fosse adottato qualche provvedimento per mantenere la luce della verità su Urantia. Questa istanza fu respinta con la decisione che “la conduzione degli affari sul 606 di Satania è interamente nelle mani dei custodi Melchizedek”. Gli amministratori fiduciari si appellarono allora al Padre Melchizedek, ma ricevettero soltanto l’ordine di continuare a sostenere la verità nel modo che avrebbero essi stessi scelto “fino all’arrivo di un Figlio di conferimento” il quale “avrebbe salvato i diritti planetari dalla decadenza e dall’incertezza”.
(1014.5) 93:1.3 Fu in conseguenza di essere stati costretti a confidare così completamente nelle loro risorse che Machiventa Melchizedek, uno dei dodici amministratori fiduciari del pianeta, si offrì volontario per fare quello che era stato compiuto solo sei volte in tutta la storia di Nebadon: personalizzarsi sulla terra come un uomo temporale del regno, conferire se stesso come Figlio d’emergenza di ministero planetario. Le autorità di Salvington accordarono il permesso per questa avventura, e l’incarnazione effettiva di Machiventa Melchizedek avvenne presso quella che stava per diventare la città di Salem in Palestina. L’intera operazione di materializzazione di questo Figlio Melchizedek fu compiuta dagli amministratori fiduciari del pianeta con la collaborazione dei Portatori di Vita, di alcuni Controllori Fisici Maestri e di altre personalità celesti residenti su Urantia.
(1015.1) 93:2.1 Fu 1.973 anni prima della nascita di Gesù che Machiventa fu conferito alle razze umane di Urantia. Il suo arrivo non fu spettacolare; la sua materializzazione non fu testimoniata da occhi umani. Egli fu osservato per la prima volta da un mortale nel memorabile giorno in cui entrò nella tenda di Amdon, un allevatore caldeo di origine sumera. E la proclamazione della sua missione fu contenuta nella semplice dichiarazione che egli fece a questo pastore: “Io sono Melchizedek, sacerdote di El Elyon, l’Altissimo, il solo ed unico Dio.”
(1015.2) 93:2.2 Quando il pastore si fu ripreso dallo stupore, e dopo che ebbe pressato questo straniero con numerose domande, chiese a Melchizedek di cenare con lui, e questa fu la prima volta nella sua lunga carriera universale che Machiventa mangiò alimenti materiali, il cibo che l’avrebbe sostentato per tutti i suoi novantaquattro anni di vita come essere materiale.
(1015.3) 93:2.3 Quella notte, mentre conversavano sotto le stelle, Melchizedek iniziò la sua missione di rivelazione della verità della realtà di Dio quando, con un ampio movimento del braccio, si volse verso Amdon dicendo: “El Elyon, l’Altissimo, è il creatore divino delle stelle del firmamento ed anche di questa stessa terra sulla quale noi viviamo, ed è anche il Dio supremo del cielo.”
(1015.4) 93:2.4 In pochi anni Melchizedek riunì attorno a sé un gruppo di allievi, di discepoli e di credenti che formò il nucleo della successiva comunità di Salem. Egli fu ben presto conosciuto in tutta la Palestina come il sacerdote di El Elyon, l’Altissimo, e come il saggio di Salem. Tra alcune delle tribù circostanti era spesso chiamato lo sceicco, o il re, di Salem. Salem era il luogo che dopo la scomparsa di Melchizedek divenne la città di Jebus, successivamente chiamata Gerusalemme.
(1015.5) 93:2.5 Nelle apparenze personali Melchizedek sembrava un membro degli allora popoli misti noditi e sumeri; era alto circa un metro e ottanta ed aveva un aspetto imponente. Egli parlava il caldeo ed una mezza dozzina di altre lingue. Vestiva in modo simile ai sacerdoti cananei, salvo che sul suo petto portava un emblema di tre cerchi concentrici, il simbolo in Satania della Trinità del Paradiso. Nel corso del suo ministero questa insegna di tre cerchi concentrici fu considerata talmente sacra dai suoi discepoli che questi non osarono mai servirsene, e fu presto dimenticata dopo poche generazioni.
(1015.6) 93:2.6 Sebbene Machiventa avesse vissuto alla maniera degli uomini del regno, non si sposò mai, né avrebbe potuto lasciare dei discendenti sulla terra. Il suo corpo fisico, pur assomigliando a quello di un maschio umano, era in realtà dell’ordine di quei corpi costruiti appositamente ed impiegati dai cento membri materializzati del personale del Principe Caligastia, eccetto che egli non portava il plasma vitale di alcuna razza umana. Né era disponibile su Urantia l’albero della vita. Se Machiventa fosse rimasto sulla terra per un lungo periodo, il suo meccanismo fisico si sarebbe progressivamente deteriorato. Comunque sia, egli terminò la sua missione di conferimento in novantaquattro anni, molto prima che il suo corpo materiale avesse cominciato a disintegrarsi.
(1016.1) 93:2.7 Questo Melchizedek incarnato ricevette un Aggiustatore di Pensiero, che abitò la sua personalità superumana come monitore del tempo e mentore della carne, acquisendo in tal modo quell’esperienza e quell’introduzione pratica circa i problemi di Urantia e la tecnica di risiedere in un Figlio incarnato che consentirono a questo spirito del Padre di funzionare così validamente nella mente umana del successivo Figlio di Dio, Micael, quando apparve sulla terra nelle sembianze della carne mortale. Questo è il solo Aggiustatore di Pensiero ad aver mai funzionato in due menti su Urantia, ma entrambe le menti erano tanto divine quanto umane.
(1016.2) 93:2.8 Durante la sua incarnazione Machiventa restò in continuo contatto con i suoi undici compagni del corpo di custodi planetari, ma non poteva comunicare con altri ordini di personalità celesti. All’infuori degli amministratori fiduciari Melchizedek, egli non aveva contatti maggiori con intelligenze superumane di quanti ne avesse un essere umano.
(1016.3) 93:3.1 In capo a dieci anni Melchizedek organizzò le sue scuole a Salem, modellandole sull’antico sistema che era stato sviluppato dai primi sacerdoti setiti del secondo Eden. Anche l’idea del sistema di riscossione delle decime, che fu introdotto più tardi dal suo convertito Abramo, fu pure derivata dalle vaghe tradizioni dei metodi degli antichi Setiti.
(1016.4) 93:3.2 Melchizedek insegnò il concetto di un Dio unico, di una Deità universale, ma permise al popolo di associare questo insegnamento con il Padre della Costellazione di Norlatiadek, che egli chiamava El Elyon — l’Altissimo. Melchizedek non disse quasi nulla sullo status di Lucifero e sulla situazione degli affari su Jerusem. Lanaforge, il Sovrano del Sistema, si occupò poco di Urantia fino a che non fu completato il conferimento di Micael. Per la maggior parte degli studenti di Salem, Edentia era il cielo e l’Altissimo era Dio.
(1016.5) 93:3.3 Il simbolo dei tre cerchi concentrici, che Melchizedek adottò come insegna del suo conferimento, fu interpretato dalla maggioranza della gente come rappresentante i tre regni degli uomini, degli angeli e di Dio. E fu loro consentito di persistere in questa credenza; pochissimi dei suoi discepoli seppero mai che questi tre cerchi rappresentavano l’infinità, l’eternità e l’universalità della Trinità del Paradiso, che mantiene l’universo e lo dirige divinamente. Anche Abramo considerava piuttosto questo simbolo come rappresentante i tre Altissimi di Edentia, in quanto gli era stato insegnato che i tre Altissimi agivano come un solo essere. Nella misura in cui Melchizedek insegnò il concetto della Trinità simbolizzato dalla sua insegna, lo associò generalmente ai tre governanti Vorondadek della costellazione di Norlatiadek.
(1016.6) 93:3.4 Per il gruppo dei suoi seguaci egli non fece alcun tentativo di presentare un insegnamento che andasse al di là del fatto del governo degli Altissimi di Edentia — gli Dei di Urantia. Ma ad alcuni Melchizedek insegnò una verità avanzata, comprendente la condotta e l’organizzazione dell’universo locale, mentre al suo brillante discepolo Nordan il Kenita e al suo gruppo di studenti assidui insegnò le verità del superuniverso ed anche di Havona.
(1016.7) 93:3.5 I membri della famiglia di Katro, con cui Melchizedek visse per più di trent’anni, conobbero molte di queste verità superiori e le perpetuarono a lungo nelle loro famiglie fino all’epoca del loro illustre discendente Mosè, il quale si trovò così in possesso di una tradizione autorevole dei tempi di Melchizedek trasmessagli da questo suo ramo paterno, così come attraverso altre fonti del suo ramo materno.
(1016.8) 93:3.6 Melchizedek insegnò ai suoi discepoli tutto quello che erano capaci di ricevere e di assimilare. Anche molte idee religiose moderne concernenti il cielo e la terra, l’uomo, Dio e gli angeli, non sono molto lontane da questi insegnamenti di Melchizedek. Ma questo grande maestro subordinò ogni cosa alla dottrina di un Dio unico, una Deità universale, un Creatore celeste, un Padre divino. Egli insisté su questo insegnamento allo scopo di fare appello all’adorazione da parte dell’uomo e preparare la via all’apparizione successiva di Micael come Figlio di questo stesso Padre Universale.
(1017.1) 93:3.7 Melchizedek insegnò che in un’epoca futura un altro Figlio di Dio sarebbe venuto nella carne come era venuto lui, ma che sarebbe nato da una donna; ecco perché numerosi istruttori successivi sostennero che Gesù era un sacerdote, o ministro, “sempre secondo l’ordine di Melchizedek”.
(1017.2) 93:3.8 In tal modo Melchizedek preparò la via e predispose la scena monoteistica di tendenza mondiale per il conferimento di un Figlio Paradisiaco effettivo del Dio unico, che egli descrisse così vividamente come il Padre di tutti e lo rappresentò ad Abramo come un Dio che accettava l’uomo alle semplici condizioni di una fede personale. E Micael, quando apparve sulla terra, confermò tutto quello che Melchizedek aveva insegnato sul Padre del Paradiso.
(1017.3) 93:4.1 Le cerimonie del culto di Salem erano molto semplici. Ogni persona che firmava o apponeva un marchio sulle liste delle tavolette d’argilla della chiesa di Melchizedek, imparava a memoria e sottoscriveva il credo seguente:
(1017.4) 93:4.2 1. Credo in El Elyon, l’Altissimo Dio, il solo Padre Universale e Creatore di tutte le cose.
(1017.5) 93:4.3 2. Accetto il patto di Melchizedek con l’Altissimo, che accorda il favore di Dio in base alla mia fede e non in base a sacrifici e ad offerte bruciate.
(1017.6) 93:4.4 3. Prometto di ubbidire ai sette comandamenti di Melchizedek e di annunciare a tutti gli uomini la buona novella di questo patto con l’Altissimo.
(1017.7) 93:4.5 Questo era l’intero contenuto del credo della colonia di Salem. Ma anche questa breve e semplice dichiarazione di fede era eccessiva e troppo avanzata per gli uomini di quel tempo. Essi semplicemente non erano capaci di afferrare l’idea di ottenere il favore divino in cambio di niente — per mezzo della fede. Erano troppo profondamente radicati nella credenza che l’uomo nasceva sottomesso agli dei. Essi avevano sacrificato agli dei e fatto dei doni ai sacerdoti per troppo tempo e con troppo zelo per essere in grado di comprendere la buona novella che la salvezza, il favore divino, era un dono gratuito accordato a tutti coloro che credevano nel patto di Melchizedek. Ma Abramo vi credette un po’, ed anche questo gli fu “imputato a giustizia”.
(1017.8) 93:4.6 I sette comandamenti promulgati da Melchizedek erano modellati sull’antica legge suprema di Dalamatia ed assomigliavano moltissimo ai sette comandamenti insegnati nel primo e nel secondo Eden. Questi comandamenti della religione di Salem erano:
(1017.9) 93:4.7 1. Non servirai altro Dio che l’Altissimo Creatore del cielo e della terra.
(1017.10) 93:4.8 2. Non dubiterai che la fede sia la sola condizione richiesta per la salvezza eterna.
(1017.11) 93:4.9 3. Non porterai falsa testimonianza.
(1017.12) 93:4.10 4. Non ucciderai.
(1017.13) 93:4.11 5. Non ruberai.
(1018.1) 93:4.12 6. Non commetterai adulterio.
(1018.2) 93:4.13 7. Non mancherai di rispetto ai tuoi genitori e alle persone anziane.
(1018.3) 93:4.14 Benché non fosse consentito alcun sacrificio all’interno della colonia, Melchizedek sapeva bene quanto fosse difficile sradicare bruscamente dei costumi stabiliti da lungo tempo, e di conseguenza aveva saggiamente offerto a questa gente di sostituire un sacramento di pane e di vino all’antico sacrificio di carne e di sangue. Sta scritto: “Melchizedek, re di Salem, fece portare del pane e del vino.” Ma anche questa prudente innovazione non ebbe pieno successo; le diverse tribù mantennero tutte dei centri ausiliari nei dintorni di Salem dove offrivano sacrifici e bruciavano offerte. Lo stesso Abramo ricorse a questa pratica barbara dopo la sua vittoria su Kedorlaomer; egli semplicemente non si sentiva del tutto tranquillo se non offriva un sacrificio tradizionale. E Melchizedek non riuscì mai ad estirpare totalmente questa tendenza ai sacrifici dalle pratiche religiose dei suoi seguaci, ed anche di Abramo.
(1018.4) 93:4.15 Come Gesù, Melchizedek badò strettamente a compiere la missione del suo conferimento. Egli non tentò di riformare i costumi, di cambiare le abitudini del mondo, e nemmeno di promulgare pratiche igieniche avanzate o verità scientifiche. Egli venne ad adempiere due compiti: tenere viva sulla terra la verità del Dio unico e preparare la via per il successivo conferimento come mortale di un Figlio del Paradiso di questo Padre Universale.
(1018.5) 93:4.16 Melchizedek insegnò a Salem gli elementi della verità rivelata per novantaquattro anni, e durante questo tempo Abramo frequentò la scuola di Salem in tre differenti riprese. Egli si convertì alla fine agli insegnamenti di Salem e divenne uno dei più brillanti allievi e dei principali sostenitori di Melchizedek.
(1018.6) 93:5.1 Benché possa essere un errore parlare di “popolo eletto”, non è sbagliato alludere ad Abramo come individuo eletto. Melchizedek affidò ad Abramo la responsabilità di tenere viva la verità di un Dio unico in contrasto con la credenza prevalente in molteplici deità.
(1018.7) 93:5.2 La scelta della Palestina come luogo delle attività di Machiventa fu in parte basata sul desiderio di stabilire un contatto con una famiglia umana incorporante potenziali di comando. All’epoca dell’incarnazione di Melchizedek c’erano molte famiglie sulla terra altrettanto ben preparate quanto quella di Abramo a ricevere la dottrina di Salem. C’erano famiglie ugualmente dotate tra gli uomini rossi, gli uomini gialli e i discendenti degli Anditi dell’ovest e del nord. Ma d’altra parte nessuna di queste località era così favorevolmente situata per la successiva apparizione di Micael sulla terra quanto la riva orientale del Mare Mediterraneo. La missione di Melchizedek in Palestina e la successiva apparizione di Micael tra il popolo ebreo furono in gran parte determinate dalla geografia, dal fatto che la Palestina era situata centralmente rispetto al commercio, agli itinerari dei viaggi ed alla civiltà allora esistenti sul pianeta.
(1018.8) 93:5.3 Per qualche tempo gli amministratori fiduciari Melchizedek avevano osservato gli antenati di Abramo ed attendevano fiduciosi, in una data generazione, un discendente che fosse caratterizzato da intelligenza, iniziativa, sagacia e sincerità. I figli di Terah, il padre di Abramo, rispondevano in tutto a queste aspettative. Fu la possibilità di contatto con questi figli versatili di Terah che ebbe un ruolo considerevole nell’apparizione di Machiventa a Salem, piuttosto che in Egitto, in Cina, in India o tra le altre tribù del nord.
(1019.1) 93:5.4 Terah e tutta la sua famiglia erano dei tiepidi convertiti alla religione di Salem, che era stata predicata in Caldea. Essi seppero di Melchizedek grazie alla predicazione di Ovidio, un istruttore fenicio che proclamò le dottrine di Salem ad Ur. Essi lasciarono Ur con l’intenzione di recarsi direttamente a Salem, ma Nahor, fratello di Abramo, non avendo visto Melchizedek, era poco entusiasta e li persuase a fermarsi ad Harran. E passò molto tempo dopo il loro arrivo in Palestina prima che si decidessero a distruggere tutti i penati che avevano portato con loro; essi furono lenti a rinunciare ai molti dei della Mesopotamia in favore del Dio unico di Salem.
(1019.2) 93:5.5 Alcune settimane dopo la morte del padre di Abramo, Terah, Melchizedek mandò uno dei suoi studenti, Jaram l’Ittita, a portare ad Abramo e a Nahor il seguente invito: “Venite a Salem, dove ascolterete i nostri insegnamenti sulla verità del Creatore eterno, e dalla discendenza illuminata di voi due fratelli sarà benedetto il mondo intero.” Ora Nahor non aveva interamente accettato il vangelo di Melchizedek; egli restò indietro e costruì una potente città Stato che portava il suo nome; ma Lot, nipote di Abramo, decise di andare con suo zio a Salem.
(1019.3) 93:5.6 Arrivati a Salem, Abramo e Lot scelsero un luogo fortificato sulle colline vicino alla città, dove potevano difendersi dai numerosi attacchi di sorpresa dei razziatori del nord. In quest’epoca gli Ittiti, gli Assiri, i Filistei ed altri gruppi predavano in continuazione le tribù della Palestina centrale e meridionale. Partendo dalla loro roccaforte sulle colline, Abramo e Lot fecero frequenti pellegrinaggi a Salem.
(1019.4) 93:5.7 Poco dopo essersi stabiliti vicino a Salem, Abramo e Lot si recarono nella valle del Nilo per ottenere delle forniture di viveri, poiché allora in Palestina c’era la siccità. Durante il suo breve soggiorno in Egitto, Abramo trovò un lontano parente sul trono egiziano, ed egli prestò servizio come comandante di due spedizioni militari coronate da grande successo per questo re. Durante l’ultima parte del suo soggiorno sul Nilo egli e sua moglie Sara vissero a corte, e quando lasciò l’Egitto egli ricevette una parte del bottino delle sue campagne militari.
(1019.5) 93:5.8 Fu necessaria una grande determinazione da parte di Abramo per rinunciare agli onori della corte egiziana e ritornare al lavoro più spirituale patrocinato da Machiventa. Ma Melchizedek era riverito anche in Egitto, e quando tutta la storia fu riferita al Faraone, questi incitò vivamente Abramo a ritornare per adempiere i suoi voti in favore della causa di Salem.
(1019.6) 93:5.9 Abramo ambiva a diventare re, e sulla via del ritorno dall’Egitto espose a Lot il suo piano per soggiogare tutto Canaan e portare il suo popolo sotto l’autorità di Salem. Lot era più incline agli affari; così, dopo un ultimo dissapore, egli si recò a Sodoma per occuparsi di commercio e di allevamento di bestiame. Lot non amava né la vita militare né la vita di mandriano.
(1019.7) 93:5.10 Dopo essere tornato con la sua famiglia a Salem, Abramo cominciò a maturare i suoi progetti militari. Egli fu presto riconosciuto governatore civile del territorio di Salem e confederò sotto il suo comando sette tribù vicine. In verità fu con grande difficoltà che Melchizedek frenò Abramo, il quale era infiammato di zelo e voleva partire per unire le tribù vicine con la spada per portarle in tal modo più rapidamente a conoscere le verità di Salem.
(1019.8) 93:5.11 Melchizedek manteneva relazioni pacifiche con tutte le tribù circostanti; egli non era un militarista e non fu mai attaccato da alcuno di questi eserciti nei loro spostamenti avanti e indietro. Egli voleva solamente che Abramo formulasse una politica difensiva per Salem, quale fu attuata successivamente, ma non approvava i progetti ambiziosi di conquista del suo allievo; così avvenne una separazione amichevole di rapporti; Abramo si recò ad Hebron per stabilirvi la sua capitale militare.
(1020.1) 93:5.12 Abramo, a causa dei suoi stretti rapporti con l’illustre Melchizedek, possedeva un grande vantaggio sui piccoli re dei dintorni; essi riverivano tutti Melchizedek e temevano indubbiamente Abramo. Abramo sapeva di questa paura ed aspettava soltanto un’occasione favorevole per attaccare i suoi vicini; e questo pretesto si presentò quando alcuni di questi sovrani osarono razziare i beni di suo nipote Lot, che abitava a Sodoma. A questa notizia, Abramo, alla testa delle sue sette tribù confederate, mosse contro il nemico. La sua stessa guardia del corpo di 318 uomini formava i quadri dell’esercito di oltre 4.000 uomini che attaccò in questa circostanza.
(1020.2) 93:5.13 Quando Melchizedek seppe della dichiarazione di guerra di Abramo, partì per dissuaderlo, ma raggiunse il suo vecchio discepolo solo mentre ritornava vittorioso dalla battaglia. Abramo insisté che il Dio di Salem gli aveva dato la vittoria sui suoi nemici e si ostinò a donare un decimo del suo bottino al tesoro di Salem. L’altro novanta per cento lo portò nella sua capitale di Hebron.
(1020.3) 93:5.14 Dopo questa battaglia di Siddim, Abramo divenne capo di una seconda confederazione di undici tribù, e non solo pagò le decime a Melchizedek, ma badò anche che tutti gli altri nelle vicinanze facessero altrettanto. Le sue relazioni diplomatiche con il re di Sodoma, unitamente al timore che egli generalmente incuteva, indussero il re di Sodoma ed altri ad unirsi alla confederazione militare di Hebron. Abramo era veramente bene avviato a formare un potente Stato in Palestina.
(1020.4) 93:6.1 Abramo aveva in animo di conquistare tutto Canaan. La sua determinazione era attenuata soltanto dal fatto che Melchizedek non voleva ratificare l’operazione. Ma Abramo aveva quasi deciso d’imbarcarsi nell’impresa quando il pensiero che non aveva alcun figlio che gli succedesse come sovrano di questo regno progettato cominciò a tormentarlo. Egli combinò un nuovo incontro con Melchizedek; e fu nel corso di questo colloquio che il sacerdote di Salem, il Figlio visibile di Dio, persuase Abramo ad abbandonare il suo piano di conquista materiale e di sovranità temporale a favore del concetto spirituale del regno dei cieli.
(1020.5) 93:6.2 Melchizedek spiegò ad Abramo la futilità di lottare contro la confederazione degli Amorrei, ma gli fece anche comprendere che questi clan arretrati si stavano certamente suicidando con le loro sciocche pratiche, cosicché in capo a poche generazioni si sarebbero talmente indeboliti che i discendenti di Abramo, nel frattempo grandemente cresciuti di numero, avrebbero potuto vincerli facilmente.
(1020.6) 93:6.3 Melchizedek fece allora un patto formale con Abramo a Salem. Egli disse ad Abramo: “Guarda ora i cieli e conta le stelle se ci riesci; il tuo seme sarà altrettanto numeroso.” Ed Abramo credette a Melchizedek, “e ciò gli fu imputato a giustizia”. Poi Melchizedek raccontò ad Abramo la storia della futura occupazione di Canaan da parte dei suoi discendenti dopo il loro soggiorno in Egitto.
(1020.7) 93:6.4 Questo patto di Melchizedek con Abramo rappresenta il grande accordo urantiano tra la divinità e l’umanità secondo il quale Dio accetta di fare ogni cosa; l’uomo accetta soltanto di credere alla promessa di Dio e di seguire le sue istruzioni. In precedenza si era creduto che la salvezza si potesse ottenere solo con le opere — sacrifici ed offerte; ora Melchizedek portava di nuovo ad Urantia la buona novella che la salvezza, il favore di Dio, si deve acquisire per mezzo della fede. Ma questo vangelo di semplice fede in Dio era troppo avanzato; i membri delle tribù semitiche preferirono in seguito ritornare agli antichi sacrifici e all’espiazione dei peccati mediante il versamento di sangue.
(1021.1) 93:6.5 Fu non molto tempo dopo aver stabilito questo patto che Isacco, il figlio di Abramo, nacque conformemente alla promessa di Melchizedek. Dopo la nascita di Isacco, Abramo assunse un atteggiamento molto solenne verso il suo patto con Melchizedek e si recò a Salem per notificarlo per iscritto. Fu all’atto di questa accettazione pubblica e formale del patto che egli cambiò il suo nome di Abram con quello di Abraham.
(1021.2) 93:6.6 La maggior parte dei credenti di Salem aveva praticato la circoncisione, benché non fosse mai stata resa obbligatoria da Melchizedek. Ora Abramo si era sempre talmente opposto alla circoncisione che in questa occasione decise di solennizzare l’avvenimento accettando ufficialmente questo rito come segno della ratifica del patto di Salem.
(1021.3) 93:6.7 Fu a seguito di questa effettiva e pubblica rinuncia alle sue ambizioni personali in favore dei piani più vasti di Melchizedek che i tre esseri celesti gli apparvero nella piana di Mamre. Questa fu un’apparizione reale, nonostante la sua associazione con i racconti inventati successivamente, concernenti la distruzione naturale di Sodoma e Gomorra. E queste leggende degli avvenimenti di quel tempo indicano quanto la morale e l’etica fossero in ritardo anche in un’epoca così recente.
(1021.4) 93:6.8 Dopo la conclusione di questo accordo solenne, la riconciliazione tra Abramo e Melchizedek fu completa. Abramo assunse di nuovo la direzione civile e militare della colonia di Salem, che al suo apogeo comportava più di centomila pagatori regolari delle decime nelle liste della fraternità di Melchizedek. Abramo migliorò grandemente il tempio di Salem e procurò nuove tende per tutta la scuola. Egli non solo estese il sistema della decima, ma istituì anche numerosi metodi migliori per condurre le attività della scuola, contribuendo inoltre grandemente a gestire meglio il dipartimento della propaganda missionaria. Egli fece anche molto per migliorare il bestiame e per riorganizzare i progetti per l’industria lattiero-casearia di Salem. Abramo era un uomo d’affari avveduto ed efficiente, un uomo ricco per il suo tempo; non era eccessivamente pio, ma era totalmente sincero e credeva veramente in Machiventa Melchizedek.
(1021.5) 93:7.1 Melchizedek continuò per alcuni anni ad istruire i suoi studenti e a preparare i missionari di Salem, i quali penetrarono in tutte le tribù circostanti, specialmente in Egitto, in Mesopotamia ed in Asia Minore. E con il passare dei decenni questi insegnanti si spinsero sempre più lontano da Salem, portando con loro il vangelo di Machiventa di credenza e di fede in Dio.
(1021.6) 93:7.2 I discendenti di Adamson, raggruppati attorno alle rive del lago di Van, ascoltavano volentieri gli insegnanti ittiti del culto di Salem. Da questo antico centro andita furono inviati insegnanti nelle regioni remote dell’Europa e dell’Asia. I missionari di Salem penetrarono in tutta l’Europa, comprese le Isole Britanniche. Un gruppo giunse attraverso le Isole Faroer presso gli Andoniti dell’Islanda, mentre un altro gruppo attraversò la Cina e raggiunse i Giapponesi delle isole orientali. La vita e le esperienze degli uomini e delle donne che partirono all’avventura da Salem, dalla Mesopotamia e dal Lago Van per illuminare le tribù dell’emisfero orientale rappresentano un capitolo eroico negli annali della razza umana.
(1022.1) 93:7.3 Ma il compito era così grande e le tribù erano talmente arretrate che i risultati furono vaghi e indefiniti. Da una generazione all’altra il vangelo di Salem trovava accoglienza qua e là, ma, eccetto che in Palestina, l’idea di un Dio unico non fu mai capace di esigere la devozione continua di un’intera tribù o razza. Molto tempo prima della venuta di Gesù gli insegnamenti dei primi missionari di Salem erano stati generalmente sommersi dalle antiche superstizioni e credenze più diffuse. Il vangelo originale di Melchizedek era stato quasi interamente assorbito nelle credenze alla Grande Madre, al Sole e ad altri culti antichi.
(1022.2) 93:7.4 Voi che oggi beneficiate dei vantaggi della stampa poco comprendete quanto fosse difficile perpetuare la verità durante quei tempi antichi; quanto fosse facile perdere di vista una nuova dottrina da una generazione all’altra. C’era sempre la tendenza che la nuova dottrina venisse assorbita nell’antico corpo d’insegnamento religioso e di pratiche magiche. Una nuova rivelazione è sempre contaminata dalle credenze evoluzionarie più antiche.
(1022.3) 93:8.1 Fu poco dopo la distruzione di Sodoma e Gomorra che Machiventa decise di porre fine al suo conferimento d’emergenza su Urantia. La decisione di Melchizedek di terminare il suo soggiorno nella carne fu influenzata da numerosi fattori, il principale dei quali era la tendenza crescente delle tribù circostanti, ed anche dei suoi associati diretti, a considerarlo un semidio, a reputarlo un essere soprannaturale, quale in verità egli era. Ma essi cominciavano a riverirlo in maniera eccessiva e con un timore altamente superstizioso. Oltre a queste ragioni, Melchizedek voleva lasciare la scena delle sue attività terrene con un lasso di tempo sufficientemente lungo prima della morte di Abramo, in modo da assicurare che la verità di un solo ed unico Dio divenisse fortemente radicata nella mente dei suoi discepoli. Di conseguenza, Machiventa si ritirò una sera nella sua tenda a Salem, dopo aver augurato la buona notte ai suoi compagni umani, e quando essi vennero a chiamarlo il mattino successivo egli non era più là, perché i suoi simili l’avevano portato via.
(1022.4) 93:9.1 La scomparsa così improvvisa di Melchizedek fu una grande prova per Abramo. Benché egli avesse pienamente avvertito i suoi discepoli che un giorno sarebbe dovuto andarsene com’era venuto, essi non erano rassegnati a perdere il loro meraviglioso capo. La grande organizzazione messa in piedi a Salem scomparve quasi del tutto, anche se le tradizioni di quest’epoca furono quelle sulle quali Mosè si basò per condurre gli schiavi ebrei fuori dall’Egitto.
(1022.5) 93:9.2 La perdita di Melchizedek produsse una tristezza nel cuore di Abramo che egli non superò mai completamente. Egli aveva abbandonato Hebron quando aveva rinunciato all’ambizione di costruire un regno materiale; ed ora, alla perdita del suo associato nell’edificazione del regno spirituale, partì da Salem andando verso sud per vivere vicino ai suoi interessi a Gerar.
(1022.6) 93:9.3 Abramo divenne timoroso ed esitante immediatamente dopo la scomparsa di Melchizedek. Egli celò la sua identità arrivando a Gerar, cosicché Abimelek si appropriò di sua moglie. (Poco dopo il suo matrimonio con Sara, Abramo una notte aveva scoperto un complotto per assassinarlo al fine d’impadronirsi della sua brillante sposa. Questo timore divenne terrore per questo capo d’altronde coraggioso e audace. Per tutta la sua vita egli temé che qualcuno lo uccidesse segretamente per prendere Sara. Questo spiega perché, in tre differenti occasioni, quest’uomo coraggioso mostrò una reale codardia.)
(1023.1) 93:9.4 Ma Abramo non sarebbe stato distolto a lungo dalla sua missione come successore di Melchizedek. Ben presto egli fece delle conversioni tra i Filistei ed il popolo di Abimelech, fece un trattato con loro, e, a sua volta, fu contaminato da molte delle loro superstizioni, in particolare dalla loro pratica di sacrificare i figli primogeniti. In tal modo Abramo ridivenne un grande capo in Palestina. Egli era riverito da tutti i gruppi ed onorato da tutti i re. Era il capo spirituale di tutte le tribù circostanti, e la sua influenza persisté per qualche tempo dopo la sua morte. Durante gli ultimi anni della sua vita egli ritornò ancora una volta ad Hebron, la scena delle sue prime attività ed il luogo in cui aveva lavorato in associazione con Melchizedek. L’ultimo atto di Abramo fu d’inviare dei fedeli servitori nella città di suo fratello Nahor, ai confini della Mesopotamia, per procurarsi una donna del suo popolo come moglie per suo figlio Isacco. Era stato a lungo costume della gente di Abramo sposare i loro cugini. Ed Abramo morì confidando in quella fede in Dio che aveva appreso da Melchizedek nelle scuole scomparse di Salem.
(1023.2) 93:9.5 Fu difficile per la generazione successiva comprendere la storia di Melchizedek; nell’arco di cinquecento anni molti considerarono l’intero racconto un mito. Isacco si tenne abbastanza vicino agli insegnamenti di suo padre e mantenne il vangelo della colonia di Salem, ma fu più difficile per Giacobbe afferrare il significato di queste tradizioni. Giuseppe era un fermo credente in Melchizedek e, in larga misura a causa di ciò, fu considerato dai suoi fratelli un sognatore. Gli onori conferiti a Giuseppe in Egitto furono principalmente dovuti alla memoria del suo bisavolo Abramo. Giuseppe ricevette l’offerta di comandare gli eserciti egiziani, ma essendo un tale fermo credente nelle tradizioni di Melchizedek e nei successivi insegnamenti di Abramo e di Isacco, scelse di servire come amministratore civile, pensando che in tal modo avrebbe potuto lavorare meglio per il progresso del regno dei cieli.
(1023.3) 93:9.6 L’insegnamento di Melchizedek fu pieno e completo, ma i racconti di quest’epoca sembrarono impossibili e fantastici ai sacerdoti ebrei successivi, benché molti di loro avessero in parte compreso questi avvenimenti, almeno fino ai tempi della redazione in massa degli scritti dell’Antico Testamento a Babilonia.
(1023.4) 93:9.7 Quelle che gli scritti dell’Antico Testamento descrivono come conversazioni tra Abramo e Dio erano in realtà colloqui tra Abramo e Melchizedek. Gli Scribi successivi considerarono il termine Melchizedek come sinonimo di Dio. La storia di tanti contatti di Abramo e Sara con “l’angelo del Signore” si riferisce alle loro numerose visite a Melchizedek.
(1023.5) 93:9.8 I racconti ebraici su Isacco, Giacobbe e Giuseppe sono molto più attendibili di quelli concernenti Abramo, benché anch’essi contengano molte alterazioni dei fatti, alterazioni fatte intenzionalmente o involontariamente all’epoca della compilazione di questi scritti da parte dei sacerdoti ebrei durante la cattività babilonese. Ketura non era una moglie di Abramo; come Agar essa era semplicemente una concubina. Tutta la proprietà di Abramo andò ad Isacco, il figlio di Sara, la moglie ufficiale. Abramo non era così vecchio come indicano gli scritti, e sua moglie era molto più giovane. Queste età furono deliberatamente alterate allo scopo di motivare la successiva nascita definita miracolosa di Isacco.
(1023.6) 93:9.9 L’ego nazionale degli Ebrei era tremendamente depresso a causa della cattività babilonese. Nella loro reazione contro l’inferiorità nazionale essi andarono all’altro estremo dell’egotismo nazionale e razziale, distorcendo e pervertendo le loro tradizioni allo scopo di esaltare se stessi al di sopra di tutte le razze come popolo eletto di Dio. E perciò rimaneggiarono accuratamente tutti i loro documenti al fine di elevare Abramo e gli altri capi nazionali molto al di sopra di tutte le altre persone, non escluso Melchizedek stesso. Gli Scribi ebrei distrussero quindi ogni documento di quest’epoca memorabile che riuscirono a trovare, conservando soltanto il racconto dell’incontro di Abramo con Melchizedek dopo la battaglia di Siddim, che sembrò loro riflettere grande onore su Abramo.
(1024.1) 93:9.10 In tal modo, perdendo di vista Melchizedek, essi persero di vista anche l’insegnamento di questo Figlio d’emergenza concernente la missione spirituale del Figlio di conferimento promesso; persero di vista così pienamente e completamente la natura di questa missione che molto pochi dei loro discendenti furono capaci o desiderosi di riconoscere ed accettare Micael quando apparve sulla terra e nella carne, come Machiventa aveva predetto.
(1024.2) 93:9.11 Ma uno degli autori del Libro degli Ebrei comprese la missione di Melchizedek, perché sta scritto: “Questo Melchizedek, sacerdote dell’Altissimo, era anche re di pace; senza padre, senza madre, senza genealogia, non avendo né inizio di giorni né fine di vita, ma creato simile ad un Figlio di Dio, dimora sacerdote in eterno.” Questo scrittore descrisse Melchizedek come modello del conferimento successivo di Micael, affermando che Gesù era “un ministro per sempre secondo l’ordine di Melchizedek”. Sebbene questo paragone non sia molto felice, fu letteralmente vero che Cristo ricevette il titolo provvisorio di Principe Planetario di Urantia “secondo gli ordini dei dodici amministratori fiduciari Melchizedek” in funzione al tempo del suo conferimento planetario.
(1024.3) 93:10.1 Durante gli anni dell’incarnazione di Machiventa, gli amministratori fiduciari Melchizedek di Urantia operarono in undici. Quando Machiventa stimò che la sua missione di Figlio d’emergenza fosse terminata, segnalò questo fatto ai suoi undici associati, ed essi predisposero immediatamente la tecnica per mezzo della quale egli sarebbe stato liberato dalla carne e riportato felicemente alla sua condizione originaria di Melchizedek. Ed il terzo giorno dopo la sua scomparsa da Salem egli apparve tra i suoi undici compagni in missione su Urantia e riprese la sua carriera interrotta come uno degli amministratori fiduciari planetari del 606 di Satania.
(1024.4) 93:10.2 Machiventa terminò il suo conferimento quale creatura di carne e di sangue altrettanto improvvisamente e semplicemente come l’aveva iniziato. Né la sua apparizione né la sua scomparsa furono accompagnate da qualche annuncio o dimostrazione particolare; né appello nominale di risurrezione né fine di dispensazione planetaria contrassegnarono la sua apparizione su Urantia; il suo fu un conferimento d’emergenza. Ma Machiventa mise fine al suo soggiorno nella carne degli esseri umani solo dopo essere stato debitamente liberato dal Padre Melchizedek ed essere stato informato che il suo conferimento d’emergenza aveva ricevuto l’approvazione dal capo esecutivo di Nebadon, Gabriele di Salvington.
(1024.5) 93:10.3 Machiventa Melchizedek continuò ad interessarsi molto degli affari dei discendenti degli uomini che avevano creduto nei suoi insegnamenti mentre egli era incarnato. Ma i discendenti di Abramo secondo la linea di Isacco che contrassero matrimoni con i Keniti furono i soli che continuarono a mantenere a lungo un concetto chiaro degli insegnamenti di Salem.
(1024.6) 93:10.4 Questo stesso Melchizedek continuò a collaborare per tutti i successivi diciannove secoli con i numerosi profeti e veggenti, sforzandosi così di tenere vive le verità di Salem fino al compimento del tempo per l’apparizione di Micael sulla terra.
(1025.1) 93:10.5 Machiventa proseguì la sua attività di amministratore fiduciario planetario fino ai tempi del trionfo di Micael su Urantia. Successivamente fu assegnato al servizio di Urantia su Jerusem come uno dei ventiquattro amministratori, ed è stato elevato proprio recentemente alla posizione di ambasciatore personale del Figlio Creatore su Jerusem con il titolo di Principe Planetario Vicegerente di Urantia. Noi crediamo che, finché Urantia resterà un pianeta abitato, Machiventa Melchizedek non riprenderà pienamente gli incarichi del suo ordine di filiazione ma resterà sempre, parlando in termini di tempo, un ministro planetario rappresentante Cristo Micael.
(1025.2) 93:10.6 E poiché il suo fu un conferimento d’emergenza su Urantia, non appare dagli annali quale potrà essere il futuro di Machiventa. Può darsi che il corpo dei Melchizedek di Nebadon abbia subìto il distacco permanente di uno dei suoi membri. Ordinanze recenti trasmesse dagli Altissimi di Edentia e confermate in seguito dagli Antichi dei Giorni di Uversa fanno fortemente pensare che questo Melchizedek di conferimento sia destinato a prendere il posto del decaduto Principe Planetario, Caligastia. Se le nostre ipotesi a tale proposito sono corrette, è del tutto possibile che Machiventa Melchizedek possa apparire nuovamente in persona su Urantia e riprendere in maniera modificata il ruolo del Principe Planetario detronizzato, oppure possa apparire sulla terra per funzionare come Principe Planetario vicegerente in rappresentanza di Cristo Micael, che detiene ora effettivamente il titolo di Principe Planetario di Urantia. Anche se è lungi dall’esserci chiaro quale sarà il destino di Machiventa, nondimeno certi avvenimenti accaduti recentemente fanno pensare seriamente che le supposizioni formulate non siano probabilmente molto lontane dalla verità.
(1025.3) 93:10.7 Noi comprendiamo bene come, con il suo trionfo su Urantia, Micael sia divenuto il successore sia di Caligastia che di Adamo; come sia divenuto il Principe Planetario della Pace ed il secondo Adamo. Ed ora vediamo conferire a questo Melchizedek il titolo di Principe Planetario Vicegerente di Urantia. Sarà egli costituito anche Figlio Materiale Vicegerente di Urantia? Oppure c’è una possibilità che accada un avvenimento inatteso e senza precedenti, quale il ritorno un giorno sul pianeta di Adamo ed Eva o di alcuni dei loro discendenti come rappresentanti di Micael con il titolo di vicegerenti del secondo Adamo di Urantia?
(1025.4) 93:10.8 Tutte queste ipotesi associate alla certezza delle apparizioni future di Figli Magistrali e di Figli Istruttori Trinitari, assieme alla promessa esplicita del Figlio Creatore di ritornare un giorno, fanno di Urantia un pianeta dal futuro incerto e lo rendono una delle sfere più interessanti e misteriose dell’universo di Nebadon. È del tutto possibile che, in un’epoca futura in cui Urantia si avvicinerà all’era di luce e vita, dopo che gli affari della ribellione di Lucifero e della secessione di Caligastia saranno stati definitivamente giudicati, noi potremo vedere la presenza simultanea su Urantia di Machiventa, di Adamo, di Eva e di Cristo Micael, così come di un Figlio Magistrale oppure di Figli Istruttori Trinitari.
(1025.5) 93:10.9 È stata a lungo opinione del nostro ordine che la presenza di Machiventa nel corpo degli amministratori di Urantia su Jerusem, i ventiquattro consiglieri, sia una prova sufficiente a giustificare la credenza che egli sia destinato a seguire i mortali di Urantia attraverso il piano universale di progressione e d’ascensione fino al Corpo della Finalità in Paradiso. Noi sappiamo che Adamo ed Eva sono stati destinati ad accompagnare in tal modo i loro simili terrestri nell’avventura del Paradiso quando Urantia sarà stabilizzato in luce e vita.
(1025.6) 93:10.10 Meno di mille anni fa questo stesso Machiventa Melchizedek, il saggio di Salem di un tempo, fu presente in forma invisibile su Urantia per un periodo di cento anni, operando come governatore generale residente del pianeta. E se il sistema attuale di direzione degli affari planetari continuasse, egli dovrà ritornare entro poco più di mille anni con la stessa funzione.
(1026.1) 93:10.11 Questa è la storia di Machiventa Melchizedek, uno dei più straordinari personaggi che siano mai stati legati alla storia di Urantia ed una personalità che può essere destinata a svolgere un ruolo importante nell’esperienza futura del vostro irregolare ed insolito mondo.
(1026.2) 93:10.12 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1027.1) 94:0.1 I PRIMI istruttori della religione di Salem penetrarono fino alle tribù più remote dell’Africa e dell’Eurasia, predicando sempre il vangelo di Machiventa di fede e di fiducia dell’uomo nell’unico Dio universale come solo prezzo da pagare per ottenere il favore divino. Il patto di Melchizedek con Abramo servì da modello per tutta la propaganda iniziale che uscì da Salem e dagli altri centri. Urantia non ha mai avuto missionari di una religione più entusiasti e dinamici di questi nobili uomini e donne che portarono gli insegnamenti di Melchizedek in tutto l’emisfero orientale. Questi missionari furono reclutati tra numerosi popoli e razze, ed essi diffusero in gran parte i loro insegnamenti per il tramite d’indigeni convertiti. Essi istituirono dei centri d’istruzione nelle differenti parti del mondo in cui insegnarono ai nativi la religione di Salem. E poi incaricarono questi allievi di agire come insegnanti tra i loro stessi popoli.
(1027.2) 94:1.1 Al tempo di Melchizedek l’India era un paese cosmopolita recentemente caduto sotto la dominazione politica e religiosa degli invasori Ariani-Anditi venuti da nord e da ovest. In questo periodo solo le parti settentrionale ed occidentale della penisola erano state estesamente infiltrate dagli Ariani. Questi nuovi venuti vedici avevano portato con sé le loro numerose deità tribali. Le loro forme religiose di culto seguivano strettamente le pratiche cerimoniali dei loro antichi predecessori anditi, nel senso che il padre agiva ancora da sacerdote e la madre da sacerdotessa e che il focolare della famiglia era ancora utilizzato come altare.
(1027.3) 94:1.2 Il culto vedico era allora in un processo di crescita e di metamorfosi sotto la direzione della casta bramana degli insegnanti-sacerdoti, i quali stavano assumendo gradualmente il controllo del rituale di adorazione in evoluzione. L’amalgamazione delle trentatré deità ariane di un tempo era bene avviato quando i missionari di Salem penetrarono nel nord dell’India.
(1027.4) 94:1.3 Il politeismo di questi Ariani rappresentava una degenerazione del loro monoteismo iniziale, causata dalla loro divisione in unità tribali, ciascuna delle quali aveva il suo dio venerato. Questa devoluzione del monoteismo e del trinitarismo originali della Mesopotamia andita era in corso di risintesi nei primi secoli del secondo millennio avanti Cristo. I molteplici dei furono organizzati in un pantheon sotto la direzione trina di Dyaus pitar, il signore del cielo; Indra, il tempestoso signore dell’atmosfera; ed Agni, il dio tricefalo del fuoco, signore della terra e simbolo residuo di un antico concetto della Trinità.
(1027.5) 94:1.4 Sviluppi nettamente enoteistici stavano preparando la via ad un monoteismo evoluto. Agni, la deità più antica, era spesso esaltato quale padre-capo dell’intero pantheon. Il principio di deità-padre, chiamato talvolta Prajapati, talvolta denominato Brahma, fu sommerso nella lotta teologica che i sacerdoti bramani sostennero più tardi con gli insegnanti di Salem. Il Brahman era concepito come il principio di energia-divinità animante l’intero pantheon vedico.
(1028.1) 94:1.5 I missionari di Salem predicavano il Dio unico di Melchizedek, l’Altissimo del cielo. Questa presentazione non era del tutto in disaccordo con il concetto emergente del Brahma-Padre quale sorgente di tutti gli dei, ma la dottrina di Salem non comportava rituali e quindi andava direttamente contro i dogmi, le tradizioni e gli insegnamenti del clero bramanico. I sacerdoti bramanici non vollero mai accettare l’insegnamento di Salem della salvezza per mezzo della fede, del favore di Dio ottenuto al di fuori delle osservanze ritualistiche e dai cerimoniali sacrificali.
(1028.2) 94:1.6 Il rifiuto del vangelo di Melchizedek della fiducia in Dio e della salvezza per mezzo della fede segnò una svolta fondamentale per l’India. I missionari di Salem avevano contribuito molto alla perdita della fede negli antichi dei vedici, ma i capi, i sacerdoti del Vedismo, rifiutarono di accettare l’insegnamento di Melchizedek di un solo Dio e di una fede unica e semplice.
(1028.3) 94:1.7 I Bramini depurarono gli scritti sacri del loro tempo nello sforzo di combattere gli insegnanti di Salem, e questa compilazione, riveduta più tardi, è pervenuta fino ai tempi moderni sotto forma del Rig-Veda, uno dei libri sacri più antichi. Seguirono il secondo, terzo e quarto Veda via via che i Bramini cercarono di cristallizzare, formalizzare e fissare i loro rituali di adorazione e di sacrifici sui popoli di quel tempo. Considerati per ciò che hanno di meglio, questi scritti sono l’equivalente di qualsiasi altra raccolta di carattere analogo per bellezza di concetti e verità di discernimento. Ma a mano a mano che questa religione superiore fu contaminata dalle migliaia e migliaia di superstizioni, culti e rituali dell’India meridionale, si trasformò progressivamente nel più variegato sistema teologico mai sviluppato da uomo mortale. Uno studio accurato dei Veda rivelerà alcuni dei più alti ed alcuni dei più bassi concetti della Deità che siano mai stati concepiti.
(1028.4) 94:2.1 Via via che i missionari di Salem penetrarono verso sud nel Deccan dravidiano, incontrarono un sistema crescente di caste, il piano degli Ariani per impedire la perdita della loro identità razziale di fronte alla marea montante delle popolazioni Sangik secondarie. Poiché la casta sacerdotale bramanica era l’essenza stessa di questo sistema, quest’ordine sociale ritardò considerevolmente il progresso degli insegnanti di Salem. Questo sistema di caste non riuscì a salvare la razza ariana, ma riuscì a perpetuare i Bramini, i quali, a loro volta, hanno mantenuto la loro egemonia religiosa in India fino al tempo presente.
(1028.5) 94:2.2 Ed allora, con l’indebolimento del Vedismo a causa del rifiuto della verità superiore, il culto degli Ariani fu soggetto a crescenti incursioni provenienti dal Deccan. In un disperato tentativo di arginare l’onda dell’estinzione razziale e dell’annientamento religioso, la casta dei Bramini cercò di elevarsi al di sopra di ogni cosa. Essi insegnarono che il sacrificio alla deità era assolutamente efficace da se stesso, che era totalmente coercitivo nella sua potenza. Essi proclamarono che, dei due principi divini essenziali dell’universo, uno era la deità bramanica e l’altro era il clero bramanico. In nessun altro popolo di Urantia i sacerdoti pretesero di elevarsi al di sopra dei loro stessi dei e di attribuire a se stessi gli onori dovuti ai loro dei. Ma essi si spinsero così assurdamente lontano in queste rivendicazioni presuntuose che l’intero precario sistema crollò davanti ai culti degradanti che arrivavano dalle civiltà circostanti meno avanzate. Il vasto clero vedico stesso si dibatté e sprofondò sotto l’onda buia dell’inerzia e del pessimismo che la sua stessa presunzione egoistica e malaccorta aveva portato su tutta l’India.
(1029.1) 94:2.3 L’eccessiva concentrazione su se stessi portò inevitabilmente al timore della perpetuazione non evoluzionaria di sé in un ciclo senza fine d’incarnazioni successive come uomo, come animale o come erba cattiva. Di tutte le credenze corruttrici suscettibili di essere collegate a quello che avrebbe potuto essere un monoteismo emergente, nessuna fu più debilitante di questa credenza nella trasmigrazione — la dottrina della reincarnazione dell’anima — che venne dal Deccan dravidico. Questa credenza in un ciclo noioso e monotono di ripetute trasmigrazioni privò i mortali in lotta della loro speranza a lungo accarezzata di trovare nella morte quella liberazione e quell’avanzamento spirituale che avevano fatto parte della fede vedica primitiva.
(1029.2) 94:2.4 Questo insegnamento filosoficamente debilitante fu ben presto seguito dall’invenzione della dottrina dell’eterna fuga da se stessi immergendosi nel riposo e nella pace universali dell’unione assoluta con il Brahman, la superanima di tutta la creazione. Il desiderio del mortale e l’ambizione umana furono efficacemente annullati e praticamente distrutti. Per più di duemila anni le menti migliori dell’India hanno cercato di sfuggire ad ogni desiderio, e fu così spalancata la porta all’entrata di quei culti ed insegnamenti successivi che hanno praticamente costretto le anime di molti Indù alle catene della disperazione spirituale. Tra tutte le civiltà, fu quella vedica-ariana che pagò il prezzo più terribile per il suo rifiuto del vangelo di Salem.
(1029.3) 94:2.5 Le caste da sole non potevano perpetuare il sistema religioso-culturale ariano, e via via che le religioni inferiori del Deccan s’infiltrarono nel nord si sviluppò un’era di scoraggiamento e di disperazione. Fu durante questo periodo oscuro che sorse il culto di non togliere la vita a nessuna creatura, e da allora esso è sempre persistito. Molti dei nuovi culti erano decisamente atei, sostenendo che ogni salvezza raggiungibile si poteva ottenere soltanto con gli sforzi dell’uomo stesso senza alcun aiuto. Ma in gran parte di questa malaugurata filosofia si possono trovare residui distorti degli insegnamenti di Melchizedek ed anche di quelli di Adamo.
(1029.4) 94:2.6 Questa fu l’epoca della compilazione delle ultime Scritture della fede indù, i Bramana e le Upanishad. Avendo respinto gli insegnamenti di una religione personale mediante l’esperienza personale di fede in un Dio unico, ed essendo stato contaminato dall’ondata di culti e di credenze degradanti e debilitanti provenienti dal Deccan, con i loro antropomorfismi e le loro reincarnazioni, il clero bramanico ebbe una violenta reazione contro queste credenze corruttrici; vi fu uno sforzo preciso per cercare e trovare la vera realtà. I Bramini cominciarono a disantropomorfizzare il concetto indiano di deità, ma così facendo caddero nel grave errore di spersonalizzare il concetto di Dio, ed essi emersero non con un ideale sublime e spirituale del Padre del Paradiso, ma con un’idea lontana e metafisica di un Assoluto inglobante ogni cosa.
(1029.5) 94:2.7 Nei loro sforzi di autopreservazione i Bramini avevano respinto il Dio unico di Melchizedek, ed ora si trovavano con l’ipotesi del Brahman, quell’indefinita ed illusoria entità filosofica, quel qualcosa d’impersonale e d’impotente che ha lasciato la vita spirituale dell’India disorientata e prostrata da quei disgraziati giorni fino al ventesimo secolo.
(1029.6) 94:2.8 Fu durante l’epoca in cui furono scritte le Upanishad che il Buddismo sorse in India. Ma nonostante i suoi successi di un migliaio d’anni, esso non poté competere con il successivo Induismo. Nonostante una moralità superiore, la sua descrizione iniziale di Dio era ancor meno ben definita di quella dell’Induismo, che presentava delle deità secondarie e personali. Alla fine il Buddismo cedette nell’India settentrionale di fronte al veemente assalto di un Islamismo combattivo, con il suo concetto ben delineato di Allah come Dio supremo dell’universo.
(1030.1) 94:3.1 Anche se la fase più elevata del Bramanesimo non fu una religione vera e propria, è stata veramente uno dei più nobili tentativi della mente umana per penetrare i domini della filosofia e della metafisica. Dopo essere partita alla scoperta della realtà finale, la mente indiana non si è fermata prima di avere approfondito quasi tutti gli aspetti della teologia, salvo il duplice concetto essenziale della religione: l’esistenza del Padre Universale di tutte le creature dell’universo ed il fatto dell’esperienza ascendente nell’universo di queste stesse creature che cercano di raggiungere il Padre eterno, che ha ordinato loro di essere perfette come lui stesso è perfetto.
(1030.2) 94:3.2 Nel concetto del Brahman le menti di quel tempo coglievano veramente l’idea di un Assoluto onnipervadente, perché questo postulato era simultaneamente identificato come energia creativa e come reazione cosmica. Il Brahman era concepito come trascendente ogni definizione, suscettibile di essere compreso solo con la negazione successiva di tutte le qualità finite. Era una precisa credenza in un essere assoluto, ed anche infinito, ma questo concetto era largamente privo degli attributi di personalità e perciò le singole persone religiose non potevano farne l’esperienza.
(1030.3) 94:3.3 Brahman-Narayana fu concepito come l’Assoluto, l’infinito ESSO È, la potenza creatrice primordiale del cosmo potenziale, l’esistente Io Universale statico e potenziale per tutta l’eternità. Se i filosofi di quel tempo fossero stati capaci di fare il passo successivo nella concezione della deità, se fossero stati capaci di concepire il Brahman come associativo e creativo, come una personalità avvicinabile da esseri creati in evoluzione, allora un tale insegnamento sarebbe divenuto la presentazione più avanzata della Deità su Urantia, perché avrebbe inglobato i primi cinque livelli della funzione totale della deità ed avrebbe potuto prevedere i rimanenti due.
(1030.4) 94:3.4 In certe fasi il concetto dell’Unica Superanima Universale come totalità della somma dell’esistenza di tutte le creature portò i filosofi indiani molto vicino alla verità dell’Essere Supremo; ma questa verità non servì loro a nulla perché non riuscirono ad evolvere un approccio personale ragionevole o razionale per il raggiungimento della loro teorica meta monoteista del Brahman-Narayana.
(1030.5) 94:3.5 Il principio karmico di continuità causale è, di nuovo, molto vicino alla verità della sintesi ripercussionale di tutte le azioni del tempo-spazio nella presenza della Deità del Supremo. Ma questo postulato non permise mai il raggiungimento personale coordinato della Deità da parte delle singole persone religiose; portò solo all’assorbimento finale di ogni personalità nella Superanima Universale.
(1030.6) 94:3.6 La filosofia del Bramanesimo giunse anche molto vicina a comprendere la residenza da parte degli Aggiustatori di Pensiero, ma fu pervertita da un’errata concezione della verità. L’insegnamento che l’anima è la dimora del Brahman avrebbe preparato la via ad una religione avanzata se questo concetto non fosse stato completamente viziato dalla credenza che non esiste individualità umana al di fuori di questa residenza dell’Uno Universale.
(1030.7) 94:3.7 Nella dottrina della fusione dell’anima individuale nella Superanima i teologi dell’India non riuscirono a fornire la sopravvivenza di qualcosa di umano, qualcosa di nuovo e unico, qualcosa di nato dall’unione della volontà dell’uomo e della volontà di Dio. L’insegnamento del ritorno dell’anima al Brahman è strettamente parallela alla verità del ritorno dell’Aggiustatore nel seno del Padre Universale, ma c’è anche qualcosa di distinto dall’Aggiustatore che sopravvive, la contropartita morontiale della personalità del mortale. E questo concetto vitale era fatalmente assente dalla filosofia bramanica.
(1031.1) 94:3.8 La filosofia bramanica è giunta molto vicino a numerosi fatti dell’universo e si è avvicinata a numerose verità cosmiche, ma è caduta troppo spesso vittima dell’errore di non distinguere tra i numerosi livelli della realtà, quali l’assoluto, il trascendentale ed il finito. Essa non è riuscita a tenere conto che ciò che può essere finito-illusorio sul livello assoluto può essere assolutamente reale sul livello finito. E non ha nemmeno preso atto della personalità essenziale del Padre Universale, il quale è una personalità contattabile su tutti i livelli, dall’esperienza limitata della creatura evoluzionaria con Dio fino all’esperienza illimitata del Figlio Eterno con il Padre del Paradiso.
(1031.2) 94:4.1 In India, con il trascorrere dei secoli, la popolazione ritornò in una certa misura agli antichi rituali dei Veda, quali erano stati modificati dagli insegnamenti dei missionari di Melchizedek e cristallizzati dal clero bramanico successivo. Questa, la più antica e più cosmopolita delle religioni del mondo, ha subìto ulteriori cambiamenti in risposta al Buddismo, al Giainismo e alle influenze più recenti dell’Islamismo e del Cristianesimo. Ma quando gli insegnamenti di Gesù giunsero in India, erano già divenuti così occidentalizzati da essere una “religione dell’uomo bianco”, quindi insolita ed estranea alla mente indù.
(1031.3) 94:4.2 La teologia indù presenta attualmente quattro livelli discendenti di deità e di divinità:
(1031.4) 94:4.3 1. Il Brahman, l’Assoluto, l’Uno Infinito, l’ESSO È.
(1031.5) 94:4.4 2. La Trimurti, la trinità suprema dell’Induismo. In questa associazione Brahma, il primo membro, è concepito come originatosi da se stesso dal Bramano — dall’infinità. Se non fosse per la stretta identificazione con l’Uno Infinito panteistico, Brahma potrebbe costituire il fondamento per un concetto del Padre Universale. Brahma è anche identificato con il fato.
(1031.6) 94:4.5 L’adorazione del secondo e del terzo membro della Trimurti, Shiva e Vishnu, sorse nel primo millennio dopo Cristo. Shiva è il signore della vita e della morte, il dio della fecondità ed il padrone della distruzione. Vishnu è estremamente popolare a causa della credenza nella sua periodica incarnazione in forma umana. In tal modo Vishnu diventa reale e vivente nell’immaginazione degli Indiani. Shiva e Vishnu sono ciascuno considerati da alcuni come supremi al di sopra di tutto.
(1031.7) 94:4.6 3. Le deità vediche e postvediche. Molti degli antichi dei degli Ariani, quali Agni, Indra e Soma, sono persistiti come secondari ai tre membri della Trimurti. Numerosi dei addizionali sono sorti dagli inizi dell’India vedica, ed anche questi sono stati incorporati nel pantheon indù.
(1031.8) 94:4.7 4. I semidei: superuomini, semidei, eroi, demoni, fantasmi, spiriti maligni, spiritelli, mostri, folletti e santi dei culti più recenti.
(1031.9) 94:4.8 Anche se l’Induismo ha lungamente mancato di vivificare il popolo indiano, allo stesso tempo è stato in genere una religione tollerante. La sua grande forza risiede nel fatto che si è dimostrato essere la più flessibile ed amorfa religione che sia apparsa su Urantia. Esso è capace di cambiamenti quasi illimitati e possiede una gamma eccezionale di aggiustamenti flessibili, dalle speculazioni elevate e semimonoteistiche dei Bramini intellettuali sino al feticismo totale e alle pratiche di culto primitive delle classi svantaggiate e degradate di credenti ignoranti.
(1032.1) 94:4.9 L’Induismo è sopravvissuto perché è essenzialmente una parte integrante del tessuto sociale basilare dell’India. Esso non ha una grande gerarchia che possa essere sconvolta o distrutta; è intessuto nel modello di vita del popolo. Esso possiede un’adattabilità alle condizioni mutevoli superiore a quella di tutti gli altri culti, e palesa un atteggiamento tollerante di adozione verso molte altre religioni; Gautama Budda e Cristo stesso sono ritenuti incarnazioni di Vishnu.
(1032.2) 94:4.10 Oggi l’India ha grande bisogno della presentazione del vangelo di Gesù — la Paternità di Dio e la filiazione con la conseguente fratellanza di tutti gli uomini, che è realizzata personalmente nel mistero amorevole e nel servizio sociale. In India il quadro filosofico esiste, la struttura del culto è presente; quella che manca è la scintilla vivificante dell’amore dinamico descritto nel vangelo originale del Figlio dell’Uomo, spogliato dei dogmi e delle dottrine occidentali che hanno avuto tendenza a fare della vita di conferimento di Micael una religione dell’uomo bianco.
(1032.3) 94:5.1 Mentre i missionari di Salem percorrevano l’Asia diffondendo la dottrina dell’Altissimo Dio e della salvezza per mezzo della fede, assorbivano molto della filosofia e del pensiero religioso dei diversi paesi attraversati. Ma gli insegnanti incaricati da Melchizedek e dai suoi successori non fallirono la loro missione; essi penetrarono presso tutti i popoli del continente eurasiano, e fu a metà del secondo millennio avanti Cristo che arrivarono in Cina. Per più di cento anni i Salemiti mantennero il loro quartier generale a See Fuch, dove prepararono gli insegnanti cinesi che insegnarono in tutti i territori della razza gialla.
(1032.4) 94:5.2 Fu in conseguenza diretta di questo insegnamento che apparve in Cina la primissima forma di Taoismo, una religione molto differente da quella che porta oggi questo nome. Il Taoismo primitivo o proto-Taoismo era un composto dei seguenti fattori:
(1032.5) 94:5.3 1. Le reminiscenze degli insegnamenti di Singlangton, che persistevano nel concetto di Shang-ti, il Dio del Cielo. Ai tempi di Singlangton il popolo cinese divenne praticamente monoteista; esso concentrò la sua adorazione sull’Unica Verità, conosciuta più tardi come lo Spirito del Cielo, il sovrano dell’universo. E la razza gialla non perse mai del tutto questo concetto iniziale di Deità, benché nei secoli successivi si siano insinuati insidiosamente nella sua religione molti dei e spiriti subordinati.
(1032.6) 94:5.4 2. La religione di Salem di un’Altissima Deità Creatrice che accordava il suo favore all’umanità in risposta alla fede dell’uomo. Ma è purtroppo vero che al tempo in cui i missionari di Melchizedek erano penetrati nei paesi della razza gialla il loro messaggio originale era considerevolmente cambiato rispetto alle semplici dottrine di Salem dei tempi di Machiventa.
(1032.7) 94:5.5 3. Il concetto del Brahman-Assoluto dei filosofi indiani, unito al desiderio di sfuggire a tutti i mali. Forse la più grande influenza estranea nell’espansione verso est della religione di Salem fu esercitata dagli insegnanti indiani della fede vedica, che iniettarono la loro concezione del Brahman — dell’Assoluto — nel pensiero salvifico dei Salemiti.
(1033.1) 94:5.6 Questa credenza composita si diffuse nei paesi delle razze gialla e bruna come un’influenza sottostante al pensiero filosofico-religioso. In Giappone questo proto-Taoismo fu conosciuto come Shinto, ed in questo paese, molto lontano da Salem di Palestina, i popoli appresero dell’incarnazione di Machiventa Melchizedek, che abitò sulla terra affinché il nome di Dio non fosse dimenticato dall’umanità.
(1033.2) 94:5.7 In Cina tutte queste credenze furono successivamente confuse e mescolate con il culto sempre crescente dell’adorazione degli antenati. Ma dai tempi di Singlangton i Cinesi non sono mai più caduti nella schiavitù inerme del clericalismo. La razza gialla fu la prima ad emergere dalla schiavitù barbarica e ad entrare in una civiltà ordinata perché fu la prima a raggiungere un certo livello di libertà dalla paura abietta degli dei, non temendo nemmeno i fantasmi dei morti come li temevano le altre razze. La Cina andò incontro alla sua sconfitta perché non riuscì a progredire oltre la sua iniziale emancipazione dai sacerdoti; essa cadde in un errore quasi altrettanto calamitoso, l’adorazione degli antenati.
(1033.3) 94:5.8 Ma i Salemiti non lavorarono invano. Fu sulle fondamenta del loro vangelo che i grandi filosofi della Cina del sesto secolo a.C. costruirono i loro insegnamenti. L’atmosfera morale ed i sentimenti spirituali dei tempi di Lao-tze e di Confucio sono derivati dagli insegnamenti dei missionari di Salem di un’epoca anteriore.
(1033.4) 94:6.1 Circa seicento anni prima dell’arrivo di Micael, a Melchizedek, disincarnato da molto tempo, sembrò che la purezza del suo insegnamento sulla terra fosse eccessivamente messa in pericolo dal suo generale assorbimento nelle credenze più antiche di Urantia. Per un certo tempo sembrò che la sua missione come precursore di Micael rischiasse di fallire. E nel sesto secolo avanti Cristo, grazie ad una coordinazione straordinaria di fattori spirituali, non tutti compresi nemmeno dai supervisori planetari, Urantia assisté ad una presentazione molto inusuale della verità religiosa sotto molteplici aspetti. Grazie all’opera di numerosi insegnanti umani il vangelo di Salem fu riesposto e rivivificato, e ciò che fu presentato allora è persistito in gran parte fino ai tempi di questi scritti.
(1033.5) 94:6.2 Questo secolo straordinario di progresso spirituale fu caratterizzato da grandi insegnanti religiosi, morali e filosofici in tutto il mondo civilizzato. In Cina i due maestri più rimarchevoli furono Lao-tze e Confucio.
(1033.6) 94:6.3 Lao-tze si basò direttamente sui concetti delle tradizioni di Salem quando dichiarò che il Tao era l’Unica Causa Prima di tutta la creazione. Lao era un uomo di grande visione spirituale. Egli insegnò che “il destino eterno dell’uomo era l’unione perpetua con il Tao, Dio Supremo e Re Universale”. La sua comprensione della causa ultima fu molto profonda, perché scrisse: “L’Unità scaturisce dal Tao Assoluto e dall’Unità appare la Dualità cosmica, e da questa Dualità scaturisce all’esistenza la Trinità, e la Trinità è la sorgente primordiale di tutta la realtà.” “Tutta la realtà è sempre in equilibrio tra i potenziali e gli attuali del cosmo, e questi sono eternamente armonizzati dallo spirito della divinità.”
(1033.7) 94:6.4 Lao-tze fece anche una delle primissime presentazioni della dottrina del rendere il bene per il male: “La bontà genera bontà, ma per colui che è veramente buono anche il male genera bontà.”
(1033.8) 94:6.5 Egli insegnò il ritorno della creatura al Creatore e descrisse la vita come l’emersione di una personalità dai potenziali cosmici, mentre la morte asso migliava al ritorno a casa di questa personalità della creatura. Il suo concetto della vera fede era insolito, ed egli stesso lo assimilava al “comportamento di un bambino”.
(1034.1) 94:6.6 La sua comprensione del proposito eterno di Dio era chiara, perché disse: “La Deità Assoluta non lotta ma è sempre vittoriosa; non costringe l’umanità ma è sempre pronta a rispondere ai suoi desideri sinceri; la volontà di Dio è eterna in pazienza ed eterna nell’inevitabilità della sua espressione.” E della vera persona religiosa disse, esprimendo la verità che è più benedetto dare che ricevere: “L’uomo buono non cerca di conservare la verità per se stesso, ma si sforza piuttosto di conferire queste ricchezze ai suoi simili, perché questa è la realizzazione della verità. La volontà del Dio Assoluto è sempre benefica, mai distruttrice; lo scopo del vero credente è sempre di agire e mai di costringere.”
(1034.2) 94:6.7 L’insegnamento di Lao della non resistenza e della distinzione tra azione e costrizione fu più tardi stravolto nelle credenze di non “vedere, fare e pensare nulla”. Ma Lao non insegnò mai un tale errore, anche se la sua presentazione della non resistenza è stato un fattore dello sviluppo successivo delle tendenze pacifiche dei popoli cinesi.
(1034.3) 94:6.8 Ma il Taoismo popolare del ventesimo secolo di Urantia ha molto poco in comune con i sentimenti sublimi ed i concetti cosmici dell’antico filosofo che insegnò la verità come lui la percepì, ovvero: che la fede nel Dio Assoluto è la sorgente di quell’energia divina che rinnoverà il mondo, e per mezzo della quale l’uomo si eleverà all’unione spirituale con il Tao, la Deità Eterna ed il Creatore Assoluto degli universi.
(1034.4) 94:6.9 Confucio (Kung Fu-tze) era un giovane contemporaneo di Lao della Cina del sesto secolo a.C. Confucio basò le sue dottrine sulle migliori tradizioni morali della lunga storia della razza gialla e fu anche un po’ influenzato dalle vaghe tradizioni dei missionari di Salem. La sua principale opera consisté nella compilazione dei saggi detti degli antichi filosofi. Egli fu respinto come maestro durante la sua vita, ma da allora i suoi scritti ed i suoi insegnamenti hanno sempre esercitato una grande influenza in Cina ed in Giappone. Confucio diede un nuovo indirizzo agli sciamani sostituendo la moralità alla magia. Ma egli costruì troppo bene; fece dell’ordine un nuovo feticcio ed istituì un rispetto per l’operato degli antenati che è ancora venerato dai Cinesi al tempo di questa esposizione.
(1034.5) 94:6.10 La predicazione di Confucio sulla moralità si basava sulla teoria che la via terrena è l’ombra deformata della via celeste; che il vero modello della civiltà temporale è l’immagine riflessa dell’ordine eterno del cielo. Il concetto potenziale di Dio nel Confucianesimo fu quasi interamente subordinato all’accento posto sulla Via del Cielo, l’archetipo del cosmo.
(1034.6) 94:6.11 Gli insegnamenti di Lao sono andati perduti per tutti, salvo che per una minoranza in Oriente, ma gli scritti di Confucio hanno sempre costituito da allora la base dell’edificio morale della cultura di quasi un terzo degli Urantiani. Questi precetti di Confucio, pur perpetuando il meglio del passato, erano un po’ contrari allo stesso spirito cinese d’investigazione che aveva prodotto quei compimenti tanto venerati. L’influenza di queste dottrine fu combattuta senza successo sia dagli sforzi dell’imperatore Ch’in Shih Huang Ti che dagli insegnamenti di Mo Ti, il quale proclamò una fratellanza basata non sul dovere etico ma sull’amore di Dio. Egli cercò di rianimare l’antica ricerca di verità nuove, ma i suoi insegnamenti fallirono di fronte alla vigorosa opposizione dei discepoli di Confucio.
(1034.7) 94:6.12 Come molti altri istruttori spirituali e morali, Confucio e Lao-tze furono alla fine deificati dai loro seguaci nel corso di quelle epoche spiritualmente oscure della Cina che intercorsero tra il declino e la perversione della fede taoista e l’arrivo dei missionari buddisti provenienti dall’India. Durante questi secoli di decadenza spirituale la religione della razza gialla degenerò in una meschina teologia in cui pullulavano diavoli, draghi e spiriti malvagi, denotanti tutti il ritorno alle paure della mente umana non illuminata. La Cina, un tempo alla testa della società umana a motivo di una religione avanzata, rimase poi indietro a causa della sua incapacità temporanea di progredire sul sentiero giusto dello sviluppo di quella coscienza di Dio che è indispensabile al vero progresso, non solo del singolo mortale, ma anche delle civiltà intricate e complesse che caratterizzano l’avanzamento della cultura e della società su un pianeta evoluzionario del tempo e dello spazio.
(1035.1) 94:7.1 Contemporaneamente a Lao-tze e a Confucio in Cina, un altro grande maestro della verità sorse in India. Gautama Siddharta nacque nel sesto secolo avanti Cristo nella provincia indiana settentrionale del Nepal. I suoi discepoli fecero più tardi apparire che fosse il figlio di un sovrano favolosamente ricco, ma in verità era l’erede legittimo al trono di un modesto capo clan che regnava per tacito consenso su una piccola valle isolata di montagna nel sud dell’Himalaya.
(1035.2) 94:7.2 Gautama formulò quelle teorie che si svilupparono nella filosofia del Buddismo dopo sei anni d’inutile pratica dello Yoga. Siddharta ingaggiò una lotta risoluta ma vana contro il sistema crescente delle caste. C’era una sublime sincerità ed una straordinaria generosità in questo giovane principe profeta che attraeva grandemente gli uomini di quel tempo. Egli combatté la pratica di cercare la salvezza individuale per mezzo di afflizioni fisiche e di sofferenze personali, ed esortò i suoi discepoli a portare il suo vangelo al mondo intero.
(1035.3) 94:7.3 In mezzo alla confusione e alle pratiche di culto estreme dell’India, gli insegnamenti più sani e più moderati di Gautama giunsero come un conforto ristoratore. Egli denunciò gli dei, i sacerdoti ed i loro sacrifici, ma nemmeno lui riuscì a percepire la personalità dell’Uno Universale. Non credendo nell’esistenza di anime umane individuali, Gautama, naturalmente, condusse una strenua lotta contro la credenza venerata da tempo nella trasmigrazione dell’anima. Egli compì un nobile sforzo per liberare gli uomini dalla paura, perché si sentissero a loro agio e a casa loro nel grande universo, ma non riuscì a mostrare loro la via che conduceva a quella reale dimora celeste dei mortali ascendenti — il Paradiso — e al servizio crescente dell’esistenza eterna.
(1035.4) 94:7.4 Gautama era un vero profeta, e se avesse prestato attenzione alle istruzioni dell’eremita Godad avrebbe potuto sollevare tutta l’India mediante l’ispirazione apportata dalla ripresa del vangelo di Salem della salvezza per mezzo della fede. Godad discendeva da una famiglia che non aveva mai perduto le tradizioni dei missionari di Melchizedek.
(1035.5) 94:7.5 Gautama fondò la sua scuola a Benares, e fu durante il suo secondo anno che un allievo, Bautan, comunicò al suo maestro le tradizioni dei missionari di Salem circa il patto di Melchizedek con Abramo; e benché Siddhartha non avesse un concetto molto chiaro del Padre Universale, prese una posizione avanzata sulla salvezza per mezzo della fede — del semplice credere. Egli dichiarò questa sua posizione ai suoi discepoli e cominciò ad inviare i suoi allievi in gruppi di sessanta a proclamare al popolo dell’India “la buona novella della salvezza gratuita; che tutti gli uomini, elevati ed umili, possono raggiungere la felicità per mezzo della fede nella rettitudine e nella giustizia”.
(1035.6) 94:7.6 La moglie di Gautama credeva nel vangelo di suo marito e fu la fondatrice di un ordine di monache. Suo figlio divenne il suo successore ed estese grandemente il culto; egli afferrò l’idea nuova della salvezza per mezzo della fede, ma nei suoi ultimi anni si allontanò dal vangelo di Salem del favore divino ottenuto per mezzo della sola fede, e nella sua vecchiaia le sue ultime parole furono: “Attuate da voi la vostra salvezza.”
(1036.1) 94:7.7 Quando proclamava ciò che aveva di meglio, il vangelo di Gautama della salvezza universale, privo di sacrifici, torture, rituali e sacerdoti, era una dottrina rivoluzionaria e stupefacente per il suo tempo. Ed esso fu sorprendentemente vicino a costituire una rinascita del vangelo di Salem. Esso portò soccorso a milioni di anime disperate, e nonostante le sue grottesche alterazioni lungo i secoli successivi, persiste ancora come speranza per milioni di esseri umani.
(1036.2) 94:7.8 Siddharta insegnò molta più verità di quanta ne è sopravvissuta nei culti moderni che portano il suo nome. Il Buddismo moderno non è l’insegnamento di Gautama Siddharta più di quanto il Cristianesimo è l’insegnamento di Gesù di Nazaret.
(1036.3) 94:8.1 Per diventare buddista si faceva semplicemente una professione pubblica di fede recitando il Rifugio: “Io trovo il mio rifugio in Budda; trovo il mio rifugio nella Dottrina; trovo il mio rifugio nella Fratellanza.”
(1036.4) 94:8.2 Il Buddismo ebbe origine in una persona storica, non in un mito. I seguaci di Gautama lo chiamavano Sasta, che significa padrone o maestro. Benché egli non avesse fatto delle rivendicazioni superumane per se stesso o per i suoi insegnamenti, i suoi discepoli cominciarono presto a chiamarlo l’illuminato, il Budda; più tardi, Sakyamuni Budda.
(1036.5) 94:8.3 Il vangelo originale di Gautama era basato sulle quattro nobili verità:
(1036.6) 94:8.4 1. Le nobili verità della sofferenza.
(1036.7) 94:8.5 2. Le origini della sofferenza.
(1036.8) 94:8.6 3. La distruzione della sofferenza.
(1036.9) 94:8.7 4. Il modo di distruggere la sofferenza.
(1036.10) 94:8.8 Strettamente legata alla dottrina della sofferenza e al modo di sfuggirvi c’era la filosofia dell’Ottuplo Sentiero: giusti punti di vista, giuste aspirazioni, giusto parlare, giusta condotta, giusti mezzi di sussistenza, giusto sforzo, giusto raziocinio e giusta contemplazione. Gautama non aveva intenzione di tentare di distruggere ogni sforzo, ogni desiderio ed ogni affetto rifuggendo la sofferenza; il suo insegnamento era piuttosto destinato a descrivere all’uomo mortale la futilità di riporre ogni speranza ed ogni aspirazione interamente in scopi temporali ed in obiettivi materiali. Non si trattava tanto di dover evitare di amare i propri simili quanto che il vero credente guardasse anche al di là delle associazioni di questo mondo materiale, alle realtà dell’eterno futuro.
(1036.11) 94:8.9 I comandamenti morali della predicazione di Gautama erano in numero di cinque:
(1036.12) 94:8.10 1. Non ucciderai.
(1036.13) 94:8.11 2. Non ruberai.
(1036.14) 94:8.12 3. Non sarai impudico.
(1036.15) 94:8.13 4. Non mentirai.
(1036.16) 94:8.14 5. Non berrai liquori inebrianti.
(1036.17) 94:8.15 C’erano parecchi comandamenti addizionali o secondari, la cui osservanza era facoltativa per i credenti.
(1036.18) 94:8.16 Siddharta non credeva affatto nell’immortalità della personalità umana; la sua filosofia prevedeva solo una sorta di continuità funzionale. Egli non definì mai chiaramente che cosa intendeva includere nella dottrina del Nirvana. Il fatto che si potesse teoricamente farne l’esperienza durante l’esistenza mortale indicherebbe che non era considerato come uno stato di completo annullamento. Esso implicava una condizione d’illuminazione suprema e di felicità celeste in cui tutte le catene che legavano l’uomo al mondo materiale erano state spezzate; c’era libertà dai desideri della vita mortale e da ogni pericolo di subire una nuova incarnazione.
(1037.1) 94:8.17 Secondo gli insegnamenti originali di Gautama, la salvezza si ottiene mediante lo sforzo umano, al di fuori dell’aiuto divino; non c’è posto né per la fede salvifica né per le preghiere alle potenze superumane. Gautama, nel suo tentativo di minimizzare le superstizioni dell’India, si sforzò di distogliere gli uomini dalle impudenti pretese di salvezza per mezzo della magia. E nel fare questo sforzo egli lasciò ai suoi successori la porta spalancata per un’errata interpretazione del suo insegnamento e per proclamare che ogni tentativo umano per riuscire è sgradevole e doloroso. I suoi discepoli trascurarono il fatto che la felicità suprema è legata al perseguimento intelligente ed entusiasta di scopi meritori, e che tali imprese costituiscono il vero progresso nell’autorealizzazione cosmica.
(1037.2) 94:8.18 La grande verità dell’insegnamento di Siddharta fu la sua proclamazione di un universo di assoluta giustizia. Egli insegnò la migliore filosofia senza Dio mai inventata da uomo mortale; essa era l’umanesimo ideale e rimosse molto efficacemente ogni base per la superstizione, i rituali magici e la paura dei fantasmi o dei demoni.
(1037.3) 94:8.19 La grande debolezza del vangelo originale del Buddismo fu che esso non produsse una religione di servizio sociale disinteressato. La fratellanza buddista fu per lungo tempo non una fraternità di credenti, ma piuttosto una comunità di allievi insegnanti. Gautama proibì loro di ricevere denaro ed in questo modo cercò d’impedire l’insorgere di tendenze gerarchiche. Gautama stesso era altamente sociale; in verità la sua vita fu molto più grande della sua predicazione.
(1037.4) 94:9.1 Il Buddismo prosperò perché offriva la salvezza mediante la credenza nel Budda, l’illuminato. Esso era rappresentativo delle verità di Melchizedek più di qualunque altro sistema religioso esistente nell’Asia orientale. Ma il Buddismo non si diffuse molto come religione fino a che non fu adottato a propria protezione dal monarca di bassa casta Asoka, il quale, dopo Ikhnaton in Egitto, fu uno dei più rimarchevoli governanti civili del periodo tra Melchizedek e Micael. Asoka costruì un grande impero indiano grazie alla propaganda dei suoi missionari buddisti. Nel corso di un periodo di venticinque anni egli istruì ed inviò più di diciassettemila missionari fino alle frontiere più lontane di tutto il mondo conosciuto. In una sola generazione egli fece del Buddismo la religione dominante di metà del pianeta. Ben presto esso s’insediò nel Tibet, nel Kashmir, a Ceylon, in Birmania, a Giava, nel Siam, in Corea, in Cina ed in Giappone. In senso generale, esso fu una religione considerevolmente superiore a quelle che soppiantò od elevò.
(1037.5) 94:9.2 La diffusione del Buddismo dal suo luogo d’origine in India a tutta l’Asia è una delle storie palpitanti della devozione spirituale e della perseveranza missionaria di persone religiose sincere. Gli insegnanti del vangelo di Gautama non solo sfidarono i pericoli delle strade carovaniere di terra, ma affrontarono i pericoli dei mari della Cina nel proseguire la loro missione sul continente asiatico, portando a tutti i popoli il messaggio della loro fede. Ma questo Buddismo non era più la semplice dottrina di Gautama; era il vangelo reso miracoloso che faceva di lui un dio. E più lontano il Buddismo si diffondeva dal suo luogo d’origine nelle regioni montuose dell’India, più diveniva dissimile dagli insegnamenti di Gautama e più simile alle religioni che soppiantava, questa religione crebbe.
(1038.1) 94:9.3 Più tardi il Buddismo fu molto influenzato dal Taoismo in Cina, dallo Shinto in Giappone e dal Cristianesimo nel Tibet. In India, dopo un millennio, il Buddismo semplicemente s’inaridì e si estinse. Esso fu bramanizzato e successivamente si arrese miseramente all’Islamismo, mentre in gran parte del resto dell’Oriente degenerò in un rituale che Gautama Siddharta non avrebbe mai riconosciuto.
(1038.2) 94:9.4 Nel sud lo stereotipo fondamentalista degli insegnamenti di Siddharta persisté a Ceylon, in Birmania e nella penisola dell’Indocina. Questo è il ramo Hinayana del Buddismo che aderisce strettamente alla dottrina iniziale o asociale.
(1038.3) 94:9.5 Ma anche prima del crollo in India, i gruppi cinese e indiano settentrionale dei discepoli di Gautama avevano cominciato lo sviluppo dell’insegnamento Mahayana della “Grande Via” alla salvezza, in contrasto con i puristi del sud che seguivano l’Hinayana o “Via Minore”. Questi mahayanisti si staccarono dalle limitazioni sociali insite nella dottrina buddista, e da allora questo ramo settentrionale del Buddismo ha continuato ad evolversi in Cina ed in Giappone.
(1038.4) 94:9.6 Il Buddismo oggi è una religione vivente e in crescita perché riesce a conservare molti dei più alti valori morali dei suoi aderenti. Esso promuove la calma e l’autocontrollo, accresce la serenità e la felicità e contribuisce molto ad evitare il dispiacere ed il dolore. Coloro che credono a questa filosofia vivono vite migliori di molti che non vi credono.
(1038.5) 94:10.1 Nel Tibet si trova la più strana associazione degli insegnamenti di Melchizedek combinati con il Buddismo, l’Induismo, il Taoismo ed il Cristianesimo. Quando i missionari buddisti entrarono nel Tibet, trovarono uno stato selvaggio primitivo molto simile a quello che i primi missionari cristiani trovarono tra le tribù nordiche dell’Europa.
(1038.6) 94:10.2 Questi Tibetani dalla mente semplice non vollero abbandonare totalmente la loro antica magia ed i loro amuleti. Lo studio dei cerimoniali religiosi dei rituali tibetani odierni rivela una confraternita eccessivamente numerosa di sacerdoti con le teste rasate che praticano un elaborato rituale comprendente campane, canti, incenso, processioni, rosari, immagini, amuleti, ritratti, acqua benedetta, vesti sfarzose e cori complessi. Hanno dogmi rigidi e credenze cristallizzate, riti mistici e digiuni speciali. La loro gerarchia comprende monaci, monache, abati e il Grande Lama. Pregano angeli, santi, una Santa Madre e gli dei. Praticano confessioni e credono nel purgatorio. I loro monasteri sono molto grandi e le loro cattedrali splendide. Osservano un’interminabile ripetizione di rituali sacri e credono che questi cerimoniali donino la salvezza. Le preghiere vengono attaccate ad una ruota, e con la sua rotazione essi credono che le suppliche divengano efficaci. Presso nessun altro popolo dei tempi moderni si può trovare l’osservanza di così tanti elementi provenienti da così tante religioni; ed è inevitabile che una tale liturgia composita divenga eccessivamente ingombrante ed intollerabilmente opprimente.
(1038.7) 94:10.3 I Tibetani hanno qualcosa di tutte le principali religioni del mondo, eccetto i semplici insegnamenti del vangelo di Gesù: la filiazione con Dio, la fratellanza con l’uomo e la cittadinanza sempre ascendente nell’universo eterno.
(1038.8) 94:11.1 Il Buddismo penetrò in Cina nel primo millennio dopo Cristo e s’inserì bene nei costumi religiosi della razza gialla. Nel culto degli antenati essi avevano pregato a lungo i morti; ora potevano pregare anche per se stessi. Il Buddismo si amalgamò ben presto con le persistenti pratiche ritualistiche del Taoismo in disfacimento. Questa nuova religione sintetica, con i suoi templi per l’adorazione ed il suo cerimoniale religioso ben definito, divenne presto il culto generalmente accettato dai popoli della Cina, della Corea e del Giappone.
(1039.1) 94:11.2 Anche se sotto certi aspetti è spiacevole che il Buddismo non sia stato diffuso nel mondo prima che i discepoli di Guatama avessero talmente pervertito le tradizioni e gli insegnamenti del culto al punto da fare di lui un essere divino, nondimeno questo mito della sua vita umana, abbellito come fu da una moltitudine di miracoli, si rivelò molto seducente per gli ascoltatori del vangelo nordico o Mahayana del Buddismo.
(1039.2) 94:11.3 Alcuni dei suoi discepoli successivi insegnarono che lo spirito di Sakyamuni Budda ritornava periodicamente sulla terra come Budda vivente, aprendo così la via ad una perpetuazione indefinita d’immagini del Budda, di templi, di rituali e di falsi “Budda viventi”. In tal modo la religione del grande protestante indiano si trovò alla fine incatenata a quelle stesse pratiche cerimoniali e a quelle magie ritualistiche contro le quali aveva così intrepidamente combattuto e che aveva così coraggiosamente denunciato.
(1039.3) 94:11.4 Il grande progresso fatto dalla filosofia buddista consisté nella sua comprensione della relatività di ogni verità. Attraverso il meccanismo di questa ipotesi i Buddisti sono stati in grado di conciliare e di mettere in correlazione le divergenze esistenti nelle loro Scritture religiose, come pure le divergenze tra queste e molte altre. S’insegnava che la piccola verità era per menti ristrette, la grande verità per grandi menti.
(1039.4) 94:11.5 Questa filosofia sosteneva anche che la natura (divina) di Budda risiedeva in tutti gli uomini; che l’uomo, per mezzo dei suoi stessi sforzi, poteva giungere a realizzare questa divinità interiore. E questo insegnamento è una delle più chiare presentazioni della verità sugli Aggiustatori interiori che siano mai state fatte da una religione di Urantia.
(1039.5) 94:11.6 Ma una grande limitazione del vangelo originale di Siddharta, quale fu interpretato dai suoi discepoli, fu che esso tentava la completa liberazione dell’io umano da tutte le limitazioni della natura mortale per mezzo della tecnica consistente nell’isolare l’io dalla realtà oggettiva. Ora, la vera autorealizzazione cosmica risulta dall’identificazione con la realtà cosmica e con il cosmo finito di energia, di mente e di spirito, limitato dallo spazio e condizionato dal tempo.
(1039.6) 94:11.7 Ma anche se le cerimonie e le osservanze esteriori del Buddismo furono grossolanamente contaminate da quelle dei paesi in cui giungeva, questa degenerazione non avvenne interamente nella vita filosofica dei grandi pensatori che di tanto in tanto abbracciarono questo sistema di pensiero e di credenza. Per più di duemila anni molte delle menti migliori dell’Asia si sono concentrate sul problema di accertare la verità assoluta e la verità dell’Assoluto.
(1039.7) 94:11.8 L’evoluzione di un concetto elevato dell’Assoluto fu compiuta attraverso molti canali di pensiero e sentieri tortuosi di ragionamento. L’ascesa verso l’alto di questa dottrina dell’infinità non era così chiaramente definita quanto lo era l’evoluzione del concetto di Dio nella teologia ebraica. Ciò nonostante ci furono certi livelli ampliati che le menti dei Buddisti raggiunsero, su cui si soffermarono e che superarono proseguendo il loro cammino verso la visualizzazione della Sorgente Primordiale degli universi:
(1039.8) 94:11.9 1. La leggenda di Gautama. Alla base del concetto c’era il fatto storico della vita e degli insegnamenti di Siddharta, il principe profeta dell’India. Questa leggenda si trasformò in mito mentre passava attraverso i secoli per i vasti paesi dell’Asia, fino a superare lo status dell’idea di Gautama come illuminato e cominciare ad arricchirsi di attributi aggiuntivi.
(1040.1) 94:11.10 2. I molti Budda. Fu argomentato che, se Gautama era venuto presso i popoli dell’India, allora, nel lontano passato le razze dell’umanità dovevano essere state benedette da altri istruttori della verità, e indubbiamente lo sarebbero state ancora nel lontano futuro. Ciò diede origine all’insegnamento che c’erano molti Budda, un numero illimitato ed infinito, ed anche che ognuno poteva aspirare a diventarne uno — a raggiungere la divinità di un Budda.
(1040.2) 94:11.11 3. Il Budda Assoluto. Quando il numero di Budda stava diventando quasi infinito, divenne necessario per le menti di quel tempo riunificare questo pesante concetto. Di conseguenza si cominciò ad insegnare che tutti i Budda non erano che la manifestazione di un’essenza superiore, di un Uno Eterno d’esistenza infinita e non qualificata, di una Sorgente Assoluta di tutte le realtà. Da qui in avanti il concetto di Deità del Buddismo, nella sua forma più elevata, fu distinto dalla persona umana di Gautama Siddharta e si allontanò dalle limitazioni antropomorfiche che l’avevano tenuto imbrigliato. Questa concezione finale del Budda Eterno può ben essere identificata come l’Assoluto, e talvolta anche come l’infinito IO SONO.
(1040.3) 94:11.12 Benché questa idea di Deità Assoluta non abbia mai incontrato un grande favore popolare presso i popoli dell’Asia, permise agli intellettuali di questi paesi di unificare la loro filosofia e di armonizzare la loro cosmologia. Il concetto del Budda Assoluto è a volte quasi personale, a volte del tutto impersonale — anche una forza creatrice infinita. Tali concetti, sebbene utili alla filosofia, non sono essenziali allo sviluppo religioso. Anche uno Yahweh antropomorfico ha un valore religioso più grande dell’Assoluto infinitamente lontano del Buddismo o del Bramanesimo.
(1040.4) 94:11.13 Talvolta si è anche considerato l’Assoluto come contenuto nell’infinito IO SONO. Ma queste speculazioni erano un gelido conforto per le moltitudini affamate che desideravano ardentemente ascoltare parole di promessa, ascoltare il semplice vangelo di Salem che annunciava che la fede in Dio avrebbe assicurato il favore divino e la sopravvivenza eterna.
(1040.5) 94:12.1 La grande debolezza nella cosmologia del Buddismo era duplice: la sua contaminazione con molte superstizioni dell’India e della Cina e la sua sublimazione di Gautama, prima come l’illuminato e poi come il Budda Eterno. Proprio come il Cristianesimo ha sofferto per l’assorbimento di molta filosofia umana errata, così il Buddismo porta il suo marchio di nascita umano. Ma gli insegnamenti di Gautama hanno continuato ad evolversi durante i trascorsi due millenni e mezzo. Il concetto di Budda per un buddista illuminato non è la personalità umana di Gautama più di quanto il concetto di Geova per un cristiano illuminato s’identifichi con lo spirito demoniaco dell’Horeb. La povertà di terminologia, così come il rigore sentimentale di un’antica nomenclatura, impediscono spesso di comprendere il vero significato dell’evoluzione dei concetti religiosi.
(1040.6) 94:12.2 Gradualmente il concetto di Dio, in contrapposizione con l’Assoluto, cominciò ad apparire nel Buddismo. La sua origine risale ai primi tempi di questa differenziazione tra i seguaci della Via Minore e quelli della Via Maggiore. Fu tra quest’ultima branca del Buddismo che la duplice concezione di Dio e dell’Assoluto alla fine maturò. Passo dopo passo, secolo dopo secolo, il concetto di Dio si è evoluto fino a che, con gli insegnamenti di Ryonin, di Honen Shonin e di Shinran in Giappone, questo concetto venne infine a maturazione nella credenza in Amida Budda.
(1041.1) 94:12.3 A questi credenti s’insegna che l’anima, dopo l’esperienza della morte, può scegliere di godere di un soggiorno in Paradiso prima di entrare nel Nirvana, ultimo stadio dell’esistenza. Viene proclamato che questa nuova salvezza si ottiene per mezzo della fede nelle grazie divine e nell’aiuto amorevole di Amida, Dio del Paradiso nell’Occidente. Nella loro filosofia gli Amidisti credono in una Realtà Infinita che è al di là di ogni comprensione umana finita. Nella loro religione essi si afferrano alla fede nell’infinitamente misericordioso Amida, che ama talmente il mondo da non tollerare che un solo mortale che fa appello al suo nome con fede sincera e cuore puro non ottenga la felicità suprema del Paradiso.
(1041.2) 94:12.4 La grande forza del Buddismo è che i suoi aderenti sono liberi di scegliere la verità da tutte le religioni; una simile libertà di scelta ha caratterizzato raramente una fede di Urantia. Sotto questo aspetto la setta Shin del Giappone è divenuta uno dei gruppi religiosi più progressivi del mondo; essa ha ravvivato l’antico spirito missionario dei discepoli di Gautama ed ha cominciato ad inviare istruttori ad altri popoli. Questa propensione ad appropriarsi della verità da qualsiasi fonte è davvero una tendenza raccomandabile che appare tra i credenti religiosi della prima metà del ventesimo secolo dopo Cristo.
(1041.3) 94:12.5 Il Buddismo stesso sta conoscendo una rinascita nel ventesimo secolo. Grazie al contatto con il Cristianesimo gli aspetti sociali del Buddismo sono stati grandemente migliorati. Il desiderio di apprendere è stato riacceso nel cuore dei sacerdoti-monaci della confraternita, e la diffusione dell’istruzione in tutta questa comunità di fede provocherà certamente nuovi progressi nell’evoluzione religiosa.
(1041.4) 94:12.6 Al tempo di questi scritti gran parte dell’Asia ripone le sue speranze nel Buddismo. Questa nobile fede che ha così validamente attraversato le epoche oscure del passato, accoglierà ancora una volta la verità delle realtà cosmiche ampliate come un tempo i discepoli del grande istruttore dell’India ascoltarono la sua proclamazione di una nuova verità? Questa antica fede risponderà ancora una volta allo stimolo vivificante della presentazione dei nuovi concetti di Dio e dell’Assoluto che ha così a lungo cercato?
(1041.5) 94:12.7 Tutto Urantia aspetta la proclamazione del messaggio nobilitante di Micael, non gravato dalle dottrine e dai dogmi accumulati nei diciannove secoli di contatto con le religioni di origine evoluzionaria. È giunta l’ora di presentare al Buddismo, al Cristianesimo, all’Induismo e ai popoli di tutte le religioni, non il vangelo a proposito di Gesù, ma la realtà vivente e spirituale del vangelo di Gesù.
(1041.6) 94:12.8 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1042.1) 95:0.1 COME l’India ha dato origine a molte religioni e filosofie dell’Asia orientale, così il Levante è stato il luogo d’origine delle fedi del mondo occidentale. I missionari di Salem si sparsero in tutta l’Asia sudoccidentale, attraverso la Palestina, la Mesopotamia, l’Egitto, l’Iran e l’Arabia, proclamando ovunque la buona novella del vangelo di Machiventa Melchizedek. In alcuni di questi paesi i loro insegnamenti portarono frutti; in altri ebbero un successo diversificato. Talvolta i loro fallimenti furono dovuti a mancanza di saggezza, talvolta a circostanze indipendenti dal loro controllo.
(1042.2) 95:1.1 Verso il 2.000 a.C. le religioni della Mesopotamia avevano quasi interamente perduto gli insegnamenti dei Setiti e si trovavano in larga misura sotto l’influenza delle credenze primitive di due gruppi d’invasori: i Beduini semiti che si erano infiltrati provenendo dal deserto occidentale ed i cavalieri barbari che erano discesi dal nord.
(1042.3) 95:1.2 Ma il costume dei primi popoli adamiti di onorare il settimo giorno della settimana non scomparve mai completamente in Mesopotamia. Solamente, durante l’epoca di Melchizedek, il settimo giorno fu considerato come il più sfortunato. Esso era infestato di tabù; in questo funesto settimo giorno non era permesso mettersi in viaggio, cucinare del cibo o fare del fuoco. Gli Ebrei riportarono in Palestina molti dei tabù mesopotamici che avevano trovato posto nell’osservanza del settimo giorno in Babilonia, il shabattum.
(1042.4) 95:1.3 Sebbene gli insegnanti di Salem avessero contribuito molto ad affinare e ad elevare le religioni della Mesopotamia, non riuscirono a portare i vari popoli al riconoscimento permanente di un Dio unico. Questo insegnamento prese il sopravvento per più di centocinquanta anni e poi cedette gradualmente davanti alla credenza più antica in una molteplicità di deità.
(1042.5) 95:1.4 Gli insegnanti di Salem ridussero notevolmente il numero degli dei della Mesopotamia, portando ad un dato momento le principali deità al numero di sette: Bel, Shamash, Nabu, Anu, Ea, Marduk e Sin. All’apice del nuovo insegnamento essi elevarono tre di questi dei alla supremazia su tutti gli altri, la triade babilonese: Bel, Ea ed Anu, gli dei della terra, del mare e del cielo. Altre triadi ebbero origine in differenti località; erano tutte reminiscenze degli insegnamenti sulla Trinità degli Anditi e dei Sumeri e basate sulla credenza dei Salemiti nell’emblema dei tre cerchi di Melchizedek.
(1042.6) 95:1.5 Gli insegnanti di Salem non vinsero mai totalmente la popolarità di Ishtar, la madre degli dei e lo spirito della fecondità sessuale. Essi contribuirono molto ad affinare il culto di questa dea, ma i Babilonesi ed i loro vicini non si liberarono mai completamente delle loro forme camuffate di adorazione del sesso. Era divenuta pratica universale per tutte le donne della Mesopotamia di sottomettersi, almeno una volta nella loro giovinezza, al rapporto con stranieri; questa era ritenuta una devozione richiesta da Ishtar, e si credeva che la fecondità dipendesse in larga misura da questo sacrificio sessuale.
(1043.1) 95:1.6 I primi progressi dell’insegnamento di Melchizedek furono molto soddisfacenti fino a quando Nabodad, il capo della scuola di Kish, decise di lanciare un attacco concertato contro le pratiche correnti della prostituzione nei templi. Ma i missionari di Salem non riuscirono nel loro tentativo di far adottare questa riforma sociale, e nella disfatta del fallimento tutti i loro insegnamenti spirituali e filosofici più importanti soccombettero.
(1043.2) 95:1.7 Questo insuccesso del vangelo di Salem fu immediatamente seguito da una grande crescita del culto di Ishtar, un rituale che aveva già invaso la Palestina come Ashtoreth, l’Egitto come Isis, la Grecia come Afrodite e le tribù settentrionali come Astarte. E fu in connessione con questo risveglio dell’adorazione di Ishtar che i sacerdoti di Babilonia ritornarono all’osservazione delle stelle. L’astrologia attraversò la sua ultima grande rinascita in Mesopotamia; venne in voga la divinazione e per secoli il clero degenerò sempre di più.
(1043.3) 95:1.8 Melchizedek aveva raccomandato ai suoi discepoli d’insegnare la dottrina di un Dio unico, il Padre e Creatore di tutto, e di predicare soltanto il vangelo del favore divino ottenuto per mezzo della sola fede. Ma gli insegnanti di una nuova verità commettono spesso l’errore di voler fare troppo, di tentare di rimpiazzare la lenta evoluzione con una rivoluzione improvvisa. I missionari di Melchizedek in Mesopotamia promossero un livello morale troppo elevato per il popolo; tentarono di fare troppo e la loro nobile causa fallì. Essi erano stati incaricati di predicare un vangelo ben preciso, di proclamare la verità della realtà del Padre Universale, ma s’impegolarono nella causa apparentemente valida di riformare i costumi, e così la loro grande missione deviò dal suo binario e si perse praticamente nella delusione e nell’oblio.
(1043.4) 95:1.9 In una sola generazione il quartier generale salemita di Kish si esaurì, e la propaganda della credenza in un solo Dio cessò praticamente in tutta la Mesopotamia. Ma residui delle scuole di Salem persisterono. Piccoli gruppi sparsi qua e là continuarono a credere in un solo Creatore e lottarono contro l’idolatria e l’immoralità dei sacerdoti mesopotamici.
(1043.5) 95:1.10 Furono i missionari di Salem del periodo seguente al rifiuto del loro insegnamento che scrissero molti dei Salmi dell’Antico Testamento, incidendoli su delle pietre, dove i posteriori sacerdoti ebrei li trovarono durante la prigionia e li incorporarono successivamente nelle raccolte degli inni attribuiti ad autori ebrei. Questi splendidi salmi di Babilonia non furono scritti nei templi di Bel-Marduk; essi furono opera dei discendenti dei primi missionari di Salem e sono in stridente contrasto con le farragini magiche dei sacerdoti babilonesi. Il Libro di Giobbe riflette abbastanza bene gli insegnamenti della scuola salemita di Kish e di tutta la Mesopotamia.
(1043.6) 95:1.11 Gran parte della cultura religiosa mesopotamica fu incorporata nella letteratura e nella liturgia ebraiche passando per l’Egitto, grazie all’opera di Amenemope e di Ikhnaton. Gli Egiziani preservarono in considerevole misura gli insegnamenti degli obblighi sociali provenienti dai primi Mesopotamici Anditi e così largamente perduti dai Babilonesi che occuparono più tardi la valle dell’Eufrate.
(1043.7) 95:2.1 Gli insegnamenti originali di Melchizedek misero veramente le loro radici più profonde in Egitto, da dove successivamente si diffusero in Europa. La religione evoluzionaria della valle del Nilo fu periodicamente elevata dall’arrivo di stirpi superiori di Noditi, di Adamiti, e più tardi di popoli Anditi provenienti dalla valle dell’Eufrate. In certi periodi molti amministratori civili dell’Egitto furono Sumeri. Come l’India ospitava in questi tempi la mescolanza più totale delle razze del mondo, così l’Egitto alimentò il tipo di filosofia religiosa più interamente composita che si potesse trovare su Urantia, e dalla valle del Nilo essa si diffuse in molte parti del mondo. Gli Ebrei ricevettero gran parte delle loro idee sulla creazione del mondo dai Babilonesi, ma derivarono il loro concetto di Provvidenza divina dagli Egiziani.
(1044.1) 95:2.2 Furono le tendenze politiche e morali, più che quelle filosofiche o religiose, che resero l’Egitto più favorevole all’insegnamento di Salem rispetto alla Mesopotamia. Ogni capo tribù in Egitto, dopo aver combattuto per giungere al trono, cercava di perpetuare la sua dinastia proclamando il suo dio tribale come deità originale e creatore di tutti gli altri dei. In questo modo gli Egiziani si abituarono gradualmente all’idea di un superdio, una passatoia verso la dottrina successiva di una Deità creatrice universale. L’idea del monoteismo oscillò avanti e indietro per molti secoli in Egitto; la credenza in un Dio unico acquisiva sempre terreno, ma non dominò mai totalmente i concetti in evoluzione del politeismo.
(1044.2) 95:2.3 Per molte ere i popoli egiziani si erano dedicati all’adorazione degli dei della natura; più particolarmente ciascuna della quarantina di singole tribù aveva un dio speciale per il suo gruppo: una adorava il toro, un’altra il leone, una terza l’ariete e così via. Prima ancora erano tribù che adoravano dei totem, molto simili a quelle degli Amerindi.
(1044.3) 95:2.4 Con il tempo gli Egiziani notarono che i cadaveri posti in tombe senza mattoni si conservavano — imbalsamati — grazie all’azione della sabbia impregnata di soda, mentre quelli sepolti in tombe di mattoni si decomponevano. Queste osservazioni portarono a quegli esperimenti che sfociarono nella loro pratica successiva d’imbalsamare i morti. Gli Egiziani credevano che la conservazione del corpo facilitasse il loro passaggio attraverso la vita futura. Affinché l’individuo potesse essere convenientemente identificato nel lontano futuro dopo la dissoluzione del corpo, essi ponevano una statua funeraria nella tomba assieme al cadavere, scolpendone un’immagine sulla bara. La produzione di queste statue funerarie fece fare grandi progressi all’arte egiziana.
(1044.4) 95:2.5 Per secoli gli Egiziani riposero la loro fiducia nelle tombe per la salvaguardia del corpo ed una conseguente sopravvivenza piacevole dopo la morte. La successiva evoluzione delle pratiche magiche, benché gravasse sulla vita dalla culla alla tomba, li liberò efficacemente dalla religione delle tombe. I sacerdoti incidevano sulle bare delle formule magiche che si credeva fossero di protezione contro il rischio “che un uomo si veda portare via il suo cuore nel mondo inferiore”. In poco tempo fu collezionato un vario assortimento di questi testi magici e fu conservato come il Libro dei Morti. Ma nella valle del Nilo il rituale magico fu presto coinvolto nei regni della coscienza e del carattere ad un grado raramente raggiunto dai rituali di quel tempo. E successivamente si confidò per la salvezza su questi ideali etici e morali più che su tombe elaborate.
(1044.5) 95:2.6 Le superstizioni di quest’epoca sono bene illustrate dalla credenza generale nell’efficacia della saliva come fattore di guarigione, un’idea che ebbe la sua origine in Egitto e da là si diffuse in Arabia ed in Mesopotamia. Nella leggendaria battaglia di Horus contro Set il giovane dio perse un occhio, ma dopo che Set fu vinto, quest’occhio fu risanato dal saggio dio Toth, che sputò sulla piaga e la guarì.
(1044.6) 95:2.7 Gli Egiziani credettero a lungo che lo scintillio delle stelle nel cielo notturno rappresentasse la sopravvivenza delle anime dei morti meritevoli; essi pensavano che gli altri sopravviventi fossero assorbiti dal sole. Durante un certo periodo la venerazione del sole divenne una specie di culto degli antenati. Il passaggio inclinato di entrata alla grande piramide era orientato direttamente verso la Stella Polare affinché l’anima del re, quando fosse emersa dalla tomba, potesse andare diritta verso le costellazioni stazionarie e stabilizzate delle stelle fisse, la supposta dimora dei re.
(1045.1) 95:2.8 Quando si vedevano i raggi obliqui del sole penetrare verso la terra attraverso un’apertura nelle nuvole, si credeva che indicassero l’abbassamento di una scala celeste per la quale il re ed altre anime rette potevano ascendere. “Il re Pepi ha abbassato il suo fulgore come una scala sotto i suoi piedi sulla quale ascendere fino a sua madre.”
(1045.2) 95:2.9 Quando Melchizedek apparve nella carne, gli Egiziani avevano una religione molto superiore a quella dei popoli circostanti. Essi credevano che un’anima separata dal corpo, se era adeguatamente munita di formule magiche, potesse evitare gli spiriti cattivi intermedi e procedere verso la sala del giudizio di Osiride, dove, se innocente di “omicidio, rapina, falsità, adulterio, furto ed egoismo”, sarebbe stata ammessa ai regni della felicità. Se quest’anima era pesata sulle bilance e trovata carente, era consegnata agli inferi, alla Divoratrice. E questo era, in senso relativo, un concetto avanzato di una vita futura a paragone delle credenze di molti popoli circostanti.
(1045.3) 95:2.10 Il concetto del giudizio nell’aldilà per i peccati della propria vita nella carne sulla terra fu introdotto nella teologia ebraica provenendo dall’Egitto. La parola giudizio appare una sola volta nell’intero Libro dei Salmi ebreo, e quel particolare salmo fu scritto da un Egiziano.
(1045.4) 95:3.1 Benché la cultura e la religione dell’Egitto fossero principalmente derivate dagli Anditi della Mesopotamia e fossero in larga misura trasmesse alle civiltà successive tramite gli Ebrei ed i Greci, una grande, una grandissima parte dell’idealismo sociale ed etico degli Egiziani ebbe origine nella valle del Nilo come sviluppo puramente evoluzionario. Nonostante l’importazione di molta verità e cultura di origine andita, si evolvé in Egitto più cultura morale come sviluppo puramente umano di quanta ne apparve mediante tecniche naturali simili in qualsiasi altra zona del mondo circoscritta prima del conferimento di Micael.
(1045.5) 95:3.2 L’evoluzione morale non dipende interamente dalla rivelazione. Concetti morali elevati possono essere derivati dalla stessa esperienza umana. L’uomo può anche evolvere dei valori spirituali e derivare un’intuizione cosmica dalla sua vita esperienziale personale perché risiede in lui uno spirito divino. Tali evoluzioni naturali della coscienza e del carattere furono anche accelerate dall’arrivo periodico d’insegnanti della verità, nei tempi antichi provenienti dal secondo Eden, più tardi dal quartier generale di Melchizedek a Salem.
(1045.6) 95:3.3 Migliaia di anni prima che il vangelo di Salem fosse penetrato in Egitto, i suoi capi morali insegnavano ad essere giusti, equi e ad evitare l’avarizia. Tremila anni prima che fossero redatte le Scritture ebraiche, il motto degli Egiziani era: “Affermato è l’uomo il cui modello è la rettitudine e che cammina secondo la sua via.” Essi insegnavano la gentilezza, la moderazione e la discrezione. Il messaggio di uno dei grandi maestri di quest’epoca fu: “Agite correttamente e siate giusti con tutti.” La triade egiziana di quest’epoca era Verità-Giustizia-Rettitudine. Tra tutte le religioni puramente umane di Urantia, nessuna ha mai superato gli ideali sociali e la grandezza morale di questo umanesimo di un tempo della valle del Nilo.
(1045.7) 95:3.4 Le dottrine sopravviventi della religione di Salem fiorirono nel terreno di queste idee etiche e di questi ideali morali in evoluzione. I concetti del bene e del male trovarono una pronta risposta nel cuore di un popolo che credeva che “la vita è data al pacifico e la morte al colpevole”. “Il pacifico è colui che fa ciò che si ama; il colpevole è colui che fa ciò che si detesta.” Per secoli gli abitanti della valle del Nilo erano vissuti secondo questi criteri etici e sociali emergenti prima di aver mai intrattenuto i concetti successivi di giusto e di sbagliato — del bene e del male.
(1046.1) 95:3.5 L’Egitto era intellettuale e morale, ma non troppo spirituale. In seimila anni solo quattro grandi profeti sorsero tra gli Egiziani. Amenemope lo seguirono per un certo tempo; Okhban lo assassinarono; Ikhnaton lo accettarono senza entusiasmo per una breve generazione; Mosè lo respinsero. Furono inoltre delle circostanze politiche più che religiose che resero agevole ad Abramo, e più tardi a Giuseppe, esercitare una grande influenza in tutto l’Egitto a favore dell’insegnamento salemita di un Dio unico. Ma quando i missionari di Salem entrarono per la prima volta in Egitto, vi trovarono questa cultura evoluzionaria altamente etica mescolata con i criteri morali modificati degli immigrati mesopotamici. Questi antichi insegnanti della valle del Nilo furono i primi a proclamare che la coscienza era il comandamento di Dio, la voce della Deità.
(1046.2) 95:4.1 A tempo debito si elevò in Egitto un maestro chiamato da molti il “figlio dell’uomo” e da altri Amenemope. Questo veggente esaltò la coscienza al punto da farne l’arbitro più elevato tra il giusto e l’ingiusto, insegnò che il peccato sarebbe stato punito e proclamò la salvezza per mezzo dell’appello alla deità solare.
(1046.3) 95:4.2 Amenemope insegnò che le ricchezze e la fortuna erano dono di Dio, e questo concetto permeò completamente la filosofia ebraica apparsa più tardi. Questo nobile insegnante credeva che la coscienza di Dio fosse il fattore determinante in ogni condotta; che ogni istante doveva essere vissuto nella realizzazione della presenza di Dio e della responsabilità verso di lui. Gli insegnamenti di questo saggio furono in seguito tradotti in ebraico e divennero il libro sacro di quel popolo molto prima che l’Antico Testamento fosse stato scritto. La predicazione principale di quest’uomo onesto concerneva l’istruzione di suo figlio sulla rettitudine e l’onestà nei posti di fiducia governativi, e questi nobili sentimenti di molto tempo fa onorerebbero qualsiasi uomo di Stato moderno.
(1046.4) 95:4.3 Questo saggio uomo del Nilo insegnò che “le ricchezze mettono le ali e volano via” — che tutte le cose terrene sono evanescenti. La sua grande preghiera era di essere “liberato dalla paura”. Egli esortò tutti a distogliersi dalle “parole degli uomini” per rivolgersi agli “atti di Dio”. In sostanza insegnò che l’uomo propone ma che Dio dispone. I suoi insegnamenti, tradotti in ebraico, determinarono la filosofia dei Libro dei Proverbi dell’Antico Testamento. Tradotti in greco, essi permearono tutta la filosofia religiosa ellenica successiva. Il posteriore filosofo Filone d’Alessandria possedeva una copia del Libro della Saggezza.
(1046.5) 95:4.4 Amenemope si adoperò per conservare l’etica dell’evoluzione e la morale della rivelazione e nei suoi scritti le trasmise sia agli Ebrei che ai Greci. Egli non fu il più grande degli insegnanti religiosi di quest’epoca, ma fu il più influente nel senso che influenzò il pensiero successivo di due anelli vitali dello sviluppo della civiltà occidentale — gli Ebrei, tra i quali si evolvé l’apice della fede religiosa occidentale, e i Greci, che svilupparono il puro pensiero filosofico sino alle sue più alte vette in Europa.
(1046.6) 95:4.5 Nel Libro dei Proverbi ebrei, i capitoli quindici, diciassette, venti ed il capitolo ventidue, dal versetto diciassette al capitolo ventiquattro, versetto ventidue, sono tratti quasi parola per parola dal Libro della Saggezza di Amenemope. Il primo salmo del Libro dei Salmi ebreo fu scritto da Amenemope ed è l’essenza degli insegnamenti di Ikhnaton.
(1047.1) 95:5.1 Gli insegnamenti di Amenemope stavano lentamente perdendo la loro presa sulla mente egiziana quando, grazie all’influenza di un medico salemita egiziano, una donna della famiglia reale aderì agli insegnamenti di Melchizedek. Questa donna persuase suo figlio Ikhnaton, Faraone d’Egitto, ad accettare queste dottrine di un Dio Unico.
(1047.2) 95:5.2 Dalla fine dell’incarnazione di Melchizedek, nessun essere umano fino a quel tempo aveva posseduto un concetto così sorprendentemente chiaro della religione rivelata di Salem quanto Ikhnaton. Sotto certi aspetti questo giovane re egiziano è una delle persone più straordinarie della storia dell’umanità. Durante quest’epoca di crescente depressione spirituale in Mesopotamia egli tenne viva in Egitto la dottrina di El Elyon, il Dio Unico, mantenendo in tal modo aperto il canale filosofico monoteistico che fu essenziale al quadro religioso dell’allora futuro conferimento di Micael. E fu in riconoscimento di questo fatto, tra le altre ragioni, che il bambino Gesù fu portato in Egitto, dove alcuni dei successori spirituali di Ikhnaton lo videro e compresero in qualche misura certi aspetti della sua missione divina su Urantia.
(1047.3) 95:5.3 Mosè, il più grande personaggio apparso tra Melchizedek e Gesù, fu il dono congiunto al mondo della razza ebraica e della famiglia reale egiziana. E se Ikhnaton avesse posseduto la versatilità e la capacità di Mosè, se avesse manifestato un genio politico paragonabile alla sua sorprendente autorità religiosa, allora l’Egitto sarebbe divenuto la più grande nazione monoteista di quell’epoca. E se ciò fosse avvenuto è del tutto possibile che Gesù avrebbe potuto vivere la maggior parte della sua vita di mortale in Egitto.
(1047.4) 95:5.4 Mai in tutta la storia un re si adoperò così metodicamente per far passare un’intera nazione dal politeismo al monoteismo quanto questo straordinario Ikhnaton. Con la determinazione più stupefacente, questo giovane sovrano ruppe con il passato, cambiò il suo nome, abbandonò la sua capitale, costruì una città interamente nuova e creò una nuova arte ed una nuova letteratura per un popolo intero. Ma egli andò troppo in fretta; costruì troppo, più di quanto potesse sussistere dopo la sua morte. Inoltre non si occupò della stabilità e della prosperità materiale dei suoi sudditi, e costoro reagirono tutti sfavorevolmente contro i suoi insegnamenti religiosi quando le ondate successive di avversità e di oppressione travolsero gli Egiziani.
(1047.5) 95:5.5 Se quest’uomo di stupefacente chiarezza di visione e di straordinaria singolarità di propositi avesse avuto la sagacia politica di Mosè, avrebbe cambiato tutta la storia dell’evoluzione della religione e della rivelazione della verità nel mondo occidentale. Durante la sua vita egli fu capace di tenere a freno le attività dei sacerdoti, per i quali in generale aveva scarsa stima, ma essi conservarono i loro culti in segreto e scatenarono l’azione non appena il giovane re cessò di esercitare il potere; e non tardarono ad attribuire tutte le difficoltà successive dell’Egitto all’instaurazione del monoteismo durante il suo regno.
(1047.6) 95:5.6 Molto saggiamente Ikhnaton cercò d’instaurare il monoteismo sotto l’apparenza del dio-sole. Questa decisione d’accostarsi all’adorazione del Padre Universale assorbendo tutti gli dei nell’adorazione del sole fu dovuta al consiglio del medico salemita. Ikhnaton riprese le dottrine generalizzate dell’allora esistente religione di Aton concernente la paternità e la maternità della Deità e creò una religione che riconosceva una relazione intima di adorazione tra l’uomo e Dio.
(1048.1) 95:5.7 Ikhnaton fu abbastanza saggio da mantenere aperta l’adorazione di Aton, il dio-sole, portando i suoi associati all’adorazione mascherata del Dio Unico, creatore di Aton e Padre supremo di tutti. Questo giovane insegnante-re fu uno scrittore prolifico, essendo l’autore dell’esposizione intitolata “Il Dio Unico”, un libro di trentuno capitoli che i sacerdoti distrussero completamente quando ritornarono al potere. Ikhnaton scrisse anche centotrentasette inni, dodici dei quali sono ora conservati nel Libro dei Salmi dell’Antico Testamento, attribuiti ad autori ebrei.
(1048.2) 95:5.8 La parola suprema della religione di Ikhnaton nella vita quotidiana era “rettitudine”, ed egli ampliò rapidamente il concetto del retto agire fino ad includere l’etica internazionale come pure quella nazionale. Questa fu una generazione di devozione personale straordinaria e fu caratterizzata da un’aspirazione autentica degli uomini e delle donne più intelligenti a trovare Dio e a conoscerlo. In quel tempo la posizione sociale o la ricchezza non davano alcun vantaggio ad un Egiziano agli occhi della legge. La vita di famiglia in Egitto contribuì molto a preservare e ad accrescere la cultura morale e fu l’ispirazione della meravigliosa vita familiare successiva degli Ebrei in Palestina.
(1048.3) 95:5.9 La debolezza fatale del vangelo di Ikhnaton fu la sua più grande verità, l’insegnamento che Aton non era solo il creatore dell’Egitto ma anche del “mondo intero, dell’uomo e delle bestie, e di tutti i paesi stranieri, anche della Siria e di Kush, oltre a questo paese d’Egitto. Egli pone tutti nel loro posto e provvede ai bisogni di tutti”. Questi concetti della Deità erano elevati e superiori, ma non erano nazionalistici. Tali sentimenti d’internazionalità nella religione non contribuirono ad accrescere il morale dell’esercito egiziano sul campo di battaglia, mentre fornirono ai sacerdoti delle armi efficaci da usare contro il giovane re e la sua nuova religione. Egli aveva un concetto della Deità ben superiore a quello degli Ebrei successivi, ma troppo avanzato per servire i disegni del costruttore di una nazione.
(1048.4) 95:5.10 Benché l’ideale monoteistico abbia sofferto per la scomparsa di Ikhnaton, l’idea di un Dio unico persisté nelle menti di molti gruppi. Il genero di Ikhnaton si schierò con i sacerdoti, ritornò all’adorazione degli antichi dei e cambiò il suo nome in Tutankhamen. La capitale ritornò a Tebe e i sacerdoti si arricchirono alle spalle del paese, arrivando a possedere un settimo di tutto l’Egitto; e ben presto un membro di questo stesso ordine di sacerdoti ebbe l’ardire d’impadronirsi della corona.
(1048.5) 95:5.11 Ma i sacerdoti non riuscirono a sconfiggere completamente l’ondata monoteistica. Essi furono sempre più costretti a combinare (unendoli col trattino) i nomi dei loro dei; la famiglia degli dei si contrasse sempre di più. Ikhnaton aveva associato il disco fiammeggiante dei cieli al Dio creatore, e questa idea continuò ad ardere nel cuore degli uomini e degli stessi sacerdoti per lungo tempo dopo la morte del giovane riformatore. Il concetto di monoteismo non morì mai nel cuore degli uomini in Egitto e nel mondo. Esso persisté fino all’arrivo del Figlio Creatore di quello stesso Padre divino, il Dio unico che Ikhnaton aveva presentato con tanto fervore all’adorazione di tutto l’Egitto.
(1048.6) 95:5.12 La debolezza della dottrina di Ikhnaton risiede nel fatto che egli propose una religione talmente evoluta che solo gli Egiziani istruiti potevano comprendere pienamente i suoi insegnamenti. La massa dei lavoratori agricoli non colse mai realmente il suo vangelo e fu di conseguenza pronta a ritornare con i sacerdoti all’antica adorazione di Iside e del suo consorte Osiride, il quale si supponeva fosse stato miracolosamente risuscitato da una morte crudele inflittagli da Set, il dio delle tenebre e del male.
(1049.1) 95:5.13 L’insegnamento che tutti gli uomini potevano raggiungere l’immortalità era troppo avanzato per gli Egiziani. Soltanto ai re e ai ricchi era promessa la risurrezione; per questo essi imbalsamavano e conservavano con tanta cura i loro corpi nelle tombe per il giorno del giudizio. Ma la democrazia della salvezza e della risurrezione che insegnò Ikhnaton finì per prevalere, addirittura al punto che gli Egiziani credettero più tardi nella sopravvivenza degli animali.
(1049.2) 95:5.14 Benché lo sforzo di questo sovrano egiziano per imporre al suo popolo l’adorazione di un Dio unico sia sembrato fallire, si deve notare che le ripercussioni della sua opera persisterono per secoli sia in Palestina che in Grecia, e che l’Egitto divenne così l’agente di trasmissione della cultura evoluzionaria del Nilo, combinata con la religione rivelata dell’Eufrate, a tutti i popoli successivi dell’Occidente.
(1049.3) 95:5.15 La gloria di questa grande era di sviluppo morale e di crescita spirituale nella valle del Nilo stava rapidamente scomparendo all’epoca in cui cominciava la vita nazionale degli Ebrei, ed a seguito del loro soggiorno in Egitto questi Beduini portarono con loro molti di questi insegnamenti e perpetuarono molte delle dottrine di Ikhnaton nella loro religione razziale.
(1049.4) 95:6.1 Dalla Palestina alcuni missionari di Melchizedek passarono per la Mesopotamia e giunsero nel vasto altopiano iraniano. Per più di cinquecento anni gli insegnanti di Salem fecero progressi in Iran, e l’intera nazione si stava orientando verso la religione di Melchizedek quando un cambiamento di sovrani scatenò un’accanita persecuzione che mise praticamente fine agli insegnamenti monoteistici del culto di Salem. La dottrina del patto di Abramo era praticamente estinta in Persia quando, in quel grande secolo di rinascita morale, il sesto secolo avanti Cristo, apparve Zoroastro per ravvivare le braci che covavano sotto la cenere del vangelo di Salem.
(1049.5) 95:6.2 Questo fondatore di una nuova religione era un giovane virile ed avventuroso, il quale, nel corso del suo primo pellegrinaggio ad Ur in Mesopotamia, aveva sentito parlare delle tradizioni della ribellione di Caligastia e di Lucifero — oltre che di molte altre tradizioni — che avevano tutte fortemente attratto la sua natura religiosa. Di conseguenza, a seguito di un sogno fatto mentre era ad Ur, stabilì il piano di ritornare a casa sua nel nord e d’intraprendere il rimodellamento della religione del suo popolo. Egli aveva assimilato l’idea ebraica di un Dio di giustizia, il concetto di Mosè della divinità. L’idea di un Dio supremo era chiara nella sua mente ed abbassò tutti gli altri dei al rango di diavoli, ponendoli nella schiera dei demoni di cui aveva sentito parlare in Mesopotamia. Egli aveva appreso la storia dei Sette Spiriti Maestri contenuta nella tradizione che persisteva ad Ur, e di conseguenza creò una galassia di sette dei supremi con Ahura-Mazda alla loro testa. Egli associò questi dei subordinati all’idealizzazione della Giusta Legge, del Retto Pensare, del Nobile Governo, del Santo Carattere, della Salute e dell’Immortalità.
(1049.6) 95:6.3 Questa era una nuova religione d’azione — di lavoro — non di preghiere e di rituali. Il suo Dio era un essere di suprema saggezza ed il protettore della civiltà; era una filosofia religiosa militante che osava combattere il male, l’inazione e l’inerzia.
(1049.7) 95:6.4 Zoroastro non insegnò l’adorazione del fuoco, ma cercò di utilizzare la fiamma come simbolo del puro e saggio Spirito di dominazione universale e suprema. (È purtroppo vero che i suoi discepoli successivi riverirono e adorarono questo fuoco simbolico.) Alla fine, dopo la conversione di un principe iraniano, questa nuova religione fu diffusa per mezzo della spada. E Zoroastro morì eroicamente in battaglia per quella che credeva essere la “verità del Signore della luce”.
(1050.1) 95:6.5 Lo Zoroastroismo è il solo credo urantiano che perpetua gli insegnamenti di Dalamatia e di Eden riguardo ai Sette Spiriti Maestri. Mentre non riuscì ad evolvere il concetto della Trinità, sotto certi aspetti si avvicinò a quello di Dio il Settuplo. Lo Zoroastroismo originale non era un puro dualismo; sebbene gli insegnamenti iniziali descrivessero il male come un coordinato della bontà nel tempo, nell’eternità esso era nettamente assorbito nella realtà ultima del bene. Soltanto in tempi successivi acquisì credito la credenza che il bene ed il male lottavano alla pari.
(1050.2) 95:6.6 Le tradizioni ebraiche del cielo e dell’inferno e la dottrina dei demoni, quali sono riportate nelle Scritture ebraiche, pur fondate sulle tradizioni persistenti di Lucifero e di Caligastia, furono principalmente derivate dagli Zoroastriani all’epoca in cui gli Ebrei si trovavano sotto la dominazione politica e culturale dei Persiani. Zoroastro, come gli Egiziani, insegnò il “giorno del giudizio”, ma collegò questo avvenimento con la fine del mondo.
(1050.3) 95:6.7 Anche la religione che succedette allo Zoroastrismo in Persia fu notevolmente influenzata da esso. Quando i sacerdoti iraniani cercarono di distruggere gli insegnamenti di Zoroastro, risuscitarono l’antico culto di Mitra. E il Mitraismo si diffuse in tutte le regioni del Levante e del Mediterraneo, e fu per un certo tempo contemporaneo al Giudaismo e al Cristianesimo. Gli insegnamenti di Zoroastro lasciarono così la loro impronta in successione su tre grandi religioni: sul Giudaismo, sul Cristianesimo e, tramite loro, sull’Islamismo.
(1050.4) 95:6.8 Ma c’è una grande differenza tra gli insegnamenti elevati ed i nobili salmi di Zoroastro e le perversioni moderne del suo vangelo da parte dei Parsi con la loro grande paura dei morti, unita al mantenimento di credenze in sofisticherie che Zoroastro non acconsentì mai ad appoggiare.
(1050.5) 95:6.9 Questo grande uomo fu un membro di quel gruppo straordinario che sorse nel sesto secolo avanti Cristo per impedire che la luce di Salem fosse totalmente e definitivamente estinta, giacché ardeva troppo debolmente per mostrare all’uomo, nel suo mondo ottenebrato, il sentiero della luce che conduce alla vita eterna.
(1050.6) 95:7.1 Gli insegnamenti di Melchizedek sul Dio unico si sono affermati nel deserto dell’Arabia in una data relativamente recente. Come in Grecia, così in Arabia i missionari di Salem fallirono a causa della loro errata comprensione delle istruzioni di Machiventa riguardo all’eccesso di organizzazione. Ma essi non si trovarono altrettanto ostacolati dalla loro interpretazione dell’ammonizione di Machiventa contro ogni sforzo per diffondere il vangelo con la forza militare o con la costrizione civile.
(1050.7) 95:7.2 Nemmeno in Cina o a Roma gli insegnamenti di Melchizedek fallirono più completamente che in questa regione desertica così vicina a Salem stessa. Molto tempo dopo che la maggior parte dei popoli dell’oriente e dell’occidente erano divenuti rispettivamente buddisti e cristiani, i popoli del deserto dell’Arabia continuavano a vivere come avevano fatto per migliaia di anni. Ogni tribù adorava il suo antico feticcio e molte singole famiglie avevano i loro penati. La lotta proseguì a lungo tra il babilonese Ishtar, l’ebreo Yahweh, l’iraniano Ahura ed il cristiano Padre del Signore Gesù Cristo. Un concetto unico non riuscì mai a rimpiazzare totalmente gli altri.
(1051.1) 95:7.3 Qua e là in tutta l’Arabia c’erano famiglie e clan che rimanevano attaccati alla vaga idea del Dio unico. Tali gruppi tenevano molto care le tradizioni di Melchizedek, di Abramo, di Mosè e di Zoroastro. C’erano numerosi centri che avrebbero potuto essere sensibili al vangelo di Gesù, ma i missionari cristiani dei paesi del deserto erano un gruppo austero ed inflessibile, in contrasto con quelli disposti al compromesso ed innovatori che operavano come missionari nelle regioni del Mediterraneo. Se i discepoli di Gesù avessero preso più seriamente la sua ingiunzione “di andare in tutto il mondo a predicare il vangelo” e se fossero stati più affabili nel predicarlo, meno severi nelle esigenze sociali collaterali da loro stessi ideate, allora molti paesi avrebbero accolto di buon grado il semplice vangelo del figlio del carpentiere, e tra essi l’Arabia.
(1051.2) 95:7.4 Nonostante che i grandi monoteismi del Levante non siano riusciti a mettere radici in Arabia, questa terra desertica fu capace di produrre una fede che, pur meno severa nelle sue esigenze sociali, era tuttavia monoteistica.
(1051.3) 95:7.5 C’era un unico fattore di natura tribale, razziale o nazionale riguardo alle credenze primitive e non organizzate del deserto, ed era il rispetto particolare e generale che quasi tutte le tribù arabe si compiacevano di manifestare ad un certo feticcio di pietra nera in un certo tempio alla Mecca. Questo punto di contatto e di venerazione comuni portò in seguito all’istituzione della religione islamica. Ciò che Yahweh, lo spirito del vulcano, era per i Semiti ebrei, la pietra Kaaba divenne per i loro cugini Arabi.
(1051.4) 95:7.6 La forza dell’Islamismo è stata la sua presentazione molto precisa e ben definita di Allah come sola ed unica Deità; la sua debolezza fu l’associazione della forza militare alla sua promulgazione, insieme alla degradazione della donna. Ma esso ha fermamente mantenuto la sua presentazione dell’Unica Deità Universale di tutti: “che conosce il visibile e l’invisibile. Egli è il misericordioso ed il compassionevole”. “In verità Dio è copioso in bontà verso tutti gli uomini.” “E quando sono ammalato, è lui che mi guarisce.” “Perché ogniqualvolta almeno tre persone parlano insieme, Dio è presente come quarto”, perché non è egli “il primo e l’ultimo, ed anche il visto ed il nascosto?”
(1051.5) 95:7.7 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1052.1) 96:0.1 NEL CONCEPIRE la Deità, l’uomo include inizialmente tutti gli dei, poi subordina tutti gli dei stranieri alla sua deità tribale ed infine li esclude tutti eccetto il solo Dio di valore finale e supremo. Gli Ebrei sintetizzarono tutti gli dei nel loro concetto più sublime del Signore Dio d’Israele. Similmente gli Indù unirono le loro molteplici deità nella “spiritualità unica degli dei” descritta nel Rig-Veda, mentre i Mesopotamici ridussero i loro dei al concetto più centralizzato di Bel-Marduk. Queste idee di monoteismo maturarono nel mondo intero non molto tempo dopo l’apparizione di Machiventa Melchizedek a Salem in Palestina. Ma il concetto di Deità di Melchizedek era differente da quello della filosofia evoluzionaria d’inclusione, di subordinazione e d’esclusione; esso era basato esclusivamente sul potere creatore ed influenzò molto presto i concetti più elevati di deità in Mesopotamia, in India ed in Egitto.
(1052.2) 96:0.2 La religione di Salem fu onorata come una tradizione dai Keniti e da parecchie altre tribù cananee. Ed uno degli scopi dell’incarnazione di Melchizedek era che si sviluppasse una religione di un Dio unico in modo da preparare la via al conferimento terreno di un Figlio di questo Dio unico. Difficilmente Micael sarebbe potuto venire su Urantia fino a che non fosse esistito un popolo credente nel Padre Universale in mezzo al quale apparire.
(1052.3) 96:0.3 La religione di Salem persisté tra i Keniti in Palestina come loro credo, e questa religione, la quale fu adottata più tardi dagli Ebrei, fu influenzata prima dagli insegnamenti morali egiziani, poi dal pensiero teologico babilonese ed infine dalle concezioni iraniane del bene e del male. Di fatto, la religione ebraica è predicata in base al patto tra Abramo e Machiventa Melchizedek, ma in senso evolutivo è il risultato di numerose circostanze connesse a situazioni straordinarie; e culturalmente essa ha attinto abbondantemente dalla religione, dalla moralità e dalla filosofia di tutto il Levante. È per mezzo della religione ebraica che gran parte della moralità e del pensiero religioso dell’Egitto, della Mesopotamia e dell’Iran è stata trasmessa ai popoli occidentali.
(1052.4) 96:1.1 I primi Semiti ritenevano che ogni cosa fosse abitata da uno spirito. C’erano spiriti del mondo animale e del mondo vegetale; spiriti annuali, il signore della progenie; spiriti del fuoco, dell’acqua e dell’aria; un vero pantheon di spiriti da temere e da adorare. E gli insegnamenti di Melchizedek concernenti un Creatore Universale non distrussero mai completamente la credenza in questi spiriti subordinati o dei della natura.
(1052.5) 96:1.2 Il progresso degli Ebrei dal politeismo al monoteismo, passando per l’enoteismo, non fu uno sviluppo concettuale ininterrotto e continuo. Essi subirono molti regressi nell’evoluzione dei loro concetti di Deità, mentre in ciascuna epoca esisterono idee diverse su Dio presso differenti gruppi di credenti semiti. In tempi diversi furono applicate numerose denominazioni ai loro concetti di Dio, e per evitare ogni confusione questi vari appellativi della Deità saranno definiti così come si rapportano all’evoluzione della teologia ebraica:
(1053.1) 96:1.3 1. Yahweh era il dio delle tribù palestinesi del sud, che associarono questo concetto di deità al Monte Horeb, il vulcano del Sinai. Yahweh era semplicemente uno delle centinaia e migliaia di dei della natura che attiravano l’attenzione ed esigevano l’adorazione delle tribù e dei popoli semitici.
(1053.2) 96:1.4 2. El Elyon. Per secoli dopo il soggiorno di Melchizedek a Salem la sua dottrina della Deità persisté in differenti versioni, ma fu generalmente indicata con il termine El Elyon, l’Altissimo Dio del cielo. Molti Semiti, compresi i discendenti diretti di Abramo, adorarono in tempi diversi sia Yahweh sia El Elyon.
(1053.3) 96:1.5 3. El Shaddai. È difficile spiegare che cosa rappresentava El Shaddai. Questa idea di Dio era un derivato composito degli insegnamenti del Libro della Saggezza di Amenemope, modificato dalla dottrina su Aton presentata da Ikhnaton ed ulteriormente influenzato dagli insegnamenti di Melchizedek incorporati nel concetto di El Elyon. Ma via via che il concetto di El Shaddai impregnò la mente ebraica, si colorò totalmente delle credenze su Yahweh che esistevano nel deserto.
(1053.4) 96:1.6 Una delle idee dominanti della religione di quest’epoca era il concetto egiziano della divina Provvidenza, l’insegnamento che la prosperità materiale era una ricompensa per aver servito El Shaddai.
(1053.5) 96:1.7 4. El. In mezzo a tutta questa confusione di terminologia e di approssimazione di concetti, molti credenti devoti si sforzarono sinceramente di adorare tutte queste idee in evoluzione della divinità, e si sviluppò la pratica di rivolgersi a questa Deità composita con il nome di El. E questo termine includeva anche altri dei della natura adorati dai Beduini.
(1053.6) 96:1.8 5. Elohim. A Kish e ad Ur persisterono a lungo dei gruppi sumeri-caldei che insegnarono un concetto di Dio tre-in-uno fondato sulle tradizioni del tempo di Abramo e di Melchizedek. Questa dottrina fu portata in Egitto, dove questa Trinità fu adorata sotto il nome di Elohim, o al singolare come Eloah. I circoli filosofici dell’Egitto e più tardi gli insegnanti alessandrini di estrazione ebraica insegnarono questa unità di Dei pluralistici, e all’epoca dell’esodo molti consiglieri di Mosè credevano in questa Trinità. Ma il concetto dell’Elohim trinitario non divenne mai una vera parte della teologia ebraica fino a che gli Ebrei non furono passati sotto l’influenza politica dei Babilonesi.
(1053.7) 96:1.9 6. Nomi diversi. I Semiti non amavano pronunciare il nome della loro Deità e perciò ricorsero di tanto in tanto a numerosi appellativi, quali: Lo Spirito di Dio, Il Signore, L’Angelo del Signore, L’Onnipotente, Il Santo, L’Altissimo, Adonai, L’Antico dei Giorni, Il Signore Dio d’Israele, Il Creatore del Cielo e della Terra, Kyrios, Jah, Il Signore degli Eserciti ed il Padre Celeste.
(1053.8) 96:1.10 Geova è un termine che in tempi recenti è stato impiegato per indicare il concetto completo di Yahweh che si sviluppò alla fine per evoluzione nel corso della lunga esperienza ebraica. Ma il nome Geova fu utilizzato solo millecinquecento anni dopo l’epoca di Gesù.
(1054.1) 96:1.11 Fin verso l’anno 2.000 a.C. il Monte Sinai era ad intermittenza attivo come vulcano; eruzioni occasionali avvennero fino all’epoca del soggiorno degli Israeliti in questa regione. Il fuoco ed il fumo, assieme alle fragorose detonazioni che accompagnavano le eruzioni di questa montagna vulcanica, impressionavano tutti e mettevano in soggezione i Beduini delle regioni circostanti e li inducevano a temere grandemente Yahweh. Questo spirito del Monte Horeb divenne più tardi il dio dei Semiti ebrei, ed essi alla fine credettero che fosse supremo su tutti gli altri dei.
(1054.2) 96:1.12 I Cananei avevano venerato a lungo Yahweh, e sebbene molti Keniti credessero più o meno in El Elyon, il superdio della religione di Salem, la maggior parte dei Cananei restava vagamente fedele all’adorazione delle antiche deità tribali. Essi non volevano abbandonare le loro deità nazionali in favore di un Dio internazionale, per non dire interplanetario. Non erano interessati ad una deità universale, e perciò queste tribù continuarono ad adorare le loro deità tribali, inclusi Yahweh ed i vitelli d’argento e d’oro che simbolizzavano il concetto che i pastori beduini avevano dello spirito del vulcano del Sinai.
(1054.3) 96:1.13 I Siriani, pur adorando i loro dei, credevano anche nello Yahweh degli Ebrei, perché i loro profeti dissero al re di Siria: “I loro dei sono dei delle colline; perciò furono più forti di noi; ma combattiamoli in pianura, e sicuramente noi saremo più forti di loro.”
(1054.4) 96:1.14 Via via che l’uomo progredisce in cultura, gli dei minori vengono subordinati ad una deità suprema; il grande Giove persiste soltanto come un’esclamazione. I monoteisti conservano i loro dei subordinati come spiriti, demoni, parche, nereidi, fate, folletti, gnomi, spiriti di presagio e malocchio. Gli Ebrei passarono per l’enoteismo e credettero a lungo nell’esistenza di altri dei oltre a Yahweh, ma reputarono sempre di più che queste deità straniere fossero subordinate a Yahweh. Essi ammettevano l’esistenza di Kemosh, dio degli Amorrei, ma sostenevano che era subordinato a Yahweh.
(1054.5) 96:1.15 L’idea di Yahweh ha subìto lo sviluppo più esteso di tutte le teorie umane su Dio. La sua evoluzione progressiva può essere paragonata soltanto alla metamorfosi del concetto di Budda in Asia, che portò infine al concetto dell’Assoluto Universale, come il concetto di Yahweh condusse alla fine all’idea del Padre Universale. Ma come fatto storico si dovrebbe comprendere che, anche se gli Ebrei cambiarono in tal modo il loro punto di vista sulla Deità dal dio tribale del Monte Horeb all’amorevole e misericordioso Padre Creatore dei tempi successivi, essi non cambiarono il suo nome; lungo tutta la loro storia essi continuarono a chiamare Yahweh questo concetto in evoluzione della Deità.
(1054.6) 96:2.1 I Semiti dell’est erano dei cavalieri bene organizzati e ben guidati che invasero le regioni orientali della fertile mezzaluna e qui si unirono con i Babilonesi. I Caldei vicini ad Ur erano tra i Semiti orientali più evoluti. I Fenici erano un gruppo superiore e bene organizzato di Semiti misti che occupava il settore occidentale della Palestina, lungo la costa mediterranea. Dal punto di vista razziale i Semiti erano tra i popoli più mescolati di Urantia, poiché contenevano fattori ereditari di quasi tutte le nove razze del mondo.
(1054.7) 96:2.2 Più volte i Semiti arabi penetrarono nel nord della Terra Promessa, il paese dove “scorre latte e miele”, ma ogni volta furono scacciati dai Semiti e dagli Ittiti del nord meglio organizzati e più altamente civilizzati. Più tardi, nel corso di una carestia eccezionalmente grave, questi Beduini erranti entrarono in gran numero in Egitto come operai a contratto per opere pubbliche egiziane, solo per trovarsi a subire l’amara esperienza della schiavitù al duro lavoro quotidiano dei comuni ed oppressi operai della valle del Nilo.
(1055.1) 96:2.3 È stato solo dopo l’epoca di Machiventa Melchizedek e di Abramo che alcune tribù di Semiti, a causa delle loro particolari credenze religiose, furono chiamate figli d’Israele e più tardi Ebrei, Giudei, ed il “popolo eletto”. Abramo non era il padre razziale di tutti gli Ebrei; egli non era nemmeno il progenitore di tutti i Semiti beduini che furono tenuti prigionieri in Egitto. È vero, la sua discendenza all’uscita dall’Egitto formò il nucleo del popolo ebreo successivo, ma la grande maggioranza degli uomini e delle donne che furono incorporati nei clan d’Israele non aveva mai soggiornato in Egitto. Essi erano semplicemente dei nomadi che scelsero di seguire la guida di Mosè mentre i figli di Abramo ed i loro associati semiti dell’Egitto attraversavano l’Arabia settentrionale.
(1055.2) 96:2.4 L’insegnamento di Melchizedek concernente El Elyon, l’Altissimo, ed il patto del favore divino per mezzo della fede, erano stati in larga parte dimenticati all’epoca dell’asservimento egiziano dei popoli semiti che avrebbero presto formato la nazione ebraica. Ma per tutto il periodo di cattività questi nomadi arabi conservarono una vaga credenza tradizionale in Yahweh quale loro deità razziale.
(1055.3) 96:2.5 Yahweh era adorato da più di cento tribù arabe distinte, ed eccetto che per una traccia del concetto di El Elyon di Melchizedek che persisté tra le classi più istruite dell’Egitto, incluse le stirpi miste ebree ed egiziane, la religione della massa degli schiavi ebrei prigionieri era una versione modificata dell’antico rituale di magia e di sacrificio di Yahweh.
(1055.4) 96:3.1 L’inizio dell’evoluzione dei concetti e degli ideali ebraici di un Creatore Supremo data dalla partenza dei Semiti dall’Egitto sotto quel grande capo, maestro ed organizzatore che fu Mosè. Sua madre apparteneva alla famiglia reale d’Egitto; suo padre era un ufficiale semita di collegamento tra il governo ed i prigionieri beduini. Mosè possedeva così qualità derivate da fonti razziali superiori; i suoi antenati erano di sangue talmente misto che è impossibile classificarlo in un determinato gruppo razziale. Se non fosse stato di questo tipo misto, egli non avrebbe mai mostrato quella straordinaria versatilità e adattabilità che gli consentirono di guidare l’orda eterogenea che alla fine si unì ai Semiti beduini che fuggirono dall’Egitto verso il Deserto Arabico sotto il suo comando.
(1055.5) 96:3.2 Malgrado il fascino della cultura del regno del Nilo, Mosè scelse di condividere il suo destino con il popolo di suo padre. Al tempo in cui questo grande organizzatore stava formulando i suoi piani per la liberazione finale del popolo di suo padre, i prigionieri beduini avevano una religione appena degna di tal nome; essi erano praticamente privi di un vero concetto di Dio e senza speranza nel mondo.
(1055.6) 96:3.3 Nessun capo ha mai intrapreso la riforma e l’elevazione di un gruppo più derelitto, depresso, scoraggiato ed ignorante di esseri umani. Ma questi schiavi portavano delle possibilità latenti di sviluppo nelle loro linee ereditarie, e c’era un numero sufficiente di capi istruiti, che erano stati preparati da Mosè in previsione del giorno della rivolta e dell’attacco per la libertà, da costituire un corpo di efficienti organizzatori. Questi uomini superiori erano stati impiegati come sorveglianti indigeni della loro gente; essi avevano ricevuto una certa educazione grazie all’influenza di Mosè presso i dirigenti egiziani.
(1056.1) 96:3.4 Mosè cercò di negoziare diplomaticamente la libertà dei suoi compagni semiti. Lui e suo fratello fecero un patto con il re dell’Egitto secondo il quale veniva accordato il permesso di lasciare pacificamente la valle del Nilo per il Deserto Arabico. Essi dovevano ricevere un modesto pagamento in denaro e merci come ricompensa del loro lungo servizio in Egitto. Da parte loro, gli Ebrei s’impegnavano a mantenere relazioni amichevoli con i Faraoni e a non unirsi in alcuna alleanza contro l’Egitto. Ma in seguito il re stimò opportuno ripudiare questo trattato giustificandosi con il pretesto che le sue spie avevano scoperto della slealtà tra gli schiavi beduini. Egli affermò che essi cercavano la libertà allo scopo di recarsi nel deserto per organizzare i nomadi contro l’Egitto.
(1056.2) 96:3.5 Ma Mosè non si scoraggiò; attese il momento propizio, e meno di un anno più tardi, mentre le forze militari egiziane erano tutte occupate a resistere agli assalti simultanei di una forte spinta libica proveniente da sud e di un’invasione navale greca proveniente da nord, questo intrepido organizzatore condusse i suoi compatrioti fuori dall’Egitto con una spettacolare fuga notturna. Questa corsa verso la libertà fu accuratamente preparata ed abilmente eseguita. Ed essi vi riuscirono, nonostante fossero accanitamente inseguiti dal Faraone e da una piccola truppa di egiziani, i quali caddero tutti di fronte alla difesa dei fuggitivi, abbandonando molto bottino, che fu ancor più accresciuto dal saccheggio delle moltitudini di schiavi in fuga che avanzavano nella marcia verso la loro dimora ancestrale nel deserto.
(1056.3) 96:4.1 L’evoluzione e l’elevazione dell’insegnamento di Mosè hanno influenzato quasi la metà del mondo e continuano ancora a farlo nel ventesimo secolo. Mentre Mosè comprendeva la filosofia religiosa egiziana più avanzata, gli schiavi beduini conoscevano poco di questi insegnamenti, ma essi non avevano mai dimenticato del tutto il dio del Monte Horeb, che i loro antenati avevano chiamato Yahweh.
(1056.4) 96:4.2 Mosè aveva sentito parlare degli insegnamenti di Machiventa Melchizedek sia da suo padre che da sua madre; la loro comunione di credenza religiosa spiega l’unione insolita tra una donna di sangue reale ed un uomo di una razza prigioniera. Il suocero di Mosè era un Kenita adoratore di El Elyon, ma i genitori dell’emancipatore credevano in El Shaddai. Mosè fu dunque allevato come un El Shaddaista; sotto l’influenza di suo suocero egli divenne un El Elyonista; e al tempo in cui gli Ebrei si accamparono presso il Monte Sinai dopo la fuga dall’Egitto, egli aveva formulato un nuovo e più ampio concetto della Deità (derivato da tutte le sue credenze antecedenti), che decise saggiamente di proclamare al suo popolo come concetto ampliato del loro antico dio tribale, Yahweh.
(1056.5) 96:4.3 Mosè si era sforzato d’insegnare a questi Beduini l’idea di El Elyon, ma prima di lasciare l’Egitto si era convinto che essi non avrebbero mai compreso pienamente questa dottrina. Perciò decise intenzionalmente di adottare come compromesso il loro dio tribale del deserto quale solo ed unico dio dei suoi seguaci. Mosè non insegnò specificamente che altri popoli e nazioni non potevano avere altri dei, ma sostenne risolutamente che Yahweh era al di sopra di tutti, specialmente per gli Ebrei. Ma egli fu sempre afflitto dalla imbarazzante situazione di dover presentare la sua nuova idea superiore della Deità a questi schiavi ignoranti sotto l’apparenza dell’antico termine Yahweh, che era sempre stato simbolizzato dal vitello d’oro delle tribù beduine.
(1056.6) 96:4.4 Il fatto che Yahweh fosse il dio degli Ebrei in fuga spiega perché essi si fermarono così a lungo davanti alla montagna sacra del Sinai e perché ricevettero là i Dieci Comandamenti che Mosè promulgò nel nome di Yahweh, il dio dell’Horeb. Durante questo lungo soggiorno davanti al Sinai i cerimoniali religiosi del nuovo culto ebraico in evoluzione furono ulteriormente perfezionati.
(1057.1) 96:4.5 Non sembra che Mosè sarebbe mai riuscito ad istituire il suo culto cerimoniale relativamente evoluto ed a tenere uniti i suoi seguaci per un quarto di secolo se non fosse stato per la violenta eruzione dell’Horeb durante la terza settimana del loro soggiorno di adorazione alla sua base. “La montagna di Yahweh fu consumata nel fuoco, ed il fumo saliva come il fumo di una fornace, e tutta la montagna tremava grandemente.” Considerato questo cataclisma, non è sorprendente che Mosè abbia potuto imprimere nei suoi fratelli l’insegnamento che il loro Dio era “potente, terribile, un fuoco divoratore, spaventoso ed onnipotente”.
(1057.2) 96:4.6 Mosè proclamò che Yahweh era il Signore Dio d’Israele, che aveva scelto gli Ebrei come suo popolo eletto. Egli stava costruendo una nuova nazione e nazionalizzò saggiamente i suoi insegnamenti religiosi, dicendo ai suoi seguaci che Yahweh era un tiranno crudele, un “Dio geloso”. Ma cercò nondimeno di ampliare il loro concetto di divinità insegnando loro che Yahweh era il “Dio degli spiriti di tutta l’umanità” e dicendo loro: “Il Dio eterno è il tuo rifugio, e al di sotto vi sono le braccia eterne.” Mosè insegnò che Yahweh era un Dio che rispettava i patti; che egli “non vi abbandonerà, non vi distruggerà né dimenticherà il patto dei vostri padri, perché il Signore vi ama e non dimenticherà il giuramento che fece ai vostri padri".
(1057.3) 96:4.7 Mosè fece uno sforzo eroico per elevare Yahweh alla dignità di una Deità suprema quando lo presentò come il “Dio della verità e senza iniquità, giusto e retto in tutte le sue vie”. Eppure, malgrado questo insegnamento elevato, la comprensione limitata dei suoi compagni rese necessario parlare di Dio come fosse ad immagine dell’uomo, come fosse soggetto a crisi di collera, d’indignazione e di severità, ed anche che fosse vendicativo e facilmente influenzabile dalla condotta degli uomini.
(1057.4) 96:4.8 Grazie agli insegnamenti di Mosè questo dio tribale della natura, Yahweh, divenne il Signore Dio d’Israele che li seguì attraverso il deserto ed anche in esilio, dove fu subito concepito come il Dio di tutti i popoli. La cattività successiva che asservì gli Ebrei a Babilonia liberò infine il concetto in evoluzione di Yahweh per fargli assumere il ruolo monoteista di Dio di tutte la nazioni.
(1057.5) 96:4.9 L’aspetto più straordinario e rimarchevole della storia religiosa degli Ebrei concerne questa continua evoluzione del concetto di Deità dal dio primitivo del Monte Horeb, attraverso gli insegnamenti dei loro capi spirituali successivi, fino all’alto livello di sviluppo descritto nelle dottrine sulla Deità degli Isaia, che proclamarono il concetto magnifico del Padre Creatore amorevole e misericordioso.
(1057.6) 96:5.1 Mosè era una straordinaria combinazione di capo militare, di organizzatore sociale e di maestro religioso. Egli fu il più importante singolo insegnante e capo nel mondo tra l’epoca di Machiventa e quella di Gesù. Mosè tentò d’introdurre in Israele molte riforme di cui non resta alcuna traccia scritta. Nello spazio di una sola vita umana egli portò l’orda poliglotta di cosiddetti Ebrei fuori dalla schiavitù e da un vagabondaggio incivile ponendo le fondamenta della nascita successiva di una nazione e della perpetuazione di una razza.
(1057.7) 96:5.2 C’è così poco di registrato della grande opera di Mosè perché gli Ebrei non avevano una lingua scritta al tempo dell’esodo. Le testimonianze dei tempi e degli atti di Mosè furono derivate dalle tradizioni ancora esistenti più di mille anni dopo la morte di questo grande capo.
(1058.1) 96:5.3 Molti dei progressi che apportò Mosè alla religione degli Egiziani e delle tribù levantine circostanti furono dovuti alle tradizioni kenite del tempo di Melchizedek. Senza l’insegnamento di Machiventa ad Abramo ed ai suoi contemporanei, gli Ebrei sarebbero usciti dall’Egitto in un’ignoranza sconfortante. Mosè e suo suocero, Jetro, riunirono i residui delle tradizioni del tempo di Melchizedek, e questi insegnamenti, uniti alla cultura degli Egiziani, guidarono Mosè nella creazione della religione e del rituale perfezionati degli Israeliti. Mosè era un organizzatore; egli scelse il meglio della religione e dei costumi dell’Egitto e della Palestina, e associando queste pratiche alle tradizioni degli insegnamenti di Melchizedek, organizzò il sistema cerimoniale ebraico di adorazione.
(1058.2) 96:5.4 Mosè credeva nella Provvidenza; egli era stato completamente contagiato dalle dottrine dell’Egitto concernenti il controllo soprannaturale del Nilo e degli altri elementi della natura. Egli aveva una grande visione di Dio, ma era totalmente sincero quando insegnava agli Ebrei che, se accettavano di obbedire a Dio, “Egli vi amerà, vi benedirà e vi moltiplicherà. Moltiplicherà il frutto del vostro ventre ed il frutto della vostra terra — il frumento, il vino, l’olio ed i vostri armenti. Prospererete al di sopra di tutti i popoli, ed il Signore Dio vostro allontanerà da voi ogni malattia e non v’infliggerà alcuna delle piaghe maligne dell’Egitto”. Egli disse anche: “Ricordatevi del Signore Dio vostro, perché è lui che vi dà il potere di ottenere la ricchezza.” “Voi presterete a molte nazioni, ma non prenderete a prestito. Regnerete su molte nazioni, ma esse non regneranno su di voi.”
(1058.3) 96:5.5 Ma era veramente penoso osservare questa grande mente di Mosè tentare di adattare il suo concetto sublime di El Elyon, l’Altissimo, alla comprensione degli Ebrei ignoranti ed illetterati. Ai suoi capi riuniti egli tuonava: “Il Signore Dio vostro è un Dio unico; non ve ne sono altri all’infuori di lui”; mentre alla moltitudine mista domandava: “Chi è simile al vostro Dio tra tutti gli dei?” Mosè oppose una resistenza coraggiosa e parzialmente riuscita contro i feticci e l’idolatria, dichiarando: “Voi non avete visto alcuna figura il giorno in cui il vostro Dio vi parlò ad Horeb da mezzo al fuoco.” Egli proibì anche di fare immagini di qualunque tipo.
(1058.4) 96:5.6 Mosè aveva paura di proclamare la misericordia di Yahweh, preferendo ispirare soggezione al suo popolo con il timore della giustizia di Dio, dicendo: “Il Signore Dio vostro è il Dio degli Dei, il Signore dei Signori, un grande Dio, un Dio potente e terribile, che non ha riguardi per gli uomini.” Ed inoltre egli cercò di controllare i clan turbolenti quando dichiarò che “il vostro Dio uccide quando gli disobbedite; guarisce e dona la vita quando gli obbedite”. Ma Mosè insegnò a queste tribù che sarebbero divenute il popolo eletto di Dio solo a condizione che “osservassero tutti i suoi comandamenti e obbedissero a tutte le sue leggi”.
(1058.5) 96:5.7 Durante questi primi tempi fu insegnato poco agli Ebrei sulla misericordia di Dio. Essi appresero che Dio era “l’Onnipotente; il Signore è un guerriero, il Dio delle battaglie, glorioso in potere, che fa a pezzi i suoi nemici”. “Il Signore Dio vostro cammina in mezzo al campo per liberarvi.” Gli Israeliti credevano che il loro Dio li amasse, ma anche che “avesse indurito il cuore del Faraone” e “maledetto i loro nemici”.
(1058.6) 96:5.8 Anche se Mosè presentò fugaci barlumi di una Deità universale e benevolente ai figli d’Israele, nel complesso il loro concetto corrente di Yahweh era quello di un Dio poco migliore degli dei tribali dei popoli circostanti. Il loro concetto di Dio era primitivo, rozzo ed antropomorfico; quando Mosè morì, queste tribù beduine tornarono rapidamente alle idee semibarbare dei loro antichi dei dell’Horeb e del deserto. La visione più ampia e più sublime di Dio che Mosè presentò di tanto in tanto ai suoi comandanti fu presto persa di vista, mentre la maggioranza del popolo tornò all’adorazione dei suoi vitelli d’oro feticci, simbolo di Yahweh dei mandriani palestinesi.
(1059.1) 96:5.9 Quando Mosè passò il comando degli Ebrei a Giosuè, aveva già riunito migliaia di discendenti collaterali di Abramo, di Nahor, di Lot e di altre tribù imparentate e li aveva radunati in una nazione di guerrieri pastorali capaci di mantenersi ed in parte di regolarsi da soli.
(1059.2) 96:6.1 Alla morte di Mosè il suo concetto sublime di Yahweh degenerò rapidamente. Giosuè ed i capi d’Israele continuarono ad osservare le tradizioni di Mosè di un Dio infinitamente saggio, benevolente ed onnipotente, ma il popolo comune tornò ben presto all’antica idea di Yahweh del deserto. E questa retrocessione del concetto della Deità continuò in modo crescente sotto il regno successivo dei vari sceicchi tribali, i cosiddetti Giudici.
(1059.3) 96:6.2 L’incanto della straordinaria personalità di Mosè aveva conservato viva nel cuore dei suoi seguaci l’ispirazione di un concetto sempre più ampio di Dio; ma una volta che ebbero raggiunto le terre fertili della Palestina, essi si trasformarono rapidamente da pastori nomadi in agricoltori stabili ed abbastanza tranquilli. Questa evoluzione delle abitudini di vita e questo cambiamento del punto di vista religioso richiesero una trasformazione più o meno completa del carattere della loro concezione della natura del loro Dio, Yahweh. Agli inizi della trasmutazione dell’austero, rude, esigente e minaccioso dio del deserto del Sinai nel concetto apparso più tardi di un Dio d’amore, di giustizia e di misericordia, gli Ebrei persero quasi completamente di vista i sublimi insegnamenti di Mosè. Essi giunsero vicini a perdere ogni concetto di monoteismo; persero quasi la loro opportunità di diventare il popolo che sarebbe servito da anello vitale nell’evoluzione spirituale di Urantia, il gruppo che avrebbe conservato l’insegnamento di Melchizedek di un Dio unico fino al tempo dell’incarnazione di un Figlio di conferimento di quel Padre di tutti.
(1059.4) 96:6.3 Giosuè cercò disperatamente di conservare il concetto di uno Yahweh supremo nella mente dei membri delle tribù, in modo che proclamasse: “Come sono stato con Mosè, così sarò con voi; non verrò meno ai miei impegni né vi abbandonerò.” Giosuè trovò necessario predicare un vangelo severo al suo popolo non credente, un popolo troppo disposto a credere alla sua antica religione indigena, ma poco propenso a progredire in una religione di fede e di rettitudine. Il tema principale dell’insegnamento di Giosuè divenne: “Yahweh è un Dio santo; è un Dio geloso; non perdonerà le vostre trasgressioni né i vostri peccati.” Il concetto più elevato di quest’epoca descriveva Yahweh come un “Dio di potere, di giudizio e di giustizia”.
(1059.5) 96:6.4 Ma anche in quest’epoca oscura, un insegnante solitario appariva di tanto in tanto proclamando il concetto di divinità di Mosè: “Voi figli perversi non potete servire il Signore, perché egli è un Dio santo.” “L’uomo mortale sarà più giusto di Dio? Un uomo sarà più puro del suo Artefice?” “Potete voi, cercandolo, trovare Dio? Potete scoprire perfettamente l’Onnipotente? Osservate, Dio è grande e noi non lo conosciamo. Quanto all’Onnipotente, noi non possiamo scoprirlo.”
(1060.1) 96:7.1 Sotto la guida dei loro sceicchi e dei loro sacerdoti gli Ebrei si stabilirono in tutta la Palestina. Ma essi ritornarono ben presto alle credenze arretrate del deserto e vennero contaminati dalle pratiche religiose meno evolute dei Cananei. Divennero idolatri e licenziosi, e la loro idea della Deità cadde molto al disotto dei concetti egiziani e mesopotamici di Dio che erano mantenuti da certi gruppi salemiti sopravviventi e che sono contenuti in alcuni Salmi e nel cosiddetto Libro di Giobbe.
(1060.2) 96:7.2 I Salmi sono opera di una ventina o più di autori; molti furono scritti da insegnanti egiziani e mesopotamici. Durante questi tempi in cui il Levante adorava gli dei della natura, c’era ancora un buon numero di persone che credeva nella supremazia di El Elyon, l’Altissimo.
(1060.3) 96:7.3 Nessuna raccolta di scritti religiosi esprime una ricchezza di devozione e d’idee ispiranti su Dio quanto il Libro dei Salmi. E sarebbe molto utile se, nell’attenta lettura di questa meravigliosa raccolta di letteratura venerabile, fosse prestata attenzione alla fonte e alla cronologia di ciascun distinto inno di lode e di adorazione, tenendo presente che nessun’altra singola raccolta copre un periodo così lungo di tempo. Questo Libro dei Salmi è la registrazione dei vari concetti di Dio intrattenuti dai credenti della religione di Salem in tutto il Levante ed abbraccia l’intero periodo che va da Amenemope ad Isaia. Nei Salmi Dio è descritto in tutte le fasi di concezione, dalla rozza idea di una deità tribale fino all’ideale notevolmente ampliato dei successivi Ebrei, in cui Yahweh è descritto come un capo amorevole ed un Padre misericordioso.
(1060.4) 96:7.4 E se considerata in tal modo, questa raccolta di Salmi costituisce il più prezioso ed utile assortimento di sentimenti religiosi mai riuniti dall’uomo fino al ventesimo secolo. Lo spirito dell’adorazione di questa raccolta di inni trascende quello di tutti gli altri libri sacri del mondo.
(1060.5) 96:7.5 L’immagine diversificata della Deità presentata nel Libro di Giobbe fu il prodotto di più di venti insegnanti religiosi mesopotamici durante un periodo di quasi trecento anni. E quando leggete il concetto sublime della divinità che si trova in questa raccolta di credenze mesopotamiche, riconoscerete che era nelle vicinanze di Ur in Caldea che l’idea di un Dio reale era meglio preservata durante i giorni oscuri in Palestina.
(1060.6) 96:7.6 In Palestina la saggezza e la totale permeazione di Dio erano spesso colte, ma raramente lo erano il suo amore e la sua misericordia. Lo Yahweh di questi tempi “manda spiriti cattivi a dominare le anime dei suoi nemici”; fa prosperare i propri figli obbedienti, mentre maledice ed infligge punizioni a tutti gli altri. “Egli rende vani i progetti degli astuti; prende i furbi nei loro stessi inganni.”
(1060.7) 96:7.7 Solo ad Ur si elevò una voce per proclamare la misericordia di Dio, dicendo: “Egli pregherà Dio e troverà favore presso di lui e vedrà il suo viso con gioia, perché Dio darà all’uomo la rettitudine divina.” Da Ur è stata predicata in questi termini la salvezza, il favore divino, per mezzo della fede: “Egli è indulgente verso chi si pente e dice: ‘Non lasciarlo cadere nell’abisso, perché ho trovato un riscatto’. Se qualcuno dice: ‘Ho peccato e pervertito ciò che era retto e non ne ho tratto profitto’, Dio non lascerà che la sua anima cada nell’abisso, ed egli vedrà la luce.” Dai tempi di Melchizedek il mondo levantino non aveva mai ascoltato un messaggio di salvezza umana così vibrante ed incoraggiante quanto questo straordinario insegnamento di Elihu, profeta di Ur e sacerdote dei credenti salemiti, cioè di quanto rimaneva dell’antica colonia di Melchizedek in Mesopotamia.
(1061.1) 96:7.8 In tal modo i superstiti missionari di Salem in Mesopotamia mantennero la luce della verità durante il periodo della disorganizzazione dei popoli ebraici fino all’apparizione del primo di quella lunga serie d’insegnanti d’Israele che non si fermarono mai di formare un concetto dopo l’altro fino a giungere alla realizzazione dell’ideale del Padre Universale e Creatore di tutte le cose, l’apice dell’evoluzione del concetto di Yahweh.
(1061.2) 96:7.9 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1062.1) 97:0.1 I CAPI spirituali degli Ebrei fecero quello che nessun altro prima di loro era mai riuscito a fare — essi disantropomorfizzarono il loro concetto di Dio senza trasformarlo in un’astrazione della Deità comprensibile soltanto ai filosofi. Anche il popolo comune fu capace di considerare il concetto maturato di Yahweh come Padre, se non dell’individuo, almeno della razza.
(1062.2) 97:0.2 Il concetto della personalità di Dio, che era stato chiaramente insegnato a Salem all’epoca di Melchizedek, era vago e confuso al tempo della fuga dall’Egitto e si evolvé solo gradualmente nella mente ebraica, di generazione in generazione, in risposta all’insegnamento dei capi spirituali. La percezione della personalità di Yahweh ebbe un’evoluzione progressiva molto più continua di quella di molti altri attributi della Deità. Da Mosè a Malachia vi fu una crescita ideatoria della personalità di Dio quasi ininterrotta nella mente ebraica, e questo concetto fu alla fine esaltato e glorificato dagli insegnamenti di Gesù sul Padre che è nei cieli.
(1062.3) 97:1.1 L’ostile pressione dei popoli circostanti la Palestina insegnò ben presto agli sceicchi ebrei che non potevano sperare di sopravvivere senza confederare le loro organizzazioni tribali in un governo centralizzato. Questa centralizzazione dell’autorità amministrativa fornì a Samuele una migliore opportunità di operare come maestro e riformatore.
(1062.4) 97:1.2 Samuele proveniva da una lunga stirpe d’insegnanti di Salem che avevano persistito nel mantenere le verità di Melchizedek come parte delle loro forme di culto. Questo insegnante era un uomo virile e risoluto. Solo la sua grande devozione, unita alla sua straordinaria determinazione, gli permise di resistere all’opposizione quasi universale che incontrò quando si accinse a ricondurre tutto Israele all’adorazione del supremo Yahweh dei tempi di Mosè. Ed anche allora egli ottenne soltanto un successo parziale; egli riconquistò al servizio del concetto superiore di Yahweh solo la metà più intelligente degli Ebrei; l’altra metà continuò nell’adorazione degli dei tribali del paese e nelle concezioni più basse di Yahweh.
(1062.5) 97:1.3 Samuele era un tipo d’uomo sbrigativo, un riformatore pratico capace di uscire un giorno con i suoi associati e di distruggere una ventina di luoghi dedicati a Baal. Il progresso che egli fece avvenne solo con la forza della costrizione; egli predicò poco, insegnò ancora meno, ma agì. Un giorno prendeva in giro i sacerdoti di Baal; l’indomani faceva a pezzi un re prigioniero. Egli credeva devotamente nel Dio unico ed aveva un concetto chiaro di quel Dio unico come creatore del cielo e della terra: “I pilastri della terra sono del Signore, ed egli ha posato il mondo su di essi.”
(1063.1) 97:1.4 Ma il grande contributo che Samuele portò allo sviluppo del concetto di Deità fu la sua risonante dichiarazione che Yahweh era immutabile, che era per sempre la stessa personificazione di perfezione e di divinità infallibile. In quest’epoca Yahweh era concepito come un Dio incostante, con accessi di gelosia, sempre rammaricato di aver fatto questo o quello; ma ora, per la prima volta da quando gli Ebrei erano usciti dall’Egitto, ascoltarono queste parole sorprendenti: “La Forza d’Israele non mente e non si pente, perché non è un uomo, che può pentirsi.” Fu proclamata la stabilità nella relazione con la Divinità. Samuele rinnovò il patto di Melchizedek con Abramo e dichiarò che il Signore Dio d’Israele era la sorgente di ogni verità, stabilità e costanza. Gli Ebrei avevano sempre considerato il loro Dio come un uomo, un superuomo, uno spirito elevato di origine sconosciuta; ma ora essi sentivano lo spirito dell’Horeb di un tempo esaltato come un Dio immutabile nella sua perfezione di creatore. Samuele aiutava il concetto in evoluzione di Dio ad elevarsi al di sopra dello stato mutevole della mente umana e delle vicissitudini dell’esistenza mortale. Sotto il suo insegnamento il Dio degli Ebrei cominciava l’ascensione da un’idea riguardante gli dei tribali all’ideale di un Creatore onnipotente ed immutabile e Supervisore di tutta la creazione.
(1063.2) 97:1.5 Egli predicò nuovamente la storia della sincerità di Dio, la sua attendibilità nel rispettare il patto. Disse Samuele: “Il Signore non abbandonerà il suo popolo.” “Egli ha fatto con noi un patto eterno, regolato in ogni aspetto e sicuro.” E così in tutta la Palestina risuonava l’appello al ritorno all’adorazione del supremo Yahweh. Questo energico insegnante proclamava sempre: “Tu sei grande, o Signore Dio, perché non c’è nessuno simile a te, né c’è alcun Dio all’infuori di te.”
(1063.3) 97:1.6 Fino ad allora gli Ebrei avevano considerato il favore di Yahweh principalmente in termini di prosperità materiale. Fu un grande colpo per Israele, e quasi costò la vita a Samuele, quando egli osò proclamare: “Il Signore arricchisce ed impoverisce; egli abbassa ed esalta. Solleva il povero dalla polvere ed eleva i mendicanti al rango di principi per far loro ereditare il trono di gloria.” Dal tempo di Mosè non erano mai state proclamate promesse così confortanti per gli umili ed i meno fortunati, e migliaia di disperati tra i poveri cominciarono a sperare di poter migliorare la loro condizione spirituale.
(1063.4) 97:1.7 Ma Samuele non progredì molto oltre il concetto di un dio tribale. Egli proclamò uno Yahweh creatore di tutti gli uomini, ma che s’interessava principalmente degli Ebrei, il suo popolo eletto. E così, come al tempo di Mosè, ancora una volta il concetto di Dio dipingeva una Deità santa e giusta: “Non c’è nessuno santo come il Signore. Chi può essere paragonato a questo santo Signore Iddio?”
(1063.5) 97:1.8 Con il passare degli anni, il vecchio capo dai capelli grigi progredì nella comprensione di Dio, perché dichiarò: “Il Signore è un Dio di conoscenza e le azioni sono pesate da lui. Il Signore giudicherà i confini della terra, mostrando misericordia al misericordioso, ed anch’egli sarà retto con l’uomo retto.” E qui ci sono gli albori della misericordia, sebbene sia limitata a coloro che sono misericordiosi. Più tardi egli fece un ulteriore passo avanti quando esortò il suo popolo nell’avversità: “Abbandoniamoci ora alle mani del Signore, perché le sue misericordie sono grandi.” “Niente impedisce al Signore di salvare molti o pochi.”
(1063.6) 97:1.9 Questo graduale sviluppo del concetto del carattere di Yahweh proseguì sotto il ministero dei successori di Samuele. Essi tentarono di presentare Yahweh come un Dio che rispetta i patti, ma non mantennero il passo tenuto da Samuele; essi non riuscirono a sviluppare l’idea della misericordia di Dio quale Samuele l’aveva concepita ultimamente. Vi fu un costante regresso verso il riconoscimento di altri dei, nonostante il mantenimento di Yahweh al di sopra di tutti. “Tuo è il regno, o Signore, e tu sei esaltato come capo di tutti.”
(1064.1) 97:1.10 La nota dominante di quest’epoca era il potere divino; i profeti di quest’epoca predicavano una religione destinata a mantenere il re sul trono ebraico: “A te, o Signore, appartengono la grandezza, il potere, la gloria, la vittoria e la maestà. Nella tua mano stanno il potere e la forza, e tu puoi fare grandi e rafforzare tutte le cose.” E questo era lo status del concetto di Dio durante il tempo di Samuele e dei suoi successori immediati.
(1064.2) 97:2.1 Nel decimo secolo avanti Cristo la nazione ebraica fu divisa in due regni. In entrambe queste divisioni politiche molti insegnanti della verità si sforzarono di arginare la corrente reazionaria di decadenza spirituale che si era verificata e che continuò disastrosamente dopo la guerra di secessione. Ma questi sforzi per far progredire la religione ebraica non ebbero successo fino a che un risoluto ed impavido guerriero della rettitudine, Elia, non cominciò il suo insegnamento. Elia ripristinò nel regno settentrionale un concetto di Dio comparabile a quello che esisteva al tempo di Samuele. Elia ebbe poche opportunità di presentare un concetto avanzato di Dio; era troppo occupato, come Samuele prima di lui, a rovesciare gli altari di Baal e a demolire gli idoli di falsi dei. Ed egli effettuò le sue riforme fronteggiando l’opposizione di un monarca idolatra; il suo compito fu ancor più gigantesco e difficile di quello affrontato da Samuele.
(1064.3) 97:2.2 Quando Elia fu chiamato via, Eliseo, suo fedele compagno, riprese la sua opera, e con l’aiuto inestimabile del poco noto Michea mantenne viva la luce della verità in Palestina.
(1064.4) 97:2.3 Ma questi non furono tempi di progresso nel concetto della Deità. Gli Ebrei non erano ancora ascesi nemmeno all’ideale di Mosè. L’epoca di Elia e di Eliseo si chiuse con il ritorno delle classi migliori all’adorazione del supremo Yahweh e vide la restaurazione dell’idea del Creatore Universale quasi al punto in cui Samuele l’aveva lasciata.
(1064.5) 97:3.1 L’interminabile controversia tra i fedeli di Yahweh ed i seguaci di Baal fu uno scontro socioeconomico d’ideologie piuttosto che una differenza di credenze religiose.
(1064.6) 97:3.2 Gli abitanti della Palestina differivano nel loro atteggiamento verso la proprietà privata della terra. Le tribù meridionali o nomadi dell’Arabia (gli Yahwehisti) consideravano la terra come inalienabile — come un dono della Deità al clan. Essi ritenevano che la terra non doveva essere né venduta né ipotecata. “Yahweh parlò e disse: ‘la terra non sarà venduta, perché la terra è mia.’”
(1064.7) 97:3.3 I Cananei del nord più stabili (i Baaliti) acquistavano, vendevano ed ipotecavano liberamente le loro terre. La parola Baal significava proprietario. Il culto di Baal era fondato su due dottrine principali: primo, la validità degli scambi di proprietà, dei contratti e dei patti — il diritto di acquistare e di vendere terre. Secondo, Baal si riteneva mandasse la pioggia — era il dio della fertilità del suolo. I buoni raccolti dipendevano dal favore di Baal. Il culto concerneva in larga misura della terra, il suo possesso e la sua fertilità.
(1065.1) 97:3.4 In generale i Baaliti possedevano case, terre e schiavi. Essi erano i proprietari aristocratici e vivevano nelle città. Ogni Baal aveva un luogo sacro, il suo clero e le “donne sacre”, le prostitute rituali.
(1065.2) 97:3.5 Da questa divergenza basilare riguardo alla terra si svilupparono gli aspri antagonismi di comportamento sociale, economico, morale e religioso manifestati dai Cananei e dagli Ebrei. Questa controversia socioeconomica non divenne una specifica questione religiosa fino ai tempi di Elia. A partire dai giorni di questo profeta aggressivo il tema fu dibattuto su un piano più strettamente religioso — Yahweh contro Baal — e terminò con la completa vittoria di Yahweh e con la conseguente spinta verso il monoteismo.
(1065.3) 97:3.6 Elia spostò la controversia Yahweh-Baal dal problema della terra all’aspetto religioso delle ideologie ebraiche e cananee. Quando Acab fece assassinare i Nabot nell’intrigo per impadronirsi delle loro terre, Elia ne fece una questione morale originata dagli antichi costumi terrieri e lanciò la sua vigorosa campagna contro i Baaliti. Questa fu anche una lotta della gente di campagna contro la dominazione delle città. Fu principalmente sotto Elia che Yahweh divenne Elohim. Il profeta iniziò come riformatore agrario e terminò esaltando la Deità. I Baal erano molti, Yahweh era unico — il monoteismo trionfò sul politeismo.
(1065.4) 97:4.1 Un grande passo avanti nella transizione dal dio tribale — il dio che era stato così a lungo servito con sacrifici e cerimonie, lo Yahweh dei primi Ebrei — un Dio che avrebbe punito il crimine e l’immoralità anche tra il suo stesso popolo, fu fatto da Amos, il quale apparve provenendo dalle colline meridionali per denunciare la criminalità, l’ubriachezza, l’oppressione e l’immoralità delle tribù settentrionali. Mai, dai tempi di Mosè, verità così risonanti erano state proclamate in Palestina.
(1065.5) 97:4.2 Amos non fu semplicemente un restauratore o un riformatore; fu uno scopritore di nuovi concetti della Deità. Egli proclamò molte cose su Dio che erano state annunciate dai suoi predecessori ed attaccò coraggiosamente la credenza in un Essere Divino che approvava il peccato tra il suo cosiddetto popolo eletto. Per la prima volta dai tempi di Melchizedek l’udito umano ascoltò denunciare il doppio criterio della giustizia e della moralità nazionali. Per la prima volta nella loro storia l’udito ebreo sentì che il loro Dio, Yahweh, non avrebbe più tollerato il crimine ed il peccato nella loro vita quanto in quella di qualunque altro popolo. Amos immaginò il Dio severo e giusto di Samuele e di Elia, ma vide anche un Dio che non faceva alcuna distinzione tra gli Ebrei ed ogni altra nazione quando si doveva punire il male. Questo era un attacco diretto alla dottrina egoistica del “popolo eletto” e molti Ebrei di quel tempo rimasero amaramente risentiti.
(1065.6) 97:4.3 Disse Amos: “Cercate colui che ha formato le montagne e creato il vento, cerca colui che ha formato le sette stelle e Orione, che cambia l’ombra della morte in mattino e che rende il giorno buio come la notte.” E denunciando i suoi contemporanei scarsamente religiosi, opportunisti e talvolta immorali, egli cercò di descrivere la giustizia inesorabile di uno Yahweh immutabile quando disse dei malfattori: “Anche se sprofondano nell’inferno, li toglierò da là; anche se salgono in cielo, li farò scendere da là.” “Ed anche se sono prigionieri dei loro nemici, là dirigerò la spada della giustizia, ed essa li ucciderà.” Amos spaventò ancor più i suoi ascoltatori quando, puntando un dito di rimprovero e di accusa verso di loro, dichiarò nel nome di Yahweh: “Sicuramente non dimenticherò nessuna delle vostre opere.” “Passerò al vaglio la casa d’Israele tra tutte la nazioni come viene vagliato il frumento in uno staccio.”
(1066.1) 97:4.4 Amos proclamò Yahweh il “Dio di tutte le nazioni” ed avvertì gli Israeliti che il rituale non doveva prendere il posto della rettitudine. E prima che questo coraggioso maestro fosse lapidato a morte, aveva sparso abbastanza lievito di verità da salvare la dottrina del supremo Yahweh; aveva assicurato l’evoluzione ulteriore della rivelazione di Melchizedek.
(1066.2) 97:4.5 Osea seguì Amos e la sua dottrina di un Dio universale di giustizia risuscitando il concetto di Mosè di un Dio d’amore. Osea predicò il perdono grazie al pentimento, non per mezzo dei sacrifici. Proclamò un vangelo di benevolenza amorevole e di misericordia divina dicendo: “Io vi fidanzerò a me per sempre; sì, vi fidanzerò a me in rettitudine ed in giudizio ed in amorevole benevolenza ed in misericordia. Vi fidanzerò a me anche in fedeltà.” “Io li amerò generosamente perché la mia collera si è allontanata.”
(1066.3) 97:4.6 Osea continuò fedelmente gli avvertimenti morali di Amos dicendo di Dio: “È mio desiderio castigarli.” Ma gli Israeliti considerarono una crudeltà rasentante il tradimento quando disse: “Dirò a quelli che non erano mio popolo: ‘voi siete mio popolo’; ed essi diranno: ‘tu sei il nostro Dio’.” Egli continuò a predicare il pentimento ed il perdono dicendo: “Sanerò la loro ricaduta; li amerò abbondantemente, perché la mia collera si è allontanata.” Osea proclamò sempre la speranza ed il perdono. Il tema dominante del suo messaggio fu sempre: “Avrò misericordia del mio popolo. Essi non conosceranno altro Dio all’infuori di me, perché non c’è alcun salvatore oltre a me.”
(1066.4) 97:4.7 Amos stimolò la coscienza nazionale degli Ebrei al riconoscimento che Yahweh non avrebbe perdonato il crimine ed il peccato tra di loro perché erano ritenuti il popolo eletto, mentre Osea fece risuonare le prime note dei successivi cori misericordiosi di compassione divina e di benevolenza amorevole che furono così deliziosamente cantati da Isaia e dai suoi associati.
(1066.5) 97:5.1 Questa fu l’epoca in cui certuni proclamavano minacce di punizione contro i peccati personali ed i crimini nazionali dei clan settentrionali, mentre altri predicavano calamità come punizione delle trasgressioni del regno meridionale. Fu sulla scia di questo risveglio di coscienza e di consapevolezza nelle nazioni ebraiche che fece la sua apparizione il primo Isaia.
(1066.6) 97:5.2 Isaia continuò a predicare la natura eterna di Dio, la sua saggezza infinita, la sua perfezione immutabile di affidabilità. Egli presentò il Dio d’Israele che diceva: “Metterò in linea anche il giudizio e metterò a piombo la rettitudine.” “Il Signore vi farà riposare dai vostri dispiaceri, dalla vostra paura e dalla dura servitù in cui l’uomo è stato portato per servire.” “E le vostre orecchie udranno una parola dietro a voi che dice ‘questa è la via, camminate in essa’.” “Ecco, Dio è la mia salvezza; avrò fiducia e non avrò paura, perché il Signore è la mia forza ed il mio cantico.” “ ‘Venite ora e ragioniamo insieme’, dice il Signore, ‘anche se i vostri peccati sono di colore scarlatto, diverranno bianchi come la neve; anche se sono rossi come il cremisi, saranno come la lana’.”
(1066.7) 97:5.3 Parlando agli Ebrei tormentati dalla paura ed alle loro anime affamate, questo profeta disse: “Alzati e risplendi, perché è venuta la tua luce e la gloria del Signore si è levata su di te.” “Lo spirito del Signore è su di me perché egli mi ha unto per predicare buone novelle ai mansueti; mi ha inviato a sanare il cuore spezzato, a proclamare la libertà ai prigionieri e l’apertura della prigione a coloro che sono incatenati.” “Mi rallegrerò grandemente nel Signore, la mia anima sarà gioiosa nel mio Dio, perché egli mi ha vestito con gli abiti della salvezza e mi ha coperto con la sua veste di rettitudine.” “In tutte le loro afflizioni egli era afflitto, e l’angelo della sua presenza li ha salvati. Nel suo amore e nella sua pietà li ha redenti.”
(1067.1) 97:5.4 Questo Isaia fu seguito da Michea e da Abdia, che confermarono ed abbellirono il suo vangelo di soddisfazione dell’anima. Questi due valorosi messaggeri denunciarono audacemente il rituale degli Ebrei dominato dai sacerdoti ed attaccarono intrepidamente l’intero sistema dei sacrifici.
(1067.2) 97:5.5 Michea denunciò “i governanti che giudicano per ricompensa, i sacerdoti che insegnano per mercede ed i profeti che divinano per denaro”. Egli insegnò che un giorno ci si libererà dalla superstizione e dal clericalismo dicendo: “Ed ogni uomo sederà sotto la sua vigna e nessuno lo spaventerà, perché tutto il popolo vivrà, ciascuno in accordo con la sua comprensione di Dio.”
(1067.3) 97:5.6 Il motivo dominante del messaggio di Michea fu sempre: “Verrò davanti a Dio con offerte bruciate? Il Signore sarà soddisfatto con mille arieti o diecimila fiumi d’olio? Donerò il mio primogenito per la mia trasgressione, il frutto del mio corpo per il peccato della mia anima? Egli mi ha mostrato, o uomo, ciò che è buono. E che cosa esige il Signore da te se non che tu agisca con giustizia e che ami la misericordia e che cammini umilmente con il tuo Dio.” Questa fu una grande epoca; questi furono in verità tempi stimolanti in cui l’uomo mortale ascoltò, ed in parte anche vi credette, questi messaggi emancipatori di più di duemilacinquecento anni fa. E senza la resistenza ostinata dei sacerdoti, questi istruttori avrebbero abbattuto l’intero cerimoniale di sangue del rituale ebraico di adorazione.
(1067.4) 97:6.1 Mentre parecchi insegnanti continuarono ad esporre il vangelo di Isaia, spettò a Geremia fare il successivo audace passo nell’internazionalizzazione di Yahweh, Dio degli Ebrei.
(1067.5) 97:6.2 Geremia dichiarò intrepidamente che Yahweh non era al fianco degli Ebrei nelle loro guerre militari contro altre nazioni. Affermò che Yahweh era il Dio di tutta la terra, di tutte le nazioni e di tutti i popoli. L’insegnamento di Geremia fu il crescendo della marea montante dell’internazionalizzazione del Dio d’Israele. Questo intrepido predicatore proclamò una volta per tutte che Yahweh era il Dio di tutte le nazioni e che non esisteva alcun Osiride per gli Egiziani, Bel per i Babilonesi, Assur per gli Assiri o Dagon per i Filistei. In tal modo la religione degli Ebrei partecipò alla rinascita del monoteismo in tutto il mondo in quel tempo ed in seguito. Alla fine il concetto di Yahweh si era elevato ad un livello di Deità di dignità planetaria ed anche cosmica. Ma molti associati di Geremia trovarono difficile concepire Yahweh separatamente dalla nazione ebraica.
(1067.6) 97:6.3 Geremia predicò anche riguardo al Dio giusto ed amorevole descritto da Isaia dichiarando: “Sì, io vi ho amati di un amore eterno; perciò vi ho attirati con una benevolenza amorevole.” “Perché egli non affligge volontariamente i figli degli uomini.”
(1067.7) 97:6.4 Disse l’intrepido profeta: “Il nostro Signore è retto, grande nei consigli e potente nelle opere. I suoi occhi sono aperti su tutte le vie di tutti i figli degli uomini per dare a ciascuno secondo le sue vie e secondo il frutto delle sue azioni.” Ma fu considerato un tradimento blasfemo quando, durante l’assedio di Gerusalemme, egli disse: “Ed ora ho posto queste terre nelle mani di Nabucodonosor, re di Babilonia, mio servitore.” E quando Geremia consigliò la resa della città, i sacerdoti e i governanti civili lo gettarono nel fondo melmoso di una tetra prigione.
(1068.1) 97:7.1 La distruzione della nazione ebraica e la cattività in Mesopotamia si sarebbero rivelate di grande utilità per la teologia in espansione degli Ebrei se non fosse stato per l’azione risoluta dei loro sacerdoti. La loro nazione era crollata di fronte agli eserciti di Babilonia ed il loro Yahweh nazionalistico aveva subito le predicazioni internazionalistiche dei capi spirituali. Fu il risentimento per la perdita del loro dio nazionale che portò i sacerdoti ebrei a spingersi così lontano nell’invenzione delle favole e nella moltiplicazione di avvenimenti apparentemente miracolosi nella storia ebraica, nello sforzo di ristabilire gli Ebrei come popolo eletto anche nell’ambito dell’idea nuova ed ampliata di un Dio internazionalizzato di tutte le nazioni.
(1068.2) 97:7.2 Durante la cattività gli Ebrei furono molto influenzati dalle tradizioni e dalle leggende babilonesi, benché si debba rimarcare che essi migliorarono immancabilmente il tono morale ed il significato spirituale delle storie caldee che adottarono, anche se deformarono invariabilmente queste leggende per riflettere onore e gloria sull’ascendenza e sulla storia d’Israele.
(1068.3) 97:7.3 Questi sacerdoti e Scribi ebrei avevano una sola idea nella loro mente, ed era la riabilitazione della nazione ebraica, la glorificazione delle tradizioni ebraiche e l’esaltazione della loro storia razziale. A fronte dello sdegno perché questi sacerdoti hanno infuso le loro idee errate su una così gran parte del mondo occidentale, bisognerebbe tenere presente che non fecero questo intenzionalmente. Essi non sostenevano di scrivere su ispirazione; non asserivano di redigere un libro sacro. Essi stavano semplicemente preparando un manuale destinato a sostenere il declinante coraggio dei loro compagni di prigionia. Miravano precisamente a migliorare lo spirito nazionale e morale dei loro compatrioti. Spettò ad uomini di data posteriore riunire questi ed altri scritti in un libro-guida d’insegnamenti ritenuti infallibili.
(1068.4) 97:7.4 I sacerdoti ebrei fecero libero uso di questi scritti successivamente alla cattività, ma furono notevolmente ostacolati nella loro influenza sui loro compagni di cattività dalla presenza di un giovane e indomabile profeta, Isaia il secondo, che era totalmente convertito al Dio di giustizia, d’amore, di rettitudine e di misericordia del precedente Isaia. Anch’egli, come Geremia, credeva che Yahweh fosse divenuto il Dio di tutte le nazioni. Egli predicò queste teorie sulla natura di Dio con tale efficacia che fece tanti convertiti tra gli Ebrei quanti tra i loro deportatori. Questo giovane predicatore lasciò per iscritto i suoi insegnamenti, che gli ostili ed implacabili sacerdoti cercarono di separare da ogni associazione con lui, anche se il puro e semplice rispetto per la loro bellezza e grandiosità portò alla loro incorporazione negli scritti del primo Isaia. E così si possono trovare gli scritti di questo secondo Isaia nel libro che porta questo nome, dal capitolo quaranta al cinquantacinque incluso.
(1068.5) 97:7.5 Nessun profeta o maestro religioso da Machiventa fino al tempo di Gesù raggiunse l’alto concetto di Dio che il secondo Isaia proclamò durante questo periodo di cattività. Non era un Dio meschino, antropomorfico, creato dall’uomo che questo capo spirituale proclamò “Ecco, egli solleva le isole come un oggetto piccolissimo.” “E come i cieli sono più alti della terra, così le mie vie sono più elevate delle vostre vie ed i miei pensieri più elevati dei vostri pensieri.”
(1069.1) 97:7.6 Machiventa Melchizedek poteva finalmente vedere degli insegnanti umani proclamare un vero Dio all’uomo mortale. Come il primo Isaia, questo capo predicò un Dio che aveva creato l’universo e che lo sosteneva. “Io ho creato la terra ed ho posto l’uomo su di essa. Non l’ho creata invano; l’ho formata per essere abitata.” “Io sono il primo e l’ultimo; non c’è altro Dio all’infuori di me.” Parlando per il Signore Dio d’Israele, questo nuovo profeta disse: “I cieli possono scomparire e la terra divenire vecchia, ma la mia rettitudine durerà per sempre e la mia salvezza di generazione in generazione.” “Non temete, perché io sono con voi; non siate sgomenti, perché io sono il vostro Dio.” “Non c’è altro Dio all’infuori di me — un Dio giusto ed un Salvatore.”
(1069.2) 97:7.7 E confortò i prigionieri ebrei, come migliaia e migliaia di altre persone da allora, ascoltare parole quali: “Così dice il Signore: ‘io vi ho creati, io vi ho redenti, io vi ho chiamati con il vostro nome; voi siete miei’.” “Quando passerete attraverso le acque, io sarò con voi perché voi siete preziosi ai miei occhi.” “Può una donna dimenticare il suo bambino lattante al punto da non avere compassione di suo figlio? Sì, essa può dimenticare, ma io non dimenticherò i miei figli, perché ecco ho inciso i loro nomi sul palmo delle mie mani; li ho anche coperti con l’ombra delle mie mani.” “Che il malvagio abbandoni le sue vie e l’uomo iniquo i suoi pensieri, e che ritorni al Signore, e riceverà misericordia su di lui, e ritorni al nostro Dio, perché egli perdonerà abbondantemente.”
(1069.3) 97:7.8 Ascoltate di nuovo il vangelo di questa nuova rivelazione del Dio di Salem: “Egli pascolerà il suo gregge come un pastore; riunirà gli agnelli nelle sue braccia e li porterà sul suo seno. Egli dona vigore ai deboli ed accresce la forza di coloro che non ne hanno. Quelli che attendono il Signore rinnoveranno il loro vigore; essi si alzeranno con ali come aquile; correranno e non saranno affaticati; cammineranno e non saranno stanchi.”
(1069.4) 97:7.9 Questo Isaia condusse una vasta propaganda del vangelo sul concetto ampliato di uno Yahweh supremo. Egli rivaleggiò con Mosè nell’eloquenza con cui descrisse il Signore Dio d’Israele come il Creatore Universale. Fu poetico nella descrizione degli attributi infiniti del Padre Universale. Non sono mai state fatte dichiarazioni più belle sul Padre celeste. Come i Salmi, gli scritti d’Isaia sono tra le presentazioni più sublimi e più vere del concetto spirituale di Dio che abbiano mai raggiunto l’udito dei mortali prima dell’arrivo di Micael su Urantia. Ascoltate la sua descrizione della Deità: “Io sono l’alto ed il sublime che abita l’eternità.” “Io sono il primo e l’ultimo, e non c’è altro Dio all’infuori di me.” “E la mano del Signore non è così corta che non possa salvare, né il suo orecchio così serrato che non possa udire.” Fu una nuova dottrina per le popolazioni ebree sentire questo profeta benevolo ma autoritario persistere nella sua predicazione sulla costanza divina, sulla fedeltà di Dio. Egli dichiarò che “Dio non avrebbe dimenticato, non avrebbe abbandonato”.
(1069.5) 97:7.10 Questo coraggioso istruttore proclamò che l’uomo era strettamente legato a Dio, dicendo: “Ciascuno di coloro che si appellano al mio nome io l’ho creato per la mia gloria, ed essi proclameranno la mia lode. Sono io, proprio io, che cancello le loro trasgressioni per riguardo a me stesso, e non mi ricorderò i loro peccati.”
(1069.6) 97:7.11 Ascoltate questo grande Ebreo demolire il concetto di un Dio nazionale, mentre in gloria proclama la divinità del Padre Universale, di cui dice: “I cieli sono il mio trono, e la terra è il mio poggiapiedi.” E il Dio d’Isaia non era meno santo, maestoso, giusto ed insondabile. Il concetto del collerico, vendicativo e geloso Yahweh dei Beduini del deserto era quasi scomparso. Un nuovo concetto del supremo ed universale Yahweh era apparso nella mente dell’uomo mortale per non essere mai più perso di vista dall’umanità. La comprensione della giustizia divina aveva cominciato a distruggere la magia primitiva e la paura biologica. Finalmente all’uomo viene presentato un universo di legge e d’ordine e un Dio universale con attributi affidabili ed ultimi.
(1070.1) 97:7.12 Questo predicatore di un Dio superno non cessò mai di proclamare questo Dio d’amore. “Io dimoro nel luogo elevato e santo, ed anche con colui il cui spirito è contrito ed umile.” E questo grande maestro disse ancora altre parole di conforto ai suoi contemporanei: “Ed il Signore ti guiderà continuamente e soddisferà la tua anima. Tu sarai come un giardino annaffiato e come una sorgente in cui l’acqua non manca. E se il nemico arriverà come un fiume in piena, lo spirito del Signore eleverà una difesa contro di lui.” Ed ancora una volta il vangelo di Melchizedek distruttore della paura e la religione di Salem generatrice di fiducia risplendettero per la benedizione dell’umanità.
(1070.2) 97:7.13 Il lungimirante e coraggioso Isaia eclissò efficacemente lo Yahweh nazionalistico con la sua sublime descrizione della maestà e dell’universale onnipotenza del supremo Yahweh, Dio d’amore, sovrano dell’universo e Padre affettuoso di tutta l’umanità. Da quei giorni memorabili il concetto più elevato di Dio nell’Occidente ha sempre inglobato la giustizia universale, la misericordia divina e la rettitudine eterna. In un linguaggio stupendo e con una grazia incomparabile questo grande maestro descrisse il Creatore onnipotente come il Padre che ama tutta l’umanità.
(1070.3) 97:7.14 Questo profeta della cattività predicò al suo popolo e a quelli di molte nazioni che lo ascoltavano presso il fiume a Babilonia. E questo secondo Isaia fece molto per contrastare le numerose concezioni errate e razzialmente egoistiche della missione del Messia promesso. Ma non riuscì pienamente in questo sforzo. Se i sacerdoti non si fossero dedicati a costruire un malinteso nazionalismo, gli insegnamenti dei due Isaia avrebbero preparato la via al riconoscimento e all’accoglimento del Messia promesso.
(1070.4) 97:8.1 L’abitudine di considerare il racconto delle esperienze degli Ebrei come storia sacra e le attività del resto del mondo come storia profana è responsabile di gran parte della confusione esistente nella mente umana riguardo all’interpretazione della storia. Questa difficoltà sorse perché non c’è una storia laica degli Ebrei. Dopo che i sacerdoti dell’esilio a Babilonia avevano preparato il loro nuovo racconto dei presunti accordi miracolosi di Dio con gli Ebrei, la storia sacra d’Israele descritta nell’Antico Testamento, essi distrussero accuratamente e completamente i documenti esistenti degli affari ebraici — libri come “Gli Atti dei Re d’Israele” e “ Gli Atti dei Re di Giuda”, così come parecchi altri documenti più o meno esatti della storia ebraica.
(1070.5) 97:8.2 Per comprendere come la pressione opprimente e la coercizione inesorabile della storia secolare terrorizzavano gli Ebrei prigionieri e governati da stranieri al punto da tentare la riscrizione e ricomposizione completa della loro storia, si dovrebbe esaminare brevemente il resoconto della loro complessa esperienza nazionale. Si deve tenere presente che gli Ebrei non riuscirono a sviluppare un’adeguata filosofia non teologica della vita. Essi lottarono con la loro concezione originale egiziana della ricompensa divina per la rettitudine unita a severe punizioni per il peccato. Il dramma di Giobbe fu un po’ una protesta contro questa filosofia erronea. L’aperto pessimismo dell’Ecclesiaste fu una saggia reazione terrena contro queste credenze eccessivamente ottimistiche nella Provvidenza.
(1071.1) 97:8.3 Ma i cinquecento anni di dominazione ad opera di governanti stranieri furono troppi anche per i pazienti e tolleranti Ebrei. I profeti e i sacerdoti cominciarono a gridare: “Fino a quando, o Signore, fino a quando?” Quando un Ebreo onesto cercava nelle Scritture, la sua confusione aumentava ancora di più. Un antico veggente aveva promesso che Dio avrebbe protetto e liberato il suo “popolo eletto”. Amos aveva minacciato che Dio avrebbe abbandonato Israele se non avesse ristabilito i suoi criteri di rettitudine nazionale. L’autore del Deuteronomio aveva descritto la Grande Scelta — quale tra il bene ed il male, tra la benedizione e la maledizione. Il primo Isaia aveva predicato un benevolo re-liberatore. Geremia aveva proclamato un’era di rettitudine interiore — il patto scritto sulle tavolette del cuore. Il secondo Isaia aveva parlato della salvezza per mezzo del sacrificio e della redenzione. Ezechiele aveva proclamato la liberazione attraverso il servizio di devozione, ed Ezra aveva promesso la prosperità mediante l’adesione alla legge. Ma nonostante tutto ciò essi permanevano nella schiavitù e la liberazione era differita. Allora Daniele presentò il dramma della “crisi” imminente — la sconfitta della grande effigie e l’instaurazione immediata del regno perpetuo della rettitudine, il regno messianico.
(1071.2) 97:8.4 Tutte queste false speranze portarono ad un tale grado di delusione e di frustrazione razziale che i capi degli Ebrei furono così confusi da non riuscire a riconoscere ed accettare la missione ed il ministero di un Figlio divino del Paradiso quando venne poco dopo presso di loro nelle sembianze della carne mortale — incarnato quale Figlio dell’Uomo.
(1071.3) 97:8.5 Tutte le religioni moderne hanno seriamente sbagliato tentando di presentare un’interpretazione miracolosa di certe epoche della storia umana. Se è vero che Dio ha teso molte volte una mano paterna intervenendo provvidenzialmente nel corso degli affari umani, è falso considerare i dogmi teologici e le superstizioni religiose come una sedimentazione soprannaturale che appare grazie ad un’azione miracolosa nel corso di questa storia umana. Il fatto che gli “Altissimi governano nei regni degli uomini” non trasforma la storia secolare in una cosiddetta storia sacra.
(1071.4) 97:8.6 Gli autori del Nuovo Testamento e gli scrittori cristiani successivi complicarono ulteriormente la distorsione della storia ebraica con i loro tentativi bene intenzionati di rendere trascendentali i profeti ebrei. In tal modo la storia ebraica è stata gestita disastrosamente sia dagli scrittori ebrei che cristiani. La storia secolare ebraica è stata completamente dogmatizzata. Essa è stata tramutata in una finzione di storia sacra ed è divenuta inestricabilmente legata ai concetti morali ed agli insegnamenti religiosi delle nazioni cosiddette cristiane.
(1071.5) 97:8.7 Una breve esposizione dei punti salienti della storia ebraica illustrerà come i fatti contenuti nei documenti furono talmente alterati a Babilonia dai sacerdoti ebrei da trasformare la storia secolare quotidiana del loro popolo in una fittizia storia sacra.
(1071.6) 97:9.1 Non ci furono mai dodici tribù d’Israeliti — soltanto tre o quattro tribù stabilite in Palestina. La nazione ebraica prese corpo a seguito dell’unione dei cosiddetti Israeliti con i Cananei. “Ed i figli d’Israele abitarono tra i Cananei. E presero le loro figlie per mogli e diedero le loro figlie ai figli dei Cananei.” Gli Ebrei non cacciarono mai i Cananei fuori della Palestina, nonostante che le cronache dei sacerdoti di questi avvenimenti affermino decisamente che lo fecero.
(1071.7) 97:9.2 La coscienza israelitica ebbe origine nella contrada montuosa di Efraim; la coscienza ebraica successiva nacque nel clan meridionale di Giuda. Gli Ebrei (i Giudei) cercarono sempre di diffamare e di denigrare la storia degli Israeliti del nord (gli Efraimiti).
(1072.1) 97:9.3 La storia pretenziosa degli Ebrei comincia con Saul che raduna i clan del nord per resistere ad un attacco portato dagli Ammoniti contro i membri di una tribù simile — i Galaaditi — ad est del Giordano. Con un esercito di poco più di tremila uomini egli sconfisse il nemico, e fu questo risultato che portò le tribù delle colline a farlo re. Quando i sacerdoti esiliati riscrissero questa storia, elevarono l’esercito di Saul a 330.000 uomini ed aggiunsero “Giuda” alla lista delle tribù che parteciparono alla battaglia.
(1072.2) 97:9.4 Immediatamente dopo la sconfitta degli Ammoniti, Saul fu fatto re dalle sue truppe per elezione popolare. Nessun sacerdote o profeta partecipò a questo avvenimento. Ma i sacerdoti inserirono più tardi nelle cronache che Saul fu incoronato re dal profeta Samuele conformemente agli ordini divini. Essi fecero questo allo scopo di stabilire una “linea divina di discendenza” per la regalità giudaica di Davide.
(1072.3) 97:9.5 La più grande di tutte le distorsioni della storia ebraica concerne Davide. Dopo la vittoria di Saul sugli Ammoniti (che egli attribuì a Yahweh) i Filistei si allarmarono e cominciarono ad attaccare i clan del nord. Davide e Saul non andarono mai d’accordo. Davide, con seicento uomini, concluse un’alleanza con i Filistei e risalì la costa fino ad Esdraelon. A Gat i Filistei ordinarono a Davide di lasciare il campo; essi temevano che potesse passare con Saul. Davide si ritirò; i Filistei attaccarono e sconfissero Saul. Essi non avrebbero potuto fare questo se Davide fosse rimasto fedele ad Israele. L’esercito di Davide era un insieme poliglotta di scontenti, composto in maggior parte di disadattati sociali e d’individui che sfuggivano la giustizia.
(1072.4) 97:9.6 La tragica sconfitta di Saul a Gelboe da parte dei Filistei portò Yahweh ad un livello basso tra gli dei agli occhi dei Cananei circostanti. Ordinariamente la sconfitta di Saul sarebbe stata attribuita ad un’apostasia di Yahweh, ma questa volta gli editori giudaiti l’attribuirono ad errori di rituale. Essi avevano bisogno del tradimento di Saul e di Samuele come sfondo per il regno di Davide.
(1072.5) 97:9.7 Davide, con il suo piccolo esercito, stabilì il suo quartier generale nella città non ebrea di Hebron. I suoi compatrioti lo proclamarono subito re del nuovo regno di Giuda. Giuda era principalmente composto di elementi non ebrei — Keniti, Calebiti, Jebusiti ed altri Cananei. Essi erano dei nomadi — dei pastori — e quindi fedeli all’idea ebraica sulla proprietà della terra. Essi appoggiavano le ideologie dei clan del deserto.
(1072.6) 97:9.8 La differenza tra la storia sacra e quella profana è bene illustrata dai due differenti racconti concernenti l’incoronazione di Davide a re che si trovano nell’Antico Testamento. Una parte della storia profana su come i suoi diretti seguaci (il suo esercito) lo fecero re fu lasciata inavvertitamente nei documenti dai sacerdoti, i quali prepararono in seguito la lunga e prosaica versione della storia sacra in cui è descritto come il profeta Samuele, per ordine divino, scelse Davide tra i suoi compagni e procedette ufficialmente, con elaborate e solenni cerimonie, ad ungerlo re degli Ebrei e a proclamarlo poi successore di Saul.
(1072.7) 97:9.9 Così molte volte i sacerdoti, dopo aver preparato i loro falsi racconti sui rapporti miracolosi di Dio con Israele, dimenticarono di cancellare completamente i resoconti chiari e realistici già inclusi nei documenti.
(1072.8) 97:9.10 Davide cercò di rafforzarsi politicamente sposando prima la figlia di Saul, poi la vedova di Nabal, il ricco Edomita, ed in seguito la figlia di Talmai, re di Gesur. Egli prese sei mogli tra le donne di Jebus, senza contare Betsabea, la moglie dell’Hittita.
(1073.1) 97:9.11 E fu con tali metodi e su questi personaggi che Davide costruì l’invenzione di un regno divino di Giuda, quale successore dell’eredità e delle tradizioni del regno settentrionale efraimita d’Israele che stava scomparendo. La cosmopolita tribù giudea di Davide era composta più da Gentili che da Ebrei; ciò nonostante gli anziani oppressi di Efraim scesero dalle montagne e “lo unsero re d’Israele”. Dopo una minaccia militare, Davide fece un patto con gli Jebusiti e stabilì la sua capitale del regno unito a Jebus (Gerusalemme), che era una città ben fortificata a metà strada tra Giuda e Israele. I Filistei ne furono irritati ed attaccarono subito Davide. Dopo un’aspra battaglia essi furono vinti, ed ancora una volta Yahweh fu stabilito come “Il Signore Dio degli Eserciti”.
(1073.2) 97:9.12 Ma Yahweh doveva necessariamente condividere parte di questa gloria con gli dei cananei, perché il grosso dell’esercito di Davide non era ebreo. E così appare nei vostri scritti (non rilevata dagli editori giudaiti) questa espressione rivelatrice: “Yahweh ha sbaragliato i miei nemici davanti a me. Per questo diede a questo luogo il nome di Baal Perazim.” Ed essi fecero questo perché l’ottanta per cento dei soldati di Davide erano Baaliti.
(1073.3) 97:9.13 Davide spiegò la sconfitta di Saul a Gelboe facendo rimarcare che Saul aveva attaccato una città cananea, Gibeon, la cui popolazione aveva un trattato di pace con gli Efraimiti. A causa di ciò Yahweh l’aveva abbandonato. Anche al tempo di Saul, Davide aveva difeso la città cananea di Keila contro i Filistei e poi aveva posto la sua capitale in una città cananea. Fedele alla sua politica di compromesso con i Cananei, Davide inviò sette discendenti di Saul ai Gibeoniti per essere impiccati.
(1073.4) 97:9.14 Dopo la sconfitta dei Filistei, Davide prese possesso dell’ “arca di Yahweh”, la portò a Gerusalemme e rese ufficiale l’adorazione di Yahweh nel suo regno. Impose poi pesanti tributi alle popolazioni vicine — gli Edomiti, i Moabiti, gli Ammoniti ed i Siriani.
(1073.5) 97:9.15 Il corrotto apparato politico di Davide cominciò a prendere personale possesso delle terre del nord in violazione dei costumi ebraici ed acquisì ben presto il controllo delle tasse sulle carovane, precedentemente riscosse dai Filistei. Avvenne poi una serie di atrocità culminate nell’assassinio di Uria. Tutte le cause giudiziarie erano risolte a Gerusalemme; “gli anziani” non poterono più giudicare. Naturalmente scoppiò la ribellione. Oggi Absalom potrebbe essere definito un demagogo; sua madre era una Cananea. C’erano una mezza dozzina di pretendenti al trono oltre al figlio di Betsabea, Salomone.
(1073.6) 97:9.16 Dopo la morte di Davide, Salomone depurò l’apparato politico da ogni influenza del nord, ma proseguì totalmente la tirannia e la tassazione del regime di suo padre. Salomone mandò in rovina la nazione con la sua munifica corte ed il suo elaborato programma di costruzioni, comprendente la dimora del Libano, il palazzo della figlia del Faraone, il tempio di Yahweh, il palazzo del re e la restaurazione delle mura di numerose città. Salomone creò una vasta flotta ebraica, condotta da marinai siriani, che commerciava con tutto il mondo. Il suo harem contava quasi mille mogli.
(1073.7) 97:9.17 In quest’epoca il tempio di Yahweh a Siloe cadde in discredito e tutto il culto della nazione fu concentrato a Jebus nella fastosa cappella reale. Il regno del nord ritornò in misura maggiore all’adorazione di Elohim. Esso godeva del favore del Faraone, che successivamente ridusse in schiavitù Giuda, sottoponendo il regno del sud a tributo.
(1073.8) 97:9.18 Ci furono alti e bassi — delle guerre tra Israele e Giuda. Dopo quattro anni di guerra civile e tre dinastie, Israele cadde sotto il governo di despoti cittadini che cominciarono a fare commercio delle terre. Anche re Omri tentò di acquistare le terre di Shemer. Ma la fine si avvicinò rapidamente quando Salmanassar III decise di controllare la costa mediterranea. Il re Acab di Efraim riunì altri dieci gruppi e resisté a Karkar; la battaglia finì in parità. L’Assiro fu fermato ma gli alleati furono decimati. Questa grande battaglia non è nemmeno menzionata nell’Antico Testamento.
(1074.1) 97:9.19 Nuove difficoltà sorsero quando re Acab tentò di acquistare delle terre da Nabot. Sua moglie fenicia falsificò la firma di Acab sui documenti ordinando che le terre di Nabot fossero confiscate in quanto accusato di aver bestemmiato i nomi “di Elohim e del re”. Lui ed i suoi figli furono immediatamente messi a morte. Il vigoroso Elia apparve sulla scena accusando Acab dell’assassinio dei Nabot. In tal modo Elia, uno dei più grandi profeti, cominciò il suo insegnamento come difensore degli antichi costumi terrieri in opposizione al comportamento dei venditori di terre Baalim, contro il tentativo delle città di dominare il paese. Ma la riforma non avvenne fino a che il proprietario terriero Jeu non unì le sue forze a quelle del capo nomade Jonadab per distruggere i profeti (agenti di beni immobili) di Baal in Samaria.
(1074.2) 97:9.20 Una nuova vita apparve quando Joas e suo figlio Geroboamo liberarono Israele dai suoi nemici. Ma in quest’epoca governava in Samaria una nobiltà di briganti le cui spoliazioni rivaleggiavano con quelle dell’antica dinastia di Davide. Stato e Chiesa collaboravano strettamente. Il tentativo di sopprimere la libertà di parola indusse Elia, Amos e Osea ad iniziare a scrivere in segreto, e questo fu il vero inizio delle Bibbie ebrea e cristiana.
(1074.3) 97:9.21 Ma il regno del nord non scomparve dalla storia fino a quando il re d’Israele non cospirò con il re d’Egitto e rifiutò di pagare ulteriori tributi all’Assiria. Allora cominciò l’assedio di tre anni seguito dalla dispersione totale del regno del nord. Efraim (Israele) in tal modo scomparve. Giuda — gli Ebrei, il “resto d’Israele” — aveva cominciato a concentrare le terre nelle mani di pochi, come disse Isaia, “accumulando casa su casa e campo su campo.” Vi fu ben presto a Gerusalemme un tempio di Baal a fianco del tempio di Yahweh. Questo regno di terrore terminò con una rivolta monoteista condotta dal giovanissimo re Joas, che bandì una crociata a favore di Yahweh durata trentacinque anni.
(1074.4) 97:9.22 Il successivo re, Amazia, ebbe delle difficoltà con i contribuenti Edomiti in rivolta e con i loro vicini. Dopo una significativa vittoria egli diresse il suo attacco verso i suoi vicini del nord e fu altrettanto pesantemente sconfitto. Allora i contadini si rivoltarono; assassinarono il re e misero sul trono suo figlio di sedici anni. Questi era Azaria, chiamato Uzza da Isaia. Dopo Uzza le cose andarono di male in peggio e Giuda visse per cento anni pagando tributi ai re dell’Assiria. Il primo Isaia disse loro che Gerusalemme, essendo la città di Yahweh, non sarebbe mai caduta. Ma Geremia non esitò a proclamare la sua caduta.
(1074.5) 97:9.23 La vera rovina di Giuda fu causata da una cricca di politici ricchi e corrotti operanti sotto il governo di un re fanciullo, Manasse. L’economia in trasformazione favorì il ritorno all’adorazione di Baal, il cui atteggiamento sulle terre private era contrario all’ideologia di Yahweh. La caduta dell’Assiria e l’ascesa dell’Egitto portarono per un certo tempo alla liberazione di Giuda, e la gente di campagna prese il potere. Sotto Giosia essi distrussero la cricca di politici corrotti di Gerusalemme.
(1074.6) 97:9.24 Ma quest’era finì tragicamente quando Giosia pretese di uscire per intercettare il potente esercito di Necao mentre risaliva la costa proveniente dall’Egitto per aiutare l’Assiria contro Babilonia. Egli fu annientato e Giuda fu assoggettato a tributo dall’Egitto. Il partito politico di Baal ritornò al potere a Gerusalemme ed in tal modo cominciò la vera schiavitù egiziana. Seguì poi un periodo in cui i politici di Baal controllarono sia i tribunali che il clero. L’adorazione di Baal era un sistema economico e sociale concernente i diritti di proprietà come pure la fertilità del suolo.
(1075.1) 97:9.25 Con il rovesciamento di Necao da parte di Nabucodonosor, Giuda cadde sotto il dominio di Babilonia e godette di dieci anni di grazia, ma non tardò a ribellarsi. Quando Nabucodonosor venne contro di loro, i Giudaiti cominciarono delle riforme sociali, quali l’affrancamento degli schiavi, per influenzare Yahweh. Quando l’esercito babilonese si ritirò temporaneamente, gli Ebrei si rallegrarono che la magia della riforma li avesse liberati. Fu durante questo periodo che Geremia annunciò loro la rovina incombente, e ben presto Nabucodonosor ritornò.
(1075.2) 97:9.26 Così la fine di Giuda giunse improvvisamente. La città fu distrutta ed il popolo fu condotto a Babilonia. La lotta tra Yahweh e Baal terminò con la cattività. E la cattività spinse il resto d’Israele al monoteismo.
(1075.3) 97:9.27 A Babilonia gli Ebrei giunsero alla conclusione che non potevano sussistere come piccolo gruppo in Palestina con i loro peculiari costumi sociali ed economici, e che, se le loro ideologie dovevano prevalere, essi dovevano convertire i Gentili. Così ebbe origine il loro nuovo concetto del destino — l’idea che gli Ebrei dovevano diventare i servitori eletti di Yahweh. La religione ebraica dell’Antico Testamento si sviluppò in realtà a Babilonia durante la cattività.
(1075.4) 97:9.28 La dottrina dell’immortalità prese egualmente forma a Babilonia. Gli Ebrei avevano creduto che l’idea della vita futura avrebbe sminuito l’importanza del loro vangelo di giustizia sociale. Ora, per la prima volta, la teologia rimpiazzava la sociologia e l’economia. La religione stava prendendo forma come sistema di pensiero e di condotta umani sempre più separato dalla politica, dalla sociologia e dall’economia.
(1075.5) 97:9.29 Così la verità sul popolo ebreo rivela che molti avvenimenti considerati come storia sacra risultano essere poco più che la cronaca di un’ordinaria storia profana. Il Giudaismo fu il terreno nel quale crebbe il Cristianesimo, ma gli Ebrei non furono un popolo miracoloso.
(1075.6) 97:10.1 I loro capi avevano insegnato agli Israeliti che erano un popolo eletto, non per concessione e monopolio speciali del favore divino, ma a causa della missione particolare di portare la verità del Dio unico e supremo a tutte le nazioni. Ed essi avevano promesso agli Ebrei che, se avessero adempiuto questo destino, sarebbero divenuti i capi spirituali di tutti i popoli e che il Messia atteso avrebbe regnato su di loro e sul mondo intero come Principe della Pace.
(1075.7) 97:10.2 Quando gli Ebrei furono liberati dai Persiani, ritornarono in Palestina solo per cadere sotto la schiavitù dei loro stessi codici di leggi, di sacrifici e di rituali dominati dai sacerdoti. E come i clan ebrei respinsero la meravigliosa storia di Dio presentata nel discorso di addio di Mosè circa i rituali di sacrificio e di penitenza, così questi resti della nazione ebraica respinsero il magnifico concetto del secondo Isaia riguardante le leggi, le norme ed i rituali del loro clero in sviluppo.
(1075.8) 97:10.3 L’egotismo nazionale, la falsa fede in un malinteso Messia promesso e le crescenti schiavitù e tirannia del clero ridussero per sempre al silenzio le voci dei capi spirituali (eccetto Daniele, Ezechiele, Aggeo e Malachia); e da quest’epoca fino al tempo di Giovanni il Battista tutto Israele subì un costante regresso spirituale. Ma gli Ebrei non persero mai il concetto del Padre Universale; anche fino al ventesimo secolo dopo Cristo essi hanno continuato a mantenere questa concezione della Deità.
(1076.1) 97:10.4 Da Mosè a Giovanni il Battista si è stesa una linea ininterrotta di fedeli maestri che trasmisero la fiaccola della luce monoteistica da una generazione all’altra, mentre rimproveravano incessantemente i governanti senza scrupoli, denunciavano i sacerdoti che facevano commercio ed esortavano sempre il popolo ad aderire all’adorazione del supremo Yahweh, il Signore Dio d’Israele.
(1076.2) 97:10.5 In quanto nazione gli Ebrei finirono per perdere la loro identità politica, ma la religione ebraica di credenza sincera in un Dio unico ed universale continua a vivere nel cuore degli esuli dispersi. E questa religione sopravvive perché ha efficacemente operato per conservare i più alti valori dei suoi seguaci. La religione ebraica preservò gli ideali di un popolo, ma non riuscì a favorire il progresso e ad incoraggiare la scoperta filosofica creativa nei regni della verità. La religione ebraica aveva molti difetti — era carente in filosofia e quasi priva di qualità estetiche — ma conservò i valori morali; per questo persisté. Il supremo Yahweh, comparato ad altri concetti di Deità, era ben delineato, vivido, personale e morale.
(1076.3) 97:10.6 Gli Ebrei amavano la giustizia, la saggezza, la verità e la rettitudine come pochi popoli hanno fatto, ma hanno contribuito meno di tutti i popoli alla comprensione intellettuale e all’intendimento spirituale di queste qualità divine. Anche se la teologia ebraica rifiutò di ampliarsi, svolse un ruolo importante nello sviluppo delle altre due religioni mondiali, il Cristianesimo e l’Islamismo.
(1076.4) 97:10.7 La religione ebraica persisté anche a causa delle sue istituzioni. È difficile per una religione sopravvivere come pratica personale di singoli individui. L’errore dei capi religiosi è sempre stato questo: vedendo i mali della religione istituzionalizzata essi cercano di distruggere la tecnica di funzionamento collettivo. Invece di distruggere l’intero rituale essi farebbero meglio a riformarlo. Sotto questo aspetto Ezechiele fu più saggio dei suoi contemporanei; sebbene si sia unito a loro nell’insistere sulla responsabilità morale personale, ha anche cominciato a stabilire l’osservanza fedele di un rituale superiore e purificato.
(1076.5) 97:10.8 E così i successivi maestri d’Israele compirono la più grande impresa nell’evoluzione della religione mai effettuata su Urantia: la trasformazione graduale ma continua del concetto barbaro del selvaggio demone Yahweh, il geloso e crudele dio-spirito del tuonante vulcano Sinai, nel successivo concetto esaltato e celeste del supremo Yahweh, creatore di tutte le cose e Padre amorevole e misericordioso di tutta l’umanità. Questo concetto ebraico di Dio fu la rappresentazione umana più elevata del Padre Universale fino al momento in cui fu ulteriormente ampliato e così squisitamente amplificato dagli insegnamenti personali e dall’esempio di vita di suo Figlio, Micael di Nebadon.
(1076.6) 97:10.9 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1077.1) 98:0.1 GLI INSEGNAMENTI di Melchizedek penetrarono in Europa per molte vie, ma principalmente vennero dall’Egitto e furono incor-porati nella filosofia occidentale dopo essere stati completamente ellenizzati e più tardi cristianizzati. Gli ideali del mondo occidentale erano essenzialmente socratici, e la successiva filosofia religiosa divenne quella di Gesù con le modificazioni ed i compromessi dovuti al contatto con la filosofia e la religione occidentale in evoluzione, il cui insieme culminò nella Chiesa cristiana.
(1077.2) 98:0.2 In Europa i missionari di Salem proseguirono per lungo tempo le loro attività e furono gradualmente assorbiti dai numerosi gruppi di culto e rituali che sorgevano periodicamente. Tra quelli che mantennero gli insegnamenti di Salem nella forma più pura si devono menzionare i Cinici. Questi predicatori della fede e della fiducia in Dio erano ancora operanti nell’Europa romana del primo secolo dopo Cristo e furono incorporati più tardi nella religione cristiana in formazione.
(1077.3) 98:0.3 Gran parte della dottrina di Salem fu diffusa in Europa dai soldati mercenari ebrei che combatterono tante battaglie militari in occidente. Nei tempi antichi gli Ebrei erano rinomati sia per il valore militare che per le loro peculiarità teologiche.
(1077.4) 98:0.4 Le dottrine basilari della filosofia greca, della teologia ebraica e dell’etica cristiana furono essenzialmente ripercussioni dei precedente insegnamenti di Melchizedek.
(1077.5) 98:1.1 I missionari di Salem avrebbero potuto edificare una grande struttura religiosa tra i Greci se non fosse stato per la rigida interpretazione del loro giuramento di ordinazione, un pegno imposto da Machiventa che impediva l’organizzazione di congregazioni esclusive per l’adorazione, e che esigeva la promessa di ogni insegnante di non funzionare mai come sacerdote né di ricevere mai compensi per un servizio religioso, soltanto cibo, vestiario ed un rifugio. Quando gli insegnanti Melchizedek entrarono nella Grecia preellenica, trovarono un popolo che alimentava ancora le tradizioni di Adamson e dei tempi degli Anditi, ma questi insegnamenti erano stati fortemente adulterati dalle nozioni e credenze delle masse di schiavi inferiori che erano state portate in quantità crescente sulle rive greche. Questa adulterazione produsse il ritorno ad un rozzo animismo con riti di sangue cui le classi inferiori univano anche il cerimoniale dell’esecuzione di criminali condannati.
(1077.6) 98:1.2 L’influenza iniziale degli insegnanti di Salem fu quasi distrutta dalla cosiddetta invasione ariana proveniente dall’Europa meridionale e dall’est. Questi invasori ellenici portarono con loro dei concetti antropomorfici di Dio simili a quelli che i loro compagni ariani avevano introdotto in India. Questa importazione inaugurò l’evoluzione della famiglia greca di dei e di dee. Questa nuova religione era parzialmente basata sui culti degli invasori barbari ellenici, ma comprendeva anche i miti degli antichi abitanti della Grecia.
(1078.1) 98:1.3 I Greci ellenici trovarono il mondo mediterraneo largamente dominato dal culto della madre, ed essi imposero a questi popoli il loro dio-uomo, Dyaus-Zeus, il quale era già divenuto, come Yahweh tra i Semiti enoteisti, il capo dell’intero pantheon greco di dei subordinati. Ed i Greci avrebbero finito per raggiungere un vero monoteismo nel concetto di Zeus se non avessero trattenuto l’idea del supercontrollo del Fato. Un Dio di valore finale deve essere lui stesso l’arbitro del fato ed il creatore del destino.
(1078.2) 98:1.4 Come conseguenza di questi fattori nell’evoluzione religiosa si sviluppò ben presto la credenza popolare negli spensierati dei del Monte Olimpo, dei più umani che divini, che i Greci intelligenti non presero mai troppo sul serio. Essi non amavano né temevano molto queste divinità create da loro stessi. Provavano un sentimento patriottico e razziale per Zeus e per la sua famiglia di mezzi uomini e mezzi dei, ma non li riverivano né li adoravano.
(1078.3) 98:1.5 Gli Elleni divennero così imbevuti delle dottrine anticlericali dei primi istruttori di Salem che nessun clero di qualche importanza sorse mai in Grecia. Anche la creazione d’immagini degli dei divenne più un’opera artistica che materia di adorazione.
(1078.4) 98:1.6 Gli dei dell’Olimpo illustrano l’antropomorfismo tipico dell’uomo. Ma la mitologia greca era più estetica che etica. La religione greca fu utile perché descrisse un universo governato da un gruppo di deità. Ma la morale, l’etica e la filosofia greche progredirono presto molto al di là del concetto di dio, e questo squilibrio tra la crescita intellettuale e quella spirituale fu dannoso per la Grecia quanto lo era stato per l’India.
(1078.5) 98:2.1 Una religione superficiale e presa alla leggera non può durare, specialmente quando non ha un clero per alimentare le sue forme e per riempire il cuore dei fedeli di paura e di rispetto. La religione olimpica non prometteva salvezza, né soddisfava la sete spirituale dei suoi credenti; perciò era condannata a perire. Entro un millennio dal suo inizio essa era quasi scomparsa ed i Greci si trovarono senza una religione nazionale, poiché gli dei dell’Olimpo avevano perduto la loro presa sulle menti migliori.
(1078.6) 98:2.2 Questa era la situazione quando, durante il sesto secolo avanti Cristo, l’Oriente ed il Levante conobbero una rinascita della coscienza spirituale ed un rinnovato risveglio del riconoscimento del monoteismo. Ma l’Occidente non partecipò a questo nuovo sviluppo; né l’Europa né l’Africa settentrionale parteciparono in modo rilevante a questa rinascita religiosa. I Greci, tuttavia, s’impegnarono in un magnifico progresso intellettuale. Essi avevano cominciato a dominare la paura e non cercavano più la religione come suo antidoto, ma non percepivano che la vera religione è il rimedio dell’anima affamata, dell’inquietudine spirituale e della disperazione morale. Essi cercarono il conforto dell’anima nel pensiero profondo — nella filosofia e nella metafisica. Si volsero dalla meditazione sull’autopreservazione — la salvezza — alla realizzazione e alla conoscenza di se stessi.
(1078.7) 98:2.3 Per mezzo di una rigorosa riflessione i Greci tentarono di raggiungere quella coscienza della sicurezza che servisse da sostituto alla credenza nella sopravvivenza, ma fallirono completamente. Soltanto gli individui più intelligenti delle classi superiori dei popoli ellenici potevano afferrare questo nuovo insegnamento; la massa dei discendenti degli schiavi delle generazioni precedenti non aveva alcuna capacità di ricevere questo nuovo sostituto della religione.
(1079.1) 98:2.4 I filosofi disdegnarono ogni forma di adorazione, nonostante che in pratica fossero tutti vagamente legati ad un fondo di credenza nelle dottrine di Salem su “l’Intelligenza dell’universo”, “l’idea di Dio” e la “Grande Sorgente”. In quello che i filosofi greci riconoscevano del divino e del superfinito erano francamente monoteisti; essi accordavano un modesto riconoscimento all’intera galassia di dei e dee dell’Olimpo.
(1079.2) 98:2.5 I poeti greci del sesto e del quinto secolo a.C., in particolare Pindaro, tentarono di riformare la religione greca. Essi elevarono i suoi ideali, ma furono più artisti che religiosi. Essi non riuscirono a sviluppare una tecnica per promuovere e conservare dei valori supremi.
(1079.3) 98:2.6 Senofane insegnò la dottrina di un Dio unico, ma il suo concetto di deità era troppo panteistico per rappresentare un Padre personale all’uomo mortale. Anassagora era un meccanicista, eccetto che riconosceva una Causa Prima, una Mente Iniziale. Socrate ed i suoi successori, Platone e Aristotele, insegnarono che la virtù è conoscenza, che la bontà è la salute dell’anima, che è meglio subire un’ingiustizia che esserne colpevoli, che non è bene rendere male per male e che gli dei sono saggi e buoni. Le loro virtù cardinali erano: saggezza, coraggio, temperanza e giustizia.
(1079.4) 98:2.7 L’evoluzione della filosofia religiosa presso i popoli ellenici ed ebrei mostra un esempio di contrasto della funzione della Chiesa come istituzione per plasmare il progresso culturale. In Palestina il pensiero umano era talmente controllato dai sacerdoti e guidato dalle Scritture che la filosofia e l’estetica erano totalmente sommerse nella religione e nella moralità. In Grecia l’assenza quasi completa di sacerdoti e di “sacre Scritture” lasciò la mente umana libera e senza ostacoli, con il risultato di un sorprendente sviluppo nella profondità di pensiero. Ma la religione come esperienza personale non riuscì a tenere il passo delle investigazioni intellettuali nella natura e nella realtà del cosmo.
(1079.5) 98:2.8 In Grecia il credere era subordinato al pensare; in Palestina il pensare era asservito al credere. Gran parte della forza del Cristianesimo è dovuta all’aver mutuato molto dalla moralità ebraica e dal pensiero greco.
(1079.6) 98:2.9 In Palestina il dogma religioso divenne talmente cristallizzato da compromettere un’ulteriore crescita; in Grecia il pensiero umano divenne così astratto che il concetto di Dio si risolse in una visione nebbiosa di speculazioni panteistiche per niente dissimili dall’Infinità impersonale dei filosofi bramani.
(1079.7) 98:2.10 Ma gli uomini comuni di quel tempo non poterono cogliere la filosofia greca della realizzazione di sé e di una Deità astratta, né vi furono interessati. Essi anelavano piuttosto alle promesse di salvezza, unitamente ad un Dio personale che ascoltasse le loro preghiere. Essi esiliarono i filosofi e perseguitarono gli ultimi fedeli del culto di Salem, essendosi le due dottrine molto mescolate, e si prepararono a quel terribile tuffo orgiastico nelle follie dei culti dei misteri che stavano allora invadendo i paesi del Mediterraneo. I misteri eleusini sorsero all’interno del pantheon olimpico, una versione greca del culto della fertilità; fiorì il culto dionisiaco della natura. Il migliore dei culti fu la fraternità orfica, le cui predicazioni morali e le cui promesse di salvezza attrassero molte persone.
(1080.1) 98:2.11 Tutta la Grecia fu coinvolta in questi nuovi metodi di raggiungimento della salvezza, in questi cerimoniali emozionali e ardenti. Nessuna nazione aveva mai raggiunto simili altezze di filosofia artistica in così poco tempo, né aveva mai creato un tale sistema avanzato di etica praticamente senza Deità e senza la minima promessa di salvezza umana. Nessuna nazione era mai precipitata così rapidamente, profondamente e violentemente in un tale abisso di stagnazione intellettuale, di depravazione morale e di povertà spirituale come questi stessi popoli greci quando si lanciarono nel folle vortice dei culti dei misteri.
(1080.2) 98:2.12 Le religioni sono durate a lungo senza supporto filosofico, ma poche filosofie, in quanto tali, sono persistite a lungo senza una qualche identificazione con la religione. La filosofia è per la religione quello che la concezione è per l’azione. Ma la condizione umana ideale è quella in cui la filosofia, la religione e la scienza si saldano in un’unità significativa mediante l’azione congiunta della saggezza, della fede e dell’esperienza.
(1080.3) 98:3.1 Essendosi evoluta dalle primitive forme religiose di adorazione degli dei di famiglia a quella della venerazione tribale di Marte, dio della guerra, era naturale che la religione successiva dei Latini assomigliasse di più ad un’osservanza politica che ai sistemi intellettuali dei Greci e dei Bramani o alle religioni più spirituali di diversi altri popoli.
(1080.4) 98:3.2 Nel corso della grande rinascita monoteistica del vangelo di Melchizedek durante il sesto secolo avanti Cristo, troppo pochi missionari di Salem penetrarono in Italia, e quelli che lo fecero furono incapaci di vincere l’influenza del clero etrusco in rapida espansione, con la sua nuova galassia di dei e di templi, che furono tutti organizzati nella religione di Stato romana. Questa religione delle tribù latine non era triviale e venale come quella dei Greci, né era austera e tirannica come quella degli Ebrei; essa consisteva prevalentemente nell’osservanza di forme, voti e tabù semplici.
(1080.5) 98:3.3 La religione romana fu grandemente influenzata da estese importazioni culturali dalla Grecia. Alla fine la maggior parte degli dei dell’Olimpo fu trapiantata ed incorporata nel pantheon latino. I Greci adorarono a lungo il fuoco del focolare domestico — Hestia era la dea vergine del focolare; Vesta era la dea romana del focolare. Zeus divenne Jupiter; Afrodite divenne Venus; e così via per le numerose deità dell’Olimpo.
(1080.6) 98:3.4 L’iniziazione religiosa dei giovani Romani era l’occasione della loro consacrazione solenne al servizio dello Stato. Giuramenti ed ammissioni alla cittadinanza erano in realtà delle cerimonie religiose. I popoli latini avevano templi, altari e santuari, e in caso di crisi consultavano gli oracoli. Essi conservavano le ossa degli eroi e più tardi lo fecero per quelle dei santi cristiani.
(1080.7) 98:3.5 Questa forma ufficiale e fredda di patriottismo pseudoreligioso era condannata a scomparire, come l’adorazione altamente intellettuale ed artistica dei Greci era crollata davanti all’adorazione fervente e profondamente emotiva dei culti dei misteri. Il più grande di questi culti devastanti era la religione del mistero della setta della Madre di Dio, che aveva allora la sua sede sull’esatto luogo dell’attuale chiesa di San Pietro a Roma.
(1080.8) 98:3.6 L’emergente Stato romano trionfò politicamente, ma fu a sua volta conquistato dai culti, dai rituali, dai misteri e dai concetti di dio dell’Egitto, della Grecia e del Levante. Questi culti importati continuarono a fiorire in tutto lo Stato romano fino al tempo di Augusto, il quale, per ragioni puramente politiche e civili, fece uno sforzo eroico ed abbastanza riuscito per distruggere i misteri e ravvivare l’antica religione politica.
(1081.1) 98:3.7 Uno dei sacerdoti della religione di Stato raccontò ad Augusto dei precedenti tentativi degli insegnanti di Salem per diffondere la dottrina di un Dio unico, di una Deità ultima al di sopra di tutti gli esseri soprannaturali; e questa idea si fissò così fermamente nell’imperatore che costruì numerosi templi, li fornì abbondantemente di magnifiche immagini, riorganizzò il clero di Stato, ristabilì la religione di Stato, nominò se stesso nella funzione di sommo sacerdote, e come imperatore non esitò a proclamarsi dio supremo.
(1081.2) 98:3.8 Questa nuova religione del culto di Augusto prosperò e fu osservata in tutto l’impero durante la sua vita, salvo che in Palestina, patria degli Ebrei. Quest’epoca degli dei umani continuò fino a che il culto ufficiale romano ebbe un elenco di oltre quaranta deità umane elevatesi da se stesse a tale dignità, che vantavano tutte delle nascite miracolose ed altri attributi superumani.
(1081.3) 98:3.9 L’ultima resistenza del decrescente gruppo di credenti di Salem fu fatta da un fervente gruppo di predicatori, i Cinici, i quali esortarono i Romani ad abbandonare i loro barbari ed insensati rituali religiosi e a ritornare ad una forma di culto incorporante il vangelo di Melchizedek, quale era stato modificato e contaminato dal contatto con la filosofia dei Greci. Ma il popolo in generale respinse i Cinici; preferì gettarsi nei rituali dei misteri, che non solo offrivano speranze di salvezza personale, ma soddisfavano anche il desiderio di svago, di eccitazione e di divertimento.
(1081.4) 98:4.1 La maggior parte degli abitanti del mondo greco-romano, avendo perduto le loro religioni primitive di famiglia e di Stato e non essendo né capaci né desiderosi di cogliere il significato della filosofia greca, volsero la loro attenzione ai culti spettacolari ed emozionali dei misteri provenienti dall’Egitto e dal Levante. Il popolo comune anelava alle promesse di salvezza — la consolazione religiosa per oggi e le assicurazioni di speranza per l’immortalità dopo la morte.
(1081.5) 98:4.2 I tre culti dei misteri che divennero più popolari furono:
(1081.6) 98:4.3 1. Il culto frigio di Cibele e di suo figlio Attis.
(1081.7) 98:4.4 2. Il culto egiziano di Osiride e di sua madre Iside.
(1081.8) 98:4.5 3. Il culto iraniano dell’adorazione di Mitra come salvatore e redentore dell’umanità peccatrice.
(1081.9) 98:4.6 I misteri frigi ed egiziani insegnavano che il figlio divino (rispettivamente Attis e Osiride) era passato per l’esperienza della morte ed era stato risuscitato dal potere divino, ed inoltre che tutti quelli che venivano opportunamente iniziati al mistero e che celebravano rispettosamente l’anniversario della morte e della risurrezione del dio, sarebbero con ciò divenuti partecipi della sua natura divina e della sua immortalità.
(1081.10) 98:4.7 Le cerimonie frigie erano imponenti ma degradanti; le loro celebrazioni sanguinose denotano quanto fossero divenuti degradati e primitivi questi misteri levantini. Il giorno più sacro era il Venerdì Nero, il “giorno del sangue”, che commemorava la morte che Attis si autoinflisse. Dopo i tre giorni di celebrazione del sacrificio e della morte di Attis la festa si volgeva in gioia in onore della sua risurrezione.
(1082.1) 98:4.8 I rituali dell’adorazione di Iside e di Osiride erano più raffinati ed impressionanti di quelli del culto frigio. Questo rituale egiziano era costruito attorno alla leggenda dell’antico dio del Nilo, un dio che morì e fu risuscitato, il cui concetto fu derivato dall’osservazione del ricorrente arresto annuale della crescita della vegetazione seguito dalla rigenerazione di tutte le piante viventi in primavera. Il parossismo dell’osservanza di questi culti dei misteri e le orge dei loro cerimoniali, che si riteneva portassero all’ “entusiasmo” della realizzazione della divinità, erano talvolta assai rivoltanti.
(1082.2) 98:5.1 I misteri frigi ed egiziani cedettero alla fine di fronte al più grande di tutti i culti dei misteri, l’adorazione di Mitra. Il culto mitraico si rivolgeva ad un largo ventaglio di nature umane e soppiantò gradualmente entrambi i suoi predecessori. Il Mitraismo si diffuse nell’Impero Romano mediante la propaganda delle legioni romane reclutate nel Levante, dove questa religione era in voga, perché essi portavano queste credenze ovunque andavano. E questo nuovo rituale religioso fu un grande miglioramento rispetto ai precedenti culti dei misteri.
(1082.3) 98:5.2 Il culto di Mitra ebbe origine in Iran e persisté a lungo nel suo paese d’origine nonostante la fiera opposizione dei seguaci di Zoroastro. Ma all’epoca in cui il Mitraismo raggiunse Roma, era stato assai migliorato dall’assorbimento di molti insegnamenti di Zoroastro. Fu principalmente attraverso il culto mitraico che la religione di Zoroastro esercitò un’influenza sul Cristianesimo apparso più tardi.
(1082.4) 98:5.3 Il culto mitraico presentava un dio bellicoso che aveva avuto origine da una grande roccia, impegnato in coraggiose imprese e che faceva sgorgare l’acqua da una roccia colpita dalle sue frecce. C’era un’inondazione alla quale un solo uomo sfuggiva su un battello appositamente costruito ed un’ultima cena che Mitra celebrava con il dio sole prima di ascendere in cielo. Questo dio sole, o Sol Invictus, era una degenerazione del concetto di deità Ahura-Mazda dello Zoroastrismo. Mitra era concepito come il campione sopravvivente del dio sole nella sua lotta con il dio delle tenebre. Ed in riconoscimento per aver ucciso il mitico toro sacro, Mitra fu reso immortale e fu elevato alla posizione d’intercessore per la razza umana tra gli dei del cielo.
(1082.5) 98:5.4 Gli aderenti a questo culto adoravano in grotte ed in altri luoghi segreti, cantando inni, mormorando parole magiche, mangiando la carne degli animali sacrificali e bevendo il loro sangue. Essi adoravano tre volte al giorno, con speciali cerimonie settimanali nel giorno del dio sole e con la celebrazione più elaborata nella festa annuale di Mitra, il 25 dicembre. Si credeva che condividere il sacramento assicurasse la vita eterna, il passaggio immediato dopo la morte nel seno di Mitra per restarvi in beatitudine fino al giorno del giudizio. Nel giorno del giudizio le chiavi mitraiche del cielo avrebbero aperto le porte del Paradiso per ricevervi i fedeli; dopo di che tutti i non battezzati tra i viventi ed i morti sarebbero stati annientati al ritorno di Mitra sulla terra. S’insegnava che quando un uomo moriva andava davanti a Mitra per essere giudicato, e che alla fine del mondo Mitra avrebbe radunato tutti i morti dalle loro tombe perché affrontassero il giudizio finale. I malvagi sarebbero stati distrutti con il fuoco ed i buoni avrebbero regnato con Mitra per sempre.
(1082.6) 98:5.5 All’inizio era una religione solo per gli uomini, e c’erano sette ordini differenti cui i credenti potevano essere iniziati in successione. Più tardi le mogli e le figlie dei credenti furono ammesse ai templi della Grande Madre, che erano contigui ai templi mitraici. Il culto delle donne era una mescolanza del rituale mitraico e delle cerimonie del culto frigio di Cibele, la madre di Attis.
(1083.1) 98:6.1 Prima dell’apparizione dei culti dei misteri e del Cristianesimo la religione personale si era poco sviluppata come istituzione indipendente nei paesi civilizzati dell’Africa del nord e dell’Europa; essa era più un affare di famiglia, di città-Stato, di politica e d’impero. I Greci ellenici non svilupparono mai un sistema di culto centralizzato; il rituale era locale; essi non avevano né clero né “libro sacro”. Come i Romani, le loro istituzioni religiose mancavano di un potente agente motore per la preservazione di valori morali e spirituali superiori. Pur essendo vero che l’istituzionalizzazione della religione ha generalmente sminuito la sua qualità spirituale, è anche un fatto che nessuna religione è mai riuscita finora a sopravvivere senza l’aiuto di un’organizzazione istituzionale di grado maggiore o minore.
(1083.2) 98:6.2 La religione occidentale languì così fino all’epoca degli Scettici, dei Cinici, degli Epicurei e degli Stoici, ma più importante ancora, fino ai tempi del grande conflitto tra il Mitraismo e la nuova religione cristiana di Paolo.
(1083.3) 98:6.3 Durante il terzo secolo dopo Cristo le chiese mitraiche e cristiane erano molto simili nell’aspetto esteriore e nel carattere del loro rituale. Tutti questi luoghi di adorazione erano per la maggior parte sotterranei e contenevano degli altari i cui sfondi descrivevano diversamente le sofferenze del salvatore che aveva portato la salvezza ad una razza umana maledetta dal peccato.
(1083.4) 98:6.4 Era sempre stata abitudine degli adoratori mitraici, entrando nel tempio, d’intingere le loro dita nell’acqua benedetta. E poiché in certi distretti c’erano delle persone che appartenevano contemporaneamente alle due religioni, introdussero questo costume nella maggior parte delle chiese cristiane nelle vicinanze di Roma. Entrambe le religioni impiegavano il battesimo e distribuivano il sacramento del pane e del vino. L’unica grande differenza tra il Mitraismo ed il Cristianesimo, a parte le personalità di Mitra e di Gesù, era che l’una incoraggiava il militarismo mentre l’altra era ultrapacifista. La tolleranza del Mitraismo verso le altre religioni (salvo il più recente Cristianesimo) portò alla sua rovina finale. Ma il fattore decisivo nella lotta tra le due fu l’ammissione delle donne a pieno titolo alla comunità della fede cristiana.
(1083.5) 98:6.5 Alla fine la fede denominata cristiana dominò l’Occidente. La filosofia greca fornì i concetti di valore etico; il Mitraismo fornì i rituali di osservanza del culto; ed il Cristianesimo, come tale, fornì la tecnica per la conservazione dei valori morali e sociali.
(1083.6) 98:7.1 Un Figlio Creatore non si è incarnato nelle sembianze della carne mortale e non si è conferito all’umanità di Urantia per riconciliare un Dio in collera, ma piuttosto per conquistare tutti gli uomini al riconoscimento dell’amore del Padre e alla realizzazione della loro filiazione con Dio. Dopotutto, anche il grande fautore della dottrina dell’espiazione comprese in parte questa verità, perché dichiarò che “Dio riconciliava in Cristo il mondo con se stesso”.
(1084.1) 98:7.2 Non è competenza di questo fascicolo occuparsi dell’origine e della diffusione della religione cristiana. È sufficiente dire che essa è costruita attorno alla persona di Gesù di Nazaret, il Figlio Micael di Nebadon umanamente incarnato, conosciuto su Urantia come il Cristo, l’unto del Signore. Il Cristianesimo fu diffuso in tutto il Levante e l’Occidente dai discepoli di questo galileo, ed il loro zelo missionario eguagliò quello dei loro illustri predecessori, i Setiti ed i Salemiti, così come quello dei loro ferventi contemporanei asiatici, gli insegnanti buddisti.
(1084.2) 98:7.3 La religione cristiana, come sistema di credenza urantiano, è sorta dalla combinazione dei seguenti insegnamenti, influenze, credenze, culti e comportamenti personali individuali:
(1084.3) 98:7.4 1. Gli insegnamenti di Melchizedek, che sono un fattore basilare di tutte le religioni dell’Oriente e dell’Occidente sorte negli ultimi quattromila anni.
(1084.4) 98:7.5 2. Il sistema ebraico di moralità, di etica, di teologia e di credenza nella Provvidenza e nel supremo Yahweh.
(1084.5) 98:7.6 3. La concezione zoroastriana della lotta tra il bene ed il male cosmici, che aveva già lasciato la sua impronta sul Giudaismo e sul Mitraismo. A seguito del prolungato contatto che ha accompagnato le lotte tra il Mitraismo ed il Cristianesimo, le dottrine del profeta iraniano divennero un potente fattore nel determinare l’assetto teologico e filosofico e la struttura dei dogmi, dei princìpi e della cosmologia delle versioni ellenizzata e latinizzata degli insegnamenti di Gesù.
(1084.6) 98:7.7 4. I culti dei misteri, specialmente il Mitraismo, ma anche l’adorazione della Grande Madre nel culto frigio. Anche le leggende riguardo alla nascita di Gesù su Urantia furono contaminate dalla versione romana della nascita miracolosa del salvatore eroe iraniano Mitra, la cui venuta sulla terra si riteneva avesse avuto per testimoni soltanto un piccolo gruppo di pastori che portavano dei doni, i quali erano stati informati di questo avvenimento imminente dagli angeli.
(1084.7) 98:7.8 5. Il fatto storico della vita umana di Joshua ben Joseph, la realtà di Gesù di Nazaret come il Cristo glorificato, il Figlio di Dio.
(1084.8) 98:7.9 6. L’opinione personale di Paolo di Tarso. Bisogna tenere presente che il Mitraismo era la religione dominante a Tarso durante la sua adolescenza. Paolo non immaginava affatto che le lettere indirizzate a fin di bene ai suoi convertiti sarebbero state considerate un giorno dai Cristiani successivi come la “parola di Dio”. Tali insegnanti ben intenzionati non devono essere ritenuti responsabili dell’uso dei loro scritti fatto in seguito dai loro successori.
(1084.9) 98:7.10 7. Il pensiero filosofico dei popoli ellenisti, da Alessandria ad Antiochia, passando per la Grecia, fino a Siracusa e a Roma. La filosofia dei Greci era più in armonia con la versione paolina del Cristianesimo che con qualsiasi altro sistema religioso corrente e divenne un fattore importante nel successo del Cristianesimo in Occidente. La filosofia greca, assieme alla teologia di Paolo, forma ancora la base dell’etica europea.
(1084.10) 98:7.11 A mano a mano che gli insegnamenti originali di Gesù penetrarono in Occidente furono occidentalizzati, e via via che furono occidentalizzati cominciarono a perdere la loro attrazione potenzialmente universale per tutte le razze e tipi di uomini. Il Cristianesimo oggi è divenuto una religione bene adattata ai costumi sociali, economici e politici delle razze bianche. Esso ha cessato da lungo tempo di essere la religione di Gesù, benché rappresenti ancora validamente una magnifica religione a proposito di Gesù a quegli individui che cercano sinceramente di seguire la via del suo insegnamento. Esso ha glorificato Gesù come il Cristo, l’unto messianico di Dio, ma ha dimenticato in larga misura il vangelo personale del Maestro: la Paternità di Dio e la fratellanza universale di tutti gli uomini.
(1085.1) 98:7.12 Questa è la lunga storia degli insegnamenti di Machiventa Melchizedek su Urantia. Sono trascorsi quasi quattromila anni da quando questo Figlio d’emergenza di Nebadon si conferì ad Urantia, e durante questo tempo gli insegnamenti del “sacerdote di El Elyon, l’Altissimo Dio”, sono penetrati presso tutte le razze e tutti i popoli. Machiventa era riuscito a raggiungere lo scopo del suo eccezionale conferimento. Quando Micael si preparò ad apparire su Urantia, il concetto di Dio esisteva nel cuore degli uomini e delle donne, lo stesso concetto di Dio che arde ancora nell’esperienza spirituale vivente dei molteplici figli del Padre Universale mentre vivono la loro affascinante vita temporale sui pianeti che ruotano nello spazio.
(1085.2) 98:7.13 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon]
(1086.1) 99:0.1 LA RELIGIONE raggiunge il suo massimo ministero sociale quando ha la minima connessione con le istituzioni secolari della società. Nelle epoche passate, poiché le riforme sociali erano limitate in larga misura al campo morale, la religione non doveva adattare il suo atteggiamento agli estesi cambiamenti nei sistemi economico e politico. Il problema principale della religione era di tentare di sostituire il male con il bene all’interno dell’ordine sociale esistente della cultura politica ed economica. La religione ha così teso indirettamente a perpetuare l’ordine stabilito della società, a favorire il mantenimento del tipo di civiltà esistente.
(1086.2) 99:0.2 Ma la religione non dovrebbe occuparsi direttamente della creazione di nuovi ordini sociali o della conservazione dei vecchi. La vera religione si oppone alla violenza come tecnica di evoluzione sociale, ma non si oppone agli sforzi intelligenti della società per adattare le sue usanze ed aggiustare le sue istituzioni a nuove condizioni economiche e a nuove esigenze culturali.
(1086.3) 99:0.3 La religione approvò le occasionali riforme sociali dei secoli passati, ma nel ventesimo secolo essa è necessariamente chiamata ad affrontare l’adattamento ad una ricostruzione sociale estesa e continua. Le condizioni di vita cambiano così rapidamente che le modificazioni istituzionali devono essere grandemente accelerate, e la religione deve conseguentemente accelerare il suo adattamento a quest’ordine sociale nuovo ed in continuo cambiamento.
(1086.4) 99:1.1 Le invenzioni meccaniche e la diffusione della conoscenza stanno modificando la civiltà; certi aggiustamenti economici e cambiamenti sociali s’impongono se si vuole evitare un disastro culturale. Questo nuovo ordine sociale che si avvicina si stabilizzerà in maniera soddisfacente solo per un millennio. La razza umana deve rassegnarsi ad una serie di cambiamenti, di aggiustamenti e di riaggiustamenti. L’umanità è in cammino verso un nuovo destino planetario non rivelato.
(1086.5) 99:1.2 La religione deve diventare una forte influenza per la stabilità morale ed il progresso spirituale, operando dinamicamente in mezzo a queste condizioni in continuo cambiamento e a questi aggiustamenti economici incessanti.
(1086.6) 99:1.3 La società di Urantia non può assolutamente sperare di rimanere ferma come nelle ere passate. La nave sociale è salpata dalle baie riparate della tradizione stabilita ed ha cominciato la sua crociera nei mari aperti del destino evoluzionario. E l’anima dell’uomo, come mai prima nella storia del mondo, ha bisogno di scrutare attentamente le sue carte di moralità e di osservare accuratamente la bussola della guida religiosa. La missione suprema della religione come influenza sociale è quella di stabilizzare gli ideali dell’umanità durante questi periodi pericolosi di transizione da una fase di civiltà ad un’altra, da un livello di cultura ad un altro.
(1087.1) 99:1.4 La religione non ha nuovi doveri da compiere, ma è chiamata urgentemente ad operare da saggia guida e da esperta consigliera in tutte queste nuove situazioni umane in rapido mutamento. La società sta diventando più meccanica, più compatta, più complessa e più pericolosamente interdipendente. La religione deve operare per impedire che queste nuove e strette interassociazioni divengano reciprocamente degenerative o anche distruttive. La religione deve agire da sale cosmico che impedisce ai fermenti del progresso di distruggere il sapore culturale della civiltà. Queste nuove relazioni sociali e questi nuovi mutamenti economici possono portare ad una fratellanza duratura solo mediante il ministero della religione.
(1087.2) 99:1.5 Un umanitarismo ateo è, umanamente parlando, un nobile gesto, ma la vera religione è la sola forza che può accrescere in modo duraturo la risposta di un gruppo sociale ai bisogni e alle sofferenze di altri gruppi. Nel passato la religione istituzionale poteva rimanere passiva mentre le classi superiori della società facevano orecchie da mercante alle sofferenze e all’oppressione delle classi inferiori indifese, ma in tempi moderni questi ordini sociali inferiori non sono più così miseramente ignoranti né così politicamente impotenti.
(1087.3) 99:1.6 La religione non deve farsi coinvolgere organicamente nel lavoro laico di ricostruzione sociale e di riorganizzazione economica, ma deve attivamente restare al passo con tutti questi progressi della civiltà facendo precise e vigorose riaffermazioni dei suoi comandamenti morali e dei suoi precetti spirituali, la sua filosofia progressiva di vita umana e di sopravvivenza trascendente. Lo spirito della religione è eterno, ma la forma della sua espressione deve essere rimessa a punto ogni volta che il dizionario del linguaggio umano viene riveduto.
(1087.4) 99:2.1 La religione istituzionale non può offrire l’ispirazione ed essere di guida in questa ricostruzione sociale ed in questa riorganizzazione economica imminenti su scala mondiale, perché è disgraziatamente divenuta una parte più o meno organica dell’ordine sociale e del sistema economico che sono destinati ad essere ricostruiti. Solo la vera religione dell’esperienza spirituale personale può operare utilmente e creativamente nella crisi attuale della civiltà.
(1087.5) 99:2.2 La religione istituzionale è ora trattenuta nello stallo di un circolo vizioso. Essa non può ricostruire la società senza prima ricostruire se stessa; ed essendo una parte così integrante dell’ordine stabilito, non può ricostruire se stessa fino a che la società non sia stata radicalmente ricostruita.
(1087.6) 99:2.3 Le persone religiose devono operare nella società, nell’industria e nella politica come individui, non come gruppi, partiti o istituzioni. Un gruppo religioso che presume di agire come tale al di fuori delle sue attività religiose diventa immediatamente un partito politico, un’organizzazione economica o un’istituzione sociale. Il collettivismo religioso deve limitare i suoi sforzi al sostegno delle cause religiose.
(1087.7) 99:2.4 Le persone religiose non hanno maggior valore nei compiti di ricostruzione sociale di quelle non religiose, salvo nella misura in cui la loro religione ha conferito loro una maggiore percezione cosmica e le ha dotate di quella saggezza sociale superiore che è nata dal desiderio sincero di amare Dio supremamente e di amare ogni uomo come un fratello nel regno dei cieli. L’ordine sociale ideale è quello in cui ogni uomo ama il suo prossimo come ama se stesso.
(1087.8) 99:2.5 La Chiesa istituzionalizzata può sembrare che abbia servito la società nel passato glorificando l’ordine politico ed economico stabilito, ma essa deve cessare rapidamente una tale azione se vuole sopravvivere. Il suo solo atteggiamento appropriato consiste nell’insegnamento della non violenza, la dottrina dell’evoluzione pacifica, in luogo della rivoluzione violenta — pace sulla terra e buona volontà tra tutti gli uomini.
(1088.1) 99:2.6 La religione moderna trova difficoltà ad adattare il suo atteggiamento ai rapidi cambiamenti sociali solo perché ha consentito a se stessa di diventare così completamente tradizionalizzata, dogmatizzata ed istituzionalizzata. La religione dell’esperienza vivente non trova alcuna difficoltà a tenere testa a tutti questi sviluppi sociali e cambiamenti economici, tra i quali essa opera sempre come stabilizzatrice morale, guida sociale e pilota spirituale. La vera religione trasporta da un’era all’altra la cultura di valore e quella saggezza che è nata dall’esperienza di conoscere Dio e di sforzarsi di essere simili a lui.
(1088.2) 99:3.1 Il Cristianesimo primitivo era completamente libero da ogni implicazione civile, impegno sociale ed alleanza economica. Solo più tardi il Cristianesimo istituzionalizzato divenne una parte organica della struttura politica e sociale della civiltà occidentale.
(1088.3) 99:3.2 Il regno dei cieli non è né un ordine sociale né un ordine economico; esso è una fraternità esclusivamente spirituale d’individui che conoscono Dio. È tuttavia vero che una tale fraternità è in se stessa un nuovo e sorprendente fenomeno sociale accompagnato da stupefacenti ripercussioni politiche ed economiche.
(1088.4) 99:3.3 La persona religiosa non è né indifferente alla sofferenza sociale, né incurante dell’ingiustizia civile, né isolata dal pensiero economico, né insensibile alla tirannia politica. La religione influenza direttamente la ricostruzione sociale perché spiritualizza e idealizza il singolo cittadino. Indirettamente la civiltà culturale è influenzata dal comportamento di questi singoli credenti via via che essi divengono membri attivi ed influenti dei vari gruppi sociali, morali, economici e politici.
(1088.5) 99:3.4 Il raggiungimento di un’elevata civiltà culturale richiede in primo luogo il tipo ideale di cittadino, e poi dei meccanismi sociali ideali e adeguati con cui una tale cittadinanza possa controllare le istituzioni economiche e politiche di questa società umana evoluta.
(1088.6) 99:3.5 La Chiesa, per un eccesso di falso sentimento, ha portato a lungo il suo ministero ai derelitti e ai disgraziati, e questa è stata una cosa buona, ma questo stesso sentimento ha portato all’insensata perpetuazione delle linee razzialmente degenerate che hanno enormemente ritardato il progresso della civiltà.
(1088.7) 99:3.6 Molti singoli ricostruttori sociali, pur ripudiando con veemenza la religione istituzionalizzata sono, dopotutto, degli zelanti religiosi nella propagazione delle loro riforme sociali. Ed è così che la motivazione religiosa, personale e più o meno sconosciuta, sta svolgendo un ruolo importante nell’attuale programma di ricostruzione sociale.
(1088.8) 99:3.7 La grande debolezza di tutto questo tipo di attività religiosa sconosciuta ed inconscia è che essa non è in grado di beneficiare di un’aperta critica religiosa e di raggiungere in tal modo livelli proficui di autocorrezione. È un fatto che la religione non cresce se non è disciplinata da una critica costruttiva, ampliata dalla filosofia, purificata dalla scienza e nutrita da una leale comunione.
(1088.9) 99:3.8 C’è sempre il grande pericolo che la religione sia deformata e pervertita nel perseguimento di scopi sbagliati, come quando in tempo di guerra ogni nazione contendente prostituisce la sua religione nella propaganda militare. Lo zelo senza amore è sempre dannoso alla religione, mentre la persecuzione devia le attività religiose verso il conseguimento di una spinta sociologica o teologica.
(1089.1) 99:3.9 La religione può essere mantenuta libera da dannose alleanze secolari soltanto con:
(1089.2) 99:3.10 1. Una filosofia criticamente correttiva.
(1089.3) 99:3.11 2. L’indipendenza da ogni alleanza sociale, economica e politica.
(1089.4) 99:3.12 3. Comunità creative, confortanti e che sviluppano l’amore.
(1089.5) 99:3.13 4. Un accrescimento progressivo dell’intuizione spirituale e dell’apprezzamento dei valori cosmici.
(1089.6) 99:3.14 5. La prevenzione del fanatismo mediante la compensazione di un atteggiamento mentale scientifico.
(1089.7) 99:3.15 Le persone religiose, in quanto gruppo, non devono mai occuparsi d’altro che di religione, benché ciascuna di tali persone, come singolo cittadino, possa diventare il capo eminente di un movimento di ricostruzione sociale, economica o politica.
(1089.8) 99:3.16 Il compito della religione è di creare, sostenere ed ispirare una tale lealtà cosmica nel singolo cittadino in modo da orientarlo al raggiungimento del successo nella promozione di tutti questi difficili, ma desiderabili, servizi sociali.
(1089.9) 99:4.1 Una religione autentica rende la persona religiosa socialmente fragrante e crea discernimento nella comunità umana. Ma la formalizzazione dei gruppi religiosi distrugge molte volte i valori stessi per la promozione dei quali i gruppi erano stati organizzati. L’amicizia umana e la religione divina sono vicendevolmente utili e significativamente illuminanti se la crescita di ciascuna è equilibrata ed armonizzata. La religione introduce significati nuovi in tutte le associazioni di gruppo — famiglie, scuole e circoli. Essa assegna nuovi valori al gioco ed esalta tutto il vero umorismo.
(1089.10) 99:4.2 Il governo sociale viene trasformato dall’intuizione spirituale; la religione impedisce a tutti i movimenti collettivi di perdere di vista i loro veri obbiettivi. Insieme ai figli, la religione è il grande elemento unificatore della vita familiare, purché essa sia una fede vivente e crescente. Non può esservi vita di famiglia senza figli; essa può essere vissuta senza religione, ma una tale mancanza moltiplica enormemente le difficoltà di questa intima associazione umana. Durante i primi decenni del ventesimo secolo la vita di famiglia, dopo l’esperienza religiosa personale, è quella che ha sofferto maggiormente della decadenza conseguente alla transizione dalle vecchie devozioni religiose ai nuovi significati e valori emergenti.
(1089.11) 99:4.3 La vera religione è un modo significativo di vivere dinamicamente di fronte alle realtà ordinarie della vita quotidiana. Ma se la religione deve stimolare lo sviluppo individuale del carattere ed accrescere l’integrazione della personalità, non deve essere standardizzata. Se deve stimolare la valutazione dell’esperienza e servire da valido richiamo, non deve essere stereotipata. Se la religione deve promuovere devozioni supreme, non deve essere formalizzata.
(1089.12) 99:4.4 Indipendentemente dagli sconvolgimenti che possono accompagnare la crescita sociale ed economica della civiltà, la religione è autentica e valida se favorisce nell’individuo un’esperienza nella quale prevale la sovranità della verità, della bellezza e della bontà, perché questo è il vero concetto spirituale della realtà suprema. E per mezzo dell’amore e dell’adorazione essa diventa significativa in quanto comunione con l’uomo e filiazione con Dio.
(1090.1) 99:4.5 Dopotutto è ciò che si crede piuttosto che ciò che si conosce che determina la condotta e domina le prestazioni personali. La conoscenza puramente pratica esercita assai poca influenza sull’uomo medio se non è attivata emotivamente. Ma l’attivazione della religione è superemozionale; essa unifica l’intera esperienza umana su livelli trascendenti grazie al contatto con le energie spirituali nella vita mortale, e alla loro liberazione.
(1090.2) 99:4.6 Durante i tempi psicologicamente instabili del ventesimo secolo, tra gli sconvolgimenti economici, le tendenze morali controcorrente e le tumultuose correnti sociologiche delle cicloniche transizioni di un’era scientifica, migliaia e migliaia di uomini e di donne sono divenuti umanamente disorientati; sono ansiosi, agitati, timorosi, incerti ed instabili. Come mai prima nella storia del mondo essi hanno bisogno della consolazione e della stabilizzazione di una sana religione. A fronte di realizzazioni scientifiche e di sviluppi meccanici senza precedenti c’è una stagnazione spirituale ed un caos filosofico.
(1090.3) 99:4.7 Non c’è alcun pericolo nel fatto che la religione divenga sempre più una questione privata — un’esperienza personale — purché non perda la sua motivazione per un servizio sociale disinteressato ed amorevole. La religione ha subìto molte influenze secondarie: mescolanze improvvise di culture, fusioni di credenze, diminuzione di autorità ecclesiastica, mutamento di vita familiare, così come l’urbanizzazione e la meccanizzazione.
(1090.4) 99:4.8 Il più grande pericolo spirituale per l’uomo consiste nel progresso parziale, nella situazione spiacevole di una crescita incompleta: abbandonare le religioni evoluzionarie della paura senza comprendere immediatamente la religione rivelatrice dell’amore. La scienza moderna, in particolare la psicologia, ha indebolito solo quelle religioni che si fondano essenzialmente sulla paura, sulla superstizione e sull’emozione.
(1090.5) 99:4.9 Una transizione è sempre accompagnata da confusione, e non ci sarà tranquillità nel mondo religioso fino a che la grande battaglia tra le tre filosofie contendenti della religione non sarà finita:
(1090.6) 99:4.10 1. La credenza spiritistica (in una Deità provvidenziale) di molte religioni.
(1090.7) 99:4.11 2. La credenza umanistica ed idealistica di molte filosofie.
(1090.8) 99:4.12 3. Le concezioni meccanicistiche e naturalistiche di molte scienze.
(1090.9) 99:4.13 E questi tre approcci parziali alla realtà del cosmo devono alla fine essere armonizzati dalla presentazione rivelatrice della religione, della filosofia e della cosmologia che descrive l’esistenza trina dello spirito, della mente e dell’energia provenienti dalla Trinità del Paradiso e che raggiungono l’unificazione nel tempo-spazio nella Deità del Supremo.
(1090.10) 99:5.1 Anche se la religione è esclusivamente un’esperienza spirituale personale — conoscere Dio come un Padre — il corollario di questa esperienza — conoscere l’uomo come un fratello — comporta l’adattamento del sé ad altri sé, e ciò implica l’aspetto sociale o collettivo della vita religiosa. La religione è prima un aggiustamento interiore o personale, e poi diviene una questione di servizio sociale o di aggiustamento collettivo. Il fatto del carattere gregario dell’uomo determina necessariamente la nascita di gruppi religiosi. La sorte di questi gruppi religiosi dipende molto da una guida intelligente. Nella società primitiva il gruppo religioso non è sempre molto differente dai gruppi economici o politici. La religione è sempre stata una conservatrice della morale ed una stabilizzatrice della società. E questo è ancora vero, nonostante l’insegnamento contrario di molti socialisti ed umanisti moderni.
(1091.1) 99:5.2 Tenete sempre presente che la vera religione consiste nel conoscere Dio come vostro Padre e l’uomo come vostro fratello. La religione non è una credenza servile in minacce di punizione o in promesse magiche di future ricompense mistiche.
(1091.2) 99:5.3 La religione di Gesù è l’influenza più dinamica che abbia mai stimolato la razza umana. Gesù ha frantumato le tradizioni, distrutto i dogmi e chiamato l’umanità alla realizzazione dei suoi ideali più elevati nel tempo e nell’eternità — l’essere perfetta come il Padre che è nei cieli è perfetto.
(1091.3) 99:5.4 La religione ha poche possibilità di svolgere il proprio ruolo fino a che il gruppo religioso non si separa da tutti gli altri gruppi — non forma l’associazione sociale dei membri spirituali del regno dei cieli.
(1091.4) 99:5.5 La dottrina della depravazione totale dell’uomo ha distrutto gran parte del potenziale della religione per produrre ripercussioni sociali di natura elevatrice e di valore ispirante. Gesù cercò di ripristinare la dignità dell’uomo dichiarando che tutti gli uomini sono figli di Dio.
(1091.5) 99:5.6 Ogni credenza religiosa che spiritualizza efficacemente il credente avrà certamente potenti ripercussioni nella vita sociale di tale credente. L’esperienza religiosa produce infallibilmente i “frutti dello spirito” nella vita quotidiana del mortale guidato dallo spirito.
(1091.6) 99:5.7 Come gli uomini condividono certamente le loro credenze religiose, così essi creano un gruppo religioso di qualche sorta che alla fine crea scopi comuni. Un giorno le persone religiose si assoceranno e collaboreranno effettivamente sulla base dell’unità degli ideali e degli scopi piuttosto che tentare di fare ciò sulla base di opinioni psicologiche e di credenze teologiche. Gli scopi piuttosto che i credo dovrebbero unire le persone religiose. Poiché la vera religione è una questione di esperienza spirituale personale, è inevitabile che ogni singolo credente debba avere la propria interpretazione personale della realizzazione di questa esperienza spirituale. Il termine “fede” dovrebbe rappresentare la relazione dell’individuo con Dio piuttosto che la formulazione dottrinale di quello che un gruppo di mortali è riuscito a concordare come comportamento religioso comune. “Avete fede? Allora abbiatela per voi stessi.”
(1091.7) 99:5.8 Che la fede s’interessi soltanto di cogliere i valori ideali è evidenziato dalla definizione del Nuovo Testamento che dichiara che la fede è la sostanza delle cose sperate e la dimostrazione delle cose non viste.
(1091.8) 99:5.9 L’uomo primitivo faceva pochi sforzi per esprimere con parole le sue convinzioni religiose. La sua religione era espressa con la danza più che con il pensiero. Gli uomini moderni hanno ideato molte credenze ed hanno creato molte norme di fede religiosa. Le future persone religiose devono vivere esteriormente la loro religione, devono dedicare se stessi al servizio generoso della fratellanza dell’uomo. È giunta l’ora che l’uomo abbia un’esperienza religiosa così personale e così sublime da poter essere realizzata ed espressa solo con “sentimenti che siano troppo profondi per essere espressi con delle parole”.
(1091.9) 99:5.10 Gesù non chiedeva ai suoi discepoli di riunirsi periodicamente per recitare un insieme di parole indicative delle loro credenze comuni. Egli ordinò soltanto che si riunissero per fare qualcosa effettivamente — consumare insieme la cena del ricordo della sua vita di conferimento su Urantia.
(1091.10) 99:5.11 Quale errore commettono i Cristiani quando, presentando il Cristo come l’ideale supremo di guida spirituale, osano esigere che gli uomini e le donne coscienti di Dio respingano la guida storica degli uomini conoscenti Dio e che hanno contribuito ad illuminare la loro nazione o razza particolare durante le ere passate.
(1092.1) 99:6.1 Il settarismo è una malattia della religione istituzionale ed il dogmatismo è una schiavitù della natura spirituale. È molto meglio avere una religione senza una Chiesa che una Chiesa senza religione. Il disordine religioso del ventesimo secolo non è in se stesso e per se stesso indice di decadenza spirituale. La confusione precede sia la crescita sia la distruzione.
(1092.2) 99:6.2 C’è uno scopo reale nella socializzazione della religione. Le attività religiose di gruppo hanno per scopo di mettere in scena le devozioni della religione; di magnificare le attrattive della verità, della bellezza e della bontà; di favorire il richiamo dei valori supremi; di accrescere il servizio di una fraternità disinteressata; di glorificare i potenziali della vita di famiglia; di promuovere l’istruzione religiosa; di fornire saggi consigli e direttive spirituali e d’incoraggiare il culto collettivo. Tutte le religioni viventi incoraggiano l’amicizia umana, preservano la moralità, promuovono il benessere della loro regione e facilitano la diffusione del vangelo essenziale dei loro rispettivi messaggi di salvezza eterna.
(1092.3) 99:6.3 Ma via via che la religione diviene istituzionalizzata, il suo potere di fare del bene diminuisce, mentre le possibilità di fare del male si accrescono considerevolmente. I pericoli della religione formalizzata sono: fissazione delle credenze e cristallizzazione dei sentimenti; accumulazione degli interessi acquisiti con accrescimento della secolarizzazione; tendenza a standardizzare e a fossilizzare la verità; deviazione della religione dal servizio di Dio al servizio della Chiesa; inclinazione dei capi a diventare amministratori invece che ministri; tendenza a formare delle sette e delle divisioni in concorrenza; istituzione di un’autorità ecclesiastica oppressiva; creazione dell’atteggiamento aristocratico di “popolo eletto”; insorgenza d’idee false ed esagerate sulla sacralità; abitudinarietà della religione e pietrificazione del culto; tendenza a venerare il passato ignorando i bisogni del presente; incapacità di dare delle interpretazioni moderne della religione; mescolanza con funzioni di istituzioni secolari. Essa crea inoltre la dannosa discriminazione delle caste religiose; diventa un giudice intollerante dell’ortodossia; non riesce a tenere avvinto l’interesse della gioventù avventurosa e perde gradualmente il messaggio salvifico del vangelo della salvezza eterna.
(1092.4) 99:6.4 La religione formale frena gli uomini nelle loro attività spirituali personali invece di liberarli per il servizio più elevato di costruttori del regno.
(1092.5) 99:7.1 Sebbene le Chiese e tutti gli altri gruppi religiosi debbano tenersi fuori di ogni attività secolare, allo stesso tempo la religione non deve fare niente per ostacolare o ritardare la coordinazione sociale delle istituzioni umane. La vita deve continuare a crescere in significati; l’uomo deve proseguire la sua riforma della filosofia e la sua chiarificazione della religione.
(1092.6) 99:7.2 La scienza politica deve effettuare la ricostruzione dell’economia e dell’industria mediante le tecniche che apprende dalle scienze sociali e con la percezione ed i motivi forniti dalla vita religiosa. In ogni ricostruzione sociale la religione apporta una devozione stabilizzante ad un oggetto trascendente, ad uno scopo consolidante situato al di là e al di sopra dell’obbiettivo temporale immediato. In mezzo alle confusioni di un ambiente in rapido cambiamento l’uomo mortale ha bisogno del sostegno di una vasta prospettiva cosmica.
(1093.1) 99:7.3 La religione ispira l’uomo a vivere coraggiosamente e gioiosamente sulla faccia della terra; essa unisce la pazienza alla passione, l’intuizione allo zelo, la simpatia al potere e gli ideali all’energia.
(1093.2) 99:7.4 Un uomo non può mai decidere saggiamente su questioni temporali né trascendere l’egoismo degli interessi personali se non medita in presenza della sovranità di Dio e non tiene conto delle realtà dei significati divini e dei valori spirituali.
(1093.3) 99:7.5 L’interdipendenza economica e la fraternità sociale condurranno alla fine alla fratellanza. L’uomo è per natura un sognatore, ma la scienza lo sta attualmente rinsavendo, cosicché la religione può attivarlo con molto minor pericolo di provocare delle reazioni fanatiche. Le necessità economiche legano l’uomo alla realtà, e l’esperienza religiosa personale porta questo stesso uomo faccia a faccia con le realtà eterne di una cittadinanza cosmica in continua espansione ed in costante progresso.
(1093.4) 99:7.6 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon]
(1094.1) 100:0.1 L’ESPERIENZA di una vita religiosa dinamica trasforma l’individuo mediocre in una personalità dotata di un potere idealistico. La religione contribuisce al progresso di tutti favorendo quello di ciascun individuo, ed il progresso di ciascuno è accresciuto dal compimento di tutti.
(1094.2) 100:0.2 La crescita spirituale è vicendevolmente stimolata dall’associazione intima con altre persone religiose. L’amore fornisce il terreno per la crescita religiosa — un’attrazione oggettiva in luogo di una gratificazione soggettiva — e tuttavia dona la soddisfazione soggettiva suprema. La religione nobilita i lavori ordinari della vita quotidiana.
(1094.3) 100:1.1 Mentre la religione produce la crescita dei significati e l’elevazione dei valori, quando delle valutazioni puramente personali sono elevate a livelli assoluti ne risulta sempre un male. Un bambino valuta l’esperienza secondo il piacere che procura; la maturità è proporzionale alla sostituzione di significati superiori al piacere personale, cioè di fedeltà ai concetti più elevati di situazioni di vita e di relazioni cosmiche diversificate.
(1094.4) 100:1.2 Certe persone sono troppo occupate per crescere e sono quindi in serio pericolo d’immobilismo spirituale. Si devono prendere dei provvedimenti per la crescita dei significati alle differenti età, in culture successive e durante i vari stadi di una civiltà in progresso. I principali inibitori della crescita sono il pregiudizio e l’ignoranza.
(1094.5) 100:1.3 Date ad ogni bambino in sviluppo un’occasione di fare la propria esperienza religiosa; non imponetegli un’esperienza di adulto già confezionata. Ricordatevi che il progresso anno dopo anno per mezzo di un regime educativo stabilito non significa necessariamente progresso intellettuale, ed ancor meno crescita spirituale. L’ampliamento del vocabolario non significa sviluppo del carattere. La crescita non è in verità indicata dai meri risultati, ma piuttosto dai progressi. Una reale crescita educativa è indicata dall’elevazione degli ideali, dall’accresciuto apprezzamento dei valori, dai nuovi significati attribuiti ai valori e da una maggiore fedeltà ai valori supremi.
(1094.6) 100:1.4 I bambini sono permanentemente influenzati solo dalla lealtà dei loro compagni adulti; il precetto o anche l’esempio non hanno un’influenza duratura. Le persone leali sono persone che stanno crescendo, e la crescita è una realtà che impressiona ed ispira. Vivete lealmente oggi — crescete — ed il domani baderà a se stesso. Il modo più rapido per un girino di diventare una rana è di vivere fedelmente ogni istante come un girino.
(1094.7) 100:1.5 Il terreno essenziale per la crescita religiosa presuppone una vita progressiva di autorealizzazione, la coordinazione delle tendenze naturali, l’esercizio della curiosità ed il godimento di avventure ragionevoli, il provare sentimenti di soddisfazione, il funzionamento della paura come stimolo per l’attenzione e la consapevolezza, l’attrazione del meraviglioso ed una normale coscienza della propria piccolezza, l’umiltà. La crescita è anche basata sulla scoperta di sé accompagnata da autocritica — dalla coscienza, perché la coscienza è realmente la critica di se stessi mediante la propria scala di valori, i propri ideali personali.
(1095.1) 100:1.6 L’esperienza religiosa è notevolmente influenzata dalla salute fisica, dal temperamento ereditato e dall’ambiente sociale. Ma queste condizioni temporali non impediscono il progresso spirituale interiore di un’anima consacrata a fare la volontà del Padre che è nei cieli. Sono presenti in tutti i mortali normali certe tendenze innate alla crescita e all’autorealizzazione che agiscono se non sono specificamente inibite. La tecnica certa per favorire questa dotazione costitutiva del potenziale di crescita spirituale è di mantenere un atteggiamento di devozione sincera ai valori supremi.
(1095.2) 100:1.7 La religione non può essere donata, ricevuta, prestata, appresa o perduta. Essa è un’esperienza personale che cresce proporzionalmente alla ricerca crescente di valori finali. La crescita cosmica accompagna dunque l’accumulazione dei significati e l’elevazione sempre maggiore dei valori. Ma la nobiltà in se stessa è sempre una crescita inconscia.
(1095.3) 100:1.8 Le abitudini religiose di pensare e di agire contribuiscono all’economia della crescita spirituale. Si possono sviluppare delle predisposizioni religiose verso una reazione favorevole agli stimoli spirituali, una sorta di riflesso condizionato spirituale. Le abitudini che favoriscono la crescita religiosa comprendono la cultura della sensibilità ai valori divini, il riconoscimento della vita religiosa negli altri, la meditazione riflessiva sui significati cosmici, la soluzione onorevole dei problemi, la condivisione della propria vita spirituale con quella dei propri simili, l’assenza d’egoismo, il rifiuto di affidarsi alla misericordia divina, il vivere come se ci si trovasse alla presenza di Dio. I fattori della crescita religiosa possono essere intenzionali, ma la crescita stessa è invariabilmente inconscia.
(1095.4) 100:1.9 La natura inconscia della crescita religiosa non significa tuttavia che sia un’attività funzionante nei supposti regni subconsci dell’intelletto umano; essa denota piuttosto delle attività creative nei livelli superconsci della mente mortale. L’esperienza della realizzazione della realtà nella crescita religiosa inconscia è la sola prova positiva dell’esistenza funzionale della supercoscienza.
(1095.5) 100:2.1 Lo sviluppo spirituale dipende, in primo luogo dal mantenimento di un legame spirituale vivente con vere forze spirituali ed in secondo luogo dalla produzione continua di frutti spirituali, cioè trasmettendo ai propri simili quello che è stato ricevuto dai propri benefattori spirituali. Il progresso spirituale è basato sul riconoscimento intellettuale della povertà spirituale, unita all’autocoscienza della sete di perfezione, al desiderio di conoscere Dio e di essere simili a lui, all’intenzione sincera di fare la volontà del Padre che è nei cieli.
(1095.6) 100:2.2 La crescita spirituale è prima un risveglio ai bisogni, poi un discernimento dei significati ed infine una scoperta dei valori. La prova del vero sviluppo spirituale consiste nella manifestazione di una personalità umana motivata dall’amore, animata da uno spirito di servizio disinteressato e dominata dall’adorazione sincera degli ideali di perfezione della divinità. Tutta questa esperienza costituisce la realtà della religione in contrasto con le semplici credenze teologiche.
(1095.7) 100:2.3 La religione può progredire fino a quel livello d’esperienza in cui diventa una tecnica saggia ed illuminata di reazione spirituale all’universo. Una tale religione glorificata può operare su tre livelli della personalità umana: il livello intellettuale, quello morontiale e quello spirituale; sulla mente, nell’anima in evoluzione e con lo spirito interiore.
(1096.1) 100:2.4 La spiritualità diventa subito l’indicatore della propria vicinanza a Dio e la misura dell’utilità per i propri simili. La spiritualità accresce la capacità di scoprire la bellezza nelle cose, di riconoscere la verità nei significati e di trovare la bontà nei valori. Lo sviluppo spirituale è determinato da questa capacità ed è direttamente proporzionale all’eliminazione degli aspetti egoistici dell’amore.
(1096.2) 100:2.5 Lo status spirituale effettivo è la misura del raggiungimento della Deità, della sintonia con l’Aggiustatore. Il conseguimento della finalità della spiritualità equivale al raggiungimento del massimo della realtà, del massimo di somiglianza con Dio. La vita eterna è la ricerca perpetua dei valori infiniti.
(1096.3) 100:2.6 Lo scopo dell’autorealizzazione umana dovrebbe essere spirituale, non materiale. Le sole realtà per cui valga la pena di lottare sono divine, spirituali ed eterne. L’uomo mortale ha diritto al godimento dei piaceri fisici e alla soddisfazione degli affetti umani; egli trae beneficio dalla fedeltà alle associazioni umane e alle istituzioni temporali; ma queste non sono le fondamenta eterne sulle quali costruire la personalità immortale che deve trascendere lo spazio, vincere il tempo e compiere il destino eterno di perfezione divina e di servizio finalitario.
(1096.4) 100:2.7 Gesù descrisse la certezza profonda del mortale che conosce Dio dicendo: “Per un credente del regno che conosce Dio che cosa importa se tutte le cose terrene vanno in rovina?” Le sicurezze temporali sono vulnerabili, ma le certezze spirituali sono incrollabili. Quando le maree umane dell’avversità, dell’egoismo, della crudeltà, dell’odio, della cattiveria e della gelosia lambiscono l’anima umana, si può star certi che esiste un bastione interiore, la cittadella dello spirito, che è assolutamente inespugnabile; ciò è almeno vero per ogni essere umano che ha affidato la custodia della sua anima allo spirito interiore del Dio eterno.
(1096.5) 100:2.8 Dopo questo conseguimento spirituale, assicurato da una crescita graduale oppure da una crisi specifica, si produce un nuovo orientamento della personalità così come lo sviluppo di una nuova scala di valori. Tali individui nati dallo spirito sono talmente rimotivati nella vita da poter tranquillamente stare a guardare mentre le loro ambizioni più vive periscono e le loro speranze più ardenti crollano. Essi sanno con certezza che queste catastrofi sono semplicemente i cataclismi rettificatori che distruggono le loro creazioni temporali preliminarmente alla costruzione delle realtà più nobili e durature di un livello nuovo e più sublime di conseguimento universale.
(1096.6) 100:3.1 La religione non è una tecnica per ottenere una pace mentale appagante e statica; è un impulso destinato ad organizzare l’anima per un servizio dinamico. È l’arruolamento della totalità della personalità nel servizio fedele di amare Dio e di servire gli uomini. La religione paga qualunque prezzo essenziale al raggiungimento della meta suprema, la ricompensa eterna. C’è una pienezza di consacrazione nella fedeltà religiosa che è splendidamente sublime. E queste fedeltà sono socialmente efficaci e spiritualmente progressive.
(1096.7) 100:3.2 Per una persona religiosa la parola Dio diventa un simbolo indicante l’avvicinamento alla realtà suprema ed il riconoscimento del valore divino. Le preferenze e le avversioni umane non determinano il bene ed il male; i valori morali non derivano dall’esaurimento dei desideri o dalla frustrazione emotiva.
(1096.8) 100:3.3 Nella contemplazione dei valori si deve distinguere tra ciò che è un valore e ciò che ha un valore. Si deve riconoscere la relazione tra le attività piacevoli, la loro integrazione significativa e la loro realizzazione accresciuta su livelli progressivamente sempre più elevati di esperienza umana.
(1097.1) 100:3.4 Il significato è qualcosa che l’esperienza aggiunge al valore; è l’apprezzamento cosciente dei valori. Un piacere isolato e puramente egoista può connotare una svalutazione virtuale dei significati, un godimento privo di senso che rasenta il male relativo. I valori sono esperienziali quando le realtà sono significative e mentalmente associate, quando tali relazioni sono riconosciute ed apprezzate dalla mente.
(1097.2) 100:3.5 I valori non possono mai essere statici; realtà significa cambiamento, crescita. Il cambiamento senza crescita, senza espansione di significati ed esaltazione di valori, è privo di valore — è un male potenziale. Più è grande la sua qualità di adattamento cosmico, più un’esperienza possiede significato. I valori non sono delle illusioni concettuali; sono reali, ma dipendono sempre dall’esistenza delle relazioni. I valori sono sempre attuali e potenziali — non ciò che era, ma ciò che è e che sarà.
(1097.3) 100:3.6 L’associazione degli attuali e dei potenziali equivale alla crescita, alla realizzazione esperienziale dei valori. Ma la crescita non è mero progresso. Il progresso è sempre significativo, ma è relativamente privo di valore senza la crescita. Il valore supremo della vita umana consiste nella crescita dei valori, nel progresso dei significati e nella realizzazione dell’interrelazione cosmica tra queste due esperienze. Ed una tale esperienza è l’equivalente di una coscienza di Dio. Un tale mortale, anche se non è soprannaturale, sta divenendo veramente superumano; un’anima immortale si sta evolvendo.
(1097.4) 100:3.7 L’uomo non può provocare la crescita, ma può fornire delle condizioni favorevoli. La crescita è sempre inconscia, sia essa fisica, intellettuale o spirituale. L’amore cresce in questo modo; non può essere creato, fabbricato o acquistato; deve crescere. L’evoluzione è una tecnica cosmica di crescita. La crescita sociale non può essere ottenuta dalla legislazione, né la crescita morale da un’amministrazione migliore. L’uomo può costruire una macchina, ma il suo valore reale deve derivare dalla cultura umana e dall’apprezzamento personale. Il solo contributo dell’uomo alla crescita è la mobilitazione di tutti i poteri della sua personalità — la fede vivente.
(1097.5) 100:4.1 Una vita religiosa è una vita consacrata, ed una vita consacrata è una vita creativa, originale e spontanea. Nuove visioni religiose sorgono dai conflitti che avviano la scelta di nuove e migliori abitudini di reazione al posto degli antichi modelli inferiori di reazione. Nuovi significati emergono solo in mezzo ai conflitti; ed un conflitto persiste solo di fronte al rifiuto di adottare i valori più elevati racchiusi nei significati superiori.
(1097.6) 100:4.2 Le perplessità religiose sono inevitabili; non può esserci alcuna crescita senza conflitto fisico e turbamento spirituale. L’organizzazione di un criterio filosofico di vita comporta una perturbazione considerevole nei regni filosofici della mente. Le devozioni non sono esercitate a favore del grande, del buono, del vero e del nobile senza lotta. Lo sforzo accompagna la chiarificazione della visione spirituale e l’accrescimento dell’intuizione cosmica. E l’intelletto umano protesta quando è allontanato dal sostentamento delle energie non spirituali dell’esistenza temporale. La mente animale indolente si ribella allo sforzo richiesto per affrontare i problemi cosmici da risolvere.
(1097.7) 100:4.3 Ma il grande problema della vita religiosa consiste nel compito di unificare i poteri dell’anima insiti nella personalità mediante il dominio dell’amore. La salute, l’efficienza mentale e la felicità risultano dall’unificazione dei sistemi fisici, dei sistemi mentali e dei sistemi spirituali. Della salute e della sanità mentale l’uomo comprende molto, ma della felicità ha veramente compreso assai poco. La felicità più grande è indissolubilmente legata al progresso spirituale. La crescita spirituale procura una gioia duratura, una pace che oltrepassa ogni comprensione.
(1098.1) 100:4.4 Nella vita fisica i sensi testimoniano l’esistenza delle cose; la mente scopre la realtà dei significati; ma l’esperienza spirituale rivela all’individuo i veri valori della vita. Questi livelli elevati di vita umana si raggiungono nell’amore supremo di Dio e nell’amore disinteressato dell’uomo. Se amate i vostri simili dovete avere scoperto il loro valore. Gesù ha amato così tanto gli uomini perché attribuiva loro un alto valore. Voi potete scoprire meglio il valore nei vostri associati scoprendo la loro motivazione. Se qualcuno vi irrita e suscita in voi dei sentimenti di rancore, dovreste cercare per affinità di discernere il suo punto di vista, le sue ragioni per tale condotta deplorevole. Non appena comprenderete il vostro prossimo, diverrete tolleranti, e questa tolleranza si trasformerà in amicizia e maturerà in amore.
(1098.2) 100:4.5 Rievocate nell’occhio della mente l’immagine di uno dei vostri antenati primitivi dell’epoca degli abitatori di caverne — una piccola, malfatta, sudicia, ringhiosa tozza figura d’uomo, in piedi, con le gambe divaricate, la clava alzata, che respira odio e animosità mentre guarda ferocemente dritto davanti a lui. Una tale immagine difficilmente descrive la dignità divina dell’uomo. Ma permetteteci di allargare il quadro. Di fronte a quest’uomo agitato sta acquattata una tigre dai denti a sciabola. Dietro a lui stanno una donna e due bambini. Voi riconoscete immediatamente che una tale immagine rappresenta gli inizi di molti belli e nobili aspetti della razza umana, ma l’uomo è lo stesso in entrambi i quadri. Soltanto che nella seconda scenetta siete favoriti da un allargamento d’orizzonte. In essa voi discernete la motivazione di questo mortale in evoluzione. Il suo atteggiamento diventa encomiabile perché lo comprendete. Se voi poteste soltanto approfondire i motivi dei vostri compagni, quanto meglio li comprendereste. Se solo poteste conoscere i vostri simili finireste per amarli.
(1098.3) 100:4.6 Voi non potete amare veramente i vostri simili con un semplice atto di volontà. L’amore nasce solo dalla profonda comprensione dei motivi e dei sentimenti del vostro prossimo. Non è così importante amare tutti gli uomini oggi quanto imparare ogni giorno ad amarne uno di più. Se ogni giorno od ogni settimana voi riuscite a comprendere uno in più dei vostri simili, e se questo è il limite della vostra capacità, allora state certamente rendendo sociale e spirituale la vostra personalità. L’amore è contagioso, e quando la devozione umana è intelligente e saggia, l’amore ha più presa dell’odio. Ma solo un amore autentico e disinteressato è veramente contagioso. Se ogni mortale potesse solo diventare un centro di affetto dinamico, questo virus benigno dell’amore pervaderebbe ben presto la corrente emotiva sentimentale dell’umanità al punto che tutta la civiltà sarebbe avviluppata dall’amore, e ciò sarebbe la realizzazione della fratellanza dell’uomo.
(1098.4) 100:5.1 Il mondo è pieno di anime perdute, non perdute in senso teologico, ma perdute in senso direzionale, erranti nella confusione tra le dottrine ed i culti di un’era filosofica frustrata. Troppo poche hanno imparato a stabilire una filosofia di vita al posto dell’autorità religiosa. (I simboli della religione socializzata non devono essere disprezzati come canali di crescita, benché il letto del fiume non sia il fiume.)
(1098.5) 100:5.2 La progressione della crescita religiosa conduce, attraverso il conflitto, dalla stagnazione alla coordinazione, dall’insicurezza ad una fede incrollabile, dalla confusione della coscienza cosmica all’unificazione della personalità, dall’obiet-tivo temporale a quello eterno, dalla schiavitù della paura alla libertà della filiazione divina.
(1099.1) 100:5.3 Si deve chiarire che le professioni di fedeltà agli ideali supremi — la consapevolezza psichica, emotiva e spirituale di avere coscienza di Dio — possono essere una crescita naturale e graduale o possono talvolta essere sperimentate, in certe congiunture, come in una crisi. L’apostolo Paolo fece proprio l’esperienza di una tale conversione improvvisa e spettacolare quel giorno memorabile sulla strada di Damasco. Gautama Siddharta ebbe un’esperienza simile la notte in cui sedeva da solo e cercava di penetrare il mistero della verità ultima. Molte altre persone hanno avuto esperienze simili e molti credenti sinceri sono progrediti in spirito senza una conversione improvvisa.
(1099.2) 100:5.4 La maggior parte degli spettacolari fenomeni associati alle cosiddette conversioni religiose sono interamente di natura psicologica, ma di tanto in tanto avvengono delle esperienze che sono anche di origine spirituale. Quando la mobilitazione mentale è assolutamente totale su un qualunque livello dell’espansione psichica verso la realizzazione spirituale, quando esiste la perfezione della motivazione umana di fedeltà all’idea divina, allora si verifica molto spesso un’improvvisa discesa dello spirito interiore per cogliere il proposito concentrato e consacrato della mente supercosciente del mortale credente e per sincronizzarsi con lui. Sono queste esperienze di unificazione dei fenomeni intellettuali e spirituali che costituiscono la conversione, la quale consiste in fattori che oltrepassano le implicazioni puramente psicologiche.
(1099.3) 100:5.5 Ma l’emozione da sola è una falsa conversione; si deve avere fede come pure sentimento. Nella misura in cui tale mobilitazione psichica è parziale ed in cui la motivazione della fedeltà umana è incompleta, l’esperienza della conversione sarà altrettanto una realtà mista intellettuale, emotiva e spirituale.
(1099.4) 100:5.6 Se si è disposti a riconoscere, come ipotesi pratica di lavoro, l’esistenza di una mente teorica subcosciente nella vita intellettuale altrimenti unificata, allora, per essere coerenti, si dovrebbe ipotizzare l’esistenza di un regno simile e corrispondente di attività intellettuale ascendente quale livello supercosciente, la zona di contatto diretto con l’entità spirituale interiore, l’Aggiustatore di Pensiero. Il grande pericolo in tutte queste speculazioni psichiche è che le visioni ed altre cosiddette esperienze mistiche, assieme ai sogni straordinari, possano essere considerate comunicazioni divine alla mente umana. In passato degli esseri divini si sono rivelati a certe persone che conoscevano Dio, non a causa delle loro estasi mistiche o delle loro visioni morbose, ma in assenza di tutti questi fenomeni.
(1099.5) 100:5.7 Contrariamente alla ricerca della conversione, il migliore approccio alle zone morontiali di possibile contatto con l’Aggiustatore di Pensiero sarebbe per mezzo della fede vivente e dell’adorazione sincera, la preghiera fervente e disinteressata. Nel complesso, una parte eccessiva dell’affiorare dei ricordi dai livelli inconsci della mente umana è stata considerata a torto come rivelazione divina e come direttiva spirituale.
(1099.6) 100:5.8 Esiste un grande pericolo associato alla pratica abituale del sognare religioso ad occhi aperti; il misticismo può diventare una tecnica per sfuggire alla realtà, benché talvolta sia stato un mezzo di comunione spirituale autentica. Brevi periodi di ritiro dalla scena attiva della vita possono non presentare seri pericoli, ma l’isolamento prolungato della personalità è molto sconsigliabile. In nessuna circostanza dovrebbe essere coltivato lo stato di coscienza visionaria tipo estasi come esperienza religiosa.
(1099.7) 100:5.9 Le caratteristiche dello stato mistico sono una propagazione della coscienza con vivide isole di attenzione focale operante su di un intelletto relativamente passivo. Tutto ciò fa gravitare la coscienza verso il subconscio piuttosto che in direzione della zona di contatto spirituale, il superconscio. Molti mistici hanno spinto la loro dissociazione mentale fino al livello di manifestazioni mentali anormali.
(1100.1) 100:5.10 L’atteggiamento più sano della meditazione spirituale si trova nell’adorazione riflessiva e nella preghiera di ringraziamento. La comunione diretta con il proprio Aggiustatore di Pensiero, quale si è prodotta negli ultimi anni della vita incarnata di Gesù, non deve essere confusa con queste cosiddette esperienze mistiche. I fattori che contribuiscono all’inizio della comunione mistica sono indicativi del pericolo di tali stati psichici. Lo stato mistico è favorito da fattori quali: fatica fisica, digiuno, dissociazione psichica, intense esperienze estetiche, vividi impulsi sessuali, paura, ansietà, furore e danze sfrenate. Molti fenomeni risultanti da tale preparazione preliminare hanno la loro origine nella mente subcosciente.
(1100.2) 100:5.11 Per quanto favorevoli possano essere state le condizioni per dei fenomeni mistici, si deve comprendere con chiarezza che Gesù di Nazaret non ricorse mai a tali metodi per comunicare con il Padre del Paradiso. Gesù non aveva né allucinazioni subcoscienti né illusioni supercoscienti.
(1100.3) 100:6.1 Le religioni evoluzionarie e le religioni rivelate possono differire notevolmente nei loro metodi, ma nelle loro intenzioni sono molto simili. La religione non è una funzione specifica della vita; è piuttosto un modo di vivere. La vera religione è una sincera devozione ad una realtà che la persona religiosa stima essere di valore supremo per lui e per tutta l’umanità. Le caratteristiche preminenti di tutte le religioni sono: una fedeltà totale ed una devozione sincera ai valori supremi. Questa devozione religiosa ai valori supremi è mostrata nella relazione di una madre apparentemente non religiosa verso suo figlio e nella fervente lealtà di un non religioso verso una causa che ha sposato.
(1100.4) 100:6.2 Il valore supremo accettato delle persone religiose può essere meschino o anche falso, ma è nondimeno religioso. Una religione è autentica nell’esatta misura in cui il valore che essa considera supremo è veramente una realtà cosmica di valore spirituale autentico.
(1100.5) 100:6.3 I segni della risposta umana all’impulso religioso comprendono le qualità di nobiltà e di grandezza. La persona religiosa sincera è cosciente di essere un cittadino dell’universo e si rende conto di stabilire un contatto con delle fonti di potere superumano. È galvanizzata e stimolata dalla certezza di appartenere ad una fraternità superiore e nobilitata di figli di Dio. La coscienza del proprio valore è stata accresciuta dallo stimolo della ricerca degli obiettivi universali più elevati — degli scopi supremi.
(1100.6) 100:6.4 L’io si è abbandonato all’impulso affascinante di una motivazione onnicomprensiva che impone un’accresciuta autodisciplina, attenua il conflitto emotivo e rende la vita umana veramente degna di essere vissuta. Il riconoscimento morboso dei limiti umani si trasforma in una coscienza naturale delle imperfezioni umane, associata alla determinazione morale e all’aspirazione spirituale di raggiungere le mete più elevate dell’universo e del superuniverso. Questo sforzo intenso per il raggiungimento d’ideali supermortali è sempre caratterizzato da pazienza, indulgenza, forza d’animo e tolleranza crescenti.
(1100.7) 100:6.5 Ma la vera religione è un amore vivente, una vita di servizio. Il distacco della persona religiosa da molte cose puramente temporali ed insignificanti non porta mai all’isolamento sociale, e non dovrebbe distruggere il senso dell’umorismo. Una religione autentica non toglie nulla all’esistenza umana, ma aggiunge invece nuovi significati all’insieme della vita; essa genera nuovi tipi d’entusiasmo, di zelo e di coraggio. Può anche ingenerare lo spirito di crociata, che è più che pericoloso se non è controllato dalla chiara visione spirituale e dalla devozione sincera agli obblighi sociali ordinari delle fedeltà umane.
(1101.1) 100:6.6 Uno dei segni più rimarchevoli della vita religiosa è quella pace dinamica e sublime, quella pace che supera ogni comprensione umana, quell’equilibrio cosmico che denota l’assenza di ogni dubbio e turbamento. Tali livelli di stabilità spirituale sono immuni da delusioni. Queste persone religiose sono simili all’apostolo Paolo che disse: “Sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né poteri, né cose presenti, né cose future, né altezze, né profondità, né qualunque altra cosa potrà mai separarci dall’amore di Dio.”
(1101.2) 100:6.7 C’è un senso di sicurezza associato alla realizzazione di una gloria trionfante, che risiede nella coscienza della persona religiosa che ha colto la realtà del Supremo e che persegue la meta dell’Ultimo.
(1101.3) 100:6.8 Anche la religione evoluzionaria è tutto ciò in fedeltà e grandezza perché è un’esperienza autentica. Ma la religione rivelata è eccellente quanto autentica. Le nuove lealtà dovute ad una visione spirituale ampliata creano nuovi livelli d’amore e di devozione, di servizio e di solidarietà; e questa accresciuta prospettiva sociale produce una coscienza più ampia della Paternità di Dio e della fratellanza dell’uomo.
(1101.4) 100:6.9 La differenza caratteristica tra la religione di evoluzione e la religione rivelata è una nuova qualità di saggezza divina che si aggiunge alla saggezza umana puramente esperienziale. Ma è l’esperienza nelle e con le religioni umane che sviluppa la capacità di ricevere successivamente gli elevati doni della saggezza divina e dell’intuizione cosmica.
(1101.5) 100:7.1 Benché un comune mortale di Urantia non possa sperare di raggiungere l’alta perfezione di carattere che Gesù di Nazaret acquisì mentre soggiornava nella carne, è del tutto possibile per ogni credente mortale sviluppare una forte personalità unificata secondo le linee perfezionate della personalità di Gesù. La caratteristica straordinaria della personalità del Maestro non era tanto la sua perfezione quanto la sua simmetria, la sua squisita ed equilibrata unificazione. La presentazione più efficace di Gesù consiste nel seguire l’esempio di colui che disse, indicando il Maestro in piedi davanti ai suoi accusatori: “Ecco l’uomo!”
(1101.6) 100:7.2 La benevolenza inesauribile di Gesù toccava il cuore degli uomini, ma la sua risoluta forza di carattere stupiva i suoi seguaci. Egli era veramente sincero; non c’era nulla d’ipocrita in lui. Egli era privo di finzione ed ostentazione; era sempre così piacevolmente franco. Non si abbassava mai a pretendere e non faceva mai ricorso alla simulazione. Egli viveva la verità esattamente come l’insegnava. Egli era la verità. Era costretto a proclamare la verità salvifica alla sua generazione, anche se tale sincerità causava talvolta dolore. Egli era indiscutibilmente fedele a tutta la verità.
(1101.7) 100:7.3 Ma il Maestro era così ragionevole, così accessibile. Era così pratico in tutto il suo ministero, mentre tutti i suoi piani erano caratterizzati da un così santificato buon senso. Egli era così scevro da ogni tendenza bizzarra, stramba o eccentrica. Non era mai capriccioso, stravagante o isterico. In tutto il suo insegnamento ed in tutto ciò che faceva c’era sempre una squisita discriminazione associata ad uno straordinario senso di opportunità.
(1102.1) 100:7.4 Il Figlio dell’Uomo era sempre una personalità ben equilibrata. I suoi stessi nemici gli portavano un totale rispetto; temevano addirittura la sua presenza. Gesù era senza paura. Era pieno d’entusiasmo divino, ma non divenne mai fanatico. Era emotivamente attivo ma mai volubile. Era immaginativo ma sempre pratico. Affrontava apertamente le realtà della vita, ma non era mai monotono o prosaico. Era coraggioso, ma mai temerario; prudente, ma mai codardo. Era compassionevole, ma non sentimentale; eccezionale, ma non eccentrico. Era pio, ma non bigotto. Ed era così equilibrato perché era così perfettamente unificato.
(1102.2) 100:7.5 L’originalità di Gesù non era repressa. Egli non era legato dalla tradizione od ostacolato dall’asservimento a grette convenzionalità. Egli parlava con indubbia sicurezza ed insegnava con assoluta autorità. Ma la sua stupenda originalità non gli faceva trascurare le gemme di verità contenute negli insegnamenti dei suoi predecessori e dei suoi contemporanei. Ed il più originale dei suoi insegnamenti era l’esaltazione dell’amore e della misericordia in luogo della paura e del sacrificio.
(1102.3) 100:7.6 Gesù era di vedute molto ampie. Egli esortava i suoi seguaci a predicare il vangelo a tutti i popoli. Era privo di ogni ristrettezza mentale. Il suo cuore compassionevole abbracciava tutta l’umanità, addirittura un universo. Il suo invito era sempre: “Chiunque lo voglia mi segua.”
(1102.4) 100:7.7 Fu detto giustamente di Gesù che “Egli aveva fiducia in Dio.” Come uomo tra gli uomini egli manifestò la fiducia più sublime nel Padre celeste. Egli aveva fiducia in suo Padre come un bambino ha fiducia nei suoi genitori terreni. La sua fede era perfetta ma mai presuntuosa. Per quanto la natura potesse sembrare crudele o indifferente al benessere degli uomini sulla terra, Gesù non vacillò mai nella sua fede. Egli era immune da delusioni ed insensibile alle persecuzioni. Non era toccato da un apparente fallimento.
(1102.5) 100:7.8 Egli amava gli uomini come fratelli, riconoscendo allo stesso tempo quanto erano differenti per doti innate e per qualità acquisite. “Egli andava in giro facendo del bene.”
(1102.6) 100:7.9 Gesù era una persona straordinariamente gaia, ma non era un ottimista cieco ed irragionevole. Le sue costanti parole d’esortazione erano: “Fatevi coraggio.” Egli poteva mantenere questo atteggiamento fiducioso a causa della sua salda fede in Dio e della sua fiducia incrollabile nell’uomo. Egli era sempre premuroso in modo toccante verso tutti gli uomini perché li amava e credeva in loro. Tuttavia era sempre fedele alle sue convinzioni e stupendamente fermo nella sua devozione a fare la volontà di suo Padre.
(1102.7) 100:7.10 Il Maestro era sempre generoso. Non si stancava mai di dire che “è più benedetto dare che ricevere.” Egli diceva: “Voi avete ricevuto gratuitamente, date gratuitamente”. Eppure, con tutta la sua smisurata generosità, non era mai sprecone o stravagante. Egli insegnava che bisognava credere per ricevere la salvezza. “Perché chiunque cerca riceverà.”
(1102.8) 100:7.11 Egli era schietto, ma sempre gentile. Diceva: “Se non fosse così ve l’avrei detto.” Era franco, ma sempre amichevole. Era esplicito nel suo amore per il peccatore e nella sua avversione per il peccato. Ma in tutta questa stupefacente franchezza era infallibilmente equo.
(1102.9) 100:7.12 Gesù era sempre di buon umore, nonostante che talvolta avesse bevuto abbondantemente dalla coppa del dolore umano. Egli affrontava intrepidamente le realtà dell’esistenza ed era pieno d’entusiasmo per il vangelo del regno. Ma controllava il suo entusiasmo; non si faceva mai trasportare da esso. Egli era consacrato senza riserve “agli affari del Padre”. Questo entusiasmo divino portava i suoi fratelli non spirituali a credere che fosse fuori di sé, ma l’universo che lo osservava lo valutava come il modello della sanità di mente ed il modello della devozione umana suprema ai criteri elevati di vita spirituale. Il suo entusiasmo controllato era contagioso; i suoi compagni erano indotti a condividere il suo ottimismo divino.
(1103.1) 100:7.13 Quest’uomo di Galilea non era un uomo di dolore; era un’anima di felicità. Egli diceva sempre: “Rallegratevi e siate estremamente felici.” Ma quando il dovere lo richiese, egli accettò di camminare coraggiosamente attraverso la “valle dell’ombra della morte”. Egli era felice ma allo stesso tempo umile.
(1103.2) 100:7.14 Il suo coraggio era uguagliato soltanto dalla sua pazienza. Quando era sollecitato ad agire prematuramente, egli si limitava a rispondere: “La mia ora non è ancora giunta.” Egli non aveva mai fretta; la sua compostezza era sublime. Ma s’indignava spesso contro il male, non tollerava il peccato. Fu spesso spinto energicamente ad opporsi a ciò che era contrario al benessere dei suoi figli terreni. Ma la sua indignazione contro il peccato non lo portò mai ad adirarsi contro il peccatore.
(1103.3) 100:7.15 Il suo coraggio era splendido, ma egli non fu mai temerario. Il suo motto era “non temete.” La sua audacia era sublime ed il suo coraggio spesso eroico. Ma il suo coraggio era unito al discernimento e controllato dalla ragione. Era un coraggio nato dalla fede, non l’avventatezza di una cieca presunzione. Egli era veramente coraggioso, ma mai temerario.
(1103.4) 100:7.16 Il Maestro era un modello di riverenza. La preghiera della sua giovinezza cominciava con “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome.” Egli era anche rispettoso dell’errato culto dei suoi simili. Ma questo non gli impediva di attaccare le tradizioni religiose o di combattere gli errori della credenza umana. Egli riveriva la vera santità, ma poteva giustamente rivolgersi ai suoi simili dicendo “Chi tra di voi mi convincerà di peccare?”
(1103.5) 100:7.17 Gesù era grande perché era buono e fraternizzava anche con i bambini. Era garbato e modesto nella sua vita personale, pur essendo l’uomo divenuto perfetto di un universo. I suoi compagni lo chiamavano spontaneamente Maestro.
(1103.6) 100:7.18 Gesù era la personalità umana perfettamente unificata. Ed oggi, come allora in Galilea, egli continua ad unificare l’esperienza mortale e a coordinare gli sforzi umani. Egli unifica la vita, nobilita il carattere e semplifica l’esperienza. Egli penetra la mente umana per elevarla, trasformarla e trasfigurarla. È letteralmente vero che: “Se un uomo ha Cristo Gesù in lui, è una nuova creatura; le vecchie cose stanno scomparendo; ecco, tutte le cose divengono nuove.”
(1103.7) 100:7.19 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1104.1) 101:0.1 LA RELIGIONE, in quanto esperienza umana, si estende dalla schiavitù primitiva della paura del selvaggio in evoluzione fino alla sublime e magnifica libertà della fede di quei mortali civilizzati che sono stupendamente coscienti della filiazione con il Dio eterno.
(1104.2) 101:0.2 La religione è l’antenata dell’etica e della morale superiori dell’evoluzione sociale progressiva. Ma la religione, come tale, non è un semplice movimento morale, benché le manifestazioni esteriori e sociali della religione siano fortemente influenzate dall’impulso etico e morale della società umana. La religione è sempre l’ispiratrice della natura umana in evoluzione, ma non è il segreto di questa evoluzione.
(1104.3) 101:0.3 La religione, la fede-convinzione della personalità, può sempre trionfare sulla logica superficiale e contraddittoria della disperazione nata nella mente materiale non credente. C’è realmente una vera ed autentica voce interiore, quella “vera luce che illumina ogni uomo che viene al mondo”. E questa guida spirituale è distinta dal suggerimento etico della coscienza umana. Il sentimento della certezza religiosa è più che un sentimento emotivo. La certezza della religione trascende la ragione della mente ed anche la logica della filosofia. La religione è fede, fiducia e certezza.
(1104.4) 101:1.1 La vera religione non è un sistema di credenze filosofiche che possa essere discusso a fondo e convalidato da prove naturali, né è un’esperienza fantastica e mistica di sentimenti ed estasi non descrivibili di cui possano gioire solo i romantici fedeli del misticismo. La religione non è il prodotto della ragione, ma vista dall’interno è del tutto conforme alla ragione. La religione non deriva dalla logica della filosofia umana, ma come esperienza mortale è interamente logica. La religione è fare esperienza della divinità nella coscienza di un essere morale di origine evoluzionaria; essa rappresenta una vera esperienza con le realtà eterne nel tempo, la realizzazione di soddisfazioni spirituali mentre si è ancora nella carne.
(1104.5) 101:1.2 L’Aggiustatore di Pensiero non ha un meccanismo speciale con il quale potersi autoesprimere; non c’è alcuna facoltà religiosa mistica per ricevere od esprimere delle emozioni religiose. Queste esperienze sono rese possibili grazie all’appropriato meccanismo naturale della mente mortale. Ed in ciò sta la spiegazione della difficoltà dell’Aggiustatore di entrare in comunicazione diretta con la mente materiale dove risiede costantemente.
(1104.6) 101:1.3 Lo spirito divino stabilisce il contatto con l’uomo mortale non tramite sentimenti od emozioni, ma nel regno del pensiero più elevato e più spiritualizzato. Sono i vostri pensieri, non i vostri sentimenti, che vi conducono verso Dio. La natura divina può essere percepita solo con gli occhi della mente. Ma la mente che discerne realmente Dio, che ode l’Aggiustatore interiore, è la mente pura. “Senza santità nessuno può vedere il Signore.” Ogni comunione interiore e spirituale di questo tipo è denominata intuizione spirituale. Tali esperienze religiose risultano dall’impronta lasciata sulla mente umana dalle operazioni congiunte dell’Aggiustatore e dello Spirito della Verità mentre agiscono in mezzo e sulle idee, sugli ideali, sulle intuizioni e sugli sforzi spirituali dei figli di Dio in evoluzione.
(1105.1) 101:1.4 Quindi la religione vive e prospera non per mezzo della vista e dei sentimenti, ma piuttosto per mezzo della fede e dell’intuizione. Essa non consiste nella scoperta di fatti nuovi o nel risultato di un’esperienza straordinaria, ma piuttosto nella scoperta di nuovi significati spirituali in fatti già ben conosciuti dall’umanità. L’esperienza religiosa più elevata non deriva da precedenti atti di credenza, di tradizione e d’autorità; né la religione è il prodotto di sentimenti sublimi e di emozioni puramente mistiche. Essa è piuttosto un’esperienza profondamente intensa e reale di comunione dello spirito con le influenze spirituali residenti nella mente umana. E nella misura in cui si può definire questa esperienza in termini di psicologia, essa è semplicemente l’esperienza di sperimentare la realtà di credere in Dio come la realtà di tale esperienza puramente personale.
(1105.2) 101:1.5 Sebbene la religione non sia il prodotto delle speculazioni razionalistiche di una cosmologia materiale, essa è nondimeno la creazione di un discernimento totalmente razionale originato dall’esperienza mentale dell’uomo. La religione non nasce né da meditazioni mistiche né da contemplazioni solitarie, benché sia sempre più o meno misteriosa e sempre indefinibile ed inesplicabile in termini di ragione puramente intellettuale e di logica filosofica. I germi della vera religione hanno origine nel dominio della coscienza morale dell’uomo e sono rivelati dalla crescita dell’intuizione spirituale dell’uomo, quella facoltà della personalità umana che cresce come conseguenza della presenza dell’Aggiustatore di Pensiero rivelatore di Dio nella mente mortale assetata di Dio.
(1105.3) 101:1.6 La fede unisce il discernimento morale alla discriminazione coscienziosa dei valori, ed il senso evoluzionario preesistente del dovere completa il lignaggio della vera religione. L’esperienza della religione si traduce alla fine nella consapevolezza certa di Dio e nella certezza indubitabile della sopravvivenza della personalità credente.
(1105.4) 101:1.7 Si può vedere così che le aspirazioni religiose e gli impulsi spirituali non sono di natura tale da portare semplicemente gli uomini a desiderare di credere in Dio, ma piuttosto di natura e di potenza tali da imprimere profondamente negli uomini la convinzione che dovrebbero credere in Dio. Il senso del dovere evoluzionario e gli obblighi conseguenti all’illuminazione della rivelazione s’imprimono così profondamente sulla natura morale dell’uomo che egli finisce per raggiungere quella condizione della mente e quell’atteggiamento dell’anima in cui conclude che non ha alcun diritto di non credere in Dio. La saggezza superiore e superfilosofica di questi individui illuminati e disciplinati insegna loro alla fine che dubitare di Dio o non aver fiducia nella sua bontà sarebbe dimostrarsi sleali verso la cosa più reale e più profonda che è nella mente e nell’anima umana — l’Aggiustatore divino.
(1105.5) 101:2.1 Il fatto della religione consiste interamente nell’esperienza religiosa di esseri umani razionali e ordinari. Questo è il solo senso in cui la religione può mai essere considerata come scientifica od anche psicologica. La prova che la rivelazione è una rivelazione è questo stesso fatto dell’esperienza umana: il fatto che la rivelazione sintetizza le scienze della natura e la teologia della religione apparentemente divergenti in una filosofia dell’universo coerente e logica, in una spiegazione coordinata ed ininterrotta della scienza e della religione, producendo in tal modo un’armonia della mente ed una soddisfazione dello spirito che rispondono nell’esperienza umana a quegli interrogativi della mente mortale che anela a sapere come l’Infinito compie la sua volontà e fa i suoi piani nella materia, con la mente e sullo spirito.
(1106.1) 101:2.2 La ragione è il metodo della scienza; la fede è il metodo della religione; la logica è la tentata tecnica della filosofia. La rivelazione compensa l’assenza della visione morontiale fornendo una tecnica per conseguire l’unità nella comprensione della realtà e nelle relazioni tra materia e spirito attraverso la mediazione della mente. La vera rivelazione non rende mai la scienza innaturale, la religione irragionevole o la filosofia illogica.
(1106.2) 101:2.3 La ragione, con lo studio della scienza, può ricondurre tramite la natura ad una Causa Prima, ma ci vuole una fede religiosa per trasformare la Causa Prima della scienza in un Dio di salvezza; e la rivelazione è inoltre necessaria per convalidare tale fede, tale intuizione spirituale.
(1106.3) 101:2.4 Ci sono due ragioni fondamentali per credere in un Dio che favorisce la sopravvivenza umana:
(1106.4) 101:2.5 1. L’esperienza umana, la certezza personale, e registrate in un modo o in un altro, la speranza e la fiducia suscitate dall’Aggiustatore di Pensiero interiore.
(1106.5) 101:2.6 2. La rivelazione della verità, sia per mezzo del ministero personale diretto dello Spirito della Verità, sia mediante il conferimento di Figli divini al mondo, sia attraverso le rivelazioni della parola scritta.
(1106.6) 101:2.7 La scienza conclude la sua ricerca mediante la ragione nell’ipotesi di una Causa Prima. La religione non interrompe il suo volo di fede sino a quando non è sicura di un Dio di salvezza. Gli studi approfonditi della scienza suggeriscono logicamente la realtà e l’esistenza di un Assoluto. La religione crede senza riserve nell’esistenza e nella realtà di un Dio che favorisce la sopravvivenza della personalità. Quello che la metafisica non riesce assolutamente a fare, e quello che la filosofia stessa non riesce in parte a fare, lo fa la rivelazione; cioè, essa afferma che la Causa Prima della scienza e il Dio di salvezza della religione sono una sola e stessa Deità.
(1106.7) 101:2.8 La ragione è la prova della scienza, la fede è la prova della religione, la logica è la prova della filosofia, ma la rivelazione è convalidata soltanto dall’esperienza umana. La scienza porta conoscenza; la religione porta felicità; la filosofia porta unità; la rivelazione conferma l’armonia esperienziale di questo approccio trino alla realtà universale.
(1106.8) 101:2.9 La contemplazione della natura può solo rivelare un Dio della natura, un Dio di movimento. La natura mostra soltanto la materia, il movimento e l’animazione — la vita. In certe condizioni la materia con l’aggiunta di energia si manifesta in forme viventi, ma mentre la vita naturale è perciò relativamente continua come fenomeno, è del tutto transitoria per gli individui. La natura non offre la base per una credenza logica nella sopravvivenza della personalità umana. L’uomo religioso che trova Dio nella natura ha già trovato prima questo stesso Dio personale nella propria anima.
(1106.9) 101:2.10 La fede rivela Dio nell’anima. La rivelazione, il sostituto della visione morontiale su un mondo evoluzionario, permette all’uomo di vedere nella natura lo stesso Dio che la fede rivela nella sua anima. In tal modo la rivelazione riesce a gettare un ponte sull’abisso tra il materiale e lo spirituale, tra la creatura ed il Creatore, tra l’uomo e Dio.
(1107.1) 101:2.11 La contemplazione della natura conduce logicamente verso l’esistenza di una guida intelligente, cioè di una supervisione vivente, ma non rivela in alcun modo soddisfacente un Dio personale. D’altra parte la natura non rivela nulla che impedisca di considerare l’universo come opera del Dio della religione. Non si può trovare Dio tramite la sola natura, ma una volta che l’uomo l’ha trovato in altro modo, lo studio della natura diventa del tutto compatibile con un’interpretazione più elevata e più spirituale dell’universo.
(1107.2) 101:2.12 La rivelazione, in quanto fenomeno epocale è periodica; in quanto esperienza umana personale è continua. La divinità funziona nella personalità umana come il dono dell’Aggiustatore del Padre, come lo Spirito della Verità del Figlio e come lo Spirito Santo dello Spirito d’Universo, e queste tre dotazioni supermortali sono unificate nell’evoluzione esperienziale umana come ministero del Supremo.
(1107.3) 101:2.13 La vera religione è una penetrazione nella realtà, la figlia per fede della coscienza morale, e non un semplice assenso intellettuale ad un corpo di dottrine dogmatiche. La vera religione consiste nell’esperienza che “lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo i figli di Dio”. La religione non consiste in proposizioni teologiche, bensì nell’intuizione spirituale e nella sublimità della fiducia dell’anima.
(1107.4) 101:2.14 La vostra natura più profonda — l’Aggiustatore divino — crea in voi fame e sete di rettitudine, il desiderio intenso di perfezione divina. La religione è l’atto di fede mediante il quale si riconosce questo impulso interiore al compimento divino; e così nascono quella fiducia e quella certezza dell’anima di cui prendete coscienza come la via della salvezza, la tecnica della sopravvivenza della personalità e tutti quei valori che siete giunti a considerare come veri e buoni.
(1107.5) 101:2.15 La comprensione della religione non è mai dipesa e non dipenderà mai da una grande erudizione o da un’abile logica. Essa è intuizione spirituale, ed è proprio questa la ragione per cui alcuni dei più grandi maestri religiosi del mondo, e gli stessi profeti, hanno talvolta posseduto così poco della sapienza del mondo. La fede religiosa è accessibile sia all’istruito che all’ignorante.
(1107.6) 101:2.16 La religione deve sempre essere la sua stessa critica ed il suo stesso giudice; essa non può mai essere valutata ed ancor meno compresa dall’esterno. La vostra sola assicurazione di un Dio personale consiste nel vostro stesso discernimento circa la vostra credenza nelle cose spirituali e la vostra esperienza di esse. Per tutti i vostri simili che hanno avuto una tale esperienza non è necessario alcun argomento sulla personalità o sulla realtà di Dio, mentre per tutti gli altri uomini che non sono così certi di Dio nessun argomento possibile potrebbe mai essere veramente convincente.
(1107.7) 101:2.17 La psicologia può certamente tentare di studiare il fenomeno delle reazioni religiose all’ambiente sociale, ma non può mai sperare di penetrare i motivi reali ed interiori ed il lavorio della religione. Solo la teologia, il campo della fede e la tecnica della rivelazione, può offrire una qualche argomentazione intelligente sulla natura e sul contenuto dell’esperienza religiosa.
(1107.8) 101:3.1 La religione è talmente vitale che persiste in assenza di cultura. Essa vive nonostante la sua contaminazione con cosmologie erronee e con false filosofie; sopravvive anche alla confusione della metafisica. In tutte le vicissitudini storiche della religione, ed attraverso esse, persiste sempre ciò che è indispensabile al progresso e alla sopravvivenza dell’uomo: la coscienza etica e la coscienza morale.
(1108.1) 101:3.2 La percezione della fede, o intuizione spirituale, è la dotazione della mente cosmica in associazione con l’Aggiustatore di Pensiero, che è il dono del Padre all’uomo. La ragione spirituale, l’intelligenza dell’anima, è la dotazione dello Spirito Santo, il dono dello Spirito Creativo all’uomo. La filosofia spirituale, la saggezza delle realtà spirituali, è la dotazione dello Spirito della Verità, il dono congiunto dei Figli di conferimento ai figli degli uomini. E la coordinazione e l’interassociazione di queste dotazioni spirituali fanno dell’uomo una personalità spirituale con un destino potenziale.
(1108.2) 101:3.3 È questa stessa personalità spirituale, in forma primitiva ed embrionale, che in possesso dell’Aggiustatore sopravvive alla morte naturale nella carne. Questa entità composita di origine spirituale associata all’esperienza umana è resa capace, per mezzo della via vivente fornita dai Figli divini, di sopravvivere (in custodia dell’Aggiustatore) alla dissoluzione dell’io mentale e materiale, quando questa associazione temporanea del materiale e dello spirituale viene disgiunta dalla cessazione del movimento vitale.
(1108.3) 101:3.4 Mediante la fede religiosa l’anima dell’uomo si rivela e dimostra la potenziale divinità della sua natura emergente con il modo caratteristico con cui induce la personalità mortale a reagire a certe situazioni intellettualmente difficili e socialmente probanti. La fede spirituale autentica (la vera coscienza morale) è rivelata dal fatto che essa:
(1108.4) 101:3.5 1. Fa progredire l’etica e la morale nonostante le tendenze animalistiche innate e contrarie.
(1108.5) 101:3.6 2. Produce una sublime fiducia nella bontà di Dio anche di fronte ad amare delusioni ed a schiaccianti insuccessi.
(1108.6) 101:3.7 3. Genera coraggio e fiducia profondi nonostante le avversità naturali e le calamità fisiche.
(1108.7) 101:3.8 4. Mostra un equilibrio inspiegabile ed una tranquillità confortante nonostante malattie frustranti e sofferenze fisiche acute.
(1108.8) 101:3.9 5. Conserva un misterioso equilibrio ed una compostezza della personalità a fronte di maltrattamenti e delle più flagranti ingiustizie.
(1108.9) 101:3.10 6. Mantiene una fiducia divina nella vittoria finale nonostante le crudeltà di un destino apparentemente cieco e l’apparente totale indifferenza delle forze naturali verso il benessere umano.
(1108.10) 101:3.11 7. Persiste nella ferma credenza in Dio nonostante tutte le dimostrazioni contrarie della logica e resiste con successo a tutte le altre sofisticherie intellettuali.
(1108.11) 101:3.12 8. Continua a mostrare una fede indomabile nella sopravvivenza dell’anima a dispetto degli insegnamenti ingannevoli di una falsa scienza e delle persuasive illusioni di una filosofia erronea.
(1108.12) 101:3.13 9. Vive e trionfa a prescindere dal fardello opprimente delle civiltà complesse ed incomplete dei tempi moderni.
(1108.13) 101:3.14 10. Contribuisce alla continuità della sopravvivenza dell’altruismo a dispetto dell’egoismo umano, degli antagonismi sociali, dell’avidità industriale e dei disaccordi politici.
(1108.14) 101:3.15 11. Aderisce saldamente ad una credenza sublime nell’unità dell’universo e nella guida divina senza curarsi della presenza perturbatrice del male e del peccato.
(1108.15) 101:3.16 12. Prosegue imperturbata nell’adorazione di Dio indipendentemente da tutto. Essa osa dichiarare: “Anche se mi uccidesse, continuerei a servirlo.”
(1108.16) 101:3.17 Noi sappiamo dunque, per mezzo di tre fenomeni, che l’uomo ha uno spirito o degli spiriti divini che dimorano in lui: primo, per esperienza personale — per fede religiosa; secondo, per rivelazione — personale e razziale; e terzo, mediante la stupefacente manifestazione di quelle straordinarie ed innaturali reazioni al suo ambiente fisico che sono illustrate nella precedente elencazione di dodici compimenti di carattere spirituale in presenza di situazioni effettive e probanti dell’esistenza umana reale. E ve ne sono altre ancora.
(1109.1) 101:3.18 È proprio una tale dimostrazione vitale e vigorosa di fede nel campo della religione che dà diritto ai mortali di affermare il possesso personale e la realtà spirituale di quella dotazione suprema della natura umana, l’esperienza religiosa.
(1109.2) 101:4.1 Poiché il vostro mondo ignora generalmente le origini, anche le origini fisiche, è parso saggio fornirgli di tanto in tanto delle nozioni di cosmologia. E ciò ha sempre causato dei problemi per il futuro. Le leggi che regolano la rivelazione ci ostacolano grandemente con la loro proibizione d’impartire conoscenze immeritate o premature. Ogni cosmologia presentata come parte di una religione rivelata è destinata ad essere superata in un tempo molto breve. Di conseguenza, i successivi studenti di una tale rivelazione sono tentati di scartare ogni elemento di verità religiosa autentica che essa può contenere perché scoprono degli errori nelle cosmologie associate in essa presentate.
(1109.3) 101:4.2 L’umanità dovrebbe comprendere che noi che partecipiamo alla rivelazione della verità siamo limitati molto rigorosamente dalle disposizioni dei nostri superiori. Noi non siamo liberi di anticipare le scoperte scientifiche di un millennio. I rivelatori devono agire in conformità alle istruzioni che fanno parte del mandato della rivelazione. Non vediamo alcun modo di superare questa difficoltà, né ora né in futuro. Noi sappiamo benissimo che, mentre i fatti storici e le verità religiose di questa serie di esposizioni rivelatorie sussisteranno negli archivi delle ere future, nel giro di pochi anni molte delle nostre affermazioni riguardanti le scienze fisiche avranno bisogno di una revisione in conseguenza di ulteriori sviluppi scientifici e di nuove scoperte. Questi nuovi sviluppi noi li prevediamo già adesso, ma ci è proibito includere tali fatti non ancora scoperti dagli uomini nelle esposizioni della rivelazione. Sia chiaro che le rivelazioni non sono necessariamente ispirate. La cosmologia di queste rivelazioni non è ispirata. Essa è limitata dalla nostra autorizzazione a coordinare e selezionare le conoscenze attuali. Mentre l’intuizione divina o spirituale è un dono, la saggezza umana deve evolversi.
(1109.4) 101:4.3 La verità è sempre una rivelazione: un’autorivelazione quando emerge come risultato del lavoro dell’Aggiustatore interiore, una rivelazione epocale quando è presentata mediante la funzione di qualche altra agenzia, gruppo o personalità celeste.
(1109.5) 101:4.4 In ultima analisi, la religione deve essere giudicata dai suoi frutti, secondo la maniera e l’estensione con cui dimostra la sua stessa intrinseca e divina eccellenza.
(1109.6) 101:4.5 La verità può essere solo relativamente ispirata, anche se la rivelazione è invariabilmente un fenomeno spirituale. Anche se le affermazioni che si riferiscono alla cosmologia non sono mai ispirate, tali rivelazioni hanno un valore immenso, nel senso che chiariscono almeno provvisoriamente la conoscenza mediante:
(1109.7) 101:4.6 1. La riduzione della confusione eliminando d’autorità gli errori.
(1109.8) 101:4.7 2. La coordinazione dei fatti e delle osservazioni conosciute o che stanno per esserlo.
(1110.1) 101:4.8 3. Il recupero di parti importanti di conoscenze perdute concernenti avvenimenti epocali del lontano passato.
(1110.2) 101:4.9 4. La divulgazione d’informazioni che colmano le lacune fondamentali nelle conoscenze acquisite in altro modo.
(1110.3) 101:4.10 5. La presentazione di dati cosmici in modo da illuminare gli insegnamenti spirituali contenuti nella rivelazione che li accompagna.
(1110.4) 101:5.1 La rivelazione è una tecnica che permette di economizzare ere ed ere di tempo nel lavoro indispensabile di cernere e di vagliare gli errori dell’evoluzione rispetto alle verità di acquisizione spirituale.
(1110.5) 101:5.2 La scienza si occupa dei fatti; la religione s’interessa solo dei valori. Mediante una filosofia illuminata la mente si sforza di unire i significati dei fatti e dei valori, pervenendo in tal modo ad un concetto di realtà completa. Ricordatevi che la scienza è il dominio della conoscenza, la filosofia il regno della saggezza e la religione la sfera dell’esperienza della fede. Ma la religione, tuttavia, presenta due fasi di manifestazione:
(1110.6) 101:5.3 1. La religione evoluzionaria. L’esperienza dei culti primitivi, la religione che deriva dalla mente.
(1110.7) 101:5.4 2. La religione rivelata. L’atteggiamento universale che deriva dallo spirito; la certezza della conservazione delle realtà eterne, della sopravvivenza della personalità e del raggiungimento finale della Deità cosmica, il cui disegno ha reso possibile tutto ciò, e la credenza in questi compimenti. Fa parte del piano universale che presto o tardi la religione evoluzionaria sia destinata a ricevere l’espansione spirituale della rivelazione.
(1110.8) 101:5.5 Sia la scienza che la religione cominciano col supporre certe basi generalmente accettate per trarne delle deduzioni logiche. Allo stesso modo anche la filosofia deve iniziare il suo corso supponendo la realtà di tre cose:
(1110.9) 101:5.6 1. Il corpo materiale.
(1110.10) 101:5.7 2. La fase supermateriale dell’essere umano, l’anima oppure lo spirito interiore.
(1110.11) 101:5.8 3. La mente umana, il meccanismo per l’intercomunicazione e l’interassociazione tra lo spirito e la materia, tra il materiale e lo spirituale.
(1110.12) 101:5.9 Gli scienziati assemblano i fatti, i filosofi coordinano le idee, mentre i profeti esaltano gli ideali. Il sentimento e l’emozione sono elementi concomitanti immancabili della religione, ma non sono la religione. La religione può essere il sentimento dell’esperienza, ma non è l’esperienza del sentimento. Né la logica (la razionalizzazione) né l’emozione (il sentimento) sono parti essenziali dell’esperienza religiosa, sebbene entrambe possano essere variamente associate all’esercizio della fede nel progresso dell’intuizione spirituale della realtà, il tutto secondo lo status e la tendenza connaturata della singola mente.
(1110.13) 101:5.10 La religione evoluzionaria è la manifestazione del dono dell’aiutante della mente dell’universo locale incaricato di creare e di favorire la peculiarità dell’adorazione nell’uomo in evoluzione. Queste religioni primitive s’interessano direttamente dell’etica e della morale, del senso del dovere umano. Tali religioni sono fondate sull’assicurazione della coscienza e portano alla stabilizzazione di civiltà relativamente etiche.
(1111.1) 101:5.11 Le religioni rivelate personalmente sono patrocinate dagli spiriti di conferimento rappresentanti le tre persone della Trinità del Paradiso e si occupano in special modo dell’espansione della verità. La religione evoluzionaria fa apprezzare all’individuo l’importanza del dovere personale; la religione rivelata pone sempre più l’accento sull’amore, sulla regola d’oro.
(1111.2) 101:5.12 La religione evoluta si appoggia interamente sulla fede. La rivelazione possiede la certezza addizionale della sua presentazione ampliata delle verità concernenti la divinità e la realtà, e la testimonianza ancor più preziosa dell’esperienza effettiva che si accumula in conseguenza della pratica unione operativa della fede dell’evoluzione e della verità della rivelazione. Tale unione operativa della fede umana e della verità divina costituisce il possesso di un carattere bene avviato all’effettiva acquisizione di una personalità morontiale.
(1111.3) 101:5.13 La religione evoluzionaria fornisce soltanto l’assicurazione della fede e la conferma della coscienza; la religione rivelatoria fornisce l’assicurazione della fede più la verità di un’esperienza vivente delle realtà della rivelazione. Il terzo gradino della religione, o terza fase dell’esperienza religiosa, concerne lo stato morontiale, la presa più salda della mota. Nel corso della progressione morontiale le verità della religione rivelata vengono ampliate; voi conoscerete sempre di più la verità dei valori supremi, delle bontà divine, delle relazioni universali, delle realtà eterne e dei destini ultimi.
(1111.4) 101:5.14 Durante l’intera progressione morontiale l’assicurazione della verità sostituisce sempre più l’assicurazione della fede. Quando alla fine sarete arruolati nel mondo spirituale reale, allora le assicurazioni della pura intuizione spirituale opereranno al posto della fede e della verità, o piuttosto in congiunzione con queste tecniche precedenti di assicurazione della personalità, e sovrapposte ad esse.
(1111.5) 101:6.1 La fase morontiale della religione rivelata concerne l’esperienza della sopravvivenza, ed il suo grande stimolo è il raggiungimento della perfezione spirituale. È anche presente la spinta superiore all’adorazione, associata ad un richiamo che incita ad un servizio etico accresciuto. La visione morontiale implica una coscienza in crescente espansione del Settuplo, del Supremo ed anche dell’Ultimo.
(1111.6) 101:6.2 Nel corso di ogni esperienza religiosa, dai suoi primi inizi sul livello materiale fino all’ottenimento del pieno status spirituale, l’Aggiustatore è il segreto che permette la realizzazione personale della realtà dell’esistenza del Supremo; e questo stesso Aggiustatore detiene anche i segreti della vostra fede nel raggiungimento trascendentale dell’Ultimo. La personalità esperienziale dell’uomo in evoluzione, unita all’essenza dell’Aggiustatore del Dio esistenziale, costituisce il raggiungimento potenziale dell’esistenza suprema ed è per natura la base per l’eventuarsi superfinito della personalità trascendentale.
(1111.7) 101:6.3 La volontà morale comprende decisioni basate su una conoscenza ragionata, accresciute dalla saggezza e sanzionate da una fede religiosa. Tali scelte sono degli atti di natura morale e provano l’esistenza di una personalità morale, che prelude alla personalità morontiale ed infine al vero status spirituale.
(1111.8) 101:6.4 Il tipo evoluzionario di conoscenza è solo l’accumulazione del materiale protoplasmico della memoria; questa è la forma più primitiva di coscienza della creatura. La saggezza ingloba le idee formulate dalla memoria protoplasmica in un processo di associazione e di ricombinazione, e questo fenomeno differenzia la mente umana dalla semplice mente animale. Gli animali hanno delle conoscenze, ma solo l’uomo possiede la capacità della saggezza. La verità è resa accessibile all’individuo dotato di saggezza dal conferimento ad una tale mente degli spiriti del Padre e del Figlio, l’Aggiustatore di Pensiero e lo Spirito della Verità.
(1112.1) 101:6.5 Cristo Micael, quando si conferì ad Urantia, visse sotto il regno della religione evoluzionaria fino al tempo del suo battesimo. Da quel momento in poi, fino all’evento della sua crocifissione incluso, egli proseguì la sua opera sotto la guida congiunta della religione evoluzionaria e di quella rivelata. Dal mattino della sua risurrezione fino alla sua ascensione egli attraversò le molteplici fasi della vita morontiale di transizione umana dal mondo della materia a quello dello spirito. Dopo la sua ascensione Micael divenne padrone dell’esperienza della Supremazia, la realizzazione del Supremo; ed essendo la sola persona di Nebadon a possedere la capacità illimitata di sperimentare la realtà del Supremo, egli raggiunse istantaneamente lo status della sovranità di supremazia nel suo universo locale e su di esso.
(1112.2) 101:6.6 Nell’uomo la fusione finale e l’unità risultante con l’Aggiustatore interiore — la sintesi in una sola personalità dell’uomo e dell’essenza di Dio — fanno di lui, in potenziale, una parte vivente del Supremo ed assicurano ad un tale essere, un tempo mortale, il diritto di nascita eterno a proseguire infinitamente la finalità del servizio universale per e con il Supremo.
(1112.3) 101:6.7 La rivelazione insegna all’uomo mortale che, per iniziare questa avventura magnifica ed affascinante attraverso lo spazio per mezzo della progressione del tempo, dovrebbe cominciare con l’organizzare la sua conoscenza in idee-decisioni. Poi dovrebbe ordinare alla saggezza di lavorare incessantemente al suo nobile compito di trasformare le idee basate sull’autoconvinzione in ideali sempre più pratici, ma tuttavia superni, cioè in quei concetti che sono così ragionevoli come idee e così logici come ideali che l’Aggiustatore osa perciò congiungerli e spiritualizzarli, in modo da renderli disponibili per questa associazione nella mente finita che ne farà il complemento umano effettivo, preparato in tal modo per l’azione dello Spirito della Verità dei Figli, le manifestazioni nel tempo-spazio della verità del Paradiso — la verità universale. La coordinazione di idee-decisioni, d’ideali logici e della verità divina rappresenta il possesso di un carattere retto, requisito preliminare per l’ammissione di un mortale alle realtà in continua espansione e sempre più spirituali dei mondi morontiali.
(1112.4) 101:6.8 Gli insegnamenti di Gesù costituirono la prima religione di Urantia che inglobava così pienamente una coordinazione armoniosa della conoscenza, della saggezza, della fede, della verità e dell’amore per fornire completamente e simultaneamente la tranquillità temporale, la certezza intellettuale, l’illuminazione morale, la stabilità filosofica, la sensibilità etica, la coscienza di Dio e l’assicurazione formale della sopravvivenza personale. La fede di Gesù indicò la via verso la finalità della salvezza umana, verso l’ultimità del compimento universale dei mortali, poiché procurava:
(1112.5) 101:6.9 1. La salvezza dalle catene materiali nella realizzazione personale della filiazione con Dio, che è spirito.
(1112.6) 101:6.10 2. La salvezza dalla schiavitù intellettuale: l’uomo conoscerà la verità, e la verità lo renderà libero.
(1112.7) 101:6.11 3. La salvezza dalla cecità spirituale, la realizzazione umana della fratellanza degli esseri mortali e la coscienza morontiale della fratellanza di tutte le creature dell’universo; la scoperta della realtà spirituale mediante il servizio e la rivelazione della bontà dei valori spirituali per mezzo del ministero.
(1113.1) 101:6.12 4. La salvezza dall’incompletezza dell’io mediante il raggiungimento dei livelli spirituali dell’universo e con la realizzazione finale dell’armonia di Havona e della perfezione del Paradiso.
(1113.2) 101:6.13 5. La salvezza dall’io, la liberazione dai limiti dell’autocoscienza grazie al raggiungimento dei livelli cosmici della mente Suprema e mediante la coordinazione con i compimenti di tutti gli altri esseri autocoscienti.
(1113.3) 101:6.14 6. La salvezza dal tempo, il conseguimento di una vita eterna di progressione senza fine nel riconoscimento di Dio e nel servizio di Dio.
(1113.4) 101:6.15 7. La salvezza dal finito, l’unione perfezionata con la Deità nel Supremo, e per suo tramite, mediante la quale la creatura tenta la scoperta trascendentale dell’Ultimo sui livelli postfinalitari dell’absonito.
(1113.5) 101:6.16 Questa settupla salvezza equivale alla realizzazione completa e perfetta della definitiva esperienza del Padre Universale. E tutto ciò, in potenziale, è contenuto nella realtà della fede dell’esperienza religiosa umana, e può esservi effettivamente contenuto perché la fede di Gesù era nutrita anche dalle realtà al di là dell’ultimo, e le rivelava. La fede di Gesù si avvicinava allo status di un assoluto universale nella misura in cui tale manifestazione è possibile nel cosmo in evoluzione del tempo e dello spazio.
(1113.6) 101:6.17 Con l’appropriazione della fede di Gesù l’uomo mortale può pregustare nel tempo le realtà dell’eternità. Gesù, nel corso della sua esperienza umana, fece la scoperta del Padre Finale, ed i suoi fratelli nella carne della vita mortale possono seguirlo in questa stessa esperienza di scoperta del Padre. Anch’essi, così come sono, possono raggiungere in questa esperienza con il Padre la stessa soddisfazione di Gesù così com’egli era. Nuovi potenziali divennero attuali nell’universo di Nebadon a seguito del conferimento terminale di Micael, ed uno di questi fu la nuova illuminazione del sentiero dell’eternità che conduce al Padre di tutti e che può essere percorso anche dai mortali di carne e di sangue materiali nel corso della loro vita iniziale sui pianeti dello spazio. Gesù era ed è la nuova via vivente grazie alla quale l’uomo può ottenere l’eredità divina che il Padre ha decretato sarà sua purché la chieda. In Gesù sono abbondantemente dimostrati l’inizio e la fine dell’esperienza di fede dell’umanità, anche dell’umanità divina.
(1113.7) 101:7.1 Un’idea è soltanto un piano d’azione teorico, mentre una decisione precisa è un piano d’azione convalidato. Uno stereotipo è un piano d’azione accettato senza convalida. I materiali con cui costruire una filosofia personale della religione sono derivati sia dall’esperienza interiore che dall’esperienza dell’individuo con il suo ambiente. Lo status sociale, le condizioni economiche, la possibilità d’istruirsi, gli orientamenti morali, le influenze delle istituzioni, gli sviluppi politici, le tendenze razziali e gli insegnamenti religiosi del proprio tempo e del proprio luogo diventano tutti dei fattori nella formulazione di una filosofia personale della religione. Anche il temperamento innato e l’inclinazione intellettuale determinano marcatamente il modello della filosofia religiosa. L’occupazione, il matrimonio e la parentela influenzano tutti l’evoluzione dei propri livelli personali di vita.
(1113.8) 101:7.2 Una filosofia della religione si evolve da una crescita basilare delle idee, accresciuta dalla vita sperimentale, entrambe modificate dalla tendenza ad imitare i propri associati. L’efficacia delle conclusioni filosofiche dipende dall’acuto, onesto e discriminante modo di pensare in connessione con la sensibilità ai significati e l’esattezza della valutazione. I codardi morali non raggiungono mai piani elevati di pensiero filosofico; ci vuole coraggio per penetrare nuovi livelli dell’esperienza e per tentare l’esplorazione dei regni sconosciuti della vita intellettuale.
(1114.1) 101:7.3 Attualmente hanno origine nuovi sistemi di valori; vengono fatte nuove formulazioni dei principi e dei criteri; vengono rinnovati abitudini ed ideali; si è raggiunta una certa idea di un Dio personale, seguita da concetti ampliati della relazione con lui.
(1114.2) 101:7.4 La grande differenza tra una filosofia di vita religiosa ed una non religiosa risiede nella natura e nel livello dei valori riconosciuti e nell’oggetto delle devozioni. Ci sono quattro fasi nell’evoluzione della filosofia religiosa. Una tale esperienza può divenire semplicemente conformista, rassegnata alla sottomissione alla tradizione e all’autorità. Oppure può essere soddisfatta con dei compimenti modesti, giusto abbastanza per stabilizzare la vita quotidiana, e perciò viene presto arrestata su questo livello provvisorio. Questi mortali credono sia meglio lasciare le cose come sono. Un terzo gruppo progredisce fino al livello dell’intellettualità logica, ma vi ristagna in conseguenza della schiavitù culturale. È davvero penoso vedere intelletti giganteschi mantenuti così saldamente nella presa crudele della schiavitù culturale. È altrettanto patetico osservare coloro che barattano la loro servitù culturale con i vincoli materialistici di una scienza falsamente definita tale. Il quarto livello della filosofia raggiunge l’affrancamento da tutti gli ostacoli convenzionali e tradizionali ed osa pensare, agire e vivere onestamente, lealmente, intrepidamente e sinceramente.
(1114.3) 101:7.5 La prova del fuoco per ogni filosofia religiosa consiste nel fatto che essa distingua o meno tra la realtà del mondo materiale e quella del mondo spirituale, riconoscendo allo stesso tempo la loro unificazione nello sforzo intellettuale e nel servizio sociale. Una sana filosofia religiosa non confonde le cose di Dio con le cose di Cesare. Né riconosce il culto estetico di pura ammirazione come sostituto della religione.
(1114.4) 101:7.6 La filosofia trasforma la religione primitiva, che era in larga misura una fiaba della coscienza, in un’esperienza vivente nei valori ascendenti della realtà cosmica.
(1114.5) 101:8.1 La credenza ha raggiunto il livello della fede quando motiva la vita e foggia il modo di vivere. L’accettazione di un insegnamento come vero non è fede, è semplice credenza. Né sono fede la certezza e la convinzione. Uno stato mentale raggiunge i livelli della fede solo quando domina effettivamente il modo di vivere. La fede è un attributo vivente dell’esperienza religiosa personale autentica. Si crede la verità, si ammira la bellezza e si onora la bontà, ma non le si adora; un tale atteggiamento di fede salvifica è incentrato solo su Dio, il quale è tutto ciò personificato ed infinitamente di più.
(1114.6) 101:8.2 La credenza limita e vincola sempre; la fede amplia e svincola. La credenza fissa, la fede libera. Ma la fede religiosa vivente è più che un’associazione di nobili credenze, è più che un sistema elevato di filosofia; è un’esperienza vivente che concerne i significati spirituali, gli ideali divini ed i valori supremi; essa conosce Dio e serve l’uomo. Le credenze possono divenire proprietà di un gruppo, ma la fede deve essere personale. Le credenze teologiche possono essere suggerite ad un gruppo, ma la fede può sorgere soltanto nel cuore della singola persona religiosa.
(1114.7) 101:8.3 La fede falsa la sua missione di fiducia quando pretende di negare le realtà e di conferire ai suoi adepti una conoscenza presunta. La fede è traditrice quando induce a tradire l’integrità intellettuale e sminuisce la fedeltà ai valori supremi e agli ideali divini. La fede non si sottrae mai al dovere di risolvere i problemi del vivere dei mortali. La fede vivente non favorisce la bigotteria, la persecuzione o l’intolleranza.
(1115.1) 101:8.4 La fede non incatena l’immaginazione creativa, né mantiene un pregiudizio irragionevole verso le scoperte della ricerca scientifica. La fede vivifica la religione e costringe la persona religiosa a vivere eroicamente la regola d’oro. Lo zelo della fede è proporzionato alla conoscenza ed i suoi sforzi sono il preludio di una pace sublime.
(1115.2) 101:9.1 Nessuna pretesa rivelazione della religione può essere considerata come autentica se non riconosce le sollecitazioni del dovere derivate dagli obblighi etici che erano stati creati e mantenuti dalla religione evoluzionaria precedente. La rivelazione allarga infallibilmente l’orizzonte etico della religione evoluta, mentre espande simultaneamente ed infallibilmente gli obblighi morali di tutte le precedenti rivelazioni.
(1115.3) 101:9.2 Quando pretendete di dare un giudizio critico sulla religione primitiva dell’uomo (o sulla religione dell’uomo primitivo), dovreste ricordarvi di giudicare tali selvaggi e di valutare la loro esperienza religiosa secondo la loro illuminazione ed il loro stato di coscienza. Non commettete l’errore di giudicare un’altra religione secondo i vostri criteri di conoscenza e di verità.
(1115.4) 101:9.3 La vera religione è quella convinzione sublime e profonda dell’anima che ammonisce obbligatoriamente l’uomo che sarebbe male per lui non credere in quelle realtà morontiali che costituiscono i suoi concetti etici e morali più elevati, la sua più alta interpretazione dei più grandi valori della vita e delle più profonde realtà dell’universo. Ed una tale religione è semplicemente l’esperienza di dare l’assenso intellettuale ai dettati più elevati della coscienza spirituale.
(1115.5) 101:9.4 La ricerca della bellezza fa parte della religione solo per quanto è etica e nella misura in cui arricchisce il concetto della morale. L’arte è religiosa solo se è diffusa con un proposito derivato da un’elevata motivazione spirituale.
(1115.6) 101:9.5 La coscienza spirituale illuminata dell’uomo civilizzato non s’interessa tanto di una credenza intellettuale specifica o di un modo di vivere particolare quanto di scoprire la verità della vita, la buona e giusta tecnica per reagire alle situazioni sempre ricorrenti dell’esistenza mortale. La coscienza morale è semplicemente un nome applicato al riconoscimento e alla coscienza umani di quei valori morontiali etici emergenti ai quali il dovere esige che l’uomo si attenga nel controllo e nella guida quotidiani della sua condotta.
(1115.7) 101:9.6 Pur riconoscendo che la religione è imperfetta, ci sono almeno due manifestazioni pratiche della sua natura e funzione:
(1115.8) 101:9.7 1. Lo stimolo spirituale e la pressione filosofica della religione tendono a indurre l’uomo a proiettare la sua valutazione dei valori morali direttamente all’esterno negli affari dei suoi simili — la reazione etica della religione.
(1115.9) 101:9.8 2. La religione crea per la mente umana una coscienza spiritualizzata della realtà divina basata su concetti antecedenti di valori morali e derivata da essi per fede, e coordinata con concetti sovrapposti di valori spirituali. La religione diviene così un censore degli affari dei mortali, una forma di dovere morale glorificato e di fiducia nella realtà, le realtà elevate del tempo e le realtà più durature dell’eternità.
(1116.1) 101:9.9 La fede diventa la connessione tra la coscienza morale ed il concetto spirituale della realtà duratura. La religione diventa la via attraverso la quale l’uomo sfugge ai limiti materiali del mondo temporale e naturale verso le realtà superne del mondo eterno e spirituale, utilizzando la tecnica della salvezza, la trasformazione morontiale progressiva.
(1116.2) 101:10.1 L’uomo intelligente sa che è un figlio della natura, una parte dell’universo materiale. Similmente egli non discerne alcuna sopravvivenza della personalità individuale nei movimenti e nelle tensioni del livello matematico dell’universo di energia. Né l’uomo potrà mai discernere la realtà spirituale mediante l’esame della cause e degli effetti fisici.
(1116.3) 101:10.2 Un essere umano è anche consapevole di essere una parte del cosmo ideazionale ma, benché un concetto possa persistere oltre il periodo di vita di un mortale, non c’è niente d’insito nel concetto che indica la sopravvivenza personale della personalità che lo concepisce. Né l’esaurimento delle possibilità della logica e della ragione rivelerà mai al logico o al ragionatore la verità eterna della sopravvivenza della personalità.
(1116.4) 101:10.3 Il livello materiale della legge assicura la continuità della causalità, l’eterna risposta dell’effetto ad un’azione antecedente; il livello mentale suggerisce la perpetuazione della continuità ideazionale, il flusso incessante della potenzialità concettuale derivante da concezioni preesistenti. Ma nessuno di questi livelli dell’universo rivela al cercatore mortale una via per uscire dalla parzialità del suo status e dall’intollerabile incertezza di essere una realtà transitoria nell’universo, una personalità temporale condannata ad estinguersi con l’esaurimento delle sue limitate energie vitali.
(1116.5) 101:10.4 È solo attraverso la via morontiale che conduce all’intuizione spirituale che l’uomo può spezzare le catene inerenti al suo status mortale nell’universo. L’energia e la mente riconducono al Paradiso e alla Deità, ma né la dotazione di energia né la dotazione mentale dell’uomo provengono direttamente dalla Deità del Paradiso. Soltanto in senso spirituale l’uomo è un figlio di Dio. E questo è vero perché è solo in senso spirituale che l’uomo è attualmente dotato ed abitato dal Padre del Paradiso. L’umanità non può mai scoprire la divinità se non attraverso la via dell’esperienza religiosa e l’esercizio di una fede autentica. L’accettazione per fede della verità di Dio consente all’uomo di sfuggire ai confini circoscritti delle limitazioni materiali e gli fornisce una speranza razionale di ottenere un salvacondotto dal regno materiale, dove c’è morte, al regno spirituale, dove c’è vita eterna.
(1116.6) 101:10.5 Il proposito della religione non è di soddisfare la curiosità riguardo a Dio, ma piuttosto di offrire la costanza intellettuale e la sicurezza filosofica, di stabilizzare ed arricchire la vita umana mediante la fusione del mortale con il divino, del parziale con il perfetto, dell’uomo con Dio. È per mezzo dell’esperienza religiosa che i concetti umani dell’idealità sono dotati di realtà.
(1116.7) 101:10.6 Non potranno mai esserci prove scientifiche o logiche della divinità. La ragione da sola non potrà mai convalidare i valori ed i benefici dell’esperienza religiosa. Ma resterà sempre vero che chiunque vuole fare la volontà di Dio comprenderà la validità dei valori spirituali. Questo è l’approccio più prossimo che si possa fare sul livello mortale alle prove presentate della realtà dell’esperienza religiosa. Tale fede fornisce il solo modo per sfuggire alla stretta meccanica del mondo materiale e alla distorsione erronea dell’incompletezza del mondo intellettuale; questa è l’unica soluzione che si sia scoperta per uscire dall’impasse in cui si trova la mente dei mortali riguardo alla sopravvivenza successiva della personalità individuale. Questo è il solo passaporto al completamento della realtà e all’eternità della vita in una creazione universale d’amore, di legge, di unità e di raggiungimento progressivo della Deità.
(1117.1) 101:10.7 La religione pone rimedio efficacemente al senso d’isolamento idealistico o di solitudine spirituale dell’uomo; essa affranca il credente come figlio di Dio, come cittadino di un universo nuovo e significativo. La religione assicura l’uomo che, se segue il bagliore della rettitudine discernibile nella sua anima, con ciò identifica se stesso con il piano dell’Infinito ed il proposito dell’Eterno. Una tale anima liberata comincia immediatamente a sentirsi a casa propria in questo nuovo universo, il suo universo.
(1117.2) 101:10.8 Quando sperimentate questa trasformazione per mezzo della fede, voi non siete più una parte servile del cosmo matematico, ma piuttosto un figlio dotato di volontà ed affrancato del Padre Universale. Questo figlio liberato non lotterà più da solo contro il destino inesorabile della fine dell’esistenza temporale, non combatterà più tutta la natura con prospettive a lui irrimediabilmente avverse, non vacillerà più sotto la paura paralizzante di avere forse riposto la sua fiducia in una chimera senza speranza o di avere vincolato la sua fede ad un errore dell’immaginazione.
(1117.3) 101:10.9 Ora, piuttosto, i figli di Dio sono arruolati insieme per combattere la battaglia del trionfo della realtà sulle ombre parziali dell’esistenza. Finalmente tutte le creature divengono coscienti del fatto che Dio e tutte le schiere divine di un universo quasi infinito sono al loro fianco nella lotta superna per raggiungere l’eternità della vita e la divinità di status. Questi figli liberati dalla fede si sono certamente impegnati nelle lotte del tempo a fianco delle forze supreme e delle personalità divine dell’eternità; anche le stelle nel loro corso combattono ora per loro. Finalmente essi contemplano l’universo dall’interno, dal punto di vista di Dio, e tutto è trasformato dalle incertezze dell’isolamento materiale nelle certezze della progressione spirituale eterna. Il tempo stesso non diviene che l’ombra dell’eternità proiettata dalle realtà del Paradiso sulla panoplia in movimento dello spazio.
(1117.4) 101:10.10 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1118.1) 102:0.1 PER IL materialista non credente l’uomo è semplicemente un accidente evoluzionario. Le sue speranze di sopravvivenza sono legate ad un’invenzione dell’immaginazione umana; le sue paure, i suoi amori, i suoi desideri e le sue credenze sono soltanto la reazione della giustapposizione accidentale di certi atomi di materia priva di vita. Nessun dispiegamento di energia né espressione di fiducia possono portarlo oltre la tomba. Le opere di devozione ed il genio ispirante degli uomini migliori sono condannati ad essere estinti dalla morte, la lunga notte solitaria dell’eterno oblio e dell’estinzione dell’anima. Una disperazione anonima è la sola ricompensa dell’uomo per aver vissuto e lavorato sotto il sole temporale dell’esistenza umana. Ogni giorno della vita stringe lentamente e sicuramente la morsa di un destino crudele che un universo ostile ed implacabile di materia ha decretato come insulto supremo a tutto ciò che è bello, nobile, elevato e buono nel desiderio umano.
(1118.2) 102:0.2 Ma non sono questi la fine ed il destino eterno dell’uomo; una tale visione è soltanto il grido di disperazione lanciato da un’anima errante che si è smarrita nelle tenebre spirituali e che lotta coraggiosamente di fronte alle sofisticherie meccanicistiche di una filosofia materiale, resa cieca dalla confusione e dalla deformazione di una cultura complessa. Tutta questa condanna alle tenebre e tutto questo destino di disperazione sono dissipati per sempre da un solo coraggioso spiegamento di fede da parte del più umile ed ignorante dei figli di Dio sulla terra.
(1118.3) 102:0.3 Questa fede salvifica ha origine nel cuore umano quando la coscienza morale dell’uomo comprende che i valori umani possono essere trasferiti nell’esperienza mortale dal materiale allo spirituale, dall’umano al divino, dal tempo all’eternità.
(1118.4) 102:1.1 L’opera dell’Aggiustatore di Pensiero costituisce la spiegazione della traduzione del primitivo ed evoluzionario senso umano del dovere in una fede superiore e più certa nelle realtà eterne della rivelazione. Ci deve essere sete di perfezione nel cuore dell’uomo per assicurargli la capacità di comprendere i sentieri della fede che conducono alla realizzazione suprema. Se un uomo sceglie di fare la volontà divina conoscerà la via della verità. È letteralmente vero che “le cose umane devono essere conosciute per essere amate, ma le cose divine devono essere amate per essere conosciute.” Ma i dubbi onesti e gli interrogativi sinceri non sono peccati; tali atteggiamenti ritardano semplicemente il cammino progressivo verso il raggiungimento della perfezione. Una fiducia come quella di un bambino assicura l’entrata dell’uomo nel regno dell’ascensione al cielo, ma il progresso dipende interamente dall’esercizio vigoroso di una fede forte e fiduciosa dell’uomo maturo.
(1119.1) 102:1.2 La ragione della scienza è basata sui fatti osservabili del tempo; la fede della religione trae ragione dal programma spirituale dell’eternità. Quello che la conoscenza e la ragione non possono fare per noi, la vera saggezza ci esorta a permettere alla fede di compierlo per mezzo dell’intuizione religiosa e della trasformazione spirituale.
(1119.2) 102:1.3 A seguito dell’isolamento dovuto alla ribellione, la rivelazione della verità su Urantia è stata troppo spesso mescolata con formulazioni di cosmologie parziali e transitorie. La verità resta immutata di generazione in generazione, ma gli insegnamenti associati concernenti il mondo fisico variano di giorno in giorno e di anno in anno. La verità eterna non dovrebbe essere disdegnata perché capita d’incontrarla assieme ad idee superate riguardo al mondo materiale. Più conoscete della scienza, meno vi sentite sicuri; più possedete della religione, più siete certi.
(1119.3) 102:1.4 Le certezze della scienza provengono interamente dall’intelletto; le certezze della religione scaturiscono dai fondamenti stessi dell’intera personalità. La scienza fa appello alla comprensione della mente; la religione fa appello alla fedeltà e alla devozione del corpo, della mente e dello spirito, cioè dell’intera personalità.
(1119.4) 102:1.5 Dio è talmente reale ed assoluto che nessun segno materiale di prova o nessuna dimostrazione di cosiddetti miracoli può essere offerta a testimonianza della sua realtà. Noi lo conosceremo sempre perché abbiamo fiducia in lui, e la nostra credenza in lui è interamente basata sulla nostra partecipazione personale alle manifestazioni divine della sua realtà infinita.
(1119.5) 102:1.6 L’Aggiustatore di Pensiero interiore suscita infallibilmente nell’anima umana una vera e penetrante sete di perfezione così come una grandissima curiosità, che possono essere adeguatamente soddisfatte solo dalla comunione con Dio, sorgente divina di questo Aggiustatore. L’anima assetata dell’uomo rifiuta di essere soddisfatta con qualcosa che non sia la realizzazione personale del Dio vivente. Qualunque cosa Dio possa essere di più che una personalità morale superiore e perfetta, non può essere nulla di meno nel nostro concetto bramoso e finito.
(1119.6) 102:2.1 Le menti attente e le anime perspicaci riconoscono la religione quando la incontrano nella vita dei loro simili. La religione non necessita di alcuna definizione; noi tutti conosciamo i suoi frutti sociali, intellettuali, morali e spirituali. E tutto ciò deriva dal fatto che la religione è proprietà della razza umana; non è figlia della cultura. È vero, la percezione della religione è ancora umana e perciò soggetta alla schiavitù dell’ignoranza, alla schiavitù della superstizione, alle delusioni della sofisticheria e alle illusioni della falsa filosofia.
(1119.7) 102:2.2 Una delle peculiarità caratteristiche dell’assicurazione religiosa autentica è che, nonostante l’assolutezza delle sue affermazioni e la fermezza del suo comportamento, lo spirito della sua espressione è così equilibrato e temperato che non dà mai la più piccola impressione di arroganza o di esaltazione dell’ego. La saggezza dell’esperienza religiosa è un po’ paradossale, nel senso che è originata dall’uomo e derivata dall’Aggiustatore. La forza religiosa non è il prodotto delle prerogative personali dell’individuo, ma piuttosto il risultato dell’associazione sublime tra l’uomo e la sorgente eterna di ogni saggezza. In tal modo le parole e gli atti della religione vera e pura divengono necessariamente autorevoli per tutti i mortali illuminati.
(1119.8) 102:2.3 È difficile identificare ed analizzare i fattori di un’esperienza religiosa, ma non è difficile osservare che tali praticanti religiosi vivono e vanno avanti come se fossero già in presenza dell’Eterno. I credenti reagiscono a questa vita temporale come se l’immortalità fosse già a portata di mano. Nella vita di questi mortali c’è un’originalità valida ed una spontaneità d’espressione che li distingue per sempre da quelli tra i loro simili che hanno assorbito soltanto la saggezza del mondo. Le persone religiose sembrano vivere in un’emancipazione effettiva dal tormento della fretta e dalla penosa tensione delle vicissitudini inerenti alle correnti terrene del tempo; essi mostrano una stabilità di personalità ed una serenità di carattere non spiegate dalle leggi della fisiologia, della psicologia e della sociologia.
(1120.1) 102:2.4 Il tempo è un elemento invariabile nel raggiungimento della conoscenza; la religione rende i suoi doni immediatamente accessibili, benché sussista l’importante fattore della crescita nella grazia, il progresso ben definito in tutte le fasi dell’esperienza religiosa. La conoscenza è una ricerca eterna; voi continuate ad imparare, ma non siete capaci di giungere alla piena conoscenza della verità assoluta. Nella sola conoscenza non ci può mai essere certezza assoluta, ma soltanto una crescente probabilità di approssimazione; ma l’anima religiosa spiritualmente illuminata sa, e sa ora. E tuttavia questa certezza profonda e positiva non porta questa persona religiosa dotata di buon senso ad avere meno interesse negli alti e bassi del progresso della saggezza umana, che è costretta nei suoi confini materiali dai lenti sviluppi della scienza.
(1120.2) 102:2.5 Anche le scoperte della scienza non sono veramente reali nella coscienza dell’esperienza umana prima di essere chiarite e messe in correlazione, prima che i loro fatti pertinenti non diventino effettivamente un significato tramite la loro messa in circuito nelle correnti di pensiero della mente. L’uomo mortale considera anche il suo ambiente fisico secondo il suo livello mentale, secondo la prospettiva delle sue registrazioni psicologiche. Non ci si deve stupire, quindi, che l’uomo dia un’interpretazione altamente unificata dell’universo e cerchi poi d’identificare questa unità d’energia della sua scienza con l’unità spirituale della sua esperienza religiosa. La mente è unità; la coscienza mortale vive sul livello mentale e percepisce le realtà universali con gli occhi della sua dotazione mentale. La prospettiva mentale non rivela l’unità esistenziale della sorgente della realtà, la Prima Sorgente e Centro, ma può presentare all’uomo, e talvolta lo fa, la sintesi esperienziale dell’energia, della mente e dello spirito nell’Essere Supremo e come Essere Supremo. Ma la mente non può mai riuscire in questa unificazione della diversità della realtà, a meno che tale mente non sia solidamente consapevole delle cose materiali, dei significati intellettuali e dei valori spirituali. Solo nell’armonia della triunità della realtà funzionale c’è unità, ed è solo nell’unità che la personalità si soddisfa nella realizzazione della costanza e della coerenza cosmiche.
(1120.3) 102:2.6 L’unità si può trovare più facilmente nell’esperienza umana tramite la filosofia. E mentre il corpo del pensiero filosofico deve sempre essere fondato su fatti materiali, l’anima e l’energia del vero dinamismo filosofico è l’intuizione spirituale del mortale.
(1120.4) 102:2.7 L’uomo evoluzionario non gradisce per sua natura il lavoro faticoso. Tenere il passo nella sua esperienza di vita con le esigenze incalzanti ed i bisogni pressanti di un’esperienza religiosa in sviluppo richiede un’attività incessante di crescita spirituale, di espansione intellettuale, di ampliamento effettivo e di servizio sociale. Non c’è vera religione senza una personalità estremamente attiva. Per questo gli uomini più indolenti cercano spesso di sfuggire i rigori delle attività veramente religiose per mezzo di una specie d’ingegnosa autoillusione, andando a mettersi al falso riparo di dottrine e di dogmi religiosi stereotipati. Ma la vera religione è viva. La cristallizzazione intellettuale dei concetti religiosi equivale alla morte spirituale. Voi non potete concepire una religione senza idee, ma una volta che la religione viene ridotta soltanto ad un’idea cessa di essere una religione; essa diventa semplicemente una specie di filosofia umana.
(1121.1) 102:2.8 Inoltre ci sono altri tipi di anime instabili e poco disciplinate che vorrebbero utilizzare le idee sentimentali della religione per sfuggire alle esigenze irritanti della vita. Quando certi mortali vacillanti e timidi cercano di sfuggire alla pressione incessante della vita evoluzionaria, la religione, quale essi la concepiscono, sembra offrire loro il rifugio più vicino, la migliore scappatoia. Ma la missione della religione è di preparare l’uomo ad affrontare coraggiosamente, e persino eroicamente, le vicissitudini della vita. La religione è la dotazione suprema dell’uomo evoluzionario, la sola cosa che gli consente di andare avanti e “di sopportare come se vedesse Colui che è invisibile”. Il misticismo, tuttavia, è spesso piuttosto un ritiro dalla vita abbracciato dagli umani che non gradiscono le attività più faticose di una vita religiosa vissuta nelle arene aperte della società e del commercio umani. La vera religione deve agire. La condotta sarà il risultato della religione quando l’uomo effettivamente l’ha, o piuttosto quando alla religione è permesso veramente di possedere l’uomo. La religione non sarà mai soddisfatta con semplici pensieri o con sentimenti passivi.
(1121.2) 102:2.9 Noi non ignoriamo il fatto che la religione agisce spesso in maniera poco saggia, ed anche irreligiosa, ma agisce. Le aberrazioni delle convinzioni religiose hanno portato a sanguinose persecuzioni, ma la religione fa sempre qualcosa; essa è dinamica!
(1121.3) 102:3.1 La carenza intellettuale e la scarsità d’istruzione ostacolano inevitabilmente il raggiungimento di un livello religioso più elevato, perché un ambiente della natura spirituale così impoverito priva la religione del suo principale canale di contatto filosofico con il mondo della conoscenza scientifica. I fattori intellettuali della religione sono importanti, ma il loro sviluppo eccessivo è talvolta di grande ostacolo ed imbarazzante. La religione deve continuamente operare sotto la pressione di una necessità paradossale: la necessità di fare un uso efficace del pensiero, sminuendo allo stesso tempo l’importanza dell’utilità spirituale di ogni pensiero.
(1121.4) 102:3.2 La speculazione religiosa è inevitabile ma sempre nociva; la speculazione snatura invariabilmente il suo oggetto. La speculazione tende a trasformare la religione in qualcosa di materiale o di umanistico, e così, interferendo direttamente con la chiarezza del pensiero logico, fa apparire indirettamente la religione come una funzione del mondo temporale, lo stesso mondo con il quale essa dovrebbe essere eternamente in contrasto. Perciò la religione sarà sempre caratterizzata da paradossi, i paradossi risultanti dall’assenza della connessione esperienziale tra i livelli materiali e spirituali dell’universo — della mota morontiale, la sensibilità superfilosofica che permette di discernere la verità e di percepire l’unità.
(1121.5) 102:3.3 I sentimenti materiali, le emozioni umane, portano direttamente ad azioni materiali, ad atti egoistici. Le percezioni religiose, le motivazioni spirituali, portano direttamente ad azioni religiose, ad atti disinteressati di servizio sociale e di benevolenza altruistica.
(1121.6) 102:3.4 Il desiderio religioso è la ricerca ardente della realtà divina. L’esperienza religiosa è la realizzazione della coscienza di aver trovato Dio. E quando un essere umano trova Dio, il trionfo per la sua scoperta fa provare nell’anima di quell’essere una tale indescrivibile effervescenza che è spinto a cercare un contatto di servizio amorevole con i suoi simili meno illuminati, non per rivelare che egli ha trovato Dio, ma piuttosto per consentire al traboccamento della bontà eterna che sgorga dalla sua anima di confortare e di elevare i suoi simili. La vera religione conduce ad un accresciuto servizio sociale.
(1122.1) 102:3.5 La scienza, la conoscenza, porta alla coscienza dei fatti; la religione, l’esperienza, porta alla coscienza dei valori; la filosofia, la saggezza, porta a coordinare la coscienza; la rivelazione (il sostituto della mota morontiale) porta alla coscienza della vera realtà; mentre la coordinazione della coscienza dei fatti, dei valori e della vera realtà costituisce la coscienza della realtà della personalità, il massimo dell’essere, come pure la credenza nella possibilità della sopravvivenza di questa stessa personalità.
(1122.2) 102:3.6 La conoscenza porta a dare un posto agli uomini, a dare origine a classi e caste sociali. La religione porta a servire gli uomini, creando così l’etica e l’altruismo. La saggezza porta alla comunione più elevata e migliore delle idee e dei propri simili. La rivelazione libera gli uomini e li lancia nell’avventura eterna.
(1122.3) 102:3.7 La scienza seleziona gli uomini; la religione ama gli uomini, così come siete; la saggezza rende giustizia alla differenza tra gli uomini; ma la rivelazione glorifica l’uomo e rivela la sua capacità di associarsi a Dio.
(1122.4) 102:3.8 La scienza si sforza vanamente di creare la fratellanza della cultura; la religione porta all’esistenza la fratellanza dello spirito. La filosofia si sforza di ottenere la fratellanza della saggezza; la rivelazione descrive la fratellanza eterna, il Corpo della Finalità del Paradiso.
(1122.5) 102:3.9 La conoscenza genera orgoglio nel fatto della personalità; la saggezza è la coscienza del significato della personalità; la religione è l’esperienza della conoscenza del valore della personalità; la rivelazione è l’assicurazione della sopravvivenza della personalità.
(1122.6) 102:3.10 La scienza cerca d’identificare, di analizzare e di classificare le parti frazionate del cosmo illimitato. La religione coglie l’idea-del-tutto, il cosmo intero. La filosofia tenta l’identificazione dei segmenti materiali della scienza con il concetto del discernimento spirituale del tutto. Dove la filosofia fallisce in questo tentativo, riesce la rivelazione, affermando che il cerchio cosmico è universale, eterno, assoluto ed infinito. Questo cosmo dell’Infinito IO SONO è quindi senza fine, senza limiti ed onnicomprensivo — senza tempo, senza spazio e non qualificato. E noi rendiamo testimonianza che l’Infinito IO SONO è anche il Padre di Micael di Nebadon e il Dio della salvezza umana.
(1122.7) 102:3.11 La scienza mostra la Deità come un fatto; la filosofia presenta l’idea di un Assoluto; la religione immagina Dio come una personalità spirituale amorevole. La rivelazione afferma l’unità tra il fatto della Deità, l’idea dell’Assoluto e la personalità spirituale di Dio, ed inoltre presenta questo concetto come nostro Padre — il fatto universale dell’esistenza, l’idea eterna della mente e lo spirito infinito della vita.
(1122.8) 102:3.12 La ricerca della conoscenza costituisce la scienza; la ricerca della saggezza è la filosofia; l’amore per Dio è la religione; la sete di verità è una rivelazione. Ma è l’Aggiustatore di Pensiero interiore che unisce il sentimento della realtà all’ispezione spirituale del cosmo da parte dell’uomo.
(1122.9) 102:3.13 Nella scienza l’idea precede l’espressione della sua realizzazione; nella religione l’esperienza della realizzazione precede l’espressione dell’idea. C’è una grande differenza tra la volontà di credere evoluzionaria ed il prodotto della ragione illuminata, dell’intuizione religiosa e della rivelazione — la volontà che crede.
(1122.10) 102:3.14 Nell’evoluzione la religione porta spesso l’uomo a creare suoi concetti di Dio; la rivelazione presenta il fenomeno di Dio che fa evolvere l’uomo stesso, mentre nella vita terrena di Cristo Micael osserviamo il fenomeno di Dio che rivela se stesso all’uomo. L’evoluzione tende a far assomigliare Dio all’uomo; la rivelazione tende a far assomigliare l’uomo a Dio.
(1122.11) 102:3.15 La scienza è soddisfatta solo da cause prime, la religione dalla personalità suprema e la filosofia dall’unità. La rivelazione afferma che queste tre sono una sola cosa e che tutte sono buone. L’eterno reale è il bene dell’universo e non le illusioni temporali del male spaziale. Nell’esperienza spirituale di tutte le personalità è sempre vero che il reale è il bene ed il bene è il reale.
(1123.1) 102:4.1 A causa della presenza dell’Aggiustatore di Pensiero nella vostra mente, non è più misterioso per voi conoscere la mente di Dio che essere sicuri di essere coscienti di conoscere ogni altra mente, umana o superumana. La religione e la coscienza sociale hanno questo in comune: sono entrambe fondate sulla coscienza di menti altrui. La tecnica con cui voi potete accettare come vostra l’idea di un altro è la stessa che vi permette di “lasciare che la mente che era in Cristo sia anche in voi”.
(1123.2) 102:4.2 Che cos’è l’esperienza umana? È semplicemente qualsiasi interazione tra un ego attivo e indagatore ed ogni altra realtà attiva ed esteriore. La massa dell’esperienza è determinata dalla profondità del concetto più la totalità del riconoscimento della realtà di ciò che è esteriore. Il movimento dell’esperienza è uguale alla forza dell’immaginazione in aspettativa più l’intensità della scoperta sensoriale delle qualità esterne della realtà contattata. Il fatto dell’esperienza si trova nella coscienza di sé e di altre esistenze — di cose altrui, di menti altrui, di spiritualità altrui.
(1123.3) 102:4.3 L’uomo diventa cosciente molto presto di non essere solo nel mondo o nell’universo. Si sviluppa un’autocoscienza naturale e spontanea di altre mentalità nell’ambiente dell’individuo. La fede trasforma questa esperienza naturale in religione, nel riconoscimento di Dio come realtà — sorgente, natura e destino — di altre menti. Ma questa conoscenza di Dio è sempre e comunque una realtà dell’esperienza personale. Se Dio non fosse una personalità non potrebbe divenire una parte vivente dell’esperienza religiosa reale di una personalità umana.
(1123.4) 102:4.4 L’elemento di errore presente nell’esperienza religiosa umana è direttamente proporzionale al contenuto di materialismo che contamina il concetto spirituale del Padre Universale. La progressione prespirituale dell’uomo nell’universo consiste nell’esperienza di liberarsi di queste idee sbagliate sulla natura di Dio e sulla realtà del puro e vero spirito. La Deità è più che spirito, ma l’approccio spirituale è il solo possibile per l’uomo ascendente.
(1123.5) 102:4.5 La preghiera fa sicuramente parte dell’esperienza religiosa, ma è stata erroneamente enfatizzata dalle religioni moderne a grande detrimento della più essenziale comunione di adorazione. I poteri riflessivi della mente sono approfonditi ed ampliati dall’adorazione. La preghiera può arricchire la vita, ma l’adorazione illumina il destino.
(1123.6) 102:4.6 La religione rivelata è l’elemento unificante dell’esistenza umana. La rivelazione unifica la storia, coordina la geologia, l’astronomia, la fisica, la chimica, la biologia, la sociologia e la psicologia. L’esperienza spirituale è veramente l’anima del cosmo dell’uomo.
(1123.7) 102:5.1 Benché lo stabilire il fatto della credenza non equivalga allo stabilire il fatto di ciò che è creduto, ciò nonostante, la progressione evoluzionaria della vita semplice fino allo status di personalità dimostra, in primo luogo, il fatto dell’esistenza del potenziale della personalità. E negli universi del tempo il potenziale ha sempre la supremazia sull’attuale. Nel cosmo in evoluzione il potenziale è ciò che sarà, e ciò che sarà è lo sviluppo delle decisioni intenzionali della Deità.
(1124.1) 102:5.2 Questa stessa supremazia delle intenzioni appare nell’evoluzione dell’ideazione mentale quando la paura animale primitiva si tramuta in rispetto sempre più profondo per Dio ed in un crescente timore dell’universo. L’uomo primitivo aveva più paura religiosa che fede, e la supremazia dei potenziali spirituali sugli attuali mentali è dimostrata quando questa vile paura è tramutata in fede vivente nelle realtà spirituali.
(1124.2) 102:5.3 Si può analizzare psicologicamente la religione evoluzionaria, ma non la religione di origine spirituale sperimentata personalmente. La moralità umana può riconoscere dei valori, ma solo la religione può conservare, esaltare e spiritualizzare tali valori. Ma nonostante queste azioni la religione è qualcosa di più di una moralità resa emotiva. La religione sta alla moralità come l’amore sta al dovere, come la filiazione sta alla servitù, come l’essenza sta alla sostanza. La moralità rivela un Controllore onnipotente, una Deità da servire; la religione rivela un Padre amorevolissimo, un Dio da adorare e da amare. Ed anche questo avviene perché la potenzialità spirituale della religione domina l’attualità del dovere della moralità evoluzionaria.
(1124.3) 102:6.1 L’eliminazione filosofica della paura religiosa ed il progresso continuo della scienza contribuiscono grandemente alla mortalità dei falsi dei; ed anche se queste perdite di deità create dall’uomo possono momentaneamente offuscare la visione spirituale, alla fine esse distruggono l’ignoranza e la superstizione che hanno nascosto così a lungo il Dio vivente d’amore eterno. La relazione tra la creatura ed il Creatore è un’esperienza vivente, una fede religiosa dinamica, che non è soggetta ad una definizione precisa. Isolare parte della vita e chiamarla religione è disintegrare la vita e deformare la religione. Questo è proprio il motivo per cui il Dio da adorare esige una devozione totale o niente.
(1124.4) 102:6.2 Gli dei degli uomini primitivi possono essere stati non più che le ombre degli uomini stessi; il Dio vivente è la luce divina le cui interruzioni costituiscono le ombre della creazione di tutto lo spazio.
(1124.5) 102:6.3 La persona religiosa che raggiunge la filosofia ha fede in un Dio personale di salvezza personale, in qualcosa di più di una realtà, un valore, un livello di compimento, un processo elevato, una trasmutazione, l’ultimità del tempo-spazio, un’idealizzazione, la personalizzazione dell’energia, l’entità della gravità, una proiezione umana, l’idealizzazione dell’io, la spinta verso l’alto della natura, l’inclinazione alla bontà, la spinta in avanti dell’evoluzione o un’ipotesi sublime. La persona religiosa ha fede in un Dio d’amore. L’amore è l’essenza della religione e la fonte di una civiltà superiore.
(1124.6) 102:6.4 Nell’esperienza religiosa personale la fede trasforma il Dio filosofico della probabilità nel Dio salvifico della certezza. Lo scetticismo può sfidare le teorie della teologia, ma la fiducia nell’affidabilità dell’esperienza personale afferma la verità di quella credenza che si è trasformata in fede.
(1124.7) 102:6.5 Le convinzioni su Dio si possono raggiungere mediante un saggio ragionamento, ma l’individuo giunge a conoscere Dio solo per mezzo della fede, grazie all’esperienza personale. In molti fatti che concernono la vita bisogna tenere conto della probabilità, ma nel contatto con la realtà cosmica si può sperimentare la certezza quando ci si accosta a tali significati e valori con una fede vivente. L’anima che conosce Dio osa dire “io so” anche quando questa conoscenza di Dio è messa in dubbio da un non credente che nega tale certezza perché non è totalmente supportata dalla logica intellettuale. Ad ogni dubitatore di tal genere il credente si limita a rispondere: “Come sai che io non so?”
(1125.1) 102:6.6 Benché la ragione possa sempre dubitare della fede, la fede può sempre completare la ragione e la logica. La ragione crea la probabilità che la fede può trasformare in una certezza morale ed anche in un’esperienza spirituale. Dio è la prima verità e l’ultimo fatto; perciò ogni verità ha origine in lui, mentre ogni fatto esiste in relazione a lui. Dio è verità assoluta. Si può conoscere Dio come verità, ma per comprendere — per spiegare — Dio si deve esplorare il fatto dell’universo degli universi. L’immenso abisso tra l’esperienza della verità di Dio e l’ignoranza sul fatto di Dio può essere superato solo dalla fede vivente. La ragione da sola non può raggiungere l’armonia tra la verità infinita ed il fatto universale.
(1125.2) 102:6.7 La credenza può non essere capace di resistere al dubbio e di opporsi alla paura, ma la fede trionfa sempre sul dubbio, perché la fede è positiva e vivente. Il positivo ha sempre il vantaggio sul negativo, la verità sull’errore, l’esperienza sulla teoria, le realtà spirituali sui fatti isolati del tempo e dello spazio. La prova convincente di questa certezza spirituale consiste nei frutti sociali dello spirito che tali credenti, uomini di fede, producono come risultato di questa esperienza spirituale autentica. Disse Gesù: “Se amate il vostro prossimo come io ho amato voi, allora tutti gli uomini sapranno che siete miei discepoli.”
(1125.3) 102:6.8 Per la scienza Dio è una possibilità, per la psicologia è una cosa desiderabile, per la filosofia è una probabilità, per la religione è una certezza, una realtà dell’esperienza religiosa. La ragione esige che una filosofia che non riesce a trovare il Dio della probabilità sia molto rispettosa della fede religiosa che può trovare e trova il Dio della certezza. Nemmeno la scienza dovrebbe sminuire l’esperienza religiosa sulla base della credulità, almeno fino a che essa persiste a supporre che le doti intellettuali e filosofiche dell’uomo sono emerse da intelligenze sempre minori quanto più ci si allontana nel passato, prendendo infine origine nella vita primitiva che era totalmente priva di ogni pensiero e sentimento.
(1125.4) 102:6.9 I fatti dell’evoluzione non devono essere posti contro la verità che l’esperienza spirituale della vita religiosa di un mortale che conosce Dio è una realtà certa. Gli uomini intelligenti dovrebbero cessare di ragionare come dei bambini e dovrebbero tentare d’impiegare la logica coerente degli adulti, logica che tollera il concetto della verità a fianco dell’osservazione dei fatti. Il materialismo scientifico fallisce quando persiste, di fronte ad ogni fenomeno universale ricorrente, a presentare le sue obiezioni correnti ascrivendo ciò che è riconosciuto superiore a ciò che è riconosciuto come inferiore. La coerenza esige il riconoscimento delle attività di un Creatore che ha un proposito.
(1125.5) 102:6.10 L’evoluzione organica è un fatto; l’evoluzione finalizzata o progressiva è una verità che rende coerenti i fenomeni altrimenti contraddittori dei compimenti sempre in ascesa dell’evoluzione. Più uno scienziato progredisce nella scienza che ha scelto, più abbandona le teorie del fatto materialistico a favore della verità cosmica del dominio della Mente Suprema. Il materialismo sminuisce la vita umana; il vangelo di Gesù eleva enormemente ed esalta divinamente ogni mortale. L’esistenza umana deve essere vista come l’esperienza misteriosa ed affascinante di realizzazione della realtà dell’incontro tra il protendersi umano verso l’alto ed il protendersi divino e salvifico verso il basso.
(1126.1) 102:7.1 Il Padre Universale, essendo autoesistente, è anche autoesplicativo; egli vive realmente in ogni mortale razionale. Ma non si può essere certi di Dio a meno di conoscerlo; la filiazione è la sola esperienza che rende certa la paternità. L’universo sta subendo dei cambiamenti ovunque. Un universo che cambia è un universo dipendente; una tale creazione non può essere finale o assoluta. Un universo finito dipende totalmente dall’Ultimo e dall’Assoluto. L’universo e Dio non sono identici; l’uno è la causa, l’altro l’effetto. La causa è assoluta, infinita, eterna ed immutabile; l’effetto è tempo-spaziale e trascendentale, ma sempre mutevole, sempre in crescita.
(1126.2) 102:7.2 Dio è l’unico ed il solo fatto autocausato nell’universo. Egli è il segreto dell’ordine, del piano e del proposito dell’intera creazione di cose e di esseri. L’universo ovunque mutevole è regolato e stabilizzato da leggi assolutamente immutabili, le abitudini di un Dio immutabile. Il fatto di Dio, la legge divina, non cambia; la verità di Dio, la sua relazione con l’universo, è una rivelazione relativa che è sempre adattabile all’universo in continua evoluzione.
(1126.3) 102:7.3 Chiunque volesse inventare una religione senza Dio è come quelli che vorrebbero raccogliere dei frutti senza alberi o avere dei figli senza genitori. Non si possono avere degli effetti senza cause; soltanto l’IO SONO è senza causa. Il fatto dell’esperienza religiosa implica Dio, ed un tale Dio d’esperienza personale deve essere una Deità personale. Non si può indirizzare una preghiera ad una formula chimica, supplicare un’equazione matematica, adorare un’ipotesi, confidare in un postulato, comunicare con un procedimento, servire un’astrazione od intrattenere un rapporto affettuoso con una legge.
(1126.4) 102:7.4 È vero, molti tratti apparentemente religiosi possono provenire da fonti non religiose. Un uomo può negare intellettualmente Dio e tuttavia essere moralmente buono, leale, filiale, onesto ed anche idealista. L’uomo può innestare molti rami puramente umanistici sulla sua natura spirituale basilare e dimostrare così apparentemente i suoi assunti a favore di una religione atea, ma una tale esperienza è priva di valori di sopravvivenza, di conoscenza di Dio e di ascensione verso Dio. In questa esperienza mortale vengono prodotti solo dei frutti sociali e non spirituali. L’innesto determina la natura del frutto, nonostante che il sostentamento vivente sia tratto dalle radici della dotazione divina originale della mente e dello spirito.
(1126.5) 102:7.5 Il marchio intellettuale della religione è la certezza; la caratteristica filosofica è la coerenza; i frutti sociali sono l’amore ed il servizio.
(1126.6) 102:7.6 L’individuo che conosce Dio non è colui che è cieco alle difficoltà o dimentico degli ostacoli che sbarrano la via per trovare Dio nel dedalo delle superstizioni, delle tradizioni e delle tendenze materialistiche dei tempi moderni. Egli ha incontrato tutti questi impedimenti ed ha trionfato su di essi, li ha superati per mezzo della fede vivente ed ha raggiunto, malgrado loro, le terre elevate dell’esperienza spirituale. È tuttavia vero che molte persone che sono intimamente sicure dell’esistenza di Dio hanno paura di affermare questi sentimenti di certezza a causa della molteplicità e dalla furbizia di coloro che assemblano le obiezioni ed esagerano le difficoltà riguardo alla credenza in Dio. Non ci vuole una grande profondità d’intelletto per trovare dei difetti, porre delle domande o sollevare delle obiezioni. Ma ci vuole una mente brillante per rispondere a queste domande e risolvere queste difficoltà; la certezza della fede è la tecnica migliore per affrontare tutte queste controversie superficiali.
(1127.1) 102:7.7 Se la scienza, la filosofia o la sociologia osano divenire dogmatiche nel contrastare i profeti della vera religione, allora gli uomini che conoscono Dio dovrebbero replicare a questo dogmatismo ingiustificato con il dogmatismo più lungimirante della certezza dell’esperienza spirituale personale: “Io conosco ciò di cui ho fatto l’esperienza perché sono un figlio dell’IO SONO.” Se l’esperienza personale di un fedele dovesse essere contestata da un dogma, allora questo figlio nato della fede del Padre, di cui si può fare l’esperienza, potrebbe rispondere con il dogma incontestabile che afferma la sua filiazione effettiva con il Padre Universale.
(1127.2) 102:7.8 Solo una realtà non qualificata, un assoluto, può permettersi di essere coerentemente dogmatico. Quelli che pretendono di essere dogmatici devono, se sono coerenti, essere sospinti presto o tardi nelle braccia dell’Assoluto dell’energia, dell’Universale della verità e dell’Infinito dell’amore.
(1127.3) 102:7.9 Se chi si approccia in maniera non religiosa alla realtà cosmica pretende di contestare la certezza della fede con il pretesto del suo status non provato, allora colui che ha fatto l’esperienza dello spirito può parimenti ricorrere alla contestazione dogmatica dei fatti della scienza e delle credenze della filosofia sostenendo che nemmeno essi sono provati; sono anch’essi delle esperienze nella coscienza dello scienziato o del filosofo.
(1127.4) 102:7.10 Di Dio, la più ineluttabile di tutte le presenze, il più reale di tutti i fatti, la più vivente di tutte le verità, il più amorevole di tutti gli amici ed il più divino di tutti i valori, noi abbiamo il diritto di essere la più certa di tutte le esperienze dell’universo.
(1127.5) 102:8.1 La prova migliore della realtà e dell’efficacia della religione consiste nel fatto dell’esperienza umana; cioè che l’uomo, timoroso e sospettoso per natura, dotato per nascita di un forte istinto di autoconservazione e ardentemente desideroso di sopravvivere dopo la morte, è totalmente disposto ad affidare gli interessi più profondi del suo presente e del suo futuro alla custodia e alla direzione del potere e della persona designata dalla sua fede come Dio. Questa è la sola verità centrale di ogni religione. Quanto a quello che questo potere o questa persona esigono dall’uomo in cambio di questa protezione e di questa salvezza finale, non vi sono due religioni che siano d’accordo; in effetti esse sono tutte più o meno in disaccordo.
(1127.6) 102:8.2 Riguardo allo status di una religione nella scala evoluzionaria, essa può essere meglio giudicata secondo i suoi giudizi morali e le sue norme etiche. Più è elevata la qualità di una religione, più incoraggia ed è incoraggiata da una moralità sociale e da una cultura etica in costante progresso. Non si può giudicare una religione dallo status della civiltà che l’accompagna; sarebbe meglio valutare la natura reale di una civiltà secondo la purezza e la nobiltà della sua religione. Molti degli istruttori religiosi più rimarchevoli del mondo sono stati praticamente degli illetterati. La sapienza del mondo non è necessaria per manifestare una fede salvifica nelle realtà eterne.
(1127.7) 102:8.3 La differenza tra le religioni delle diverse epoche dipende interamente dalla differenza nella comprensione umana della realtà e dal suo diverso riconoscimento dei valori morali, delle relazioni etiche e delle realtà spirituali.
(1127.8) 102:8.4 L’etica è l’eterno specchio sociale o razziale che riflette fedelmente il progresso altrimenti non osservabile degli sviluppi spirituali religiosi interiori. L’uomo ha sempre pensato a Dio nei termini di quanto conosceva di meglio, delle sue idee più profonde e dei suoi ideali più elevati. Anche la religione storica ha sempre creato le sue concezioni su Dio partendo dai suoi valori riconosciuti più elevati. Ogni creatura intelligente dà il nome di Dio a ciò che conosce di migliore e di più elevato.
(1128.1) 102:8.5 La religione, quando è ridotta in termini di ragione e d’espressione intellettuale, ha sempre osato criticare la civiltà ed il progresso evoluzionario giudicandoli secondo i suoi criteri di cultura etica e di progresso morale.
(1128.2) 102:8.6 Mentre la religione personale precede l’evoluzione della morale umana, si constata con rammarico che la religione istituzionale è invariabilmente rimasta al traino dei costumi in lento cambiamento delle razze umane. La religione organizzata si è dimostrata essere in ritardo per conservatorismo. I profeti hanno generalmente guidato il popolo nello sviluppo religioso; i teologi li hanno generalmente tenuti a freno. La religione, essendo una questione di esperienza interiore o personale, non può mai svilupparsi molto in anticipo sull’evoluzione intellettuale delle razze.
(1128.3) 102:8.7 Ma la religione non è mai elevata dal ricorso ai cosiddetti miracoli. La ricerca dei miracoli è un ritorno alle religioni primitive della magia. La vera religione non ha niente a che fare con pretesi miracoli e la religione rivelata non indica mai i miracoli come prova di autorità. La religione è sempre radicata e fondata sull’esperienza personale. E la vostra religione più elevata, la vita di Gesù, fu proprio una tale esperienza personale: l’uomo, l’uomo mortale, che cerca Dio e lo trova in pienezza nel corso di una breve vita nella carne, mentre nella stessa esperienza umana apparve Dio che cercò l’uomo e lo trovò con piena soddisfazione dell’anima perfetta di supremazia infinita. E questa è la religione, la più elevata fino ad ora rivelata nell’universo di Nebadon — la vita terrena di Gesù di Nazaret.
(1128.4) 102:8.8 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon]
(1129.1) 103:0.1 TUTTE le reazioni veramente religiose dell’uomo sono promosse dal ministero iniziale dell’aiutante dell’adorazione e sono censurate dall’aiutante della saggezza. La prima dotazione supermentale dell’uomo è la messa in circuito della sua personalità nello Spirito Santo dello Spirito Creativo d’Universo; e molto prima dei conferimenti dei Figli divini e del conferimento universale degli Aggiustatori questa influenza agisce per ampliare il punto di vista dell’uomo sull’etica, sulla religione e sulla spiritualità. A seguito dei conferimenti dei Figli Paradisiaci, lo Spirito della Verità liberato porta enormi contributi all’accrescimento della capacità umana di percepire le verità religiose. Via via che l’evoluzione su un mondo abitato progredisce, gli Aggiustatori di Pensiero partecipano sempre di più allo sviluppo dei tipi superiori di discernimento religioso umano. L’Aggiustatore di Pensiero è la finestra cosmica attraverso la quale la creatura finita può intravedere per fede le certezze e le divinità della Deità illimitata, il Padre Universale.
(1129.2) 103:0.2 Le tendenze religiose delle razze umane sono innate; esse si manifestano universalmente ed hanno un’origine apparentemente naturale; le religioni primitive sono sempre evoluzionarie nella loro genesi. Mentre l’esperienza religiosa naturale continua a progredire, rivelazioni periodiche della verità punteggiano il corso dell’evoluzione planetaria che altrimenti progredirebbe lentamente.
(1129.3) 103:0.3 Su Urantia vi sono oggi quattro tipi di religione:
(1129.4) 103:0.4 1. La religione naturale o evoluzionaria.
(1129.5) 103:0.5 2. La religione soprannaturale o rivelatoria.
(1129.6) 103:0.6 3. La religione pratica o corrente, che comporta vari gradi di mescolanza della religione naturale con quella soprannaturale.
(1129.7) 103:0.7 4. Le religioni filosofiche, dottrine teologiche elaborate dagli uomini o ragionate filosoficamente e create dalla ragione.
(1129.8) 103:1.1 L’unità dell’esperienza religiosa tra i membri di un gruppo sociale o razziale deriva dalla natura identica dei frammenti di Dio che dimorano nell’individuo. È questo divino nell’uomo che dà origine al suo interesse altruista per il benessere degli altri uomini. Ma poiché la personalità è unica — non esistono due mortali simili — ne segue inevitabilmente che due esseri umani non possono mai interpretare allo stesso modo le direttive e le esortazioni dello spirito divino che vive nella loro mente. Un gruppo di mortali può fare l’esperienza dell’unità spirituale, ma non può mai raggiungere l’uniformità filosofica. Questa diversità d’interpretazione del pensiero e dell’esperienza religiosa è dimostrata dal fatto che i teologi ed i filosofi del ventesimo secolo hanno formulato più di cinquecento definizioni differenti della religione. In realtà ogni essere umano definisce la religione nei termini della propria interpretazione esperienziale degli impulsi divini che emanano dallo spirito di Dio che dimora in lui, e perciò tale interpretazione deve essere unica e del tutto differente dalla filosofia religiosa di tutti gli altri esseri umani.
(1130.1) 103:1.2 Quando un mortale è pienamente d’accordo con la filosofia religiosa di un altro mortale, quel fenomeno indica che questi due esseri hanno avuto un’esperienza religiosa simile relativamente alle materie riguardanti la loro similarità d’interpretazione filosofica religiosa.
(1130.2) 103:1.3 Anche se la vostra religione è una questione d’esperienza personale, è molto importante che voi siate esposti alla conoscenza di un vasto numero di altre esperienze religiose (le interpretazioni diverse di altri differenti mortali) al fine d’impedire che la vostra vita religiosa divenga egocentrica — circoscritta, egoistica ed asociale.
(1130.3) 103:1.4 Il razionalismo sbaglia quando presume che la religione sia innanzi tutto una credenza primitiva in qualcosa che è poi seguito dalla ricerca di valori. La religione è principalmente una ricerca di valori, ed in seguito formula un sistema di credenze interpretative. È molto più facile per gli uomini accordarsi su valori religiosi — su scopi — che su credenze — su interpretazioni. E questo spiega come una religione possa concordare su valori e scopi pur presentando lo sconcertante fenomeno di continuare ad ammettere centinaia di credenze contraddittorie — di credi. Questo spiega anche perché una data persona può proseguire la sua esperienza religiosa pur abbandonando o modificando molte delle sue credenze religiose. La religione persiste nonostante i cambiamenti rivoluzionari nelle credenze religiose. Non è la teologia che produce la religione; è la religione che produce la filosofia teologica.
(1130.4) 103:1.5 Il fatto che le persone religiose abbiano creduto a molte cose false non infirma la religione, perché la religione è fondata sul riconoscimento di valori ed è convalidata dalla fede dell’esperienza religiosa personale. La religione, quindi, è basata sull’esperienza e sul pensiero religioso; la teologia, la filosofia della religione, è un tentativo onesto d’interpretare questa esperienza. Tali credenze interpretative possono essere giuste o sbagliate, o una mescolanza di verità ed errore.
(1130.5) 103:1.6 La realizzazione del riconoscimento di valori spirituali è un’esperienza che trascende l’ideazione. Non c’è alcuna parola in nessun linguaggio umano che possa essere impiegata per designare questa “sensazione”, “sentimento”, “intuizione” o “esperienza” che abbiamo scelto di chiamare coscienza di Dio. Lo spirito di Dio che dimora nell’uomo è non personale — l’Aggiustatore è prepersonale — ma questo Monitore presenta un valore, esala un profumo di divinità, che è personale nel senso più elevato ed infinito. Se Dio non fosse almeno personale non potrebbe essere cosciente, e se non fosse cosciente allora sarebbe al di sotto dell’umano.
(1130.6) 103:2.1 La religione è funzionale nella mente umana ed è stata realizzata nell’esperienza prima di apparire nella coscienza umana. Un bambino è vissuto circa nove mesi prima di fare l’esperienza della nascita. Ma la “nascita” della religione non è improvvisa; è piuttosto un’emersione graduale. Tuttavia presto o tardi c’è un “giorno di nascita”. Non si entra nel regno dei cieli senza essere “nati di nuovo” — nati dallo Spirito. Molte nascite spirituali sono accompagnate da una grande angoscia spirituale e da marcate turbe psicologiche, come molte nascite fisiche sono caratterizzate da un “travaglio laborioso” e da altre anomalie del “parto”. Altre nascite spirituali sono una crescita naturale e normale del riconoscimento di valori supremi con un accrescimento dell’esperienza spirituale, benché nessun sviluppo religioso avvenga senza uno sforzo cosciente e delle risoluzioni positive e individuali. La religione non è mai un’esperienza passiva, un atteggiamento negativo. Quella che viene chiamata la “nascita della religione” non è direttamente associata alle cosiddette esperienze di conversione che caratterizzano abitualmente degli episodi religiosi che si producono più tardi nella vita a seguito di conflitti mentali, di repressioni emotive e di sconvolgimenti emotivi.
(1131.1) 103:2.2 Ma le persone che sono state allevate dai loro genitori in modo da crescere con la coscienza di essere figli di un Padre celeste amorevole non dovrebbero guardare con occhio malevolo i loro compagni mortali che hanno potuto raggiungere tale coscienza di comunione con Dio solo passando per una crisi psicologica, uno sconvolgimento emotivo.
(1131.2) 103:2.3 Il terreno evoluzionario della mente umana nel quale germina il seme della religione rivelata è la natura morale che dà origine molto presto ad una coscienza sociale. Le prime esortazioni della natura morale di un bambino non concernono il sesso, la colpa o l’orgoglio personale, ma piuttosto gli impulsi di giustizia, di equità e gli stimoli alla bontà — di ministero di servizio verso i propri simili. E quando tali iniziali risvegli morali sono alimentati, si produce uno sviluppo graduale della vita religiosa relativamente libero da conflitti, da sconvolgimenti e da crisi.
(1131.3) 103:2.4 Ogni essere umano sperimenta molto presto una sorta di conflitto tra i suoi impulsi egoistici ed i suoi impulsi altruistici, e molte volte la sua prima esperienza di coscienza di Dio può risultare dalla ricerca di un aiuto superumano per risolvere tali conflitti morali.
(1131.4) 103:2.5 La psicologia di un bambino è per natura positiva, non negativa. Molti mortali sono negativi perché sono stati educati in questo modo. Quando si dice che il bambino è positivo, ci si riferisce ai suoi impulsi morali, a quei poteri della mente la cui apparizione segnala l’arrivo dell’Aggiustatore di Pensiero.
(1131.5) 103:2.6 In assenza di cattivi insegnamenti, nell’emersione della coscienza religiosa, la mente di un bambino normale si dirige positivamente verso la rettitudine morale ed il ministero sociale piuttosto che negativamente, allontanandosi dal peccato e dalla colpa. Ci può essere o meno conflitto nello sviluppo dell’esperienza religiosa, ma sono sempre presenti in esso le inevitabili decisioni, sforzi e funzioni della volontà umana.
(1131.6) 103:2.7 La scelta morale è solitamente accompagnata da maggiore o minore conflitto morale. Questo primo conflitto nella mente del bambino avviene tra le sollecitazioni dell’egoismo e gli impulsi dell’altruismo. L’Aggiustatore di Pensiero non trascura i valori della spinta egoistica della personalità, ma opera per attribuire una leggera preferenza all’impulso altruistico che porta alla meta della felicità umana e alle gioie del regno dei cieli.
(1131.7) 103:2.8 Quando un essere morale sceglie di essere altruista di fronte allo stimolo di essere egoista, fa la sua prima esperienza religiosa. Nessun animale può fare una tale scelta; questa decisione è umana e religiosa. Essa include il fatto della coscienza di Dio e mostra l’impulso al servizio sociale, base della fratellanza umana. Quando la mente sceglie un giudizio morale retto mediante un atto di libero arbitrio, tale decisione costituisce un’esperienza religiosa.
(1131.8) 103:2.9 Ma prima che un bambino si sia sufficientemente sviluppato da acquisire una capacità morale e da essere quindi capace di scegliere il servizio altruistico, ha già sviluppato una natura egoistica forte e bene unificata. È questa situazione di fatto che dà origine alla teoria della lotta tra la natura “superiore” e quella “inferiore”, tra il “vecchio uomo di peccato” e la “nuova natura” di grazia. Il bambino normale comincia ad apprendere molto presto nella sua vita che è “più benedetto dare che ricevere”.
(1131.9) 103:2.10 L’uomo tende ad identificare lo stimolo a servire se stesso con il suo ego — con se stesso. Per contro è incline ad identificare la volontà di essere altruista con un’influenza esterna a lui — con Dio. Ed in verità un tale giudizio è giusto, perché tutti questi desideri altruistici hanno effettivamente la loro origine nella guida dell’Aggiustatore di Pensiero interiore, e questo Aggiustatore è un frammento di Dio. L’impulso del Monitore spirituale è realizzato dalla coscienza umana come la tendenza ad essere altruista, attento ai propri simili. E questa almeno è la prima e fondamentale esperienza della mente del bambino. Quando il bambino in crescita non riesce ad unificare la sua personalità, la spinta altruistica può divenire talmente sovrasviluppata da portare seri danni al benessere dell’io. Una coscienza fuorviata può divenire responsabile di molti conflitti, preoccupazioni, tristezze, e d’infelicità umane senza fine.
(1132.1) 103:3.1 Anche se la credenza negli spiriti, nei sogni ed in diverse altre superstizioni hanno tutte svolto un ruolo nell’origine evoluzionaria delle religioni primitive, non si dovrebbe trascurare l’influenza dello spirito di solidarietà del clan o della tribù. Le relazioni di gruppo hanno rappresentato l’esatta situazione sociale che forniva la sfida al conflitto tra l’egoismo e l’altruismo nella natura morale della mente umana primitiva. Nonostante la loro credenza negli spiriti, gli aborigeni australiani focalizzano ancora la loro religione sul clan. Con il tempo questi concetti religiosi tendono a personalizzarsi, prima come animali e più tardi come superuomo o come Dio. Anche le razze inferiori come i Boscimani africani, che non credono nemmeno ai totem, riconoscono una differenza tra l’interesse personale e l’interesse collettivo, una distinzione primitiva tra i valori del secolare e del sacro. Ma il gruppo sociale non è la sorgente dell’esperienza religiosa. Indipendentemente dall’influenza di tutti questi contributi primitivi alla religione iniziale degli uomini, rimane il fatto che il vero impulso religioso ha la propria origine nelle autentiche presenze spirituali che attivano la volontà di essere altruista.
(1132.2) 103:3.2 La religione successiva è prefigurata nella credenza primitiva alle meraviglie ed ai misteri della natura, il mana impersonale. Ma presto o tardi la religione in evoluzione esige che l’individuo faccia dei sacrifici personali per il bene del suo gruppo sociale, che compia qualcosa per rendere altre persone più felici e migliori. Alla fine la religione è destinata a diventare il servizio di Dio e degli uomini.
(1132.3) 103:3.3 La religione è fatta per modificare l’ambiente degli uomini, ma molte religioni dei mortali di oggi sono divenute incapaci di fare questo. L’ambiente ha troppo spesso dominato la religione.
(1132.4) 103:3.4 Ricordatevi che nelle religioni di tutte le epoche l’esperienza più importante è il sentimento concernente i valori morali ed i significati sociali, non il pensiero concernente i dogmi teologici o le teorie filosofiche. La religione si evolve favorevolmente via via che l’elemento della magia è sostituito dal concetto della morale.
(1132.5) 103:3.5 L’uomo si è evoluto attraverso le superstizioni del mana, della magia, dell’adorazione della natura, della paura degli spiriti e dell’adorazione degli animali, fino ai vari cerimoniali per mezzo dei quali l’atteggiamento religioso dell’individuo si è trasformato in reazioni collettive del clan. Queste cerimonie si sono poi focalizzate e cristallizzate in credenze tribali, e alla fine queste paure e queste fedi si sono personalizzate in dei. Ma in tutta questa evoluzione religiosa l’elemento morale non è mai stato totalmente assente. L’impulso del Dio nell’uomo è sempre stato forte. E queste potenti influenze — una umana e l’altra divina — hanno assicurato la sopravvivenza della religione attraverso le vicissitudini delle ere, nonostante essa sia stata così spesso minacciata di estinzione da mille tendenze sovversive ed antagonismi ostili.
(1133.1) 103:4.1 La differenza caratteristica tra una riunione sociale ed un’assemblea religiosa è che, contrariamente a quella secolare, quella religiosa è pervasa da un’atmosfera di comunione. In questo modo l’associazione umana genera un sentimento di comunità con il divino, e questo è l’inizio dell’adorazione collettiva. Mangiare un pasto in comune è stato il primo tipo di comunione sociale, e così le religioni primitive provvidero perché una parte del sacrificio cerimoniale fosse mangiato dai fedeli. Anche nel Cristianesimo la Cena del Signore conserva questo tipo di comunione. L’atmosfera della comunione procura un periodo di tregua ristoratrice e confortante nel conflitto tra l’egoistico ego e lo stimolo altruistico del Monitore spirituale interiore. Questo è il preludio della vera adorazione — la pratica della presenza di Dio che si manifesta nell’apparizione della fratellanza umana.
(1133.2) 103:4.2 Quando l’uomo primitivo sentiva che la sua comunione con Dio era stata interrotta, faceva ricorso ad un qualche sacrificio nello sforzo di fare ammenda, di ristabilire una relazione amichevole. La fame e la sete di rettitudine portano alla scoperta della verità, e la verità accresce gli ideali, e ciò crea nuovi problemi per i singoli credenti, perché i nostri ideali tendono a crescere in progressione geometrica, mentre la nostra capacità di vivere al loro livello aumenta solo in progressione aritmetica.
(1133.3) 103:4.3 Il senso di colpa (non la coscienza del peccato) deriva sia dell’interruzione della comunione spirituale che dall’abbassamento dei propri ideali morali. La liberazione da un tale difficile frangente può avvenire soltanto mediante la comprensione che i propri ideali morali più elevati non sono necessariamente sinonimo della volontà di Dio. L’uomo non può sperare di vivere all’altezza dei suoi ideali più elevati, ma può essere fedele al suo proposito di trovare Dio e di divenire sempre più simile a lui.
(1133.4) 103:4.4 Gesù spazzò via tutti i cerimoniali di sacrificio e di espiazione. Egli distrusse la base di tutta questa colpevolezza fittizia e di tutto questo sentimento d’isolamento nell’universo proclamando che l’uomo è figlio di Dio; la relazione creatura-Creatore fu posta sulla base di figlio-genitore. Dio divenne un Padre amorevole per i suoi figli e figlie mortali. Tutti i cerimoniali che non sono parte legittima di questa intima relazione di famiglia sono abrogati per sempre.
(1133.5) 103:4.5 Dio il Padre tratta con l’uomo, figlio suo, non sulla base delle sue virtù o dei suoi meriti reali, ma in riconoscimento delle motivazioni del figlio — del proposito e dell’intenzione della creatura. La relazione è quella dell’associazione genitore-figlio ed è animata dall’amore divino.
(1133.6) 103:5.1 La mente evoluzionaria primitiva dà origine ad un sentimento di dovere sociale e di obbligo morale derivato principalmente dalla paura emotiva. Lo stimolo più positivo al servizio sociale e all’idealismo altruista sono derivati dall’impulso diretto dello spirito divino che dimora nella mente umana.
(1133.7) 103:5.2 Questa idea-ideale di fare del bene agli altri — l’impulso a negare qualcosa al proprio ego a beneficio del prossimo — è inizialmente molto circoscritta. L’uomo primitivo considera come suo prossimo solo coloro che sono molto vicini a lui, coloro che lo trattano amichevolmente; via via che la civiltà religiosa progredisce il concetto di prossimo si espande per inglobare il clan, la tribù, la nazione. Poi Gesù ampliò la nozione di prossimo fino ad abbracciare l’intera umanità, fino a dire che dovremmo amare i nostri nemici. E c’è qualcosa all’interno di ogni essere umano normale che gli dice che questo insegnamento è morale — è giusto. Anche coloro che praticano di meno questo ideale ammettono che è giusto in teoria.
(1134.1) 103:5.3 Tutti gli uomini riconoscono la moralità di questo impulso umano universale ad essere disinteressato ed altruista. L’umanista attribuisce l’origine di questo impulso all’azione naturale della mente materiale; la persona religiosa riconosce più correttamente che lo slancio veramente disinteressato della mente umana è una risposta alle direttive spirituali interiori dell’Aggiustatore di Pensiero.
(1134.2) 103:5.4 Ma l’interpretazione umana di questi conflitti primitivi tra la volontà egoistica e la volontà altruistica non è sempre affidabile. Solo una personalità abbastanza bene unificata può arbitrare le multiformi contese tra i forti desideri dell’io e la coscienza sociale che sta germogliando. Il nostro io ha diritti pari a quelli del suo prossimo. Nessuno ha dei diritti esclusivi sull’attenzione e sul servizio dell’individuo. L’incapacità di risolvere questo problema dà origine al tipo più primitivo di senso di colpa umano.
(1134.3) 103:5.5 La felicità umana si raggiunge solo quando il desiderio egoistico dell’io e l’impulso altruistico dell’io superiore (spirito divino) sono coordinati e riconciliati dalla volontà unificata della personalità che si integra e che controlla. La mente dell’uomo evoluzionario è sempre confrontata con il complesso problema di arbitrare le contese tra l’espansione naturale degli impulsi emotivi e la crescita morale degli impulsi altruistici fondati sull’intuizione spirituale — sull’autentica riflessione religiosa.
(1134.4) 103:5.6 Il tentativo di assicurare un bene uguale a se stessi ed al maggior numero di altri sé presenta un problema che non può essere sempre risolto in maniera soddisfacente in un quadro di tempo-spazio. Nel corso di una vita eterna tali antagonismi possono essere risolti, ma in una breve vita umana essi non trovano soluzione. Gesù si riferiva a questo paradosso quando disse: “Chiunque salverà la sua vita la perderà, ma chiunque perderà la sua vita per l’amore del regno la troverà.”
(1134.5) 103:5.7 Il perseguimento dell’ideale — la lotta per divenire simili a Dio — è uno sforzo continuo prima e dopo la morte. La vita dopo la morte non è essenzialmente differente dall’esistenza mortale. Tutto quello che facciamo di buono in questa vita contribuisce direttamente all’elevazione della vita futura. La vera religione non favorisce l’indolenza morale e la pigrizia spirituale incoraggiando la vana speranza di vedersi attribuite tutte le virtù di un nobile carattere in conseguenza di essere passati attraverso i portali della morte naturale. La vera religione non sminuisce gli sforzi dell’uomo per progredire durante il periodo di vita terrena. Ogni conquista umana è un contributo diretto all’arricchimento dei primi stadi dell’esperienza della sopravvivenza immortale.
(1134.6) 103:5.8 È fatale per l’idealismo dell’uomo quando gli s’insegna che tutti i suoi impulsi altruistici sono semplicemente lo sviluppo del suo istinto gregario naturale. Ma egli è nobilitato e potentemente stimolato quando apprende che questi impulsi superiori della sua anima emanano dalle forze spirituali che abitano la sua mente mortale.
(1134.7) 103:5.9 L’uomo è elevato sopra se stesso ed oltre se stesso quando comprende pienamente che vive e lotta in lui qualcosa di eterno e divino. Ed è così che una fede vivente nell’origine superumana dei nostri ideali convalida la nostra credenza che siamo figli di Dio e rende reali le nostre convinzioni altruistiche, il nostro sentimento di fratellanza umana.
(1134.8) 103:5.10 Nel suo dominio spirituale l’uomo possiede un libero arbitrio. L’uomo mortale non è né uno schiavo inerme della sovranità inflessibile di un Dio onnipotente né la vittima della fatalità senza speranza di un determinismo cosmico meccanicistico. L’uomo è veramente l’architetto del proprio destino eterno.
(1135.1) 103:5.11 Ma l’uomo non è salvato o nobilitato dalla pressione. La crescita spirituale emana dall’interno dell’anima in evoluzione. La pressione può deformare la personalità, ma non stimola mai la crescita. Anche la pressione dell’educazione porta solo un aiuto negativo, nel senso che può contribuire ad impedire delle esperienze disastrose. La crescita spirituale è maggiore quando tutte le pressioni esterne sono ridotte al minimo. “Dove c’è lo spirito del Signore, là c’è libertà.” L’uomo si sviluppa meglio quando le pressioni della famiglia, della comunità, della Chiesa e dello Stato sono minori. Ma questo non deve essere interpretato nel senso che non c’è alcun posto in una società progressiva per la famiglia, le istituzioni sociali, la Chiesa e lo Stato.
(1135.2) 103:5.12 Quando un membro di un gruppo sociale religioso si è conformato alle esigenze di tale gruppo, dovrebbe essere incoraggiato a godere della libertà religiosa nella piena espressione della sua interpretazione personale delle verità della credenza religiosa e dei fatti dell’esperienza religiosa. La sicurezza di un gruppo religioso dipende dalla sua unità spirituale, non dalla sua uniformità teologica. I membri di un gruppo religioso dovrebbero poter godere della libertà di pensare liberamente senza dover diventare dei “liberi pensatori”. C’è una grande speranza per ogni Chiesa che adora il Dio vivente, che convalida la fratellanza dell’uomo e che osa rimuovere dai suoi membri ogni pressione dogmatica.
(1135.3) 103:6.1 La teologia è lo studio delle azioni e delle reazioni dello spirito umano; essa non può mai diventare una scienza perché deve sempre essere più o meno combinata con la psicologia nella sua espressione personale e con la filosofia nella sua descrizione sistematica. La teologia è sempre lo studio della vostra religione; lo studio di un’altra religione è psicologia.
(1135.4) 103:6.2 Quando l’uomo si accosta allo studio e all’osservazione del suo universo dall’esterno dà origine alle varie scienze fisiche, quando si accosta alla ricerca di se stesso e dell’universo dall’interno dà origine alla teologia e alla metafisica. La sua successiva arte della filosofia si sviluppa nello sforzo di armonizzare le numerose discrepanze che sono destinate ad apparire inizialmente tra le scoperte e gli insegnamenti di questi due modi diametralmente opposti di accostarsi all’universo di cose e di esseri.
(1135.5) 103:6.3 La religione s’interessa del punto di vista spirituale, della coscienza dell’interiorità dell’esperienza umana. La natura spirituale dell’uomo gli offre l’opportunità di rivolgere l’universo dall’esterno verso l’interno. È dunque vero che, vista esclusivamente dall’interno dell’esperienza della personalità, tutta la creazione sembra essere di natura spirituale.
(1135.6) 103:6.4 Quando l’uomo esamina analiticamente l’universo per mezzo delle facoltà materiali dei suoi sensi fisici e della percezione mentale associata, il cosmo appare essere meccanico e di energia materiale. Questa tecnica di studio della realtà consiste nel rivolgere l’universo dall’interno verso l’esterno.
(1135.7) 103:6.5 Un concetto filosofico logico e coerente dell’universo non può essere costruito sui postulati del materialismo o dello spiritualismo, perché entrambi questi sistemi di pensiero, quando sono applicati universalmente, costringono a vedere il cosmo in maniera distorta, avendo il primo un contatto con un universo rivolto dall’interno verso l’esterno, il secondo riconoscendo la natura di un universo rivolto dall’esterno verso l’interno. Né la scienza né la religione, in se stesse e da se stesse, da sole, possono allora mai sperare di acquisire una comprensione adeguata delle verità e delle relazioni universali senza la guida della filosofia umana e l’illuminazione della rivelazione divina.
(1136.1) 103:6.6 Lo spirito interiore dell’uomo deve sempre dipendere, per la sua espressione e la propria realizzazione, dal meccanismo e dalla tecnica della mente. Allo stesso modo l’esperienza umana esterna della realtà materiale deve essere basata sulla coscienza mentale della personalità che fa esperienza. Perciò le esperienze umane spirituali e materiali, interiori ed esteriori, sono sempre correlate con la funzione mentale e condizionate, quanto alla loro realizzazione cosciente, dall’attività della mente. L’uomo fa l’esperienza della materia nella sua mente; fa l’esperienza della realtà spirituale nella sua anima, ma diviene cosciente di questa esperienza nella sua mente. L’intelletto è l’armonizzatore, il condizionatore e qualificatore sempre presente della somma totale dell’esperienza umana. Sia le cose-energie che i valori spirituali sono colorati dalla loro interpretazione fatta per mezzo dei procedimenti mentali della coscienza.
(1136.2) 103:6.7 La vostra difficoltà per giungere ad una coordinazione più armoniosa tra la scienza e la religione è dovuta alla vostra completa ignoranza del dominio intermedio del mondo morontiale di cose e di esseri. L’universo locale consiste di tre gradi, o stadi, di manifestazione della realtà: la materia, la morontia e lo spirito. La prospettiva di approccio morontiale appiana tutte le divergenze tra le scoperte delle scienze fisiche ed il funzionamento dello spirito della religione. La ragione è la tecnica di comprensione delle scienze; la fede è la tecnica di discernimento della religione; la mota è la tecnica del livello morontiale. La mota è una sensibilità alla realtà supermateriale che inizia a compensare una crescita incompleta, avendo per sua sostanza la conoscenza-ragione e per sua essenza la fede-visione. La mota è una riconciliazione superfilosofica della percezione divergente della realtà che non è raggiungibile dalle personalità materiali; essa è fondata, in parte, sull’esperienza di essere sopravvissuti alla vita materiale nella carne. Ma molti mortali hanno riconosciuto che era desiderabile possedere un metodo per conciliare l’interrelazione tra i domini assai separati della scienza e della religione; e la metafisica è il risultato del vano tentativo dell’uomo di superare questo abisso ben conosciuto. Ma la metafisica umana ha portato più confusione che illuminazione. La metafisica rappresenta lo sforzo bene intenzionato ma futile dell’uomo di compensare l’assenza della mota morontiale.
(1136.3) 103:6.8 La metafisica si è rivelata un fallimento; quanto alla mota, non può essere percepita dall’uomo. La rivelazione è la sola tecnica che può compensare l’assenza della sensibilità alla verità che apporta la mota in un mondo materiale. La rivelazione chiarisce in modo autorevole la confusione della metafisica sviluppata dalla ragione su un pianeta evoluzionario.
(1136.4) 103:6.9 La scienza è il tentativo dell’uomo di studiare il suo ambiente fisico, il mondo dell’energia-materia; la religione è l’esperienza dell’uomo con il cosmo dei valori spirituali; la filosofia è stata sviluppata dallo sforzo mentale dell’uomo per organizzare e mettere in correlazione le scoperte di questi concetti molto separati in qualcosa di simile ad un atteggiamento ragionevole ed unificato verso il cosmo. La filosofia, chiarificata dalla rivelazione, funziona in modo accettabile in assenza della mota ed in presenza del crollo e del fallimento del surrogato umano della ragione alla mota — la metafisica.
(1136.5) 103:6.10 L’uomo primitivo non faceva distinzione tra il livello dell’energia ed il livello dello spirito. Furono gli uomini della razza viola ed i loro successori Anditi che tentarono per primi di separare il fattore matematico da quello volitivo. L’uomo civilizzato ha sempre più seguito le orme dei Greci primitivi e dei Sumeri che distinguevano tra l’animato e l’inanimato. E via via che la civiltà progredisce, la filosofia dovrà superare il crescente divario tra il concetto dello spirito ed il concetto dell’energia. Ma nel tempo dello spazio queste divergenze sono unificate nel Supremo.
(1137.1) 103:6.11 La scienza deve sempre appoggiarsi sulla ragione, benché l’immaginazione e l’ipotesi siano utili per estendere i suoi confini. La religione dipende eternamente dalla fede, sebbene la ragione sia un’influenza stabilizzante e di utile servizio. Ci sono sempre state e vi saranno sempre delle interpretazioni erronee dei fenomeni del mondo naturale e di quello spirituale, falsamente chiamati scienze e religioni.
(1137.2) 103:6.12 Partendo dalla sua comprensione incompleta della scienza, dalla sua debole presa sulla religione e dai suoi tentativi abortiti in metafisica, l’uomo ha tentato di costruire le sue formulazioni filosofiche. E l’uomo moderno costruirebbe davvero una filosofia valida ed attraente di se stesso e del suo universo se non fosse interrotta la sua importantissima ed indispensabile connessione metafisica tra i mondi della materia e dello spirito, con l’incapacità della metafisica di superare l’abisso morontiale tra il fisico e lo spirituale. L’uomo mortale manca del concetto di mente e di materiale morontiali, e la rivelazione è la sola tecnica per sopperire a questa deficienza di dati concettuali di cui l’uomo ha così pressante necessità per costruire una filosofia logica dell’universo e per giungere ad una comprensione soddisfacente del suo posto certo e stabile in questo universo.
(1137.3) 103:6.13 La rivelazione è la sola speranza dell’uomo evoluzionario per colmare l’abisso morontiale. La fede e la ragione, senza l’aiuto della mota, non possono concepire e costruire un universo logico. Senza la visione della mota l’uomo mortale non può discernere la bontà, l’amore e la verità nei fenomeni del mondo materiale.
(1137.4) 103:6.14 Quando la filosofia dell’uomo propende fortemente verso il mondo della materia, essa diventa razionalistica o naturalistica. Quando la filosofia propende particolarmente verso il livello spirituale, diventa idealistica od anche mistica. Quando la filosofia è così sfortunata da appoggiarsi sulla metafisica, diventa infallibilmente scettica, confusa. In passato la maggior parte della conoscenza e delle valutazioni intellettuali dell’uomo è caduta in una di queste tre deformazioni della percezione. La filosofia non osa formulare le sue interpretazioni della realtà nel modo lineare della logica; essa non deve mai smettere di tener conto della simmetria ellittica della realtà e della curvatura essenziale di tutti i concetti di relazione.
(1137.5) 103:6.15 La filosofia più elevata che l’uomo mortale può raggiungere deve essere logicamente basata sulla ragione della scienza, sulla fede della religione e sul discernimento della verità fornita dalla rivelazione. Grazie a questa unione l’uomo può compensare un po’ la sua incapacità di sviluppare una metafisica adeguata e la sua inettitudine a comprendere la mota della morontia.
(1137.6) 103:7.1 La scienza è sostenuta dalla ragione, la religione dalla fede. La fede, benché non sia fondata sulla ragione, è ragionevole; benché indipendente dalla logica, è tuttavia stimolata da una sana logica. La fede non può essere nutrita nemmeno da una filosofia ideale; in verità essa è, con la scienza, la sorgente stessa di questa filosofia. La fede, il discernimento religioso umano, può essere insegnata con certezza solo per mezzo della rivelazione, può essere elevata con certezza solo dall’esperienza personale dei mortali con la presenza dell’Aggiustatore spirituale del Dio che è spirito.
(1137.7) 103:7.2 La vera salvezza è la tecnica dell’evoluzione divina della mente mortale dall’identificazione con la materia, passando per i regni di collegamento morontiale, fino allo status universale superiore di correlazione spirituale. E come nell’evoluzione terrena l’istinto intuitivo materiale precede l’apparizione della conoscenza ragionata, così nel programma divino dell’evoluzione celeste la manifestazione del discernimento spirituale intuitivo presagisce l’apparizione successiva della ragione e dell’esperienza morontiale e spirituale, il fatto di trasmutare i potenziali dell’uomo temporale in quelli attuali e divini dell’uomo eterno, un finalitario del Paradiso.
(1138.1) 103:7.3 Ma via via che un ascendente avanza verso l’interno e verso il Paradiso per fare l’esperienza di Dio, avanzerà parimenti verso l’esterno e verso lo spazio per comprendere in termini di energia il cosmo materiale. La progressione della scienza non è limitata alla vita terrena dell’uomo; la sua esperienza dell’ascensione nell’universo e nel superuniverso sarà in larga parte lo studio della trasmutazione dell’energia e della metamorfosi della materia. Dio è spirito, ma la Deità è unità, e l’unità della Deità non solo comprende i valori spirituali del Padre Universale e del Figlio Eterno, ma ha anche cognizione dei fatti dell’energia del Controllore Universale e dell’Isola del Paradiso, mentre queste due fasi della realtà universale sono perfettamente correlate nelle relazioni mentali dell’Attore Congiunto ed unificate sul livello finito nella Deità emergente dell’Essere Supremo.
(1138.2) 103:7.4 L’unione dell’atteggiamento scientifico e del discernimento religioso per mezzo della filosofia esperienziale fa parte della lunga esperienza umana dell’ascensione al Paradiso. Le approssimazioni della matematica e le certezze del discernimento richiederanno sempre la funzione armonizzante della logica mentale su tutti i livelli dell’esperienza inferiori al compimento massimo del Supremo.
(1138.3) 103:7.5 Ma la logica non potrà mai riuscire ad armonizzare le scoperte della scienza e gli approfondimenti della religione a meno che gli aspetti scientifico e religioso di una personalità non siano dominati dalla verità, sinceramente desiderosi di seguire la verità dovunque essa li conduca e indipendentemente dalle conclusioni cui possa giungere.
(1138.4) 103:7.6 La logica è la tecnica della filosofia, il suo metodo d’espressione. Nel dominio della vera scienza la ragione è sempre sensibile alla logica autentica; nel dominio della vera religione la fede è sempre logica da un punto di vista interiore, anche se tale fede può sembrare completamente priva di fondamento dal punto di vista indagatore dell’approccio scientifico. Dall’esterno, guardando verso l’interno, l’universo può sembrare materiale; dall’interno, guardando verso l’esterno, lo stesso universo sembra essere interamente spirituale. La ragione è originata dalla consapevolezza materiale, la fede proviene dalla consapevolezza spirituale, ma con la mediazione di una filosofia rafforzata dalla rivelazione la logica può confermare sia il punto di vista interno che quello esterno, dando così luogo alla stabilizzazione sia della scienza che della religione. In tal modo, mediante il contatto comune con la logica della filosofia, la scienza e la religione possono tollerarsi sempre di più l’una con l’altra, divenire sempre meno scettiche.
(1138.5) 103:7.7 Quello di cui la scienza e la religione hanno bisogno nel corso del loro sviluppo è un’autocritica più approfondita e più intrepida, una maggiore coscienza dell’incompletezza del loro status evoluzionario. Gli insegnanti della scienza e della religione sono spesso troppo sicuri di sé e dogmatici. La scienza e la religione possono solo fare l’autocritica dei loro fatti. Quando esse si allontanano dallo stadio dei fatti, la ragione abdica oppure degenera rapidamente in un accordo di falsa logica.
(1138.6) 103:7.8 La verità — una comprensione delle relazioni cosmiche, dei fatti universali e dei valori spirituali — si può raggiungere meglio grazie al ministero dello Spirito della Verità e si può analizzare meglio per mezzo della rivelazione. Ma la rivelazione non origina né una scienza né una religione; la sua funzione è di coordinare la scienza e la religione con la verità della realtà. In assenza della rivelazione o non riuscendo ad accettarla od a comprenderla, l’uomo mortale è sempre ricorso al suo futile tentativo della metafisica, essendo questa il solo sostituto umano alla rivelazione della verità o alla mota della personalità morontiale.
(1139.1) 103:7.9 La scienza del mondo materiale consente all’uomo di controllare, ed in una certa misura di dominare, il suo ambiente fisico. La religione dell’esperienza spirituale è la sorgente dell’impulso fraterno che consente agli uomini di vivere insieme nelle complessità della civiltà di un’era scientifica. La metafisica, ma più certamente la rivelazione, offrono un terreno comune d’incontro alle scoperte della scienza e della religione e rendono possibile il tentativo umano di collegare logicamente questi domini di pensiero separati ma interdipendenti in una filosofia ben equilibrata di stabilità scientifica e di certezza religiosa.
(1139.2) 103:7.10 Nello stato mortale niente può essere provato in modo assoluto; la scienza e la religione sono entrambe fondate su delle ipotesi. Sul livello morontiale i postulati della scienza e della religione sono suscettibili di essere parzialmente provati dalla logica della mota. Sul livello spirituale di status massimo la necessità di una prova finita svanisce gradualmente di fronte all’esperienza effettiva della realtà e con la realtà; ma anche allora c’è molto oltre il finito che resta non provato.
(1139.3) 103:7.11 Tutte le divisioni del pensiero umano sono basate su certe ipotesi che, sebbene non provate, sono accettate dalla sensibilità alla realtà costitutiva della dotazione mentale dell’uomo. La scienza inizia la sua vantata carriera di ragionamento presumendo la realtà di tre cose: la materia, il movimento e la vita. La religione inizia con l’ipotesi della validità di tre cose: la mente, lo spirito e l’universo — l’Essere Supremo.
(1139.4) 103:7.12 La scienza diventa il dominio di pensiero della matematica, dell’energia e della materia del tempo nello spazio. La religione pretende di occuparsi non solo dello spirito finito e temporale, ma anche dello spirito dell’eternità e della supremazia. Soltanto mediante una lunga esperienza nella mota questi due estremi della percezione dell’universo possono essere portati a fornire interpretazioni analoghe delle origini, delle funzioni, delle relazioni, delle realtà e dei destini. La massima armonizzazione della divergenza tra l’energia e lo spirito risiede nella messa in circuito dei Sette Spiriti Maestri; la sua prima unificazione nella Deità del Supremo, la sua unità della finalità nell’infinità della Prima Sorgente e Centro, l’IO SONO.
(1139.5) 103:7.13 La ragione è l’atto di riconoscere le conclusioni della coscienza riguardo all’esperienza nel mondo fisico dell’energia e della materia e con esso. La fede è l’atto di riconoscere la validità della coscienza spirituale — qualcosa che non richiede altra prova mortale. La logica è la progressione sintetica di ricerca della verità dell’unione della fede e della ragione ed è basata sulle facoltà mentali costitutive degli esseri mortali, il riconoscimento innato delle cose, dei significati e dei valori.
(1139.6) 103:7.14 C’è una prova effettiva della realtà spirituale nella presenza dell’Aggiustatore di Pensiero; tuttavia la validità di questa presenza non è dimostrabile al mondo esterno, ma solo a colui che fa l’esperienza del Dio interiore. La coscienza di avere un Aggiustatore è basata sulla ricezione intellettuale della verità, sulla percezione supermentale della bontà e sull’impulso della personalità ad amare.
(1139.7) 103:7.15 La scienza scopre il mondo materiale, la religione lo valuta e la filosofia tenta d’interpretare i suoi significati coordinando il punto di vista materiale scientifico con il concetto spirituale religioso. Ma la storia è un regno in cui la scienza e la religione non potranno mai essere pienamente d’accordo.
(1140.1) 103:8.1 Benché la scienza e la filosofia possano entrambe ammettere la probabilità di Dio per mezzo della loro ragione e della loro logica, solo l’esperienza religiosa personale di un uomo guidato dallo spirito può affermare la certezza di una tale Deità suprema e personale. Mediante la tecnica di una tale incarnazione della verità vivente l’ipotesi filosofica della probabilità di Dio diviene una realtà religiosa.
(1140.2) 103:8.2 La confusione sull’esperienza della certezza di Dio risulta dalle interpretazioni e dalle relazioni dissimili di questa esperienza da parte dei singoli individui e delle differenti razze di uomini. L’esperienza di Dio può essere interamente valida, ma il discorso su Dio, essendo intellettuale e filosofico, è divergente e spesse volte fallace in modo sconcertante.
(1140.3) 103:8.3 Un uomo buono e nobile può essere perfettamente innamorato di sua moglie, ma totalmente incapace di passare in maniera soddisfacente un esame scritto sulla psicologia dell’amore coniugale. Un altro uomo, che ama poco o per nulla la sua sposa, può passare un tale esame in modo molto accettabile. L’imperfezione della visione di colui che ama riguardo alla vera natura dell’oggetto amato non invalida in alcun modo la realtà o la sincerità del suo amore.
(1140.4) 103:8.4 Se voi credete veramente in Dio — se lo conoscete e lo amate per mezzo della fede — non permettete che la realtà di una tale esperienza venga in qualche modo sminuita o screditata dalle insinuazioni dubbiose della scienza, dai cavilli della logica, dai postulati della filosofia o dalle abili suggestioni di anime bene intenzionate che vorrebbero creare una religione senza Dio.
(1140.5) 103:8.5 La certezza della persona religiosa che conosce Dio non dovrebbe essere turbata dall’incertezza del materialista che dubita; piuttosto l’incertezza del non credente dovrebbe essere potentemente sfidata dalla fede profonda e dalla certezza incrollabile del credente esperienziale.
(1140.6) 103:8.6 La filosofia, per rendere il massimo servizio alla scienza e alla religione, dovrebbe evitare i due estremi del materialismo e del panteismo. Solo una filosofia che riconosce la realtà della personalità — la permanenza in presenza del cambiamento — può avere un valore morale per l’uomo, può servire da collegamento tra le teorie della scienza materiale e quelle della religione spirituale. La rivelazione è una compensazione delle carenze della filosofia in evoluzione.
(1140.7) 103:9.1 La teologia si occupa del contenuto intellettuale della religione, la metafisica (la rivelazione) s’interessa dei suoi aspetti filosofici. L’esperienza religiosa è il contenuto spirituale della religione. Nonostante le fantasie mitologiche e le illusioni psicologiche del contenuto intellettuale della religione, nonostante le ipotesi errate della metafisica e le tecniche di autoillusione, nonostante le distorsioni politiche ed i pervertimenti socioeconomici del contenuto filosofico della religione, l’esperienza spirituale della religione personale rimane autentica e valida.
(1140.8) 103:9.2 La religione ha a che fare con il sentire, l’agire ed il vivere, non solamente con il pensare. Il pensare è più strettamente collegato alla vita materiale e dovrebbe essere principalmente, ma non completamente, dominato dalla ragione e dai fatti della scienza e, nelle sue estensioni non materiali verso i regni dello spirito, dalla verità. Indipendentemente da quanto illusoria ed erronea sia la propria teologia, la propria religione può essere del tutto autentica ed eternamente vera.
(1141.1) 103:9.3 Il Buddismo, nella sua forma originale, è una delle migliori religioni senza Dio che siano apparse in tutta la storia evoluzionaria di Urantia, benché questa fede non sia rimasta senza Dio nel corso del suo sviluppo. Una religione senza fede è una contraddizione; senza Dio è un’incongruenza filosofica e un’assurdità intellettuale.
(1141.2) 103:9.4 L’origine magica e mitologica della religione naturale non invalida la realtà e la verità delle religioni successive di rivelazione ed il perfetto vangelo salvifico della religione di Gesù. La vita e gli insegnamenti di Gesù hanno definitivamente spogliato la religione delle superstizioni della magia, delle illusioni della mitologia e della schiavitù del dogmatismo tradizionale. Ma questa magia e questa mitologia primitive hanno preparato molto efficacemente la via ad una religione successiva e superiore ammettendo l’esistenza e la realtà dei valori e degli esseri supermateriali.
(1141.3) 103:9.5 Sebbene l’esperienza religiosa sia un fenomeno soggettivo puramente spirituale, tale esperienza ingloba un atteggiamento di fede positiva e vivente verso i regni più elevati della realtà oggettiva universale. L’ideale della filosofia religiosa è una fede-fiducia capace di portare l’uomo a dipendere senza riserve dall’amore assoluto del Padre infinito dell’universo degli universi. Questa esperienza religiosa autentica trascende di gran lunga l’oggettivazione filosofica del desiderio idealistico; essa considera effettivamente la salvezza come acquisita e si preoccupa unicamente d’imparare a fare la volontà del Padre del Paradiso. I segni distintivi di una tale religione sono: la fede in una Deità suprema, la speranza di una sopravvivenza eterna e l’amore, specialmente per il prossimo.
(1141.4) 103:9.6 Quando la teologia domina la religione, la religione muore; diventa una dottrina invece che una vita. La missione della teologia è semplicemente quella di facilitare l’autocoscienza dell’esperienza spirituale personale. La teologia costituisce lo sforzo religioso per definire, chiarire, esporre e giustificare le richieste esperienziali della religione che, in ultima analisi, possono essere convalidate solo da una fede vivente. Nella filosofia superiore dell’universo la saggezza, come la ragione, si alleano alla fede. La ragione, la saggezza e la fede sono le realizzazioni più elevate dell’uomo. La ragione introduce l’uomo nel mondo dei fatti, delle cose; la saggezza lo introduce in un mondo di verità, di relazioni; la fede lo inizia ad un mondo di divinità, di esperienza spirituale.
(1141.5) 103:9.7 La fede porta molto volentieri la ragione quanto più lontano possibile, e poi prosegue il suo cammino con la saggezza fino al completo limite filosofico; poi osa lanciarsi nel viaggio illimitato ed interminabile nell’universo in sola compagnia della verità.
(1141.6) 103:9.8 La scienza (la conoscenza) è fondata sull’ipotesi inerente (lo spirito aiutante) che la ragione è valida, che l’universo può essere compreso. La filosofia (la comprensione coordinata) è fondata sull’ipotesi inerente (lo spirito della saggezza) che la saggezza è valida, che l’universo materiale può essere coordinato con quello spirituale. La religione (la verità dell’esperienza spirituale personale) è basata sull’ipotesi inerente (l’Aggiustatore di Pensiero) che la fede è valida, che Dio può essere conosciuto e raggiunto.
(1141.7) 103:9.9 La piena realizzazione della realtà della vita umana consiste in una progressiva propensione a credere in queste ipotesi della ragione, della saggezza e della fede. Una tale vita è motivata dalla verità e dominata dall’amore; e questi sono gli ideali della realtà cosmica oggettiva la cui esistenza non può essere dimostrata materialmente.
(1142.1) 103:9.10 Quando la ragione riconosce il vero ed il falso mostra saggezza; quando la saggezza sceglie tra il vero ed il falso, tra la verità e l’errore, dimostra una guida spirituale. In questo modo le funzioni della mente, dell’anima e dello spirito sono sempre strettamente collegate e funzionalmente interassociate. La ragione si occupa della conoscenza oggettiva; la saggezza si occupa della filosofia e della rivelazione; la fede si occupa dell’esperienza spirituale vivente. Per mezzo della verità l’uomo raggiunge la bellezza e per mezzo dell’amore spirituale si eleva alla bontà.
(1142.2) 103:9.11 La fede porta a conoscere Dio e non semplicemente ad un sentimento mistico della presenza divina. La fede non deve essere eccessivamente influenzata dalle sue conseguenze emotive. La vera religione è un’esperienza di credenza e di conoscenza, così come una soddisfazione dei sentimenti.
(1142.3) 103:9.12 C’è una realtà nell’esperienza religiosa che è proporzionale al suo contenuto spirituale e questa realtà trascende la ragione, la scienza, la filosofia, la saggezza e tutti gli altri compimenti umani. Le convinzioni di una tale esperienza sono inoppugnabili; la logica della vita religiosa è incontrovertibile; la certezza di questa conoscenza è superumana; le soddisfazioni sono splendidamente divine, il coraggio è indomabile, le devozioni sono assolute, le fedeltà supreme ed i destini sono finali — eterni, ultimi ed universali.
(1142.4) 103:9.13 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1143.1) 104:0.1 IL CONCETTO di Trinità della religione rivelata non deve essere confuso con le credenze nelle triadi delle religioni evoluzionarie. Le idee di triadi sono nate da molte connessioni suggestive, ma principalmente perché le dita hanno tre falangi, perché tre gambe erano il numero minimo per rendere stabile uno sgabello, perché tre punti d’appoggio permettevano di rizzare una tenda; inoltre l’uomo primitivo per lungo tempo non seppe contare oltre il tre.
(1143.2) 104:0.2 Fatta eccezione per certi accoppiamenti naturali, quali passato e presente, giorno e notte, caldo e freddo, maschio e femmina, l’uomo tende generalmente a pensare per triadi: ieri, oggi e domani; alba, mezzogiorno e tramonto; padre, madre e figlio. Tre acclamazioni sono accordate al vincitore. I morti sono seppelliti il terzo giorno ed il fantasma è placato con tre aspersioni d’acqua.
(1143.3) 104:0.3 Come conseguenza di queste associazioni naturali dell’esperienza umana, la triade fece la sua apparizione nella religione, e ciò molto prima che la Trinità delle Deità del Paradiso, o qualcuno dei suoi rappresentanti, fossero stati rivelati all’umanità. Più tardi i Persiani, gli Indù, i Greci, gli Egiziani, i Babilonesi, i Romani e gli Scandinavi ebbero tutti delle triadi di dei, ma queste non erano ancora vere trinità. Le triadi di deità ebbero tutte un’origine naturale ed apparvero in un periodo o in un altro presso la maggior parte dei popoli intelligenti di Urantia. Talvolta il concetto di una triade evoluzionaria è stato mischiato con quello di una Trinità rivelata; in questi casi è spesso impossibile distinguere l’una dall’altra.
(1143.4) 104:1.1 La prima rivelazione urantiana conducente alla comprensione della Trinità del Paradiso fu fatta dal personale del Principe Caligastia circa cinquecentomila anni fa. Questo primo concetto di Trinità fu perduto per il mondo durante i perturbati tempi che seguirono la ribellione planetaria.
(1143.5) 104:1.2 La seconda presentazione della Trinità fu fatta da Adamo ed Eva nel primo e nel secondo giardino. Questi insegnamenti non erano ancora stati interamente cancellati ai tempi di Machiventa Melchizedek, circa trentacinquemila anni più tardi, perché il concetto di Trinità dei Setiti persisté in Mesopotamia ed in Egitto, ma più specialmente in India, dove fu a lungo perpetuato in Agni, il dio vedico tricefalo del fuoco.
(1143.6) 104:1.3 La terza presentazione della Trinità fu fatta da Machiventa Melchizedek, e questa dottrina fu simbolizzata dai tre cerchi concentrici che il saggio di Salem portava sul suo medaglione pettorale. Ma Machiventa ebbe molta difficoltà ad istruire i Beduini della Palestina sul Padre Universale, il Figlio Eterno e lo Spirito Infinito. La maggior parte dei suoi discepoli credette che la Trinità consistesse nei tre Altissimi di Norlatiadek; alcuni concepirono la Trinità come composta dal Sovrano del Sistema, dal Padre della Costellazione e dalla Deità Creatrice dell’universo locale; un numero ancora minore colse vagamente l’idea dell’associazione paradisiaca del Padre, del Figlio e dello Spirito.
(1144.1) 104:1.4 Grazie alle attività dei missionari di Salem gli insegnamenti di Melchizedek sulla Trinità si diffusero gradualmente in gran parte dell’Eurasia e dell’Africa del Nord. Spesso è difficile distinguere tra le triadi e le trinità presso gli Anditi più tardivi e nelle epoche posteriori a Melchizedek, quando i due concetti in una certa misura si mischiarono e si fusero.
(1144.2) 104:1.5 Tra gli Indù il concetto trinitario si radicò come Essere, Intelligenza e Gioia. (Una concezione indiana successiva fu quella di Brahma, Siva e Vishnu.) Mentre le prime descrizioni della Trinità furono portate in India dai sacerdoti setiti, le idee più recenti sulla Trinità furono importate dai missionari di Salem e sviluppate dagli intelletti nativi dell’India mediante un compendio di queste dottrine con concezioni di triadi evoluzionarie.
(1144.3) 104:1.6 La fede buddista sviluppò due dottrine di natura trinitaria. La prima fu il Maestro, la Legge e la Fratellanza; questa fu la presentazione fatta da Gautama Siddharta. L’idea successiva, che si sviluppò nel ramo settentrionale dei seguaci di Budda, comprendeva il Signore Supremo, lo Spirito Santo ed il Salvatore Incarnato.
(1144.4) 104:1.7 E queste idee degli Indù e dei Buddisti erano dei veri postulati trinitari, cioè l’idea di una triplice manifestazione di un Dio monoteistico. Un vero concetto di trinità non consiste soltanto nel mettere insieme tre dei separati.
(1144.5) 104:1.8 Gli Ebrei vennero a conoscenza della Trinità dalle tradizioni kenite dei tempi di Melchizedek, ma il loro zelo monoteistico per il Dio unico, Yahweh, eclissò a tal punto tutti questi insegnamenti che al momento dell’apparizione di Gesù la dottrina di Elohim era stata praticamente eliminata dalla teologia ebraica. La mente ebraica non riusciva a conciliare il concetto trinitario con la credenza monoteistica nel Signore Unico, il Dio d’Israele.
(1144.6) 104:1.9 I praticanti la fede islamica non riuscirono nemmeno loro a cogliere l’idea della Trinità. È sempre difficile per un monoteismo emergente tollerare il trinitarismo quando è posto di fronte al politeismo. L’idea di trinità si radica meglio in quelle religioni che hanno una solida tradizione monoteistica unita ad un’elasticità dottrinale. I grandi monoteisti, gli Ebrei ed i Maomettani, ebbero difficoltà a distinguere tra l’adorazione di tre dei, il politeismo, ed il trinitarismo, l’adorazione di una sola Deità esistente in una manifestazione trina di divinità e di personalità.
(1144.7) 104:1.10 Gesù insegnò ai suoi apostoli la verità riguardante le persone della Trinità del Paradiso, ma essi credettero che parlasse figuratamente e simbolicamente. Essendo stati allevati nel monoteismo ebraico, essi trovarono difficile aderire ad una credenza che sembrava in conflitto con il loro concetto dominante di Yahweh. Ed i primi Cristiani ereditarono il pregiudizio ebraico verso il concetto della Trinità.
(1144.8) 104:1.11 La prima Trinità del Cristianesimo fu proclamata ad Antiochia e consisteva in Dio, la sua Parola e la sua Saggezza. Paolo era a conoscenza della Trinità Paradisiaca del Padre, del Figlio e dello Spirito, ma predicò raramente su questo tema e ne fece menzione soltanto in poche delle sue lettere alle nuove Chiese in formazione. Anche allora, come fecero i suoi compagni apostoli, Paolo confuse Gesù, il Figlio Creatore dell’universo locale, con la Seconda Persona della Deità, il Figlio Eterno del Paradiso.
(1144.9) 104:1.12 Il concetto cristiano della Trinità, che cominciò ad essere accettato verso la fine del primo secolo dopo Cristo, comprendeva il Padre Universale, il Figlio Creatore di Nebadon e la Divina Ministra di Salvington — lo Spirito Madre dell’universo locale e consorte creativa del Figlio Creatore.
(1145.1) 104:1.13 Dai tempi di Gesù, la reale identità della Trinità del Paradiso non è stata conosciuta su Urantia (eccetto che da pochi individui ai quali è stata specialmente rivelata) fino alla sua presentazione in queste divulgazioni rivelatorie. Ma sebbene il concetto cristiano della Trinità fosse errato nei fatti, era praticamente esatto sotto l’aspetto delle relazioni spirituali. Soltanto nelle sue implicazioni filosofiche e nelle sue conseguenze cosmologiche questo concetto provocava delle perplessità. È stato difficile per molte persone di mentalità cosmica credere che la Seconda Persona della Deità, il secondo membro di una Trinità infinita, avesse soggiornato un tempo su Urantia; e quantunque ciò sia vero in spirito, in realtà non è un fatto. I Micael Creatori incorporano pienamente la divinità del Figlio Eterno, ma non sono la personalità assoluta.
(1145.2) 104:2.1 Il monoteismo sorse come protesta filosofica contro l’incongruenza del politeismo. Esso si sviluppò inizialmente attraverso le organizzazioni tipo pantheon con la ripartizione delle attività soprannaturali, poi con l’esaltazione enoteistica di un solo dio al di sopra di molti altri, ed infine con l’esclusione di tutti gli dei salvo il Dio Unico di valore finale.
(1145.3) 104:2.2 Il trinitarismo ebbe origine dalla protesta esperienziale contro l’impossibilità di concepire l’unicità di una Deità solitaria disantropomorfizzata priva di relazioni di significato universale. Dopo un certo tempo la filosofia tende ad astrarre le qualità personali dal concetto di Deità del puro monoteismo, riducendo così l’idea di un Dio senza relazioni allo status di un Assoluto panteistico. È sempre stato difficile comprendere la natura personale di un Dio che non ha relazioni personali su un piano d’uguaglianza con altri esseri personali coordinati. La personalità nella Deità esige che questa Deità esista in relazione con altre Deità personali uguali.
(1145.4) 104:2.3 Grazie al riconoscimento del concetto di Trinità la mente umana può sperare di carpire qualcosa delle interrelazioni tra l’amore e la legge nelle creazioni del tempo-spazio. Per mezzo della fede spirituale l’uomo riesce a vedere a fondo nell’amore di Dio, ma scopre subito che questa fede spirituale non ha alcuna influenza sulle leggi stabilite dell’universo materiale. Indipendentemente dalla ferma credenza dell’uomo in Dio quale suo Padre del Paradiso, gli orizzonti cosmici in espansione esigono che egli riconosca anche la realtà della Deità del Paradiso come legge universale e che riconosca la sovranità della Trinità, che si estende dal Paradiso verso l’esterno e che domina anche gli universi locali in evoluzione dei Figli Creatori e delle Figlie Creative delle tre persone eterne, la cui unione di deità è il fatto, la realtà e l’eterna indivisibilità della Trinità del Paradiso.
(1145.5) 104:2.4 Questa stessa Trinità del Paradiso è un’entità reale — non una personalità, ma tuttavia una realtà vera ed assoluta; non una personalità, ma tuttavia compatibile con personalità coesistenti — le personalità del Padre, del Figlio e dello Spirito. La Trinità è una realtà della Deità che supera la somma delle sue parti, apparsa dalla congiunzione delle tre Deità del Paradiso. Le qualità, le caratteristiche e le funzioni della Trinità non sono la semplice somma degli attributi delle tre Deità del Paradiso; le funzioni della Trinità sono qualcosa di unico, di originale e di non interamente prevedibile dall’analisi degli attributi del Padre, del Figlio e dello Spirito.
(1146.1) 104:2.5 Per esempio: il Maestro, mentre era sulla terra, avvertì i suoi discepoli che la giustizia non è mai un atto personale; essa è sempre una funzione collettiva. Nemmeno gli Dei, come persone, amministrano la giustizia. Ma compiono questa stessa funzione come un insieme collettivo, come Trinità del Paradiso.
(1146.2) 104:2.6 La comprensione concettuale dell’associazione trinitaria del Padre, del Figlio e dello Spirito prepara la mente umana alla presentazione successiva di certe altre relazioni triplici. La ragione teologica può essere pienamente soddisfatta dal concetto della Trinità del Paradiso, ma la ragione filosofica e cosmologica esige il riconoscimento di altre associazioni trine della Prima Sorgente e Centro, quelle triunità in cui l’Infinito opera con diverse funzioni non paterne di manifestazione universale — le relazioni del Dio di forza, energia, potere, causalità, reazione, potenzialità, attualità, gravità, tensione, archetipo, principio ed unità.
(1146.3) 104:3.1 Sebbene l’umanità abbia talvolta afferrato il significato della Trinità delle tre persone della Deità, la coerenza esige che l’intelletto umano percepisca l’esistenza di certe relazioni tra i sette Assoluti. Ma tutto ciò che è vero per la Trinità del Paradiso non è necessariamente vero per una triunità, perché una triunità è qualcosa di diverso da una trinità. In certi aspetti funzionali una triunità può essere analoga ad una trinità, ma non è mai omologa in natura con una trinità.
(1146.4) 104:3.2 L’uomo mortale sta passando su Urantia per una grande era di espansione degli orizzonti e di ampliamento dei concetti, e la sua filosofia cosmica deve accelerare la sua evoluzione per stare al passo con l’espansione dell’arena intellettuale del pensiero umano. Via via che la coscienza cosmica dell’uomo mortale si espande, egli percepisce le interrelazioni di tutto ciò che trova nella sua scienza materiale, nella sua filosofia intellettuale e nella sua intuizione spirituale. Inoltre, assieme a tutta questa credenza nell’unità del cosmo, l’uomo percepisce la diversità di tutta l’esistenza. Nonostante tutti i concetti concernenti l’immutabilità della Deità, l’uomo percepisce che vive in un universo in costante cambiamento ed in crescita esperienziale. Indipendentemente dalla realizzazione della sopravvivenza dei valori spirituali, l’uomo deve sempre fare i conti con la matematica e la prematematica della forza, dell’energia e del potere.
(1146.5) 104:3.3 La completezza eterna dell’infinità deve essere conciliata in qualche maniera con la crescita nel tempo degli universi in evoluzione e con l’incompletezza dei loro abitanti esperienziali. In qualche modo il concetto d’infinità totale deve essere segmentato e qualificato in modo che l’intelletto mortale e l’anima morontiale possano afferrare questo concetto di valore finale e di significato spiritualizzante.
(1146.6) 104:3.4 Mentre la ragione richiede un’unità monoteistica della realtà cosmica, l’esperienza finita esige il postulato di una pluralità di Assoluti e della loro coordinazione in relazioni cosmiche. Senza esistenze coordinate non c’è alcuna possibilità per l’apparizione di una diversità delle relazioni assolute, nessuna opportunità per l’operare di differenziali, variabili, modificatori, attenuatori, qualificatori o riduttori.
(1146.7) 104:3.5 In questi fascicoli la realtà totale (l’infinità) è stata presentata quale esiste nei sette Assoluti:
(1146.8) 104:3.6 1. Il Padre Universale.
(1146.9) 104:3.7 2. Il Figlio Eterno.
(1146.10) 104:3.8 3. Lo Spirito Infinito.
(1147.1) 104:3.9 4. L’Isola del Paradiso.
(1147.2) 104:3.10 5. L’Assoluto della Deità.
(1147.3) 104:3.11 6. L’Assoluto Universale.
(1147.4) 104:3.12 7. L’Assoluto Non Qualificato.
(1147.5) 104:3.13 La Prima Sorgente e Centro, che è Padre per il Figlio Eterno, è anche Archetipo per l’Isola del Paradiso. Egli è personalità non qualificata nel Figlio, ma personalità potenzializzata nell’Assoluto della Deità. Il Padre è energia rivelata nel Paradiso-Havona ed allo stesso tempo energia celata nell’Assoluto Non Qualificato. L’Infinito è sempre rivelato negli atti incessanti dell’Attore Congiunto mentre è eternamente funzionante nelle attività compensatrici ma nascoste dell’Assoluto Universale. Così il Padre è collegato ai sei Assoluti coordinati, ed in tal modo tutti e sette inglobano il cerchio dell’infinità in tutti i cicli senza fine dell’eternità.
(1147.6) 104:3.14 Sembrerebbe che la triunità delle relazioni assolute sia inevitabile. La personalità cerca di associarsi ad altre personalità sui livelli assoluti così come su tutti gli altri livelli. E l’associazione delle tre personalità del Paradiso rende eterna la prima triunità, l’unione delle personalità del Padre, del Figlio e dello Spirito. Perché quando queste tre persone si uniscono in quanto persone per una funzione unita, costituiscono con ciò una triunità di unità funzionale, non una trinità — un’entità organica — ma nondimeno una triunità, una triplice unanimità funzionale aggregata.
(1147.7) 104:3.15 La Trinità del Paradiso non è una triunità, non è un’unanimità funzionale; è piuttosto una Deità indivisa e indivisibile. Il Padre, il Figlio e lo Spirito (come persone) possono mantenere una relazione con la Trinità del Paradiso, perché la Trinità è la loro Deità indivisa. Il Padre, il Figlio e lo Spirito non mantengono alcuna relazione personale di tal genere con la prima triunità, perché quella è la loro unione funzionale in quanto tre persone. Soltanto come Trinità — come Deità indivisa — essi mantengono collettivamente una relazione esterna con la triunità della loro aggregazione personale.
(1147.8) 104:3.16 In tal modo la Trinità del Paradiso resta unica tra le relazioni assolute; vi sono parecchie triunità esistenziali, ma soltanto una Trinità esistenziale. Una triunità non è un’entità. Essa è funzionale più che organica. I suoi membri sono associati più che corporativi. I componenti delle triunità possono essere delle entità, ma una triunità stessa è un’associazione.
(1147.9) 104:3.17 Esiste tuttavia un punto di comparazione tra trinità e triunità: entrambe emanano in funzioni che sono qualcosa di diverso dalla somma discernibile degli attributi dei membri che le compongono. Ma mentre sono quindi comparabili da un punto di vista funzionale, non presentano però delle relazioni di categoria. Esse sono grosso modo collegate come la relazione tra funzione e struttura. Ma la funzione dell’associazione triunitaria non è la funzione della struttura o dell’entità trinitaria.
(1147.10) 104:3.18 Le triunità sono nondimeno reali, sono molto reali. In esse la realtà totale è resa funzionale, e per loro mezzo il Padre Universale esercita un controllo diretto e personale sulle funzioni principali dell’infinità.
(1147.11) 104:4.1 Nel tentare di descrivere le sette triunità, richiamiamo l’attenzione sul fatto che il Padre Universale è il membro primordiale di ciascuna di esse. Egli è, era e sarà sempre il Primo Padre-Sorgente Universale, il Centro Assoluto, la Causa Prima, il Controllore Universale, l’Energizzatore Illimitato, l’Unità Originale, il Sostenitore Non Qualificato, la Prima Persona della Deità, l’Archetipo Cosmico Primordiale e l’Essenza dell’Infinità. Il Padre Universale è la causa personale degli Assoluti; egli è l’assoluto degli Assoluti.
(1148.1) 104:4.2 La natura ed il significato delle sette triunità possono essere indicate come:
(1148.2) 104:4.3 La Prima Triunità — la triunità personale avente un proposito. Questo è il gruppo delle tre personalità della Deità:
(1148.3) 104:4.4 1. Il Padre Universale.
(1148.4) 104:4.5 2. Il Figlio Eterno.
(1148.5) 104:4.6 3. Lo Spirito Infinito.
(1148.6) 104:4.7 Questa è la triplice unione dell’amore, della misericordia e del ministero — l’associazione personale con proposito delle tre personalità eterne del Paradiso. Questa è l’associazione divinamente fraterna, che ama le creature, che agisce paternamente e che incoraggia l’ascensione. Le personalità divine di questa prima triunità sono degli Dei che attribuiscono la personalità, che conferiscono lo spirito e che donano la mente.
(1148.7) 104:4.8 Questa è la triunità di volizione infinita; essa agisce in tutto l’eterno presente ed in tutto il fluire passato-presente-futuro del tempo. Questa associazione produce l’infinità volitiva e fornisce i meccanismi per mezzo dei quali la Deità personale rivela se stessa alle creature del cosmo in evoluzione.
(1148.8) 104:4.9 La Seconda Triunità — la triunità di potere-archetipo. Che si tratti di un minuscolo ultimatone, di una stella fiammeggiante, di una nebulosa in rotazione od anche dell’universo centrale o dei superuniversi, dalle più piccole alle più grandi organizzazioni materiali, l’archetipo fisico — la configurazione cosmica — è sempre derivato dalla funzione di questa triunità. Questa associazione è composta da:
(1148.9) 104:4.10 1. Il Padre-Figlio.
(1148.10) 104:4.11 2. L’Isola del Paradiso.
(1148.11) 104:4.12 3. L’Attore Congiunto.
(1148.12) 104:4.13 L’energia è organizzata dagli agenti cosmici della Terza Sorgente e Centro; l’energia è formata secondo l’archetipo del Paradiso, la materializzazione assoluta. Ma dietro a tutta questa manipolazione incessante c’è la presenza del Padre-Figlio, la cui unione ha inizialmente attivato l’archetipo del Paradiso facendo apparire Havona simultaneamente alla nascita dello Spirito Infinito, l’Attore Congiunto.
(1148.13) 104:4.14 Nell’esperienza religiosa le creature prendono contatto con il Dio che è amore, ma tale intuizione spirituale non deve mai eclissare il riconoscimento intelligente del fatto universale dell’archetipo che è il Paradiso. Le personalità del Paradiso raccolgono l’adorazione spontanea di tutte le creature per mezzo del potere irresistibile dell’amore divino e portano tutte queste personalità nate dallo spirito alle delizie celesti del servizio eterno dei figli finalitari di Dio. La seconda triunità è l’architetto dello scenario spaziale in cui si svolgono tutte queste operazioni; essa determina gli archetipi della configurazione cosmica.
(1148.14) 104:4.15 L’amore può caratterizzare la divinità della prima triunità, ma l’archetipo è la manifestazione galattica della seconda triunità. Quello che la prima triunità è per le personalità in evoluzione, la seconda triunità lo è per gli universi in evoluzione. L’archetipo e la personalità sono due delle grandi manifestazioni degli atti della Prima Sorgente e Centro. E per quanto sia difficile da comprendere, non è meno vero che il potere-archetipo e la persona amorevole sono una sola e stessa realtà universale. L’Isola del Paradiso ed il Figlio Eterno sono rivelazioni coordinate, ma agli antipodi, della natura insondabile del Padre-Forza Universale.
(1149.1) 104:4.16 La Terza Triunità — la triunità evoluzionale dello spirito. La totalità della manifestazione spirituale ha il suo inizio e la sua fine in questa associazione, costituita da:
(1149.2) 104:4.17 1. Il Padre Universale.
(1149.3) 104:4.18 2. Il Figlio-Spirito.
(1149.4) 104:4.19 3. L’Assoluto della Deità.
(1149.5) 104:4.20 Dalla potenza spirituale fino allo spirito paradisiaco ogni spirito trova l’espressione della realtà in questa associazione trina della pura essenza spirituale del Padre, dei valori spirituali attivi del Figlio-Spirito e dei potenziali spirituali illimitati dell’Assoluto della Deità. I valori esistenziali dello spirito hanno la loro genesi primordiale, la loro manifestazione completa ed il loro destino finale in questa triunità.
(1149.6) 104:4.21 Il Padre esiste prima dello spirito; il Figlio-Spirito funziona come spirito creatore attivo; l’Assoluto della Deità esiste come spirito che ingloba tutto, anche ciò che è oltre lo spirito.
(1149.7) 104:4.22 La Quarta Triunità — la triunità dell’infinità dell’energia. All’interno di questa triunità si eternano gli inizi e le fini di tutta la realtà dell’energia, dalla potenza spaziale fino alla monota. Questo raggruppamento comprende:
(1149.8) 104:4.23 1. Il Padre-Spirito.
(1149.9) 104:4.24 2. L’Isola del Paradiso.
(1149.10) 104:4.25 3. L’Assoluto Non Qualificato.
(1149.11) 104:4.26 Il Paradiso è il centro dell’attivazione della forza-energia del cosmo — la posizione della Prima Sorgente e Centro nell’universo, il punto focale cosmico dell’Assoluto Non Qualificato e la sorgente di ogni energia. Esistenzialmente presente dentro questa triunità si trova il potenziale energetico del cosmo infinito, del quale il grande universo e l’universo maestro sono soltanto manifestazioni parziali.
(1149.12) 104:4.27 La quarta triunità controlla assolutamente le unità fondamentali dell’energia cosmica e le libera dalla presa dell’Assoluto Non Qualificato in proporzione diretta all’apparizione nelle Deità esperienziali della capacità subassoluta di controllare e di stabilizzare la metamorfosi del cosmo.
(1149.13) 104:4.28 Questa triunità è forza ed energia. Le possibilità illimitate dell’Assoluto Non Qualificato sono incentrate attorno all’absolutum dell’Isola del Paradiso, da dove emanano le inimmaginabili agitazioni dell’inerzia altrimenti statica del Non Qualificato. E le pulsazioni senza fine del cuore materiale paradisiaco del cosmo infinito battono in armonia con l’archetipo insondabile e con il piano impenetrabile dell’Energizzatore Infinito, la Prima Sorgente e Centro.
(1149.14) 104:4.29 La Quinta Triunità — la triunità dell’infinità reattiva. Questa associazione è composta da:
(1149.15) 104:4.30 1. Il Padre Universale.
(1149.16) 104:4.31 2. L’Assoluto Universale.
(1149.17) 104:4.32 3. L’Assoluto Non Qualificato.
(1149.18) 104:4.33 Questo gruppo eterna la realizzazione funzionale dell’infinità di tutto ciò che è attuabile all’interno dei domini della realtà di non deità. Questa triunità manifesta una capacità di reazione illimitata all’azione e alle presenze volitive, causative, di tensione e di archetipo delle altre triunità.
(1150.1) 104:4.34 La Sesta Triunità — la triunità della Deità in associazione cosmica. Questo gruppo è costituito da:
(1150.2) 104:4.35 1. Il Padre Universale.
(1150.3) 104:4.36 2. L’Assoluto della Deità.
(1150.4) 104:4.37 3. L’Assoluto Universale.
(1150.5) 104:4.38 Questa è l’associazione della Deità nel cosmo, l’immanenza della Deità in congiunzione con la trascendenza della Deità. Questa è l’ultima estensione della divinità sui livelli dell’infinità verso quelle realtà che si trovano al di fuori del dominio della realtà deificata.
(1150.6) 104:4.39 La Settima Triunità — la triunità dell’unità infinita. Questa è l’unità dell’infinità funzionalmente manifesta nel tempo e nell’eternità, l’unificazione coordinata degli attuali e dei potenziali. Questo gruppo è composto da:
(1150.7) 104:4.40 1. Il Padre Universale.
(1150.8) 104:4.41 2. L’Attore Congiunto.
(1150.9) 104:4.42 3. L’Assoluto Universale.
(1150.10) 104:4.43 L’Attore Congiunto integra universalmente gli aspetti funzionali variabili di tutta la realtà attualizzata su tutti i livelli di manifestazione, da quelli finiti, attraverso quelli trascendentali e fino a quelli assoluti. L’Assoluto Universale compensa perfettamente le differenziazioni insite nei diversi aspetti di tutta la realtà incompleta, dalle potenzialità illimitate della realtà della Deità attiva-volitiva e causativa fino alle possibilità sconfinate della realtà non deificata statica e reattiva nei domini incomprensibili dell’Assoluto Non Qualificato.
(1150.11) 104:4.44 Quando operano in questa triunità, l’Attore Congiunto e l’Assoluto Universale rispondono ugualmente alle presenze della Deità e della non deità, come lo è anche la Prima Sorgente e Centro, che in questa relazione è sotto ogni aspetto concettualmente indistinguibile dall’IO SONO.
(1150.12) 104:4.45 Queste approssimazioni sono sufficienti ad illustrare il concetto delle triunità. Non conoscendo il livello ultimo delle triunità, voi non potete comprendere pienamente le prime sette. Sebbene non ci sembri saggio tentare un’ulteriore elaborazione, possiamo affermare che esistono quindici associazioni trine della Prima Sorgente e Centro, otto delle quali non sono rivelate in questi fascicoli. Queste associazioni non rivelate si occupano di realtà, attualità e potenzialità che sono oltre il livello esperienziale della supremazia.
(1150.13) 104:4.46 Le triunità sono il bilanciere funzionale dell’infinità, l’unificazione dell’unicità dei Sette Assoluti dell’Infinità. È la presenza esistenziale delle triunità che permette al Padre-IO SONO di fare l’esperienza dell’unità funzionale dell’infinità nonostante la diversificazione dell’infinità in sette Assoluti. La Prima Sorgente e Centro è il membro unificatore di tutte le triunità; in lui tutte le cose hanno i loro inizi non qualificati, le loro esistenze eterne ed i loro destini infiniti — “in lui consistono tutte le cose”.
(1150.14) 104:4.47 Sebbene queste associazioni non possano accrescere l’infinità del Padre-IO SONO, sembrano rendere possibili le manifestazioni subinfinite e subassolute della sua realtà. Le sette triunità moltiplicano la versatilità, rendono eterne nuove profondità, deitizzano nuovi valori, schiudono nuove potenzialità, rivelano nuovi significati. E tutte queste manifestazioni diversificate nel tempo e nello spazio e nel cosmo eterno sono esistenti nella stasi ipotetica dell’infinità originale dell’IO SONO.
(1151.1) 104:5.1 Ci sono certe altre relazioni trine che per costituzione sono senza il Padre, ma esse non sono triunità reali e sono sempre distinte dalle triunità del Padre. Esse sono variamente denominate: triunità associate, triunità coordinate e triodità. Esse sono consequenziali all’esistenza delle triunità. Due di queste associazioni sono costituite come segue:
(1151.2) 104:5.2 La Triodità dell’Attualità. Questa triodità consiste nelle interrelazioni dei tre attuali assoluti:
(1151.3) 104:5.3 1. Il Figlio Eterno.
(1151.4) 104:5.4 2. L’Isola del Paradiso.
(1151.5) 104:5.5 3. L’Attore Congiunto.
(1151.6) 104:5.6 Il Figlio Eterno è l’assoluto della realtà spirituale, la personalità assoluta. L’Isola del Paradiso è l’assoluto della realtà cosmica, l’archetipo assoluto. L’Attore Congiunto è l’assoluto della realtà mentale, il coordinato della realtà spirituale assoluta e la sintesi della personalità e del potere della Deità esistenziale. Questa associazione trina eventua la coordinazione della somma totale della realtà attualizzata — spirituale, cosmica o mentale. Essa è incondizionata in attualità.
(1151.7) 104:5.7 La Triodità della Potenzialità. Questa triodità è costituita dall’associazione dei tre Assoluti della potenzialità:
(1151.8) 104:5.8 1. L’Assoluto della Deità.
(1151.9) 104:5.9 2. L’Assoluto Universale.
(1151.10) 104:5.10 3. L’Assoluto Non Qualificato.
(1151.11) 104:5.11 In questo modo sono interassociate le riserve dell’infinità di tutta la realtà latente dell’energia — spirituale, mentale o cosmica. Questa associazione produce l’integrazione di tutta la realtà latente dell’energia. Essa ha un potenziale infinito.
(1151.12) 104:5.12 Come le triunità si occupano principalmente dell’unificazione funzionale dell’infinità, così le triodità sono implicate nell’apparizione cosmica delle Deità esperienziali. Le triunità sono indirettamente interessate alle Deità esperienziali — Suprema, Ultima ed Assoluta; ma le triodità vi sono direttamente interessate. Esse appaiono nella sintesi emergente del potere-personalità dell’Essere Supremo. E per le creature temporali dello spazio l’Essere Supremo è una rivelazione dell’unità dell’IO SONO.
(1151.13) 104:5.13 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]ntato da un Perfettore di Saggezza incaricato di questa missione dagli Antichi dei Giorni di Uversa.]
(1152.1) 105:0.1 ANCHE per gli ordini elevati delle intelligenze universali l’infinità è solo parzialmente intelligibile e la finalità della realtà è solo relativamente comprensibile. La mente umana, quando cerca di penetrare il mistero eterno dell’origine e del destino di tutto ciò che è chiamato reale, può utilmente affrontare il problema concependo l’eternità-infinità come un’ellissi quasi illimitata prodotta da un’unica causa assoluta funzionante lungo questo ciclo universale di diversificazione senza fine, cercando sempre qualche potenziale di destino assoluto ed infinito.
(1152.2) 105:0.2 Quando l’intelletto mortale tenta di afferrare il concetto di totalità della realtà, tale mente finita si trova di fronte all’infinità-realtà; la totalità della realtà è l’infinità e perciò essa non può mai essere pienamente compresa da una mente che è subinfinita in capacità concettuale.
(1152.3) 105:0.3 La mente umana può difficilmente formarsi un concetto adeguato delle esistenze eterne, e senza questa comprensione è impossibile descrivere anche i nostri concetti di totalità della realtà. Tuttavia noi possiamo tentare una tale presentazione, anche se siamo pienamente consapevoli che i nostri concetti dovranno subire una profonda deformazione nel processo di traduzione-modificazione per portarli al livello di comprensione della mente mortale.
(1152.4) 105:1.1 La causalità primordiale assoluta nell’infinità è attribuita dai filosofi degli universi al Padre Universale operante come l’IO SONO infinito, eterno ed assoluto.
(1152.5) 105:1.2 Vi sono molti elementi di rischio connessi con la presentazione all’intelletto dei mortali di questa idea di un IO SONO infinito poiché questo concetto è così lontano dalla comprensione esperienziale umana che implica notevoli deformazioni dei significati e concezioni errate dei valori. Nondimeno il concetto filosofico dell’IO SONO fornisce agli esseri finiti una base per tentare di avvicinarsi alla comprensione parziale delle origini assolute e dei destini infiniti. Ma in tutti i nostri tentativi per spiegare la genesi e la maturazione della realtà, si deve precisare che questo concetto dell’IO SONO è, in tutti i significati ed i valori della personalità, sinonimo della Prima Persona della Deità, il Padre Universale di tutte le personalità. Ma questo postulato dell’IO SONO non è così chiaramente identificabile nei regni non deificati della realtà universale.
(1152.6) 105:1.3 L’IO SONO è l’Infinito; l’IO SONO è anche infinità. Dal punto di vista sequenziale del tempo ogni realtà ha la sua origine nell’infinito IO SONO, la cui esistenza solitaria nell’eternità infinita del passato deve essere il primo postulato filosofico di una creatura finita. Il concetto dell’IO SONO implica un’infinità non qualificata, la realtà indifferenziata di tutto ciò che potrebbe essere in tutta un’eternità infinita.
(1153.1) 105:1.4 In quanto concetto esistenziale l’IO SONO non è né deificato né non deificato, né attuale né potenziale, né personale né impersonale, né statico né dinamico. Nessuna qualificazione può essere applicata all’Infinito, eccetto l’affermazione che l’IO SONO è. Il postulato filosofico dell’IO SONO è un concetto universale un po’ più difficile da comprendere di quello dell’Assoluto Non Qualificato.
(1153.2) 105:1.5 Per la mente finita deve esserci semplicemente un inizio, e benché non vi sia mai stato un vero inizio per la realtà, nondimeno vi sono certe relazioni d’origine che la realtà manifesta verso l’infinità. La situazione primordiale dell’eternità, la prerealtà, può essere immaginata come qualcosa di simile a questo: in un momento infinitamente lontano, ipotetico, dell’eternità passata, l’IO SONO può essere concepito come cosa e non cosa, come causa ed effetto, come volizione e risposta. In questo momento ipotetico dell’eternità non c’è alcuna differenziazione in tutta l’infinità. L’infinità è riempita dall’Infinito; l’Infinito ingloba l’infinità. Questo è il momento statico ipotetico dell’eternità; gli attuali sono ancora contenuti nei loro potenziali ed i potenziali non sono ancora apparsi nell’infinità dell’IO SONO. Ma anche in questa situazione ipotetica dobbiamo ammettere l’esistenza della possibilità di un’autovolontà.
(1153.3) 105:1.6 Ricordatevi sempre che la comprensione del Padre Universale da parte dell’uomo è un’esperienza personale. Dio, in quanto vostro Padre spirituale, è comprensibile da voi e da tutti gli altri mortali; ma il vostro concetto esperienziale di venerazione del Padre Universale deve sempre essere minore del vostro postulato filosofico dell’infinità della Prima Sorgente e Centro, l’IO SONO. Quando noi parliamo del Padre, intendiamo Dio qual è comprensibile dalle sue creature sia elevate che umili, ma c’è una parte ben più grande della Deità che non è comprensibile dalle creature dell’universo. Dio, vostro Padre e mio Padre, è quella fase dell’Infinito che noi percepiamo nella nostra personalità come una realtà esperienziale effettiva, ma l’IO SONO rimane sempre come nostra ipotesi di tutto ciò che sentiamo non conoscibile della Prima Sorgente e Centro. Ed anche questa ipotesi rimane probabilmente molto al di sotto dell’infinità insondata della realtà originale.
(1153.4) 105:1.7 L’universo degli universi, con le sue innumerevoli schiere di personalità che vi abitano, è un organismo immenso e complesso, ma la Prima Sorgente e Centro è infinitamente più complessa degli universi e delle personalità che sono divenuti reali in risposta ai suoi mandati volontari. Quando contemplate con timore riverenziale l’immensità dell’universo maestro, soffermatevi a considerare che anche questa creazione inconcepibile non può essere niente più che una rivelazione parziale dell’Infinito.
(1153.5) 105:1.8 L’infinità è veramente molto lontana dal livello d’esperienza della comprensione dei mortali, ma anche nella presente era su Urantia i vostri concetti dell’infinità crescono e continueranno a crescere nel corso delle vostre carriere senza fine che si estenderanno nell’eternità futura. L’infinità non qualificata è priva di senso per la creatura finita, ma l’infinità è capace di limitare se stessa ed è suscettibile di esprimere la realtà a tutti i livelli delle esistenze universali. Il volto che l’Infinito rivolge verso tutte le personalità dell’universo è il volto di un Padre, il Padre Universale d’amore.
(1153.6) 105:2.1 Nel considerare la genesi della realtà tenete sempre presente che tutta la realtà assoluta proviene dall’eternità e che non ha un inizio d’esistenza. Per realtà assoluta noi intendiamo le tre persone esistenziali della Deità, l’Isola del Paradiso ed i tre Assoluti. Queste sette realtà sono coordinatamente eterne, anche se noi dobbiamo ricorrere al linguaggio del tempo-spazio per presentare la loro origine sequenziale agli esseri umani.
(1154.1) 105:2.2 Seguendo la descrizione cronologica delle origini della realtà deve essere ipotizzato un momento teorico di “prima” espressione volitiva e di “prima” reazione di ripercussione all’interno dell’IO SONO. Nei nostri tentativi di descrivere la genesi e la generazione della realtà questo stadio può essere concepito come l’autodifferenziazione dell’Uno Infinito da L’Infinitudine, ma il postulato di questa relazione duale deve sempre essere esteso ad una concezione trina riconoscendo il continuum eterno de L’Infinità, l’IO SONO.
(1154.2) 105:2.3 Questa autometamorfosi dell’IO SONO culmina nella molteplice differenziazione della realtà deificata e della realtà non deificata, della realtà potenziale e di quella attuale, e di certe altre realtà che difficilmente possono essere classificate allo stesso modo. Queste differenziazioni dell’IO SONO teorico monistico sono eternamente integrate da relazioni simultanee che emergono nello stesso IO SONO — la prerealtà prepotenziale, preattuale, prepersonale, monotetica che, sebbene infinita, è rivelata come assoluto nella presenza della Prima Sorgente e Centro e come personalità nell’amore illimitato del Padre Universale.
(1154.3) 105:2.4 Per mezzo di queste metamorfosi interne l’IO SONO stabilisce le basi di un’autorelazione settupla. Il concetto filosofico (temporale) dell’IO SONO solitario ed il concetto transitorio (temporale) dell’IO SONO in quanto trino possono ora essere ampliati per inglobare l’IO SONO come settuplo. Questa natura settupla — o di sette fasi — può essere presentata in modo migliore rapportandola ai Sette Assoluti dell’Infinità:
(1154.4) 105:2.5 1. Il Padre Universale. IO SONO padre del Figlio Eterno. Questa è la relazione di personalità primordiale delle attualità. La personalità assoluta del Figlio rende assoluto il fatto della paternità di Dio e stabilisce la filiazione potenziale di tutte le personalità. Questa relazione stabilisce la personalità dell’Infinito e completa la sua rivelazione spirituale nella personalità del Figlio Originale. Di questa fase dell’IO SONO possono fare una parziale esperienza su livelli spirituali anche i mortali che, mentre sono ancora nella carne, possono adorare nostro Padre.
(1154.5) 105:2.6 2. Il Controllore Universale. IO SONO causa del Paradiso eterno. Questa è la relazione impersonale primordiale delle attualità, l’associazione non spirituale originale. Il Padre Universale è Dio come amore; il Controllore Universale è Dio come archetipo. Questa relazione stabilisce il potenziale della forma — della configurazione — e determina l’archetipo maestro della relazione impersonale e non spirituale — l’archetipo maestro dal quale sono fatte tutte le copie.
(1154.6) 105:2.7 3. Il Creatore Universale. IO SONO uno con il Figlio Eterno. Questa unione del Padre e del Figlio (nella presenza del Paradiso) avvia il ciclo creativo, che è completato nell’apparizione della personalità congiunta e dell’universo eterno. Dal punto di vista finito del mortale la realtà ha i suoi veri inizi con l’apparizione nell’eternità della creazione di Havona. Questo atto creativo della Deità avviene da parte e per mezzo del Dio d’Azione, che è in essenza l’unità del Padre-Figlio manifestata su ed a tutti i livelli dell’attuale. Perciò la creatività divina è infallibilmente caratterizzata dall’unità, e questa unità è il riflesso esterno dell’unicità assoluta della dualità Padre-Figlio e della Trinità Padre-Figlio-Spirito.
(1155.1) 105:2.8 4. Il Sostenitore Infinito. IO SONO autoassociativo. Questa è l’associazione primordiale della statica e dei potenziali della realtà. In questa relazione tutti i fattori qualificati e quelli non qualificati sono compensati. Questa fase dell’IO SONO è meglio compresa come Assoluto Universale — l’unificatore dell’Assoluto della Deità e dell’Assoluto Non Qualificato.
(1155.2) 105:2.9 5. Il Potenziale Infinito. IO SONO autoqualificato. Questo è il segno dell’infinità che porta testimonianza eterna dell’autolimitazione volontaria dell’IO SONO, in virtù della quale fu raggiunta la triplice autoespressione ed autorivelazione. Questa fase dell’IO SONO è solitamente compresa come l’Assoluto della Deità.
(1155.3) 105:2.10 6. La Capacità Infinita. IO SONO statico-reattivo. Questa è la matrice senza limiti, la possibilità di ogni espansione cosmica futura. Questa fase dell’IO SONO è forse meglio concepita come la presenza supergravitazionale dell’Assoluto Non Qualificato.
(1155.4) 105:2.11 7. L’Uno Universale dell’Infinità. IO SONO in quanto IO SONO. Questa è la stasi o l’autorelazione dell’Infinità, il fatto eterno della realtà dell’infinità e la verità universale dell’infinità della realtà. Nella misura in cui questa relazione è discernibile come personalità, è rivelata agli universi nel divino Padre di tutte le personalità — anche della personalità assoluta. Nella misura in cui questa relazione è esprimibile impersonalmente, è contattata dall’universo come coerenza assoluta di pura energia e di puro spirito nella presenza del Padre Universale. Nella misura in cui questa relazione è concepibile come un assoluto, è rivelata nel primato della Prima Sorgente e Centro. In lui noi tutti viviamo, ci muoviamo ed abbiamo il nostro essere, dalle creature dello spazio fino ai cittadini del Paradiso; e ciò è altrettanto vero per l’universo maestro quanto per l’infinitesimale ultimatone, altrettanto vero per ciò che sarà quanto per ciò che è e per ciò che è stato.
(1155.5) 105:3.1 Le sette relazioni primordiali all’interno dell’IO SONO si eternano come i Sette Assoluti dell’Infinità. Ma benché noi descriviamo le origini della realtà e la differenziazione dell’infinità mediante un’esposizione sequenziale, in effetti, tutti e sette gli Assoluti sono eterni in modo non qualificato e coordinato. Può essere necessario per le menti mortali concepire i loro inizi, ma questo concetto dovrebbe sempre essere subordinato alla comprensione che i sette Assoluti non hanno avuto un inizio; essi sono eterni e tali sono sempre stati. I sette Assoluti sono la premessa della realtà. Essi sono stati descritti in questi fascicoli nel modo seguente:
(1155.6) 105:3.2 1. La Prima Sorgente e Centro. Prima Persona della Deità ed archetipo primordiale della non deità; Dio, il Padre Universale, creatore, controllore e sostenitore; amore universale, spirito eterno ed energia infinita; potenziale di tutti i potenziali e sorgente di tutti gli attuali; stabilità di ogni statica e dinamismo di ogni cambiamento; sorgente degli archetipi e Padre delle persone. Collettivamente tutti e sette gli Assoluti equivalgono all’infinità, ma il Padre Universale stesso è effettivamente infinito.
(1155.7) 105:3.3 2. La Seconda Sorgente e Centro. Seconda Persona della Deità, il Figlio Eterno ed Originale; l’assoluta personalità delle realtà dell’IO SONO e la base per la realizzazione-rivelazione del “IO SONO personalità”. Nessuna personalità può sperare di raggiungere il Padre Universale se non tramite suo Figlio Eterno; né la personalità può raggiungere i livelli spirituali dell’esistenza senza l’azione e l’aiuto di questo archetipo assoluto di tutte le personalità. Nella Seconda Sorgente e Centro lo spirito è non qualificato, mentre la personalità è assoluta.
(1156.1) 105:3.4 3. La Sorgente e Centro del Paradiso. Secondo archetipo di non deità, l’Isola eterna del Paradiso; la base per la realizzazione-rivelazione del “IO SONO forza” ed il fondamento per l’istituzione del controllo della gravità in tutti gli universi. In rapporto a tutta la realtà attualizzata, non spirituale, impersonale e non volitiva, il Paradiso è l’assoluto degli archetipi. Come l’energia spirituale è collegata al Padre Universale tramite la personalità assoluta del Figlio-Madre, così tutta l’energia cosmica è mantenuta sotto il controllo della gravità della Prima Sorgente e Centro tramite l’archetipo assoluto dell’Isola del Paradiso. Il Paradiso non è nello spazio; lo spazio esiste in relazione al Paradiso e la cronicità del movimento è determinata dalla sua relazione con il Paradiso. L’Isola eterna è assolutamente statica; ogni altra energia organizzata o in corso di organizzazione è in eterno movimento. In tutto lo spazio solo la presenza dell’Assoluto Non Qualificato è quieta, ed il Non Qualificato è coordinato con il Paradiso. Il Paradiso esiste al centro dello spazio, il Non Qualificato lo pervade ed ogni esistenza relativa ad esso ha la sua origine in questo dominio.
(1156.2) 105:3.5 4. La Terza Sorgente e Centro. Terza Persona della Deità, l’Attore Congiunto; l’integratore infinito delle energie cosmiche del Paradiso con le energie spirituali del Figlio Eterno; il coordinatore perfetto delle motivazioni della volontà e dei meccanismi della forza; l’unificatore di tutta la realtà attuale o in corso d’attuazione. Attraverso il ministero dei suoi molteplici figli lo Spirito Infinito rivela la misericordia del Figlio Eterno, mentre allo stesso tempo opera come manipolatore infinito, tessendo eternamente l’archetipo del Paradiso nelle energie dello spazio. Questo stesso Attore Congiunto, questo Dio d’Azione, è l’espressione perfetta dei piani e dei propositi illimitati del Padre-Figlio, mentre lui stesso opera come sorgente della mente e conferitore dell’intelletto alle creature di un immenso cosmo.
(1156.3) 105:3.6 5. L’Assoluto della Deità. Le possibilità causative potenzialmente personali della realtà universale, la totalità dell’intero potenziale della Deità. L’Assoluto della Deità qualifica intenzionalmente le realtà non qualificate, assolute e di non deità. L’Assoluto della Deità è il qualificatore dell’assoluto e l’assolutizzatore del qualificato — egli è l’iniziatore del destino.
(1156.4) 105:3.7 6. L’Assoluto Non Qualificato. Statico, reattivo ed in sospeso; l’infinità cosmica non rivelata dell’IO SONO; la totalità della realtà non deificata e la finalità di ogni potenziale non personale. Lo spazio limita la funzione del Non Qualificato, ma la presenza del Non Qualificato è senza limiti, infinita. Esiste un concetto di periferia per l’universo maestro, ma la presenza del Non Qualificato è illimitata; nemmeno l’eternità può esaurire la quiete senza confini di questo Assoluto della non deità.
(1156.5) 105:3.8 7. L’Assoluto Universale. Unificatore del deificato e del non deificato; correlatore dell’assoluto e del relativo. L’Assoluto Universale (essendo statico, potenziale ed associativo) compensa la tensione tra il sempre esistente e l’incompiuto.
(1156.6) 105:3.9 I Sette Assoluti dell’Infinità costituiscono gli inizi della realtà. Nel modo in cui è considerata dalle menti mortali, la Prima Sorgente e Centro pare essere antecedente a tutti gli assoluti. Ma un tale postulato, per quanto utile, è invalidato dalla coesistenza nell’eternità del Figlio, dello Spirito, dei tre Assoluti e dell’Isola del Paradiso.
(1157.1) 105:3.10 È una verità che gli Assoluti sono manifestazioni dell’IO SONO-Prima Sorgente e Centro; è un fatto che questi Assoluti non hanno mai avuto un inizio, ma sono eterni coordinati della Prima Sorgente e Centro. Le relazioni degli assoluti nell’eternità non possono essere sempre presentate senza implicare dei paradossi nel linguaggio del tempo e nei modelli concettuali dello spazio. Ma indipendentemente da ogni confusione concernente l’origine dei Sette Assoluti dell’Infinità, è un fatto ed una verità che ogni realtà è fondata sulla loro eternale esistenza e sulle loro relazioni d’infinità.
(1157.2) 105:4.1 I filosofi dell’universo postulano l’esistenza eterna dell’IO SONO come sorgente primordiale di ogni realtà. In concomitanza a ciò essi postulano l’autosegmentazione dell’IO SONO nelle autorelazioni primarie — le sette fasi dell’infinità. E simultaneamente a questa ipotesi c’è il terzo postulato — l’apparizione nell’eternità dei Sette Assoluti dell’Infinità e l’eternazione dell’associazione duale delle sette fasi dell’IO SONO con questi sette Assoluti.
(1157.3) 105:4.2 L’autorivelazione dell’IO SONO procede così dall’io statico, passando per l’autosegmentazione e l’autorelazione, fino alle relazioni assolute, le relazioni con Assoluti derivati da se stesso. La dualità diviene così esistente nell’associazione eterna dei Sette Assoluti dell’Infinità con l’infinità settupla delle fasi autosegmentate dell’IO SONO autorivelatore. Queste relazioni duali, che si eternano per gli universi come i sette Assoluti, rendono eterne le basi fondamentali di tutta la realtà universale.
(1157.4) 105:4.3 È stato talvolta affermato che l’unità genera la dualità, che la dualità genera la triunità e che la triunità è l’antenata eterna di tutte le cose. Ci sono, in verità, tre grandi classi di relazioni primordiali, e sono:
(1157.5) 105:4.4 1. Relazioni di unità. Relazioni esistenti all’interno dell’IO SONO quando l’unità è concepita come una triplice e poi come una settupla autodifferenziazione.
(1157.6) 105:4.5 2. Relazioni di dualità. Relazioni esistenti tra l’IO SONO come settuplo ed i Sette Assoluti dell’Infinità.
(1157.7) 105:4.6 3. Relazioni di triunità. Queste sono le associazioni funzionali dei Sette Assoluti dell’Infinità.
(1157.8) 105:4.7 Le relazioni di triunità sorgono sulle fondamenta della dualità a causa dell’inevitabilità dell’interassociazione degli Assoluti. Tali associazioni triunitarie eternano il potenziale di tutta la realtà; esse inglobano la realtà deificata e quella non deificata.
(1157.9) 105:4.8 L’IO SONO è l’infinità non qualificata in quanto unità. Le dualità eternano i fondamenti della realtà. Le triunità eventuano la realizzazione dell’infinità in quanto funzione universale.
(1157.10) 105:4.9 I preesistenziali diventano esistenziali nei sette Assoluti e gli esistenziali diventano funzionali nelle triunità, l’associazione basilare degli Assoluti. Ed allo stesso tempo che le triunità si eternano lo scenario dell’universo è stabilito — i potenziali sono esistenti e gli attuali sono presenti — e la pienezza dell’eternità è testimone della diversificazione dell’energia cosmica, del diffondersi dello spirito del Paradiso e della dotazione della mente insieme con il conferimento della personalità, in virtù della quale tutti questi derivati della Deità e del Paradiso sono unificati nell’esperienza sul livello delle creature e, per mezzo di altre tecniche, sul livello delle supercreature.
(1158.1) 105:5.1 Come la diversificazione originale dell’IO SONO deve essere attribuita alla volizione inerente e contenuta in se stessa, così la promulgazione della realtà finita deve essere ascritta agli atti volitivi della Deità del Paradiso ed agli aggiustamenti della ripercussione delle triunità funzionali.
(1158.2) 105:5.2 Prima della deitizzazione del finito, sembrerebbe che tutte le diversificazioni della realtà abbiano avuto origine su livelli assoluti; ma l’atto volitivo di promulgazione della realtà finita connota una qualificazione di assolutezza ed implica l’apparizione di relatività.
(1158.3) 105:5.3 Benché noi presentiamo questa esposizione come una sequenza e descriviamo l’apparizione storica del finito come derivante direttamente dall’assoluto, ci si dovrebbe ricordare che i trascendentali hanno sia preceduto che seguito tutto ciò che è finito. Gli ultimi trascendentali sono, in rapporto al finito, sia delle cause che dei completamenti.
(1158.4) 105:5.4 La possibilità finita è insita nell’Infinito, ma la trasmutazione della possibilità in probabilità ed in inevitabilità deve essere attribuita al libero arbitrio autoesistente della Prima Sorgente e Centro, che attiva tutte le associazioni di triunità. Solo l’infinità della volontà del Padre può avere qualificato il livello assoluto dell’esistenza in modo da eventuare un ultimo o da creare un finito.
(1158.5) 105:5.5 Con l’apparizione della realtà relativa e qualificata inizia un nuovo ciclo della realtà — il ciclo della crescita — un maestoso fluire dalle altezze dell’infinità verso il dominio del finito, eternamente convergente verso il Paradiso e la Deità, e sempre alla ricerca degli alti destini commisurati ad una sorgente infinita.
(1158.6) 105:5.6 Queste inconcepibili operazioni segnano l’inizio della storia universale, indicano la venuta all’esistenza del tempo stesso. Per una creatura l’inizio del finito è la genesi della realtà; secondo la mente di una creatura non c’è alcuna realtà concepibile anteriore al finito. Questa nuova realtà finita emergente esiste sotto due fasi originali:
(1158.7) 105:5.7 1. I massimi primari, la realtà supremamente perfetta, il tipo di universo e di creatura di Havona.
(1158.8) 105:5.8 2. I massimi secondari, la realtà supremamente perfezionata, il tipo di creatura e di creazione del superuniverso.
(1158.9) 105:5.9 Queste, quindi, sono le due manifestazioni originali: il perfetto per costituzione ed il perfezionato per evoluzione. Entrambi sono coordinati in relazioni di eternità, ma nei limiti del tempo essi sembrano essere differenti. Un fattore tempo significa crescita per ciò che cresce; i finiti secondari crescono; perciò quelli che crescono devono apparire come incompleti nel tempo. Ma queste differenze, che sono così importanti da questa parte del Paradiso, sono inesistenti nell’eternità.
(1158.10) 105:5.10 Noi parliamo del perfetto e del perfezionato come massimi primari e secondari, ma ne esiste ancora un altro tipo: la trinitizzazione ed altre relazioni tra i primari ed i secondari si traducono nell’apparizione di massimi terziari — cose, significati e valori che non sono né perfetti né perfezionati, ma tuttavia coordinati con entrambi i fattori ancestrali.
(1159.1) 105:6.1 L’intera promulgazione delle esistenze finite rappresenta un trasferimento dai potenziali agli attuali all’interno delle associazioni assolute dell’infinità funzionale. Tra le numerose ripercussioni dell’attuazione creativa del finito, si possono citare:
(1159.2) 105:6.2 1. La reazione della deità, l’apparizione dei tre livelli della supremazia esperienziale: l’attualità della supremazia personale-spirituale in Havona, il potenziale della supremazia persona-potere nel grande universo in formazione e la capacità di qualche funzione sconosciuta della mente esperienziale agente su un livello di supremazia nel futuro universo maestro.
(1159.3) 105:6.3 2. La risposta dell’universo implicava un’attivazione dei piani architettonici per il livello di spazio dei superuniversi, e questa evoluzione prosegue ancora in tutta l’organizzazione fisica dei sette superuniversi.
(1159.4) 105:6.4 3. La ripercussione delle creature alla promulgazione della realtà finita si è tradotta nell’apparizione di esseri perfetti dell’ordine degli abitanti eterni di Havona e di ascendenti evoluzionari perfezionati provenienti dai sette superuniversi. Ma raggiungere la perfezione come esperienza evoluzionaria (creativa nel tempo) implica qualcosa di diverso dalla perfezione come punto di partenza. Così appare l’imperfezione nelle creazioni evoluzionarie. E questa è l’origine del male potenziale. Il cattivo adattamento, la disarmonia ed il conflitto, tutte queste cose sono inerenti alla crescita evoluzionaria, dagli universi fisici fino alle creature personali.
(1159.5) 105:6.5 4. La risposta della divinità all’imperfezione inerente alla dilazione dell’evoluzione si rivela nella presenza compensatrice di Dio il Settuplo, le cui attività integrano ciò che è in corso di perfezionamento sia con il perfetto che con il perfezionato. Questa dilazione è inseparabile dall’evoluzione, che è la creatività nel tempo. Per questa ragione, e per altre ancora, il potere onnipotente del Supremo è fondato sui successi di divinità di Dio il Settuplo. Questa dilazione rende possibile la partecipazione delle creature alla creazione divina, permettendo alle personalità-creatura di associarsi alla Deità nel raggiungimento dello sviluppo massimo. Anche la mente materiale di una creatura mortale diviene così la partner dell’Aggiustatore divino nella dualizzazione dell’anima immortale. Dio il Settuplo fornisce anche delle tecniche di compensazione alle limitazioni esperienziali della perfezione inerente e di compensazione alle limitazioni dell’imperfezione precedenti all’ascensione.
(1159.6) 105:7.1 I trascendentali sono subinfiniti e subassoluti, ma superfiniti e supercreature. I trascendentali si eventuano come un livello integratore che collega i supervalori degli assoluti con i massimi valori dei finiti. Dal punto di vista delle creature ciò che è trascendentale sembra essersi eventuato come conseguenza del finito; dal punto di vista dell’eternità è un’anticipazione del finito; e c’è chi lo ha considerato come un “pre-eco” del finito.
(1159.7) 105:7.2 Ciò che è trascendentale non è necessariamente privo di sviluppo, ma è superevolutivo in senso finito. Non è nemmeno non esperienziale, ma è una superesperienza nella misura in cui è significativo per le creature. Forse la migliore illustrazione di un tale paradosso è l’universo centrale di perfezione: praticamente esso non è assoluto — solo l’Isola del Paradiso è veramente assoluta in senso “materializzato”. Né è una creazione evoluzionaria finita come sono i sette superuniversi. Havona è eterna ma non immutabile nel senso di essere un universo senza crescita. Essa è abitata da creature (i nativi di Havona) che non sono mai stati effettivamente creati, perché esistono dall’eternità. Havona è quindi un esempio di qualcosa che non è esattamente finito e neppure assoluto. Havona agisce inoltre da cuscinetto tra il Paradiso assoluto e le creazioni finite, illustrando ancora di più la funzione dei trascendentali. Ma Havona stessa non è un trascendentale — è Havona.
(1160.1) 105:7.3 Come il Supremo è associato ai finiti, così l’Ultimo è identificato con i trascendentali. Ma benché noi compariamo in tal modo il Supremo e l’Ultimo, essi differiscono in qualcosa di più che non nel grado; la differenza è anche una questione di qualità. L’Ultimo è qualcosa di più di un super-Supremo proiettato sul livello trascendentale. L’Ultimo è tutto ciò, ma è ancora di più: l’Ultimo è un’eventuazione di nuove realtà della Deità, la qualificazione di nuove fasi di ciò che fino ad allora era non qualificato.
(1160.2) 105:7.4 Tra le realtà associate al livello trascendentale vi sono le seguenti:
(1160.3) 105:7.5 1. La presenza della Deità dell’Ultimo.
(1160.4) 105:7.6 2. Il concetto dell’universo maestro.
(1160.5) 105:7.7 3. Gli Architetti dell’Universo Maestro.
(1160.6) 105:7.8 4. I due ordini di organizzatori di forza del Paradiso.
(1160.7) 105:7.9 5. Certe modificazioni della potenza spaziale.
(1160.8) 105:7.10 6. Certi valori dello spirito.
(1160.9) 105:7.11 7. Certi significati della mente.
(1160.10) 105:7.12 8. Le qualità e le realtà absonite.
(1160.11) 105:7.13 9. L’onnipotenza, l’onniscienza e l’onnipresenza.
(1160.12) 105:7.14 10. Lo spazio.
(1160.13) 105:7.15 L’universo in cui viviamo attualmente può essere immaginato come esistente su livelli finiti, trascendentali ed assoluti. Questo è lo scenario cosmico nel quale si svolge il dramma eterno delle attività della personalità e delle metamorfosi dell’energia.
(1160.14) 105:7.16 Tutte queste molteplici realtà sono unificate assolutamente dalle diverse triunità, funzionalmente dagli Architetti dell’Universo Maestro e relativamente dai Sette Spiriti Maestri, i coordinatori subsupremi della divinità di Dio il Settuplo.
(1160.15) 105:7.17 Dio il Settuplo rappresenta la rivelazione della personalità e della divinità del Padre Universale alle creature di status massimo e submassimo, ma esistono altre relazioni settuple della Prima Sorgente e Centro che non concernono la manifestazione del ministero spirituale divino del Dio che è spirito.
(1160.16) 105:7.18 Nell’eternità del passato le forze degli Assoluti, gli spiriti delle Deità e le personalità degli Dei si mobilitarono in risposta all’autovolontà primordiale dell’autovolontà autoesistente. Nella presente era dell’universo stiamo tutti assistendo alle grandiose ripercussioni dell’immenso panorama cosmico delle manifestazioni subassolute dei potenziali illimitati di tutte queste realtà. Ed è del tutto possibile che la diversificazione continua della realtà originale della Prima Sorgente e Centro prosegua in avanti e verso l’esterno per ere ed ere, incessantemente, fino alle estensioni remote ed inconcepibili dell’infinità assoluta.
(1161.1) 105:7.19 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1162.1) 106:0.1 NON è sufficiente che il mortale ascendente conosca qualcosa delle relazioni della Deità con la genesi e le manifestazioni della realtà cosmica; egli dovrebbe anche comprendere qualcosa delle relazioni esistenti tra lui stesso ed i numerosi livelli di realtà esistenziali ed esperienziali, di realtà potenziali ed attuali. L’orientamento terreno dell’uomo, la sua intuizione cosmica e la sua condotta spirituale sono tutti elevati da una comprensione migliore delle realtà universali e delle loro tecniche d’interassociazione, d’integrazione e di unificazione.
(1162.2) 106:0.2 l grande universo attuale e l’universo maestro emergente sono costituiti da numerose forme e fasi di realtà che, a loro volta, sono esistenti su parecchi livelli di attività funzionale. Questi molteplici fattori esistenti e latenti sono stati precedentemente indicati in questi fascicoli e sono qui raggruppati per utilità concettuale nelle seguenti categorie:
(1162.3) 106:0.3 1. Finiti incompleti. Questo è lo status presente delle creature ascendenti del grande universo, lo status attuale dei mortali di Urantia. Questo livello ingloba l’esistenza della creatura dall’umano planetario fino a, ma non inclusi, quelli che hanno raggiunto il loro destino. Esso concerne gli universi dai loro primi inizi fisici fino a, ma non incluso, il loro insediamento in luce e vita. Questo livello costituisce la periferia attuale dell’attività creativa nel tempo e nello spazio. Esso sembra essere in movimento verso l’esterno a partire dal Paradiso, perché la fine della presente era universale, che vedrà il grande universo raggiungere lo stadio di luce e vita, vedrà anche certamente apparire un nuovo ordine di crescita evolutiva nel primo livello di spazio esterno.
(1162.4) 106:0.4 2. Finiti massimi. Questo è lo status attuale di tutte le creature esperienziali che hanno raggiunto il loro destino — il destino qual è rivelato nei limiti della presente era universale. Anche gli universi possono raggiungere il massimo di status, sia spiritualmente che fisicamente. Ma il termine “massimo” è anch’esso un termine relativo — massimo in rapporto a che cosa? E ciò che è massimo, apparentemente finale, nella presente era dell’universo può essere niente più che un semplice inizio in relazione alle ere future. Certe fasi di Havona paiono essere dell’ordine massimo.
(1162.5) 106:0.5 3. Trascendentali. Questo livello superfinito (anticipatamente) segue la progressione finita. Esso implica la genesi prefinita d’inizi finiti ed il significato postfinito di tutte le conclusioni o i destini apparentemente finiti. Molte cose del Paradiso-Havona sembrano essere dell’ordine trascendentale.
(1162.6) 106:0.6 4. Ultimi. Questo livello ingloba ciò che ha un significato per l’universo maestro e che giunge ad interessare il livello del destino dell’universo maestro completato. Il Paradiso-Havona (specialmente il circuito dei mondi del Padre) è sotto molti aspetti di significato ultimo.
(1163.1) 106:0.7 5. Coassoluti. Questo livello implica la proiezione di esperienziali su un campo d’espressione creativa che oltrepassa l’universo maestro.
(1163.2) 106:0.8 6. Assoluti. Questo livello implica la presenza eterna dei sette Assoluti esistenziali. Esso può anche comportare un certo grado di realizzazione esperienziale associativa, ma se è così non comprendiamo in quale modo; forse mediante il contatto potenziale della personalità.
(1163.3) 106:0.9 7. Infinità. Questo livello è preesistenziale e postesperienziale. L’unità non qualificata dell’infinità è una realtà ipotetica anteriore a tutti gli inizi e posteriore a tutti i destini.
(1163.4) 106:0.10 Questi livelli della realtà sono dei simboli utili di compromesso della presente era dell’universo e per le prospettive dei mortali. Ci sono numerose altre maniere di guardare la realtà da una prospettiva diversa da quella mortale e dal punto d’osservazione di altre ere universali. Si deve quindi riconoscere che i concetti qui presentati sono del tutto relativi, nel senso che sono condizionati e limitati da:
(1163.5) 106:0.11 1. I limiti del linguaggio dei mortali.
(1163.6) 106:0.12 2. I limiti della mente dei mortali.
(1163.7) 106:0.13 3. Lo sviluppo limitato dei sette superuniversi.
(1163.8) 106:0.14 4. La vostra ignoranza dei sei propositi principali di sviluppo superuniversale che non concernono l’ascensione dei mortali al Paradiso.
(1163.9) 106:0.15 5. La vostra incapacità di afferrare un punto di vista, anche parziale, dell’eternità.
(1163.10) 106:0.16 6. L’impossibilità di descrivere l’evoluzione e il destino cosmici in relazione a tutte le ere universali, non solo riguardo alla presente era di sviluppo evoluzionario dei sette superuniversi.
(1163.11) 106:0.17 7. L’incapacità di ogni creatura di afferrare il significato reale dei preesistenziali e dei postesperienziali — ciò che si trova prima degli inizi e dopo i destini.
(1163.12) 106:0.18 La crescita della realtà è condizionata dalle circostanze delle ere successive dell’universo. L’universo centrale non ha subito alcun cambiamento evoluzionario nell’era di Havona, ma nelle epoche attuali dell’era superuniversale esso sta subendo certe modificazioni progressive causate dalla coordinazione con i superuniversi evoluzionari. I sette superuniversi attualmente in evoluzione raggiungeranno un giorno lo status stabilizzato di luce e vita, raggiungeranno il loro limite di crescita per la presente era dell’universo. Ma senza dubbio la prossima era, l’era del primo livello di spazio esterno, libererà i superuniversi dai limiti del destino dell’era presente. La pienezza si sovrappone continuamente alla completezza.
(1163.13) 106:0.19 Questi sono alcuni dei limiti che incontriamo nel nostro tentativo di presentare un concetto unificato della crescita cosmica delle cose, dei significati e dei valori e della loro sintesi su livelli della realtà in continua ascesa.
(1163.14) 106:1.1 Le fasi primarie o di origine spirituale della realtà finita trovano diretta espressione sui livelli delle creature come personalità perfette e sui livelli degli universi come creazione perfetta di Havona. Anche la Deità esperienziale è espressa in tal modo nella persona spirituale di Dio il Supremo in Havona. Ma le fasi del finito secondarie, evoluzionarie, condizionate dal tempo e dalla materia, sono cosmicamente integrate solo a seguito della loro crescita e del loro compimento. Alla fine tutti i finiti secondari o in corso di perfezionamento raggiungeranno un livello uguale a quello della perfezione primaria, ma tale destino è soggetto ad una dilazione nel tempo, una qualità costitutiva del superuniverso che non si riscontra geneticamente nella creazione centrale. (Noi sappiamo che esistono dei finiti terziari, ma la tecnica della loro integrazione non è ancora rivelata.)
(1164.1) 106:1.2 Questa dilazione del superuniverso, questo ostacolo al raggiungimento della perfezione, permette la partecipazione delle creature alla crescita evoluzionaria. Ciò rende dunque possibile alle creature di entrare in associazione con il Creatore nell’evoluzione di queste stesse creature. E durante questi periodi di crescita continua l’incompleto è collegato al perfetto tramite il ministero di Dio il Settuplo.
(1164.2) 106:1.3 Dio il Settuplo significa il riconoscimento da parte della Deità del Paradiso delle barriere del tempo negli universi evoluzionari dello spazio. Per quanto lontana dal Paradiso e nelle profondità dello spazio possa avere origine una personalità di sopravvivenza materiale, troverà Dio il Settuplo presente ed impegnato nel suo amorevole e misericordioso ministero di verità, di bellezza e di bontà verso questa creatura incompleta in lotta ed in evoluzione. Il ministero della divinità del Settuplo si estende verso l’interno tramite il Figlio Eterno fino al Padre del Paradiso, e verso l’esterno tramite gli Antichi dei Giorni fino ai Padri degli universi — i Figli Creatori.
(1164.3) 106:1.4 L’uomo, essendo personale ed ascendente per progressione spirituale, trova la divinità personale e spirituale della Deità Settupla; ma ci sono altre fasi del Settuplo che non concernono la progressione della personalità. Gli aspetti di divinità di questo raggruppamento di Deità sono attualmente integrati nel collegamento tra i Sette Spiriti Maestri e l’Attore Congiunto, ma sono destinati ad essere eternamente unificati nella personalità emergente dell’Essere Supremo. Le altre fasi della Deità Settupla sono variamente integrate nella presente era dell’universo, ma sono tutte similmente destinate ad essere unificate nel Supremo. In tutte le fasi il Settuplo è la sorgente dell’unità relativa della realtà funzionale del presente grande universo.
(1164.4) 106:2.1 Come Dio il Settuplo coordina funzionalmente l’evoluzione finita, così l’Essere Supremo sintetizza alla fine il compimento del destino. L’Essere Supremo è l’apogeo della deità dell’evoluzione del grande universo — l’evoluzione fisica attorno ad un nucleo spirituale ed il dominio finale di questo nucleo spirituale sui domini di evoluzione fisica che lo circondano e che ruotano attorno a lui. E tutto ciò avviene secondo i mandati della personalità: la personalità paradisiaca nel senso più alto, la personalità del Creatore nel senso dell’universo, la personalità del mortale nel senso umano, la personalità Suprema nel senso culminante o esperienziale totalizzante.
(1164.5) 106:2.2 Il concetto del Supremo deve permettere il riconoscimento differenziale della persona spirituale, del potere evoluzionario e della sintesi potere-personalità — l’unificazione del potere evoluzionario con la personalità spirituale ed il dominio del primo da parte della seconda.
(1164.6) 106:2.3 Lo spirito in ultima analisi viene dal Paradiso attraverso Havona. L’energia-materia sembra evolversi nelle profondità dello spazio ed è organizzata in quanto potere dai figli dello Spirito Infinito in congiunzione con i Figli Creatori di Dio. E tutto ciò è esperienziale; è un’operazione nel tempo e nello spazio che coinvolge una vasta gamma di esseri viventi comprendente anche divinità Creatrici e creature evoluzionarie. La padronanza del potere delle divinità Creatrici nel grande universo si estende lentamente per inglobare l’assestamento e la stabilizzazione evoluzionari delle creazioni del tempo-spazio, e ciò rappresenta la fioritura del potere esperienziale di Dio il Settuplo. Essa ingloba l’intera gamma dei compimenti della divinità nel tempo e nello spazio, dal conferimento degli Aggiustatori da parte del Padre Universale fino al conferimento della vita da parte dei Figli del Paradiso. Si tratta di un potere guadagnato, di un potere dimostrato, di un potere esperienziale; esso è in contrasto con il potere eterno, il potere insondabile, il potere esistenziale delle Deità del Paradiso.
(1165.1) 106:2.4 Questo potere esperienziale risultante dai compimenti della divinità di Dio il Settuplo stesso manifesta le qualità coesive della divinità sintetizzandosi — totalizzandosi — come potere onnipotente del dominio esperienziale acquisito dalle creazioni in evoluzione. E questo potere onnipotente trova a sua volta la sua coesione di spirito-personalità sulla sfera pilota della cintura esterna dei mondi di Havona, in unione con la personalità spirituale presente in Havona di Dio il Supremo. La Deità esperienziale porta così al suo culmine la lunga lotta evoluzionaria rivestendo il prodotto del potere del tempo e dello spazio con la presenza spirituale e con la personalità divina residenti nella creazione centrale.
(1165.2) 106:2.5 Così l’Essere Supremo giunge alla fine ad inglobare tutto ciò che si evolve nel tempo e nello spazio, dotando queste qualità di una personalità spirituale. Poiché le creature, anche quelle mortali, partecipano in quanto personalità a questa maestosa operazione, raggiungono certamente la capacità di conoscere il Supremo e di percepire il Supremo in quanto veri figli di tale Deità evoluzionaria.
(1165.3) 106:2.6 Micael di Nebadon è simile al Padre del Paradiso perché partecipa della sua perfezione paradisiaca; allo stesso modo i mortali evoluzionari arriveranno un giorno ad essere simili al Supremo esperienziale, perché parteciperanno veramente della sua perfezione evoluzionaria.
(1165.4) 106:2.7 Dio il Supremo è esperienziale; perciò si può conoscere totalmente per esperienza. Le realtà esistenziali dei sette Assoluti non sono percepibili mediante la tecnica dell’esperienza; soltanto le realtà della personalità del Padre, del Figlio e dello Spirito possono essere afferrate dalla personalità della creatura finita nell’atteggiamento di preghiera-adorazione.
(1165.5) 106:2.8 Nella sintesi completa del potere-personalità dell’Essere Supremo saranno associate tutte le assolutezze delle numerose triodità che possono essere associate in questo modo, e questa maestosa personalità, frutto dell’evoluzione, sarà esperienzialmente accessibile e comprensibile da tutte le personalità finite. Quando gli ascendenti raggiungeranno il settimo stadio postulato dell’esistenza spirituale, faranno l’esperienza della realizzazione di un nuovo significato-valore dell’assolutezza e dell’infinità delle triodità, qual è rivelato su livelli subassoluti nell’Essere Supremo, di cui si può fare esperienza. Ma per il raggiungimento di questi stadi di massimo sviluppo probabilmente si dovrà attendere la stabilizzazione coordinata dell’intero grande universo in luce e vita.
(1165.6) 106:3.1 Gli architetti absoniti formulano il piano; i Creatori Supremi lo portano all’esistenza; l’Essere Supremo lo porterà a totale compimento così com’è stato creato nel tempo dai Creatori Supremi e qual è stato previsto nello spazio dagli Architetti Maestri.
(1165.7) 106:3.2 Durante la presente era dell’universo sono gli Architetti dell’Universo Maestro che hanno l’incarico di coordinare amministrativamente l’universo maestro. Ma l’apparizione dell’Onnipotente Supremo alla fine della presente era dell’universo significherà che il finito evoluzionario ha raggiunto il primo stadio del destino esperienziale. Questo avvenimento porterà certamente al completamento della funzione della prima Trinità esperienziale — l’unione dei Creatori Supremi, dell’Essere Supremo e degli Architetti dell’Universo Maestro. Questa Trinità è destinata ad effettuare l’ulteriore integrazione evoluzionaria della creazione maestra.
(1166.1) 106:3.3 La Trinità del Paradiso è veramente una Trinità d’infinità e nessuna Trinità può essere infinita se non include questa Trinità originale. Ma la Trinità originale è un’eventualità derivante dall’associazione esclusiva di Deità assolute; gli esseri subassoluti non hanno niente a che vedere con questa associazione primordiale. Le Trinità esperienziali che appaiono successivamente inglobano i contributi anche di personalità create. Ciò è certamente vero per l’Ultimo della Trinità, nel quale la presenza stessa dei Figli Creatori Maestri tra i Creatori Supremi rivela la presenza concomitante di un’esperienza effettiva ed autentica della creatura all’interno di questa associazione trinitaria.
(1166.2) 106:3.4 La prima Trinità esperienziale permette il raggiungimento collettivo di eventualità ultime. Le associazioni di gruppo hanno la facoltà di anticipare ed anche di trascendere le capacità individuali; e questo è vero anche al di là del livello finito. Nelle ere future, dopo che i sette superuniversi saranno stati stabilizzati in luce e vita, il Corpo della Finalità promulgherà senza dubbio i disegni delle Deità del Paradiso quali saranno dettati dall’Ultimo della Trinità ed unificati in potere-personalità nell’Essere Supremo.
(1166.3) 106:3.5 In tutti i giganteschi sviluppi universali dell’eternità passata e futura noi scopriamo l’espansione degli elementi comprensibili del Padre Universale. In quanto l’IO SONO, noi postuliamo filosoficamente la sua permeazione dell’infinità totale, ma nessuna creatura è capace di capire un tale postulato per esperienza. A mano a mano che gli universi si espandono e via via che la gravità e l’amore si estendono nello spazio che si sta organizzando nel tempo, noi diveniamo capaci di comprendere sempre di più la Prima Sorgente e Centro. Noi notiamo che l’azione della gravità penetra la presenza spaziale dell’Assoluto Non Qualificato e scopriamo delle creature spirituali in evoluzione ed in espansione all’interno della presenza divina dell’Assoluto della Deità, mentre l’evoluzione cosmica e quella spirituale sono unificate dalla mente e dall’esperienza sui livelli finiti della deità come Essere Supremo, e sono coordinate sui livelli trascendentali come Ultimo della Trinità.
(1166.4) 106:4.1 La Trinità del Paradiso si coordina certamente in senso ultimo, ma sotto questo aspetto essa funziona come un assoluto autoqualificato; l’Ultimo della Trinità esperienziale coordina il trascendentale in quanto trascendentale. Nell’eterno futuro, con l’accrescimento della sua unità, questa Trinità esperienziale renderà ancora più attiva la presenza eventuante della Deità Ultima.
(1166.5) 106:4.2 Mentre l’Ultimo della Trinità è destinato a coordinare la creazione maestra, Dio l’Ultimo è il potere-personalizzazione trascendentale dell’orientamento dell’intero universo maestro. L’eventuarsi totale dell’Ultimo implica il completamento della creazione maestra e comporta la piena emersione di questa Deità trascendentale.
(1166.6) 106:4.3 Quali cambiamenti saranno inaugurati dalla completa emersione dell’Ultimo non lo sappiamo. Ma come il Supremo è ora spiritualmente e personalmente presente in Havona, così anche l’Ultimo vi è presente, ma in senso absonito e superpersonale. E voi siete stati informati dell’esistenza dei Vicegerenti Qualificati dell’Ultimo, sebbene non siate stati informati della loro posizione o della loro funzione attuale.
(1167.1) 106:4.4 Ma indipendentemente dalle ripercussioni amministrative che accompagnano l’emersione della Deità Ultima, i valori personali della sua divinità trascendentale potranno essere sperimentati da tutte le personalità che avranno partecipato all’attuazione di questo livello della Deità. La trascendenza del finito può condurre soltanto al raggiungimento dell’ultimo. Dio l’Ultimo esiste nella trascendenza del tempo e dello spazio, ma è tuttavia subassoluto nonostante la sua capacità inerente di funzionare in associazione con degli assoluti.
(1167.2) 106:5.1 L’Ultimo è l’apice della realtà trascendentale come il Supremo è la pietra angolare della realtà evoluzionaria-esperienziale. E l’emersione effettiva di queste due Deità esperienziali pone le fondamenta della seconda Trinità esperienziale. Questa è la Trinità Assoluta, l’unione di Dio il Supremo, di Dio l’Ultimo e del Completatore non rivelato del Destino dell’Universo. E questa Trinità ha la capacità teorica di attivare gli Assoluti della potenzialità — della Deità, Universale e Non Qualificato. Ma la formazione completa di questa Trinità Assoluta può realizzarsi solo dopo il completamento dell’evoluzione dell’intero universo maestro, da Havona fino al quarto ed ultimo livello di spazio.
(1167.3) 106:5.2 Si deve precisare che queste Trinità esperienziali sono correlative non solo delle qualità di personalità della Divinità esperienziale, ma anche di tutte le qualità altro-che-personali che caratterizzano l’unità delle Deità che hanno raggiunto. Anche se questa esposizione tratta essenzialmente delle fasi personali dell’unificazione del cosmo, è nondimeno vero che gli aspetti impersonali dell’universo degli universi sono anch’essi destinati a sperimentare l’unificazione, com’è illustrato dalla sintesi di potere-personalità che si sta producendo attualmente in connessione con l’evoluzione dell’Essere Supremo. Le qualità spirituali-personali del Supremo sono inseparabili dalle prerogative di potere dell’Onnipotente e sono entrambe completate dal potenziale sconosciuto della mente del Supremo. Né Dio l’Ultimo in quanto persona può essere considerato al di fuori degli aspetti altro-che-personali della Deità Ultima. Ed infine, sul livello assoluto, l’Assoluto della Deità e l’Assoluto Non Qualificato sono inseparabili e indistinguibili nella presenza dell’Assoluto Universale.
(1167.4) 106:5.3 Le trinità sono in se stesse e da se stesse non personali, ma non sono in contrasto con la personalità. Piuttosto esse la inglobano e la mettono in correlazione, in senso collettivo, con delle funzioni impersonali. Le trinità sono quindi sempre realtà della deità, ma mai realtà della personalità. Gli aspetti della personalità di una trinità sono inerenti ai suoi singoli membri, ed in quanto singole persone essi non sono questa trinità. Soltanto in quanto gruppo essi sono trinità; questo gruppo è la trinità. Ma la trinità include sempre tutta la deità che ingloba; la trinità è l’unità della deità.
(1167.5) 106:5.4 I tre Assoluti — della Deità, Universale e Non Qualificato — non formano una trinità perché non sono tutti delle deità. Soltanto ciò che è deificato può diventare trinità; tutte le altre associazioni sono delle triunità o delle triodità.
(1167.6) 106:6.1 Il potenziale attuale dell’universo maestro non è proprio assoluto, benché possa essere molto vicino all’ultimo, e noi riteniamo impossibile giungere alla completa rivelazione di valori-significati assoluti nell’ambito di un cosmo subassoluto. Perciò noi incontriamo delle difficoltà considerevoli nel tentare di concepire un’espressione totale delle possibilità illimitate dei tre Assoluti, oppure nel tentare di visualizzare la personalizzazione esperienziale di Dio l’Assoluto sul livello attualmente impersonale dell’Assoluto della Deità.
(1168.1) 106:6.2 Lo scenario spaziale dell’universo maestro sembra essere adeguato per l’attuazione dell’Essere Supremo, per la formazione e la piena funzione dell’Ultimo della Trinità, per l’eventuarsi di Dio l’Ultimo ed anche per l’inizio della Trinità Assoluta. Ma i nostri concetti concernenti la piena funzione di questa seconda Trinità esperienziale sembrano implicare qualcosa che va persino oltre il vastissimo universo maestro.
(1168.2) 106:6.3 Se ammettiamo un cosmo infinito — un cosmo illimitato che va oltre l’universo maestro — e se concepiamo che gli sviluppi finali della Trinità Assoluta avverranno là fuori, in un tale scenario d’azione superultimo, allora diventa possibile ipotizzare che la funzione completa della Trinità Assoluta troverà la sua espressione finale nelle creazioni dell’infinità e completerà l’attuazione assoluta di tutti i potenziali. L’integrazione e l’associazione di segmenti sempre più estesi della realtà si avvicinerà all’assolutezza di status proporzionalmente all’inclusione di tutta la realtà contenuta all’interno dei segmenti così associati.
(1168.3) 106:6.4 In altri termini: la Trinità Assoluta, come indica il suo nome, è realmente assoluta nella sua funzione totale. Noi non sappiamo come una funzione assoluta possa raggiungere la sua espressione totale su una base qualificata, limitata o ristretta in qualche altro modo. Dobbiamo quindi supporre che ogni funzione di totalità di tal genere sarà incondizionata (in potenziale). Sembra inoltre che l’incondizionato debba essere anche illimitato, almeno da un punto di vista qualitativo, sebbene noi non siamo così certi riguardo alle relazioni quantitative.
(1168.4) 106:6.5 Noi siamo tuttavia certi di questo: mentre la Trinità del Paradiso esistenziale è infinita e l’Ultimo della Trinità esperienziale è subinfinito, la Trinità Assoluta non è così facile da classificare. Sebbene di origine e di costituzione esperienziali, essa giunge certamente a contatto con gli Assoluti esistenziali di potenzialità.
(1168.5) 106:6.6 Benché non sia proficuo per la mente umana cercare di afferrare questi concetti lontani e superumani, noi suggeriamo d’immaginare l’azione di eternità della Trinità Assoluta come culminante in una sorta di esperienzializzazione degli Assoluti di potenzialità. Questa sembra essere una conclusione ragionevole per quanto concerne l’Assoluto Universale, se non l’Assoluto Non Qualificato; noi sappiamo almeno che l’Assoluto Universale non è solo statico e potenziale, ma anche associativo nel senso di Deità totale di queste parole. Ma per quanto concerne i valori concepibili di divinità e di personalità, questi eventi ipotizzati implicano la personalizzazione dell’Assoluto della Deità e l’apparizione di quei valori superpersonali e di quei significati ultrapersonali che sono inerenti al completamento della personalità di Dio l’Assoluto — la terza ed ultima delle Deità esperienziali.
(1168.6) 106:7.1 Alcune delle difficoltà nel formulare dei concetti d’integrazione della realtà infinita sono inerenti al fatto che tutte queste idee contengono qualcosa della finalità dello sviluppo universale, una sorta di realizzazione esperienziale di tutto ciò che potrebbe essere un giorno. Ed è inconcepibile che l’infinità quantitativa non possa mai essere completamente realizzata in finalità. Devono sempre rimanere delle possibilità inesplorate nei tre Assoluti potenziali che nessun grado di sviluppo esperienziale potrebbe mai esaurire. L’eternità stessa, benché assoluta, non è più che assoluta.
(1169.1) 106:7.2 Anche un tentativo di concepire l’integrazione finale è inseparabile dai frutti dell’eternità non qualificata, ed è perciò praticamente non realizzabile in qualunque epoca futura concepibile.
(1169.2) 106:7.3 Il destino è stabilito dall’atto volitivo delle Deità che costituiscono la Trinità del Paradiso; il destino è stabilito nell’immensità dei tre grandi potenziali la cui assolutezza ingloba le possibilità di ogni sviluppo futuro; il destino è probabilmente completato dall’atto del Completatore del Destino dell’Universo, e questo atto è probabilmente contenuto con il Supremo e l’Ultimo nell’Assoluto della Trinità. Ogni destino esperienziale può essere almeno parzialmente compreso dalle creature che fanno esperienza; ma un destino che giunge sino agli esistenziali infiniti è difficilmente comprensibile. Il destino della finalità è un compimento esistenziale-esperienziale che sembra coinvolgere l’Assoluto della Deità. Ma l’Assoluto della Deità è in relazione di eternità con l’Assoluto Non Qualificato grazie all’Assoluto Universale. E questi tre Assoluti con possibilità esperienziali sono effettivamente esistenziali ed ancora di più, poiché sono illimitati, senza tempo, senza spazio, sconfinati ed immensi — veramente infiniti.
(1169.3) 106:7.4 L’improbabilità di raggiungere la meta non impedisce tuttavia la teorizzazione filosofica di tali ipotetici destini. L’attuazione dell’Assoluto della Deità come un Dio assoluto raggiungibile può essere praticamente impossibile da realizzare; tuttavia un tale compimento di finalità rimane una possibilità teorica. Il coinvolgimento dell’Assoluto Non Qualificato in qualche cosmo infinito inconcepibile può essere immensamente lontano nel futuro dell’eternità infinita, ma una tale ipotesi resta tuttavia valida. I mortali, i morontiani, gli spiriti, i finalitari, i Trascendentali ed altri, insieme con gli universi stessi e tutte le altre fasi della realtà, hanno certamente un destino potenzialmente finale che è di valore assoluto. Ma noi dubitiamo che un essere o un universo raggiungeranno mai completamente tutti gli aspetti di un tale destino.
(1169.4) 106:7.5 Per quanto possiate crescere nella comprensione del Padre, la vostra mente vacillerà sempre davanti all’infinità non rivelata del Padre-IO SONO, la cui immensità inesplorata resterà sempre insondabile ed incomprensibile per tutti i cicli dell’eternità. Per quanto possiate avvicinarvi a Dio, resterà sempre molto di più di lui di cui nemmeno sospettate l’esistenza. Noi crediamo che ciò sia altrettanto vero sui livelli trascendentali quanto nei domini dell’esistenza finita. La ricerca di Dio è eterna!
(1169.5) 106:7.6 Tale incapacità di raggiungere Dio in senso finale non dovrebbe scoraggiare in alcun modo le creature dell’universo; in verità voi potete raggiungere, e raggiungete, i livelli di Deità del Settuplo, del Supremo e dell’Ultimo, che rappresentano per voi quello che la realizzazione infinita di Dio il Padre rappresenta per il Figlio Eterno e per l’Attore Congiunto nel loro status assoluto d’esistenza eterna. Lungi dal turbare le creature, l’infinità di Dio dovrebbe essere l’assicurazione suprema che per tutto l’eterno futuro una personalità ascendente avrà dinanzi a sé queste possibilità di sviluppo della personalità e di associazione alla Deità che l’eternità stessa non esaurirà né limiterà.
(1169.6) 106:7.7 Per le creature finite del grande universo il concetto dell’universo maestro sembra essere quasi infinito, ma senza dubbio gli architetti absoniti ne percepiscono la sua relatività in rapporto a sviluppi futuri ed inimmaginabili nell’IO SONO infinito. Anche lo spazio stesso non è che una condizione ultima, una condizione di qualificazione all’interno dell’assolutezza relativa delle zone quiete dello spazio intermedio.
(1170.1) 106:7.8 Nel momento inconcepibilmente lontano dell’eterno futuro in cui l’intero universo maestro sarà definitivamente completato, senza dubbio contempleremo tutti retrospettivamente la sua intera storia come soltanto un inizio, la semplice creazione di certe fondamenta finite e trascendentali per metamorfosi ancora più grandi e più affascinanti nell’infinità inesplorata. In tale momento dell’eternità futura l’universo maestro sembrerà ancora giovane; in verità sarà sempre giovane di fronte alle possibilità illimitate dell’eternità infinita.
(1170.2) 106:7.9 L’improbabilità di raggiungere un destino infinito non impedisce per nulla di formulare delle idee su tale destino, e noi non esitiamo a dire che, se i tre potenziali assoluti potessero essere completamente attuati, sarebbe possibile concepire l’integrazione finale della realtà totale. Questa realizzazione di sviluppo è basata sull’attuazione completa degli Assoluti Non Qualificato, Universale e della Deità, i tre potenziali la cui unione costituisce la potenzialità inattuata dell’IO SONO, le realtà in sospeso dell’eternità, le possibilità irrealizzate di tutto il futuro ed ancora di più.
(1170.3) 106:7.10 Tali eventualità sono piuttosto remote, a dir poco; tuttavia, nei meccanismi, nelle personalità e nelle associazioni delle tre Trinità noi crediamo di scoprire la possibilità teorica della riunificazione delle sette fasi assolute del Padre-IO SONO. E questo ci mette di fronte al concetto della triplice Trinità comprendente la Trinità del Paradiso di status esistenziale e le due Trinità di natura e di origine esperienziale apparse successivamente.
(1170.4) 106:8.1 La natura della Trinità delle Trinità è difficile da descrivere alla mente umana; essa è la somma effettiva della totalità dell’infinità esperienziale qual è manifestata in un’infinità teorica di realizzazione eterna. Nella Trinità delle Trinità l’infinito esperienziale raggiunge l’identità con l’infinito esistenziale, ed entrambi sono come uno nell’IO SONO preesperienziale e preesistenziale. La Trinità delle Trinità è l’espressione finale di tutto ciò che è contenuto nelle quindici triunità e nelle triodità associate. Le finalità sono difficili da comprendere per degli esseri relativi, siano esse esistenziali od esperienziali; perciò devono sempre essere presentate come delle relatività.
(1170.5) 106:8.2 La Trinità delle Trinità esiste in parecchie fasi. Essa contiene delle possibilità, delle probabilità e delle inevitabilità che sconcertano l’immaginazione di esseri molto al di sopra del livello umano. Essa ha implicazioni che sono probabilmente insospettate dai filosofi celesti, perché le sue implicazioni sono contenute nelle triunità, e le triunità, in ultima analisi, sono insondabili.
(1170.6) 106:8.3 Vi sono diverse maniere in cui la Trinità delle Trinità può essere descritta. Noi scegliamo di presentare il concetto dei tre livelli, che è il seguente:
(1170.7) 106:8.4 1. Il livello delle tre Trinità.
(1170.8) 106:8.5 2. Il livello della Deità esperienziale.
(1170.9) 106:8.6 3. Il livello dell’IO SONO.
(1170.10) 106:8.7 Questi sono livelli di unificazione crescente. In realtà la Trinità delle Trinità è il primo livello, mentre i livelli secondo e terzo sono derivati dall’unificazione del primo.
(1171.1) 106:8.8 IL PRIMO LIVELLO: Su questo livello iniziale d’associazione si ritiene che le tre Trinità funzionino come gruppi di personalità di Deità perfettamente sincronizzati, benché distinti.
(1171.2) 106:8.9 1. La Trinità del Paradiso, l’associazione delle tre Deità del Paradiso — il Padre, il Figlio e lo Spirito. Si deve tenere presente che la Trinità del Paradiso implica una triplice funzione — una funzione assoluta, una funzione trascendentale (Trinità di Ultimità) ed una funzione finita (Trinità di Supremazia). La Trinità del Paradiso è ciascuna e tutte queste funzioni in qualunque momento ed in ogni tempo.
(1171.3) 106:8.10 2. La Trinità Ultima. Questa è l’associazione di deità dei Creatori Supremi, di Dio il Supremo e degli Architetti dell’Universo Maestro. Anche se questa è una presentazione adeguata degli aspetti di divinità di questa Trinità, si deve tenere presente che vi sono altri aspetti di questa Trinità che tuttavia sembrano essere perfettamente coordinati con gli aspetti di divinità.
(1171.4) 106:8.11 3. La Trinità Assoluta. Questo è il raggruppamento di Dio il Supremo, di Dio l’Ultimo e del Completatore del Destino Universale per ciò che concerne tutti i valori di divinità. Certe altre fasi di questo gruppo trino concernono valori diversi da quelli di divinità nel cosmo in espansione. Ma queste si stanno unificando con le fasi di divinità esattamente come gli aspetti di potere e di personalità delle Deità esperienziali sono attualmente in corso di sintesi esperienziale.
(1171.5) 106:8.12 L’associazione di queste tre Trinità nella Trinità delle Trinità fornisce una possibile integrazione illimitata della realtà. Questo gruppo contiene cause, intermedi e finali; iniziatori, realizzatori e completatori; inizi, esistenze e destini. L’associazione Padre-Figlio è divenuta Figlio-Spirito e poi Spirito-Supremo ed in seguito Supremo-Ultimo ed Ultimo-Assoluto, fino all’Assoluto e Padre-Infinito — il completamento del ciclo della realtà. Similmente, in altre fasi che non concernono così direttamente la divinità e la personalità, la Prima Grande Sorgente e Centro autorealizza l’illimitatezza della realtà attorno al cerchio dell’eternità, dall’assolutezza dell’autoesistenza, passando per l’infinitezza dell’autorivelazione, fino alla finalità dell’autorealizzazione — dall’assoluto degli esistenziali alla finalità degli esperienziali.
(1171.6) 106:8.13 IL SECONDO LIVELLO: La coordinazione delle tre Trinità implica inevitabilmente l’unione congiunta delle Deità esperienziali, che sono geneticamente associate con queste Trinità. La natura di questo secondo livello è stata talvolta presentata come:
(1171.7) 106:8.14 1. Il Supremo. Questa è la conseguenza di deità dell’unità della Trinità del Paradiso in collegamento esperienziale con i figli Creatori-Creativi delle Deità del Paradiso. Il Supremo è l’incorporazione di deità del completamento del primo stadio di evoluzione finita.
(1171.8) 106:8.15 2. L’Ultimo. Questa è la conseguenza di deità dell’unione eventuata della seconda Trinità, la personificazione trascendentale ed absonita della divinità. L’Ultimo consiste di molteplici qualità in un’unità considerata in modo vario, e la concezione umana nei suoi confronti dovrebbe ben includere almeno quelle fasi di ultimità che gestiscono il controllo, che sono personalmente sperimentabili e tensionalmente unificanti; ma vi sono molti altri aspetti della Deità eventuata che non sono rivelati. Anche se l’Ultimo ed il Supremo sono comparabili, non sono identici, né l’Ultimo è semplicemente un’amplificazione del Supremo.
(1172.1) 106:8.16 3. L’Assoluto. Ci sono molte teorie sul carattere del terzo membro del secondo livello della Trinità delle Trinità. Dio l’Assoluto è indubbiamente implicato in questa associazione in quanto personalità risultante dalla funzione finale della Trinità Assoluta; tuttavia l’Assoluto della Deità è una realtà esistenziale con status di eternità.
(1172.2) 106:8.17 La difficoltà concettuale concernente questo terzo membro è inerente al fatto che presupporre tale appartenenza implica in realtà un solo Assoluto. Teoricamente, se un tale evento potesse aver luogo, assisteremmo all’unificazione esperienziale dei tre Assoluti in uno solo. Ci viene insegnato che in infinità ed esistenzialmente c’è un solo Assoluto. Sebbene sia poco chiaro chi possa essere questo terzo membro, è spesso ipotizzato che potrebbe constare dell’Assoluto della Deità, dell’Assoluto Universale e dell’Assoluto Non Qualificato in una qualche forma di collegamento inimmaginabile e di manifestazione cosmica. Certamente la Trinità delle Trinità potrebbe difficilmente raggiungere la sua funzione completa senza la piena unificazione dei tre Assoluti, ed i tre Assoluti possono difficilmente essere unificati senza la realizzazione completa di tutti i potenziali infiniti.
(1172.3) 106:8.18 La deformazione della verità sarà probabilmente minima se il terzo membro della Trinità delle Trinità è concepito come l’Assoluto Universale, purché questa concezione preveda l’Universale non soltanto come statico e potenziale ma anche come associativo. Ma noi non percepiamo ancora la relazione con gli aspetti creativo ed evolutivo della funzione della Deità totale.
(1172.4) 106:8.19 Benché sia difficile formarsi un concetto completo della Trinità delle Trinità, un concetto limitato non è così difficile. Se il secondo livello della Trinità delle Trinità è concepito come essenzialmente personale, diviene del tutto possibile postulare l’unione di Dio il Supremo, di Dio l’Ultimo e di Dio l’Assoluto come la ripercussione personale dell’unione delle Trinità personali che sono ancestrali a queste Deità esperienziali. Noi azzardiamo l’opinione che queste tre Deità esperienziali si unificheranno certamente sul secondo livello come conseguenza diretta dell’unità crescente delle loro Trinità ancestrali e causative che costituiscono il primo livello.
(1172.5) 106:8.20 Il primo livello consiste di tre Trinità; il secondo livello esiste come associazione di personalità di quelle personalità di Deità di evoluzione esperienziale, di eventuazione esperienziale ed esperienziali-esistenziali. E indipendentemente da ogni difficoltà concettuale a comprendere la Trinità delle Trinità completa, l’associazione personale di queste tre Deità sul secondo livello è divenuta manifesta nella nostra stessa era universale nel fenomeno della deitizzazione di Majeston, che fu attuato sul secondo livello dall’Assoluto della Deità, agente tramite l’Ultimo ed in risposta al mandato creativo iniziale dell’Essere Supremo.
(1172.6) 106:8.21 IL TERZO LIVELLO: In un’ipotesi non qualificata del secondo livello della Trinità delle Trinità è compresa la correlazione di ogni fase di ciascun tipo di realtà che è, che fu, o potrebbe essere nell’insieme dell’infinità. L’Essere Supremo non è solo spirito ma anche mente, potere ed esperienza. L’Ultimo è tutto ciò e molto di più, mentre nel concetto congiunto dell’unità degli Assoluti della Deità, Universale e Non Qualificato è inclusa la finalità assoluta di ogni realizzazione della realtà.
(1172.7) 106:8.22 Nell’unione del Supremo, dell’Ultimo e dell’Assoluto completo potrebbe prodursi la ricostituzione funzionale di quegli aspetti dell’infinità che furono originariamente frammentati dall’IO SONO e che si tradussero nell’apparizione dei Sette Assoluti dell’Infinità. Benché i filosofi dell’universo ritengano che questa sia una probabilità assai remota, nondimeno noi ci poniamo spesso questa domanda: se il secondo livello della Trinità delle Trinità potesse raggiungere un’unità trinitaria, che cosa potrebbe accadere allora come conseguenza di tale unità di deità? Noi non lo sappiamo, ma siamo convinti che ciò condurrebbe direttamente alla realizzazione dell’IO SONO raggiungibile per esperienza. Dal punto di vista degli esseri personali ciò potrebbe significare che l’inconoscibile IO SONO è divenuto accessibile per esperienza in quanto Padre-Infinito. Quello che questi destini assoluti possono significare da un punto di vista non personale è un’altra questione che solo l’eternità potrebbe chiarire. Ma quando esaminiamo queste eventualità remote in qualità di creature personali, ne deduciamo che il destino finale di tutte le personalità è la conoscenza finale del Padre Universale di queste stesse personalità.
(1173.1) 106:8.23 Nel modo in cui noi concepiamo filosoficamente l’IO SONO nell’eternità passata, egli è solo, non c’è nessuno all’infuori di lui. Guardando avanti nell’eternità futura non vediamo come l’IO SONO possa cambiare come esistenziale, ma siamo inclini a prevedere una grande differenza esperienziale. Un tale concetto dell’IO SONO implica la completa autorealizzazione — esso abbraccia quella galassia illimitata di personalità che sono divenute partecipanti volontarie nell’autorivelazione dell’IO SONO e che resteranno eternamente delle parti volitive assolute della totalità dell’infinità, dei figli finali del Padre assoluto.
(1173.2) 106:9.1 Nel concetto della Trinità delle Trinità noi postuliamo la possibile unificazione esperienziale della realtà illimitata, e formuliamo talvolta la teoria che tutto questo potrebbe prodursi nell’estrema lontananza della remota eternità. Ma c’è tuttavia un’unificazione reale ed attuale dell’infinità in questa stessa era come in tutte le ere passate e future dell’universo; tale unificazione è esistenziale nella Trinità del Paradiso. L’unificazione dell’infinità come realtà esperienziale è inimmaginabilmente remota, ma un’unità non qualificata dell’infinità domina il momento presente dell’esistenza dell’universo ed unisce le divergenze di tutta la realtà con una maestà esistenziale che è assoluta.
(1173.3) 106:9.2 Quando le creature finite tentano di concepire un’unificazione dell’infinito sui livelli di finalità dell’eternità completata, si trovano di fronte a limitazioni intellettuali inerenti alle loro esistenze finite. Il tempo, lo spazio e l’esperienza costituiscono delle barriere per il concetto delle creature; e tuttavia, senza il tempo, al di fuori dello spazio ed in mancanza d’esperienza, nessuna creatura potrebbe giungere ad una comprensione anche limitata della realtà dell’universo. Senza sensibilità al tempo nessuna creatura evoluzionaria potrebbe percepire le relazioni di sequenza. Senza percezione dello spazio nessuna creatura potrebbe capire bene le relazioni di simultaneità. Senza esperienza nessuna creatura evoluzionaria potrebbe mai esistere; solo i Sette Assoluti dell’Infinità trascendono realmente l’esperienza, ed anche questi possono essere esperienziali in certe fasi.
(1173.4) 106:9.3 Il tempo, lo spazio e l’esperienza sono i più grandi aiuti dell’uomo per la percezione della realtà relativa ed anche i suoi più formidabili ostacoli per la percezione della realtà completa. I mortali e molte altre creature dell’universo trovano necessario pensare che i potenziali siano attuati nello spazio e che si evolvano fino alla loro maturità nel tempo, ma tutto questo processo è un fenomeno del tempo-spazio che non esiste effettivamente nel Paradiso e nell’eternità. Sul livello assoluto non c’è né tempo né spazio; tutti i potenziali possono esservi percepiti come degli attuali.
(1173.5) 106:9.4 Il concetto dell’unificazione di tutta la realtà, sia in questa che in qualunque altra era dell’universo, è fondamentalmente duplice: esistenziale ed esperienziale. Questa unità è in corso di realizzazione esperienziale nella Trinità delle Trinità, ma il grado di attuazione apparente di questa triplice Trinità è direttamente proporzionale alla scomparsa delle qualificazioni e delle imperfezioni della realtà nel cosmo. Ma l’integrazione totale della realtà è presente senza riserve, eternamente ed esistenzialmente nella Trinità del Paradiso, all’interno della quale, in questo stesso momento dell’universo, la realtà infinita è assolutamente unificata.
(1174.1) 106:9.5 Il paradosso creato dai punti di vista esperienziale ed esistenziale è inevitabile ed è fondato in parte sul fatto che la Trinità del Paradiso e la Trinità delle Trinità sono ciascuna una relazione di eternità che i mortali possono solo percepire come una relatività del tempo-spazio. Il concetto umano dell’attuazione esperienziale graduale della Trinità delle Trinità — il punto di vista del tempo — deve essere integrato dal postulato addizionale che questa è già un dato di fatto — il punto di vista dell’eternità. Ma come possono essere conciliati questi due punti di vista? Noi suggeriamo ai mortali finiti di accettare la verità che la Trinità del Paradiso è l’unificazione esistenziale dell’infinità e che l’incapacità di scoprire la presenza reale e la manifestazione completa della Trinità delle Trinità esperienziale è in parte dovuta alla deformazione reciproca prodotta da:
(1174.2) 106:9.6 1. Il punto di vista umano limitato, l’incapacità di afferrare il concetto dell’eternità non qualificata.
(1174.3) 106:9.7 2. Lo status umano imperfetto, la lontananza dal livello assoluto degli esperienziali.
(1174.4) 106:9.8 3. Il proposito dell’esistenza umana, il fatto che l’umanità è destinata ad evolversi per mezzo della tecnica dell’esperienza, e perciò deve essere basata per inerenza e costituzione sull’esperienza. Solo un Assoluto può essere sia esistenziale che esperienziale.
(1174.5) 106:9.9 Il Padre Universale nella Trinità del Paradiso è l’IO SONO della Trinità delle Trinità, e sono i limiti finiti che impediscono l’esperienza del Padre come infinito. Il concetto dell’IO SONO esistenziale, solitario, pretrinitario e non raggiungibile, ed il postulato dell’IO SONO esperienziale, posteriore alla Trinità delle Trinità e raggiungibile, sono una sola e stessa ipotesi. Nessun cambiamento effettivo ha avuto luogo nell’Infinito; tutti gli sviluppi apparenti sono dovuti alle accresciute capacità di ricevere la realtà e di apprezzare il cosmo.
(1174.6) 106:9.10 L’IO SONO, in ultima analisi, deve esistere prima di tutti gli esistenziali e dopo di tutti gli esperienziali. Anche se queste idee possono non chiarire i paradossi dell’eternità e dell’infinità nella mente umana, dovrebbero almeno stimolare tali intelletti finiti ad affrontare di nuovo questi problemi senza fine, problemi che continueranno ad intrigarvi su Salvington e successivamente come finalitari, e lungo tutto l’interminabile futuro delle vostre carriere eterne negli universi in continua espansione.
(1174.7) 106:9.11 Presto o tardi tutte le personalità dell’universo cominciano a rendersi conto che la ricerca finale dell’eternità è l’esplorazione senza fine dell’infinità, l’interminabile viaggio di scoperta nell’assolutezza della Prima Sorgente e Centro. Presto o tardi ci rendiamo tutti conto che la crescita delle creature è proporzionale alla loro identificazione con il Padre. Noi giungiamo a comprendere che vivere la volontà di Dio è il passaporto eterno verso le possibilità senza fine dell’infinità stessa. I mortali comprenderanno un giorno che la riuscita nella ricerca dell’Infinito è direttamente proporzionale al raggiungimento della somiglianza con il Padre, e che in quest’era dell’universo le realtà del Padre sono rivelate all’interno delle qualità di divinità. E queste qualità di divinità sono acquisite personalmente dalle creature dell’universo nell’esperienza di vivere divinamente, e vivere divinamente significa vivere effettivamente la volontà di Dio.
(1175.1) 106:9.12 Per le creature materiali, evoluzionarie e finite una vita basata sul vivere la volontà del Padre porta direttamente al raggiungimento della supremazia spirituale nell’arena della personalità e conduce tali creature un po’ più vicine alla comprensione del Padre-Infinito. Una vita così incentrata sul Padre è fondata sulla verità, sensibile alla bellezza e dominata dalla bontà. Questa persona che conosce Dio è interiormente illuminata dall’adorazione ed esteriormente consacrata al servizio sincero della fratellanza universale di tutte le personalità, un ministero di servizio pieno di misericordia e motivato dall’amore, mentre tutte queste qualità di vita sono unificate nella personalità in evoluzione sui livelli in continua ascesa di saggezza cosmica, di autorealizzazione, di scoperta di Dio e di adorazione del Padre.
(1175.2) 106:9.13 [Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
(1176.1) 107:0.1 BENCHÈ il Padre Universale sia personalmente residente in Paradiso, al centro stesso degli universi, è anche effettivamente presente sui mondi dello spazio nella mente dei suoi innumerevoli figli del tempo, perché dimora in loro sotto l’aspetto dei Monitori del Mistero. Il Padre eterno è allo stesso tempo il più lontano dai suoi figli planetari mortali ed il più intimamente associato a loro.
(1176.2) 107:0.2 Gli Aggiustatori sono la realtà dell’amore del Padre incarnato nell’anima degli uomini; essi sono la vera promessa della carriera eterna dell’uomo, imprigionata nella mente mortale; sono l’essenza della personalità finalizzata perfezionata dell’uomo, che egli può pregustare nel tempo via via che s’impadronisce progressivamente della tecnica divina di riuscire a vivere la volontà del Padre, passo dopo passo, nell’ascensione di un universo dopo l’altro fino a raggiungere effettivamente la presenza divina di suo Padre in Paradiso.
(1176.3) 107:0.3 Dio, avendo comandato all’uomo di essere perfetto, come lui stesso è perfetto, è disceso sotto forma di Aggiustatore per divenire il partner esperienziale dell’uomo nel compimento del destino celeste che è stato stabilito in questo modo. Il frammento di Dio che dimora nella mente dell’uomo è la certezza assoluta e senza riserve che l’uomo può trovare il Padre Universale in associazione con questo Aggiustatore divino, che è venuto da Dio per trovare l’uomo e farne suo figlio mentre è ancora nella carne.
(1176.4) 107:0.4 Ogni mortale che ha visto un Figlio Creatore ha visto il Padre Universale, e colui che è abitato da un Aggiustatore divino è abitato dal Padre del Paradiso. Ogni mortale che segue consciamente od inconsciamente le direttive del suo Aggiustatore interiore vive conformemente alla volontà di Dio. La coscienza della presenza dell’Aggiustatore è la coscienza della presenza di Dio. La fusione eterna dell’Aggiustatore con l’anima evoluzionaria dell’uomo è l’esperienza effettiva dell’unione eterna con Dio come associato universale della Deità.
(1176.5) 107:0.5 È l’Aggiustatore che crea dentro l’uomo il desiderio insaziabile e la voglia incessante di essere simile a Dio, di raggiungere il Paradiso e là, davanti alla persona reale della Deità, di adorare la sorgente infinita di questo dono divino. L’Aggiustatore è la presenza vivente che collega effettivamente il figlio mortale a suo Padre del Paradiso e lo attira sempre di più vicino al Padre. L’Aggiustatore è la nostra equalizzazione compensatoria dell’enorme tensione universale creata dalla distanza che separa l’uomo da Dio e dal grado della sua parzialità in contrasto con l’universalità del Padre eterno.
(1176.6) 107:0.6 L’Aggiustatore è l’essenza assoluta di un essere infinito imprigionato nella mente di una creatura finita che, in relazione alla scelta di tale mortale, può alla fine portare a compimento questa unione temporanea di Dio e dell’uomo e realizzare veramente un nuovo ordine d’esistenza per un servizio universale senza fine. L’Aggiustatore è la realtà divina universale che rende un fatto la verità che Dio è il Padre dell’uomo. L’Aggiustatore è l’infallibile bussola cosmica dell’uomo, che orienta sempre e sicuramente l’anima verso Dio.
(1177.1) 107:0.7 Sui mondi evoluzionari le creature dotate di volontà attraversano tre stadi di sviluppo generale dell’essere: dall’arrivo dell’Aggiustatore fino ad uno sviluppo relativamente completo, circa a vent’anni di età su Urantia, i Monitori sono talvolta denominati Cambiatori di Pensiero. Da questo periodo fino al raggiungimento dell’età del discernimento, circa a quarant’anni, i Monitori del Mistero sono chiamati Aggiustatori di Pensiero. Dal raggiungimento del discernimento fino alla liberazione dalla carne essi sono spesso denominati Controllori di Pensiero. Queste tre fasi della vita umana non hanno alcuna connessione con i tre stadi di progresso degli Aggiustatori nella duplicazione della mente e nell’evoluzione dell’anima.
(1177.2) 107:1.1 Poiché gli Aggiustatori di Pensiero sono dell’essenza della Deità originale, nessuno può pretendere di parlare con autorità della loro natura ed origine. Io posso soltanto rivelare le tradizioni di Salvington e le credenze di Uversa; posso solamente spiegare come noi consideriamo questi Monitori del Mistero e le loro entità associate in tutto il grande universo.
(1177.3) 107:1.2 Benché vi siano opinioni diverse sul modo di conferimento degli Aggiustatori di Pensiero, non esistono tali divergenze sulla loro origine; tutti sono d’accordo che essi provengono direttamente dal Padre Universale, la Prima Sorgente e Centro. Essi non sono esseri creati; sono entità frammentate costituenti la presenza reale del Dio infinito. Insieme con i loro numerosi associati non rivelati, gli Aggiustatori sono di divinità non diluita e non mischiata, parti non qualificate e non attenuate della Deità; essi sono di Dio e, per quanto siamo capaci di discernerli, essi sono Dio.
(1177.4) 107:1.3 Quanto al momento in cui hanno iniziato la loro esistenza separata dall’assolutezza della Prima Sorgente e Centro, noi non lo conosciamo; né conosciamo il loro numero. Noi sappiamo molto poco sulla loro carriera prima del loro arrivo sui pianeti del tempo per dimorare nelle menti umane. Ma da quel momento in poi noi siamo più o meno al corrente della loro progressione cosmica fino al completamento, incluso, del loro destino trino: il raggiungimento della personalità grazie alla fusione con un ascendente mortale, il raggiungimento della personalità per decisione del Padre Universale o la liberazione dagli incarichi conosciuti degli Aggiustatori di Pensiero.
(1177.5) 107:1.4 Anche se non lo sappiamo, noi presumiamo che gli Aggiustatori siano costantemente individualizzati via via che l’universo si amplia e che i candidati alla fusione con un Aggiustatore crescono di numero. Ma è anche possibile che ci sbagliamo nel tentare di attribuire una dimensione numerica agli Aggiustatori; come Dio stesso, questi frammenti della sua natura insondabile possono essere esistenzialmente infiniti.
(1177.6) 107:1.5 La tecnica dell’origine degli Aggiustatori di Pensiero è una delle funzioni non rivelate del Padre Universale. Noi abbiamo tutte le ragioni di credere che nessuno degli altri associati assoluti della Prima Sorgente e Centro abbia niente a che vedere con la produzione dei frammenti del Padre. Gli Aggiustatori sono semplicemente ed eternamente dei doni divini; essi sono di Dio e provengono da Dio, e sono simili a Dio.
(1177.7) 107:1.6 Nella loro relazione con le creature con cui si fondono essi rivelano un amore superno ed un ministero spirituale che confermano profondamente la dichia razione che Dio è spirito. Ma ci sono molte cose che avvengono in aggiunta a questo ministero trascendente che non sono mai state rivelate ai mortali di Urantia. Né noi comprendiamo pienamente che cosa avvenga realmente quando il Padre Universale dona qualcosa di se stesso affinché sia parte della personalità di una creatura del tempo. E nemmeno la progressione ascendente dei finalitari del Paradiso ha ancora rivelato le piene possibilità inerenti a questa associazione superna dell’uomo e di Dio. In ultima analisi i frammenti del Padre devono essere il dono del Dio assoluto a quelle creature il cui destino ingloba la possibilità di raggiungere Dio in quanto assoluto.
(1178.1) 107:1.7 Come il Padre Universale frammenta la sua Deità prepersonale, così lo Spirito Infinito individualizza porzioni del suo spirito prementale affinché risiedano e si fondino effettivamente con le anime evoluzionarie dei mortali sopravviventi della serie a fusione con lo spirito. Ma la natura del Figlio Eterno non è frammentabile in questo modo; lo spirito del Figlio Originale è diffuso o distintamente personale. Le creature fuse con il Figlio sono unite a conferimenti individualizzati dello spirito dei Figli Creatori del Figlio Eterno.
(1178.2) 107:2.1 Gli Aggiustatori sono individualizzati come entità vergini e sono tutti destinati a divenire dei Monitori liberati, fusi, o Personalizzati. Noi intendiamo che ci sono sette ordini di Aggiustatori di Pensiero, anche se non comprendiamo totalmente queste divisioni. Noi designiamo spesso i differenti ordini come segue:
(1178.3) 107:2.2 1. Aggiustatori Vergini, quelli che servono nel loro incarico iniziale nella mente di candidati evoluzionari alla sopravvivenza eterna. I Monitori del Mistero sono eternamente uniformi quanto alla loro natura divina. Essi sono uniformi anche nella loro natura esperienziale quando escono per la prima volta da Divinington; la loro differenziazione esperienziale successiva risulta dalla loro esperienza reale nel ministero universale.
(1178.4) 107:2.3 2. Aggiustatori Avanzati, quelli che hanno servito per uno o più periodi con creature dotate di volontà su mondi in cui la fusione finale ha luogo tra l’identità della creatura del tempo ed una porzione individualizzata dello spirito della manifestazione nell’universo locale della Terza Sorgente e Centro.
(1178.5) 107:2.4 3. Aggiustatori Supremi, quei Monitori che hanno servito nell’avventura del tempo sui mondi evoluzionari, ma i cui partner umani hanno rifiutato per qualche ragione la sopravvivenza eterna, e quei Monitori che sono stati successivamente assegnati ad altre avventure in altri mortali situati su altri mondi in evoluzione. Un Aggiustatore Supremo, benché non più divino di un Monitore Vergine, ha fatto più esperienza e può fare cose nella mente umana che un Aggiustatore meno esperto non potrebbe fare.
(1178.6) 107:2.5 4. Aggiustatori Scomparsi. Avviene a questo punto una pausa nei nostri sforzi per seguire le carriere dei Monitori del Mistero. C’è un quarto stadio di servizio del quale non siamo certi. I Melchizedek insegnano che gli Aggiustatori del quarto stadio eseguono incarichi separati, percorrendo l’universo degli universi. I Messaggeri Solitari sono inclini a credere che essi siano come uno con la Prima Sorgente e Centro per godere di un periodo di piacevole associazione con il Padre stesso. Ed è del tutto possibile che un Aggiustatore stia percorrendo l’universo maestro stando simultaneamente unito al Padre onnipresente.
(1178.7) 107:2.6 5. Aggiustatori Liberati, quei Monitori del Mistero che sono stati liberati per l’eternità dal servizio del tempo presso i mortali delle sfere in evoluzione. Quali funzioni essi possano svolgere, non lo sappiamo.
(1179.1) 107:2.7 6 Aggiustatori Fusi — i finalitari — quelli che sono divenuti uno con le creature ascendenti dei superuniversi, i partner eterni degli ascendenti temporali del Corpo della Finalità del Paradiso. Gli Aggiustatori di Pensiero si fondono generalmente con i mortali ascendenti del tempo, e con questi mortali sopravviventi sono registrati in entrata ed in uscita da Ascendington; essi seguono la sorte degli esseri ascendenti. Dopo la fusione con l’anima evoluzionaria ascendente, sembra che l’Aggiustatore passi dal livello esistenziale assoluto dell’universo al livello esperienziale finito d’associazione funzionale con una personalità ascendente. Benché conservi tutto il carattere della natura esistenziale divina, un Aggiustatore fuso diviene indissolubilmente legato alla carriera ascendente di un mortale sopravvivente.
(1179.2) 107:2.8 7. Aggiustatori Personalizzati, quelli che hanno servito con i Figli del Paradiso incarnati, così come molti altri che si sono particolarmente distinti durante la residenza mortale, ma i cui soggetti hanno rifiutato la sopravvivenza. Noi abbiamo ragione di credere che questi Aggiustatori siano personalizzati su raccomandazione degli Antichi dei Giorni del superuniverso cui sono assegnati.
(1179.3) 107:2.9 Vi sono molti modi in cui questi misteriosi frammenti di Dio possono essere classificati: secondo la loro assegnazione nell’universo, secondo il grado di riuscita nel risiedere in un singolo mortale, od anche secondo l’ascendenza razziale del candidato mortale alla fusione.
(1179.4) 107:3.1 Tutte le attività universali concernenti l’invio, l’amministrazione, la direzione ed il ritorno dei Monitori del Mistero dal servizio nei sette superuniversi sembrano essere incentrate sulla sfera sacra di Divinington. Per quanto ne so io, solo gli Aggiustatori ed altre entità del Padre hanno soggiornato su questa sfera. Sembra probabile che numerose entità prepersonali non rivelate condividano Divinington con gli Aggiustatori come sfera sede. Non ipotizziamo che queste altre entità possano essere associate in qualche modo al ministero presente e futuro dei Monitori del Mistero. Ma in realtà non lo sappiamo.
(1179.5) 107:3.2 Quando gli Aggiustatori di Pensiero tornano dal Padre, ritornano nel regno della loro presunta origine, Divinington; e probabilmente come parte di questa esperienza c’è un contatto reale con la personalità paradisiaca del Padre così come con la manifestazione speciale della divinità del Padre che si ritiene situata su questa sfera segreta.
(1179.6) 107:3.3 Benché conosciamo qualcosa di tutte le sette sfere segrete del Paradiso, ne sappiamo meno su Divinington rispetto alle altre. Gli esseri degli ordini spirituali elevati ricevono soltanto tre ingiunzioni divine, che sono:
(1179.7) 107:3.4 1. Mostrare sempre un rispetto adeguato per l’esperienza e le doti dei loro anziani e superiori.
(1179.8) 107:3.5 2. Avere sempre riguardo per i limiti e l’inesperienza dei più giovani e subordinati.
(1179.9) 107:3.6 3. Non tentare mai un atterraggio sulle rive di Divinington.
(1179.10) 107:3.7 Io ho riflettuto spesso che sarebbe del tutto inutile per me andare su Divinington; probabilmente non sarei in grado di vedere alcun essere residente eccetto esseri quali gli Aggiustatori Personalizzati, che ho già visto altrove. Sono certissimo che non c’è niente di veramente utile o proficuo per me su Divinington, niente di essenziale alla mia crescita e al mio sviluppo, altrimenti non mi sarebbe stato proibito di andarvi.
(1180.1) 107:3.8 Poiché noi possiamo sapere da Divinington poco o nulla sulla natura e l’origine degli Aggiustatori, siamo obbligati a riunire le informazioni provenienti da mille ed una fonti differenti, ed è necessario riunire, associare e mettere in correlazione tali dati raccolti affinché questa conoscenza abbia un valore d’informazione.
(1180.2) 107:3.9 Il coraggio e la saggezza dimostrati dagli Aggiustatori di Pensiero indicano che si sono sottoposti ad una preparazione di portata e di estensione enormi. Poiché essi non sono delle personalità, questa preparazione deve essere impartita nelle istituzioni educative di Divinington. Gli straordinari Aggiustatori Personalizzati costituiscono senza dubbio il corpo insegnante delle scuole di preparazione degli Aggiustatori su Divinington. E noi sappiamo che questo corpo centrale di supervisione è presieduto dall’Aggiustatore ora Personalizzato del primo Figlio Paradisiaco dell’ordine di Micael che completò il suo settimo conferimento alle razze ed ai popoli dei regni del suo universo.
(1180.3) 107:3.10 Noi sappiamo in realtà molto poco sugli Aggiustatori non personalizzati; noi prendiamo contatto e comunichiamo soltanto con gli ordini personalizzati. Costoro ricevono un nome su Divinington e sono sempre conosciuti con il loro nome e non con il loro numero. Gli Aggiustatori Personalizzati sono domiciliati in permanenza su Divinington; quella sfera sacra è la loro sede. Essi escono da quella dimora soltanto per volontà del Padre Universale. Se ne incontrano molto pochi nei domini degli universi locali, ma sono presenti in gran numero nell’universo centrale.
(1180.4) 107:4.1 Dire che un Aggiustatore di Pensiero è divino è semplicemente riconoscere la natura della sua origine. È altamente probabile che tale purezza di divinità abbracci l’essenza del potenziale di tutti gli attributi della Deità che possono essere contenuti in questo frammento dell’essenza assoluta della presenza universale del Padre Paradisiaco eterno ed infinito.
(1180.5) 107:4.2 La sorgente effettiva dell’Aggiustatore deve essere infinita, e prima della sua fusione con l’anima immortale di un essere umano evoluzionario la realtà dell’Aggiustatore deve sfiorare l’assolutezza. Gli Aggiustatori non sono assoluti nel senso universale, nel senso della Deità, ma sono probabilmente dei veri assoluti nelle potenzialità della loro natura frammentata. Essi sono qualificati quanto alla loro universalità ma non quanto alla loro natura; sono limitati in estensione, ma sono assoluti in intensità di significati, di valori e di fatti. Per questa ragione noi denominiamo talvolta i doni divini i frammenti qualificati assoluti del Padre.
(1180.6) 107:4.3 Nessun Aggiustatore è mai stato sleale verso il Padre del Paradiso; gli ordini inferiori di creature personali devono talvolta lottare con dei compagni sleali, ma gli Aggiustatori mai; essi sono supremi ed infallibili nella loro sfera celeste di ministero verso le creature e di funzione universale.
(1180.7) 107:4.4 Gli Aggiustatori non personalizzati sono visibili solo agli Aggiustatori Personalizzati. Il mio ordine, i Messaggeri Solitari, così come gli Spiriti Trinitari Ispirati, possono scoprire la presenza degli Aggiustatori per mezzo di fenomeni di reazione spirituale. Ed anche i serafini possono talvolta discernere la luminosità spirituale associata presumibilmente con la presenza di Monitori nella mente materiale degli uomini. Ma nessuno di noi è capace di discernere effettivamente la presenza reale degli Aggiustatori, a meno che non siano stati personalizzati, sebbene la loro natura sia percepibile in unione con le personalità fuse dei mortali ascendenti provenienti dai mondi evoluzionari. L’invisibilità universale degli Aggiustatori è fortemente indicativa della loro origine e della loro elevata ed esclusiva natura divina.
(1181.1) 107:4.5 C’è una luce caratteristica, una luminosità spirituale, che accompagna questa presenza divina e che è generalmente associata agli Aggiustatori di Pensiero. Nell’universo di Nebadon questa luminosità paradisiaca è molto largamente conosciuta come la “luce pilota”; su Uversa è chiamata la “luce della vita”. Su Urantia questo fenomeno è stato talvolta definito come la “vera luce che illumina ogni uomo che viene al mondo”.
(1181.2) 107:4.6 Per tutti gli esseri che hanno raggiunto il Padre Universale, gli Aggiustatori di Pensiero Personalizzati sono visibili. Gli Aggiustatori di tutti gli stadi, così come tutti gli altri esseri, entità, spiriti, personalità e manifestazioni spirituali, sono sempre discernibili dalle Personalità Creatrici Supreme che hanno origine dalle Deità del Paradiso e che presiedono i governi maggiori del grande universo.
(1181.3) 107:4.7 Riuscite realmente a comprendere il vero significato della presenza interiore dell’Aggiustatore? Immaginate veramente ciò che significa avere un frammento assoluto della Deità assoluta ed infinita, il Padre Universale, che risiede e si fonde con la vostra natura mortale finita? Quando un uomo mortale si fonde con un frammento effettivo della Causa esistenziale del cosmo totale, nessun limite può essere posto al destino di questa associazione inimmaginabile e senza precedenti. Nell’eternità l’uomo scoprirà non soltanto l’infinità della Deità oggettiva, ma anche la potenzialità infinita del frammento soggettivo di questo stesso Dio. L’Aggiustatore rivelerà sempre alla personalità mortale la meraviglia di Dio, e questa rivelazione superna non avrà mai fine, perché l’Aggiustatore è parte di Dio ed è come Dio per l’uomo mortale.
(1181.4) 107:5.1 I mortali evoluzionari hanno tendenza a considerare la mente come una mediazione cosmica tra lo spirito e la materia, perché quello è in verità il ministero principale della mente qual è discernibile da voi. È quindi molto difficile per gli umani percepire che gli Aggiustatori di Pensiero hanno una mente, perché gli Aggiustatori sono delle frammentazioni di Dio su un livello assoluto di realtà che non è solo prepersonale ma anche anteriore ad ogni divergenza tra l’energia e lo spirito. Su un livello monistico antecedente alla differenziazione dell’energia e dello spirito non può esservi funzione mediatrice della mente, perché non ci sono divergenze da mediare.
(1181.5) 107:5.2 Poiché gli Aggiustatori possono fare dei piani, lavorare ed amare, devono avere dei poteri d’individualità che sono commensurati con la mente. Essi posseggono una capacità illimitata di comunicare gli uni con gli altri, cioè con tutte le forme di Monitori superiori al primo gruppo, o gruppo vergine. Quanto alla natura e allo scopo delle loro intercomunicazioni, noi possiamo rivelare molto poco, perché non le conosciamo. Ma sappiamo anche che essi devono essere dotati in qualche modo di mente, altrimenti non potrebbero mai essere personalizzati.
(1181.6) 107:5.3 Il tipo di mente degli Aggiustatori di Pensiero è simile al tipo di mente del Padre Universale e del Figlio Eterno — cosa che è ancestrale alle menti dell’Attore Congiunto.
(1181.7) 107:5.4 Il tipo di mente ipotizzabile in un Aggiustatore deve essere simile alla dotazione mentale di numerosi altri ordini di entità prepersonali che hanno presumibilmente anch’esse origine nella Prima Sorgente e Centro. Sebbene molti di questi ordini non siano stati rivelati su Urantia, mostrano tutti delle qualità mentali. È anche possibile che queste individualizzazioni della Deità originale vengano unificate con numerosi tipi evolutivi di esseri non mortali ed anche con un numero limitato di esseri non evoluzionari che hanno acquisito la capacità di fondersi con questi frammenti della Deità.
(1182.1) 107:5.5 Quando un Aggiustatore di Pensiero si è fuso con l’anima morontiale immortale in evoluzione dell’umano sopravvivente, la mente dell’Aggiustatore può solo essere identificata come persistente separatamente dalla mente della creatura fino a quando il mortale ascendente non abbia raggiunto i livelli spirituali della progressione universale.
(1182.2) 107:5.6 Al raggiungimento dei livelli finalitari dell’esperienza ascendente, questi spiriti del sesto stadio sembrano trasmutare un fattore mentale rappresentante l’unione di certe fasi della mente del mortale e dell’Aggiustatore, che aveva funzionato precedentemente come collegamento tra la fase divina e quella umana di queste personalità ascendenti. Questa qualità mentale esperienziale probabilmente “suprematizza” e successivamente accresce la dotazione esperienziale della Deità evoluzionaria — l’Essere Supremo.
(1182.3) 107:6.1 Quando nella loro esperienza le creature incontrano gli Aggiustatori di Pensiero, questi rivelano la presenza e la guida di un’influenza spirituale. L’Aggiustatore è veramente uno spirito, un puro spirito, ma uno spirito più qualcosa. Noi non siamo mai stati capaci di classificare in maniera soddisfacente i Monitori del Mistero; tutto quello che si può dire con certezza di loro è che sono veramente simili a Dio.
(1182.4) 107:6.2 L’Aggiustatore è la possibilità per l’uomo di raggiungere l’eternità; l’uomo è la possibilità per l’Aggiustatore di personalizzarsi. Il vostro Aggiustatore individuale lavora per spiritualizzarvi nella speranza di rendere eterna la vostra identità temporale. Gli Aggiustatori sono saturi del magnifico amore del Padre degli spiriti, amore che si effonde da se stesso. Essi vi amano veramente e divinamente; essi sono prigionieri della speranza spirituale confinata nella mente degli uomini. Essi desiderano ardentemente che la vostra mente mortale raggiunga la divinità, affinché la loro solitudine abbia fine ed essi possano essere liberati con voi dalle limitazioni dell’investitura materiale e delle vesti del tempo.
(1182.5) 107:6.3 Il sentiero che vi porta al Paradiso è il sentiero della realizzazione spirituale, e la natura dell’Aggiustatore vi svelerà fedelmente la natura spirituale del Padre Universale. Al di là dell’ascensione al Paradiso e negli stadi postfinalitari della carriera eterna, è possibile che l’Aggiustatore prenda contatto con il partner umano di un tempo per un ministero diverso da quello spirituale. Ma l’ascensione al Paradiso e la carriera finalitaria sono l’associazione tra il mortale che conosce Dio e che si sta spiritualizzando ed il ministero spirituale dell’Aggiustatore che rivela Dio.
(1182.6) 107:6.4 Noi sappiamo che gli Aggiustatori di Pensiero sono spiriti, puri spiriti, probabilmente spiriti assoluti. Ma l’Aggiustatore deve anche essere qualcosa di più di una realtà spirituale esclusiva. In aggiunta al suo supposto tipo di mente sono presenti in lui anche dei fattori di energia pura. Se si tiene presente che Dio è la sorgente dell’energia pura e del puro spirito, non sarà così difficile percepire che i suoi frammenti devono essere entrambe queste cose. È un fatto che gli Aggiustatori attraversano lo spazio sui circuiti di gravità istantanei ed universali dell’Isola del Paradiso.
(1182.7) 107:6.5 È davvero sorprendente che i Monitori del Mistero siano così associati ai circuiti materiali dell’universo degli universi. Ma è un fatto che essi vanno come lampi per tutto il grande universo sui circuiti della gravità materiale. È del tutto possibile che essi possano anche penetrare i livelli dello spazio esterno; essi potrebbero certamente seguire la presenza della gravità del Paradiso in queste regioni, e benché il mio ordine di personalità possa percorrere i circuiti mentali dell’Attore Congiunto anche oltre i confini del grande universo, noi non siamo mai stati sicuri di scoprire la presenza degli Aggiustatori nelle regioni inesplorate dello spazio esterno.
(1183.1) 107:6.6 Tuttavia, anche se gli Aggiustatori utilizzano i circuiti della gravità materiale, non sono sottomessi ad essi come lo è la creazione materiale. Gli Aggiustatori sono frammenti del progenitore della gravità, non i consequenziali della gravità; essi sono frazionati su un livello universale d’esistenza che è ipoteticamente antecedente all’apparizione della gravità.
(1183.2) 107:6.7 Gli Aggiustatori di Pensiero non godono di alcun riposo dal momento del loro conferimento fino al giorno in cui sono liberi di partire per Divinington dopo la morte naturale dei loro soggetti umani. E coloro i cui soggetti non passano per i portali della morte naturale non beneficiano nemmeno di questo riposo temporaneo. Gli Aggiustatori di Pensiero non hanno bisogno di assorbire energia; essi sono l’energia, l’energia dell’ordine più elevato e divino.
(1183.3) 107:7.1 Gli Aggiustatori di Pensiero non sono personalità, ma sono entità reali; essi sono veramente e perfettamente individualizzati, sebbene non siano mai effettivamente personalizzati mentre risiedono nei mortali. Gli Aggiustatori di Pensiero non sono vere personalità; sono vere realtà, realtà dell’ordine più puro conosciuto nell’universo degli universi — essi sono la presenza divina. Benché non siano personali, questi meravigliosi frammenti del Padre sono comunemente indicati come esseri e talvolta, in considerazione delle fasi spirituali del loro attuale ministero verso i mortali, come entità spirituali.
(1183.4) 107:7.2 Se gli Aggiustatori di Pensiero non sono personalità con prerogative di volontà e di potere di scelta, come possono allora scegliere i soggetti mortali ed offrirsi volontari per dimorare in queste creature dei mondi evoluzionari? Questa è una domanda facile da porre, ma probabilmente nessun essere nell’universo degli universi ha mai trovato la risposta esatta. Anche quelli del mio ordine di personalità, i Messaggeri Solitari, non comprendono pienamente la dotazione di volontà, di scelta e d’amore in entità che non sono personali.
(1183.5) 107:7.3 Noi abbiamo spesso congetturato che gli Aggiustatori di Pensiero debbano essere dotati di volizione su tutti i livelli prepersonali di scelta. Essi si offrono volontari per dimorare negli esseri umani, stabiliscono dei piani per la carriera eterna dell’uomo che adattano, modificano e sostituiscono a seconda delle circostanze, e queste attività denotano una volizione autentica. Essi provano affetto per i mortali, operano nelle crisi universali, sono sempre pronti ad agire in modo decisivo conformemente alla scelta umana, e tutte queste sono reazioni altamente volitive. In tutte le situazioni che non riguardano il dominio della volontà umana, essi mostrano indiscutibilmente una condotta che denota l’esercizio di poteri che equivalgono in ogni senso alla volontà, al massimo di decisione.
(1183.6) 107:7.4 Perché allora, se gli Aggiustatori di Pensiero posseggono una volizione, sono sottomessi al volere dei mortali? Noi riteniamo che ciò sia dovuto al fatto che la volizione dell’Aggiustatore, benché assoluta in natura, è prepersonale in manifestazione. La volontà umana funziona sul livello di personalità della realtà universale, ed in tutto il cosmo l’impersonale — il non personale, il subpersonale ed il prepersonale — è sempre sensibile alla volontà ed agli atti della personalità esistente.
(1183.7) 107:7.5 In tutto l’universo di esseri creati e di energie non personali noi non osserviamo alcuna manifestazione di volontà, di volizione, di scelta e d’amore al di fuori della personalità. Salvo che negli Aggiustatori ed in altre entità simili non vediamo funzionare in alcuna parte questi attributi della personalità in associazione con realtà impersonali. Non sarebbe corretto qualificare un Aggiustatore come subpersonale, né sarebbe appropriato alludere a questa entità come superpersonale, ma sarebbe del tutto ammissibile definirlo un essere prepersonale.
(1184.1) 107:7.6 Presso i nostri ordini di esseri questi frammenti della Deità sono conosciuti come i doni divini. Noi riconosciamo che gli Aggiustatori sono di origine divina e che costituiscono la probabile prova e dimostrazione che il Padre Universale si è riservato la possibilità di comunicare direttamente ed illimitatamente con ciascuna e tutte le creature materiali in tutti i suoi regni praticamente infiniti, e tutto ciò completamente al di fuori della sua presenza nelle personalità dei suoi Figli Paradisiaci o del suo ministero indiretto attraverso le personalità dello Spirito Infinito.
(1184.2) 107:7.7 Non ci sono esseri creati che non sarebbero lieti di ospitare i Monitori del Mistero, ma nessun ordine di esseri è abitato in questo modo, salvo le creature evoluzionarie dotate di volontà con destino di finalitari.
(1184.3) 107:7.8 [Presentato da un Messaggero Solitario di Orvonton.]
(1185.1) 108:0.1 LA MISSIONE degli Aggiustatori di Pensiero presso le razze umane è di rappresentare, di essere, il Padre Universale per le creature mortali del tempo e dello spazio; questo è il lavoro fondamentale dei doni divini. La loro missione è anche quella di elevare la mente dei mortali e di trasferire le anime immortali degli uomini fino alle altezze divine ed ai livelli spirituali di perfezione paradisiaca. E nell’esperienza di trasformare in questo modo la natura umana delle creature temporali nella natura divina dei finalitari eterni, gli Aggiustatori portano all’esistenza un tipo unico di essere, un essere consistente nell’unione eterna dell’Aggiustatore perfetto e della creatura perfezionata, che sarebbe impossibile duplicare per mezzo di qualunque altra tecnica universale.
(1185.2) 108:0.2 Niente in tutto l’universo può sostituire il fatto dell’esperienza su livelli non esistenziali. Il Dio infinito è, come sempre, completo e repleto, infinitamente inclusivo di tutte le cose, salvo il male e l’esperienza di creatura. Dio non può fare sbagli, egli è infallibile. Dio non può conoscere esperienzialmente ciò di cui non ha mai fatto personalmente l’esperienza; la preconoscenza di Dio è esistenziale. Perciò lo spirito del Padre discende dal Paradiso per partecipare con i mortali finiti ad ogni esperienza autentica della carriera ascendente; è solo per mezzo di questo metodo che il Dio esistenziale poteva divenire in verità e di fatto il Padre esperienziale dell’uomo. L’infinità del Dio eterno ingloba il potenziale per l’esperienza nel finito, che si attua in verità nel ministero dei frammenti Aggiustatori che partecipano effettivamente alle esperienze delle vicissitudini di vita degli esseri umani.
(1185.3) 108:1.1 Quando gli Aggiustatori sono inviati da Divinington per servire presso i mortali, sono identici per dotazione di divinità esistenziale, ma sono differenti per qualità esperienziali in proporzione ai loro contatti precedenti con le creature evoluzionarie ed in loro. Noi non possiamo spiegare il criterio di assegnazione degli Aggiustatori, ma riteniamo che questi doni divini siano attribuiti secondo un saggio ed efficace piano d’idoneità eterna di adattamento alla personalità abitata. Noi osserviamo che l’Aggiustatore più esperto abita spesso il tipo più elevato di mente umana; le qualità umane devono perciò essere un fattore considerevole nel determinare la selezione e l’assegnazione.
(1185.4) 108:1.2 Anche se non lo sappiamo con precisione, noi crediamo fermamente che tutti gli Aggiustatori di Pensiero siano volontari. Ma prima che si offrano volontari essi sono in possesso di tutti i dati concernenti il candidato da abitare. Gli schemi serafici della genealogia e dei modelli progettati per la loro condotta di vita sono trasmessi via Paradiso al corpo di riserva degli Aggiustatori su Divinington per mezzo della tecnica di riflettività che va verso l’interno dalle capitali degli universi locali fino a quelle dei superuniversi. Questa previsione copre non solo gli antecedenti ereditari del candidato mortale, ma anche la stima della sua probabile dotazione intellettuale e spirituale. Gli Aggiustatori si offrono dunque volontari per abitare menti delle cui nature intime sono stati pienamente informati.
(1186.1) 108:1.3 L’Aggiustatore che si offre volontario è particolarmente interessato a tre qualità del candidato umano:
(1186.2) 108:1.4 1. Capacità intellettuali. La mente è normale? Qual è il potenziale intellettuale, la capacità dell’intelligenza? L’individuo può svilupparsi in una creatura autentica dotata di volontà? La saggezza avrà occasione di manifestarsi?
(1186.3) 108:1.5 2. Percezione spirituale. Le prospettive di sviluppo del sentimento di riverenza, la nascita e la crescita della natura religiosa. Qual è il potenziale dell’anima, la sua probabile capacità spirituale di ricettività?
(1186.4) 108:1.6 3. Potere intellettuale e spirituale congiunti. Il grado al quale queste due facoltà possono essere associate, congiunte, in modo da produrre forza di carattere umano e contribuire all’evoluzione certa di un’anima immortale con valore di sopravvivenza.
(1186.5) 108:1.7 In presenza di questi fatti, noi crediamo che i Monitori si offrano volontariamente per un’assegnazione. Probabilmente più di un Aggiustatore si offre volontario per un posto; forse gli ordini personalizzati di supervisione scelgono tra questo gruppo di Aggiustatori volontari quello che è meglio qualificato al compito di spiritualizzare e rendere eterna la personalità del candidato mortale. (Nell’assegnazione e nel servizio degli Aggiustatori il sesso della creatura non è tenuto in nessun conto.)
(1186.6) 108:1.8 Il breve intervallo di tempo tra l’offrirsi volontario e l’invio effettivo dell’Aggiustatore è probabilmente impiegato nelle scuole di Divinington dei Monitori Personalizzati, dove un modello funzionante della mente mortale in attesa è utilizzato per insegnare all’Aggiustatore assegnato i piani più efficaci per l’approccio alla personalità e per la spiritualizzazione della mente. Questo modello di mente è formulato mediante una combinazione di dati forniti dal servizio di riflettività del superuniverso. Questo almeno è quanto attiene alla nostra comprensione, una credenza derivata dall’aver messo insieme le informazioni ottenute dal contatto con molti Aggiustatori Personalizzati nel corso delle lunghe carriere universali dei Messaggeri Solitari.
(1186.7) 108:1.9 Quando gli Aggiustatori sono effettivamente inviati da Divinington, non trascorre praticamente alcun lasso di tempo tra il momento della partenza e quello della loro apparizione nella mente dei soggetti da loro scelti. La durata media del transito di un Aggiustatore da Divinington ad Urantia è di 117 ore, 42 minuti e 7 secondi. Praticamente tutto questo tempo è impiegato per la registrazione su Uversa.
(1186.8) 108:2.1 Benché gli Aggiustatori si offrano volontari per servire non appena le previsioni concernenti una personalità sono state trasmesse a Divinington, essi non sono effettivamente assegnati fino a che i soggetti umani non hanno preso la loro prima decisione di personalità morale. La prima scelta morale del bambino umano è automaticamente indicata nel settimo aiutante della mente e registrata istantaneamente, tramite lo Spirito Creativo dell’universo locale, sul circuito universale della gravità mentale dell’Attore Congiunto nella presenza dello Spirito Maestro che ha giurisdizione sul superuniverso, il quale trasmette subito questa informazione a Divinington. Gli Aggiustatori raggiungono i loro soggetti umani su Urantia mediamente poco prima del sesto anno d’età. Nella presente generazione trascorrono cinque anni, dieci mesi e quattro giorni; cioè 2.134 giorni di vita terrestre.
(1187.1) 108:2.2 Gli Aggiustatori non possono invadere la mente mortale prima che sia stata debitamente preparata dal ministero interiore degli spiriti aiutanti della mente e messa in circuito nello Spirito Santo. E ciò richiede l’azione coordinata di tutti e sette gli aiutanti per qualificare così la mente umana a ricevere un Aggiustatore. La mente della creatura deve manifestare la tendenza all’adorazione ed indicare il funzionamento della saggezza mostrando la sua attitudine a scegliere tra i valori emergenti del bene e del male — la scelta morale.
(1187.2) 108:2.3 In tal modo lo scenario della mente umana è pronto per ricevere gli Aggiustatori, ma di regola generale essi non vengono immediatamente ad abitare tali menti, salvo sui mondi in cui lo Spirito della Verità funziona come coordinatore spirituale di questi differenti ministeri spirituali. Se questo spirito dei Figli di conferimento è presente, gli Aggiustatori giungono infallibilmente non appena il settimo spirito aiutante della mente comincia a funzionare e segnala allo Spirito Madre d’Universo che ha raggiunto in potenza la coordinazione dei sei aiutanti associati che avevano precedentemente portato il loro ministero in tale intelletto mortale. Per questo gli Aggiustatori divini sono stati universalmente conferiti a tutte le menti normali di status morale di Urantia dal giorno della Pentecoste.
(1187.3) 108:2.4 Anche in una mente dotata dello Spirito della Verità gli Aggiustatori non possono invadere arbitrariamente l’intelletto umano prima dell’apparizione di una decisione morale. Ma quando una tale decisione morale è stata presa, questo aiuto spirituale assume la sua giurisdizione diretta da Divinington. Non ci sono intermediari od altre autorità o poteri intermedi che intervengono tra gli Aggiustatori divini ed i loro soggetti umani; Dio e l’uomo sono collegati direttamente.
(1187.4) 108:2.5 Prima che lo Spirito della Verità sia sparso sugli abitanti di un mondo evoluzionario, il conferimento degli Aggiustatori sembra essere determinato da numerose influenze spirituali e da molti comportamenti della personalità. Noi non comprendiamo pienamente le leggi che governano questi conferimenti; non comprendiamo esattamente ciò che determina l’invio degli Aggiustatori che si sono offerti volontari per abitare tali menti in evoluzione. Osserviamo, tuttavia, numerose influenze e condizioni che sembrano essere associate all’arrivo degli Aggiustatori in queste menti prima del conferimento dello Spirito dello Verità, e sono:
(1187.5) 108:2.6 1. L’assegnazione di guardiani serafici personali. Se un mortale non è stato precedentemente abitato da un Aggiustatore, l’assegnazione di un guardiano personale fa arrivare subito l’Aggiustatore. Esiste una relazione definita ma sconosciuta tra il ministero degli Aggiustatori ed il ministero dei guardiani serafici personali.
(1187.6) 108:2.7 2. Il raggiungimento del terzo cerchio di conseguimento intellettuale e di realizzazione spirituale. Io ho osservato degli Aggiustatori che arrivavano in menti mortali che raggiungevano il terzo cerchio, ancora prima che questo risultato fosse stato segnalato alle personalità dell’universo locale incaricate di tali questioni.
(1187.7) 108:2.8 3. Il fatto di prendere una decisione suprema d’importanza spirituale straordinaria. Tale comportamento umano in una crisi planetaria in cui la persona è coinvolta, è generalmente seguito dall’arrivo immediato di un Aggiustatore in attesa.
(1187.8) 108:2.9 4. Lo spirito di fratellanza. Indipendentemente dal raggiungimento dei cerchi psichici e dall’assegnazione di guardiani personali — in assenza di qualcosa che somigli ad una decisione di crisi — quando un mortale in evoluzione è dominato dall’amore per i suoi simili e si consacra al ministero disinteressato verso i suoi fratelli nella carne, l’Aggiustatore in attesa scende invariabilmente ad abitare la mente di tale mortale.
(1188.1) 108:2.10 5. La dichiarazione dell’intenzione di fare la volontà di Dio. Noi osserviamo che molti mortali dei mondi dello spazio sembrano pronti a ricevere degli Aggiustatori, e tuttavia i Monitori non appaiono. Continuiamo ad osservare tali creature mentre vivono giorno per giorno, e ben presto pacificamente, quasi inconsciamente, arrivano alla decisione di cominciare a fare la volontà del Padre che è nei cieli. Ed allora notiamo l’invio immediato degli Aggiustatori di Pensiero.
(1188.2) 108:2.11 6. L’influenza dell’Essere Supremo. Su mondi in cui gli Aggiustatori non si fondono con le anime in evoluzione degli abitanti mortali, noi osserviamo che degli Aggiustatori sono talvolta attribuiti in risposta ad influenze che sono completamente al di là della nostra comprensione. Noi ipotizziamo che questi conferimenti siano determinati da un’azione cosmica riflessa che ha origine nell’Essere Supremo. Quanto al perché questi Aggiustatori non possono fondersi o non si fondono con questo tipo di mente mortale in evoluzione, noi non lo sappiamo. Queste operazioni non ci sono mai state rivelate.
(1188.3) 108:3.1 Per quanto ne sappiamo, gli Aggiustatori sono organizzati come un’unità operativa indipendente nell’universo degli universi e sono apparentemente amministrati direttamente da Divinington. Essi sono uniformi in tutti i sette superuniversi e tutti gli universi locali sono serviti da tipi identici di Monitori del Mistero. Noi sappiamo per osservazione che esistono numerose serie di Aggiustatori che implicano un’organizzazione che si estende attraverso razze, su dispensazioni, ed in mondi, sistemi ed universi. È tuttavia estremamente difficile seguire le tracce di questi doni divini perché funzionano in modo intercambiabile in tutto il grande universo.
(1188.4) 108:3.2 Una lista completa degli Aggiustatori esiste (all’esterno di Divinington) solo nelle capitali dei sette superuniversi. Il numero e l’ordine di ciascun Aggiustatore che risiede in ogni creatura ascendente sono indicati dalle autorità del Paradiso alla capitale del superuniverso, da dove sono comunicati alla capitale dell’universo locale interessato e trasmessi allo specifico pianeta implicato. Ma gli archivi dell’universo locale non rivelano il numero totale degli Aggiustatori di Pensiero; gli archivi di Nebadon contengono soltanto il numero di Aggiustatori assegnati all’universo locale, qual è indicato dai rappresentanti degli Antichi dei Giorni. La reale consistenza del numero completo di Aggiustatori è conosciuta soltanto su Divinington.
(1188.5) 108:3.3 I soggetti umani sono spesso conosciuti con il numero del loro Aggiustatore; i mortali non ricevono dei veri nomi universali prima della fusione con il loro Aggiustatore, la cui unione è segnalata dall’assegnazione del nuovo nome alla nuova creatura da parte del guardiano del destino.
(1188.6) 108:3.4 Anche se noi conosciamo gli archivi degli Aggiustatori di Pensiero in Orvonton, e benché non abbiamo assolutamente alcuna autorità su di loro né alcuna connessione amministrativa con loro, crediamo fermamente che esista un collegamento amministrativo molto stretto tra i singoli mondi degli universi locali e la dimora centrale dei doni divini su Divinington. Noi sappiamo che a seguito dell’apparizione di un Figlio di conferimento del Paradiso un mondo evoluzionario ha un Aggiustatore Personalizzato assegnato ad esso come supervisore planetario degli Aggiustatori.
(1189.1) 108:3.5 È interessante notare che gli ispettori dell’universo locale, quando procedono all’esame di un pianeta, si rivolgono sempre al capo planetario degli Aggiustatori di Pensiero, così come danno istruzioni ai capi dei serafini e ai dirigenti degli altri ordini di esseri assegnati all’amministrazione di un mondo in evoluzione. Non molto tempo fa Urantia è stato sottoposto ad una simile ispezione periodica da parte di Tabamantia, il supervisore supremo di tutti i pianeti sperimentali di vita nell’universo di Nebadon. Gli archivi rivelano che, in aggiunta alle rimostranze e alle critiche da lui formulate ai diversi capi delle personalità superumane, egli ha anche espresso il seguente riconoscimento al capo degli Aggiustatori; non sappiamo esattamente se Tabamantia fosse situato sul pianeta, su Salvington, su Uversa o su Divinington, ma egli disse:
(1189.2) 108:3.6 “Ora io vengo a voi, di gran lunga superiori a me, come uno che ha l’autorità temporanea sulle serie planetarie sperimentali; e vengo per esprimere la mia ammirazione ed il mio profondo rispetto per questo magnifico gruppo di ministri celesti, i Monitori del Mistero, che si è offerto volontario per servire su questa sfera irregolare. Per quanto difficili siano le crisi, voi non vacillate mai. Né negli annali di Nebadon né davanti alle commissioni di Orvonton è mai stata presentata un’accusa contro un Aggiustatore divino. Voi siete stati leali nei vostri incarichi; siete stati divinamente fedeli. Avete aiutato ad aggiustare gli errori ed a compensare le deficienze di tutti coloro che lavorano su questo pianeta sconvolto. Siete degli esseri meravigliosi, custodi del bene delle anime di questo regno arretrato. Io vi rendo omaggio anche se siete apparentemente sotto la mia giurisdizione come ministri volontari. M’inchino davanti a voi in umile riconoscimento del vostro splendido altruismo, del vostro ministero comprensivo e della vostra devozione imparziale. Voi meritate il nome di servitori simili a Dio degli abitanti mortali di questo mondo lacerato dai conflitti, colpito dal dolore ed afflitto dalle malattie. Io vi onoro! Quasi vi venero!”
(1189.3) 108:3.7 A seguito di una serie di fatti tendenti a provarlo, noi crediamo che gli Aggiustatori siano perfettamente organizzati, che esista un’amministrazione profondamente intelligente ed efficace che dirige questi doni divini da una lontanissima sorgente centrale, probabilmente Divinington. Noi sappiamo che essi vengono ai mondi da Divinington e che indubbiamente vi ritornano dopo la morte dei loro soggetti.
(1189.4) 108:3.8 Tra gli ordini spirituali superiori è molto difficile scoprire i meccanismi d’amministrazione. Il mio ordine di personalità, pur impegnato nel compimento dei nostri specifici doveri, sta senza dubbio collaborando inconsciamente con numerosi altri gruppi di sub-Deità personali ed impersonali, che stanno operando congiuntamente da agenti di collegamento nell’immenso universo. Noi sospettiamo di stare servendo in questo modo perché siamo il solo gruppo di creature personalizzate (all’infuori degli Aggiustatori Personalizzati) che sia uniformemente cosciente della presenza di numerosi ordini di entità prepersonali.
(1189.5) 108:3.9 Noi siamo coscienti della presenza degli Aggiustatori, che sono frammenti della Deità prepersonale della Prima Sorgente e Centro. Sentiamo la presenza degli Spiriti Trinitari Ispirati, che sono espressioni superpersonali della Trinità del Paradiso. Individuiamo infallibilmente anche la presenza spirituale di certi ordini non rivelati originati dal Figlio Eterno e dallo Spirito Infinito, e non siamo del tutto insensibili anche ad altre entità che non vi sono rivelate.
(1190.1) 108:3.10 I Melchizedek di Nebadon insegnano che i Messaggeri Solitari sono i coordinatori della personalità di queste varie influenze via via che sono registrate nella Deità in espansione dell’Essere Supremo evoluzionario. È molto probabile che noi partecipiamo all’unificazione esperienziale di molti dei fenomeni inspiegati del tempo, ma non siamo coscientemente certi di funzionare in questo modo.
(1190.2) 108:4.1 A parte una possibile coordinazione con altri frammenti della Deità, gli Aggiustatori sono completamente soli nella loro sfera d’attività nella mente dei mortali. I Monitori del Mistero dimostrano eloquentemente il fatto che, sebbene il Padre possa avere apparentemente rinunciato all’esercizio di ogni potere ed autorità personali diretti in tutto il grande universo, nonostante questo atto di abnegazione a favore dei Creatori Supremi figli delle Deità del Paradiso, il Padre si è certamente riservato il diritto incontestabile di essere presente nella mente e nell’anima delle sue creature in evoluzione allo scopo di poter attirare a sé tutti gli esseri creati, in coordinazione con la gravità spirituale dei Figli Paradisiaci. Il vostro Figlio Paradisiaco di conferimento, mentre era ancora su Urantia, disse: “Io, se sarò elevato, attirerò tutti gli uomini.” Questo potere d’attrazione spirituale dei Figli Paradisiaci e dei loro associati creativi noi lo riconosciamo e lo comprendiamo, ma non comprendiamo così pienamente i metodi del Padre infinitamente saggio quando opera in questi Monitori del Mistero che vivono e lavorano così valorosamente nella mente umana, ed attraverso di loro.
(1190.3) 108:4.2 Queste presenze misteriose, pur non subordinate al lavoro dell’universo degli universi, né coordinate né apparentemente collegate con esso, e benché operanti indipendentemente nella mente dei figli degli uomini, spingono incessantemente le creature in cui dimorano verso ideali divini, attirandole sempre più in alto verso gli scopi e i disegni di una vita futura migliore. Questi Monitori del Mistero aiutano continuamente a stabilire il dominio spirituale di Micael in tutto l’universo di Nebadon, contribuendo misteriosamente alla stabilizzazione della sovranità degli Antichi dei Giorni in Orvonton. Gli Aggiustatori sono la volontà di Dio, e poiché i Creatori Supremi, figli di Dio, incorporano anch’essi personalmente la stessa volontà, è inevitabile che le azioni degli Aggiustatori e la sovranità dei sovrani dell’universo siano mutualmente interdipendenti. Benché apparentemente non connesse, la presenza del Padre negli Aggiustatori e la sovranità del Padre in Micael di Nebadon devono essere manifestazioni differenti della stessa divinità.
(1190.4) 108:4.3 Gli Aggiustatori di Pensiero sembrano andare e venire del tutto indipendentemente da ogni altra presenza spirituale; essi sembrano operare secondo leggi universali totalmente differenti da quelle che governano e controllano le attività di tutte le altre influenze spirituali. Ma malgrado questa apparente indipendenza, un’osservazione prolungata rivela indiscutibilmente che essi operano nella mente umana in perfetta sincronia e coordinazione con tutti gli altri ministeri spirituali, inclusi gli spiriti aiutanti della mente, lo Spirito Santo, lo Spirito della Verità ed altre influenze.
(1190.5) 108:4.4 Quando un mondo è isolato a seguito di una ribellione, quando un pianeta è tagliato fuori da tutti i circuiti di comunicazione esterna, come lo fu Urantia dopo la sollevazione di Caligastia, all’infuori dei messaggeri personali rimane soltanto una possibilità di comunicazione interplanetaria od universale diretta, ed è mediante il collegamento degli Aggiustatori delle sfere. Qualunque cosa accada su un mondo o in un universo, gli Aggiustatori non sono mai direttamente coinvolti. L’isolamento di un pianeta non riguarda in alcun modo gli Aggiustatori e la loro capacità di comunicare con qualunque parte dell’universo locale, del superuniverso o dell’universo centrale. Questa è la ragione per cui vengono così frequentemente stabiliti dei contatti con gli Aggiustatori supremi ed auto-operanti del corpo di riserva del destino sui mondi in quarantena. Si fa ricorso a questa tecnica come mezzo per superare gli handicap dell’isolamento planetario. In anni recenti ha funzionato su Urantia il circuito degli arcangeli, ma questo mezzo di comunicazione è strettamente limitato alle operazioni del corpo stesso degli arcangeli.
(1191.1) 108:4.5 Noi siamo al corrente di molti fenomeni spirituali che si producono nell’immenso universo e che non riusciamo a comprendere totalmente. Non siamo ancora padroni di tutto ciò che accade attorno a noi; ed io credo che molto di questo lavoro insondabile sia compiuto dai Messaggeri di Gravità e da certi tipi di Monitori del Mistero. Io non credo che gli Aggiustatori si dedichino unicamente a rimodellare le menti umane. Sono persuaso che i Monitori Personalizzati ed altri ordini di spiriti prepersonali non rivelati rappresentino il contatto diretto ed inspiegato del Padre Universale con le creature dei mondi abitati.
(1191.2) 108:5.1 Gli Aggiustatori accettano un incarico difficile quando si offrono volontari per abitare degli esseri compositi come quelli che vivono su Urantia. Ma essi si sono assunti il compito di vivere nella vostra mente, di ricevervi le raccomandazioni delle intelligenze spirituali dei regni e poi d’impegnarsi a ridettare o a tradurre questi messaggi spirituali alla mente materiale; essi sono indispensabili per l’ascensione al Paradiso.
(1191.3) 108:5.2 Ciò che l’Aggiustatore di Pensiero non può utilizzare nella vostra vita presente, quelle verità che non riesce a trasmettere all’uomo unito a lui, le conserverà fedelmente per utilizzarle nel vostro successivo stadio d’esistenza, come egli porta attualmente di cerchio in cerchio quegli elementi che non riesce ad incorporare nell’esperienza del suo soggetto umano a causa dell’incapacità, o della non riuscita, della creatura di fornire un grado sufficiente di cooperazione.
(1191.4) 108:5.3 Di una cosa potete essere certi: gli Aggiustatori non perderanno mai niente di ciò che è affidato alle loro cure; noi non abbiamo mai saputo di mancanze di questi aiuti spirituali. Gli angeli ed altri tipi elevati di esseri spirituali, non eccettuato il tipo di Figli degli universi locali, possono occasionalmente abbracciare il male, possono talvolta deviare dalla via divina, ma gli Aggiustatori non vacillano mai. Essi sono assolutamente affidabili, e questo è ugualmente vero per tutti e sette i loro gruppi.
(1191.5) 108:5.4 Il vostro Aggiustatore è il potenziale del vostro nuovo e prossimo ordine d’esistenza, il dono anticipato della vostra filiazione eterna con Dio. Mediante e con il consenso della vostra volontà, l’Aggiustatore ha il potere di sottomettere le tendenze di creatura della mente materiale all’azione trasformatrice delle motivazioni e dei propositi dell’anima morontiale emergente.
(1191.6) 108:5.5 I Monitori del Mistero non aiutano a pensare; essi sono degli aggiustatori di pensiero. Essi lavorano con la mente materiale allo scopo di costruire, mediante l’aggiustamento e la spiritualizzazione, una nuova mente per i nuovi mondi ed il nuovo nome della vostra carriera futura. La loro missione concerne principalmente la vita futura, non questa vita. Essi sono chiamati aiuti celesti, non aiuti terrestri. Essi non cercano di rendere facile la carriera mortale; si occupano piuttosto di rendere la vostra vita ragionevolmente difficile ed accidentata, affinché le vostre decisioni siano stimolate e moltiplicate. La presenza di un grande Aggiustatore di Pensiero non dona facilità di vita e libertà dal pensare intensamente, ma questo dono divino dovrebbe conferire una sublime pace mentale ed una stupenda tranquillità di spirito.
(1192.1) 108:5.6 Le vostre emozioni passeggere e sempre mutevoli di gioia e di tristezza sono per lo più delle reazioni puramente umane e materiali al vostro clima psichico interiore ed al vostro ambiente materiale esteriore. Non contate quindi sull’Aggiustatore per una consolazione egoista ed un conforto umano. Il compito dell’Aggiustatore è di prepararvi all’avventura eterna, di assicurare la vostra sopravvivenza. La missione del Monitore di Mistero non è di addolcire i vostri sentimenti d’irritazione o di curare il vostro orgoglio ferito; è la preparazione della vostra anima alla lunga carriera ascendente che impegna l’attenzione ed occupa il tempo dell’Aggiustatore.
(1192.2) 108:5.7 Io dubito di essere capace di spiegarvi esattamente quello che fanno gli Aggiustatori nella vostra mente e per la vostra anima. Io non credo di conoscere pienamente quello che avviene veramente nell’associazione cosmica di un Monitore divino e di una mente umana. Ciò è tutto un po’ misterioso per noi, non quanto al piano ed al disegno, ma quanto al modo effettivo di compimento. Proprio per questo noi ci troviamo di fronte ad una difficoltà così grande nel dare un nome appropriato a questi doni celesti fatti agli uomini mortali.
(1192.3) 108:5.8 Gli Aggiustatori di Pensiero vorrebbero cambiare i vostri sentimenti di paura in convinzioni d’amore e di fiducia; ma essi non possono farlo arbitrariamente e meccanicamente; ciò è compito vostro. Eseguendo quelle decisioni che vi liberano dalla schiavitù della paura, voi fornite letteralmente il fulcro fisico sul quale l’Aggiustatore può successivamente appoggiare una leva spirituale d’illuminazione che vi eleva e vi fa progredire.
(1192.4) 108:5.9 Quando si giunge ai conflitti acuti e ben definiti tra le tendenze superiori e quelle inferiori delle razze, tra ciò che è realmente giusto o sbagliato (non semplicemente ciò che voi potete chiamare giusto e sbagliato), potete contare sul fatto che l’Aggiustatore parteciperà sempre in maniera definita ed attiva a queste esperienze. Il fatto che tale attività dell’Aggiustatore possa essere inconscia nel partner umano non sminuisce in alcun modo il suo valore e la sua realtà.
(1192.5) 108:5.10 Se voi avete un guardiano personale del destino e non riuscite a sopravvivere, quell’angelo guardiano dovrà essere giudicato per ricevere giustificazione relativamente alla fedele esecuzione del suo incarico. Gli Aggiustatori di Pensiero invece non sono sottoposti a tale inchiesta quando i loro soggetti non riescono a sopravvivere. Noi tutti sappiamo che, mentre è possibile che un angelo possa non raggiungere la perfezione di ministero, gli Aggiustatori di Pensiero operano secondo la perfezione del Paradiso; il loro ministero è caratterizzato da una tecnica senza difetti che va oltre la possibilità di critica da parte di qualsiasi essere esterno a Divinington. Voi avete delle guide perfette; perciò la meta della perfezione è certamente raggiungibile.
(1192.6) 108:6.1 È veramente una meraviglia di condiscendenza divina per degli Aggiustatori elevati e perfetti offrirsi per un’esistenza reale nella mente di creature materiali, quali i mortali di Urantia, per compiere veramente un’unione probatoria con degli esseri terrestri di origine animale.
(1193.1) 108:6.2 Qualunque sia lo status precedente degli abitanti di un mondo, successivamente al conferimento di un Figlio divino e a quello dello Spirito della Verità a tutti gli umani, gli Aggiustatori si affollano su tale mondo per dimorare nella mente di tutte le creature normali dotate di volontà. Dopo il completamento della missione di un Figlio Paradisiaco di conferimento, questi Monitori diventano veramente il “regno dei cieli dentro di voi”. Con il conferimento dei doni divini il Padre si avvicina quanto più possibile al peccato e al male, perché è letteralmente vero che l’Aggiustatore deve coesistere nella mente mortale proprio in mezzo all’iniquità umana. Gli Aggiustatori interiori sono particolarmente tormentati dai pensieri puramente meschini ed egoisti; essi sono addolorati dall’irriverenza verso ciò che è bello e divino, e sono praticamente ostacolati nella loro opera da molte delle assurde paure animali ed ansietà infantili dell’uomo.
(1193.2) 108:6.3 I Monitori del Mistero sono indubbiamente il conferimento del Padre Universale, il riflesso dell’immagine di Dio proiettata nell’universo. Un grande maestro avvertì un tempo gli uomini che dovevano rinnovarsi nello spirito della loro mente; che dovevano trasformarsi in uomini nuovi, simili a Dio, creati in rettitudine ed in completezza di verità. L’Aggiustatore è il marchio della divinità, la presenza di Dio. L’ “immagine di Dio” non si riferisce alla somiglianza fisica né ai limiti circoscritti delle doti materiali delle creature, ma piuttosto al dono della presenza spirituale del Padre Universale nel conferimento celeste degli Aggiustatori di Pensiero alle umili creature degli universi.
(1193.3) 108:6.4 L’Aggiustatore è la sorgente della realizzazione spirituale e la speranza di un carattere divino in voi. Egli è il potere, il privilegio e la possibilità di sopravvivenza, che vi distinguono così pienamente ed eternamente dalle creature meramente animali. Egli è lo stimolo spirituale superiore e veramente interiore del pensiero, in contrasto con lo stimolo esterno e fisico che raggiunge la mente attraverso il meccanismo nervoso-energetico del corpo materiale.
(1193.4) 108:6.5 Questi fedeli custodi della carriera futura duplicano infallibilmente ogni creazione mentale con una contropartita spirituale; lentamente e sicuramente essi vi ricreano quali siete realmente (soltanto spiritualmente) per la risurrezione sui mondi della sopravvivenza. Tutte queste squisite nuove creazioni spirituali sono preservate nella realtà emergente della vostra anima immortale in evoluzione, il vostro io morontiale. Queste realtà esistono effettivamente, nonostante che l’Aggiustatore sia raramente in grado di elevare queste riproduzioni a sufficienza da esporle alla luce della coscienza.
(1193.5) 108:6.6 E come voi ne siete il genitore umano, così l’Aggiustatore è il genitore divino della vostra persona reale, del vostro io superiore in progresso, del vostro io morontiale migliore e del vostro io spirituale futuro. Ed è quest’anima morontiale in evoluzione che i giudici ed i censori discernono quando decretano la vostra sopravvivenza e vi elevano in nuovi mondi e nell’esistenza eterna in collegamento perpetuo con il vostro fedele partner — Dio, l’Aggiustatore.
(1193.6) 108:6.7 Gli Aggiustatori sono gli antenati eterni, gli originari divini, delle vostre anime immortali in evoluzione; sono la spinta incessante che porta l’uomo a tentare di governare l’esistenza materiale presente alla luce della carriera spirituale futura. I Monitori sono i prigionieri di una speranza imperitura, le sorgenti di una progressione eterna. E quanto sono felici di comunicare con i loro soggetti attraverso canali più o meno diretti! Quanto godono quando possono fare a meno di simboli e di altri metodi indiretti per indirizzare come lampi i loro messaggi all’intelletto dei loro partner umani!
(1194.1) 108:6.8 Voi umani avete dato avvio allo schiudersi interminabile di un panorama quasi infinito, un’espansione illimitata di sfere senza fine e sempre più vaste, che vi offrono delle opportunità di servizio stimolante, di avventure incomparabili, d’incertezze sublimi e di compimenti senza confini. Quando le nubi si addensano sopra di voi, la vostra fede dovrebbe accettare il fatto della presenza dell’Aggiustatore interiore, e voi dovreste quindi essere capaci di guardare oltre le nebbie dell’incertezza umana, nel bagliore scintillante del sole d’eterna rettitudine sulle altezze invitanti dei mondi delle dimore di Satania.
(1194.2) 108:6.9 [Presentato da un Messaggero Solitario di Orvonton.]
(1195.1) 109:0.1 GLI Aggiustatori di Pensiero sono i figli della carriera universale, ed in verità gli Aggiustatori vergini devono acquisire esperienza mentre le creature mortali crescono e si sviluppano. Come la personalità del bambino umano cresce attraverso le lotte dell’esperienza evoluzionaria, così l’Aggiustatore cresce nel corso delle prove preparatorie allo stadio successivo della vita ascendente. Come il bambino acquisisce flessibilità di adattamento in vista delle sue attività di adulto mediante la vita sociale e di gioco dell’infanzia terrena, così l’Aggiustatore interiore acquisisce abilità per lo stadio successivo di vita cosmica in virtù della pianificazione e della prova preliminare, sul piano mortale, di quelle attività che hanno a che fare con la carriera morontiale. L’esistenza umana costituisce un periodo di pratica che è efficacemente utilizzato dall’Aggiustatore per prepararsi alle accresciute responsabilità ed alle maggiori opportunità di una vita futura. Ma gli sforzi dell’Aggiustatore mentre vive in voi non sono tanto rivolti agli affari della vita temporale e dell’esistenza planetaria. Oggi gli Aggiustatori di Pensiero stanno, per così dire, facendo le prove delle realtà della carriera universale nelle menti in evoluzione degli esseri umani.
(1195.2) 109:1.1 Ci deve essere un piano completo e minuzioso per la preparazione e lo sviluppo degli Aggiustatori vergini prima che siano inviati fuori di Divinington, ma noi in realtà non sappiamo molto su questo. Esiste indubbiamente anche un esteso sistema per ripreparare gli Aggiustatori con esperienza di residenza in un mortale prima che s’imbarchino in nuove missioni di associazione con un altro mortale, ma anche in questo caso in realtà non lo sappiamo.
(1195.3) 109:1.2 Mi è stato riferito da Aggiustatori Personalizzati che ogni volta che un mortale abitato da un Monitore non riesce a sopravvivere, quando l’Aggiustatore ritorna a Divinington è sottoposto ad un corso di preparazione complementare. Questo addestramento addizionale è reso possibile dall’esperienza di aver dimorato in un essere umano, ed è sempre impartito prima che l’Aggiustatore sia rimandato nei mondi evoluzionari del tempo.
(1195.4) 109:1.3 L’effettiva esperienza vivente non ha alcun sostituto cosmico. La perfezione di divinità di un Aggiustatore di Pensiero appena formato non dota in alcun modo questo Monitore del Mistero di una capacità sperimentata di ministero. L’esperienza è inseparabile da un’esistenza vivente; essa è l’unica cosa che nessuna quantità di doni divini può dispensarvi dalla necessità di acquisire per mezzo di una effettiva vita. Perciò, alla stregua di tutti gli esseri che vivono ed operano nella sfera attuale del Supremo, gli Aggiustatori di Pensiero devono acquisire esperienza; devono evolversi dai gruppi inferiori senza esperienza fino a quelli superiori più esperti.
(1196.1) 109:1.4 Gli Aggiustatori passano per una inerente e ben determinata carriera di sviluppo definito nella mente dei mortali; ottengono una realtà di realizzazione che è eternamente loro. Essi acquisiscono progressivamente la perizia e l’abilità di Aggiustatore a seguito di tutti i loro contatti con le razze materiali, indipendentemente dalla sopravvivenza o meno dei loro soggetti mortali particolari. Essi sono anche associati alla pari con la mente umana nel favorire l’evoluzione dell’anima immortale con capacità di sopravvivenza.
(1196.2) 109:1.5 Il primo stadio di evoluzione degli Aggiustatori è raggiunto nella fusione con l’anima sopravvivente di un essere mortale. In tal modo, mentre voi vi evolvete per natura verso l’interno e verso l’alto dall’uomo fino a Dio, gli Aggiustatori si evolvono verso l’esterno e verso il basso da Dio fino all’uomo; e così il prodotto finale di questa unione di divinità e di umanità sarà eternamente il figlio dell’uomo ed il figlio di Dio.
(1196.3) 109:2.1 Voi siete stati informati della classificazione degli Aggiustatori in relazione alla loro esperienza — vergini, avanzati e supremi. Si deve anche riconoscere una certa classificazione per funzioni — gli Aggiustatori auto-operanti. Un Aggiustatore auto-operante è un Aggiustatore che:
(1196.4) 109:2.2 1. Ha acquisito una certa esperienza necessaria nella vita in evoluzione di una creatura dotata di volontà, sia come residente temporaneo su un tipo di mondo in cui gli Aggiustatori sono solo prestati ai soggetti mortali, sia su un pianeta in cui la fusione è effettiva ma l’umano non è riuscito a sopravvivere. Tale Monitore è un Aggiustatore avanzato o supremo.
(1196.5) 109:2.3 2. Ha acquisito l’equilibrio del potere spirituale in un umano che ha superato il terzo cerchio psichico e si è visto assegnare un guardiano serafico personale.
(1196.6) 109:2.4 3. Ha un soggetto che ha preso la decisione suprema, che si è impegnato solennemente e sinceramente con l’Aggiustatore. L’Aggiustatore vede in anticipo il momento dell’effettiva fusione e considera l’unione come un fatto compiuto.
(1196.7) 109:2.5 4. Ha un soggetto che è stato arruolato in uno dei corpi di riserva del destino su un mondo evoluzionario d’ascensione dei mortali.
(1196.8) 109:2.6 5. Ad un dato momento, durante il sonno umano, è stato temporaneamente staccato dalla mente del mortale in cui era confinato per compiere un’azione di collegamento, di contatto, di nuova registrazione, od un altro servizio extraumano associato all’amministrazione spirituale del mondo cui è assegnato.
(1196.9) 109:2.7 6. Ha servito in tempo di crisi nell’esperienza di un essere umano che era il complemento materiale di una personalità spirituale incaricata di compiere una missione cosmica essenziale all’economia spirituale del pianeta.
(1196.10) 109:2.8 Gli Aggiustatori auto-operanti sembrano possedere un considerevole grado di volontà in tutte le questioni che non coinvolgono la personalità umana in cui risiedono direttamente, com’è indicato dalle loro numerose azioni dentro e fuori i soggetti mortali ai quali sono assegnati. Tali Aggiustatori partecipano a numerose attività del regno, ma funzionano più spesso come residenti non identificati dei tabernacoli terreni da loro stessi scelti.
(1196.11) 109:2.9 Indubbiamente questi tipi di Aggiustatori più elevati e più esperti possono comunicare con quelli di altri regni. Ma se gli Aggiustatori auto-operanti comunicano in questo modo tra di loro, lo fanno soltanto sui livelli della loro reciproca attività ed allo scopo di preservare dei dati da custodire essenziali al ministero degli Aggiustatori nei regni in cui soggiornano, sebbene si sia saputo che in talune occasioni essi hanno agito in questioni interplanetarie durante tempi di crisi.
(1197.1) 109:2.10 Gli Aggiustatori supremi ed auto-operanti possono lasciare il corpo umano a volontà. Questi residenti non sono una parte organica o biologica della vita di un mortale; sono sovrapposizioni divine della stessa. Nei piani di vita originali essi sono stati previsti, ma non sono indispensabili all’esistenza materiale. Si deve tuttavia notare che molto raramente, seppur temporaneamente, essi lasciano i loro tabernacoli mortali una volta che hanno iniziato a risiedervi.
(1197.2) 109:2.11 Gli Aggiustatori che agiscono su un piano superiore sono quelli che hanno portato a termine con successo gli incarichi loro assegnati ed attendono soltanto la dissoluzione del veicolo della vita materiale o la traslazione dell’anima immortale.
(1197.3) 109:3.1 Il carattere del lavoro specifico dei Monitori del Mistero varia in conformità alla natura della loro destinazione, a seconda che siano Aggiustatori di collegamento o di fusione. Certi Aggiustatori sono semplicemente prestati per la durata della vita temporale dei loro soggetti; altri sono conferiti come candidati alla personalità con il permesso di fondersi per l’eternità se i loro soggetti sopravvivono. C’è anche una leggera variazione nel loro lavoro tra i differenti tipi planetari, così come nei differenti sistemi ed universi. Ma nell’insieme le loro attività sono notevolmente uniformi, più di quanto lo siano i compiti di tutti gli ordini creati di esseri celesti.
(1197.4) 109:3.2 Su certi mondi primitivi (il gruppo della serie uno) gli Aggiustatori dimorano nella mente delle creature come addestramento esperienziale, principalmente per istruirsi e svilupparsi progressivamente. Degli Aggiustatori vergini sono generalmente mandati su tali mondi durante i tempi iniziali in cui gli uomini primitivi stanno arrivando nella valle della decisione, ma in cui relativamente pochi di loro scelgono di elevarsi alle altezze morali che oltrepassano l’autodominio e l’acquisizione del carattere per raggiungere i livelli superiori della spiritualità emergente. (Molti, tuttavia, che non riescono a fondersi con il loro Aggiustatore sopravvivono come ascendenti fusi con lo Spirito.) Gli Aggiustatori ricevono una preziosa preparazione ed acquisiscono un’esperienza meravigliosa nell’associazione transitoria con le menti primitive, e possono utilizzare successivamente questa esperienza a beneficio di esseri superiori su altri mondi. Niente di ciò che ha valore di sopravvivenza è mai perduto in tutto l’immenso universo.
(1197.5) 109:3.3 Su un altro tipo di mondo (il gruppo della serie due) gli Aggiustatori sono semplicemente prestati agli esseri mortali. Qui i Monitori non possono mai raggiungere la personalità per fusione mediante tale residenza, ma portano un grande aiuto ai loro soggetti umani durante la loro vita mortale, molto più di quanto possano darne ai mortali di Urantia. Gli Aggiustatori sono qui prestati alle creature mortali per la durata di una sola vita come modelli per la loro realizzazione spirituale superiore, come aiutanti temporanei nel compito affascinante di perfezionare un carattere suscettibile di sopravvivere. Gli Aggiustatori non ritornano dopo la morte naturale; questi mortali sopravviventi raggiungono la vita eterna per fusione con lo Spirito.
(1197.6) 109:3.4 Su mondi come Urantia (il gruppo della serie tre) c’è una reale relazione con i doni divini, un impegno per la vita e per la morte. Se voi sopravviverete ci sarà un’unione eterna, una fusione perpetua; sarà fatto dell’uomo e dell’Aggiustatore un solo essere.
(1197.7) 109:3.5 Nei mortali a tre cervelli di questa serie di mondi, gli Aggiustatori riescono a stabilire un contatto reale molto più esteso con i loro soggetti durante la loro vita temporale che non in tipi ad uno o a due cervelli. Ma nella carriera successiva alla morte i tipi a tre cervelli procedono esattamente come il tipo ad un cervello e come i popoli a due cervelli — le razze di Urantia.
(1198.1) 109:3.6 Sui mondi abitati da bicerebrali, successivamente al soggiorno di un Figlio Paradisiaco di conferimento, raramente sono assegnati Aggiustatori vergini a persone che hanno indubbie capacità per sopravvivere. Noi crediamo che su tali mondi praticamente tutti gli Aggiustatori che dimorano negli uomini e nelle donne intelligenti che hanno la capacità di sopravvivere appartengano al tipo avanzato o al tipo supremo.
(1198.2) 109:3.7 In molte delle razze evoluzionarie primitive di Urantia esistevano tre gruppi di esseri. C’erano quelli che erano così prossimi agli animali da essere totalmente privi della capacità di ricevere un Aggiustatore. C’erano quelli che mostravano indubbie capacità per ricevere gli Aggiustatori e li ricevevano prontamente quando raggiungevano l’età della responsabilità morale. C’era una terza classe che occupava una posizione al limite; essi avevano le capacità per ricevere gli Aggiustatori, ma i Monitori potevano risiedere nella loro mente soltanto su richiesta personale di ciascun individuo.
(1198.3) 109:3.8 Ma in esseri virtualmente inadatti alla sopravvivenza a causa di tare ereditarie provenienti da antenati inidonei ed inferiori, molti Aggiustatori vergini hanno acquisito una preziosa esperienza preliminare a contatto con la mente evoluzionaria e si sono così meglio qualificati per un’assegnazione successiva ad un tipo di mente superiore su qualche altro mondo.
(1198.4) 109:4.1 Le forme superiori d’intercomunicazione intelligente tra gli esseri umani sono grandemente aiutate dagli Aggiustatori interiori. Gli animali hanno sentimenti di reciprocità, ma non comunicano dei concetti l’uno con l’altro; essi possono esprimere emozioni, ma non idee e ideali. Nemmeno gli uomini di origine animale hanno un tipo elevato di rapporti intellettuali o di comunione spirituale con i loro simili prima di aver ricevuto degli Aggiustatori di Pensiero, quantunque, quando queste creature evoluzionarie sviluppano il linguaggio, sono sulla buona strada per ricevere degli Aggiustatori.
(1198.5) 109:4.2 Gli animali comunicano tra di loro in maniera grossolana, ma non c’è che poca o nessuna personalità in tale contatto primitivo. Gli Aggiustatori non sono la personalità; sono esseri prepersonali. Ma essi provengono dalla sorgente della personalità e la loro presenza accresce le manifestazioni qualitative della personalità umana; ciò è specialmente vero se l’Aggiustatore ha avuto esperienze precedenti.
(1198.6) 109:4.3 Il tipo di Aggiustatore ha molta influenza sul potenziale d’espressione della personalità umana. Lungo le ere molti grandi capi intellettuali e spirituali di Urantia hanno esercitato la loro influenza principalmente a causa della superiorità e dell’esperienza precedente dei loro Aggiustatori interiori.
(1198.7) 109:4.4 Gli Aggiustatori interiori hanno cooperato in larga misura con altre influenze spirituali per trasformare ed umanizzare i discendenti degli uomini primitivi dei tempi antichi. Se gli Aggiustatori che dimorano nella mente degli abitanti di Urantia venissero ritirati, il mondo ritornerebbe lentamente a molte delle scene e delle pratiche degli uomini dei tempi primitivi; i Monitori divini sono uno dei potenziali reali della civiltà in progresso.
(1198.8) 109:4.5 Io ho osservato un Aggiustatore di Pensiero che dimora in una mente su Urantia il quale, secondo gli archivi di Uversa, ha dimorato precedentemente in quindici menti in Orvonton. Noi non sappiamo se questo Monitore abbia avuto esperienze simili in altri superuniversi, ma lo sospettiamo. Si tratta di un Aggiustatore meraviglioso, di una delle più utili e potenti forze di Urantia dell’era presente. Quello che altri hanno perduto per aver rifiutato di sopravvivere, questo essere umano (e l’intero vostro mondo) ora acquisisce. A colui che non ha qualità di sopravvivenza sarà tolto anche l’Aggiustatore sperimentato che ha ora, mentre a colui che ha prospettive di sopravvivenza sarà dato anche l’Aggiustatore con precedenti esperienze di un disertore indolente.
(1199.1) 109:4.6 In un certo senso gli Aggiustatori possono promuovere un certo grado di fecondazione planetaria incrociata nei domini della verità, della bellezza e della bontà. Ma è raro che siano consentite loro due esperienze di residenza sullo stesso pianeta; nessun Aggiustatore che serve attualmente su Urantia è stato in precedenza su questo mondo. Io so di che cosa parlo, perché noi abbiamo il loro numero ed il loro stato di servizio negli archivi di Uversa.
(1199.2) 109:5.1 Gli Aggiustatori supremi ed auto-operanti sono spesso in grado di fornire dei fattori spiritualmente importanti alla mente umana quando essa fluisce liberamente nei canali sgombri ma controllati dell’immaginazione creativa. In tali momenti, e talvolta durante il sonno, l’Aggiustatore può arrestare le correnti mentali, bloccarne il corso e poi deviare il procedere delle idee. Tutto ciò viene fatto allo scopo di effettuare delle profonde trasformazioni spirituali nei recessi superiori della supercoscienza. In tal modo le forze e le energie della mente sono aggiustate più completamente al diapason dei toni di contatto del livello spirituale del presente e del futuro.
(1199.3) 109:5.2 Talvolta è possibile avere la mente illuminata, udire la voce divina che parla continuamente in voi e divenire parzialmente coscienti della saggezza, della verità, della bontà e della bellezza della personalità potenziale che costantemente dimora in voi.
(1199.4) 109:5.3 Ma i vostri atteggiamenti mentali instabili e rapidamente mutevoli hanno spesso per effetto di ostacolare i piani e d’interrompere il lavoro degli Aggiustatori. La loro opera non solo è ostacolata dalla natura innata delle razze mortali, ma il loro ministero è anche grandemente ritardato dalle vostre opinioni preconcette, dalle idee radicate e dai pregiudizi di vecchia data. A causa di questi ostacoli molte volte emergono nella coscienza soltanto le loro creazioni incomplete, e la confusione dei concetti è allora inevitabile. Perciò, nell’analizzare delle situazioni mentali, la sicurezza sta solo nel pronto riconoscimento di ogni pensiero e di ogni esperienza esattamente per quello che realmente e fondamentalmente sono, senza tenere minimamente conto di ciò che avrebbero potuto essere.
(1199.5) 109:5.4 Il grande problema della vita consiste nell’aggiustare le tendenze ancestrali della vita sulle esigenze degli impulsi spirituali provocati dalla presenza divina del Monitore di Mistero. Mentre nella carriera dell’universo e del superuniverso nessun uomo può servire due padroni alla volta, nella vita che vivete attualmente su Urantia ogni uomo deve servire necessariamente due padroni. Egli deve diventare esperto nell’arte di un continuo compromesso umano e temporale, mentre concede devozione spirituale ad un solo padrone; questo è il motivo per cui molti inciampano e falliscono, si stancano e soccombono alla tensione della lotta evoluzionaria.
(1199.6) 109:5.5 Mentre il lascito ereditario della dotazione cerebrale e quello del supercontrollo elettrochimico concorrono entrambi a delimitare la sfera d’attività di un Aggiustatore efficiente, nessun ostacolo ereditario (in menti normali) impedisce mai il compimento spirituale finale. L’eredità può interferire nella rapidità di conquista della personalità, ma non impedisce il completamento finale dell’avventura ascendente. Se voi coopererete con il vostro Aggiustatore, questo dono divino presto o tardi svilupperà l’anima immortale morontiale, e dopo la fusione con essa, presenterà la nuova creatura al Figlio Maestro sovrano dell’universo locale ed infine al Padre degli Aggiustatori in Paradiso.
(1200.1) 109:6.1 Gli Aggiustatori non falliscono mai; niente di ciò che merita di sopravvivere va mai perduto; ogni valore significativo in ogni creatura dotata di volontà è certo di sopravvivere, indipendentemente dalla sopravvivenza o meno della personalità che ha scoperto o valutato questo significato. Certo, una creatura mortale può rifiutare la sopravvivenza; nondimeno l’esperienza della sua vita non sarà sprecata. L’Aggiustatore eterno porta gli elementi validi di tale vita apparentemente fallita in un altro mondo e là donerà questi significati e valori sopravviventi ad un tipo superiore di mente mortale, ad un tipo con capacità di sopravvivenza. Nessuna esperienza valida ha mai luogo invano; nessun vero significato o valore reale perisce mai.
(1200.2) 109:6.2 Per quanto concerne i candidati alla fusione, se un Monitore di Mistero è abbandonato dal suo associato mortale, se il partner umano rifiuta di proseguire la carriera ascendente, allora, quando è liberato dalla morte naturale (o prima di ciò), l’Aggiustatore porta con sé ogni cosa con valore di sopravvivenza che si è evoluta nella mente della creatura non sopravvivente. Se un Aggiustatore non riuscisse ripetutamente a fondersi con una personalità a causa della non sopravvivenza dei suoi soggetti umani successivi, e se tale Monitore fosse in seguito personalizzato, tutta l’esperienza acquisita per aver abitato e dominato tutte queste menti mortali diverrebbe pieno possesso di tale nuovo Aggiustatore Personalizzato, una dotazione di cui beneficerà e che utilizzerà nel corso delle ere future. Un Aggiustatore Personalizzato di quest’ordine è un insieme composito di tutti i tratti sopravviventi di tutte le creature in cui ha dimorato precedentemente.
(1200.3) 109:6.3 Quando degli Aggiustatori con lunga esperienza nell’universo si offrono volontari per dimorare nei Figli divini in missioni di conferimento, sanno benissimo che il raggiungimento della personalità non potrà mai essere conseguito mediante questo servizio. Ma spesso il Padre degli spiriti accorda la personalità a questi volontari e li costituisce dirigenti della loro specie. Queste sono le personalità onorate con l’autorità su Divinington. E le loro nature straordinarie incorporano il mosaico umano delle loro molteplici esperienze di soggiorno nei mortali ed anche la trascrizione spirituale della divinità umana del Figlio di conferimento del Paradiso con il quale hanno terminato la loro esperienza di soggiorno.
(1200.4) 109:6.4 Le attività degli Aggiustatori nel vostro universo locale sono dirette dall’Aggiustatore Personalizzato di Micael di Nebadon, lo stesso Monitore che lo guidò passo dopo passo nel corso della sua vita umana nella carne di Joshua ben Joseph. Questo straordinario Aggiustatore fu fedele alla sua missione; questo valente Monitore diresse saggiamente la natura umana guidando sempre la mente mortale del Figlio Paradisiaco nella scelta del sentiero della volontà perfetta del Padre. Questo Aggiustatore aveva servito precedentemente con Machiventa Melchizedek al tempo di Abramo e si era impegnato in imprese straordinarie prima di tale soggiorno e nell’intervallo tra queste esperienze di conferimento.
(1200.5) 109:6.5 Questo Aggiustatore trionfò veramente nella mente umana di Gesù — quella mente che in ciascuna delle situazioni ricorrenti della vita mantenne una consacrazione devota alla volontà del Padre, dicendo: “Non sia fatta la mia volontà, ma la tua.” Una tale consacrazione decisiva costituisce il vero passaporto per superare le limitazioni della natura umana verso la finalità della realizzazione divina.
(1200.6) 109:6.6 Questo stesso Aggiustatore riflette ora, nella natura inscrutabile della sua possente personalità, l’umanità di Joshua ben Joseph precedente al suo battesimo, l’eterna e vivente trascrizione dei valori eterni e viventi che il più grande di tutti gli Urantiani ha fatto sorgere dalle umili circostanze di una vita comune, quale fu vissuta fino al totale esaurimento dei valori spirituali raggiungibili nell’esperienza di un mortale.
(1201.1) 109:6.7 Ogni cosa di valore permanente affidata ad un Aggiustatore è certa di sopravvivere eternamente. In certi casi il Monitore detiene queste proprietà per conferirle ad una mente mortale nella quale risiederà in futuro; in altri casi, alla personalizzazione, queste realtà sopravviventi conservate sono tenute in deposito per un’utilizzazione futura nel servizio degli Architetti dell’Universo Maestro.
(1201.2) 109:7.1 Noi non possiamo dire se i frammenti non Aggiustatori del Padre siano o non siano personalizzabili, ma voi siete stati informati che la personalità è il dono sovrano del libero arbitrio del Padre Universale. Per quanto ne sappiamo, i frammenti del Padre del tipo Aggiustatore raggiungono la personalità solo acquisendo degli attributi personali mediante il ministero di servizio verso un essere personale. Questi Aggiustatori Personalizzati hanno la loro sede su Divinington, dove istruiscono e dirigono i loro associati prepersonali.
(1201.3) 109:7.2 Gli Aggiustatori di Pensiero Personalizzati sono gli stabilizzatori ed i compensatori sovrani, privi di ostacoli e di assegnazione, dell’immenso universo degli universi. Essi congiungono l’esperienza del Creatore con quella della creatura — esistenziale ed esperienziale. Essi sono degli esseri congiunti del tempo e dell’eternità. Associano il prepersonale ed il personale nell’amministrazione dell’universo.
(1201.4) 109:7.3 Gli Aggiustatori Personalizzati sono gli esecutori infinitamente saggi e potenti degli Architetti dell’Universo Maestro. Essi sono gli agenti personali del ministero totale del Padre Universale — personale, prepersonale e superpersonale. Sono i ministri personali delle situazioni straordinarie, insolite ed impreviste in tutti i regni delle sfere absonite trascendentali del dominio di Dio l’Ultimo, anche fino ai livelli di Dio l’Assoluto.
(1201.5) 109:7.4 Essi sono i soli esseri degli universi che inglobano nel loro essere tutte le relazioni conosciute di personalità; essi sono onnipersonali — sono prima della personalità, sono la personalità e sono dopo la personalità. Essi amministrano la personalità del Padre Universale come nell’eterno passato, nell’eterno presente e nell’eterno futuro.
(1201.6) 109:7.5 Il Padre ha conferito al Figlio Eterno la personalità esistenziale di ordine infinito ed assoluto, ma ha scelto di riservare per il proprio ministero la personalità esperienziale del tipo degli Aggiustatori Personalizzati conferita all’Aggiustatore prepersonale esistenziale. E queste personalità sono quindi entrambe destinate alla superpersonalità eterna futura del ministero trascendentale nei regni absoniti dell’Ultimo, del Supremo-Ultimo, fino ai livelli stessi dell’Ultimo-Assoluto.
(1201.7) 109:7.6 Raramente si vedono degli Aggiustatori Personalizzati vagare negli universi. Occasionalmente essi si consultano con gli Antichi dei Giorni e talvolta gli Aggiustatori Personalizzati dei Figli Creatori settupli vengono sui mondi capitali delle costellazioni per conferire con i dirigenti Vorondadek.
(1201.8) 109:7.7 Quando l’osservatore planetario Vorondadek di Urantia — l’Altissimo custode che assunse non molto tempo fa la reggenza d’emergenza del vostro mondo — affermò la sua autorità alla presenza del governatore generale residente, iniziò la sua amministrazione d’emergenza di Urantia con un personale completamente di sua scelta. Egli assegnò immediatamente a tutti i suoi associati ed assistenti i loro incarichi planetari. Ma non scelse i tre Aggiustatori Personalizzati che apparvero in sua presenza non appena egli assunse la reggenza. Egli non sapeva nemmeno che sarebbero apparsi in questo modo, perché essi non avevano manifestato così la loro presenza divina in occasione di una precedente reggenza. E l’Altissimo reggente non assegnò servizi e non attribuì incarichi a questi Aggiustatori Personalizzati volontari. Ciò nonostante questi tre esseri onnipersonali furono tra i più attivi dei numerosi ordini di esseri celesti che allora servivano su Urantia.
(1202.1) 109:7.8 Gli Aggiustatori Personalizzati compiono una vasta gamma di servizi per numerosi ordini di personalità dell’universo, ma non ci è consentito discutere di questi ministeri con creature evoluzionarie in cui dimorano degli Aggiustatori. Queste divinità umane straordinarie sono tra le personalità più rimarchevoli dell’intero grande universo e nessuno osa predire quali potranno essere le loro missioni future.
(1202.2) 109:7.9 [Presentato da un Messaggero Solitario di Orvonton.]
(1203.1) 110:0.1 IL DONO della libertà ad esseri imperfetti comporta inevitabilmente delle tragedie ed è nella natura della perfetta Deità ancestrale condividere universalmente ed affettuosamente queste sofferenze con amore fraterno.
(1203.2) 110:0.2 Per quanto conosco degli affari di un universo, io considero l’amore e la devozione di un Aggiustatore di Pensiero come l’affetto veramente più divino di tutta la creazione. L’amore dei Figli nel loro ministero presso le razze è stupendo, ma la devozione di un Aggiustatore all’individuo è di una sublimità commovente, divinamente simile a quella del Padre. Il Padre del Paradiso si è apparentemente riservato questa forma di contatto personale con le singole creature come sua prerogativa esclusiva di Creatore. E non c’è niente in tutto l’universo degli universi che sia esattamente comparabile al ministero meraviglioso di queste entità impersonali che abitano in modo così incantevole i figli dei pianeti evoluzionari.
(1203.3) 110:1.1 Non si deve pensare che gli Aggiustatori vivano nel cervello materiale degli esseri umani. Essi non sono parti organiche delle creature fisiche dei regni. Gli Aggiustatori di Pensiero si possono immaginare più propriamente come residenti nella mente mortale dell’uomo piuttosto che confinati in un organo fisico determinato. Indirettamente e senza essere riconosciuto l’Aggiustatore comunica costantemente con il suo soggetto umano, specialmente durante le sublimi esperienze di contatto adoratore della mente con lo spirito nella supercoscienza.
(1203.4) 110:1.2 Vorrei che mi fosse possibile aiutare i mortali in evoluzione a comprendere meglio e ad apprezzare più pienamente l’opera generosa e splendida degli Aggiustatori che vivono in loro e che sono così devotamente fedeli al compito di promuovere il benessere spirituale degli uomini. Questi Monitori sono dei ministri efficienti delle fasi superiori della mente umana; sono dei manipolatori saggi ed esperti del potenziale spirituale dell’intelletto umano. Questi aiuti celesti si dedicano al compito stupendo di guidarvi in sicurezza verso l’interno e verso l’alto, fino al porto celeste della felicità. Questi lavoratori infaticabili si consacrano alla personificazione futura del trionfo della verità divina nella vostra vita eterna. Essi sono gli operatori vigilanti che pilotano la mente umana cosciente di Dio lontano dai bassifondi del male, guidando abilmente l’anima in evoluzione dell’uomo verso i porti divini della perfezione su rive lontanissime ed eterne. Gli Aggiustatori sono dei conduttori amorevoli, le vostre guide sicure e fidate attraverso i dedali oscuri ed incerti della vostra breve carriera terrena; sono i maestri pazienti che spingono costantemente i loro soggetti ad avanzare nei sentieri della perfezione progressiva. Essi sono gli attenti custodi dei valori sublimi del carattere delle creature. Io vorrei che li amaste di più, che cooperaste con loro più pienamente ed aveste per loro maggior affetto.
(1204.1) 110:1.3 Benché gli abitanti divini si occupino principalmente della vostra preparazione spirituale per lo stadio successivo dell’esistenza eterna, s’interessano profondamente anche del vostro benessere temporale e delle vostre realizzazioni materiali sulla terra. Essi sono lieti di contribuire alla vostra salute, alla vostra felicità ed alla vostra vera prosperità. Essi non sono indifferenti alla vostra riuscita in tutte le questioni di avanzamento planetario che non contrastano con la vostra vita futura di progresso eterno.
(1204.2) 110:1.4 Gli Aggiustatori s’interessano e si occupano delle vostre attività quotidiane e dei molteplici dettagli della vostra vita nella misura in cui questi influenzano la determinazione delle vostre scelte temporali significative e delle vostre decisioni spirituali vitali, e per questo sono fattori importanti nella soluzione del problema della sopravvivenza della vostra anima e del vostro progresso eterno. L’Aggiustatore, mentre è passivo per quanto concerne il vostro benessere puramente temporale, è divinamente attivo in tutti gli affari riguardanti il vostro futuro eterno.
(1204.3) 110:1.5 L’Aggiustatore rimane con voi in tutti i disastri e durante tutti le malattie che non distruggono interamente le funzioni mentali. Ma quanto è crudele insozzare consapevolmente o profanare deliberatamente in qualche modo il corpo fisico che deve servire da tabernacolo terreno a questo meraviglioso dono di Dio. Tutti i veleni fisici ritardano grandemente gli sforzi dell’Aggiustatore per elevare la mente materiale, mentre allo stesso modo i veleni mentali della paura, della collera, dell’invidia, della gelosia, del sospetto e dell’intolleranza interferiscono terribilmente nel progresso spirituale dell’anima in evoluzione.
(1204.4) 110:1.6 Oggi voi state passando per il periodo di corteggiamento da parte del vostro Aggiustatore; e se soltanto vi mostrate degni della fiducia riposta in voi dallo spirito divino, che cerca la vostra mente e la vostra anima per un’unione eterna, ne seguirà alla fine quell’unione morontiale, quell’armonia superna, quella coordinazione cosmica, quella sintonia divina, quella fusione celeste, quella mescolanza eterna dell’identità, quell’unità dell’essere che sono talmente perfette e definitive che nemmeno le personalità più sperimentate potranno mai dissociare o riconoscere come identità separate i partner fusi — l’uomo mortale e l’Aggiustatore divino.
(1204.5) 110:2.1 Quando gli Aggiustatori di Pensiero dimorano nelle menti umane, portano con sé le carriere modello, le vite ideali, quali sono state determinate e preordinate da loro stessi e dagli Aggiustatori Personalizzati di Divinington, e che sono state convalidate dall’Aggiustatore Personalizzato di Urantia. Essi cominciano dunque a lavorare con un piano definito e predeterminato per lo sviluppo intellettuale e spirituale dei loro soggetti umani, ma nessun essere umano è obbligato ad accettare questo piano. Voi siete tutti dei soggetti predestinati, ma non è preordinato che dobbiate accettare questa predestinazione divina; voi siete pienamente liberi di rifiutare tutto o in parte il programma degli Aggiustatori di Pensiero. La loro missione è di effettuare i cambiamenti mentali e di fare gli aggiustamenti spirituali che voi autorizzate volentieri ed intelligentemente, affinché possano acquisire maggiore influenza sull’orientamento della vostra personalità. Ma in nessuna circostanza questi Monitori divini approfittano di voi o v’influenzano arbitrariamente in un qualunque modo nelle vostre scelte e nelle vostre decisioni. Gli Aggiustatori rispettano la sovranità della vostra personalità; essi si sottomettono sempre alla vostra volontà.
(1204.6) 110:2.2 Essi sono perseveranti, ingegnosi e perfetti nei loro metodi di lavoro, ma non fanno mai violenza all’individualità volitiva dei loro ospiti. Nessun essere umano sarà mai spiritualizzato da un Monitore divino contro la sua volontà; la sopravvivenza è un dono degli Dei che deve essere desiderato dalle creature del tempo. In ultima analisi, qualunque cosa l’Aggiustatore sia riuscito a fare per voi, gli annali mostreranno che la trasformazione è stata compiuta con il vostro consenso cooperativo; voi sarete stato un collaboratore volontario dell’Aggiustatore nel raggiungimento di ogni tappa della prodigiosa trasformazione della carriera d’ascensione.
(1205.1) 110:2.3 L’Aggiustatore non cerca di controllare i vostri pensieri come tali, ma piuttosto di spiritualizzarli, di renderli eterni. Né gli angeli né gli Aggiustatori si occupano d’influenzare direttamente il pensiero umano; ciò è prerogativa esclusiva della vostra personalità. Gli Aggiustatori si dedicano a migliorare, modificare, aggiustare e coordinare i vostri processi mentali; si consacrano più specialmente e specificamente a costruire delle contropartite spirituali delle vostre carriere, delle trascrizioni morontiali del vostro vero io in progresso, al fine di farlo sopravvivere.
(1205.2) 110:2.4 Gli Aggiustatori operano nelle sfere dei livelli superiori della mente umana, cercando incessantemente di produrre dei duplicati morontiali di ogni concetto dell’intelletto mortale. Vi sono quindi due realtà che influiscono e che sono incentrate sui circuiti della mente umana: una, un io mortale evolutosi dai piani originali dei Portatori di Vita, l’altra, un’entità immortale proveniente dalle alte sfere di Divinington, un dono interiore di Dio. Ma l’io mortale è anche un io personale; è dotato di personalità.
(1205.3) 110:2.5 In quanto creatura personale voi avete una mente ed una volontà. In quanto creatura prepersonale l’Aggiustatore ha una premente ed una prevolontà. Se voi vi conformate così pienamente alla mente dell’Aggiustatore da vedere allo stesso modo, allora la vostra mente e la sua diventeranno una, e voi riceverete il rafforzamento della mente dell’Aggiustatore. Successivamente, se la vostra volontà ordinerà e metterà in esecuzione le decisioni di questa nuova mente congiunta, la volontà prepersonale dell’Aggiustatore raggiungerà, grazie alla vostra decisione, un’espressione di personalità, e per quanto concerne quel particolare progetto voi e l’Aggiustatore sarete uno. La vostra mente ha raggiunto la sincronia con la divinità e la volontà dell’Aggiustatore ha raggiunto l’espressione della personalità.
(1205.4) 110:2.6 Nella misura in cui questa identità è realizzata, voi vi avvicinate mentalmente all’ordine morontiale d’esistenza. Il termine mente morontiale significa la sostanza e la somma di una mente di natura materiale ed una di natura spirituale che cooperano. L’intelletto morontiale, perciò, implica nell’universo locale una doppia mente dominata da una sola volontà. E nei mortali è una volontà di origine umana che diviene divina mediante l’identificazione da parte dell’uomo della sua mente umana con il tipo di mente di Dio.
(1205.5) 110:3.1 Gli Aggiustatori stanno giocando il gioco sacro e magnifico delle ere; sono impegnati in una delle avventure supreme del tempo nello spazio. E quanto sono felici quando la vostra cooperazione permette loro di prestarvi assistenza nelle vostre brevi lotte temporali mentre essi continuano a proseguire i loro compiti più vasti dell’eternità. Ma di solito, quando il vostro Aggiustatore tenta di comunicare con voi, il suo messaggio si perde nelle correnti materiali dei flussi d’energia della mente umana; solo occasionalmente voi cogliete un eco, un debole e lontano eco della voce divina.
(1205.6) 110:3.2 Il successo del vostro Aggiustatore nell’impresa di pilotarvi attraverso la vita mortale e di portare a buon fine la vostra sopravvivenza dipende non tanto dalle teorie delle vostre credenze quanto dalle vostre decisioni, dalle vostre determinazioni e dalla fermezza della vostra fede. Tutti questi movimenti di crescita della personalità divengono delle potenti influenze che contribuiscono al vostro avanzamento perché vi aiutano a cooperare con l’Aggiustatore; essi vi assistono nel cessare di opporgli resistenza. Gli Aggiustatori di Pensiero hanno successo od apparentemente falliscono nelle loro imprese terrene nell’esatta misura in cui i mortali riescono o meno a cooperare con il piano mediante il quale saranno elevati lungo il sentiero ascendente di raggiungimento della perfezione. Il segreto della sopravvivenza è avvolto nel supremo desiderio umano di essere simili a Dio e nella buona volontà associata di fare e di essere tutto ciò che è essenziale alla realizzazione finale di tale desiderio dominante.
(1206.1) 110:3.3 Quando noi parliamo del successo o dell’insuccesso di un Aggiustatore parliamo in termini di sopravvivenza umana. Gli Aggiustatori non falliscono mai; essi sono di essenza divina ed escono sempre trionfanti da ciascuna delle loro imprese.
(1206.2) 110:3.4 Io non posso che constatare che molti di voi spendono troppo tempo ed idee per le cose insignificanti della vita, mentre dimenticate quasi del tutto le realtà più essenziali d’importanza eterna, quei compimenti che concernono lo sviluppo di un modo di lavorare più armonioso tra voi ed i vostri Aggiustatori. La grande meta dell’esistenza umana è quella di armonizzarsi con la divinità dell’Aggiustatore interiore; la grande impresa della vita del mortale è il raggiungimento di una vera ed intelligente consacrazione agli scopi eterni dello spirito divino che attende e lavora nella vostra mente. Ma uno sforzo devoto e determinato per realizzare il destino eterno è totalmente compatibile con una vita spensierata e gioiosa e con una carriera terrena onorevole e riuscita. La cooperazione con l’Aggiustatore di Pensiero non implica l’autotortura, la falsa devozione o un modo ipocrita ed ostentativo di svilimento di se stessi; la vita ideale è una vita di servizio amorevole più che un’esistenza di apprensione timorosa.
(1206.3) 110:3.5 L’essere confusi, perplessi, talvolta anche scoraggiati e sconcertati, non significa necessariamente resistenza alle direttive dell’Aggiustatore interiore. Tali atteggiamenti denotano talvolta mancanza di cooperazione attiva con il Monitore divino e possono quindi ritardare un po’ i progressi spirituali, ma queste difficoltà emotive intellettuali non interferiscono minimamente nella certezza di sopravvivenza dell’anima che conosce Dio. L’ignoranza da sola non può mai impedire la sopravvivenza; né lo possono i dubbi che causano confusione od incertezza timorosa. Soltanto la resistenza cosciente alla guida dell’Aggiustatore può impedire la sopravvivenza dell’anima immortale in evoluzione.
(1206.4) 110:3.6 Voi non dovete considerare la cooperazione con il vostro Aggiustatore come un processo particolarmente cosciente, perché non lo è; ma i vostri moventi e le vostre decisioni, le vostre determinazioni sincere ed i vostri desideri supremi, costituiscono una reale ed efficace cooperazione. Voi potete accrescere coscientemente l’armonia con l’Aggiustatore:
(1206.5) 110:3.7 1. Scegliendo di rispondere alla guida divina; basando sinceramente la vostra vita umana sulla coscienza più alta della verità, della bellezza e della bontà, e coordinando poi queste qualità di divinità per mezzo della saggezza, dell’adorazione, della fede e dell’amore.
(1206.6) 110:3.8 2. Amando Dio e desiderando di essere simili a lui — il riconoscimento sincero della paternità divina e l’adorazione affettuosa del Genitore celeste.
(1206.7) 110:3.9 3. Amando gli uomini e desiderando sinceramente di servirli — il riconoscimento sentito della fratellanza degli uomini unita ad un affetto saggio ed intelligente per ciascuno dei vostri simili mortali.
(1206.8) 110:3.10 4. Accettando gioiosamente la cittadinanza cosmica — il riconoscimento onesto dei vostri obblighi progressivi verso l’Essere Supremo, la consapevolezza dell’interdipendenza tra l’uomo evoluzionario e la Deità in evoluzione. Questa è la nascita della moralità cosmica e l’alba della realizzazione del dovere universale.
(1207.1) 110:4.1 Gli Aggiustatori sono in grado di ricevere la corrente continua dell’intelligenza cosmica che arriva sui circuiti maestri del tempo e dello spazio; essi sono in stretto contatto con l’intelligenza e l’energia spirituale degli universi. Ma tali potenti abitanti interiori sono incapaci di trasmettere molti di questi tesori di saggezza e di verità alla mente dei loro soggetti mortali a causa della mancanza di una natura comune e dell’assenza di un riconoscimento responsivo.
(1207.2) 110:4.2 L’Aggiustatore di Pensiero è impegnato in uno sforzo costante per spiritualizzare la vostra mente in modo da far evolvere la vostra anima morontiale; ma voi siete generalmente ignari di questo ministero interiore. Siete del tutto incapaci di distinguere il prodotto del vostro intelletto materiale da quello delle attività congiunte della vostra anima e dell’Aggiustatore.
(1207.3) 110:4.3 Certe repentine presentazioni di pensieri, certe conclusioni ed altre immagini mentali sono talvolta l’opera diretta o indiretta dell’Aggiustatore; ma molto più spesso esse sono l’emersione improvvisa nella coscienza d’idee che si sono raccolte sui livelli mentali sommersi, avvenimenti naturali e comuni della normale funzione psichica ordinaria inerente ai circuiti della mente animale in evoluzione. (In contrasto con queste emanazioni subcoscienti, le rivelazioni dell’Aggiustatore appaiono attraverso i regni del superconscio.)
(1207.4) 110:4.4 Affidate tutte le questioni mentali che oltrepassano il livello della coscienza alla custodia degli Aggiustatori. A tempo debito, se non in questo mondo in seguito nei mondi delle dimore, essi vi renderanno largamente conto della loro gestione e alla fine faranno apparire i significati ed i valori affidati alla loro cura e custodia. Se sopravviverete, essi risusciteranno ogni tesoro di valore della mente mortale.
(1207.5) 110:4.5 Esiste un immenso abisso tra l’umano e il divino, tra l’uomo e Dio. Le razze di Urantia sono così largamente controllate da processi chimici ed elettrici, così altamente simili agli animali nel loro comportamento ordinario, così emotive nelle loro reazioni abituali, che diventa estremamente difficile per i Monitori guidarle e dirigerle. Voi siete talmente privi di decisioni coraggiose e di cooperazione consacrata che i vostri Aggiustatori interiori si trovano quasi nell’impossibilità di comunicare direttamente con la mente umana. Anche quando riescono a proiettare uno sprazzo di verità nuova all’anima mortale in evoluzione, questa rivelazione spirituale spesso acceca talmente la creatura da provocare una crisi di fanatismo o da scatenare qualche altro sconvolgimento intellettuale con risultati disastrosi. Molte nuove religioni e strani “ismi” sono nati da comunicazioni abortite, imperfette, mal comprese e deformate degli Aggiustatori di Pensiero.
(1207.6) 110:4.6 Per molte migliaia di anni, come mostrano gli archivi di Jerusem, in ogni generazione sono vissuti sempre meno esseri in grado di operare senza pericolo con Aggiustatori auto-operanti. Questo è un quadro allarmante, e le personalità che sovrintendono Satania guardano con favore alle proposte di alcuni dei vostri supervisori planetari più immediati che raccomandano l’assunzione di misure atte a favorire e a conservare i tipi spirituali superiori delle razze di Urantia.
(1207.7) 110:5.1 Non confondete e non mischiate la missione e l’influenza dell’Aggiustatore con quella che viene comunemente chiamata coscienza, esse non sono direttamente collegate. La coscienza è una reazione umana e puramente psichica. Essa non deve essere disprezzata, ma non è la voce di Dio per l’anima, che in verità sarebbe l’Aggiustatore se tale voce potesse essere udita. La coscienza, giustamente, vi consiglia di agire bene, ma l’Aggiustatore in aggiunta si sforza di dirvi ciò che è veramente retto, e questo nel momento e nella misura in cui siete in grado di percepire le direttive del Monitore.
(1208.1) 110:5.2 Le esperienze umane dei sogni, quella disordinata e sconnessa rassegna della mente addormentata non coordinata, offrono una prova adeguata del fallimento degli Aggiustatori di armonizzare ed associare i fattori divergenti della mente dell’uomo. Gli Aggiustatori semplicemente non riescono, nello spazio di una sola vita, a coordinare e sincronizzare arbitrariamente due modi di pensare così dissimili e diversi come quello umano e quello divino. Quando ci riescono, come talvolta è avvenuto, queste anime sono trasferite direttamente sui mondi delle dimore senza la necessità di passare per l’esperienza della morte.
(1208.2) 110:5.3 Durante il periodo di sonno l’Aggiustatore tenta di compiere soltanto quello che la volontà della personalità in cui dimorava ha in precedenza pienamente approvato mediante le decisioni e le scelte adottate quando la coscienza era pienamente sveglia, e che sono per questo venute a situarsi nei regni della supermente, il dominio di collegamento delle interrelazioni tra l’umano e il divino.
(1208.3) 110:5.4 Mentre i loro ospiti mortali sono addormentati gli Aggiustatori tentano di registrare le loro creazioni sui livelli superiori della mente materiale, ed alcuni dei vostri sogni grotteschi indicano il loro fallimento nello stabilire un contatto efficace. Le assurdità della vita dei sogni non attestano soltanto la pressione di emozioni inespresse, ma testimoniano anche l’orribile deformazione delle rappresentazioni dei concetti spirituali presentati dagli Aggiustatori. Le vostre passioni, i vostri impulsi ed altre tendenze innate si trasferiscono nel quadro e sostituiscono i loro desideri inespressi ai messaggi divini che i Monitori si stanno sforzando d’introdurre negli archivi psichici durante il sonno incosciente.
(1208.4) 110:5.5 È estremamente rischioso formulare delle ipotesi sul ruolo dell’Aggiustatore nella vita dei sogni. Gli Aggiustatori lavorano durante il sonno, ma le vostre esperienze ordinarie dei sogni sono fenomeni puramente fisiologici e psicologici. Similmente è azzardato tentare la differenziazione della registrazione dei concetti dell’Aggiustatore dalla ricezione più o meno continua e cosciente degli ordini della coscienza mortale. Questi sono problemi che dovranno essere risolti per mezzo del discernimento individuale e della decisione personale. Ma un essere umano farebbe meglio a commettere l’errore di respingere l’espressione di un Aggiustatore credendo che sia un’esperienza puramente umana piuttosto che sbagliare grossolanamente nell’esaltare una reazione della mente mortale al livello di dignità divina. Ricordatevi che l’influenza di un Aggiustatore di Pensiero è per la maggior parte, sebbene non interamente, un’esperienza supercosciente.
(1208.5) 110:5.6 In gradi diversi e sempre di più via via che ascendete i cerchi psichici, talvolta direttamente ma più spesso indirettamente, voi comunicate con il vostro Aggiustatore. Ma è pericoloso ritenere che ogni nuovo concetto che ha origine nella mente umana sia il dettato dell’Aggiustatore. Molto spesso, in esseri del vostro ordine, ciò che accettate come la voce dell’Aggiustatore è in realtà l’emanazione del vostro stesso intelletto. Questo è un terreno pericoloso ed ogni essere umano deve risolvere questi problemi da se stesso secondo la sua saggezza umana naturale e la sua intuizione superumana.
(1208.6) 110:5.7 L’Aggiustatore dell’essere umano tramite il quale viene trasmessa questa comunicazione gode di un vasto campo d’azione principalmente a causa della quasi completa indifferenza di questo umano per ogni manifestazione esteriore della presenza interiore dell’Aggiustatore. È veramente una fortuna che egli rimanga coscientemente del tutto distaccato dall’intero procedimento. Egli ha uno degli Aggiustatori più sperimentati del suo tempo e della sua generazione, ma la sua reazione passiva e la sua mancanza d’interesse per i fenomeni associati alla presenza nella sua mente di questo versatile Aggiustatore è ritenuta dal suo guardiano del destino una reazione rara e fortuita. E tutto ciò costituisce una coordinazione d’influenze favorevole, favorevole sia per l’Aggiustatore nella sfera superiore d’azione che per il partner umano per quanto concerne la salute, l’efficienza e la tranquillità.
(1209.1) 110:6.1 La somma totale della realizzazione della personalità su un mondo materiale è contenuta nella conquista in successione dei sette cerchi psichici di potenzialità dei mortali. L’entrata nel settimo cerchio segna l’inizio della funzione della vera personalità umana. Il completamento del primo cerchio indica la maturità relativa dell’essere mortale. Benché l’attraversamento dei sette cerchi di crescita cosmica non equivalga alla fusione con l’Aggiustatore, la padronanza di questi cerchi segna il superamento delle tappe preliminari alla fusione con l’Aggiustatore.
(1209.2) 110:6.2 L’Aggiustatore è il vostro partner alla pari nel superamento dei sette cerchi — nel raggiungimento di una maturità umana relativa. L’Aggiustatore ascende i cerchi con voi dal settimo fino al primo, ma progredisce verso lo status di supremazia e di autoattività del tutto indipendentemente dalla cooperazione attiva della mente mortale.
(1209.3) 110:6.3 I cerchi psichici non sono esclusivamente intellettuali né sono totalmente morontiali; essi concernono lo status di personalità, le realizzazioni mentali, la crescita dell’anima e la sintonia con l’Aggiustatore. La riuscita nell’attraversamento di questi livelli richiede il funzionamento armonioso dell’intera personalità, non solamente di una delle sue fasi. La crescita delle parti non equivale alla vera maturazione del tutto; in realtà le parti crescono proporzionalmente all’espansione dell’intero io — di tutta l’individualità — materiale, intellettuale e spirituale.
(1209.4) 110:6.4 Quando lo sviluppo della natura intellettuale procede più velocemente di quello spirituale, tale situazione rende la comunicazione con l’Aggiustatore di Pensiero difficile e dannosa. Similmente, un eccesso di sviluppo spirituale tende a produrre un’interpretazione fanatica e pervertita delle direttive spirituali del divino abitante. La mancanza di capacità spirituale rende molto difficile trasmettere ad un tale intelletto materiale le verità spirituali che risiedono nella supercoscienza superiore. È ad una mente perfettamente equilibrata, situata in un corpo con abitudini sane, con energie nervose stabilizzate e con funzioni chimiche bilanciate — quando i poteri fisici, mentali e spirituali si sviluppano in armonia trina — che un massimo di luce e di verità può essere comunicato con un minimo di pericolo temporale o di rischio per il benessere reale di un tale individuo. Grazie a questa crescita bilanciata l’uomo ascende uno per uno i cerchi della progressione planetaria, dal settimo fino al primo.
(1209.5) 110:6.5 Gli Aggiustatori sono sempre vicini a voi ed in voi, ma raramente possono parlarvi direttamente come un altro essere. Cerchio dopo cerchio le vostre decisioni intellettuali, le vostre scelte morali ed il vostro sviluppo spirituale si sommano alla capacità dell’Aggiustatore di funzionare nella vostra mente. Cerchio dopo cerchio voi ascendete in tal modo dagli stadi inferiori d’associazione e di sintonia mentale con l’Aggiustatore, cosicché l’Aggiustatore è sempre più in grado d’imprimere le sue immagini del destino con una nitidezza ed una convinzione crescenti sulla coscienza in evoluzione di questa mente-anima che cerca Dio.
(1210.1) 110:6.6 Ogni decisione che prendete ostacola o facilita la funzione dell’Aggiustatore; similmente queste stesse decisioni determinano il vostro avanzamento nei cerchi della realizzazione umana. È vero che la supremazia di una decisione, la sua relazione con una crisi, è in stretto rapporto con la sua influenza per superare i cerchi. Ciò nonostante numerose decisioni, frequenti ripetizioni, persistenti ripetizioni, sono anch’esse essenziali per essere certi che queste reazioni formeranno delle abitudini.
(1210.2) 110:6.7 È difficile definire con precisione i sette livelli della progressione umana, per il fatto che questi livelli sono personali; essi variano per ciascun individuo e sono apparentemente determinati dalla capacità di crescita di ogni essere mortale. La conquista di questi livelli di evoluzione cosmica si riflette in tre maniere:
(1210.3) 110:6.8 1. Sintonia con l’Aggiustatore. La mente, spiritualizzandosi, si avvicina alla presenza dell’Aggiustatore proporzionalmente al superamento dei cerchi.
(1210.4) 110:6.9 2. Evoluzione dell’anima. L’emergere dell’anima morontiale indica l’estensione e la profondità del dominio dei cerchi.
(1210.5) 110:6.10 3. Realtà della personalità. Il grado di realtà dell’individualità è direttamente determinato dal superamento dei cerchi. Le persone divengono più reali via via che si elevano dal settimo al primo livello d’esistenza di mortale.
(1210.6) 110:6.11 A mano a mano che i cerchi vengono attraversati, il bambino di evoluzione materiale cresce per divenire l’uomo maturo di potenzialità immortale. La realtà nebulosa della natura embrionale di un uomo giunto al settimo cerchio cede il passo alla manifestazione più chiara della natura morontiale emergente di un cittadino dell’universo locale.
(1210.7) 110:6.12 Sebbene sia impossibile definire con precisione i sette livelli, o cerchi psichici, della crescita umana, è permesso suggerire i limiti minimo e massimo di questi stadi di realizzazione della maturità:
(1210.8) 110:6.13 Il settimo cerchio. Gli esseri umani entrano in questo livello quando sviluppano i poteri di scelta personale, di decisione individuale, di responsabilità morale e la capacità di raggiungere l’individualità spirituale. Ciò denota la funzione unificata dei sette spiriti aiutanti della mente sotto la direzione dello spirito della saggezza, la messa in circuito della creatura mortale nell’influenza dello Spirito Santo e, su Urantia, il funzionamento iniziale dello Spirito della Verità ed il ricevimento di un Aggiustatore di Pensiero nella mente mortale. L’entrata nel settimo cerchio fa di una creatura mortale un vero cittadino potenziale dell’universo locale.
(1210.9) 110:6.14 Il terzo cerchio. Il lavoro dell’Aggiustatore è molto più efficace dopo che l’ascendente umano ha raggiunto il terzo cerchio ed ha ricevuto un guardiano serafico personale del destino. Benché non vi sia apparentemente alcuno sforzo tra l’Aggiustatore ed il guardiano serafico, si può tuttavia osservare un indubbio miglioramento in tutte le fasi di realizzazione cosmica e di sviluppo spirituale successivamente all’assegnazione dell’assistente serafico personale. Quando il terzo cerchio è raggiunto, l’Aggiustatore si sforza di rendere morontiale la mente dell’uomo durante il resto della sua vita terrena, di superare i rimanenti cerchi e di raggiungere lo stadio finale dell’associazione divina-umana prima che la morte naturale dissolva questa associazione straordinaria.
(1210.10) 110:6.15 Il primo cerchio. Generalmente l’Aggiustatore non può parlare direttamente ed immediatamente con voi prima che abbiate raggiunto il primo, ed ultimo, cerchio di compimento mortale progressivo. Questo livello rappresenta la più alta realizzazione possibile della relazione mente-Aggiustatore nell’esperienza umana prima della liberazione dell’anima morontiale in evoluzione dall’abito del corpo materiale. Per quanto concerne la mente, le emozioni e l’intuizione cosmica, il raggiungimento del primo cerchio psichico è il massimo approccio possibile della mente materiale all’Aggiustatore spirituale nell’esperienza umana.
(1211.1) 110:6.16 Forse sarebbe meglio chiamare questi cerchi psichici della progressione mortale livelli cosmici — percezioni reali di significati e realizzazioni di valori dovute al progressivo avvicinamento alla coscienza morontiale di una relazione iniziale dell’anima evoluzionaria con l’Essere Supremo emergente. È questa stessa relazione che rende per sempre impossibile spiegare pienamente il significato dei cerchi cosmici alla mente materiale. Questi superamenti dei cerchi sono solo relativamente collegati con l’aver coscienza di Dio. Un appartenente al settimo o al sesto cerchio può essere veramente qualcuno che conosce Dio — che è cosciente della sua filiazione — quasi come un appartenente al secondo o al primo cerchio, ma gli esseri dei cerchi inferiori sono molto meno coscienti della relazione esperienziale con l’Essere Supremo, della cittadinanza universale. Il superamento di questi cerchi cosmici farà parte dell’esperienza degli ascendenti sui mondi delle dimore se non riescono a portarlo a compimento prima della morte naturale.
(1211.2) 110:6.17 La motivazione della fede rende esperienziale la piena realizzazione della filiazione dell’uomo con Dio, ma l’azione, l’esecuzione delle decisioni, è essenziale al raggiungimento evoluzionario della coscienza della parentela progressiva con la qualità cosmica dell’Essere Supremo. La fede trasmuta i potenziali in attuali nel mondo spirituale, ma i potenziali divengono attuali nei regni finiti del Supremo solo mediante la realizzazione dell’esperienza della scelta e grazie ad essa. Ma scegliere di fare la volontà di Dio unisce la fede spirituale alle decisioni materiali in un’azione della personalità e fornisce in tal modo un fulcro divino e spirituale per il funzionamento più efficace della leva umana e materiale della sete di Dio. Tale saggia coordinazione delle forze materiali e spirituali accresce grandemente la realizzazione cosmica del Supremo e la comprensione morontiale delle Deità del Paradiso.
(1211.3) 110:6.18 Il dominio dei cerchi cosmici è legato alla crescita quantitativa dell’anima morontiale, alla comprensione dei significati supremi. Ma lo status qualitativo di quest’anima immortale dipende totalmente dal grado di comprensione, raggiunto dalla fede vivente, del fatto-valore avente potenziale paradisiaco che l’uomo mortale è un figlio del Dio eterno. Perciò un appartenente al settimo cerchio va sui mondi delle dimore per conseguire un’ulteriore realizzazione quantitativa della crescita cosmica proprio come fa un appartenente al secondo cerchio od anche al primo cerchio.
(1211.4) 110:6.19 C’è soltanto una relazione indiretta tra la conquista dei cerchi cosmici e l’esperienza religiosa spirituale effettiva; tali conquiste sono reciproche e perciò vicendevolmente benefiche. Lo sviluppo puramente spirituale può avere poco a che fare con la prosperità materiale planetaria, ma la conquista dei cerchi accresce sempre il potenziale della riuscita umana e del compimento mortale.
(1211.5) 110:6.20 Dal settimo al terzo cerchio c’è un’azione accresciuta ed unificata dei sette spiriti aiutanti della mente nel compito di distogliere la mente umana dalla sua dipendenza dalle realtà dei meccanismi della vita materiale, in preparazione ad una maggiore introduzione nei livelli d’esperienza morontiali. A partire dal terzo cerchio l’influenza degli aiutanti diminuisce progressivamente.
(1211.6) 110:6.21 I sette cerchi abbracciano l’esperienza di mortale, che si estende dal più elevato livello puramente animale fino al più basso livello morontiale di effettivo contatto con l’autocoscienza come esperienza della personalità. Il dominio del primo cerchio cosmico denota il raggiungimento della maturità premorontiale del mortale e segna la fine del ministero congiunto degli spiriti aiutanti della mente come influenza esclusiva d’azione mentale nella personalità umana. Oltre il primo cerchio la mente si avvicina sempre di più all’intelligenza dello stadio morontiale di evoluzione, il ministero congiunto della mente cosmica e delle facoltà di superaiuto dello Spirito Creativo di un universo locale.
(1212.1) 110:6.22 I momenti importanti nella carriera individuale degli Aggiustatori sono: primo, quando il soggetto umano entra nel terzo cerchio psichico, assicurando così l’autoattività del Monitore ed una gamma di funzioni accresciuta (se l’Aggiustatore non era già auto-operante); poi, quando il partner umano raggiunge il primo cerchio psichico ed essi sono quindi messi in condizione d’intercomunicare, almeno in una certa misura; ed infine, quando si fondono definitivamente e per l’eternità.
(1212.2) 110:7.1 La conquista dei sette cerchi cosmici non equivale alla fusione con l’Aggiustatore. Ci sono molti mortali viventi su Urantia che hanno raggiunto i loro cerchi; ma la fusione dipende da altri compimenti spirituali ancora più grandi e sublimi, dal raggiungimento della definitiva e completa sintonia della volontà umana con la volontà di Dio, quale risiede nell’Aggiustatore di Pensiero.
(1212.3) 110:7.2 Quando un essere umano ha completato i cerchi della realizzazione cosmica e poi, quando la scelta finale della volontà del mortale permette all’Aggiustatore di completare l’associazione dell’identità umana con l’anima morontiale durante la vita fisica evoluzionaria, allora tali collegamenti completati dell’anima e dell’Aggiustatore proseguono indipendentemente per i mondi delle dimore, e viene emanato l’ordine da Uversa che assicura l’immediata fusione dell’Aggiustatore e dell’anima morontiale. Questa fusione durante la vita fisica consuma istantaneamente il corpo materiale; gli esseri umani che si trovassero ad assistere a tale spettacolo osserverebbero soltanto che il mortale in trasferimento scompare “in carri di fuoco”.
(1212.4) 110:7.3 La maggior parte degli Aggiustatori che hanno trasferito i loro soggetti da Urantia erano molto esperti e conosciuti come precedentemente residenti in numerosi mortali su altre sfere. Ricordatevi che gli Aggiustatori acquisiscono una preziosa esperienza di residenza sui pianeti in cui vengono dati in prestito; non ne consegue che gli Aggiustatori acquisiscano l’esperienza per un lavoro avanzato solo nei soggetti mortali che non riescono a sopravvivere.
(1212.5) 110:7.4 A seguito della fusione con i mortali gli Aggiustatori condividono il vostro destino e la vostra esperienza; essi sono voi. Dopo la fusione dell’anima morontiale immortale con l’Aggiustatore associato, tutta l’esperienza e tutti i valori dell’uno divengono infine proprietà dell’altro, cosicché i due sono effettivamente una sola entità. In un certo senso questo nuovo essere appartiene all’eterno passato ed esiste per l’eterno futuro. Tutto ciò che era un tempo umano nell’anima sopravvivente e tutto quello che è esperienzialmente divino nell’Aggiustatore diviene ora possesso reale della nuova personalità universale in continua ascesa. Ma su ogni livello universale l’Aggiustatore può dotare la nuova creatura solo di quegli attributi che hanno un significato ed un valore su quel livello. Un’unità assoluta con il Monitore divino, un esaurimento completo della dotazione di un Aggiustatore, può compiersi solo nell’eternità dopo il raggiungimento finale del Padre Universale, il Padre degli spiriti, la sorgente permanente di questi doni divini.
(1212.6) 110:7.5 Quando l’anima in evoluzione e l’Aggiustatore divino sono definitivamente ed eternamente fusi, ciascuno acquisisce tutte le qualità esperienziali dall’altro. Questa personalità coordinata possiede tutta la memoria esperienziale di sopravvivenza un tempo detenuta dalla mente mortale ancestrale e poi residente nell’anima morontiale, ed in aggiunta a ciò questo finalitario potenziale ingloba tutta la memoria esperienziale dell’Aggiustatore, di tutti i suoi soggiorni nei mortali di ogni tempo. Ma ci vorrà un’eternità del futuro ad un Aggiustatore per dotare completamente questa associazione di personalità dei significati e dei valori che il Monitore divino si porta dietro dall’eternità del passato.
(1213.1) 110:7.6 Ma con la grande maggioranza degli Urantiani l’Aggiustatore deve attendere pazientemente l’arrivo della liberazione mediante la morte; deve attendere la liberazione dell’anima emergente dalla dominazione quasi completa dei modelli d’energia e delle forze chimiche inerenti al vostro ordine materiale d’esistenza. La difficoltà principale che incontrate nell’entrare in contatto con il vostro Aggiustatore consiste in questa stessa natura materiale intrinseca. Pochi mortali sono veramente dei pensatori; voi non sviluppate e non disciplinate spiritualmente la vostra mente fino al punto da collegarvi favorevolmente con gli Aggiustatori divini. L’orecchio della mente umana è quasi sordo alle istanze spirituali che l’Aggiustatore traduce dai molteplici messaggi delle comunicazioni universali d’amore provenienti dal Padre delle misericordie. L’Aggiustatore è quasi impossibilitato a registrare queste direttive spirituali ispiranti in una mente animale così completamente dominata dalle forze chimiche ed elettriche inerenti alla vostra natura fisica.
(1213.2) 110:7.7 Gli Aggiustatori sono felici di prendere contatto con la mente mortale; ma devono pazientare per lunghi anni di soggiorno silenzioso durante i quali non riescono a vincere la resistenza animale ed a comunicare direttamente con voi. Più gli Aggiustatori di Pensiero si elevano sulla scala del servizio, più divengono efficaci. Ma essi non possono mai accostarsi a voi mentre siete nella carne con lo stesso affetto pieno, cordiale ed espressivo come faranno quando li discernerete da mente a mente sui mondi delle dimore.
(1213.3) 110:7.8 Durante la vita mortale il corpo e la mente materiali vi separano dal vostro Aggiustatore ed impediscono una libera comunicazione. Dopo la morte, dopo la fusione eterna, voi e l’Aggiustatore siete una sola cosa — non siete distinguibili come esseri separati — e quindi non esiste alcun bisogno di comunicare alla maniera che intendete voi.
(1213.4) 110:7.9 Anche se la voce dell’Aggiustatore è sempre dentro di voi, la maggior parte di voi la udrà raramente durante il corso della vita. Gli esseri umani al di sotto del terzo e del secondo cerchio di realizzazione odono raramente la voce diretta dell’Aggiustatore, eccetto che in momenti di desiderio supremo, in una situazione suprema ed in conseguenza di una decisione suprema.
(1213.5) 110:7.10 Mentre si stabilisce e s’interrompe un contatto tra la mente mortale di un riservista del destino ed i supervisori planetari, l’Aggiustatore interiore si trova talvolta in una situazione tale che gli diventa impossibile trasmettere un messaggio al partner mortale. Non molto tempo fa, su Urantia, un tale messaggio fu trasmesso da un Aggiustatore autonomo al suo associato umano, membro del corpo di riserva del destino. Il messaggio iniziava con queste parole: “Ed ora, senza danno o pericolo per il soggetto della mia devozione premurosa e, per quanto mi riguarda, senza intenzione di affliggerlo eccessivamente o di scoraggiarlo, registrate questa mia preghiera che gli rivolgo.” Poi seguiva un’esortazione splendidamente toccante e supplichevole. Tra altre cose l’Aggiustatore chiedeva “che egli mi dia più fedelmente la sua cooperazione sincera, sopporti più gioiosamente i compiti connessi alla mia posizione, esegua più fedelmente il programma che ho predisposto, passi più pazientemente per le prove da me scelte, segua con maggior perseveranza e gioia il sentiero che ho tracciato, riceva più umilmente il credito che gli può derivare a seguito dei miei sforzi incessanti — trasmettete così la mia esortazione all’uomo in cui dimoro. Su di lui io effondo la devozione e l’affetto supremi di uno spirito divino. E dite anche al mio amato soggetto che agirò con saggezza e potenza sino alla fine, sino a quando l’ultima battaglia terrena sarà finita; io sarò fedele alla personalità che mi è affidata. E lo esorto a sopravvivere, a non deludermi, a non privarmi della ricompensa della mia lotta paziente ed intensa. Il nostro raggiungimento della personalità dipende dalla volontà umana. Cerchio dopo cerchio ho fatto ascendere pazientemente questa mente umana ed ho testimonianza che ho incontrato l’approvazione del capo del mio ordine. Procederò cerchio dopo cerchio fino al giudizio. Aspetto con piacere e senza apprensione l’appello nominale del destino; sono pronto a sottoporre ogni cosa ai tribunali degli Antichi dei Giorni.”
(1214.1) 110:7.11 [Presentato da un Messaggero Solitario di Orvonton.]
(1215.1) 111:0.1 LA PRESENZA dell’Aggiustatore divino nella mente umana rende per sempre impossibile alla scienza o alla filosofia giungere ad una comprensione soddisfacente dell’anima in evoluzione della personalità umana. L’anima morontiale è figlia dell’universo e può essere realmente conosciuta solo per mezzo dell’intuizione cosmica e della scoperta spirituale.
(1215.2) 111:0.2 Il concetto di un’anima e di uno spirito interiore non è nuovo su Urantia; esso è apparso frequentemente nei vari sistemi di credenze planetarie. Molte religioni orientali così come alcune religioni occidentali hanno percepito che l’uomo è di eredità divina tanto quanto umana. Il sentimento della presenza interiore in aggiunta all’onnipresenza esteriore della Deità ha fatto parte a lungo di molte religioni urantiane. Gli uomini hanno creduto a lungo all’esistenza di qualcosa che cresce all’interno della natura umana, qualcosa di vitale destinato a durare oltre il breve periodo di una vita temporale.
(1215.3) 111:0.3 Prima che l’uomo si rendesse conto che la sua anima in evoluzione era generata da uno spirito divino, si pensò che risiedesse in differenti organi fisici — nell’occhio, nel fegato, nei reni, nel cuore e più tardi nel cervello. Il selvaggio associava l’anima al sangue, al respiro, alle ombre e alla propria immagine riflessa nell’acqua.
(1215.4) 111:0.4 Nella concezione dell’atman gli istruttori indù si avvicinarono realmente ad un apprezzamento della natura e della presenza dell’Aggiustatore, ma non riuscirono a distinguere la presenza concomitante dell’anima in evoluzione e potenzialmente immortale. I Cinesi, tuttavia, riconobbero due aspetti di un essere umano, lo yang e lo yin, l’anima e lo spirito. Gli Egiziani e molte tribù africane credettero anch’essi in due fattori, il ka ed il ba; generalmente non si credeva che l’anima fosse preesistente, ma solamente lo spirito.
(1215.5) 111:0.5 Gli abitanti della valle del Nilo credevano che ogni individuo privilegiato si vedesse attribuire alla nascita, o poco dopo, uno spirito protettore che chiamavano il ka. Essi insegnavano che questo spirito guardiano rimaneva con il soggetto mortale per tutta la sua vita e passava prima di lui allo stato futuro. Sui muri di un tempio a Luxor, dov’è descritta la nascita di Amenhotep III, il piccolo principe è dipinto in braccio al dio Nilo e vicino a lui si trova un altro bambino apparentemente identico al principe, che è un simbolo dell’entità che gli Egiziani chiamavano il ka. Questa scultura fu ultimata nel quindicesimo secolo avanti Cristo.
(1215.6) 111:0.6 Il ka era ritenuto essere un genio spirituale superiore che desiderava guidare l’anima mortale associata nelle vie migliori della vita temporale, ma più specialmente influenzare le fortune del soggetto umano nell’aldilà. Quando un Egiziano di questo periodo moriva, si credeva che il suo ka lo aspettasse dall’altra parte del Grande Fiume. Inizialmente si riteneva che soltanto i re avessero un ka, ma in seguito si ritenne che tutti gli uomini retti lo possedessero. Un capo egiziano, parlando del ka dentro il suo cuore, disse: “Non ho trascurato le sue parole, ho temuto di trasgredire le sue direttive. Così ho prosperato grandemente; sono quindi riuscito grazie a quello che lui mi ha indotto a fare; mi sono distinto per la sua guida.” Molti credevano che il ka fosse “un oracolo di Dio in ogni uomo”. Molti credevano che avrebbero “passato l’eternità in letizia di cuore nel favore del Dio che è in voi”.
(1216.1) 111:0.7 Tutte le razze di mortali in evoluzione di Urantia hanno una parola equivalente al concetto di anima. Molti popoli primitivi credevano che l’anima guardasse fuori nel mondo attraverso gli occhi umani; per questo essi temevano in modo così codardo la malignità del malocchio. Essi hanno creduto a lungo che “lo spirito dell’uomo fosse la lampada del Signore”. Il Rig-Veda dice: “La mia mente parla al mio cuore.”
(1216.2) 111:1.1 Benché l’opera degli Aggiustatori sia di natura spirituale, essi devono necessariamente eseguire tutto il loro lavoro su una base intellettuale. La mente è il terreno umano dal quale il Monitore spirituale deve far evolvere l’anima morontiale con la cooperazione della personalità in cui dimora.
(1216.3) 111:1.2 C’è un’unità cosmica nei diversi livelli mentali dell’universo degli universi. Gli io intellettuali hanno la loro origine nella mente cosmica in modo molto simile a come le nebulose hanno origine nelle energie cosmiche dello spazio universale. Sul livello umano (quindi personale) degli io intellettuali il potenziale dell’evoluzione spirituale diviene dominante, con l’assenso della mente mortale, a causa della dotazione spirituale della personalità umana associata alla presenza creativa in tali io umani di un punto-entità di valore assoluto. Ma tale dominio della mente materiale è subordinato a due esperienze: questa mente deve essersi evoluta grazie al ministero dei sette spiriti aiutanti della mente, e l’io materiale (personale) deve scegliere di cooperare con l’Aggiustatore interiore per creare e sostenere l’io morontiale, l’anima evoluzionaria potenzialmente immortale.
(1216.4) 111:1.3 La mente materiale è l’arena nella quale le personalità umane vivono, sono coscienti di se stesse, prendono decisioni, scelgono Dio o lo abbandonano, si eternano o si distruggono.
(1216.5) 111:1.4 L’evoluzione materiale vi ha fornito una macchina per vivere, il vostro corpo; il Padre stesso vi ha dotati della realtà spirituale più pura che si conosca nell’universo, il vostro Aggiustatore di Pensiero. Ma nelle vostre mani, soggetta alle vostre decisioni, è stata messa la mente, ed è per mezzo della mente che voi vivete o morite. È all’interno di questa mente e con questa mente che voi prendete le decisioni morali che vi permettono di divenire simili all’Aggiustatore, cioè simili a Dio.
(1216.6) 111:1.5 La mente mortale è un sistema intellettuale temporaneo prestato agli esseri umani perché lo usino durante il periodo di una vita materiale, e secondo come impiegano questa mente essi accettano o respingono il potenziale dell’esistenza eterna. La mente è quasi tutto ciò che possedete della realtà universale che sia sottomesso alla vostra volontà, e l’anima — l’io morontiale — mostrerà fedelmente il frutto delle decisioni temporali che l’io mortale avrà preso. La coscienza umana riposa dolcemente sul meccanismo elettrochimico soggiacente e tocca delicatamente il sistema energetico morontiale-spirituale soprastante. Nel corso della sua vita mortale l’essere umano non è mai completamente cosciente di nessuno di questi due sistemi; perciò egli deve lavorare nella mente, di cui è cosciente. E non è tanto ciò che la mente comprende quanto ciò che la mente desidera comprendere che assicura la sopravvivenza; non è tanto ciò cui la mente assomiglia quanto ciò cui la mente si sforza di assomigliare che costituisce la sua identificazione con lo spirito. Non è tanto il fatto che l’uomo sia cosciente di Dio quanto che l’uomo aneli Dio che si traduce nell’ascensione dell’universo. Ciò che siete oggi non è così importante quanto ciò che state divenendo giorno per giorno e nell’eternità.
(1217.1) 111:1.6 La mente è lo strumento cosmico sul quale la volontà umana può suonare le dissonanze della distruzione, o dal quale questa stessa volontà umana può trarre le squisite melodie dell’identificazione con Dio e della conseguente sopravvivenza eterna. L’Aggiustatore conferito all’uomo è in ultima analisi impermeabile al male ed incapace di peccare, ma la mente mortale può essere effettivamente ingannata, distorta e resa malvagia e turpe dalle macchinazioni colpevoli di una volontà umana perversa ed egoista. Allo stesso modo questa mente può essere resa nobile, bella, vera e buona — effettivamente grande — in armonia con la volontà spiritualmente illuminata di un essere umano che conosce Dio.
(1217.2) 111:1.7 La mente evoluzionaria è pienamente stabile e degna di fiducia solo quando si manifesta ai due estremi dell’intellettualità cosmica — quello totalmente meccanizzato e quello interamente spiritualizzato. Tra gli estremi intellettuali di puro controllo meccanico e di vera natura spirituale c’è quell’immenso gruppo di menti ascendenti in evoluzione la cui stabilità e tranquillità dipendono dalla scelta della personalità e dall’identificazione con lo spirito.
(1217.3) 111:1.8 Ma l’uomo non cede passivamente, servilmente, la sua volontà all’Aggiustatore. Egli sceglie piuttosto di seguire attivamente, positivamente e cooperativamente le direttive dell’Aggiustatore, quando tali direttive differiscono coscientemente dai desideri e dagli impulsi della mente mortale naturale. Gli Aggiustatori manipolano ma non dominano mai la mente dell’uomo contro la sua volontà; per gli Aggiustatori la volontà umana è suprema. E così essi la considerano e la rispettano mentre si sforzano di raggiungere gli scopi spirituali di aggiustamento del pensiero e di trasformazione del carattere nell’arena quasi illimitata dell’intelletto umano in evoluzione.
(1217.4) 111:1.9 La mente è la vostra nave, l’Aggiustatore è il vostro pilota, la volontà umana è il capitano. Il padrone del vascello mortale dovrebbe avere la saggezza di affidarsi al pilota divino per condurre l’anima ascendente nei porti morontiali della sopravvivenza eterna. Solo con l’egoismo, l’indolenza e l’immoralità la volontà dell’uomo può respingere la guida di questo pilota amorevole e far naufragare alla fine la carriera mortale sulle secche funeste della misericordia respinta e sugli scogli del peccato accettato. Con il vostro consenso questo fedele pilota vi porterà con sicurezza attraverso le barriere del tempo e gli ostacoli dello spazio fino alla sorgente stessa della mente divina ed oltre, fino al Padre degli Aggiustatori in Paradiso.
(1217.5) 111:2.1 In tutte le funzioni mentali dell’intelligenza cosmica la totalità della mente domina sulle parti della funzione intellettuale. La mente, nella sua essenza, è un’unità funzionale; perciò la mente non manca mai di manifestare questa unità costitutiva, anche quando è ostacolata ed intralciata dalle scelte e dagli atti insensati di un io fuorviato. E questa unità della mente cerca invariabilmente la coordinazione spirituale su tutti i livelli della sua associazione con io aventi dignità di volontà e prerogative d’ascensione.
(1217.6) 111:2.2 La mente materiale dell’uomo mortale è il telaio cosmico che porta il tessuto morontiale sul quale l’Aggiustatore di Pensiero interiore intesse i modelli spirituali di un carattere universale che possiede valori duraturi e significati divini — un’anima sopravvivente di destino ultimo e di carriera eterna, un finalitario potenziale.
(1218.1) 111:2.3 La personalità umana s’identifica con la mente e con lo spirito mantenuti in rapporto funzionale in un corpo materiale grazie alla vita. Questa relazione funzionale tra tale mente e tale spirito non dà come risultato una combinazione delle qualità o degli attributi della mente e dello spirito, ma piuttosto un valore universale interamente nuovo, originale ed unico di durata potenzialmente eterna — l’anima.
(1218.2) 111:2.4 Vi sono tre e non due fattori nella creazione evoluzionaria di quest’anima immortale. Questi tre antecedenti dell’anima umana morontiale sono:
(1218.3) 111:2.5 1. La mente umana e tutte le influenze cosmiche che la precedono e che agiscono su di essa.
(1218.4) 111:2.6 2. Lo spirito divino che dimora in questa mente umana e tutti i potenziali inerenti ad un tale frammento di spiritualità assoluta, insieme con tutte le influenze e tutti i fattori spirituali che gli sono associati nella vita umana.
(1218.5) 111:2.7 3. La relazione tra la mente materiale e lo spirito divino, che denota un valore e comporta un significato che non si trovano in alcuno dei fattori che concorrono a tale associazione. La realtà di questa relazione unica non è né materiale né spirituale, ma morontiale. È l’anima.
(1218.6) 111:2.8 Le creature intermedie hanno denominato da lungo tempo quest’anima in evoluzione dell’uomo mente intermedia, per distinguerla dalla mente inferiore o materiale e dalla mente superiore o cosmica. Questa mente intermedia è realmente un fenomeno morontiale poiché esiste nel regno tra il materiale e lo spirituale. Il potenziale di questa evoluzione morontiale è inerente ai due impulsi universali della mente: l’impulso della mente finita della creatura a conoscere Dio e a raggiungere la divinità del Creatore, e l’impulso della mente infinita del Creatore a conoscere l’uomo e a conseguire l’esperienza della creatura.
(1218.7) 111:2.9 Questa operazione superna di evoluzione dell’anima immortale è resa possibile perché la mente mortale è in primo luogo personale ed in secondo luogo è in contatto con le realtà superanimali. Essa possiede una dotazione supermateriale di ministero cosmico che assicura l’evoluzione di una natura morale capace di prendere delle decisioni morali, stabilendo così un contatto creativo effettivo con i ministeri spirituali associati e con l’Aggiustatore di Pensiero interiore.
(1218.8) 111:2.10 Il risultato inevitabile di questa spiritualizzazione per contatto della mente umana è la nascita graduale di un’anima, il prodotto congiunto di una mente aiutante dominata da una volontà umana che anela a conoscere Dio, ad operare in collegamento con le forze spirituali dell’universo che sono sotto il supercontrollo di un frammento reale del Dio stesso di tutta la creazione — il Monitore del Mistero. Così la realtà materiale e mortale dell’io trascende i limiti temporali del meccanismo della vita fisica e raggiunge una nuova espressione ed una nuova identificazione nel veicolo in evoluzione per la continuità dell’individualità, l’anima morontiale ed immortale.
(1218.9) 111:3.1 Gli sbagli della mente mortale e gli errori della condotta umana possono ritardare notevolmente l’evoluzione dell’anima, sebbene non possano inibire un tale fenomeno morontiale una volta che è stato avviato dall’Aggiustatore interiore con il consenso della volontà della creatura. Ma in ogni momento antecedente alla morte fisica questa stessa volontà materiale ed umana ha il potere di annullare tale scelta e di rifiutare la sopravvivenza. Anche dopo la sopravvivenza il mortale ascendente conserva ancora questa prerogativa di scegliere di rifiutare la vita eterna. In ogni momento prima della fusione con l’Aggiustatore la creatura ascendente in evoluzione può scegliere di rinunciare a seguire la volontà del Padre del Paradiso. La fusione con l’Aggiustatore indica che il mortale ascendente ha eternamente ed irrevocabilmente scelto di fare la volontà del Padre.
(1219.1) 111:3.2 Durante la vita nella carne l’anima in evoluzione ha la facoltà di rafforzare le decisioni supermateriali della mente mortale. L’anima, essendo supermateriale, non funziona da se stessa sul livello materiale dell’esperienza umana. Né quest’anima subspirituale può, senza la collaborazione di uno spirito della Deità, quale l’Aggiustatore, funzionare al di sopra del livello morontiale. E l’anima non prende nemmeno delle decisioni finali prima che la morte o la traslazione l’abbiano divisa dall’associazione materiale con la mente mortale, eccetto quando questa mente materiale delega tale autorità liberamente e spontaneamente a quest’anima morontiale funzionalmente associata. Durante la vita la volontà mortale, il potere della personalità di scegliere e di decidere, risiede nei circuiti mentali materiali. Via via che la crescita terrena del mortale prosegue, questo io, con i suoi poteri di scelta inestimabili, s’identifica sempre più con l’entità emergente, l’anima morontiale. Dopo la morte e successivamente alla risurrezione sul mondo delle dimore, la personalità umana è completamente identificata con l’io morontiale. L’anima è quindi l’embrione del futuro veicolo morontiale d’identità della personalità.
(1219.2) 111:3.3 Quest’anima immortale è inizialmente di natura interamente morontiale, ma possiede una tale capacità di sviluppo che si eleva invariabilmente a livelli spirituali tali da consentire la fusione con gli spiriti della Deità; solitamente con lo stesso spirito del Padre Universale che ha avviato questo fenomeno creativo nella mente della creatura.
(1219.3) 111:3.4 La mente umana e l’Aggiustatore divino sono entrambi coscienti della presenza e della natura distinta dell’anima in evoluzione — l’Aggiustatore pienamente, la mente parzialmente. L’anima diviene sempre più cosciente della mente e dell’Aggiustatore come identità associate in proporzione alla sua crescita evoluzionaria. L’anima partecipa delle qualità della mente umana e dello spirito divino, ma si evolve costantemente verso un accrescimento del controllo spirituale e della dominazione divina grazie allo stimolo di una funzione mentale i cui significati cercano di coordinarsi con i veri valori spirituali.
(1219.4) 111:3.5 La carriera mortale, l’evoluzione dell’anima, non è tanto una prova quanto un’educazione. La fede nella sopravvivenza dei valori supremi è l’essenza della religione; l’esperienza religiosa autentica consiste nell’unione dei valori supremi e dei significati cosmici come realizzazione di una realtà universale.
(1219.5) 111:3.6 La mente conosce quantità, realtà, significati. Ma la qualità — i valori — è percepita. Quello che percepisce è la creazione congiunta della mente, che conosce, e dello spirito associato, che rende reale.
(1219.6) 111:3.7 Nella misura in cui l’anima morontiale in evoluzione dell’uomo viene permeata dalla verità, dalla bellezza e dalla bontà come realizzazione e valore della coscienza di Dio, tale essere risultante diviene indistruttibile. Se non c’è sopravvivenza di valori eterni nell’anima in evoluzione dell’uomo, allora l’esistenza mortale è priva di significato e la vita stessa è una tragica illusione. Ma è eternamente vero che: quello che cominciate nel tempo lo completerete sicuramente nell’eternità — se ciò merita di essere completato.
(1219.7) 111:4.1 Il riconoscimento è il processo intellettuale consistente nel far quadrare le impressioni sensoriali ricevute dal mondo esterno con i modelli mnemonici dell’individuo. La comprensione implica che queste impressioni sensoriali riconosciute ed i loro modelli mnemonici associati siano stati integrati od organizzati in una rete dinamica di princìpi.
(1220.1) 111:4.2 I significati derivano da una combinazione di riconoscimento e di comprensione. I significati non esistono in un mondo totalmente sensoriale o materiale. I significati ed i valori sono percepiti soltanto nelle sfere interiori o supermateriali dell’esperienza umana.
(1220.2) 111:4.3 I progressi di una vera civiltà sono tutti nati in questo mondo interiore dell’umanità. Soltanto la vita interiore è veramente creativa. La civiltà può difficilmente progredire quando la maggior parte della gioventù di una generazione dedica le sue attenzioni e le sue energie alle attività materialistiche del mondo sensoriale o esteriore.
(1220.3) 111:4.4 Il mondo interiore e quello esteriore hanno serie differenti di valori. Ogni civiltà è in pericolo quando tre quarti della sua gioventù entra in professioni materialistiche e si consacra alla ricerca delle attività sensoriali del mondo esteriore. La civiltà è in pericolo quando la gioventù cessa d’interessarsi dell’etica, della sociologia, dell’eugenismo, della filosofia, delle belle arti, della religione e della cosmologia.
(1220.4) 111:4.5 Solo al livello superiore della mente supercosciente che sconfina nel regno spirituale dell’esperienza umana si possono trovare quei concetti superiori associati ad efficaci modelli maestri che contribuiranno a costruire una civiltà migliore e più duratura. La personalità è per natura creativa, ma funziona in tal modo solo nella vita interiore dell’individuo.
(1220.5) 111:4.6 I cristalli di neve sono sempre di forma esagonale, ma non ve ne sono mai due identici. I figli si conformano a dei tipi, ma non ve ne sono due esattamente uguali, anche se sono gemelli. La personalità segue dei tipi, ma è sempre unica.
(1220.6) 111:4.7 La felicità e la gioia hanno origine nella vita interiore. Non si può provare una gioia reale da soli. Una vita solitaria è fatale per la felicità. Anche le famiglie e le nazioni godranno di più la vita se la condivideranno con altri.
(1220.7) 111:4.8 Voi non potete controllare completamente il mondo esterno — l’ambiente. È la creatività del mondo interiore che è la più soggetta alle vostre direttive, perché la vostra personalità è così largamente libera dagli impedimenti delle leggi di causalità antecedenti. Associata alla personalità c’è una sovranità limitata della volontà.
(1220.8) 111:4.9 Poiché questa vita interiore dell’uomo è veramente creativa, incombe su ciascuna persona la responsabilità di scegliere se questa creatività dovrà essere spontanea e totalmente casuale oppure controllata, diretta e costruttiva. Come può un’immaginazione creativa produrre dei risultati validi quando la scena in cui funziona è già occupata da pregiudizi, odio, paure, risentimenti, desideri di vendetta e settarismi?
(1220.9) 111:4.10 Le idee possono avere origine dagli stimoli del mondo esteriore, ma gli ideali nascono soltanto nei regni creativi del mondo interiore. Oggi le nazioni del mondo sono dirette da uomini che hanno una sovrabbondanza d’idee, ma sono molto poveri d’ideali. Questa è la spiegazione della povertà, dei divorzi, delle guerre e degli odi razziali.
(1220.10) 111:4.11 Questo è il problema: se l’uomo con il suo libero arbitrio è interiormente dotato di poteri creativi, allora dobbiamo riconoscere che la libera creatività contiene il potenziale della libera distruttività. E quando la creatività è rivolta alla distruttività ci si trova faccia a faccia con la devastazione del male e del peccato — oppressioni, guerre e distruzioni. Il male è una creatività parziale che tende verso la disintegrazione e la distruzione finale. Ogni conflitto è cattivo poiché inibisce la funzione creativa della vita interiore — è una specie di guerra civile nella personalità.
(1221.1) 111:4.12 La creatività interiore contribuisce a nobilitare il carattere mediante l’integrazione della personalità e l’unificazione dell’individualità. È eternamente vero che il passato è immutabile; soltanto il futuro può essere modificato nel presente dal ministero della creatività dell’io interiore.
(1221.2) 111:5.1 Fare la volontà di Dio è niente di più né di meno che una dimostrazione della compiacenza della creatura a condividere la sua vita interiore con Dio — con lo stesso Dio che ha reso possibile tale vita di creatura con significato e valore interiore. Condividere è essere simile a Dio — divino. Dio condivide tutto con il Figlio Eterno e lo Spirito Infinito, mentre essi, a loro volta, condividono tutte le cose con i Figli divini e le Figlie spirituali degli universi.
(1221.3) 111:5.2 L’imitazione di Dio è la chiave della perfezione; fare la sua volontà è il segreto della sopravvivenza e della perfezione nella sopravvivenza.
(1221.4) 111:5.3 I mortali vivono in Dio e così Dio ha voluto vivere nei mortali. Come gli uomini si affidano a lui, così lui ha affidato — per primo — una parte di se stesso affinché stia con gli uomini; ha acconsentito di vivere negli uomini e di dimorare negli uomini sottomesso alla volontà umana.
(1221.5) 111:5.4 La pace in questa vita, la sopravvivenza nella morte, la perfezione nella prossima vita, il servizio nell’eternità — tutte queste cose sono raggiunte (in spirito) ora quando la personalità della creatura consente — sceglie — di sottomettere la volontà della creatura alla volontà del Padre. Ed il Padre ha già scelto di sottomettere un frammento di se stesso alla volontà della personalità della creatura.
(1221.6) 111:5.5 Questa scelta della creatura non è una resa della volontà. È una consacrazione della volontà, un’espansione della volontà, una glorificazione della volontà, un perfezionamento della volontà. E tale scelta eleva la volontà della creatura dal livello di significato temporale a quello stato superiore in cui la personalità del figlio creatura comunica con la personalità del Padre spirituale.
(1221.7) 111:5.6 Questa scelta di fare la volontà del Padre è la scoperta spirituale del Padre-spirito da parte dell’uomo mortale, anche se deve trascorrere un’era prima che il figlio creatura possa effettivamente essere alla presenza reale di Dio in Paradiso. Questa scelta non consiste tanto nella negazione della volontà della creatura — “Non sia fatta la mia volontà ma la tua” — quanto nell’affermazione positiva della creatura: “È mia volontà che sia fatta la tua volontà.” E se questa scelta è fatta, presto o tardi il figlio che sceglie Dio giungerà all’unione interiore (alla fusione) con il frammento di Dio che dimora in lui, mentre questo stesso figlio che si sta perfezionando troverà la soddisfazione suprema come personalità nella comunione adoratrice tra la personalità dell’uomo e la personalità del suo Autore, due personalità i cui attributi creatori sono uniti per l’eternità in una reciprocità d’espressione autovoluta — la nascita di un’altra associazione eterna tra la volontà dell’uomo e la volontà di Dio.
(1221.8) 111:6.1 Molte delle difficoltà temporali dell’uomo mortale provengono dalla sua duplice relazione con il cosmo. L’uomo è parte della natura — esiste nella natura — e tuttavia è capace di trascendere la natura. L’uomo è finito, ma dimora in lui una scintilla dell’infinità. Tale situazione duale non solo fornisce il potenziale per il male, ma genera anche numerose situazioni sociali e morali impregnate di molta incertezza e non poca inquietudine.
(1222.1) 111:6.2 Il coraggio richiesto per trionfare sulla natura e per trascendere il proprio io è un coraggio che può soccombere alle tentazioni dell’orgoglio di sé. Il mortale capace di trascendere il proprio io può cedere alla tentazione di deificare la sua autocoscienza. Il dilemma umano consiste nel doppio fatto che l’uomo è schiavo della natura mentre allo stesso tempo possiede una libertà straordinaria — la libertà di scelta e d’azione spirituali. Sui livelli materiali l’uomo si trova asservito alla natura, mentre sui livelli spirituali egli trionfa sulla natura e su tutte le cose temporali e finite. Tale paradosso è inseparabile dalla tentazione, dal male potenziale e dagli errori di decisione, e quando l’io diviene altero ed arrogante può evolversi il peccato.
(1222.2) 111:6.3 Il problema del peccato non esiste per se stesso nel mondo finito. Il fatto di essere finiti non è male o peccato. Il mondo finito è stato fatto da un Creatore infinito — è opera dei suoi Figli divini — e perciò deve essere buono. Sono il cattivo uso, la deformazione e la perversione del finito che danno origine al male ed al peccato.
(1222.3) 111:6.4 Lo spirito può dominare la mente e la mente può controllare l’energia. Ma la mente può controllare l’energia solo mediante la sua stessa manipolazione intelligente dei potenziali metamorfici inerenti al livello matematico delle cause e degli effetti dei domini fisici. La mente della creatura non controlla per inerenza l’energia; questa è una prerogativa della Deità. Ma la mente della creatura può manipolare, e manipola, l’energia nell’esatta misura in cui è divenuta padrona dei segreti dell’energia dell’universo fisico.
(1222.4) 111:6.5 Quando l’uomo desidera modificare la realtà fisica, sia in se stesso che nel suo ambiente, vi riesce nella misura in cui ha scoperto i modi ed i mezzi di controllare la materia e di dirigere l’energia. Senza aiuto la mente è incapace d’influenzare qualunque cosa di materiale, salvo il proprio meccanismo fisico al quale è ineluttabilmente legata. Ma con l’impiego intelligente del suo meccanismo corporeo la mente può creare altri meccanismi, anche dei rapporti d’energia e delle relazioni viventi, utilizzando i quali questa mente può controllare sempre di più ed anche dominare il suo livello fisico nell’universo.
(1222.5) 111:6.6 La scienza è la sorgente dei fatti, e la mente non può operare senza i fatti. Nell’edificazione della saggezza essi sono i mattoni che sono cementati dall’esperienza della vita. L’uomo può trovare l’amore di Dio senza i fatti e può scoprire le leggi di Dio senza l’amore, ma l’uomo non può mai cominciare ad apprezzare la simmetria infinita, l’armonia celeste e la squisita perfezione della natura onninclusiva della Prima Sorgente e Centro prima di aver trovato la legge divina e l’amore divino ed averli esperienzialmente unificati nella propria filosofia cosmica in evoluzione.
(1222.6) 111:6.7 L’espansione della conoscenza materiale permette un maggior apprezzamento intellettuale dei significati delle idee e dei valori degli ideali. Un essere umano può trovare la verità nella sua esperienza interiore, ma ha bisogno di conoscere chiaramente i fatti per applicare la sua scoperta personale della verità alle esigenze brutalmente pratiche della vita quotidiana.
(1222.7) 111:6.8 È del tutto naturale che l’uomo mortale sia tormentato da sentimenti d’insicurezza quando si vede inestricabilmente legato alla natura, mentre possiede dei poteri spirituali che trascendono completamente tutte le cose temporali e finite. Solo la fiducia religiosa — la fede vivente — può sostenere l’uomo in mezzo a questi problemi difficili e complicati.
(1223.1) 111:6.9 Di tutti i pericoli che assediano la natura dell’uomo mortale e mettono in pericolo la sua integrità spirituale, l’orgoglio è il più grande. Il coraggio è valoroso, ma l’egotismo è vanitoso e suicida. Una ragionevole fiducia in se stessi non è da deplorare. La capacità dell’uomo di trascendere se stesso è la sola cosa che lo distingue dal regno animale.
(1223.2) 111:6.10 L’orgoglio è ingannevole, intossicante e generatore di peccato, sia che si trovi in un individuo, in un gruppo, in una razza o in una nazione. È letteralmente vero che: “L’orgoglio prelude alla rovina.”
(1223.3) 111:7.1 L’incertezza nella sicurezza è l’essenza dell’avventura del Paradiso — incertezza nel tempo e nella mente, incertezza sugli avvenimenti dello svolgimento dell’ascensione al Paradiso; sicurezza nello spirito e nell’eternità, sicurezza nella fiducia incondizionata del figlio creatura nella compassione divina e nell’amore infinito del Padre Universale; incertezza quale cittadino senza esperienza dell’universo; sicurezza quale figlio ascendente nelle dimore universali di un Padre onnipotente, infinitamente saggio e amorevole.
(1223.4) 111:7.2 Posso esortarvi a prestare attenzione al lontano eco del fedele appello che l’Aggiustatore rivolge alla vostra anima? L’Aggiustatore interiore non può arrestare o alterare materialmente la lotta della vostra carriera nel tempo; l’Aggiustatore non può diminuire le sofferenze della vostra vita mentre viaggiate in questo mondo di tribolazioni. L’abitante divino può solo attendere pazientemente mentre voi combattete la battaglia della vita qual è vissuta sul vostro pianeta; ma voi potreste, se solo voleste — mentre lavorate e siete preoccupati, mentre lottate e vi affannate — permettere al valente Aggiustatore di combattere con voi e per voi. Potreste essere talmente confortati ed ispirati, affascinati ed incuriositi, se solo voleste permettere all’Aggiustatore di presentare costantemente il quadro del movente reale, della meta finale e del proposito eterno di tutta questa difficile ed ardua lotta con i problemi ordinari del vostro mondo materiale attuale.
(1223.5) 111:7.3 Perché non aiutate l’Aggiustatore nel compito di mostrarvi la contropartita spirituale di tutti questi strenui sforzi materiali? Perché non permettete all’Aggiustatore di fortificarvi con le verità spirituali del potere cosmico mentre lottate contro le difficoltà temporali dell’esistenza di creatura? Perché non incoraggiate l’aiutante divino a confortarvi con la chiara visione del panorama eterno della vita universale mentre considerate con perplessità i problemi dell’ora che passa? Perché rifiutate di essere illuminati ed ispirati dal punto di vista dell’universo mentre vi affannate in mezzo agli ostacoli del tempo e vi dibattete nel dedalo delle incertezze che punteggiano il vostro tragitto di vita mortale? Perché non consentite all’Aggiustatore di spiritualizzare i vostri pensieri, anche se i vostri piedi devono calpestare i sentieri materiali dello sforzo terreno?
(1223.6) 111:7.4 Le razze umane superiori di Urantia sono mischiate in modo complesso; sono una mescolanza di molte razze e stirpi di origine differente. Questa natura composita rende estremamente difficile per i Monitori lavorare efficacemente durante la vita ed accresce nettamente i problemi dell’Aggiustatore e del serafino guardiano dopo la morte. Non molto tempo fa mi trovavo su Salvington ed ascoltai un guardiano del destino presentare un rapporto formale per giustificare le difficoltà di ministero verso il suo soggetto mortale. Questo serafino disse:
(1223.7) 111:7.5 “Gran parte della mia difficoltà era dovuta all’interminabile conflitto tra le due nature del mio soggetto: la spinta dell’ambizione ostacolata dall’indolenza animale; gli ideali di un popolo superiore contrastati dagli istinti di una razza inferiore; i propositi elevati di una grande mente avversati dagli impulsi di un’eredità primitiva; la visione a lungo termine di un Monitore lungimirante contrastata dalla ristrettezza d’idee di una creatura del tempo; i piani progressivi di un essere ascendente modificati dai desideri e dalle brame di una natura materiale; i lampi dell’intelligenza universale annullati dagli imperativi chimici-energetici della razza in evoluzione; la pressione degli angeli osteggiata dalle emozioni di un animale; l’istruzione di un intelletto annullata dalle tendenze dell’istinto; l’esperienza dell’individuo contrastata dalle tendenze accumulate dalla razza; gli scopi del migliore sovrastati dall’inclinazione del peggiore; lo slancio del genio neutralizzato dalla gravità della mediocrità; il progresso del buono ritardato dall’inerzia del malvagio; l’arte del bello insudiciata dalla presenza del male; la capacità di recupero della salute neutralizzata dalla debilitazione della malattia; la fontana della fede inquinata dai veleni della paura; la sorgente della gioia resa amara dalle acque del dolore; la contentezza dell’anticipazione disillusa dall’amarezza della realizzazione; le gioie della vita sempre minacciate dalle tristezze della morte. Quale vita su questo pianeta! Tuttavia, a causa dell’aiuto e dell’incitamento costanti dell’Aggiustatore di Pensiero, quest’anima ha raggiunto un buon grado di felicità e di successo, ed è appena ascesa alle sale di giudizio dei mondi delle dimore.”
(1224.1) 111:7.6 [Presentato da un Messaggero Solitario di Orvonton.]
(1225.1) 112:0.1 I PIANETI evoluzionari sono le sfere d’origine degli uomini, i mondi iniziali della carriera mortale ascendente. Urantia è il vostro punto di partenza; qui voi ed il vostro Aggiustatore di Pensiero divino siete associati in un’unione temporanea. Voi siete stati dotati di una guida perfetta; perciò se vorrete sinceramente correre la corsa del tempo e raggiungere la meta finale della fede, la ricompensa delle ere sarà vostra; sarete uniti per l’eternità al vostro Aggiustatore interiore. Allora comincerà la vostra vera vita, la vita ascendente, della quale il vostro attuale stato mortale è solo il preludio. Allora comincerà la vostra missione sublime e progressiva come finalitari nell’eternità che si dispiega davanti a voi. E per tutte queste ere e questi stadi successivi di crescita evoluzionaria c’è una parte di voi che rimane assolutamente inalterata, ed è la personalità — la permanenza in presenza del cambiamento.
(1225.2) 112:0.2 Mentre sarebbe presuntuoso tentare di definire la personalità, può dimostrarsi utile elencare alcune delle cose che si conoscono di essa:
(1225.3) 112:0.3 1. La personalità è quella qualità della realtà che è conferita dal Padre Universale stesso o dall’Attore Congiunto agente per conto del Padre.
(1225.4) 112:0.4 2. Essa può essere conferita ad ogni sistema d’energia vivente che include la mente o lo spirito.
(1225.5) 112:0.5 3. Essa non è interamente sottomessa ai vincoli di causalità antecedenti. È relativamente creativa o cocreativa.
(1225.6) 112:0.6 4. Quando è conferita alle creature materiali evoluzionarie, essa induce lo spirito a sforzarsi di dominare l’energia-materia attraverso la mediazione della mente.
(1225.7) 112:0.7 5. La personalità, anche se priva d’identità, può unificare l’identità di ogni sistema d’energia vivente.
(1225.8) 112:0.8 6. Essa rivela soltanto una sensibilità qualitativa al circuito della personalità, contrariamente alle tre energie che mostrano una sensibilità alla gravità sia qualitativa sia quantitativa.
(1225.9) 112:0.9 7. La personalità è immutabile in presenza del cambiamento.
(1225.10) 112:0.10 8. Essa può fare un dono a Dio — la consacrazione del libero arbitrio a fare la volontà di Dio.
(1225.11) 112:0.11 9. Essa è caratterizzata dalla moralità — dalla consapevolezza della relatività della relazione con altre persone. Essa discerne i livelli di condotta ed opera una scelta tra di essi.
(1225.12) 112:0.12 10. La personalità è unica, assolutamente unica: è unica nel tempo e nello spazio; è unica nell’eternità ed in Paradiso; è unica quando è conferita — non vi sono duplicati; essa è unica in ogni momento dell’esistenza; è unica in relazione a Dio — egli non fa preferenze di persone, ma nemmeno le addiziona, perché esse non sono addizionabili — sono associabili ma non totalizzabili.
(1226.1) 112:0.13 11. La personalità risponde direttamente alla presenza di un’altra personalità.
(1226.2) 112:0.14 12. Essa è un elemento che può essere aggiunto allo spirito, illustrando in tal modo il primato del Padre in relazione al Figlio. (La mente non ha bisogno di essere addizionata allo spirito.)
(1226.3) 112:0.15 13. La personalità può sopravvivere alla morte fisica con l’identità che è nell’anima sopravvivente. L’Aggiustatore e la personalità sono immutabili; la relazione tra di loro (nell’anima) non è che cambiamento, evoluzione continua; e se questo cambiamento (crescita) cessasse, l’anima avrebbe fine.
(1226.4) 112:0.16 14. La personalità ha una coscienza unica del tempo, e ciò è qualcosa di diverso dalla percezione del tempo da parte della mente o dello spirito.
(1226.5) 112:1.1 La personalità è conferita dal Padre Universale alle sue creature come una dotazione potenzialmente eterna. Tale dono divino è destinato a funzionare su numerosi livelli ed in situazioni universali successive che vanno dall’umile finito al più alto absonito, sino ai confini stessi dell’assoluto. La personalità opera così su tre piani cosmici o in tre fasi dell’universo:
(1226.6) 112:1.2 1. Status di posizione. La personalità funziona con uguale efficacia nell’universo locale, nel superuniverso e nell’universo centrale.
(1226.7) 112:1.3 2. Status di significato. La personalità agisce efficacemente sui livelli del finito, dell’absonito ed anche sconfinando nell’assoluto.
(1226.8) 112:1.4 3. Status di valore. La personalità può realizzarsi esperienzialmente nei regni progressivi del materiale, del morontiale e dello spirituale.
(1226.9) 112:1.5 La personalità ha un campo d’azione perfezionato di dimensioni cosmiche. Le dimensioni della personalità finita sono tre e funzionano grosso modo come segue:
(1226.10) 112:1.6 1. La lunghezza rappresenta la direzione e la natura della progressione — il movimento attraverso lo spazio e conformemente al tempo — l’evoluzione.
(1226.11) 112:1.7 2. La profondità verticale abbraccia gli impulsi e gli atteggiamenti dell’organismo, i livelli variabili dell’autorealizzazione ed il fenomeno generale della reazione all’ambiente.
(1226.12) 112:1.8 3. La larghezza abbraccia il campo della coordinazione, dell’associazione e dell’organizzazione dell’individualità.
(1226.13) 112:1.9 Il tipo di personalità conferito ai mortali di Urantia ha una potenzialità di sette dimensioni di autoespressione o di realizzazione della persona. Questi fenomeni dimensionali sono realizzabili in ragione di tre sul livello finito, tre sul livello absonito ed uno sul livello assoluto. Sui livelli subassoluti questa settima dimensione, o dimensione della totalità, è sperimentabile come fatto della personalità. Questa dimensione suprema è un assoluto associabile, e pur non essendo infinita è dimensionalmente potenziale per la penetrazione subinfinita dell’assoluto.
(1226.14) 112:1.10 Le dimensioni finite della personalità sono in rapporto con la lunghezza, la profondità e la larghezza cosmiche. La lunghezza indica significato; la profondità significa valore; la larghezza abbraccia il discernimento — la capacità di fare l’esperienza di una coscienza incontestabile della realtà cosmica.
(1227.1) 112:1.11 Sul livello morontiale tutte queste dimensioni finite del livello materiale sono grandemente elevate e sono realizzabili certi nuovi valori dimensionali. Tutte queste esperienze dimensionali ampliate del livello morontiale sono meravigliosamente articolate con la dimensione suprema, o della personalità, attraverso l’influenza della mota ed anche dal contributo della matematica morontiale.
(1227.2) 112:1.12 Molte delle difficoltà incontrate dai mortali nel loro studio della personalità umana potrebbero essere evitate se la creatura finita tenesse presente che i livelli dimensionali ed i livelli spirituali non sono coordinati nella realizzazione esperienziale della personalità.
(1227.3) 112:1.13 La vita è in realtà un processo che avviene tra l’organismo (l’individualità) ed il suo ambiente. La personalità attribuisce valori d’identità e significati di continuità a questa associazione tra organismo ed ambiente. Si riconoscerà così che il fenomeno di stimolo-risposta non è un semplice processo meccanico, poiché la personalità funziona come fattore nella situazione globale. Resta sempre vero che i meccanismi sono per loro natura passivi, gli organismi invece sono per loro natura attivi.
(1227.4) 112:1.14 La vita fisica è un processo che avviene non tanto all’interno dell’organismo quanto tra l’organismo e l’ambiente. Ed ogni processo di questo tipo tende a creare e a stabilire dei modelli organici di reazione a tale ambiente. Tutti questi modelli direttivi influenzano moltissimo la scelta della meta.
(1227.5) 112:1.15 È attraverso la mediazione della mente che l’io e l’ambiente stabiliscono un contatto significativo. La capacità e la propensione dell’organismo a stabilire tali contatti significativi con l’ambiente (la risposta agli stimoli) rappresentano l’atteggiamento dell’intera personalità.
(1227.6) 112:1.16 La personalità non può agire molto bene nell’isolamento. L’uomo è per sua natura una creatura sociale; è dominato dal vivo desiderio d’appartenenza. È letteralmente vero che “nessun uomo vive per se stesso”.
(1227.7) 112:1.17 Ma il concetto della personalità come significato della totalità della creatura vivente e funzionante rappresenta molto di più dell’integrazione delle relazioni; significa l’unificazione di tutti i fattori della realtà come pure la coordinazione delle relazioni. Tra due oggetti esistono delle relazioni, ma tre o più oggetti formano un sistema e tale sistema è molto di più di una semplice relazione ampliata o complessa. Questa distinzione è vitale, perché in un sistema cosmico i singoli membri non sono collegati gli uni con gli altri se non in relazione al tutto e grazie all’individualità di questo tutto.
(1227.8) 112:1.18 Nell’organismo umano la somma delle sue parti costituisce la persona — l’individualità — ma tale processo non ha niente a che vedere con la personalità, che è l’unificatrice di tutti questi fattori quali sono collegati con le realtà cosmiche.
(1227.9) 112:1.19 Nelle aggregazioni le parti sono addizionate; nei sistemi le parti sono coordinate. I sistemi sono significativi per la loro organizzazione — per i valori di posizione. In un buon sistema tutti i fattori sono in posizione cosmica. In un cattivo sistema qualcosa o manca o è fuori posto — sconvolto. Nel sistema umano è la personalità che unifica tutte le attività e che a sua volta conferisce le qualità d’identità e di creatività.
(1227.10) 112:2.1 Nello studio dell’individualità sarebbe bene tenere presente:
(1227.11) 112:2.2 1. Che i sistemi fisici sono subordinati.
(1227.12) 112:2.3 2. Che i sistemi intellettuali sono coordinati.
(1227.13) 112:2.4 3. Che la personalità è superordinata.
(1227.14) 112:2.5 4. Che la forza spirituale interiore è potenzialmente direttiva.
(1228.1) 112:2.6 In tutti i concetti dell’individualità dovrebbe essere riconosciuto che il fatto della vita viene per primo, la sua valutazione o la sua interpretazione vengono dopo. Il bambino umano prima vive e successivamente riflette sulla sua vita. Nell’economia cosmica il discernimento precede la previsione.
(1228.2) 112:2.7 Il fatto universale di Dio che si fa uomo ha cambiato per sempre tutti i significati e modificato tutti i valori della personalità umana. Nel vero senso del termine, amore significa stima reciproca di personalità intere, siano esse umane o divine, oppure umane e divine. Alcune parti dell’io possono funzionare in vari modi — pensare, provare sentimenti, desiderare — ma solo gli attributi coordinati della personalità intera sono focalizzati in un’azione intelligente; e tutti questi poteri sono associati alla dotazione spirituale della mente mortale quando un essere umano ama sinceramente e disinteressatamente un altro essere, umano o divino.
(1228.3) 112:2.8 Tutti i concetti umani della realtà sono basati sull’ipotesi che la personalità umana è reale; tutti i concetti delle realtà superumane sono basati sull’esperienza della personalità umana con le realtà cosmiche di certe entità spirituali e personalità divine associate ed in tali realtà. Tutto ciò che non è spirituale nell’esperienza umana, eccetto la personalità, è un mezzo in vista di un fine. Ogni vera relazione di un uomo mortale con altre persone — umane o divine — è un fine in se stessa. E tale associazione con la personalità della Deità è la meta eterna dell’ascensione universale.
(1228.4) 112:2.9 Il possesso di una personalità identifica l’uomo in quanto essere spirituale, poiché l’unità dell’individualità e l’autocoscienza della personalità sono doni del mondo sovrammateriale. Il fatto stesso che un materialista mortale possa negare l’esistenza di realtà sovrammateriali dimostra in se stesso e da se stesso la presenza, ed indica l’attività, della sintesi spirituale e della coscienza cosmica nella sua mente umana.
(1228.5) 112:2.10 Esiste un grande abisso cosmico tra la materia ed il pensiero, e questo abisso è incommensurabilmente più grande tra la mente materiale e l’amore spirituale. La coscienza, ed ancor meno l’autocoscienza, non possono essere spiegate da una teoria di associazione elettronica meccanicistica o da un fenomeno di energia materialistica.
(1228.6) 112:2.11 A mano a mano che la mente cerca la realtà fino alla sua ultima analisi, la materia sfugge ai sensi materiali, ma può restare ancora reale per la mente. Quando l’intuizione spirituale cerca la realtà che sussiste dopo la scomparsa della materia e la cerca fino all’ultima analisi, essa svanisce per la mente, ma l’intuizione dello spirito può ancora percepire le realtà cosmiche ed i valori supremi di natura spirituale. Di conseguenza la scienza cede il passo alla filosofia, mentre la filosofia deve piegarsi alle conclusioni inerenti all’esperienza spirituale autentica. Il pensiero si arrende alla saggezza e la saggezza s’immerge in un’adorazione illuminata e riflessiva.
(1228.7) 112:2.12 Nella scienza l’io umano osserva il mondo materiale; la filosofia è l’osservazione di questa osservazione del mondo materiale; la religione, la vera esperienza spirituale, è la realizzazione esperienziale della realtà cosmica dell’osservazione dell’osservazione di tutta questa sintesi relativa dei materiali energetici del tempo e dello spazio. Costruire una filosofia dell’universo esclusivamente sul materialismo è ignorare il fatto che tutte le cose materiali sono inizialmente concepite come reali nell’esperienza della coscienza umana. L’osservatore non può essere la cosa osservata; la valutazione esige un certo grado di trascendenza rispetto alla cosa valutata.
(1228.8) 112:2.13 Nel tempo il pensiero conduce alla saggezza e la saggezza porta all’adorazione; nell’eternità l’adorazione porta alla saggezza e la saggezza sfocia nella finalità del pensiero.
(1229.1) 112:2.14 La possibilità di unificare l’io in evoluzione è inerente alle qualità dei suoi fattori costitutivi che sono: le energie di base, i tessuti essenziali, il supercontrollo chimico fondamentale, le idee supreme, i moventi supremi, gli scopi supremi e lo spirito divino di conferimento del Paradiso — il segreto dell’autocoscienza della natura spirituale dell’uomo.
(1229.2) 112:2.15 Il proposito dell’evoluzione cosmica è di raggiungere l’unità della personalità mediante il dominio crescente dello spirito, la risposta volitiva agli insegnamenti e alle direttive dell’Aggiustatore di Pensiero. La personalità, tanto umana che superumana, è caratterizzata da una qualità cosmica intrinseca che può essere chiamata “l’evoluzione del dominio”, l’espansione del controllo di sé e del proprio ambiente.
(1229.3) 112:2.16 Un ascendente che è stato un tempo una personalità umana passa per due grandi fasi di crescente padronanza volitiva su se stesso e nell’universo:
(1229.4) 112:2.17 1. L’esperienza prefinalitaria, o della ricerca di Dio, che consiste nell’accrescere l’autorealizzazione mediante una tecnica d’espansione e di attuazione dell’identità unitamente alla soluzione dei problemi cosmici e alla conseguente padronanza dell’universo.
(1229.5) 112:2.18 2. L’esperienza postfinalitaria, o rivelante Dio, dell’espansione creativa dell’autorealizzazione mediante la rivelazione dell’Essere Supremo esperienziale alle intelligenze che cercano Dio, ma che non hanno ancora raggiunto i livelli divini di somiglianza con Dio.
(1229.6) 112:2.19 Le personalità discendenti ottengono esperienze analoghe nel corso delle loro diverse avventure nell’universo, mentre cercano di accrescere la loro capacità di determinare con certezza e di eseguire le volontà divine delle Deità Suprema, Ultima ed Assoluta.
(1229.7) 112:2.20 Durante la vita fisica l’io materiale, l’ego-entità dell’identità umana, dipende dal funzionamento continuo del veicolo di vita materiale, dal mantenimento continuo dell’instabile equilibrio delle energie e dell’intelletto al quale su Urantia è stato dato il nome di vita. Ma l’individualità avente valore di sopravvivenza, l’individualità che può trascendere l’esperienza della morte, si evolve solo stabilendo un trasferimento potenziale della sede dell’identità della personalità in evoluzione dal veicolo di vita transitorio — il corpo materiale — alla natura più duratura ed immortale dell’anima morontiale, ed ancora oltre, ai livelli in cui l’anima è infusa di realtà spirituale, ed alla fine raggiunge la realtà spirituale di questa. Tale trasferimento effettivo da un’associazione materiale ad un’identificazione morontiale è effettuato grazie alla sincerità, alla persistenza ed alla fermezza delle decisioni della creatura umana che cerca Dio.
(1229.8) 112:3.1 Gli Urantiani riconoscono generalmente un solo tipo di morte, la cessazione fisica delle energie vitali; ma per ciò che concerne la sopravvivenza della personalità ce ne sono in realtà tre tipi:
(1229.9) 112:3.2 1. La morte spirituale (dell’anima). Se e quando un uomo mortale ha rifiutato definitivamente la sopravvivenza, quando è stato dichiarato spiritualmente insolvente, morontialmente fallito, nell’opinione congiunta dell’Aggiustatore e del serafino sopravvivente, quando un tale parere coordinato è stato registrato su Uversa e dopo che i Censori ed i loro associati riflettivi hanno verificato queste conclusioni, i dirigenti di Orvonton ordinano l’immediata liberazione del Monitore interiore. Ma questa liberazione dell’Aggiustatore non riguarda in alcun modo i doveri del serafino personale o di gruppo che si occupa di quell’individuo abbandonato dall’Aggiustatore. Questo tipo di morte ha un significato definitivo indipendentemente dalla continuazione temporanea delle energie viventi dei meccanismi fisici e mentali. Dal punto di vista cosmico il mortale è già morto; la continuazione della vita denota semplicemente la persistenza dell’impulso materiale delle energie cosmiche.
(1230.1) 112:3.3 2. La morte intellettuale (della mente). Quando i circuiti vitali del ministero aiutante superiore sono interrotti dalle aberrazioni dell’intelletto o dalla distruzione parziale del meccanismo cerebrale, e se queste condizioni superano un certo punto critico d’irreparabilità, l’Aggiustatore interiore è immediatamente lasciato libero di partire per Divinington. Negli annali dell’universo una personalità mortale è considerata morta quando i circuiti mentali essenziali d’azione della volontà umana sono stati distrutti. Ed anche questa è la morte, indipendentemente dal fatto che continui a funzionare il meccanismo vivente del corpo fisico. Il corpo privato della mente volitiva ha cessato di essere umano, ma a seguito della scelta precedente della volontà umana l’anima di tale individuo può sopravvivere.
(1230.2) 112:3.4 3. La morte fisica (del corpo e della mente). Quando la morte coglie un essere umano, l’Aggiustatore rimane nella cittadella della mente fino a che essa cessa di funzionare come meccanismo intelligente, circa fino al momento in cui le energie cerebrali misurabili cessano le loro pulsazioni vitali ritmiche. A seguito di questa dissoluzione l’Aggiustatore prende congedo dalla mente che sta scomparendo, altrettanto semplicemente quanto vi era entrato anni prima, e si dirige verso Divinington passando per Uversa.
(1230.3) 112:3.5 Dopo la morte il corpo materiale ritorna al mondo elementale da cui è provenuto, ma due fattori non materiali della personalità sopravvivente persistono: l’Aggiustatore di Pensiero preesistente, con la trascrizione mnemonica della carriera mortale, va su Divinington; e rimane anche l’anima morontiale immortale dell’umano deceduto, affidata al guardiano del destino. Queste fasi e forme dell’anima, queste formule d’identità un tempo cinetiche ma ora statiche, sono essenziali alla ripersonalizzazione sui mondi morontiali; ed è la riunione dell’Aggiustatore e dell’anima che ricostituisce la personalità sopravvivente, che vi rende di nuovo coscienti al momento del risveglio morontiale.
(1230.4) 112:3.6 Per coloro che non hanno guardiani serafici personali, i custodi di gruppo compiono fedelmente ed efficacemente lo stesso servizio di salvaguardia dell’identità e di risurrezione della personalità. I serafini sono indispensabili per la ricostituzione della personalità.
(1230.5) 112:3.7 Dopo la morte, l’Aggiustatore di Pensiero perde temporaneamente la personalità, ma non l’identità; il soggetto umano perde temporaneamente l’identità, ma non la personalità; sui mondi delle dimore i due si riuniscono in una manifestazione eterna. Un Aggiustatore di Pensiero partito non ritorna mai sulla terra con l’identità dell’essere che aveva precedentemente abitato; né la personalità si manifesta mai senza la volontà umana; ed un essere umano separato dal suo Aggiustatore dopo la morte non manifesta mai un’identità attiva o non stabilisce mai una qualche comunicazione con gli esseri viventi della terra. Queste anime separate dall’Aggiustatore sono interamente ed assolutamente incoscienti durante il lungo o breve sonno della morte. Non può esserci alcun tipo di manifestazione della personalità o di capacità di stabilire delle comunicazioni con altre personalità prima di avere completato la sopravvivenza. A quelli che vanno sui mondi delle dimore non è consentito inviare dei messaggi ai loro cari. La linea di condotta in tutti gli universi è di proibire tali comunicazioni durante il periodo di una dispensazione in corso.
(1231.1) 112:4.1 Quando sopravviene la morte di natura materiale, intellettuale o spirituale, l’Aggiustatore si commiata dal suo ospite mortale e parte per Divinington. Dalle capitali dell’universo locale e del superuniverso viene stabilito un contatto riflettivo con i supervisori di entrambi i governi, ed il Monitore è registrato in uscita con lo stesso numero che registrò l’entrata nei domini del tempo.
(1231.2) 112:4.2 In un modo che non comprendiamo pienamente, i Censori Universali riescono ad entrare in possesso di un compendio della vita umana qual è incorporata nel duplicato trascritto dall’Aggiustatore dei valori spirituali e dei significati morontiali della mente abitata. I Censori hanno la capacità di appropriarsi della versione dell’Aggiustatore sul carattere di sopravvivenza e sulle qualità spirituali dell’umano deceduto, e tutti questi dati, insieme con le registrazioni serafiche, sono disponibili per essere presentati al momento del giudizio dell’individuo interessato. Queste informazioni sono utilizzate anche per confermare le disposizioni superuniversali che rendono possibile a certi ascendenti iniziare immediatamente la loro carriera morontiale, proseguire dopo la dissoluzione mortale verso i mondi delle dimore in anticipo sul termine ufficiale di una dispensazione planetaria.
(1231.3) 112:4.3 Dopo la morte fisica, eccetto che per individui trasferiti direttamente dai viventi, l’Aggiustatore liberato va immediatamente sulla sfera sede di Divinington. I dettagli di quanto avviene su quel mondo durante il periodo d’attesa dell’effettiva riapparizione del mortale sopravvivente dipendono principalmente dal fatto che l’essere umano ascenda ai mondi delle dimore per proprio diritto individuale o aspetti un appello dispensazionale dei sopravviventi addormentati di un’era planetaria.
(1231.4) 112:4.4 Se l’associato mortale appartiene ad un gruppo che sarà ripersonalizzato alla fine di una dispensazione, l’Aggiustatore non ritornerà immediatamente nel mondo delle dimore del sistema in cui serviva precedentemente, ma secondo la sua scelta servirà in uno dei seguenti incarichi temporanei:
(1231.5) 112:4.5 1. Essere arruolato nei ranghi dei Monitori assenti per servizi non rivelati.
(1231.6) 112:4.6 2. Essere assegnato per un certo tempo all’osservazione del regime del Paradiso.
(1231.7) 112:4.7 3. Essere arruolato in una delle numerose scuole di preparazione di Divinington.
(1231.8) 112:4.8 4. Essere inviato per un certo tempo come osservatore studente su una delle altre sei sfere sacre che costituiscono il circuito dei mondi paradisiaci del Padre.
(1231.9) 112:4.9 5. Essere assegnato a servire come messaggero degli Aggiustatori Personalizzati.
(1231.10) 112:4.10 6. Divenire istruttore aggiunto nelle scuole di Divinington che si dedicano all’istruzione dei Monitori appartenenti al gruppo vergine.
(1231.11) 112:4.11 7. Essere assegnato a selezionare un gruppo di mondi possibili nei quali servire nel caso in cui esistano motivi ragionevoli per credere che il partner umano possa aver rifiutato la sopravvivenza.
(1231.12) 112:4.12 Se al momento in cui la morte vi raggiunge voi siete arrivati al terzo cerchio o ad un regno più elevato, e perciò vi è stato assegnato un guardiano personale del destino, e se la trascrizione finale del compendio del vostro carattere di sopravvivenza sottoposta dall’Aggiustatore è incondizionatamente certificata dal guardiano del destino — se il serafino e l’Aggiustatore sono essenzialmente d’accordo su ogni punto delle loro registrazioni e raccomandazioni concernenti la vostra vita — se i Censori Universali ed i loro associati riflettivi su Uversa confermano questi dati senza equivoci o riserve, allora gli Antichi dei Giorni emettono come un lampo l’ordine di avanzamento di status sui circuiti delle comunicazioni per Salvington. E sciolta così ogni riserva, i tribunali del Sovrano di Nebadon decreteranno il passaggio immediato dell’anima sopravvivente alle sale di risurrezione dei mondi delle dimore.
(1232.1) 112:4.13 Se l’individuo umano sopravvive senza ritardi, l’Aggiustatore, così mi è stato insegnato, si registra su Divinington, procede verso la presenza in Paradiso del Padre Universale, ritorna immediatamente per essere abbracciato dagli Aggiustatori Personalizzati del superuniverso e dell’universo locale in cui è incaricato, riceve il riconoscimento del capo dei Monitori Personalizzati di Divinington, e poi passa subito alla “realizzazione della transizione d’identità”. Da là è invitato, nel terzo periodo e sul mondo delle dimore, ad abitare la forma stessa della personalità preparata per ricevere l’anima sopravvivente del mortale terrestre, forma che è stata progettata dal guardiano del destino.
(1232.2) 112:5.1 L’individualità è una realtà cosmica, sia essa materiale, morontiale o spirituale. L’attualità del personale è il dono del Padre Universale che agisce in se stesso e da se stesso o mediante le sue molteplici agenzie universali. Dire che un essere è personale è riconoscere l’individuazione relativa di tale essere all’interno dell’organismo cosmico. Il cosmo vivente è un’aggregazione quasi infinitamente integrata di unità reali, ciascuna delle quali è relativamente sottomessa al destino del tutto. Ma le unità personali sono state dotate dell’effettiva facoltà di scegliere tra l’accettazione o il rifiuto del destino.
(1232.3) 112:5.2 Ciò che proviene dal Padre è eterno come il Padre, e questo è vero tanto per la personalità che Dio dona per sua libera scelta quanto per l’Aggiustatore di Pensiero divino, un frammento reale di Dio. La personalità dell’uomo è eterna, ma quanto all’identità, è una realtà eterna condizionata. Essendo apparsa in risposta alla volontà del Padre, la personalità raggiungerà un destino di Deità, ma l’uomo deve scegliere se sarà presente o meno al compimento di tale destino. In mancanza di questa scelta la personalità raggiunge direttamente la Deità esperienziale, divenendo parte dell’Essere Supremo. Il ciclo è preordinato, ma la partecipazione ad esso dell’uomo è opzionale, personale ed esperienziale.
(1232.4) 112:5.3 L’identità del mortale è una condizione transitoria della vita temporale nell’universo; essa è reale solo nella misura in cui la personalità sceglie di divenire un fenomeno continuo dell’universo. La differenza essenziale tra l’uomo ed un sistema d’energia è questa: il sistema d’energia deve continuare, non ha alcuna scelta; ma l’uomo ha tutto a che vedere con la determinazione del proprio destino. L’Aggiustatore è veramente il sentiero verso il Paradiso, ma bisogna che l’uomo segua quel sentiero per sua stessa decisione, per sua libera scelta.
(1232.5) 112:5.4 Gli esseri umani posseggono un’identità solo in senso materiale. Queste qualità dell’io sono espresse dalla mente materiale quale funziona nel sistema energetico dell’intelletto. Quando si dice che l’uomo ha un’identità, si riconosce che è in possesso di un circuito mentale che è stato subordinato agli atti e alle scelte della volontà della personalità umana. Ma questa è una manifestazione materiale e puramente temporanea, così come l’embrione umano è uno stadio parassita transitorio della vita umana. Gli esseri umani, da un punto di vista cosmico, nascono, vivono e muoiono in un istante relativo di tempo; essi non sono perenni. Ma la personalità mortale, con la propria scelta, possiede il potere di trasferire la sua sede d’identità dal sistema transitorio dell’intelletto materiale al sistema superiore dell’anima morontiale il quale, in associazione con l’Aggiustatore di Pensiero, è creato come nuovo veicolo per la manifestazione della personalità.
(1233.1) 112:5.5 Ed è questo stesso potere di scelta, le insegne universali dello stato di creatura dotata di libero arbitrio, che costituisce la più grande opportunità dell’uomo e la sua suprema responsabilità cosmica. Il destino eterno del futuro finalitario dipende dall’integrità della volizione umana. Per acquisire la personalità eterna l’Aggiustatore divino dipende dalla sincerità del libero arbitrio del mortale; per la realizzazione di un nuovo figlio ascendente il Padre Universale dipende dalla fedeltà della scelta del mortale; per attuare l’evoluzione esperienziale l’Essere Supremo dipende dalla fermezza e dalla saggezza delle decisioni-azioni umane.
(1233.2) 112:5.6 I cerchi cosmici di crescita della personalità devono alla fine essere raggiunti, ma se, senza alcun errore da parte vostra, gli accidenti del tempo e gli ostacoli dell’esistenza materiale v’impediscono di dominare questi livelli sul vostro pianeta natale, se le vostre intenzioni ed i vostri desideri hanno valore di sopravvivenza, saranno emessi i decreti di prolungamento del periodo probatorio. Vi verrà concesso del tempo supplementare per dimostrare ciò che valete.
(1233.3) 112:5.7 Se mai c’è un dubbio sull’opportunità di fare avanzare un’identità umana sui mondi delle dimore, i governi dell’universo decidono invariabilmente nell’interesse personale di quell’individuo. Senza esitare essi elevano tale anima allo status di essere transizionale, mentre continuano le loro osservazioni sulle sue intenzioni morontiali e sui suoi propositi spirituali emergenti. In tal modo è certo che la giustizia divina è compiuta, e alla misericordia divina è accordata una nuova opportunità di estendere il suo ministero.
(1233.4) 112:5.8 I governi di Orvonton e di Nebadon non pretendono di raggiungere una perfezione assoluta nell’esecuzione dettagliata del piano universale di ripersonalizzazione dei mortali, ma pretendono di manifestare pazienza, tolleranza, comprensione e simpatia misericordiosa, e lo fanno realmente. Noi preferiamo assumere il rischio di una ribellione in un sistema piuttosto che correre il pericolo di privare un solo mortale, che lotta in qualche mondo evoluzionario, della gioia eterna di proseguire la sua carriera ascendente.
(1233.5) 112:5.9 Ciò non significa che gli esseri umani devono beneficiare di una seconda opportunità dopo aver rifiutato la prima; non è affatto così. Ciò significa invece che tutte le creature dotate di volontà devono avere una vera opportunità di fare una scelta certa, autocosciente e definitiva. I Giudici sovrani degli universi non priveranno alcun essere dello status di personalità se non ha fatto definitivamente e pienamente la scelta eterna; all’anima umana deve essere data e sarà data piena ed ampia opportunità di rivelare la sua vera intenzione ed il suo reale proposito.
(1233.6) 112:5.10 Quando i mortali più spiritualmente e cosmicamente evoluti muoiono, vanno immediatamente sui mondi delle dimore; in generale questa disposizione opera per coloro ai quali sono stati assegnati dei guardiani serafici personali. Altri mortali possono essere trattenuti fino all’avvenuta definizione dei loro casi, dopo di che essi possono andare sui mondi delle dimore o possono essere assegnati ai ranghi dei sopravviventi addormentati che saranno ripersonalizzati in massa alla fine della dispensazione planetaria in corso.
(1233.7) 112:5.11 Ci sono due difficoltà che ostacolano i miei sforzi per spiegare esattamente ciò che avviene di voi alla morte, del vostro io sopravvivente che è distinto dall’Aggiustatore che vi lascia. Una di queste consiste nell’impossibilità di trasmettere al vostro livello di comprensione una descrizione adeguata di un’operazione che è ai limiti dei regni fisico e morontiale. L’altra proviene dalle restrizioni poste al mio incarico di rivelatore della verità dalle autorità celesti che governano Urantia. Vi sono molti dettagli interessanti che potrebbero essere presentati, ma li ometto su consiglio dei vostri supervisori planetari diretti. Ma nei limiti che mi sono consentiti, posso dire quanto segue:
(1234.1) 112:5.12 C’è qualcosa di reale, qualcosa prodotto dall’evoluzione umana, qualcosa in più del Monitore del Mistero, che sopravvive alla morte. Questa nuova entità apparsa è l’anima, ed essa sopravvive sia alla morte del vostro corpo fisico che a quella della vostra mente materiale. Questa entità è il figlio congiunto della vita e degli sforzi combinati del vostro io umano in collegamento con il vostro io divino, l’Aggiustatore. Questo figlio di genitura umana e divina costituisce l’elemento sopravvivente di origine terrestre; è l’io morontiale, l’anima immortale.
(1234.2) 112:5.13 Questo figlio con significato di persistenza e con valore di sopravvivenza è totalmente incosciente durante il periodo che va dalla morte alla ripersonalizzazione, e rimane affidato al guardiano serafico del destino per tutto questo periodo di attesa. Dopo la morte voi non agirete come esseri coscienti finché non avrete acquisito la nuova coscienza morontiale sui mondi delle dimore di Satania.
(1234.3) 112:5.14 Al momento della morte l’identità funzionale associata alla personalità umana viene interrotta dalla cessazione del movimento vitale. La personalità umana, pur trascendendo le parti che la costituiscono, dipende da loro per l’identità funzionale. L’arresto della vita distrugge i modelli cerebrali fisici per la dotazione mentale, e la disgregazione della mente pone fine alla coscienza umana. La coscienza di quella creatura non può riapparire successivamente prima che sia stata costituita una situazione cosmica che permetta alla stessa personalità umana di funzionare di nuovo in relazione con l’energia vivente.
(1234.4) 112:5.15 Durante il transito dei mortali sopravviventi tra il loro mondo d’origine ed i mondi delle dimore, sia che sperimentino la ricostituzione della personalità nel terzo periodo o che ascendano al momento di una risurrezione collettiva, i dati costituivi della loro personalità sono fedelmente conservati dagli arcangeli sui loro mondi di attività speciali. Questi esseri non sono i custodi della personalità (come i serafini guardiani lo sono dell’anima), ma è nondimeno vero che ogni fattore identificabile della personalità è efficacemente tenuto in custodia da questi fidati depositari della sopravvivenza mortale. Quanto all’esatta collocazione della personalità del mortale durante il periodo che intercorre tra la morte e la sopravvivenza, noi non la conosciamo.
(1234.5) 112:5.16 La situazione che rende possibile la ripersonalizzazione è prodotta nelle sale di risurrezione dei pianeti morontiali d’accoglienza di un universo locale. Qui, in queste camere di assemblaggio della vita, le autorità di supervisione forniscono quella combinazione dell’energia universale — morontiale, mentale e spirituale — che rende possibile riformare la coscienza del sopravvivente addormentato. Il riassemblaggio delle parti costituenti di una personalità un tempo materiale implica:
(1234.6) 112:5.17 1. La costruzione di una forma appropriata, un modello morontiale d’energia, in cui il nuovo sopravvivente può stabilire il contatto con la realtà non spirituale ed in cui la variante morontiale della mente cosmica può essere immessa in circuito.
(1234.7) 112:5.18 2. Il ritorno dell’Aggiustatore nella creatura morontiale in attesa. L’Aggiustatore è il custode eterno della vostra identità ascendente; il vostro Monitore è la certezza assoluta che voi stesso e non un altro occuperà la forma morontiale creata per il risveglio della vostra personalità. E l’Aggiustatore sarà presente alla ricostituzione della vostra personalità per riassumere il ruolo di guida paradisiaca del vostro io sopravvivente.
(1235.1) 112:5.19 3. Quando questi requisiti indispensabili alla ripersonalizzazione sono stati riuniti, il custode serafico delle potenzialità dell’anima immortale assopita, con l’assistenza di numerose personalità cosmiche, conferisce questa entità morontiale alla e nella forma mente-corpo morontiale predisposta, mentre affida questo figlio evoluzionario del Supremo all’associazione eterna con l’Aggiustatore in attesa. Ciò completa la ripersonalizzazione, la ricostituzione della memoria, dell’intuizione e della coscienza — l’identità.
(1235.2) 112:5.20 Il fatto della ripersonalizzazione consiste nella presa di possesso, da parte dell’io umano che si risveglia, della fase morontiale posta in circuito della mente cosmica appena separata. Il fenomeno della personalità dipende dalla persistenza dell’identità della reazione dell’individualità all’ambiente universale; e ciò può essere effettuato solo tramite la mente. L’individualità persiste nonostante un cambiamento continuo in tutti i fattori che compongono l’io; nella vita fisica il cambiamento è graduale; alla morte e alla ripersonalizzazione il cambiamento è repentino. La vera realtà di ogni individualità (personalità) è capace di agire in risposta alle condizioni dell’universo in virtù del mutamento incessante delle sue parti costituenti; la stagnazione termina nell’inevitabile morte. La vita umana è un cambiamento incessante dei fattori della vita, unificati dalla stabilità della personalità immutabile.
(1235.3) 112:5.21 E così, quando vi risveglierete sui mondi delle dimore di Jerusem, sarete talmente cambiati, la vostra trasformazione spirituale sarà così grande che, se non fosse per il vostro Aggiustatore di Pensiero ed il guardiano del destino che ricollegano così pienamente la vostra nuova vita sui nuovi mondi alla vostra vecchia vita nel primo mondo, voi avreste inizialmente difficoltà a collegare la nuova coscienza morontiale alle reminiscenze della vostra identità precedente. Nonostante la continuità dell’individualità personale, gran parte della vostra vita di mortali vi sembrerebbe inizialmente un sogno vago e indistinto. Ma il tempo chiarirà molti ricordi associati alla vostra vita di mortale.
(1235.4) 112:5.22 L’Aggiustatore di Pensiero vi richiamerà alla mente e vi ripeterà solo i ricordi e le esperienze che fanno parte della vostra carriera universale e sono essenziali alla stessa. Se l’Aggiustatore ha partecipato all’evoluzione di qualcosa nella mente umana, allora queste esperienze degne d’interesse sopravviveranno nella coscienza eterna dell’Aggiustatore. Ma molta parte della vostra vita passata e dei vostri ricordi, non aventi né significato spirituale né valore morontiale, periranno con il cervello materiale. Molte esperienze materiali scompariranno come vecchie impalcature che, essendovi servite da ponte per passare al livello morontiale, non hanno più alcun proposito nell’universo. Ma la personalità e le relazioni tra personalità non sono mai delle impalcature; il ricordo umano delle relazioni di personalità ha un valore cosmico e persisterà. Sui mondi delle dimore voi riconoscerete e ricorderete i vostri compagni di un tempo nella breve ma affascinante vita su Urantia, e sarete riconosciuti e ricordati da loro.
(1235.5) 112:6.1 Come una farfalla emerge dallo stadio di larva, così la vera personalità degli esseri umani emergerà sui mondi delle dimore, rivelata per la prima volta separatamente dal suo vecchio rivestimento di carne materiale. La carriera morontiale nell’universo locale concerne l’elevazione continua del meccanismo della personalità dal livello morontiale iniziale d’esistenza dell’anima fino al livello morontiale finale di spiritualità progressiva.
(1235.6) 112:6.2 È difficile informarvi sulle vostre forme morontiali della personalità per la carriera nell’universo locale. Voi sarete dotati di modelli morontiali capaci di manifestare la personalità, e questi sono rivestimenti che in ultima analisi sono al di là della vostra comprensione. Tali forme, benché interamente reali, non sono modelli d’energia dell’ordine materiale quali voi comprendete ora. Essi, tuttavia, svolgono sui mondi dell’universo locale lo stesso ruolo che i vostri corpi materiali svolgono sui pianeti in cui nascono gli umani.
(1236.1) 112:6.3 In una certa misura l’apparenza della forma corporale materiale risponde al carattere dell’identità della personalità; il corpo fisico riflette, ad un grado limitato, qualcosa della natura intrinseca della personalità. La forma morontiale lo fa ancora di più. Nella vita fisica i mortali possono essere belli esteriormente ed essere brutti interiormente; nella vita morontiale, e sempre di più sui suoi livelli superiori, la forma della personalità varierà direttamente secondo la natura interiore della persona. Sul livello spirituale la forma esteriore e la natura interiore cominciano ad avvicinarsi ad un’identificazione completa, che si perfeziona sempre di più sui livelli spirituali via via più elevati.
(1236.2) 112:6.4 Nello stato morontiale il mortale ascendente è dotato della variante nebadoniana della dotazione di mente cosmica dello Spirito Maestro di Orvonton. L’intelletto mortale, come tale, è perito, ha cessato di esistere come entità universale focalizzata, separata dai circuiti mentali indifferenziati dello Spirito Creativo. Ma i significati ed i valori della mente umana non sono periti. Certe fasi mentali persistono nell’anima sopravvivente; certi valori esperienziali della mente umana precedente sono conservati dall’Aggiustatore. E persiste nell’universo locale la storia della vita umana qual è stata vissuta nella carne, così come certe registrazioni viventi nei numerosi esseri che si occupano della valutazione finale del mortale ascendente, esseri che vanno dai serafini fino ai Censori Universali e probabilmente oltre, fino al Supremo.
(1236.3) 112:6.5 La volizione della creatura non può esistere senza la mente, ma essa persiste nonostante la perdita dell’intelletto materiale. Durante i tempi immediatamente successivi alla sopravvivenza, la personalità ascendente è guidata in larga misura dai modelli del carattere ereditati dalla vita umana e dall’azione appena apparsa della mota morontiale. Queste guide di condotta sui mondi delle dimore operano in modo soddisfacente nei primi stadi della vita morontiale e prima che la volontà morontiale emerga come espressione volitiva completa della personalità ascendente.
(1236.4) 112:6.6 Nella carriera dell’universo locale non vi sono influenze paragonabili ai sette spiriti aiutanti della mente dell’esistenza umana. La mente morontiale deve evolversi per contatto diretto con la mente cosmica, quale questa mente cosmica è stata modificata e tradotta dalla sorgente creativa dell’intelletto dell’universo locale — la Divina Ministra.
(1236.5) 112:6.7 La mente mortale, prima della morte, è indipendente dalla presenza dell’Aggiustatore in forma autocosciente; per poter operare la mente aiutante ha bisogno soltanto del modello associato di energia-materia. Ma l’anima morontiale, essendo di superaiuto, non conserva l’autocoscienza senza l’Aggiustatore quando è privata del meccanismo della mente materiale. Quest’anima in evoluzione, tuttavia, possiede una continuità di carattere derivata dalle decisioni prese dalla sua precedente mente aiutante associata, e questo carattere diviene memoria attiva quando le forme di questa mente ricevono energia dall’Aggiustatore ritornato.
(1236.6) 112:6.8 La persistenza della memoria è la prova che l’identità dell’individualità originale è mantenuta; essa è essenziale per completare l’autocoscienza della continuità e dell’espansione della personalità. I mortali che ascendono senza l’Aggiustatore dipendono dall’istruzione degli associati serafici per la ricostruzione della loro memoria umana; a parte ciò, le anime morontiali dei mortali fusi con lo Spirito non hanno altre limitazioni. Il modello della memoria persiste nell’anima, ma questo modello richiede la presenza dell’Aggiustatore precedente per realizzarsi immediatamente come memoria continua. Senza l’Aggiustatore è necessario un tempo considerevole al sopravvivente mortale per riesaminare e riapprendere, per ricatturare, la coscienza del ricordo dei significati e dei valori di un’esistenza anteriore.
(1237.1) 112:6.9 L’anima con valore di sopravvivenza riflette fedelmente le azioni ed i moventi sia qualitativi che quantitativi dell’intelletto materiale, sede precedente dell’identità dell’individualità. Scegliendo la verità, la bellezza e la bontà, la mente mortale entra nella sua carriera universale premorontiale sotto la tutela dei sette spiriti aiutanti della mente unificati sotto la direzione dello spirito della saggezza. In seguito, al completamento dei sette cerchi di realizzazione premorontiale, la sovrapposizione della dotazione della mente morontiale sulla mente aiutante dà inizio alla carriera prespirituale o morontiale di progressione nell’universo locale.
(1237.2) 112:6.10 Quando una creatura lascia il suo pianeta natale, lascia dietro di sé il ministero degli aiutanti e dipende soltanto dall’intelletto morontiale. Quando un ascendente lascia l’universo locale ha raggiunto il livello spirituale dell’esistenza, avendo oltrepassato il livello morontiale. Questa entità spirituale appena apparsa diviene allora sintonizzata con il ministero diretto della mente cosmica di Orvonton.
(1237.3) 112:7.1 La fusione con l’Aggiustatore di Pensiero trasmette alla personalità realtà eterne che prima erano soltanto potenziali. Tra queste nuove dotazioni si possono menzionare: la fissazione della qualità di divinità, l’esperienza e la memoria dell’eternità passata, l’immortalità ed una fase di assolutezza potenziale qualificata.
(1237.4) 112:7.2 Quando il vostro corso terreno in forma temporanea sarà terminato, vi risveglierete sulle rive di un mondo migliore e alla fine sarete uniti con il vostro fedele Aggiustatore in un abbraccio eterno. E questa fusione costituisce il mistero che fa che Dio e l’uomo siano uno, il mistero dell’evoluzione della creatura finita, ma ciò è eternamente vero. La fusione è il segreto della sfera sacra di Ascendington, e nessuna creatura, salvo quelle che hanno sperimentato la fusione con lo spirito della Deità, può comprendere il vero significato dei valori reali che si congiungono quando l’identità di una creatura del tempo diviene eternamente una con lo spirito della Deità del Paradiso.
(1237.5) 112:7.3 La fusione con l’Aggiustatore è di solito effettuata mentre l’ascendente risiede nel suo sistema locale. Essa può avvenire sul pianeta natale come trascendenza della morte naturale; può verificarsi su uno qualsiasi dei mondi delle dimore o sulla capitale del sistema; può anche essere ritardata fino al momento del soggiorno nella costellazione; o, in casi particolari, può compiersi solo dopo che l’ascendente ha raggiunto la capitale dell’universo locale.
(1237.6) 112:7.4 Quando la fusione con l’Aggiustatore è stata effettuata, non può esserci alcun pericolo futuro per la carriera eterna di tale personalità. Gli esseri celesti sono messi alla prova per tutta una lunga esperienza, ma i mortali passano per una prova relativamente breve ed intensa sui mondi evoluzionari e morontiali.
(1237.7) 112:7.5 La fusione con l’Aggiustatore non avviene mai prima che i decreti del superuniverso abbiano confermato che la natura umana ha fatto la scelta definitiva ed irrevocabile per la carriera eterna. Questa è l’autorizzazione all’unione che, una volta proclamata, costituisce per la personalità fusa la concessione dell’autorizzazione a lasciare definitivamente i confini dell’universo locale per recarsi a suo tempo nella capitale del superuniverso, dalla quale, in un lontano futuro, il pellegrino del tempo sarà inseconafinato per il lungo volo verso l’universo centrale di Havona e l’avventura della Deità.
(1238.1) 112:7.6 Sui mondi evoluzionari l’individualità è materiale, è un oggetto nell’universo e come tale è soggetta alle leggi dell’esistenza materiale. Essa è un fatto nel tempo ed è sensibile alle vicissitudini del tempo stesso. Le decisioni di sopravvivenza devono essere formulate qui. Nello stato morontiale l’io è divenuto una realtà universale nuova e più duratura, e la sua crescita continua è basata sulla sua crescente armonizzazione con i circuiti mentali e spirituali degli universi. Le decisioni di sopravvivenza sono ora confermate. Quando l’io raggiunge il livello spirituale è divenuto un valore certo nell’universo, e questo nuovo valore è basato sul fatto che le decisioni di sopravvivenza sono state prese, cosa che è stata comprovata dalla fusione eterna con l’Aggiustatore di Pensiero. Ed avendo raggiunto lo status di un vero valore universale, la creatura diviene potenzialmente libera di cercare il più alto valore universale — Dio.
(1238.2) 112:7.7 Questi esseri fusi sono duplici nelle loro reazioni universali: sono individui morontiali distinti non molto dissimili dai serafini, e sono anche potenzialmente esseri dell’ordine dei finalitari del Paradiso.
(1238.3) 112:7.8 Ma l’individuo fuso è in realtà una sola personalità, un solo essere, la cui unità sfida ogni tentativo di analisi da parte di qualsiasi intelligenza degli universi. E così, essendo passati per i tribunali dell’universo locale, dai più bassi ai più elevati, senza che nessuno di essi sia stato capace d’identificare l’uomo o l’Aggiustatore, uno separatamente dall’altro, voi sarete infine condotti davanti al Sovrano di Nebadon, Padre del vostro universo locale. E là, dalla mano dell’essere stesso la cui paternità creativa in questo universo del tempo ha reso possibile il fatto della vostra vita, voi riceverete le credenziali che vi autorizzeranno alla fine a proseguire la vostra carriera nel superuniverso alla ricerca del Padre Universale.
(1238.4) 112:7.9 L’Aggiustatore trionfante ha conquistato la personalità grazie al suo magnifico servizio verso l’umanità, o l’umano valoroso ha acquisito l’immortalità grazie ai suoi sforzi sinceri per divenire simile all’Aggiustatore? Non è né l’una né l’altra cosa; ma entrambi hanno completato insieme l’evoluzione di un membro di uno degli ordini straordinari di personalità ascendenti del Supremo, che sarà sempre servizievole, fedele ed efficiente, un candidato ad una crescita e ad uno sviluppo ulteriori, proteso sempre verso l’alto e che non cesserà mai l’ascensione superna prima che i sette circuiti di Havona siano stati attraversati e prima che l’anima di antica origine terrestre riconosca, ponendosi in adorazione, la personalità reale del Padre del Paradiso.
(1238.5) 112:7.10 Durante tutta questa magnifica ascensione l’Aggiustatore di Pensiero è il pegno divino della completa stabilizzazione spirituale futura dell’ascendente mortale. Nel contempo la presenza del libero arbitrio umano fornisce all’Aggiustatore un canale eterno per liberare la natura divina ed infinita. Ora queste due identità divengono una; nessun avvenimento del tempo o dell’eternità può più separare l’uomo e l’Aggiustatore; essi sono inseparabili, fusi per l’eternità.
(1238.6) 112:7.11 Sui mondi a fusione con l’Aggiustatore il destino del Monitore del Mistero è identico a quello del mortale ascendente — il Corpo Paradisiaco della Finalità. Né l’Aggiustatore né il mortale possono raggiungere questa meta eccezionale senza la piena cooperazione ed il fedele aiuto dell’altro. Questa associazione straordinaria è uno dei più affascinanti e stupefacenti tra tutti i fenomeni cosmici di quest’era dell’universo.
(1239.1) 112:7.12 Dal momento della fusione con l’Aggiustatore lo status dell’ascendente è quello della creatura evoluzionaria. Il membro umano fu il primo a godere della personalità, e perciò è gerarchicamente superiore all’Aggiustatore in tutte le questioni concernenti il riconoscimento della personalità. La sede paradisiaca di questo essere fuso è Ascendington, non Divinington, e questa combinazione straordinaria di Dio e uomo ha il rango di mortale ascendente per tutto il tragitto fino al Corpo della Finalità.
(1239.2) 112:7.13 Una volta che un Aggiustatore si fonde con un mortale ascendente, il numero di questo Aggiustatore è tolto dagli archivi del superuniverso. Che cosa avvenga negli archivi di Divinington non lo so, ma suppongo che il fascicolo di questo Aggiustatore sia trasferito nei cerchi segreti delle corti interne di Grandfanda, il capo in funzione del Corpo della Finalità.
(1239.3) 112:7.14 Con la fusione dell’Aggiustatore, il Padre Universale ha compiuto la sua promessa di donare se stesso alle sue creature materiali; ha tenuto fede alla promessa e completato il piano di conferimento eterno della divinità all’umanità. Ora comincia il tentativo umano di realizzare e di attuare le possibilità illimitate inerenti all’associazione superna con Dio, che è divenuta in tal modo un fatto.
(1239.4) 112:7.15 Il destino attualmente conosciuto dei mortali sopravviventi è il Corpo della Finalità in Paradiso; questa è anche la meta del destino per tutti gli Aggiustatori di Pensiero che si sono congiunti in un’unione eterna con i loro compagni mortali. Al presente, i finalitari del Paradiso lavorano nel grande universo in numerose attività, ma noi tutti riteniamo che avranno altri incarichi ancora più elevati da compiere nel lontano futuro, dopo che i sette superuniversi saranno divenuti stabilizzati in luce e vita, e quando il Dio del finito sarà finalmente emerso dal mistero che ora circonda questa Deità Suprema.
(1239.5) 112:7.16 Vi sono stati descritti in una certa misura l’organizzazione ed il personale dell’universo centrale, dei superuniversi e degli universi locali; vi è stato detto qualcosa sul carattere e sull’origine delle varie personalità che governano attualmente queste immense creazioni. Siete stati anche informati che sono in corso di organizzazione vaste galassie di universi molto al di là della periferia del grande universo, nel primo livello di spazio esterno. È stato anche dichiarato nel corso di queste narrazioni che l’Essere Supremo rivelerà la sua funzione terziaria non rivelata in queste regioni ancora inesplorate dello spazio esterno; e vi è stato anche detto che i finalitari del corpo paradisiaco sono i figli esperienziali del Supremo.
(1239.6) 112:7.17 Noi crediamo che i mortali fusi con l’Aggiustatore, così come i loro associati finalitari, siano destinati ad operare in qualche modo nell’amministrazione degli universi del primo livello di spazio esterno. Non abbiamo il minimo dubbio che a tempo debito queste enormi galassie diverranno degli universi abitati. E siamo egualmente convinti che tra i loro amministratori ci saranno i finalitari paradisiaci le cui nature sono la conseguenza cosmica dell’unione tra la creatura ed il Creatore.
(1239.7) 112:7.18 Quale avventura! Quale romanzo! Una creazione gigantesca destinata ad essere amministrata dai figli del Supremo, questi Aggiustatori personalizzati ed umanizzati, questi mortali divenuti eterni e simili agli Aggiustatori, queste combinazioni misteriose e queste associazioni eterne tra la più alta manifestazione conosciuta dell’essenza della Prima Sorgente e Centro e la forma più bassa della vita intelligente capace di comprendere e di raggiungere il Padre Universale. Noi immaginiamo che questi esseri amalgamati, queste associazioni di Creatore e di creatura, diverranno governanti stupendi, amministratori incomparabili e direttori comprensivi ed affettuosi per tutte le forme di vita intelligente che potranno venire all’esistenza in questi universi futuri del primo livello di spazio esterno.
(1240.1) 112:7.19 È vero, voi mortali siete di origine terrestre, animale; il vostro corpo è veramente polvere. Ma se lo volete effettivamente, se lo desiderate realmente, l’eredità delle ere sarà sicuramente vostra, ed un giorno servirete negli universi nella vostra vera qualità — figli del Dio Supremo dell’esperienza e figli divini del Padre Paradisiaco di tutte le personalità.
(1240.2) 112:7.20 [Presentato da un Messaggero Solitario di Orvonton.]
(1241.1) 113:0.1 DOPO aver presentato le nostre narrazioni sugli Spiriti Tutelari del Tempo e sulle Schiere dei Messaggeri dello Spazio, passiamo a considerare gli angeli guardiani, i serafini consacrati al ministero presso i singoli mortali, per la cui elevazione e perfezione è stato predisposto tutto il vasto piano di sopravvivenza e di progressione spirituale. Su Urantia, nelle ere passate, questi guardiani del destino erano quasi il solo gruppo di angeli riconosciuto. I serafini planetari sono, in effetti, gli spiriti tutelari inviati per servire coloro che sopravviveranno. Questi serafini accompagnatori hanno funzionato come aiuti spirituali degli uomini mortali in tutti i grandi avvenimenti del passato e del presente. In molte rivelazioni “la parola fu pronunciata dagli angeli”; molte delle direttive del cielo sono state “ricevute dal ministero degli angeli”.
(1241.2) 113:0.2 I serafini sono gli angeli tradizionali del cielo; sono gli spiriti tutelari che vivono così vicino a voi e fanno tanto per voi. Essi hanno servito su Urantia fin dai primissimi tempi dell’intelligenza umana.
(1241.3) 113:1.1 L’insegnamento sugli angeli guardiani non è un mito; certi gruppi di esseri umani hanno effettivamente degli angeli personali. Fu in riconoscimento di questo fatto che Gesù, parlando dei figli del regno dei cieli, disse: “Badate di non disprezzare nessuno di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli vedono sempre la presenza dello spirito di mio Padre.”
(1241.4) 113:1.2 In origine i serafini furono definitamente assegnati alle singole razze di Urantia. Ma dopo il conferimento di Micael sono assegnati secondo l’intelligenza, la spiritualità e il destino umani. Dal punto di vista intellettuale l’umanità è divisa in tre classi:
(1241.5) 113:1.3 1. I mentalmente subnormali — quelli che non esercitano un potere di volizione normale; quelli che non prendono decisioni correnti. Questa classe include coloro che non riescono a comprendere Dio; essi mancano della capacità di adorare intelligentemente la Deità. Gli esseri subnormali di Urantia hanno un corpo di serafini, una compagnia, con un battaglione di cherubini, loro assegnati per assisterli e per testimoniare che la giustizia e la misericordia siano loro concesse nella lotta per la vita sulla sfera.
(1241.6) 113:1.4 2. Il tipo medio, normale, di mente umana. Dal punto di vista del ministero serafico la maggior parte degli uomini e delle donne sono raggruppati in sette classi, in conformità al loro status nel superamento dei cerchi di progresso umano e di sviluppo spirituale.
(1241.7) 113:1.5 3. I mentalmente supernormali — quelli di grande decisione e d’indubbio potenziale di realizzazione spirituale; uomini e donne che hanno più o meno stabilito un contatto con il loro Aggiustatore interiore; membri dei vari corpi di riserva del destino. Qualunque sia il cerchio in cui un umano si trova, se un tale individuo è arruolato in qualcuno dei numerosi corpi di riserva del destino, gli è immediatamente assegnato un serafino personale, e da quel momento sino alla fine della sua carriera terrena quel mortale godrà del ministero continuo e dell’assistenza incessante di un angelo guardiano. Egualmente, quando un essere umano prende la decisione suprema, quando c’è un impegno reale con l’Aggiustatore, un guardiano personale è immediatamente assegnato a quell’anima.
(1242.1) 113:1.6 Nel ministero verso i cosiddetti esseri normali, le assegnazioni serafiche sono fatte in conformità al raggiungimento umano dei cerchi d’intellettualità e di spiritualità. Voi cominciate rivestiti della vostra mente di mortali nel settimo cerchio e progredite verso l’interno nel compito di autocomprensione, di autoconquista e di autodominio. Ed avanzate cerchio dopo cerchio (se la morte naturale non pone fine alla vostra carriera e trasferisce le vostre lotte sui mondi delle dimore) fino a raggiungere il primo cerchio, o cerchio interno, di contatto e di comunione relativi con l’Aggiustatore interiore.
(1242.2) 113:1.7 Gli esseri umani nel cerchio iniziale, o settimo cerchio, hanno un angelo guardiano con una compagnia di cherubini assistenti assegnati alla sorveglianza e alla custodia di mille mortali. Nel sesto cerchio una coppia serafica con una compagnia di cherubini è incaricata di guidare questi mortali ascendenti in gruppi di cinquecento. Quando viene raggiunto il quinto cerchio gli esseri umani sono raggruppati in compagnie di circa cento elementi, ed una coppia di serafini guardiani con un gruppo di cherubini li prende in carico. Al raggiungimento del quarto cerchio gli esseri mortali sono riuniti in gruppi di dieci, ed anche in tal caso sono dati in carico ad una coppia di serafini assistita da una compagnia di cherubini.
(1242.3) 113:1.8 Quando una mente mortale trascende l’inerzia dell’eredità animale e raggiunge il terzo cerchio d’intellettualità umana e di spiritualità acquisita, un angelo personale (in realtà due) sarà da quel momento totalmente ed esclusivamente consacrato a questo mortale ascendente. E così queste anime umane, in aggiunta agli Aggiustatori di Pensiero interiori sempre presenti e sempre più efficaci, ricevono l’assistenza indivisa di questi guardiani personali del destino in tutti i loro sforzi per completare il terzo cerchio, attraversare il secondo e raggiungere il primo.
(1242.4) 113:2.1 I serafini non sono conosciuti come guardiani del destino prima del momento in cui sono assegnati all’associazione con un’anima umana che ha realizzato uno o più dei tre compimenti seguenti: ha preso la decisione suprema di divenire simile a Dio, è entrata nel terzo cerchio, od è stata arruolata in uno dei corpi di riserva del destino.
(1242.5) 113:2.2 Nell’evoluzione delle razze, un guardiano del destino è assegnato al primo essere che raggiunge il cerchio di conquista richiesto. Su Urantia il primo mortale ad ottenere un guardiano personale fu Rantowoc, un uomo saggio della razza rossa di molto tempo fa.
(1242.6) 113:2.3 Tutte le designazioni degli angeli sono fatte da un gruppo di serafini volontari, e queste assegnazioni sono sempre conformi ai bisogni umani ed allo status della coppia angelica — alla luce dell’esperienza, dell’abilità e della saggezza serafica. Soltanto i serafini con lungo servizio, quelli con maggior esperienza e più collaudati, sono assegnati come guardiani del destino. Numerosi guardiani hanno acquisito un’esperienza molto preziosa sui mondi delle serie a non fusione con l’Aggiustatore. Come gli Aggiustatori, i serafini accompagnano questi esseri per la durata di una sola vita e poi sono liberati per una nuova assegnazione. Molti guardiani di Urantia hanno avuto questa esperienza pratica precedente su altri mondi.
(1243.1) 113:2.4 Quando degli esseri umani non riescono a sopravvivere, i loro guardiani personali o di gruppo possono servire ripetutamente con funzioni simili sullo stesso pianeta. I serafini sviluppano un rispetto sentimentale per i mondi particolari e nutrono un affetto speciale per certe razze e per certi tipi di creature mortali cui sono stati strettamente ed intimamente associati.
(1243.2) 113:2.5 Negli angeli si sviluppa un affetto duraturo per i loro associati umani; e se voi poteste solo raffigurarvi i serafini, nutrireste per loro un caldo affetto. Spogliati dei corpi materiali ed acquisite le forme spirituali, voi sareste molto vicini agli angeli in molti attributi della personalità. Essi condividono la maggior parte delle vostre emozioni e ne provano alcune altre in aggiunta. La sola emozione che vi spinge ad agire e che è un po’ difficile da comprendere per loro è l’eredità della paura animale che ha un peso così grande nella vita mentale dell’abitante medio di Urantia. Gli angeli trovano veramente difficile comprendere perché voi permettiate così persistentemente ai vostri poteri intellettuali superiori, ed anche alla vostra fede religiosa, di essere talmente dominati dalla paura, così totalmente demoralizzati dal panico incontrollato dovuto al timore e all’ansietà.
(1243.3) 113:2.6 Tutti i serafini hanno nomi individuali, ma nelle liste di assegnazione al servizio nei mondi sono frequentemente indicati con il loro numero planetario. Nelle capitali degli universi essi sono registrati con il loro nome ed il loro numero. Il guardiano del destino del soggetto umano impiegato come contatto in questa comunicazione è il numero 3 del gruppo 17 della compagnia 126 del battaglione 4 dell’unità 384 della legione 6 del corpo 37 della 182.314a armata serafica di Nebadon. L’attuale numero d’incarico planetario di questo serafino su Urantia, per questo soggetto umano, è 3.641.852.
(1243.4) 113:2.7 Nell’assegnazione degli angeli come guardiani del destino per il ministero di tutela personale, i serafini offrono sempre volontariamente i loro servizi. Nella città della presente visitazione un mortale fu recentemente ammesso al corpo di riserva del destino, e poiché tutti questi umani sono personalmente assistiti da angeli guardiani, più di cento serafini qualificati hanno chiesto di esservi assegnati. Il direttore planetario ne scelse dodici tra i più sperimentati e designò poi il serafino che avevano selezionato come il più adatto a guidare questo essere umano durante il tragitto della sua vita. Cioè, essi scelsero una coppia di serafini ugualmente qualificati; uno di questa coppia serafica sarà sempre in servizio.
(1243.5) 113:2.8 Gli incarichi serafici possono essere continui, ma ogni membro della coppia angelica può svincolarsi da qualsiasi responsabilità di ministero. Come i cherubini, i serafini servono generalmente in coppie, ma contrariamente ai loro associati meno avanzati, i serafini lavorano talvolta da soli. Praticamente in tutti i loro contatti con gli esseri umani essi possono operare a titolo individuale. Solo per comunicazioni e servizi sui circuiti superiori degli universi sono richiesti entrambi gli angeli.
(1243.6) 113:2.9 Quando una coppia serafica accetta un incarico di guardiano, serve per il resto della vita di quell’essere umano. Il complemento dell’essere (uno dei due angeli) diviene lo storico dell’impresa. Questi serafini complementari sono gli angeli registratori dei mortali dei mondi evoluzionari. Le registrazioni sono conservate dalla coppia di cherubini (un cherubino e un sanobino) che è sempre associata ai guardiani serafici, ma queste registrazioni sono sempre promosse da uno dei serafini.
(1244.1) 113:2.10 Allo scopo di riposarsi e di ricaricarsi con l’energia vitale dei circuiti universali, il guardiano è periodicamente rilevato dal suo complemento, e durante la sua assenza il cherubino associato opera in qualità di registratore, come avviene anche quando il serafino complementare è a sua volta assente.
(1244.2) 113:3.1 Una delle cose più importanti che un guardiano del destino fa per il suo soggetto mortale è di effettuare una coordinazione personale delle numerose influenze spirituali impersonali che abitano, circondano e giungono a contatto con la mente e con l’anima della creatura materiale in evoluzione. Gli esseri umani sono personalità ed è estremamente difficile per degli spiriti non personali e per delle entità prepersonali stabilire un contatto diretto con tali menti altamente materiali e distintamente personali. Nel ministero dell’angelo guardiano tutte queste influenze sono più o meno unificate e rese meglio apprezzabili dalla natura morale in espansione della personalità umana in evoluzione.
(1244.3) 113:3.2 Più particolarmente, questo guardiano serafico può mettere in correlazione, e lo fa, i molteplici agenti ed influenze dello Spirito Infinito, che vanno dai domini dei controllori fisici e degli spiriti aiutanti della mente fino allo Spirito Santo della Divina Ministra e alla presenza dello Spirito Onnipresente della Terza Sorgente e Centro del Paradiso. Dopo aver così unificato e reso più personali questi vasti ministeri dello Spirito Infinito, il serafino mette poi in correlazione questa influenza integrata dell’Attore Congiunto con le presenze spirituali del Padre e del Figlio.
(1244.4) 113:3.3 L’Aggiustatore è la presenza del Padre; lo Spirito della Verità è la presenza dei Figli. Questi doni divini sono unificati e coordinati sui livelli inferiori dell’esperienza spirituale umana dal ministero dei serafini guardiani. I servitori angelici hanno il dono di congiungere l’amore del Padre con la misericordia del Figlio nel loro ministero presso le creature mortali.
(1244.5) 113:3.4 In ciò si rivela la ragione per cui il guardiano serafico diviene alla fine il custode personale dei modelli mentali, delle formule mnemoniche e delle realtà dell’anima del sopravvivente mortale durante l’intervallo tra la morte fisica e la risurrezione morontiale. Nessuno, salvo i figli tutelari dello Spirito Infinito, potrebbe agire in questo modo a favore delle creature umane durante questa fase di transizione da un livello dell’universo ad un altro livello più elevato. Anche quando voi entrate nel sonno terminale di transizione, quando passate dal tempo all’eternità, un supernafino elevato partecipa similmente al transito con voi come custode dell’identità di creatura ed a garanzia dell’integrità personale.
(1244.6) 113:3.5 Sul livello spirituale i serafini rendono personali molti ministeri universali che altrimenti resterebbero impersonali e prepersonali; essi sono dei coordinatori. Sul livello intellettuale essi sono dei correlatori della mente e della morontia; sono degli interpreti. Sul livello fisico essi manipolano l’ambiente terrestre mediante il loro collegamento con i Controllori Fisici Maestri e grazie al ministero cooperativo delle creature intermedie.
(1244.7) 113:3.6 Questa è l’esposizione delle molteplici e complesse funzioni di un serafino assistente; ma una tale personalità angelica subordinata, creata ad un livello di poco superiore a quello umano, come può compiere queste cose difficili e complesse? Noi in realtà non lo sappiamo, ma ipotizziamo che questo fenomenale ministero sia facilitato in qualche modo misterioso dall’azione non conosciuta e non rivelata dell’Essere Supremo, la Deità in corso di attuazione degli universi in evoluzione del tempo e dello spazio. In tutto il regno della sopravvivenza progressiva, nell’Essere Supremo e per suo tramite, i serafini sono una parte essenziale per la continuità della progressione umana.
(1245.1) 113:4.1 I guardiani serafici non sono la mente, benché provengano dalla stessa sorgente che dà anche origine alla mente mortale, lo Spirito Creativo. I serafini sono degli stimolatori della mente; essi cercano continuamente di provocare nella mente umana delle decisioni favorevoli al raggiungimento dei cerchi. Essi fanno questo non come fa l’Aggiustatore, che opera all’interno dell’anima e tramite essa, ma piuttosto dall’esterno verso l’interno, lavorando mediante l’ambiente sociale, etico e morale degli esseri umani. I serafini non sono l’attrazione divina degli Aggiustatori del Padre Universale, ma funzionano come agenti personali del ministero dello Spirito Infinito.
(1245.2) 113:4.2 L’uomo mortale sottomesso alle direttive dell’Aggiustatore è anche soggetto alla guida serafica. L’Aggiustatore è l’essenza della natura eterna dell’uomo; il serafino è l’educatore della natura in evoluzione dell’uomo — la mente mortale in questa vita, l’anima morontiale in quella successiva. Sui mondi delle dimore voi sarete coscienti e consapevoli degli istruttori serafici, ma nella prima vita gli uomini sono generalmente ignari di loro.
(1245.3) 113:4.3 I serafini funzionano da educatori degli uomini guidando i passi della personalità umana nei sentieri delle esperienze nuove e progressive. Accettare la guida di un serafino raramente significa avere una vita facile. Seguendo questa guida voi siete certi d’incontrare, e se ne avete il coraggio di superare, le aspre salite della scelta morale e del progresso spirituale.
(1245.4) 113:4.4 L’impulso all’adorazione ha origine in larga misura negli stimoli spirituali degli aiutanti superiori della mente, rafforzati dalle direttive dell’Aggiustatore. Ma la spinta a pregare, così spesso sentita dai mortali coscienti di Dio, ha molte volte origine a seguito dell’influenza serafica. Il serafino guardiano manipola costantemente l’ambiente dei mortali per il proposito di aumentare l’intuizione cosmica dell’ascendente umano, affinché tale candidato alla sopravvivenza acquisisca un miglior discernimento della presenza dell’Aggiustatore interiore e sia così in grado di apportare una cooperazione accresciuta alla missione spirituale della presenza divina.
(1245.5) 113:4.5 Benché non vi sia apparentemente alcuna comunicazione tra gli Aggiustatori interiori ed i serafini che li circondano, essi sembrano operare sempre in perfetta armonia ed in squisito accordo. I guardiani sono più attivi nei momenti in cui gli Aggiustatori sono meno attivi, ma il loro ministero è in qualche modo stranamente correlato. Tale magnifica cooperazione non può essere accidentale o fortuita.
(1245.6) 113:4.6 La personalità di aiutante del serafino guardiano, la presenza di Dio tramite l’Aggiustatore interiore, l’azione incircuitata dello Spirito Santo e la coscienza del Figlio tramite lo Spirito della Verità sono tutte divinamente correlate in un’unità significativa di ministero spirituale in una personalità mortale e presso di essa. Benché provenienti da fonti differenti e da livelli differenti, queste influenze celesti sono tutte integrate nella presenza avvolgente ed in evoluzione dell’Essere Supremo.
(1245.7) 113:5.1 Gli angeli non invadono la santità della mente umana; essi non manipolano la volontà dei mortali, né prendono contatto diretto con gli Aggiustatori interiori. Il guardiano del destino v’influenza in ogni possibile maniera compatibile con la dignità della vostra personalità. In nessuna circostanza questi angeli interferiscono con la libera attività della volontà umana. Né gli angeli né alcun altro ordine di personalità dell’universo hanno il potere o l’autorità di ridurre o di circoscrivere le prerogative della scelta umana.
(1246.1) 113:5.2 Gli angeli sono così vicini a voi e vi assistono così amorevolmente che in senso figurato “piangono a causa della vostra intenzionale intolleranza e testardaggine”. I serafini non versano lacrime fisiche, non hanno corpi fisici né posseggono ali. Ma hanno emozioni spirituali e provano sensazioni e sentimenti di natura spirituale che sono per certi aspetti paragonabili alle emozioni umane.
(1246.2) 113:5.3 I serafini agiscono in vostro favore del tutto indipendentemente dai vostri appelli diretti; essi eseguono gli ordini dei loro superiori e funzionano in questo modo nonostante i vostri capricci passeggeri o i vostri umori mutevoli. Ciò non significa che voi non possiate rendere i loro compiti più agevoli o più difficili, ma piuttosto che gli angeli non si occupano direttamente dei vostri appelli o delle vostre preghiere.
(1246.3) 113:5.4 Nella vita della carne le informazioni degli angeli non sono direttamente accessibili agli uomini mortali. Essi non sono dei signori supremi o dei direttori, sono semplicemente dei guardiani. I serafini vigilano su di voi, non cercano d’influenzarvi direttamente. Voi dovete tracciare il vostro itinerario, ma questi angeli agiscono poi per fare il miglior uso possibile del percorso che avete scelto. Essi (di solito) non intervengono arbitrariamente negli affari correnti della vita umana. Ma quando ricevono istruzioni dai loro superiori per compiere un intervento straordinario, potete essere certi che questi guardiani troveranno il modo di eseguire tali ordini. Essi, quindi, non s’intromettono nel quadro del dramma umano, salvo in casi d’emergenza, ed allora generalmente su ordine diretto dei loro superiori. Essi sono gli esseri che vi seguiranno per molte ere e ricevono perciò una preparazione per il loro lavoro futuro e per la loro associazione di personalità.
(1246.4) 113:5.5 I serafini possono agire in certe circostanze come ministri in forma materiale presso gli esseri umani, ma la loro attività in tale funzione è molto rara. Con l’assistenza delle creature intermedie e dei controllori fisici, essi possono operare in una vasta gamma di attività a favore degli esseri umani, anche di prendere contatto effettivo con l’umanità, ma tali eventi sono molto rari. Nella maggior parte dei casi gli avvenimenti del regno materiale procedono senza essere modificati dall’azione serafica, sebbene si siano verificate delle circostanze che comportavano pericolo per gli anelli vitali della catena dell’evoluzione umana in cui i guardiani serafici hanno agito, giustamente, di propria iniziativa.
(1246.5) 113:6.1 Dopo avervi detto qualcosa del ministero dei serafini durante la vita naturale, tenterò d’informarvi sulla condotta dei guardiani del destino al momento della dissoluzione mortale dei loro associati umani. Quando morite, il vostro curriculum di vita, le vostre specificazioni d’identità e l’entità morontiale dell’anima umana — sviluppata congiuntamente dal ministero della mente mortale e dell’Aggiustatore divino — sono fedelmente conservati dal guardiano del destino con tutti gli altri valori collegati alla vostra esistenza futura, ad ogni cosa che costituisce il vostro io, il vostro vero io, salvo l’identità dell’esistenza continua rappresentata dall’Aggiustatore che se ne va e la realtà della personalità.
(1246.6) 113:6.2 Nel momento in cui scompare la luce pilota nella mente umana, cioè la luminosità spirituale che i serafini associano alla presenza dell’Aggiustatore, l’angelo accompagnatore lo comunica personalmente agli angeli che comandano il gruppo, e di seguito la compagnia, il battaglione, l’unità, la legione e l’armata. E dopo essere stato debitamente registrato per l’avventura finale del tempo e dello spazio, questo angelo riceve dal capo planetario dei serafini l’autorizzazione d’informare l’Astro della Sera (o un altro luogotenente di Gabriele) che comanda l’armata serafica di questo candidato all’ascensione dell’universo. E dopo aver ricevuto il permesso dal comandante di questa unità organizzata suprema, tale guardiano del destino procede verso il primo mondo delle dimore per aspettarvi la ripresa di coscienza del suo vecchio pupillo nella carne.
(1247.1) 113:6.3 Nel caso in cui l’anima umana non sopravviva dopo aver ricevuto l’assegnazione di un angelo personale, il serafino accompagnatore deve recarsi nella capitale dell’universo locale per rendere testimonianza al rapporto completo del suo complemento, come precedentemente indicato. Poi esso si presenta davanti ai tribunali degli arcangeli per essere assolto da ogni responsabilità circa la mancata sopravvivenza del suo soggetto; e poi ritorna nei mondi per essere nuovamente assegnato ad un altro mortale con potenzialità di ascendente od a qualche altro settore di ministero serafico.
(1247.2) 113:6.4 Ma gli angeli portano il loro ministero alle creature evoluzionarie in molti modi oltre ai servizi di tutela individuale e di gruppo. I guardiani personali i cui soggetti non vanno immediatamente sui mondi delle dimore non rimangono in oziosa attesa degli appelli nominali dispensazionali di giudizio; essi sono riassegnati a numerose missioni di ministero in tutto l’universo.
(1247.3) 113:6.5 Il serafino guardiano è l’amministratore fiduciario che custodisce i valori di sopravvivenza dell’anima addormentata dell’uomo mortale, come l’Aggiustatore assente è l’identità di questo essere immortale dell’universo. Quando questi due collaborano nelle sale di risurrezione dei mondi delle dimore in congiunzione con la forma morontiale appena costruita, avviene il riassemblamento dei fattori costituenti la personalità dell’ascendente mortale.
(1247.4) 113:6.6 L’Aggiustatore vi identificherà; il serafino guardiano vi ripersonalizzerà e poi vi ripresenterà al fedele Monitore dei vostri giorni terrestri.
(1247.5) 113:6.7 E quando termina un’era planetaria, quando quelli che sono nei cerchi inferiori di realizzazione mortale vengono riuniti, sono proprio i loro guardiani di gruppo che li riuniscono nelle sale di risurrezione delle sfere delle dimore, così come riportano le vostre Scritture: “Ed egli manderà i suoi angeli con voce tonante e riunirà i suoi eletti da un’estremità all’altra del regno.”
(1247.6) 113:6.8 La tecnica della giustizia richiede che i guardiani personali o di gruppo rispondano all’appello nominale dispensazionale per conto di tutte le personalità non sopravviventi. Gli Aggiustatori di questi non sopravviventi non ritornano, e quando viene fatto l’appello risponde il serafino, ma gli Aggiustatori non rispondono. Ciò costituisce la “risurrezione degli ingiusti”, in realtà il riconoscimento formale della cessazione dell’esistenza come creature. Questo appello nominale di giustizia segue sempre immediatamente l’appello nominale di misericordia, la risurrezione dei sopravviventi addormentati. Ma queste sono materie che non riguardano altri che i Giudici supremi ed onniscienti dei valori di sopravvivenza. Tali problemi di giudizio in realtà non ci riguardano.
(1247.7) 113:6.9 I guardiani di gruppo possono servire su un pianeta era dopo era e divenire alla fine i custodi delle anime addormentate di migliaia e migliaia di sopravviventi dormienti. Essi possono servire così su numerosi mondi differenti in un dato sistema, poiché la risposta di risurrezione avviene sui mondi delle dimore.
(1247.8) 113:6.10 Tutti i guardiani personali e di gruppo del sistema di Satania che deviarono nella ribellione di Lucifero, nonostante che molti di loro si siano sinceramente pentiti della loro follia, saranno detenuti su Jerusem fino alla risoluzione finale della ribellione. I Censori Universali hanno già discrezionalmente tolto a questi guardiani disobbedienti ed infedeli tutti gli elementi in loro possesso delle anime ed hanno affidato queste realtà morontiali alla custodia di seconafini volontari.
(1248.1) 113:7.1 Questo primo risveglio sulle rive del mondo delle dimore segna veramente un’epoca nella carriera di un mortale ascendente. Là, per la prima volta, voi vedete realmente i vostri compagni angelici dei giorni terrestri, a lungo amati e sempre presenti; là divenite anche veramente coscienti dell’identità e della presenza del Monitore divino che ha dimorato così a lungo nella vostra mente sulla terra. Una tale esperienza costituisce un risveglio glorioso, una vera risurrezione.
(1248.2) 113:7.2 Sulle sfere morontiali i serafini accompagnatori (ce ne sono due di loro) sono i vostri veri compagni. Questi angeli non solo si associano a voi mentre progredite nella carriera dei mondi di transizione, aiutandovi in tutti i modi possibili ad acquisire lo status morontiale e spirituale, ma approfittano anch’essi dell’opportunità di avanzare studiando nelle scuole complementari per serafini evoluzionari mantenute sui mondi delle dimore.
(1248.3) 113:7.3 La razza umana fu creata appena un po’ inferiore ai tipi più semplici degli ordini angelici. Perciò il primo incarico della vostra vita morontiale sarà quello di assistenti dei serafini nel lavoro immediato, attendendo il momento in cui raggiungete la coscienza di personalità susseguente alla vostra liberazione dai legami della carne.
(1248.4) 113:7.4 Prima di lasciare i mondi delle dimore tutti i mortali avranno degli associati o dei guardiani serafici permanenti. Via via che ascendete le sfere morontiali, sono alla fine i guardiani serafici che attestano e certificano i decreti della vostra unione eterna con gli Aggiustatori di Pensiero. Insieme essi hanno stabilito le identità della vostra personalità come figli della carne provenienti dai mondi del tempo. Poi, quando raggiungete lo stato di maturità morontiale, essi vi accompagnano attraverso Jerusem ed i mondi associati di progresso e di cultura del sistema. Dopo di che essi vanno con voi su Edentia e sulle sue settanta sfere di socializzazione avanzata, e successivamente vi piloteranno fino ai Melchizedek e vi seguiranno lungo la splendida carriera dei mondi capitale dell’universo. E quando avrete acquisito la saggezza e la cultura dei Melchizedek, essi vi condurranno su Salvington, dove vi troverete faccia a faccia con il Sovrano di tutto Nebadon. E queste guide serafiche vi seguiranno ancora attraverso i settori minore e maggiore del superuniverso e fino ai mondi d’accoglienza di Uversa, rimanendo con voi sino al momento in cui sarete infine inseconafinati per il lungo volo verso Havona.
(1248.5) 113:7.5 Alcuni guardiani del destino assegnati ai pellegrini ascendenti durante la carriera mortale li seguono nel loro percorso attraverso Havona. Gli altri salutano temporaneamente i mortali associati a loro da lungo tempo, e poi, mentre i mortali attraversano i cerchi dell’universo centrale, questi guardiani del destino superano i cerchi di Seraphington. Essi saranno ad attendere sulle rive del Paradiso quando i loro associati mortali si sveglieranno dall’ultimo sonno temporale di transito nelle nuove esperienze dell’eternità. Tali serafini ascendenti entrano successivamente nei differenti servizi del corpo finalitario e del Corpo Serafico di Compimento.
(1248.6) 113:7.6 L’uomo e l’angelo possono essere o meno riuniti nel servizio eterno, ma ovunque li porti la destinazione serafica, i serafini restano sempre in comunicazione con i loro precedenti pupilli dei mondi evoluzionari, i mortali ascendenti del tempo. Le associazioni intime ed i legami affettuosi dei regni di origine umana non sono mai dimenticati né mai completamente interrotti. Nelle ere eterne gli uomini e gli angeli coopereranno nel servizio divino come hanno fatto nella carriera del tempo.
(1249.1) 113:7.7 Per i serafini la maniera più sicura di raggiungere le Deità del Paradiso consiste nel guidare con successo un’anima di origine evoluzionaria fino ai portali del Paradiso. Per questo l’assegnazione come guardiano del destino è l’incarico serafico più altamente apprezzato.
(1249.2) 113:7.8 Solo i guardiani del destino sono arruolati nel Corpo primario o dei mortali della Finalità, e queste coppie sono impegnate nell’avventura suprema dell’unità d’identità; i due esseri hanno raggiunto la biunificazione spirituale su Seraphington prima di essere ammessi al corpo finalitario. In questa esperienza le due nature angeliche, così complementari in tutte le funzioni universali, raggiungono l’unità spirituale ultima di due in uno, avente per conseguenza una nuova capacità di ricevere un frammento non Aggiustatore del Padre del Paradiso e di fondersi con esso. E così alcuni dei vostri amorevoli associati serafici nel tempo divengono anche i vostri associati finalitari nell’eternità, figli del Supremo e figli perfezionati del Padre del Paradiso.
(1249.3) 113:7.9 [Presentato dal Capo dei Serafini stazionati su Urantia]
(1250.1) 114:0.1 GLI Altissimi governano nei regni degli uomini per mezzo di molte forze ed agenti celesti, ma principalmente tramite il ministero dei serafini.
(1250.2) 114:0.2 Oggi a mezzogiorno la lista d’appello degli angeli planetari, guardiani ed altri, su Urantia era di 501.234.619 coppie di serafini. Erano assegnate al mio comando duecento armate serafiche — 597.196.800 coppie di serafini, ossia 1.194.393.600 singoli angeli. Dal controllo, tuttavia, ne risultano 1.002.469.238; ne consegue perciò che 191.924.362 angeli erano assenti da questo mondo per servizi di trasporto o concernenti i morti, o come messaggeri. (Su Urantia vi è circa lo stesso numero di cherubini e di serafini, e sono organizzati in modo similare.)
(1250.3) 114:0.3 I serafini ed i cherubini loro associati si occupano molto dei dettagli del governo superumano di un pianeta, specialmente di mondi che sono stati isolati a seguito di una ribellione. Gli angeli, abilmente aiutati dagli intermedi, funzionano su Urantia come dei veri ministri supermateriali che eseguono gli ordini del governatore generale residente e di tutti i suoi associati e subordinati. In quanto classe, i serafini sono occupati in molti incarichi diversi da quelli della custodia personale e di gruppo.
(1250.4) 114:0.4 Urantia non è priva di una supervisione appropriata ed efficace da parte dei dirigenti del sistema, della costellazione e dell’universo. Ma il governo planetario è differente da quello di qualsiasi altro mondo del sistema di Satania, ed anche di tutto Nebadon. Questa singolarità del vostro piano di supervisione è dovuta a numerose circostanze insolite:
(1250.5) 114:0.5 1. Lo status di modificazione della vita di Urantia.
(1250.6) 114:0.6 2. Le esigenze derivanti dalla ribellione di Lucifero.
(1250.7) 114:0.7 3. I disgregamenti dovuti al fallimento adamico.
(1250.8) 114:0.8 4. Le anomalie originate dal fatto che Urantia è stato uno dei mondi di conferimento del Sovrano dell’Universo. Micael di Nebadon è il Principe Planetario di Urantia.
(1250.9) 114:0.9 5. La funzione speciale dei ventiquattro direttori planetari.
(1250.10) 114:0.10 6. La dislocazione sul pianeta di un circuito di arcangeli.
(1250.11) 114:0.11 7. La designazione più recente come Principe Planetario vicegerente di Machiventa Melchizedek, un tempo incarnato su Urantia.
(1250.12) 114:1.1 La sovranità originale di Urantia fu assunta dal sovrano del sistema di Satania. Essa fu inizialmente da lui delegata ad una commissione congiunta di Melchizedek e di Portatori di Vita, e questo gruppo ha operato su Urantia fino all’arrivo di un Principe Planetario regolarmente costituito. Dopo la caduta del Principe Caligastia, al tempo della ribellione di Lucifero, Urantia non ebbe alcuna relazione certa e stabile con l’universo locale e con le sue divisioni amministrative fino al completamento del conferimento di Micael nella carne, quando egli fu proclamato, dall’Unione dei Giorni, Principe Planetario di Urantia. Questa proclamazione stabilì per sempre lo status del vostro mondo in sicurezza ed in principio, ma in pratica il Figlio Creatore Sovrano non fece alcun intervento di amministrazione personale del pianeta, salvo l’istituzione su Jerusem della commissione di ventiquattro Urantiani del passato con autorità di rappresentarlo nel governo di Urantia e di tutti gli altri pianeti in quarantena del sistema. Un membro di questo consiglio risiede ora in permanenza su Urantia come governatore generale residente.
(1251.1) 114:1.2 L’autorità di vicegerente per agire al posto di Micael come Principe Planetario è stata recentemente conferita a Machiventa Melchizedek, ma questo Figlio dell’universo locale non ha preso la minima misura per modificare l’attuale regime planetario delle amministrazioni successive dei governatori generali residenti.
(1251.2) 114:1.3 È poco probabile che venga apportato un cambiamento notevole nel governo di Urantia durante la presente dispensazione, a meno che non arrivi il Principe Planetario vicegerente per assumere le sue responsabilità di titolare. Alcuni dei nostri associati ritengono che in un prossimo futuro il piano consistente nell’inviare su Urantia uno dei ventiquattro consiglieri con funzioni di governatore generale sarà sostituito dall’arrivo ufficiale di Machiventa Melchizedek con il mandato di vicegerente della sovranità di Urantia. Come Principe Planetario facente funzioni egli continuerebbe indubbiamente ad amministrare il pianeta fino alla risoluzione finale della ribellione di Lucifero e probabilmente sino al lontano futuro della stabilizzazione del pianeta in luce e vita.
(1251.3) 114:1.4 Alcuni credono che Machiventa non verrà ad assumere personalmente la direzione degli affari di Urantia prima della fine della presente dispensazione. Altri ritengono che il Principe vicegerente non possa venire, come tale, prima che Micael non ritorni ad un certo punto su Urantia come ha promesso mentre era ancora nella carne. Altri ancora, incluso il narratore, si aspettano l’apparizione di Melchizedek in qualunque giorno ed ora.
(1251.4) 114:2.1 Dai tempi del conferimento di Micael sul vostro mondo la direzione generale di Urantia è stata affidata ad un gruppo speciale di ventiquattro ex Urantiani situato su Jerusem. I requisiti per far parte di questa commissione ci sono sconosciuti, ma abbiamo osservato che quelli che ne sono divenuti membri hanno tutti contribuito ad estendere la sovranità del Supremo nel sistema di Satania. Per natura essi erano tutti dei veri dirigenti quando operavano su Urantia e (ad eccezione di Machiventa Melchizedek) queste qualità di comando sono state ulteriormente accresciute dall’esperienza nel mondo delle dimore ed integrate dall’istruzione della cittadinanza di Jerusem. I membri sono nominati a far parte dei ventiquattro dal gabinetto di Lanaforge, appoggiati dagli Altissimi di Edentia, approvati dalla Sentinella Designata di Jerusem e ordinati da Gabriele di Salvington in conformità al mandato di Micael. I membri nominati temporaneamente operano altrettanto pienamente quanto i membri permanenti di questa commissione di supervisori speciali.
(1251.5) 114:2.2 Questo consiglio di amministratori planetari si occupa in particolar modo della supervisione delle attività di questo mondo che risultano dal fatto che Micael ha effettuato qui il suo conferimento terminale. Essi si tengono in stretto e diretto contatto con Micael tramite le attività di collegamento di un certo Brillante Astro della Sera, lo stesso essere che accompagnò Gesù durante tutto il conferimento come mortale.
(1252.1) 114:2.3 Attualmente un certo Giovanni, da voi conosciuto come “il Battista”, è il presidente di questo consiglio quando è in sessione su Jerusem. Ma il capo di diritto di questo consiglio è la Sentinella Designata di Satania, il rappresentante diretto e personale dell’Ispettore Associato di Salvington e dell’Esecutivo Supremo di Orvonton.
(1252.2) 114:2.4 I membri di questa stessa commissione di ex Urantiani agiscono anche da supervisori consultivi degli altri trentasei mondi del sistema isolati dalla ribellione. Essi svolgono un preziosissimo servizio tenendo Lanaforge, il Sovrano del Sistema, in stretto ed amorevole contatto con gli affari di questi pianeti, che sono ancora più o meno sotto il supercontrollo dei Padri della Costellazione di Norlatiadek. Questi ventiquattro consiglieri fanno frequenti viaggi a titolo individuale su ciascuno dei pianeti in quarantena, specialmente su Urantia.
(1252.3) 114:2.5 Ognuno degli altri mondi isolati è consigliato da commissioni simili con numero variabile di suoi ex abitanti, ma queste altre commissioni sono subordinate al gruppo dei ventiquattro Urantiani. Anche se i membri di quest’ultima commissione s’interessano attivamente di ogni fase del progresso umano su ciascun mondo in quarantena di Satania, si occupano specialmente e particolarmente del benessere e dell’avanzamento delle razze mortali di Urantia, poiché essi non controllano direttamente gli affari di nessuno dei pianeti, salvo Urantia, ed anche qui la loro autorità non è completa, eccetto che in certi domini concernenti la sopravvivenza dei mortali.
(1252.4) 114:2.6 Nessuno sa per quanto tempo questi ventiquattro consiglieri Urantiani proseguiranno nel loro presente status, staccati dal programma regolare delle attività universali. Essi continueranno senza alcun dubbio a servire nella loro veste attuale sino a quando si produrrà un qualche cambiamento nello status planetario, quale la fine di una dispensazione, l’assunzione della piena autorità da parte di Machiventa Melchizedek, il giudizio finale della ribellione di Lucifero o la riapparizione di Micael sul mondo del suo conferimento finale. L’attuale governatore generale residente di Urantia sembra incline all’opinione che tutti, salvo Machiventa, potranno essere liberati per l’ascensione al Paradiso nel momento in cui il sistema di Satania sarà ristabilito nei circuiti della costellazione. Ma esistono anche altre opinioni.
(1252.5) 114:3.1 Ogni cento anni del tempo di Urantia il corpo dei ventiquattro supervisori planetari di Jerusem designa uno dei suoi membri per soggiornare sul vostro mondo ed agire come suo delegato esecutivo, come governatore generale residente. Durante i tempi della preparazione delle presenti esposizioni questo agente esecutivo fu cambiato, ed il diciannovesimo a servire fu sostituito dal ventesimo. Il nome dell’attuale supervisore planetario vi viene tenuto nascosto soltanto perché l’uomo mortale ha tendenza a venerare, ed anche a deificare, i suoi eccezionali compatrioti ed i suoi superiori superumani.
(1252.6) 114:3.2 Il governatore generale residente non ha alcuna autorità personale effettiva nella direzione degli affari del mondo, salvo come rappresentante dei ventiquattro consiglieri di Jerusem. Egli agisce da coordinatore dell’amministrazione superumana ed è il capo rispettato e il dirigente universalmente riconosciuto degli esseri celesti che esercitano le loro funzioni su Urantia. Tutti gli ordini di schiere angeliche lo considerano loro direttore coordinatore, mentre gli intermedi uniti, dopo la partenza di 1-2-3 il primo per divenire uno dei ventiquattro consiglieri, considerarono realmente i governatori generali successivi come loro padri planetari.
(1253.1) 114:3.3 Sebbene il governatore generale non possegga un’autorità effettiva e personale sul pianeta, emette ogni giorno decine di ordinanze e di decisioni che sono accettate come finali da tutte le personalità interessate. Egli è molto più un consigliere paterno che un capo tecnico. Sotto certi aspetti egli opera come farebbe un Principe Planetario, ma la sua amministrazione assomiglia molto di più a quella dei Figli Materiali.
(1253.2) 114:3.4 Il governo di Urantia è rappresentato nei consigli di Jerusem in conformità ad una disposizione secondo la quale il governatore generale che rientra dal servizio siede come membro temporaneo del gabinetto dei Principi Planetari del Sovrano del Sistema. Quando Machiventa fu designato Principe vicegerente, ci si aspettava che prendesse immediatamente il suo posto nel consiglio dei Principi Planetari di Satania, ma finora egli non ha fatto alcun gesto in questa direzione.
(1253.3) 114:3.5 Il governo supermateriale di Urantia non mantiene relazioni organiche molto strette con le unità superiori dell’universo locale. In un certo senso il governatore generale residente rappresenta Salvington quanto Jerusem, poiché agisce per conto dei ventiquattro consiglieri, i quali rappresentano direttamente Micael e Gabriele. Ed essendo un cittadino di Jerusem, il governatore planetario può operare come portavoce del Sovrano del Sistema. Le autorità della costellazione sono rappresentate direttamente da un Figlio Vorondadek, l’osservatore di Edentia.
(1253.4) 114:4.1 La sovranità di Urantia è ulteriormente complicata dall’assunzione arbitraria dell’autorità planetaria fatta a suo tempo dal governo di Norlatiadek poco dopo la ribellione del pianeta. Risiede ancora su Urantia un Figlio Vorondadek, osservatore per conto degli Altissimi di Edentia e, in assenza di un’azione diretta da parte di Micael, amministratore fiduciario della sovranità planetaria. L’attuale Altissimo osservatore (ed un tempo reggente) è il ventitreesimo a servire come tale su Urantia.
(1253.5) 114:4.2 Certi gruppi di problemi planetari sono ancora sotto il controllo degli Altissimi di Edentia, essendo stata assunta la giurisdizione sugli stessi al tempo della ribellione di Lucifero. L’autorità in queste materie è esercitata da un Figlio Vorondadek, l’osservatore di Norlatiadek, che mantiene relazioni consultive molto strette con i supervisori planetari. I commissari razziali sono molto attivi su Urantia ed i loro vari capigruppo sono ufficiosamente assegnati all’osservatore Vorondadek residente, il quale funge da loro direttore consultivo.
(1253.6) 114:4.3 In caso di crisi l’effettivo sovrano e capo del governo, eccetto che per certe materie puramente spirituali, sarebbe questo Figlio Vorondadek di Edentia ora in servizio di osservazione. (In questi problemi esclusivamente spirituali ed in certe questioni puramente personali l’autorità suprema sembra essere conferita all’arcangelo comandante assegnato al quartier generale divisionale di quest’ordine, che è stato recentemente stabilito su Urantia.)
(1253.7) 114:4.4 Un Altissimo osservatore ha il potere discrezionale di assumere il governo del pianeta in tempi di gravi crisi planetarie, e gli annali riportano che ciò è avvenuto trentatré volte nella storia di Urantia. In tali frangenti l’Altissimo osservatore svolge le funzioni di Altissimo reggente, esercitando un’autorità indiscussa su tutti i ministri ed amministratori residenti sul pianeta, eccettuata soltanto l’organizzazione divisionale degli arcangeli.
(1253.8) 114:4.5 Le reggenze dei Vorondadek non sono peculiari dei pianeti isolati per una ribellione, perché gli Altissimi possono intervenire in ogni momento negli affari dei mondi abitati, interponendo la saggezza superiore dei dirigenti della costellazione negli affari dei regni degli uomini.
(1254.1) 114:5.1 L’amministrazione attuale di Urantia è veramente difficile da descrivere. Non esiste un governo ufficiale secondo le linee dell’organizzazione universale, con dipartimenti legislativo, esecutivo e giudiziario separati. I ventiquattro consiglieri vengono ad essere i più vicini al ramo legislativo del governo planetario. Il governatore generale è un capo esecutivo provvisorio e consultivo, con potere di veto da parte dell’Altissimo osservatore. E non vi sono poteri giudiziari operativi con autorità assoluta sul pianeta — soltanto commissioni di conciliazione.
(1254.2) 114:5.2 La maggior parte dei problemi che coinvolgono serafini ed intermedi è decisa, per mutuo consenso, dal governatore generale. Ma eccetto quando esprimono gli ordini dei ventiquattro consiglieri, le sue ordinanze sono tutte soggette ad appello presso le commissioni di conciliazione, presso le autorità locali costituite per il funzionamento planetario, oppure presso il Sovrano Sistemico di Satania.
(1254.3) 114:5.3 L’assenza del gruppo corporale di un Principe Planetario e del regime materiale di un Figlio e di una Figlia Adamici è parzialmente compensata dal ministero speciale dei serafini e dai servizi straordinari delle creature intermedie. L’assenza del Principe Planetario è efficacemente compensata dalla presenza trina degli arcangeli, dell’Altissimo osservatore e del governatore generale.
(1254.4) 114:5.4 Questo governo planetario, organizzato piuttosto approssimativamente ed amministrato in modo un po’ personale, è più efficace del previsto grazie al risparmio di tempo consentito dall’assistenza degli arcangeli e del loro circuito sempre disponibile, che è così spesso utilizzato in caso di emergenze planetarie e di difficoltà amministrative. In senso tecnico il pianeta è ancora spiritualmente isolato dai circuiti di Norlatiadek, ma in caso d’emergenza questo ostacolo può essere ora aggirato utilizzando il circuito degli arcangeli. L’isolamento planetario, beninteso, ha poca importanza per i singoli mortali dopo che lo Spirito della Verità è stato sparso su tutta l’umanità millenovecento anni fa.
(1254.5) 114:5.5 Ogni giornata amministrativa su Urantia inizia con una riunione consultiva alla quale partecipano il governatore generale, il capo planetario degli arcangeli, l’Altissimo osservatore, il supernafino supervisore, il capo dei Portatori di Vita residenti ed ospiti invitati tra i Figli elevati dell’universo o tra certi visitatori studenti che si trovano a soggiornare sul pianeta.
(1254.6) 114:5.6 Il gabinetto amministrativo diretto dal governatore generale si compone di dodici serafini, i capi in funzione dei dodici gruppi di angeli speciali che operano come direttori superumani diretti del progresso e della stabilità planetari.
(1254.7) 114:6.1 Quando il primo governatore generale arrivò su Urantia simultaneamente all’effusione dello Spirito della Verità, era accompagnato da dodici corpi di serafini speciali, diplomati di Seraphington, che furono immediatamente assegnati a certi servizi planetari particolari. Questi angeli superiori sono conosciuti come serafini maestri di supervisione planetaria e sono, a parte il supercontrollo dell’Altissimo osservatore planetario, sotto la direzione diretta del governatore generale residente.
(1255.1) 114:6.2 Questi dodici gruppi di angeli, pur operando sotto la supervisione generale del governatore generale residente, ricevono direttamente gli ordini dal consiglio serafico dei dodici, i capi in funzione di ciascun gruppo. Questo consiglio serve anche da gabinetto volontario del governatore generale residente.
(1255.2) 114:6.3 In qualità di capo planetario dei serafini, io presiedo questo consiglio di capi serafici e sono un supernafino volontario dell’ordine primario che serve su Urantia come successore del precedente capo delle schiere angeliche del pianeta che deviò al tempo della seccessione di Caligastia.
(1255.3) 114:6.4 I dodici corpi di serafini maestri di supervisione planetaria operano su Urantia nel modo seguente:
(1255.4) 114:6.5 1. Gli angeli dell’epoca. Questi sono gli angeli dell’epoca in corso, il gruppo dispensazionale. Questi ministri celesti sono incaricati di sorvegliare e di dirigere gli affari di ogni generazione, quali sono destinati ad inserirsi nel mosaico dell’era in cui si trovano. L’attuale corpo di angeli dell’epoca che serve su Urantia è il terzo gruppo assegnato al pianeta durante la presente dispensazione.
(1255.5) 114:6.6 2. Gli angeli del progresso. Questi serafini hanno il compito di avviare il progresso evoluzionario delle epoche sociali successive. Essi incoraggiano lo sviluppo della tendenza al progresso insita nelle creature evoluzionarie; lavorano incessantemente affinché le cose siano fatte come devono esserlo. Il gruppo attualmente in carica è il secondo ad essere assegnato al pianeta.
(1255.6) 114:6.7 3. I guardiani della religione. Questi sono gli “angeli delle Chiese”, che lottano sinceramente per ciò che è e per ciò che è stato. Essi si sforzano di conservare gli ideali di ciò che è sopravvissuto allo scopo di rendere sicura la transizione dei valori morali da un’epoca ad un’altra. Essi sono la contropartita degli angeli del progresso e cercano costantemente di trasferire da una generazione ad un’altra i valori imperituri delle antiche forme superate nei modelli di pensiero e di condotta nuovi e perciò meno stabilizzati. Questi angeli lottano per le forme spirituali, ma non sono la fonte di settarismi eccessivi e di assurde controversie laceranti tra pretese persone religiose. Il corpo attualmente operante su Urantia è il quinto a servire con tale funzione.
(1255.7) 114:6.8 4. Gli angeli della vita nazionale. Questi sono gli “angeli delle trombe”, i dirigenti delle attività politiche della vita nazionale di Urantia. Il gruppo attualmente operante nel supercontrollo delle relazioni internazionali è il quarto gruppo a servire sul pianeta. È particolarmente tramite il ministero di questa divisione serafica che “gli Altissimi governano nei regni degli uomini”.
(1255.8) 114:6.9 5. Gli angeli delle razze. Quelli che lavorano per la conservazione delle razze evoluzionarie del tempo, indipendentemente dai loro intrighi politici e dai loro raggruppamenti religiosi. Su Urantia vi sono i residui di nove razze umane che si sono mescolate e combinate per formare i popoli dei tempi moderni. Questi serafini sono strettamente associati al ministero dei commissari razziali, ed il gruppo attualmente residente su Urantia è il corpo originale assegnato al pianeta subito dopo il giorno di Pentecoste.
(1255.9) 114:6.10 6. Gli angeli del futuro. Questi sono gli angeli dei progetti, che prevedono un’era futura e fanno dei piani per realizzare le cose migliori di una nuova dispensazione in progresso; essi sono gli architetti delle ere successive. Il gruppo attualmente sul pianeta ha funzionato come tale dall’inizio della presente dispensazione.
(1256.1) 114:6.11 7. Gli angeli dell’illuminazione. Urantia sta ora ricevendo l’aiuto del terzo corpo di serafini dediti a promuovere l’istruzione planetaria. Questi angeli si occupano della formazione mentale e morale concernente individui, famiglie, gruppi, scuole, comunità, nazioni e razze intere.
(1256.2) 114:6.12 8. Gli angeli della salute. Questi sono i ministri serafici addetti all’assistenza degli agenti umani dediti alla promozione della salute e alla prevenzione delle malattie. Il corpo attuale è il sesto gruppo a servire durante questa dispensazione.
(1256.3) 114:6.13 9. I serafini della famiglia. Urantia beneficia attualmente dei servizi del quinto gruppo di ministri angelici dediti alla preservazione e all’avanzamento della vita di famiglia, l’istituzione basilare della civiltà umana.
(1256.4) 114:6.14 10. Gli angeli dell’industria. Questo gruppo serafico s’interessa di favorire lo sviluppo industriale e di migliorare le condizioni economiche tra i popoli di Urantia. Questo corpo è stato cambiato sette volte dopo il conferimento di Micael.
(1256.5) 114:6.15 11. Gli angeli della ricreazione. Questi sono i serafini che favoriscono i valori del gioco, dell’umorismo e del riposo. Essi cercano sempre di migliorare i passatempi ricreativi dell’uomo e di promuovere così la più proficua utilizzazione del tempo libero umano. Il corpo attuale è il terzo di quest’ordine a svolgere il suo ministero su Urantia.
(1256.6) 114:6.16 12. Gli angeli del ministero superumano. Questi sono gli angeli degli angeli, i serafini che sono addetti al ministero di ogni altra vita superumana sul pianeta, temporanea o permanente. Questo corpo ha servito dall’inizio della presente dispensazione.
(1256.7) 114:6.17 Quando questi gruppi di serafini maestri non sono d’accordo in questioni di politica o di procedura planetaria, le loro divergenze sono generalmente regolate dal governatore generale, ma tutte le sue ordinanze sono soggette ad appello secondo la natura e la gravità delle questioni implicate nel disaccordo.
(1256.8) 114:6.18 Nessuno di questi gruppi angelici esercita un controllo diretto o arbitrario sui domini cui sono assegnati. Essi non possono controllare totalmente gli affari dei loro rispettivi campi d’azione, ma possono manipolare, e lo fanno, le condizioni planetarie e le circostanze associate in modo da influenzare favorevolmente le sfere d’attività umana alle quali sono addetti.
(1256.9) 114:6.19 I serafini maestri di supervisione planetaria utilizzano numerosi dispositivi per il compimento delle loro missioni. Essi operano come centri di smistamento delle idee, come focalizzatori mentali e come promotori di progetti. Pur essendo incapaci d’introdurre concetti nuovi e più elevati nella mente umana, essi agiscono spesso per rafforzare un ideale superiore già apparso nell’intelletto umano.
(1256.10) 114:6.20 Ma a prescindere da questi numerosi modi di agire positivamente, i serafini maestri assicurano il progresso planetario contro i pericoli vitali mediante la mobilitazione, la formazione ed il mantenimento del corpo di riserva del destino. La principale funzione di questi riservisti è di garantire che il progresso evoluzionario non s’interrompa; essi rappresentano le misure che le forze celesti hanno adottato contro le sorprese; sono le garanzie contro i disastri.
(1257.1) 114:7.1 Il corpo di riserva del destino consiste di uomini e di donne viventi che sono stati ammessi al servizio speciale dell’amministrazione superumana degli affari del mondo. Questo corpo è composto di uomini e donne di ogni generazione che sono scelti dai direttori spirituali del regno per aiutare nella conduzione del ministero di misericordia e saggezza presso i figli del tempo sui mondi evoluzionari. Nell’esecuzione dei piani concernenti l’ascensione è regola generale cominciare ad utilizzare questo collegamento di creature mortali dotate di volontà non appena sono in grado e degne di assumere tali responsabilità. Di conseguenza, non appena appaiono sulla scena dell’azione temporale uomini e donne con una sufficiente capacità mentale, un adeguato status morale e la spiritualità necessaria, sono subito assegnati al gruppo celeste appropriato di personalità planetarie come agenti umani di collegamento, come assistenti mortali.
(1257.2) 114:7.2 Quando degli esseri umani sono scelti come protettori del destino planetario, quando divengono individui cardine nei piani che gli amministratori del mondo stanno portando avanti, allora il capo planetario dei serafini conferma la loro assegnazione temporanea al corpo serafico e designa dei guardiani del destino personali a servire presso questi riservisti mortali. Tutti i riservisti hanno Aggiustatori coscienti di se stessi, e la maggior parte di loro opera nei cerchi cosmici superiori di compimento intellettuale e di realizzazione spirituale.
(1257.3) 114:7.3 I mortali del regno sono scelti per servire nel corpo di riserva del destino sui mondi abitati a motivo di:
(1257.4) 114:7.4 1. Una capacità particolare di essere preparati segretamente per numerose possibili missioni d’emergenza nella conduzione di varie attività degli affari del mondo.
(1257.5) 114:7.5 2. Una consacrazione sincera ad una particolare causa sociale, economica, politica, spirituale od altra, unita alla disponibilità a servire senza riconoscimenti e ricompense umani.
(1257.6) 114:7.6 3. Il possesso di un Aggiustatore di Pensiero dotato di una straordinaria versatilità e di una probabile esperienza preurantiana nel fronteggiare le difficoltà planetarie e lottare in situazioni critiche incombenti sul mondo.
(1257.7) 114:7.7 Ogni divisione di servizio celeste planetario ha diritto ad un corpo di collegamento di questi mortali con status di riservisti del destino. Un mondo abitato medio impiega settanta corpi separati del destino, che sono in stretta relazione con la conduzione superumana corrente degli affari planetari. Su Urantia vi sono dodici corpi di riserva del destino, uno per ciascuno dei gruppi planetari di supervisione serafica.
(1257.8) 114:7.8 I dodici gruppi di riservisti del destino di Urantia sono composti di abitanti mortali della sfera che sono stati preparati per occupare numerose posizioni chiave sulla terra e sono tenuti pronti per agire in possibili emergenze planetarie. Questi corpi consistono ora complessivamente di 962 persone. Il corpo più piccolo ne conta 41 e quello più numeroso 172. Ad eccezione di meno di una ventina di personalità di contatto, i membri di questo gruppo straordinario sono totalmente ignari della loro preparazione per una possibile funzione in certe crisi planetarie. Questi riservisti mortali sono scelti dai corpi ai quali sono rispettivamente assegnati e sono similmente formati e preparati nel profondo della loro mente mediante la tecnica congiunta dell’Aggiustatore di Pensiero e del ministero del guardiano serafico. Molto spesso numerose altre personalità celesti partecipano a questa formazione inconscia, ed in tutta questa preparazione speciale gli intermedi svolgono servizi preziosi e indispensabili.
(1258.1) 114:7.9 Su molti mondi le creature intermedie secondarie più adatte sono capaci di raggiungere vari gradi di contatto con gli Aggiustatori di Pensiero di certi mortali favorevolmente costituiti, mediante l’abile penetrazione nelle menti in cui tali Aggiustatori hanno dimorato. (È stato proprio per mezzo di una tale combinazione fortuita di aggiustamenti cosmici che queste rivelazioni sono state materializzate nella lingua inglese su Urantia.) Tali mortali di contatto potenziale dei mondi evoluzionari sono mobilitati nei numerosi corpi di riserva, ed in una certa misura è grazie a questi piccoli gruppi di personalità lungimiranti che la civiltà spirituale progredisce e che gli Altissimi possono governare nei regni degli uomini. Gli uomini e le donne di questi corpi di riserva del destino hanno quindi vari gradi di contatto con i loro Aggiustatori tramite il ministero di mediazione delle creature intermedie; ma questi stessi mortali sono poco conosciuti dai loro simili, salvo che nelle rare emergenze sociali e necessità spirituali in cui queste personalità di riserva agiscono per prevenire il crollo della cultura evoluzionaria o l’estinzione della luce della verità vivente. Su Urantia questi riservisti del destino sono stati raramente celebrati sulle pagine della storia umana.
(1258.2) 114:7.10 I riservisti operano inconsciamente come conservatori dell’informazione planetaria essenziale. Molte volte, alla morte di un riservista, viene fatto un trasferimento di certi dati vitali dalla mente del riservista morente ad un successore più giovane per mezzo di un collegamento tra i due Aggiustatori di Pensiero. Gli Aggiustatori operano indubbiamente in molte altre maniere a noi sconosciute in connessione con questi corpi di riserva.
(1258.3) 114:7.11 Su Urantia il corpo di riserva del destino, sebbene non abbia un capo permanente, ha i suoi consigli permanenti che costituiscono la sua organizzazione governativa. Questi comprendono il consiglio giudiziario, il consiglio di storicità, il consiglio sulla sovranità politica e molti altri. Di tanto in tanto, conformemente all’organizzazione del corpo, questi consigli permanenti hanno nominato dei capi (mortali) titolari dell’intero corpo di riserva per una funzione specifica. L’incarico di tali capi riservisti è generalmente una questione della durata di poche ore ed è limitato all’adempimento di un compito specifico immediato.
(1258.4) 114:7.12 Il corpo di riserva di Urantia ha raggiunto il numero massimo di membri ai tempi degli Adamiti e degli Anditi, declinando costantemente con la diluizione del sangue viola e raggiungendo il suo minimo suppergiù al tempo della Pentecoste; da allora il numero di membri del corpo di riserva è costantemente cresciuto.
(1258.5) 114:7.13 (Il corpo di riserva cosmico dei cittadini di Urantia aventi coscienza dell’universo è attualmente di oltre mille mortali, il cui discernimento della cittadinanza cosmica trascende di gran lunga la sfera della loro dimora terrestre, ma mi è proibito rivelare la natura reale della funzione di questo gruppo straordinario di esseri umani viventi.)
(1258.6) 114:7.14 I mortali di Urantia non dovrebbero permettere che il relativo isolamento spirituale del loro mondo da certi circuiti dell’universo locale produca un sentimento di abbandono cosmico o di orfanità planetaria. È operativa sul pianeta una supervisione superumana degli affari del mondo e dei destini umani ben definita ed efficace.
(1258.7) 114:7.15 È tuttavia vero che voi potete avere, nel migliore dei casi, solo una debole idea di un governo planetario ideale. Dai primi tempi del Principe Planetario, Urantia ha sofferto per il fallimento del piano divino di crescita mondiale e di sviluppo razziale. I mondi abitati leali di Satania non sono governati come Urantia. Ciononostante, a paragone con gli altri mondi isolati, il vostro governo planetario non è stato così inferiore; solo uno o due mondi possono essere considerati peggiori ed alcuni altri un po’ migliori, ma la maggior parte sono su un piano d’uguaglianza con voi.
(1259.1) 114:7.16 Nessuno nell’universo locale sembra sapere quando finirà lo status instabile della vostra amministrazione planetaria. I Melchizedek di Nebadon sono inclini a credere che si verificheranno pochi cambiamenti nel governo e nell’amministrazione del pianeta fino alla seconda venuta personale di Micael su Urantia. Indubbiamente in quel momento, se non prima, saranno effettuati dei cambiamenti radicali nella direzione del pianeta. Ma quanto alla natura di tali modificazioni nell’amministrazione del mondo, nessuno sembra essere in grado di avanzare nemmeno un’ipotesi. Non esiste alcun precedente di un tale avvenimento in tutta la storia dei mondi abitati dell’universo di Nebadon. Tra le molte cose difficili da comprendere concernenti il futuro governo di Urantia, una delle più importanti è l’installazione sul pianeta di un circuito e di un quartier generale divisionale degli arcangeli.
(1259.2) 114:7.17 Il vostro mondo isolato non è dimenticato nei consigli dell’universo. Urantia non è un orfano cosmico stigmatizzato dal peccato e tagliato fuori dalla protezione divina a causa della ribellione. Da Uversa a Salvington e fino a Jerusem, ed anche in Havona ed in Paradiso, tutti sanno che noi siamo qui; e voi mortali che abitate attualmente su Urantia siete altrettanto affettuosamente amati e fedelmente assistiti come se la sfera non fosse mai stata tradita da un Principe Planetario sleale, e anche di più. È eternamente vero che “il Padre stesso vi ama.”
(1259.3) 114:7.18 [Presentato dal Capo dei Serafini stazionati su Urantia.]
(1260.1) 115:0.1 LA GRANDE relazione con Dio il Padre è la filiazione. Con Dio il Supremo il compimento è il requisito indispensabile allo status — si deve fare qualcosa come pure essere qualcosa.
(1260.2) 115:1.1 Degli intelletti parziali, incompleti ed in evoluzione sarebbero impotenti nell’universo maestro, sarebbero incapaci di formare il minimo modello razionale di pensiero, se non fosse per la capacità innata di ogni mente, superiore od inferiore, di formare un quadro universale in cui pensare. Se una mente non riesce a giungere a delle conclusioni, se non riesce a penetrare fino alle vere origini, allora tale mente infallibilmente postulerà delle conclusioni ed inventerà delle origini per avere un modo di pensare logico nel quadro di queste ipotesi create dalla mente. E mentre questi quadri universali per il pensiero delle creature sono indispensabili alle operazioni intellettuali razionali, sono senza eccezione erronei ad un grado più o meno alto.
(1260.3) 115:1.2 I quadri concettuali dell’universo sono solo relativamente veri. Essi sono un’utile impalcatura che deve alla fine cedere il passo davanti all’espansione di una comprensione cosmica crescente. I modi d’intendere la verità, la bellezza, la bontà, la moralità, l’etica, il dovere, l’amore, la divinità, l’origine, l’esistenza, il proposito, il destino, il tempo, lo spazio, ed anche la Deità, sono soltanto relativamente veri. Dio è molto, molto di più che un Padre, ma il Padre è il più alto concetto di Dio da parte dell’uomo. Nondimeno la descrizione nella forma di Padre-Figlio della relazione tra il Creatore e la creatura sarà accresciuta dalle concezioni supermortali della Deità che saranno raggiunte in Orvonton, in Havona ed in Paradiso. L’uomo deve pensare in un quadro universale di mortale, ma ciò non significa che non possa immaginare altri quadri più elevati all’interno dei quali il pensiero può trovare posto.
(1260.4) 115:1.3 Allo scopo di facilitare la comprensione umana dell’universo degli universi, i vari livelli della realtà cosmica sono stati designati come finito, absonito ed assoluto. Di questi soltanto l’assoluto è incondizionatamente eterno, veramente esistenziale. L’absonito ed il finito sono dei derivati, delle modificazioni, delle qualificazioni e delle attenuazioni della realtà assoluta originale e primordiale dell’infinità.
(1260.5) 115:1.4 I domini del finito esistono in virtù del proposito eterno di Dio. Le creature finite, superiori ed inferiori, possono proporre delle teorie, e l’hanno fatto, sulla necessità del finito nell’economia cosmica, ma in ultima analisi esso esiste perché Dio ha voluto così. L’universo non può essere spiegato, né una creatura finita può offrire un motivo razionale alla propria esistenza individuale senza fare appello agli atti antecedenti e alla volontà preesistente di esseri ancestrali, Creatori o procreatori.
(1261.1) 115:2.1 Dal punto di vista esistenziale niente di nuovo può accadere in nessuna delle galassie, perché la completezza dell’infinità inerente all’IO SONO è eternamente presente nei sette Assoluti, è funzionalmente associata nelle triunità, ed è associata in modo trasmissibile nelle triodità. Ma il fatto che l’infinità sia così esistenzialmente presente in queste associazioni assolute non rende per nulla impossibile realizzare dei nuovi esperienziali cosmici. Dal punto di vista delle creature finite, l’infinità contiene molti fattori potenziali, elementi comportanti una possibilità futura piuttosto che un’attualità presente.
(1261.2) 115:2.2 Il valore è un elemento unico nella realtà universale. Noi non comprendiamo come il valore di qualcosa d’infinito e di divino possa essere accresciuto, ma scopriamo che i significati possono essere modificati, se non accresciuti, anche nelle relazioni della Deità infinita. Per gli universi esperienziali anche i valori divini sono accresciuti in quanto attualità da una comprensione maggiore dei significati della realtà.
(1261.3) 115:2.3 Tutto il piano della creazione e dell’evoluzione universale su tutti i livelli esperienziali è apparentemente una questione di conversione delle potenzialità in attualità; e questa trasmutazione concerne anche i regni della potenza spaziale, della potenza mentale e della potenza spirituale.
(1261.4) 115:2.4 Il metodo apparente con cui le possibilità del cosmo sono portate all’effettiva esistenza varia da livello a livello; è l’evoluzione esperienziale nel finito e l’eventuarsi esperienziale nell’absonito. L’infinità esistenziale in realtà è onnicomprensiva in modo non qualificato, e questo stesso carattere onnicomprensivo deve necessariamente inglobare anche la possibilità di fare delle esperienze evoluzionarie finite. E la possibilità di una tale crescita esperienziale diviene un’attualità universale mediante relazioni di triodità che giungono fino al Supremo, e sono insite in esso.
(1261.5) 115:3.1 Il cosmo assoluto è concettualmente senza limiti. Definire l’estensione e la natura di questa realtà primordiale equivale a porre delle qualificazioni all’infinità e ad attenuare il puro concetto di eternità. L’idea dell’infinito-eterno, dell’eterno-infinito, è non qualificata in estensione ed assoluta in fatto. Non c’è nessun linguaggio nel passato, nel presente o nel futuro di Urantia che sia adeguato ad esprimere la realtà dell’infinità o l’infinità della realtà. L’uomo, una creatura finita in un cosmo infinito, deve accontentarsi d’immagini deformate e di concetti attenuati di quell’esistenza illimitata, sconfinata, senza inizio e senza fine, che oltrepassa realmente la sua capacità di comprensione.
(1261.6) 115:3.2 La mente non può mai sperare di afferrare il concetto di un Assoluto senza tentare prima di frazionare l’unità di una tale realtà. La mente unifica tutte le divergenze, ma in assenza totale di tali divergenze, la mente non trova alcuna base su cui tentare di formulare dei concetti di comprensione.
(1261.7) 115:3.3 La stasi primordiale dell’infinità richiede una segmentazione prima che l’uomo ne tenti la comprensione. C’è un’unità nell’infinità che è stata espressa in questi fascicoli come l’IO SONO — il primo postulato della mente della creatura. Ma una creatura non potrà mai comprendere come avviene che questa unità diventi dualità, triunità e diversità pur restando un’unità non qualificata. L’uomo incontra un problema simile quando si ferma a contemplare la Deità indivisa della Trinità a fianco della personalizzazione multipla di Dio.
(1262.1) 115:3.4 È soltanto la distanza dell’uomo dall’infinità che induce ad esprimere questo concetto con una sola parola. Mentre l’infinità è da un lato UNITÀ, dall’altro è DIVERSITÀ senza fine o limiti. L’infinità, quale è osservata dalle intelligenze finite, è il più grande paradosso della filosofia delle creature e della metafisica finita. Sebbene la natura spirituale dell’uomo giunga nell’esperienza dell’adorazione fino al Padre che è infinito, la capacità di comprensione intellettuale dell’uomo si esaurisce nella sua massima concezione dell’Essere Supremo. Oltre il Supremo i concetti sono sempre più dei nomi e sempre meno delle vere designazioni della realtà; essi diventano sempre di più la proiezione della comprensione finita verso il superfinito da parte della creatura.
(1262.2) 115:3.5 Una concezione basilare del livello assoluto implica un postulato di tre fasi:
(1262.3) 115:3.6 1. L’Originale. Il concetto non qualificato della Prima Sorgente e Centro, la manifestazione sorgente dell’IO SONO da cui trae origine ogni realtà.
(1262.4) 115:3.7 2. L’Attuale. L’unione dei tre Assoluti di attualità, la Seconda e la Terza Sorgente e Centro e la Sorgente e Centro Paradisiaca. Questa triodità del Figlio Eterno, dello Spirito Infinito e dell’Isola del Paradiso costituisce la rivelazione attuale dell’originalità della Prima Sorgente e Centro.
(1262.5) 115:3.8 3. Il Potenziale. L’unione dei tre Assoluti di potenzialità, l’Assoluto della Deità, l’Assoluto Non Qualificato e l’Assoluto Universale. Questa triodità di potenzialità esistenziale costituisce la rivelazione potenziale dell’originalità della Prima Sorgente e Centro.
(1262.6) 115:3.9 L’interassociazione dell’Originale, dell’Attuale e del Potenziale produce le tensioni all’interno dell’infinità che si traducono nella possibilità di tutte le crescite nell’universo; e la crescita è la natura del Settuplo, del Supremo e dell’Ultimo.
(1262.7) 115:3.10 Nell’associazione degli Assoluti della Deità, Universale e Non Qualificato, la potenzialità è assoluta mentre l’attualità è emergente. Nell’associazione della Seconda e della Terza Sorgente e Centro e della Sorgente e Centro Paradisiaca l’attualità è assoluta mentre la potenzialità è emergente. Nell’originalità della Prima Sorgente e Centro noi non possiamo dire se l’attualità o la potenzialità siano esistenti o emergenti — il Padre è.
(1262.8) 115:3.11 Dal punto di vista del tempo, l’Attuale è ciò che fu e ciò che è; il Potenziale è ciò che è in divenire e che sarà; l’Originale è ciò che è. Dal punto di vista dell’eternità le differenze tra l’Originale, l’Attuale ed il Potenziale non sono così evidenti. Queste qualità trine non sono così distinte sui livelli dell’eternità paradisiaca. Nell’eternità tutto è — soltanto non tutto è ancora stato rivelato nel tempo e nello spazio.
(1262.9) 115:3.12 Dal punto di vista della creatura, l’attualità è sostanza, la potenzialità è capacità. L’attualità esiste al centro e da là si espande nell’infinità periferica; la potenzialità va verso l’interno a partire dalla periferia dell’infinità e converge al centro di tutte le cose. L’originalità è ciò che prima causa e poi equilibra i doppi movimenti del ciclo delle metamorfosi della realtà da potenziali in attuali nonché la potenzializzazione degli attuali esistenti.
(1262.10) 115:3.13 I tre Assoluti della potenzialità operano sul livello puramente eterno del cosmo, perciò non funzionano mai come tali sui livelli subassoluti. Sui livelli discendenti della realtà la troidità della potenzialità si manifesta con l’Ultimo e sul Supremo. Il potenziale può non attuarsi nel tempo rispetto ad una parte su qualche livello subassoluto, ma mai nell’insieme. La volontà di Dio alla fine prevale, non sempre a livello individuale ma invariabilmente riguardo all’insieme.
(1263.1) 115:3.14 È nella triodità dell’attualità che le entità del cosmo hanno il loro centro; si tratti di spirito, di mente o di energia, tutto s’incentra in questa associazione del Figlio, dello Spirito e del Paradiso. La personalità del Figlio spirituale è l’archetipo maestro per tutte le personalità di tutti gli universi. La sostanza dell’Isola del Paradiso è l’archetipo maestro di cui Havona è una rivelazione perfetta ed i superuniversi una rivelazione in corso di perfezionamento. L’Attore Congiunto è allo stesso tempo l’attivazione mentale dell’energia cosmica, la concettualizzazione dei propositi spirituali e l’integrazione delle cause ed effetti matematici dei livelli materiali con i propositi ed i moventi volitivi del livello spirituale. In un universo finito, e per esso, il Figlio, lo Spirito ed il Paradiso operano nell’Ultimo, e su di lui, com’è condizionato e qualificato nel Supremo.
(1263.2) 115:3.15 L’Attualità (della Deità) è ciò che l’uomo cerca nell’ascensione al Paradiso. La Potenzialità (della divinità umana) è ciò che l’uomo evolve in questa ricerca. L’Originale è ciò che rende possibile la coesistenza e l’integrazione dell’uomo attuale, dell’uomo potenziale e dell’uomo eterno.
(1263.3) 115:3.16 La dinamica finale del cosmo concerne il trasferimento continuo della realtà dalla potenzialità all’attualità. In teoria potrebbe esserci una fine di questa metamorfosi, ma di fatto la cosa è impossibile, poiché il Potenziale e l’Attuale sono entrambi messi in circuito nell’Originale (nell’IO SONO), e questa identificazione rende per sempre impossibile porre un limite allo sviluppo progressivo dell’universo. Tutto ciò che è identificato con l’IO SONO non può mai cessare di progredire, perché l’attualità dei potenziali dell’IO SONO è assoluta, e la potenzialità degli attuali dell’IO SONO è anch’essa assoluta. Gli attuali apriranno sempre vie nuove alla realizzazione di potenziali fino ad allora impossibili — ogni decisione umana non solo rende attuale una nuova realtà nell’esperienza umana, ma apre anche una nuova capacità di crescita umana. In ogni bambino vive un uomo e nell’uomo maturo che conosce Dio risiede il progressore morontiale.
(1263.4) 115:3.17 La statica della crescita non può mai apparire nell’insieme del cosmo poiché la base della crescita — gli attuali assoluti — è non qualificata, e le possibilità di crescita — i potenziali assoluti — sono illimitate. Da un punto di vista pratico i filosofi dell’universo sono giunti alla conclusione che non esiste nulla che si possa considerare come un termine.
(1263.5) 115:3.18 Da un punto di vista circoscritto esistono in realtà molti termini, molte conclusioni di attività; ma da un punto di vista più ampio su un livello universale superiore non vi sono fini; soltanto transizioni da una fase di sviluppo ad un’altra. La cronicità maggiore dell’universo maestro concerne le numerose ere universali: le ere di Havona, dei superuniversi e degli universi esterni. Ma anche queste divisioni fondamentali delle relazioni sequenziali non possono essere che segni di confine relativi sulla strada maestra senza fine dell’eternità.
(1263.6) 115:3.19 La penetrazione finale della verità, della bellezza e della bontà dell’Essere Supremo potrebbe solo rivelare alla creatura in progresso quelle qualità absonite della divinità ultima che risiedono oltre i livelli concettuali della verità, della bellezza e della bontà.
(1263.7) 115:4.1 Ogni considerazione sulle origini di Dio il Supremo deve iniziare con la Trinità del Paradiso, perché la Trinità è la Deità originale mentre il Supremo è una Deità derivata. Ogni considerazione sulla crescita del Supremo deve tener conto delle triodità esistenziali, perché esse inglobano tutta l’attualità assoluta e tutta la potenzialità infinita (in congiunzione con la Prima Sorgente e Centro). Ed il Supremo evoluzionario è il punto culminante e personalmente volitivo della trasmutazione — della trasformazione — dei potenziali in attuali nel livello finito dell’esistenza e su di esso. Le due triodità, attuale e potenziale, inglobano la totalità delle interrelazioni della crescita negli universi.
(1264.1) 115:4.2 La sorgente del Supremo è nella Trinità del Paradiso — la Deità eterna, attuale ed indivisa. Il Supremo è prima di tutto una persona-spirito, e questa persona-spirito proviene dalla Trinità. Ma il Supremo è in secondo luogo una Deità di crescita — di crescita evoluzionaria — e questa crescita deriva dalle due triodità, attuale e potenziale.
(1264.2) 115:4.3 Se è difficile comprendere che le troidità infinite possano funzionare sul livello finito, soffermatevi a considerare che la loro stessa infinità deve contenere in sé la potenzialità del finito. L’infinità ingloba tutte le cose che vanno dall’esistenza finita più umile e più limitata alle realtà più elevate ed incondizionatamente assolute.
(1264.3) 115:4.4 Non è meno difficile comprendere che l’infinito contiene il finito che capire come questo infinito si manifesti effettivamente al finito. Ma gli Aggiustatori di Pensiero che dimorano negli uomini mortali sono una delle prove eterne che anche il Dio assoluto (in quanto assoluto) può stabilire, e stabilisce effettivamente, un contatto diretto con tutte le creature dotate di volontà dell’universo, anche le più umili e più insignificanti.
(1264.4) 115:4.5 Le triodità che inglobano collettivamente l’attuale ed il potenziale si manifestano sul livello finito in congiunzione con l’Essere Supremo. La tecnica di tale manifestazione è sia diretta che indiretta: diretta nella misura in cui le relazioni delle triodità si ripercuotono direttamente nel Supremo, indiretta nella misura in cui esse derivano dal livello esteriorizzato dell’absonito.
(1264.5) 115:4.6 La realtà del Supremo, che è una realtà finita totale, è in corso di crescita dinamica tra i potenziali non qualificati dello spazio esterno e gli attuali non qualificati al centro di tutte le cose. Il dominio finito diviene così fattuale in virtù della cooperazione degli agenti absoniti del Paradiso e delle Personalità Creatrici Supreme del tempo. L’azione di portare a maturazione le possibilità qualificate dei tre grandi Assoluti potenziali è la funzione absonita degli Architetti dell’Universo Maestro e dei loro associati trascendentali. E quando queste eventualità hanno raggiunto un certo punto di maturazione, le Personalità Creatrici Supreme emergono dal Paradiso per impegnarsi nel compito multimillenario di portare gli universi in evoluzione ad un’effettiva esistenza.
(1264.6) 115:4.7 La crescita della Supremazia deriva dalle triodità; la persona-spirito del Supremo deriva dalla Trinità; ma le prerogative di potere dell’Onnipotente sono basate sui successi della divinità di Dio il Settuplo, mentre l’unione delle prerogative di potere dell’Onnipotente Supremo con la persona spirituale di Dio il Supremo avviene in virtù del ministero dell’Attore Congiunto, il quale ha donato la mente del Supremo come fattore di congiunzione in questa Deità evoluzionaria.
(1264.7) 115:5.1 L’Essere Supremo dipende assolutamente dall’esistenza e dall’azione della Trinità del Paradiso per la realtà della sua natura personale e spirituale. Mentre la crescita del Supremo è una questione di relazioni delle triodità, la personalità spirituale di Dio il Supremo dipende e deriva dalla Trinità del Paradiso, che rimane sempre la sorgente e centro assoluta di stabilità perfetta ed infinita attorno alla quale la crescita evoluzionaria del Supremo si sviluppa progressivamente.
(1265.1) 115:5.2 La funzione della Trinità è collegata alla funzione del Supremo, perché la Trinità funziona su tutti i livelli (nella loro totalità), compreso il livello di funzione della Supremazia. Ma via via che l’era di Havona cede il passo all’era dei superuniversi, l’azione discernibile della Trinità come creatrice diretta cede il passo agli atti creatori dei figli delle Deità del Paradiso.
(1265.2) 115:6.1 La triodità dell’attualità continua a funzionare direttamente nelle epoche posteriori ad Havona; la gravità del Paradiso coglie le unità di base dell’esistenza materiale, la gravità spirituale del Figlio Eterno agisce direttamente sui valori fondamentali dell’esistenza spirituale, e la gravità mentale dell’Attore Congiunto afferra infallibilmente tutti i significati vitali dell’esistenza intellettuale.
(1265.3) 115:6.2 Ma via via che ogni stadio dell’attività creativa si estende nello spazio inesplorato, esso funziona ed esiste sempre più lontano dall’azione diretta delle forze creatrici e delle personalità divine che sono in posizione centrale — l’Isola assoluta del Paradiso e le Deità infinite che vi risiedono. Questi livelli successivi dell’esistenza cosmica divengono quindi sempre più dipendenti dagli sviluppi all’interno delle tre potenzialità Assolute dell’infinità.
(1265.4) 115:6.3 L’Essere Supremo ingloba possibilità di ministero cosmico che non sono apparentemente manifestate nel Figlio Eterno, nello Spirito Infinito o nelle realtà non personali dell’Isola del Paradiso. Questa affermazione è fatta tenendo debitamente conto dell’assolutezza di queste tre attualità basilari, ma la crescita del Supremo non si fonda soltanto su queste attualità della Deità e del Paradiso, ma è anche coinvolta in sviluppi all’interno degli Assoluti della Deità, Universale e Non Qualificato.
(1265.5) 115:6.4 Il Supremo non solo cresce via via che i Creatori e le creature degli universi in evoluzione giungono ad assomigliare a Dio, ma questa Deità finita fa anche l’esperienza di una crescita risultante dalla padronanza delle possibilità finite del grande universo da parte della creatura e del Creatore. Il movimento del Supremo è duplice: in intensità verso il Paradiso e la Deità, ed in estensione verso l’illimitatezza degli Assoluti del potenziale.
(1265.6) 115:6.5 Nella presente era dell’universo questo doppio movimento è rivelato nelle personalità discendenti ed ascendenti del grande universo. Le Personalità Creatrici Supreme e tutti i loro associati divini riflettono il movimento divergente del Supremo verso l’esterno, mentre i pellegrini ascendenti provenienti dai sette superuniversi indicano la tendenza della Supremazia verso l’interno e convergente.
(1265.7) 115:6.6 La Deità finita cerca sempre una doppia correlazione verso l’interno in direzione del Paradiso e delle sue Deità e verso l’esterno in direzione dell’infinità e degli Assoluti in essa contenuti. La potente eruzione della divinità creativa del Paradiso che si personalizza nei Figli Creatori e che manifesta il suo potere nei controllori del potere, indica il vasto fluire della Supremazia nei domini della potenzialità, mentre l’interminabile processione delle creature ascendenti del grande universo assiste al possente rifluire della Supremazia verso l’unità con la Deità del Paradiso.
(1265.8) 115:6.7 Gli esseri umani hanno imparato che il movimento dell’invisibile può talvolta essere scorto osservando i suoi effetti sul visibile; e noi negli universi abbiamo imparato da molto tempo ad individuare i movimenti e le tendenze della Supremazia osservando le ripercussioni di tali evoluzioni nelle personalità e nei modelli del grande universo.
(1266.1) 115:6.8 Anche se non ne siamo certi, noi crediamo che, in quanto riflesso finito della Deità del Paradiso, il Supremo sia impegnato in una progressione eterna nello spazio esterno; ma come qualificazione dei tre potenziali Assoluti dello spazio esterno questo Essere Supremo cerchi perpetuamente la coerenza paradisiaca. E questi movimenti duali sembrano dar conto della maggior parte delle attività fondamentali degli universi attualmente organizzati.
(1266.2) 115:7.1 Nella Deità del Supremo il Padre-IO SONO ha raggiunto una liberazione relativamente completa dagli inerenti limiti all’infinità dello status, all’eternità dell’essere e all’assolutezza della natura. Ma Dio il Supremo è stato liberato da tutte le limitazioni esistenziali solo assoggettandosi alle qualificazioni esperienziali di una funzione universale. Raggiungendo la capacità di fare esperienza, il Dio finito è anche soggetto alla necessità di quest’ultima; riuscendo a liberarsi dell’eternità l’Onnipotente incontra le barriere del tempo, ed il Supremo ha potuto conoscere la crescita e lo sviluppo solo come conseguenza della parzialità dell’esistenza e dell’incompletezza della natura, la non assolutezza dell’essere.
(1266.3) 115:7.2 Tutto ciò deve essere conforme al piano del Padre, che ha basato il progresso finito sullo sforzo, la riuscita della creatura nella perseveranza e lo sviluppo della personalità sulla fede. Ma ordinando in questo modo l’evoluzione per esperienza del Supremo, il Padre ha reso possibile alle creature finite di esistere negli universi e, mediante la progressione esperienziale, di raggiungere un giorno la divinità della Supremazia.
(1266.4) 115:7.3 Tutta la realtà, inclusi il Supremo ed anche l’Ultimo, ad eccezione dei valori non qualificati dei sette Assoluti, è relativa. Il fatto della Supremazia è fondato sul potere del Paradiso, sulla personalità del Figlio e sull’azione del Congiunto, ma la crescita del Supremo è connessa all’Assoluto della Deità, all’Assoluto Non Qualificato e all’Assoluto Universale. E questa Deità sintetizzante ed unificante — Dio il Supremo — è la personificazione dell’ombra finita proiettata attraverso il grande universo dall’unità infinita della natura insondabile del Padre del Paradiso, la Prima Sorgente e Centro.
(1266.5) 115:7.4 Nella misura in cui le triodità operano direttamente sul livello finito, giungono fino al Supremo, che è la focalizzazione della Deità e la somma cosmica delle qualificazioni finite delle nature dell’Assoluto Attuale e dell’Assoluto Potenziale.
(1266.6) 115:7.5 La Trinità del Paradiso è ritenuta essere l’inevitabilità assoluta; i Sette Spiriti Maestri sono apparentemente le inevitabilità della Trinità; l’attuazione del potere-mente-spirito-personalità del Supremo deve essere l’inevitabilità evoluzionaria.
(1266.7) 115:7.6 Dio il Supremo non sembra essere stato inevitabile nell’infinità non qualificata, ma sembra esserlo su tutti i livelli della relatività. Egli è indispensabile per focalizzare, riassumere ed inglobare l’esperienza evoluzionaria, unificando efficacemente i risultati di questo modo di percepire la realtà nella sua natura di Deità. E sembra fare tutto ciò con il proposito di contribuire all’apparizione dell’eventuazione inevitabile, la manifestazione superesperienziale e superfinita di Dio l’Ultimo.
(1267.1) 115:7.7 L’Essere Supremo non può essere pienamente apprezzato senza prendere in considerazione la sua sorgente, la sua funzione ed il suo destino: la relazione con la Trinità che lo origina, l’universo di attività e la Trinità Ultima di destino immediato.
(1267.2) 115:7.8 Totalizzando i fattori dell’esperienza evoluzionaria il Supremo collega il finito all’absonito, così come la mente dell’Attore Congiunto integra la spiritualità divina del Figlio personale con le energie immutabili dell’archetipo del Paradiso, e come la presenza dell’Assoluto Universale unifica l’attivazione della Deità con la reattività del Non Qualificato. Questa unità deve essere una rivelazione del lavoro non rivelato dell’unità originale della Prima Causa-Padre e del Primo Archetipo-Sorgente di tutte le cose e di tutti gli esseri.
(1267.3) 115:7.9 [Presentato da un Possente Messaggero in soggiorno temporaneo su Urantia.]
(1268.1) 116:0.1 SE L’UOMO riconoscesse che i suoi Creatori — i suoi supervisori diretti — pur essendo divini sono anche finiti, e che il Dio del tempo e dello spazio è una Deità in evoluzione e non assoluta, allora le contraddizioni delle disuguaglianze temporali cesserebbero di essere dei profondi paradossi religiosi. La fede religiosa non sarebbe più prostituita ad accrescere la sciocca vanità sociale dei fortunati, servendo solo ad incoraggiare una rassegnazione stoica nelle vittime sfortunate delle privazioni sociali.
(1268.2) 116:0.2 Quando si osservano le sfere squisitamente perfette di Havona è ragionevole e logico credere che siano state fatte da un Creatore perfetto, infinito ed assoluto. Ma la stessa ragione e la stessa logica costringerebbe ogni essere onesto, quando osserva il disordine, le imperfezioni e le ingiustizie di Urantia, a concludere che il vostro mondo è stato fatto ed è governato da Creatori subassoluti, preinfiniti e tutt’altro che perfetti.
(1268.3) 116:0.3 La crescita esperienziale implica l’associazione tra la creatura ed il Creatore — Dio e l’uomo in associazione. La crescita è il marchio distintivo della Deità esperienziale: Havona non è cresciuto, Havona è ed è sempre stato, è esistenziale come gli Dei eterni che sono la sua sorgente. Ma la crescita caratterizza il grande universo.
(1268.4) 116:0.4 L’Onnipotente Supremo è una Deità vivente ed in evoluzione di potere e di personalità. Il suo dominio attuale, il grande universo, è anch’esso un regno in crescita di potere e di personalità. Il suo destino è la perfezione, ma la sua esperienza attuale ingloba gli elementi di crescita e di status incompleto.
(1268.5) 116:0.5 L’Essere Supremo funziona in primo luogo nell’universo centrale come personalità spirituale e secondariamente nel grande universo come Dio l’Onnipotente, una personalità di potere. La funzione terziaria del Supremo nell’universo maestro è attualmente latente, esistente soltanto come potenziale mentale sconosciuto. Nessuno sa esattamente ciò che rivelerà questo terzo sviluppo dell’Essere Supremo. Alcuni credono che, quando i superuniversi saranno stabilizzati in luce e vita, il Supremo opererà da Uversa come sovrano onnipotente ed esperienziale del grande universo, espandendosi in potere come superonnipotente degli universi esterni. Altri ritengono che il terzo stadio della Supremazia implicherà il terzo livello di manifestazione della Deità. Ma nessuno di noi in realtà ne sa niente.
(1268.6) 116:1.1 L’esperienza della personalità di ogni creatura in evoluzione è una fase dell’esperienza dell’Onnipotente Supremo. L’asservimento intelligente di ogni segmento fisico dei superuniversi fa parte del controllo crescente dell’Onni potente Supremo. La sintesi creativa del potere e della personalità è parte dell’impulso creativo della Mente Suprema ed è l’essenza stessa della crescita evoluzionaria dell’unità nell’Essere Supremo.
(1269.1) 116:1.2 L’unione degli attributi di potere e di personalità della Supremazia è la funzione della Mente Suprema, e l’evoluzione completa dell’Onnipotente Supremo darà come risultato una Deità unificata e personale — non un’associazione vagamente coordinata di attributi divini. In una prospettiva più ampia non vi sarà alcun Onnipotente all’infuori del Supremo, né alcun Supremo all’infuori dell’Onnipotente.
(1269.2) 116:1.3 Durante l’intera durata delle ere evoluzionarie il potenziale di potere fisico del Supremo è conferito ai Sette Direttori Supremi di Potere ed il suo potenziale mentale risiede nei Sette Spiriti Maestri. La Mente Infinita è la funzione dello Spirito Infinito. La mente cosmica è il ministero dei Sette Spiriti Maestri. La Mente Suprema è in corso d’attuazione nella coordinazione del grande universo ed in associazione funzionale con la rivelazione ed il raggiungimento di Dio il Settuplo.
(1269.3) 116:1.4 La mente tempo-spaziale, la mente cosmica, funziona differentemente nei sette superuniversi, ma è coordinata per mezzo di una sconosciuta tecnica associativa nell’Essere Supremo. Il supercontrollo dell’Onnipotente sul grande universo non è esclusivamente fisico e spirituale. Nei sette superuniversi esso è principalmente materiale e spirituale, ma vi sono anche presenti dei fenomeni del Supremo che sono intellettuali e spirituali.
(1269.4) 116:1.5 Noi in realtà conosciamo meno sulla mente della Supremazia che su qualsiasi altro aspetto di questa Deità in evoluzione. Essa è incontestabilmente attiva in tutto il grande universo e si ritiene che abbia un destino potenziale di funzioni di vasta portata nell’universo maestro. Tuttavia noi sappiamo questo: mentre il fisico può raggiungere una crescita completa e lo spirito può giungere alla perfezione di sviluppo, la mente non cessa mai di progredire — essa è la tecnica esperienziale di un progresso infinito. Il Supremo è una Deità esperienziale e perciò non raggiunge mai il completamento della sua realizzazione mentale.
(1269.5) 116:2.1 L’apparizione della presenza del potere universale dell’Onnipotente è concomitante con l’apparizione sulla scena dell’azione cosmica degli elevati creatori e controllori dei superuniversi evoluzionari.
(1269.6) 116:2.2 Dio il Supremo deriva i suoi attributi di spirito e di personalità dalla Trinità del Paradiso, ma attua il suo potere nelle azioni dei Figli Creatori, degli Antichi dei Giorni e degli Spiriti Maestri, i cui atti collettivi sono la sorgente del suo potere crescente quale sovrano onnipotente per i sette superuniversi ed in essi.
(1269.7) 116:2.3 La Deità Non Qualificata del Paradiso è incomprensibile per le creature in evoluzione del tempo e dello spazio. L’eternità e l’infinità implicano un livello di realtà della deità che le creature del tempo-spazio non possono comprendere. L’infinità della deità e l’assolutezza della sovranità sono inerenti alla Trinità del Paradiso e la Trinità è una realtà situata un po’ al di là della comprensione dei mortali. Le creature del tempo-spazio devono avere delle origini, delle relatività e dei destini per cogliere le relazioni universali e per comprendere i valori significativi della divinità. Perciò la Deità del Paradiso attenua e qualifica in altri modi le personalizzazioni extra-paradisiache della divinità, portando così all’esistenza i Creatori Supremi ed i loro associati, che trasportano la luce della vita sempre più lontano dalla sua sorgente Paradisiaca, fino a trovare la sua più lontana e bella espressione nella vita terrena dei Figli di conferimento sui mondi evoluzionari.
(1270.1) 116:2.4 Questa è l’origine di Dio il Settuplo, di cui l’uomo mortale incontra i livelli successivi nell’ordine seguente:
(1270.2) 116:2.5 1. I Figli Creatori (e gli Spiriti Creativi).
(1270.3) 116:2.6 2. Gli Antichi dei Giorni.
(1270.4) 116:2.7 3 I Sette Spiriti Maestri.
(1270.5) 116:2.8 4. L’Essere Supremo.
(1270.6) 116:2.9 5. L’Attore Congiunto.
(1270.7) 116:2.10 6. Il Figlio Eterno.
(1270.8) 116:2.11 7. Il Padre Universale.
(1270.9) 116:2.12 I primi tre livelli sono i Creatori Supremi, gli ultimi tre livelli sono le Deità del Paradiso. Il Supremo interviene sempre come personalizzazione spirituale esperienziale della Trinità del Paradiso e come centro esperienziale del potere evoluzionario onnipotente dei figli creatori delle Deità del Paradiso. L’Essere Supremo è la rivelazione massima della Deità ai sette superuniversi e per la presente era dell’universo.
(1270.10) 116:2.13 Mediante la tecnica della logica dei mortali si potrebbe desumere che la riunificazione esperienziale degli atti collettivi dei primi tre livelli di Dio il Settuplo equivalgono al livello della Deità del Paradiso, ma non è così. La Deità del Paradiso è una Deità esistenziale. I Creatori Supremi, nella loro divina unità di potere e di personalità, costituiscono ed esprimono un nuovo potenziale del potere della Deità esperienziale. E questo potenziale del potere di origine esperienziale trova la sua inevitabile ed ineluttabile unione con la Deità esperienziale di origine trinitaria — l’Essere Supremo.
(1270.11) 116:2.14 Dio il Supremo non è la Trinità del Paradiso, né è uno dei Creatori superuniversali le cui attività funzionali sintetizzano effettivamente il suo potere onnipotente in evoluzione, né tantomeno l’insieme di tali Creatori. Dio il Supremo, pur avendo origine nella Trinità, diviene manifesto alle creature evoluzionarie come personalità di potere soltanto tramite le funzioni coordinate dei primi tre livelli di Dio il Settuplo. L’Onnipotente Supremo sta divenendo ora un fatto nel tempo e nello spazio grazie alle attività delle Personalità Creatrici Supreme, come nell’eternità l’Attore Congiunto venne istantaneamente all’esistenza per volontà del Padre Universale e del Figlio Eterno. Questi esseri dei primi tre livelli di Dio il Settuplo sono la natura e la sorgente stessa del potere dell’Onnipotente Supremo; perciò essi devono sempre accompagnare e sostenere i suoi atti amministrativi.
(1270.12) 116:3.1 Le Deità del Paradiso non solo agiscono direttamente nei loro circuiti di gravità in tutto il grande universo, ma operano anche tramite i loro vari agenti ed altre manifestazioni quali:
(1270.13) 116:3.2 1. Le focalizzazioni della mente della Terza Sorgente e Centro. I domini finiti dell’energia e dello spirito sono letteralmente tenuti uniti dalle presenze della mente dell’Attore Congiunto. Ciò è vero a partire dallo Spirito Creativo in un universo locale, passando poi per gli Spiriti Riflettivi di un superuniverso, fino agli Spiriti Maestri nel grande universo. I circuiti mentali che si dipartono da questi vari centri d’intelligenza rappresentano il quadro cosmico della scelta da parte delle creature. La mente è la realtà flessibile che creature e Creatori possono manipolare così prontamente; è l’anello vitale che collega la materia e lo spirito. Il conferimento della mente da parte della Terza Sorgente e Centro unifica la persona spirituale di Dio il Supremo con il potere esperienziale dell’Onnipotente evoluzionario.
(1271.1) 116:3.3 2. Le rivelazioni della personalità della Seconda Sorgente e Centro. Le presenze della mente dell’Attore Congiunto unificano lo spirito della divinità con l’archetipo dell’energia. Le incarnazioni di conferimento del Figlio Eterno e dei suoi Figli Paradisiaci unificano, fondono effettivamente, la natura divina di un Creatore con la natura in evoluzione di una creatura. Il Supremo è sia creatura sia creatore; la possibilità del suo essere tale è rivelata negli atti di conferimento del Figlio Eterno e dei suoi Figli coordinati e subordinati. I membri degli ordini di filiazione che si conferiscono, i Micael e gli Avonal, effettivamente accrescono le loro nature divine con le autentiche nature delle creature, le quali sono diventate le loro nature grazie al vivere le loro vere vite come creature sui mondi evoluzionari. Quando la divinità diviene simile all’umanità, in tale relazione è insita la possibilità che l’umanità possa divenire divina.
(1271.2) 116:3.4 3. Le presenze interiori della Prima Sorgente e Centro. La mente unifica le causalità dello spirito con le reazioni dell’energia; il ministero di conferimento unifica le discese della divinità con le ascensioni delle creature; ed i frammenti interiori del Padre Universale unificano effettivamente le creature in evoluzione con Dio in Paradiso. Ci sono molte di queste presenze del Padre che risiedono in numerosi ordini di personalità, e nei mortali questi frammenti divini di Dio sono gli Aggiustatori di Pensiero. I Monitori del Mistero sono per gli esseri umani quello che la Trinità del Paradiso è per l’Essere Supremo. Gli Aggiustatori sono le fondamenta assolute, e su delle fondamenta assolute il libero arbitrio può fare apparire per evoluzione la realtà divina di una natura che si prolunga nell’eternità, la natura dei finalitari nel caso degli uomini, la natura della Deità in Dio il Supremo.
(1271.3) 116:3.5 I conferimenti in forma di creature degli ordini paradisiaci di filiazione permettono a questi Figli divini di arricchire la loro personalità mediante l’acquisizione della natura effettiva delle creature dell’universo, mentre questi conferimenti rivelano infallibilmente alle creature stesse il sentiero del Paradiso per raggiungere la divinità. I conferimenti degli Aggiustatori da parte del Padre Universale gli permettono di attirare a sé le personalità delle creature dotate di volontà. Ed in tutte queste relazioni degli universi finiti l’Attore Congiunto è la sorgente sempre presente del ministero della mente in virtù del quale hanno luogo queste attività.
(1271.4) 116:3.6 In queste e in molte altre maniere le Deità del Paradiso partecipano alle evoluzioni del tempo, quali si dispiegano sui pianeti che ruotano nello spazio e quali culminano nell’emersione della personalità del Supremo, conseguenza di tutta l’evoluzione.
(1271.5) 116:4.1 L’unità del Tutto Supremo dipende dall’unificazione progressiva delle parti finite. L’attuazione del Supremo è il risultato e la causa di queste stesse unificazioni dei fattori di supremazia — i creatori, le creature, le intelligenze e le energie degli universi.
(1272.1) 116:4.2 Durante le ere in cui la sovranità della Supremazia si sviluppa nel tempo, il potere onnipotente del Supremo dipende dagli atti di divinità di Dio il Settuplo, mentre sembra esserci una relazione particolarmente stretta tra l’Essere Supremo e l’Attore Congiunto, insieme con le sue personalità primarie, i Sette Spiriti Maestri. Lo Spirito Infinito, in qualità di Attore Congiunto, opera in molti modi che compensano l’incompletezza della Deità evoluzionaria e mantengono relazioni molto strette con il Supremo. Questa intimità di relazioni è condivisa in una certa misura da tutti gli Spiriti Maestri, ma specialmente dallo Spirito Maestro Numero Sette che parla per il Supremo. Questo Spirito Maestro conosce il Supremo ed è in contatto personale con lui.
(1272.2) 116:4.3 All’inizio della progettazione del piano superuniversale della creazione, gli Spiriti Maestri si sono uniti alla Trinità ancestrale per la creazione congiunta dei quarantanove Spiriti Riflettivi, e contemporaneamente l’Essere Supremo ha operato creativamente per portare al loro apice gli atti congiunti della Trinità del Paradiso e dei figli creativi della Deità del Paradiso. Apparve Majeston, e da allora ha sempre focalizzato la presenza cosmica della Mente Suprema, mentre gli Spiriti Maestri continuano ad essere le sorgenti e centri del vasto ministero della mente cosmica.
(1272.3) 116:4.4 Ma gli Spiriti Maestri continuano nella supervisione degli Spiriti Riflettivi. Il Settimo Spirito Maestro (nella sua supervisione generale di Orvonton dall’universo centrale) è in contatto personale con i Sette Spiriti Riflettivi situati su Uversa (e ne ha il supercontrollo). Nel suo controllo e nella sua amministrazione nel superuniverso e tra i superuniversi egli è in contatto riflettivo con gli Spiriti Riflettivi del suo stesso tipo situati su ciascuna capitale di superuniverso.
(1272.4) 116:4.5 Questi Spiriti Maestri non solo sostengono ed accrescono la sovranità della Supremazia, ma sono a loro volta incaricati secondo i propositi creativi del Supremo. In generale le creazioni collettive degli Spiriti Maestri sono di ordine quasi materiale (direttori di potere ecc.), mentre le loro creazioni individuali sono di ordine spirituale (supernafini ecc.). Ma quando gli Spiriti Maestri produssero collettivamente i Sette Spiriti dei Circuiti in risposta alla volontà ed al proposito dell’Essere Supremo, si deve notare che i frutti di questo atto creativo furono spirituali, non materiali o quasi materiali.
(1272.5) 116:4.6 E come avviene con gli Spiriti Maestri dei superuniversi, così avviene con i governanti trini di queste supercreazioni — gli Antichi dei Giorni. Queste personificazioni del giudizio con giustizia della Trinità nel tempo e nello spazio sono i punti d’appoggio per la mobilitazione del potere onnipotente del Supremo, servendo da settupli punti focali per l’evoluzione della sovranità trinitaria nei domini del tempo e dello spazio. Dalla loro posizione di vantaggio, a metà strada tra il Paradiso ed i mondi in evoluzione, questi sovrani di origine Trinitaria vedono, conoscono e coordinano entrambe le vie.
(1272.6) 116:4.7 Ma sono gli universi locali i veri laboratori in cui sono compiuti gli esperimenti mentali, le avventure galattiche, gli sviluppi della divinità ed i progressi della personalità che, quando sono cosmicamente sommati, costituiscono la base effettiva sulla quale il Supremo sta portando a termine l’evoluzione della deità nell’esperienza e per mezzo dell’esperienza.
(1272.7) 116:4.8 Negli universi locali anche i Creatori si evolvono: la presenza dell’Attore Congiunto si evolve da un punto vivente di potere fino allo status della personalità divina di uno Spirito Madre d’Universo; il Figlio Creatore si evolve dalla natura di divinità paradisiaca esistenziale fino alla natura esperienziale di sovranità suprema. Gli universi locali sono i punti di partenza della vera evoluzione, il terreno in cui germogliano le sincere personalità imperfette, dotate della libera scelta di diventare cocreatrici di se stesse quali dovranno essere.
(1273.1) 116:4.9 I Figli Magistrali, nei loro conferimenti sui mondi evoluzionari, acquisiscono alla fine una natura che esprime la divinità del Paradiso in unificazione esperienziale con i valori spirituali più elevati della natura materiale umana. Ed attraverso questi ed altri conferimenti i Micael Creatori acquisiscono similmente la natura ed i punti di vista cosmici dei figli del loro stesso universo locale. Questi Figli Creatori Maestri si avvicinano al completamento dell’esperienza subsuprema, e quando la sovranità sul loro universo locale si estende fino ad inglobare gli Spiriti Creativi associati, si può dire che si avvicina ai confini della supremazia entro i potenziali attuali del grande universo in evoluzione.
(1273.2) 116:4.10 Quando i Figli di conferimento rivelano agli uomini nuove vie per trovare Dio, non creano questi sentieri che permettono di raggiungere la divinità; piuttosto illuminano le grandi vie eterne di progressione che conducono attraverso la presenza del Supremo alla persona del Padre del Paradiso.
(1273.3) 116:4.11 L’universo locale è il punto di partenza per le personalità che sono più lontane da Dio e che possono perciò fare il più alto grado d’esperienza dell’ascensione spirituale nell’universo e possono raggiungere la massima partecipazione esperienziale nella cocreazione di se stessi. Questi stessi universi locali offrono anche la più grande profondità possibile di esperienza alle personalità discendenti che, grazie ad essa, raggiungono qualcosa che per loro è altrettanto significativo quanto per una creatura in evoluzione lo è l’ascensione al Paradiso.
(1273.4) 116:4.12 L’uomo mortale sembra essere necessario alla piena funzione di Dio il Settuplo nella misura in cui questo raggruppamento di divinità culmina nel Supremo in corso d’attuazione. Ci sono molti altri ordini di personalità universali che sono ugualmente necessarie all’evoluzione del potere onnipotente del Supremo, ma questa descrizione è presentata per l’edificazione degli esseri umani, per cui è largamente limitata ai fattori operanti nell’evoluzione di Dio il Settuplo che concernono l’uomo mortale.
(1273.5) 116:5.1 Voi siete stati istruiti sulle relazioni di Dio il Settuplo con l’Essere Supremo e dovreste ora riconoscere che il Settuplo ingloba i controllori così come i creatori del grande universo. Questi controllori settupli del grande universo comprendono:
(1273.6) 116:5.2 1. I Controllori Fisici Maestri.
(1273.7) 116:5.3 2. I Centri Supremi di Potere.
(1273.8) 116:5.4 3. I Direttori Supremi di Potere.
(1273.9) 116:5.5 4. L’Onnipotente Supremo.
(1273.10) 116:5.6 5. Il Dio d’Azione — lo Spirito Infinito.
(1273.11) 116:5.7 6. L’Isola del Paradiso.
(1273.12) 116:5.8 7. La Sorgente del Paradiso — il Padre Universale.
(1273.13) 116:5.9 Questi sette gruppi sono funzionalmente inseparabili da Dio il Settuplo e costituiscono il livello di controllo fisico di questa associazione della Deità.
(1273.14) 116:5.10 La biforcazione tra l’energia e lo spirito (che deriva dalla presenza congiunta del Figlio Eterno e dell’Isola del Paradiso) fu simbolizzata in senso superuniversale quando i Sette Spiriti Maestri s’impegnarono congiuntamente nel loro primo atto di creazione collettiva. Questo episodio vide l’apparizione dei Sette Direttori Supremi di Potere. In concomitanza con ciò i circuiti spirituali degli Spiriti Maestri si differenziarono per contrasto dalle attività fisiche di supervisione dei direttori di potere ed immediatamente apparve la mente cosmica come un nuovo fattore coordinante la materia e lo spirito.
(1274.1) 116:5.11 L’Onnipotente Supremo si sta evolvendo come supercontrollore del potere fisico del grande universo. Nella presente era dell’universo questo potenziale del potere fisico sembra essere incentrato nei Sette Direttori Supremi di Potere, che operano tramite le posizioni fisse dei centri di potere e le presenze mobili dei controllori fisici.
(1274.2) 116:5.12 Gli universi del tempo non sono perfetti; questo è il loro destino. La lotta per la perfezione concerne non soltanto i livelli intellettuale e spirituale, ma anche il livello fisico dell’energia e della massa. La stabilizzazione dei sette superuniversi in luce e vita presuppone che abbiano raggiunto la stabilità fisica. E si ritiene che il raggiungimento finale dell’equilibrio materiale significherà il completamento dell’evoluzione del controllo fisico dell’Onnipotente.
(1274.3) 116:5.13 Nei primi tempi dell’edificazione di un universo anche i Creatori Paradisiaci s’interessano principalmente dell’equilibrio materiale. Il modello di un universo locale prende forma non solo come risultato delle attività dei centri di potere ma anche a causa della presenza nello spazio dello Spirito Creativo. Per tutte queste epoche iniziali di edificazione di un universo locale il Figlio Creatore rivela un attributo poco compreso di controllo materiale e non lascia il suo pianeta capitale prima che l’equilibrio dell’universo locale sia stato a grandi linee stabilito.
(1274.4) 116:5.14 In ultima analisi ogni energia risponde alla mente ed i controllori fisici sono i figli del Dio della mente che è l’attivatore dell’archetipo del Paradiso. L’intelligenza dei direttori di potere è incessantemente consacrata al compito di stabilire il controllo sulla materia. La lotta per il dominio fisico delle relazioni dell’energia e dei movimenti della massa non cessa mai fino a che essi non abbiano ottenuto la vittoria finale sulle energie e sulle masse che costituiscono i loro domini perpetui di attività.
(1274.5) 116:5.15 Le lotte spirituali del tempo e dello spazio concernono l’evoluzione del dominio dello spirito sulla materia con la mediazione della mente (personale). L’evoluzione fisica (non personale) degli universi si occupa di portare l’energia cosmica ad armonizzarsi con i concetti equilibratori della mente sottoposti al supercontrollo dello spirito. L’evoluzione totale dell’intero grande universo è una questione di unificazione, da parte della personalità, della mente che controlla l’energia con l’intelletto coordinato dallo spirito, e sarà rivelata nella piena apparizione del potere onnipotente del Supremo.
(1274.6) 116:5.16 La difficoltà di pervenire ad uno stato di equilibrio dinamico è inerente al fatto della crescita del cosmo. I circuiti stabiliti della creazione fisica sono continuamente messi in pericolo dall’apparizione di nuove energie e di nuove masse. Un universo in crescita è un universo instabile, per cui nessuna parte dell’insieme cosmico può trovare una stabilità reale prima che la pienezza dei tempi non veda il completamento materiale dei sette superuniversi.
(1274.7) 116:5.17 Negli universi stabilizzati in luce e vita non vi sono avvenimenti fisici imprevisti d’importanza maggiore. Sulla creazione materiale è stato raggiunto un controllo relativamente completo. Tuttavia i problemi della relazione tra gli universi stabilizzati e gli universi in evoluzione continuano a sfidare l’abilità dei Direttori di Potere d’Universo. Ma questi problemi scompariranno gradualmente con la diminuzione delle nuove attività creative via via che il grande universo si avvicinerà al culmine della sua espressione evoluzionaria.
(1275.1) 116:6.1 Nei superuniversi evoluzionari l’energia-materia è dominante eccetto che nella personalità, nella quale lo spirito, con la mediazione della mente, lotta per il predominio. Lo scopo degli universi evoluzionari è la sottomissione dell’energia-materia per mezzo della mente, la coordinazione della mente con lo spirito, e tutto ciò in virtù della presenza creativa ed unificante della personalità. Così, in rapporto alla personalità, i sistemi fisici divengono subordinati, i sistemi mentali divengono coordinati ed i sistemi spirituali divengono direttivi.
(1275.2) 116:6.2 Sui livelli della deità questa unione del potere e della personalità si esprime nel e come Supremo. Ma l’evoluzione effettiva del dominio dello spirito è una crescita basata sugli atti di libero arbitrio dei Creatori e delle creature del grande universo.
(1275.3) 116:6.3 Sui livelli assoluti l’energia e lo spirito sono una sola cosa. Ma quando ci si allontana da questi livelli assoluti appaiono delle differenze, e via via che l’energia e lo spirito si allontanano dal Paradiso verso lo spazio l’abisso tra di loro si allarga fino a che, negli universi locali, essi sono divenuti del tutto divergenti. Essi non sono più identici, né sono simili, e deve intervenire la mente per collegarli.
(1275.4) 116:6.4 Il fatto che l’energia possa essere diretta dall’azione delle personalità di controllo rivela la sensibilità dell’energia all’azione della mente. Il fatto che la massa possa essere stabilizzata dall’azione di queste stesse entità di controllo indica la sensibilità della massa alla presenza della mente generatrice d’ordine. E il fatto che lo spirito stesso in una personalità volitiva possa sforzarsi di dominare l’energia-materia per mezzo della mente, rivela l’unità potenziale di tutta la creazione finita.
(1275.5) 116:6.5 C’è un’interdipendenza di tutte le forze e personalità nell’intero universo degli universi. I Figli Creatori e gli Spiriti Creativi dipendono dalla funzione cooperativa dei centri di potere e dei controllori fisici nell’organizzazione degli universi; i Direttori Supremi di Potere sono incompleti senza il supercontrollo degli Spiriti Maestri. In un essere umano il meccanismo della vita fisica risponde, in parte, ai comandi della mente (personale). Questa stessa mente può a sua volta essere dominata dalle direttive di uno spirito avente un proposito, ed il risultato di tale sviluppo evoluzionario è la generazione di un nuovo figlio del Supremo, di una nuova unificazione personale dei diversi tipi di realtà cosmica.
(1275.6) 116:6.6 E come avviene per le parti, così è per il tutto; la persona spirituale della Supremazia ha bisogno del potere evoluzionario dell’Onnipotente per arrivare al completamento della Deità e per raggiungere il destino di associazione Trinitaria. Lo sforzo è fatto dalle personalità del tempo e dello spazio, ma l’apice ed il completamento di questo sforzo è un atto dell’Onnipotente Supremo. E mentre la crescita del tutto è quindi una somma della crescita collettiva delle parti, ne consegue anche che l’evoluzione delle parti è un riflesso segmentato della crescita finalizzata del tutto.
(1275.7) 116:6.7 In Paradiso la monota e lo spirito sono come uno — indistinguibili eccetto che per il nome. In Havona la materia e lo spirito, pur chiaramente differenti, sono allo stesso tempo intrinsecamente in armonia. Nei sette superuniversi, per contro, c’è una grande divergenza, c’è un grande abisso tra l’energia cosmica e lo spirito divino, e perciò c’è un potenziale esperienziale più grande per l’azione della mente per armonizzare ed infine unificare i modelli fisici con i propositi spirituali. Negli universi dello spazio che si evolvono nel tempo c’è una maggiore attenuazione della divinità, vi sono problemi più difficili da risolvere ed opportunità più ampie per acquisire esperienza nella loro soluzione. Tutta questa situazione superuniversale origina un più vasto quadro d’esistenza evoluzionaria in cui la possibilità di esperienze cosmiche è offerta sia alla creatura sia al Creatore — ed anche alla Deità Suprema.
(1276.1) 116:6.8 Il dominio dello spirito, che è esistenziale sui livelli assoluti, diviene un’esperienza evoluzionaria sui livelli finiti e nei sette superuniversi. E questa esperienza è condivisa allo stesso titolo da tutti, dall’uomo mortale all’Essere Supremo. Tutti si sforzano, si sforzano personalmente, di riuscire; tutti partecipano, partecipano personalmente, al destino.
(1276.2) 116:7.1 Il grande universo non è solo una creazione materiale di grandiosità fisica, di sublimità spirituale e di magnificenza intellettuale, ma anche uno splendido e sensibile organismo vivente. C’è una vita reale che pulsa in tutto il meccanismo dell’immensa creazione del cosmo vibrante. La realtà fisica degli universi simbolizza la realtà percepibile dell’Onnipotente Supremo. E questo organismo materiale e vivente è penetrato dai circuiti dell’intelligenza, come il corpo umano è attraversato da una rete di condotti nervosi sensitivi. Questo universo fisico è pervaso da canali d’energia che attivano efficacemente la creazione materiale, come il corpo umano è nutrito ed energizzato dalla distribuzione circolatoria dei prodotti energetici assimilabili del cibo. L’immenso universo non è sprovvisto di quei centri coordinatori di splendido supercontrollo comparabili al delicato sistema di controllo chimico del meccanismo umano. Ma se solo conosceste qualcosa della costituzione fisica di un centro di potere, potremmo, per analogia, dirvi molto di più sull’universo fisico.
(1276.3) 116:7.2 Come i mortali contano sull’energia solare per il mantenimento della vita, così il grande universo dipende dalle energie inesauribili che emanano dal Paradiso inferiore per mantenere le attività materiali ed i movimenti cosmici dello spazio.
(1276.4) 116:7.3 La mente è stata donata ai mortali per permettere loro di divenire autocoscienti dell’identità e della personalità; ed una mente — persino una Mente Suprema — è stata conferita alla totalità del finito, per mezzo della quale lo spirito di questa personalità emergente del cosmo si sforza sempre di dominare l’energia-materia.
(1276.5) 116:7.4 L’uomo mortale risponde al governo dello spirito, come il grande universo risponde alla vasta presa della gravità spirituale del Figlio Eterno, alla coesione universale supermateriale dei valori spirituali eterni di tutte le creazioni del cosmo finito del tempo e dello spazio.
(1276.6) 116:7.5 Gli esseri umani sono capaci di effettuare una continua autoidentificazione con la realtà totale e indistruttibile dell’universo — la fusione con l’Aggiustatore di Pensiero interiore. Similmente il Supremo dipende eternamente dalla stabilità assoluta della Deità Originale, la Trinità del Paradiso.
(1276.7) 116:7.6 Il forte desiderio dell’uomo per la perfezione del Paradiso, il suo sforzo per raggiungere Dio, creano nel cosmo vivente una tensione di divinità autentica che può essere risolta soltanto dall’evoluzione di un’anima immortale. Questo è ciò che avviene nell’esperienza della singola creatura mortale. Ma quando tutte le creature e tutti i Creatori del grande universo si sforzano similmente di raggiungere Dio e la perfezione divina, si crea una profonda tensione cosmica che può trovare soluzione solo nella sintesi sublime del potere onnipotente con la persona spirituale del Dio in evoluzione di tutte le creature, l’Essere Supremo.
(1277.1) 116:7.7 [Patrocinato da un Possente Messaggero in soggiorno temporaneo su Urantia.]
(1278.1) 117:0.1 NELLA misura in cui noi facciamo la volontà di Dio in qualunque luogo dell’universo in cui viviamo, in quella stessa misura il potenziale onnipotente del Supremo diviene più attuale. La volontà di Dio è il proposito della Prima Sorgente e Centro, qual è potenzializzata nei tre Assoluti, personalizzata nel Figlio Eterno, congiunta per un’azione universale nello Spirito Infinito e resa eterna negli archetipi perpetui del Paradiso. E Dio il Supremo sta divenendo la più alta manifestazione finita della volontà totale di Dio.
(1278.2) 117:0.2 Se tutti gli abitanti del grande universo riuscissero, nella misura del possibile, a vivere pienamente la volontà di Dio, allora le creazioni del tempo-spazio sarebbero stabilizzate in luce e vita, ed allora l’Onnipotente, il potenziale di deità della Supremazia, diverrebbe un fatto nell’emersione della personalità divina di Dio il Supremo.
(1278.3) 117:0.3 Quando una mente in evoluzione si accorda con i circuiti della mente cosmica, quando un universo in evoluzione si stabilizza secondo il modello dell’universo centrale, quando uno spirito in progressione prende contatto con il ministero unificato degli Spiriti Maestri, quando la personalità di un mortale ascendente si accorda finalmente con il governo divino dell’Aggiustatore interiore, allora l’attuazione del Supremo è divenuta reale ad un grado maggiore negli universi; allora la divinità della Supremazia è avanzata di un passo in più verso la realizzazione cosmica.
(1278.4) 117:0.4 Le parti e gli individui del grande universo si evolvono come un riflesso dell’evoluzione totale del Supremo, mentre a sua volta il Supremo è la sintesi cumulativa di tutta l’evoluzione del grande universo. Dal punto di vista umano sono entrambi delle reciprocità evoluzionarie ed esperienziali.
(1278.5) 117:1.1 Il Supremo è la bellezza dell’armonia fisica, la verità del significato intellettuale e la bontà del valore spirituale. Egli è la dolcezza del vero successo e la gioia della realizzazione eterna. Egli è la superanima del grande universo, la coscienza del cosmo finito, il completamento della realtà finita e la personificazione dell’esperienza Creatore-creatura. In tutta l’eternità futura Dio il Supremo esprimerà la realtà dell’esperienza volitiva nelle relazioni trinitarie della Deità.
(1278.6) 117:1.2 Nelle persone dei Creatori Supremi, gli Dei sono discesi dal Paradiso nei domini del tempo e dello spazio per crearvi e per farvi evolvere creature capaci di raggiungere il Paradiso e di ascendervi alla ricerca del Padre. Questa processione universale di Creatori discendenti che rivelano Dio e di creature ascendenti che cercano Dio rivela l’evoluzione di Deità del Supremo, in cui i discendenti e gli ascendenti raggiungono una reciproca comprensione, la scoperta della fratellanza eterna ed universale. L’Essere Supremo diviene così la sintesi finita dell’esperienza della causa del Creatore perfetto e della risposta della creatura in corso di perfezionamento.
(1279.1) 117:1.3 Il grande universo contiene la possibilità di un’unificazione completa e la cerca sempre. E ciò deriva dal fatto che questa esistenza cosmica è una conseguenza degli atti creatori e dei mandati di potere della Trinità del Paradiso, che è un’unità non qualificata. Questa stessa unità trinitaria è espressa nel cosmo finito nel Supremo, la cui realtà diviene sempre più evidente via via che gli universi raggiungono il livello massimo d’identificazione con la Trinità.
(1279.2) 117:1.4 La volontà del Creatore e la volontà della creatura sono qualitativamente differenti, ma sono anche esperienzialmente simili, perché la creatura ed il Creatore possono collaborare al raggiungimento della perfezione universale. L’uomo può lavorare in collegamento con Dio e creare così congiuntamente un finalitario eterno. Dio può lavorare anche come un umano nelle incarnazioni dei suoi Figli, i quali raggiungono così la supremazia dell’esperienza delle creature.
(1279.3) 117:1.5 Nell’Essere Supremo, il Creatore e la creatura sono uniti in una sola Deità, la cui volontà è l’espressione di una sola personalità divina. E questa volontà del Supremo è qualcosa di più della volontà della creatura o del Creatore, come la volontà sovrana del Figlio Maestro di Nebadon è ora qualcosa di più di una combinazione della volontà della divinità e dell’umanità. L’unione della perfezione del Paradiso e dell’esperienza nel tempo-spazio produce un nuovo significativo valore sui livelli di deità della realtà.
(1279.4) 117:1.6 La natura divina in evoluzione del Supremo sta divenendo un ritratto fedele dell’esperienza incomparabile di tutte le creature e di tutti i Creatori nel grande universo. Nel Supremo la natura creativa e lo stato di creatura sono una sola cosa; essi sono uniti per sempre da quell’esperienza che è nata dalle vicissitudini che accompagnano la soluzione dei molteplici problemi che assillano tutta la creazione finita mentre percorre il sentiero eterno in cerca della perfezione e della liberazione dai limiti dell’incompletezza.
(1279.5) 117:1.7 La verità, la bellezza e la bontà sono in correlazione nel ministero dello Spirito, nello splendore del Paradiso, nella misericordia del Figlio e nell’esperienza del Supremo. Dio il Supremo è la verità, la bellezza e la bontà perché questi concetti di divinità rappresentano i massimi finiti dell’esperienza ideatoria. Le sorgenti eterne di queste qualità trine di divinità sono su livelli superfiniti, ma una creatura potrebbe concepire tali sorgenti solo come superverità, superbellezza e superbontà.
(1279.6) 117:1.8 Micael, un creatore, rivelò l’amore divino del Padre Creatore per i suoi figli terrestri. Ed avendo scoperto e ricevuto questo affetto divino, gli uomini possono aspirare a rivelare questo amore ai loro fratelli nella carne. Tale affetto delle creature è un riflesso reale dell’amore del Supremo.
(1279.7) 117:1.9 Il Supremo è simmetricamente inclusivo. La Prima Sorgente e Centro è potenziale nei tre grandi Assoluti; è attuale in Paradiso, nel Figlio e nello Spirito; ma il Supremo è sia attuale sia potenziale, un essere di supremazia personale e di potere onnipotente, che risponde sia allo sforzo delle creature sia al proposito del Creatore. Egli agisce da se stesso sull’universo e reagisce da se stesso all’insieme dell’universo; è allo stesso tempo il creatore supremo e la creatura suprema. La Deità di Supremazia esprime così la somma totale dell’intero finito.
(1280.1) 117:2.1 Il Supremo è Dio-nel-tempo; egli è il segreto della crescita delle creature nel tempo; è anche la conquista del presente incompleto ed il completamento del futuro in corso di perfezionamento. Ed i frutti finali di tutta la crescita finita sono: il potere controllato dallo spirito per mezzo della mente in virtù della presenza creativa ed unificante della personalità. La conseguenza culminante di tutta questa crescita è l’Essere Supremo.
(1280.2) 117:2.2 Per l’uomo mortale l’esistere equivale alla crescita. E così in verità sembrerebbe essere anche nel senso più ampio dell’universo, perché l’esistenza guidata dallo spirito sembra portare ad una crescita esperienziale — ad un’elevazione di status. Noi abbiamo sostenuto a lungo, tuttavia, che la crescita attuale che caratterizza l’esistenza delle creature nella presente era dell’universo è una funzione del Supremo. Sosteniamo anche che questo tipo di crescita è peculiare dell’era di crescita del Supremo e che terminerà con il completamento della crescita del Supremo.
(1280.3) 117:2.3 Considerate lo status dei figli trinitizzati da creature. Essi sono nati e vivono nella presente era dell’universo; hanno una personalità così come delle dotazioni di mente e di spirito. Hanno delle esperienze ed il ricordo di queste, ma non crescono come gli ascendenti. Noi crediamo e comprendiamo che questi figli trinitizzati da creature, pur trovandosi nella presente era dell’universo, appartengono in realtà alla prossima era dell’universo — l’era che seguirà il completamento della crescita del Supremo. Per cui essi non sono nel Supremo, qual è nel suo attuale status d’incompletezza e di conseguente crescita. Perciò essi non partecipano alla crescita esperienziale della presente era dell’universo, ma sono tenuti di riserva per la prossima era universale.
(1280.4) 117:2.4 Gli esseri del mio ordine, i Possenti Messaggeri, essendo abbracciati dalla Trinità, non partecipano alla crescita della presente era dell’universo. In un certo senso noi siamo nello status della precedente era dell’universo, come sono in effetti i Figli Stazionari della Trinità. Una cosa è certa: il nostro status è fissato dall’abbraccio della Trinità e la nostra esperienza non si traduce più in una crescita.
(1280.5) 117:2.5 Ciò non avviene per i finalitari né per nessun altro degli ordini evoluzionari ed esperienziali che partecipano al processo di crescita del Supremo. Voi mortali attualmente viventi su Urantia, che potete aspirare a raggiungere il Paradiso e lo status di finalitari, dovreste comprendere che un tale destino è realizzabile soltanto perché siete nel e del Supremo, per cui partecipate al ciclo di crescita del Supremo.
(1280.6) 117:2.6 Un giorno la crescita del Supremo finirà; il suo status raggiungerà il completamento (nel senso energia-spirito). Questa conclusione dell’evoluzione del Supremo vedrà anche la fine dell’evoluzione delle creature in quanto parti della Supremazia. Quale tipo di crescita caratterizzerà gli universi dello spazio esterno non lo sappiamo. Ma siamo del tutto certi che sarà qualcosa di molto differente da tutto ciò che è stato visto nella presente era dell’evoluzione dei sette superuniversi. Sarà indubbiamente funzione dei cittadini evoluzionari del grande universo compensare gli abitanti dello spazio esterno per questa privazione di crescita della Supremazia.
(1280.7) 117:2.7 L’Essere Supremo, quale esisterà al termine della presente era dell’universo, funzionerà come sovrano esperienziale nel grande universo. Gli abitanti dello spazio esterno — i cittadini della prossima era universale — avranno un potenziale di crescita postsuperuniversale, una capacità di realizzazione evoluzionaria che presuppone la sovranità dell’Onnipotente Supremo, escludendo quindi la partecipazione delle creature alla sintesi di potere-personalità della presente era dell’universo.
(1281.1) 117:2.8 In tal modo l’incompletezza del Supremo può essere considerata come una virtù, poiché rende possibile la crescita evoluzionaria della creazione e delle creature degli attuali universi. Il vuoto ha una sua virtù perché può essere colmato dall’esperienza.
(1281.2) 117:2.9 Uno dei problemi più intriganti della filosofia finita è questo: l’Essere Supremo si attua in risposta all’evoluzione del grande universo, oppure questo cosmo finito si evolve progressivamente in risposta alla graduale attuazione del Supremo? O è possibile che siano reciprocamente interdipendenti per il loro sviluppo? Che siano reciprocamente evoluzionari, iniziando ciascuno la crescita dell’altro? Di questo noi siamo certi: le creature e gli universi, di elevato e di basso livello, si stanno evolvendo nel Supremo, e via via che si evolvono appare la somma unificata di tutta l’attività finita della presente era dell’universo. E questa è l’apparizione dell’Essere Supremo, che per tutte le personalità è l’evoluzione del potere onnipotente di Dio il Supremo.
(1281.3) 117:3.1 La realtà cosmica, variamente denominata come Essere Supremo, Dio il Supremo e l’Onnipotente Supremo, è la sintesi complessa ed universale delle fasi emergenti di tutte le realtà finite. La vasta diversificazione dell’energia eterna, dello spirito divino e della mente universale raggiunge il culmine finito nell’evoluzione del Supremo, che è la somma totale di tutta la crescita finita che realizza se stessa sui livelli di deità del completamento finito massimo.
(1281.4) 117:3.2 Il Supremo è il canale divino attraverso il quale scorre l’infinità creativa delle triodità, che si cristallizza nel panorama galattico dello spazio, nel quale si svolge lo splendido dramma delle personalità del tempo: la conquista spirituale dell’energia-materia grazie alla mediazione della mente.
(1281.5) 117:3.3 Gesù ha detto: “Io sono la via vivente”, ed egli è in effetti la via vivente che porta dal livello materiale della coscienza di sé al livello spirituale della coscienza di Dio. E come egli è questa via vivente dell’ascensione dall’io a Dio, così il Supremo è la via vivente che conduce dalla coscienza finita alla trascendenza della coscienza, fino al discernimento dell’absonità.
(1281.6) 117:3.4 Il vostro Figlio Creatore può effettivamente essere questo canale vivente tra l’umanità e la divinità perché ha sperimentato personalmente l’intero percorso di questo sentiero universale di progressione, dall’umanità reale di Joshua ben Joseph, il Figlio dell’Uomo, alla divinità paradisiaca di Micael di Nebadon, il Figlio del Dio infinito. In modo simile l’Essere Supremo può funzionare da approccio universale alla trascendenza delle limitazioni del finito, perché egli è la personificazione effettiva ed il compendio personale di tutta l’evoluzione, la progressione e la spiritualizzazione delle creature. Anche le esperienze nel grande universo delle personalità discendenti del Paradiso sono quella parte della sua esperienza che è complementare alla sua sommatoria delle esperienze ascendenti dei pellegrini del tempo.
(1281.7) 117:3.5 L’uomo mortale è più che figurativamente creato ad immagine di Dio. Da un punto di vista fisico questa affermazione non è affatto vera, ma in riferimento a certe potenzialità universali essa è un fatto reale. Nella razza umana si svolge un po’ lo stesso dramma di realizzazione evoluzionaria che avviene su scala infinitamente più ampia nell’universo degli universi. L’uomo, una personalità dotata di volontà, diviene creativo in collegamento con un Aggiustatore, un’entità impersonale, in presenza delle potenzialità finite del Supremo, ed il risultato è la fioritura di un’anima immortale. Negli universi le personalità Creatrici del tempo e dello spazio funzionano in collegamento con lo spirito impersonale della Trinità del Paradiso e divengono così creatrici di un nuovo potenziale di potere della realtà della Deità.
(1282.1) 117:3.6 L’uomo mortale, essendo una creatura, non è esattamente simile all’Essere Supremo, che è deità, ma l’evoluzione dell’uomo assomiglia per certi aspetti alla crescita del Supremo. L’uomo cresce coscientemente dal materiale allo spirituale mediante la forza, il potere e la persistenza delle sue decisioni; egli cresce anche via via che il suo Aggiustatore di Pensiero sviluppa nuove tecniche per scendere dai livelli spirituali a quelli morontiali dell’anima. E quando l’anima viene all’esistenza comincia a crescere in se stessa e da se stessa.
(1282.2) 117:3.7 Ciò assomiglia un po’ al modo in cui si espande l’Essere Supremo. La sua sovranità cresce negli e dagli atti e compimenti delle Personalità Creatrici Supreme; questa è l’evoluzione della maestà del suo potere quale governante del grande universo. La sua natura di deità dipende anche dall’unità preesistente della Trinità del Paradiso. Ma c’è ancora un altro aspetto nell’evoluzione di Dio il Supremo: egli non solo è evoluto dai Creatori e derivato dalla Trinità, ma è anche autoevoluto ed autoderivato. Dio il Supremo è egli stesso un partecipante volitivo e creativo dell’attuazione della propria deità. L’anima morontiale umana è similmente una partner volitiva e cocreativa della propria immortalizzazione.
(1282.3) 117:3.8 Il Padre collabora con l’Attore Congiunto nel manipolare le energie del Paradiso e nel renderle sensibili al Supremo. Il Padre collabora con il Figlio Eterno per generare delle personalità Creatrici, i cui atti culmineranno un giorno nella sovranità del Supremo. Il Padre collabora con il Figlio e con lo Spirito nella creazione delle personalità trinitarie destinate a funzionare come dirigenti del grande universo fino al momento in cui il completamento dell’evoluzione del Supremo lo qualificherà per assumere quella sovranità. Il Padre coopera con i suoi coordinati di Deità e di non Deità in queste ed in molte altre maniere per far progredire l’evoluzione della Supremazia, ma funziona anche da solo in queste materie. La sua funzione solitaria è probabilmente meglio rivelata nel ministero degli Aggiustatori di Pensiero e delle loro entità associate.
(1282.4) 117:3.9 La Deità è unità; esistenziale nella Trinità, esperienziale nel Supremo e realizzata nelle creature mortali mediante la fusione con l’Aggiustatore. La presenza degli Aggiustatori di Pensiero negli uomini mortali rivela l’unità essenziale dell’universo perché l’uomo, il tipo di personalità dell’universo più basso possibile, contiene in se stesso un frammento effettivo della realtà più elevata ed eterna, lo stesso Padre originale di tutte le personalità.
(1282.5) 117:3.10 L’Essere Supremo si evolve in virtù del suo legame con la Trinità del Paradiso ed in conseguenza dei successi di divinità dei figli creatori ed amministratori di questa Trinità. L’anima immortale dell’uomo evolve il proprio destino eterno mediante l’associazione con la presenza divina del Padre del Paradiso ed in accordo con le decisioni della personalità della mente umana. Ciò che la Trinità è per Dio il Supremo, l’Aggiustatore lo è per l’uomo in evoluzione.
(1282.6) 117:3.11 Durante la presente era dell’universo l’Essere Supremo sembra incapace di funzionare direttamente come creatore, salvo nei casi in cui le possibilità finite d’azione sono state esaurite dagli agenti creativi del tempo e dello spazio. Fino ad ora, nella storia dell’universo, questo è accaduto una sola volta; quando le possibilità d’azione finita in materia di riflettività universale furono esaurite, allora il Supremo funzionò come ultimatore creativo di tutte le azioni creatrici precedenti. E noi crediamo che egli opererà di nuovo come ultimatore nelle ere future ogniqualvolta i creatori anteriori avranno completato un ciclo appropriato di attività creatrice.
(1283.1) 117:3.12 L’Essere Supremo non ha creato l’uomo, ma l’uomo è stato letteralmente creato a partire dalla potenzialità del Supremo e la sua vita stessa è stata derivata da questa potenzialità. Né egli evolve l’uomo; eppure il Supremo è l’essenza stessa dell’evoluzione. Dal punto di vista finito noi viviamo, ci muoviamo ed abbiamo effettivamente il nostro essere nell’immanenza del Supremo.
(1283.2) 117:3.13 Il Supremo non può apparentemente avviare una causa originale, ma sembra essere il catalizzatore di ogni crescita universale e sembra destinato a portare a compimento totale il destino di tutti gli esseri esperienziali evoluzionari. Il Padre dà origine al concetto di un cosmo finito; i Figli Creatori rendono questa idea un fatto nel tempo e nello spazio con il consenso e la cooperazione degli Spiriti Creativi; il Supremo fa culminare questo finito totale e stabilisce le relazioni di questo insieme con il destino dell’absonito.
(1283.3) 117:4.1 Osservando le lotte incessanti delle creature del creato per raggiungere la perfezione di status e la divinità del loro essere, non possiamo evitare di credere che questi sforzi senza fine rivelino la lotta incessante del Supremo per raggiungere l’autorealizzazione divina. Dio il Supremo è la Deità finita e deve affrontare i problemi del finito nel senso totale di questo termine. Le nostre lotte con le vicissitudini del tempo, nelle evoluzioni dello spazio, riflettono i suoi sforzi per raggiungere la propria realtà ed il completamento della sovranità entro la sfera d’azione che la sua natura in evoluzione sta ampliando fino ai limiti estremi del possibile.
(1283.4) 117:4.2 In tutto il grande universo il Supremo lotta per esprimersi. La misura della sua evoluzione divina è fondata sulla saggia attività di ogni personalità esistente. Quando un essere umano sceglie la sopravvivenza eterna, crea congiuntamente il suo destino; e nella vita di questo ascendente mortale il Dio finito trova una quantità accresciuta di autorealizzazione come personalità ed un ampliamento della sovranità esperienziale. Ma se una creatura rifiuta la carriera eterna, la parte del Supremo che dipendeva dalla scelta di questa creatura subisce un ritardo inevitabile, una carenza che deve essere compensata da un’esperienza sostitutiva o collaterale. Quanto alla personalità del non sopravvivente, essa è assorbita nella superanima della creazione, divenendo parte della Deità del Supremo.
(1283.5) 117:4.3 Dio è così fiducioso, così amorevole, che mette una porzione della sua natura divina nelle mani degli esseri umani stessi perché la custodiscano e si autorealizzino. La natura del Padre, la presenza dell’Aggiustatore, è indistruttibile, qualunque sia la scelta dell’essere mortale. Il figlio del Supremo, l’io in evoluzione, può essere distrutto, nonostante che la personalità potenzialmente unificante di questo io sviato persista come fattore della Deità di Supremazia.
(1283.6) 117:4.4 La personalità umana può veramente distruggere l’individualità dello stato di creatura, e sebbene tutto ciò che è valido nella vita di questo suicida cosmico persista, queste qualità non persisteranno come singola creatura. Il Supremo troverà nuove espressioni nelle creature degli universi, ma mai più sotto forma di quella particolare persona; la personalità unica di un non ascendente ritorna al Supremo come una goccia d’acqua ritorna al mare.
(1284.1) 117:4.5 Ogni azione isolata delle parti personali del finito è comparativamente irrilevante per l’apparizione finale del Tutto Supremo, ma il tutto dipende nondimeno dalla totalità degli atti delle sue molteplici parti. La personalità del singolo mortale è insignificante di fronte al totale della Supremazia, ma la personalità di ciascun essere umano rappresenta un valore significativo insostituibile nel finito. La personalità, una volta che è stata espressa, non trova mai più un’espressione identica, eccetto che nella continuità dell’esistenza di questa stessa personalità vivente.
(1284.2) 117:4.6 E così, mentre noi ci sforziamo di esprimere il nostro io, il Supremo si sforza in noi e con noi di esprimere la deità. Come noi troviamo il Padre, così il Supremo ha ritrovato il Creatore Paradisiaco di tutte le cose. Come noi dominiamo i problemi dell’autorealizzazione, così il Dio d’esperienza raggiunge la supremazia onnipotente negli universi del tempo e dello spazio.
(1284.3) 117:4.7 L’umanità non ascende senza sforzo nell’universo, né il Supremo si evolve senza un’azione finalizzata ed intelligente. Le creature non raggiungono la perfezione con mera passività, né lo spirito della Supremazia può rendere fattuale il potere dell’Onnipotente senza un ministero incessante di servizio presso la creazione finita.
(1284.4) 117:4.8 La relazione temporale dell’uomo con il Supremo è il fondamento della moralità cosmica, la sensibilità universale al dovere e la sua accettazione. Questa è una moralità che trascende il senso temporale del bene e del male relativi; è una moralità basata direttamente sull’apprezzamento autocosciente della creatura di un obbligo esperienziale verso la Deità esperienziale. L’uomo mortale e tutte le altre creature finite sono creati dal potenziale vivente d’energia, di mente e di spirito esistente nel Supremo. È dal Supremo che l’ascendente mortale con un Aggiustatore attinge per creare il carattere immortale e divino di un finalitario. È con la realtà stessa del Supremo che l’Aggiustatore, con il consenso della volontà umana, intesse i modelli della natura eterna di un figlio ascendente di Dio.
(1284.5) 117:4.9 L’evoluzione del progresso di un Aggiustatore nel rendere spirituale ed eterna una personalità umana, produce direttamente un’estensione della sovranità del Supremo. Questi compimenti nell’evoluzione umana sono allo stesso tempo dei compimenti nell’attuazione evoluzionaria del Supremo. Mentre è vero che le creature non potrebbero evolversi senza il Supremo, è probabilmente anche vero che l’evoluzione del Supremo non potrà mai essere pienamente raggiunta indipendentemente dal completamento dell’evoluzione di tutte le creature. La grande responsabilità cosmica delle personalità autocoscienti risiede nel fatto che la Deità Suprema dipende in un certo senso dalla scelta della volontà dei mortali. E la progressione reciproca dell’evoluzione della creatura e dell’evoluzione del Supremo è fedelmente e completamente indicata agli Antichi dei Giorni per mezzo dei meccanismi inscrutabili della riflettività universale.
(1284.6) 117:4.10 La grande sfida che è stata lanciata all’uomo mortale è questa: deciderete di personalizzare i significati di valore sperimentabile del cosmo nella vostra individualità in evoluzione? O rifiutando la sopravvivenza permetterete a questi segreti della Supremazia di restare addormentati, aspettando l’azione di un’altra creatura in qualche altro momento, che tenti alla sua maniera di portare un contributo di creatura all’evoluzione del Dio finito? In tal caso questo sarà il suo contributo al Supremo, non il vostro.
(1284.7) 117:4.11 La grande lotta della presente era dell’universo si svolge tra il potenziale e l’attuale — la ricerca dell’attuazione da parte di tutto ciò che è ancora inespresso. Se un uomo mortale prosegue nell’avventura del Paradiso, segue i movimenti del tempo che scorrono come delle correnti nel fiume dell’eternità. Se l’uomo mortale rifiuta la carriera eterna, va contro la corrente degli avvenimenti degli universi finiti. La creazione meccanica si muove inesorabilmente in conformità allo svolgimento del disegno del Padre del Paradiso, ma la creazione volitiva ha la scelta di accettare o di respingere il ruolo di partecipazione della personalità nell’avventura dell’eternità. Un uomo mortale non può distruggere i valori supremi dell’esistenza umana, ma può nettamente impedire l’evoluzione di questi valori nella sua esperienza personale. Nella misura in cui l’io umano rifiuta così di prendere parte all’ascensione al Paradiso, in quella stessa misura il Supremo è ritardato nel raggiungimento dell’espressione della sua divinità nel grande universo.
(1285.1) 117:4.12 In custodia all’uomo mortale è stata data non soltanto la presenza dell’Aggiustatore del Padre del Paradiso, ma anche il controllo sul destino di una frazione infinitesimale del futuro del Supremo. Perché, come l’uomo raggiunge il suo destino umano, così il Supremo completa il suo destino sui livelli di deità.
(1285.2) 117:4.13 E così la decisione spetta a ciascuno di voi, come una volta è spettata a ciascuno di noi. Respingerete il Dio del tempo, che tanto dipende dalle decisioni della mente finita? Respingerete la personalità Suprema degli universi per l’incuria del regresso animale? Respingerete il grande fratello di tutte le creature, che tanto dipende da ciascuna creatura? Potete permettervi di passare nel regno dei non realizzati, quando si staglia davanti a voi la vista incantevole della carriera universale — la scoperta divina del Padre del Paradiso e la partecipazione divina alla ricerca e all’evoluzione del Dio della Supremazia?
(1285.3) 117:4.14 I doni di Dio — la sua donazione della realtà — non sono parti che si separano da lui; egli non aliena la creazione da sé, ma ha stabilito delle tensioni nelle creazioni che circolano attorno al Paradiso. Dio prima ama l’uomo e gli conferisce il potenziale dell’immortalità — la realtà eterna. E nella misura in cui l’uomo ama Dio, l’uomo diviene eterno in attualità. Ed ecco un mistero: più strettamente un uomo si avvicina a Dio mediante l’amore, più grande è la realtà — l’attualità — di quell’uomo. Più un uomo si allontana da Dio, più si avvicina alla non realtà — alla cessazione dell’esistenza. Quando un uomo consacra la sua volontà a fare la volontà del Padre, quando un uomo dona a Dio tutto ciò che ha, allora Dio fa di quell’uomo più di quello che è.
(1285.4) 117:5.1 Il grande Supremo è la superanima cosmica del grande universo. In lui le qualità e le quantità del cosmo trovano il loro riflesso di deità. La sua natura di deità è il mosaico composito della vastità totale della natura di tutti i Creatori e di tutte le creature in tutti gli universi in evoluzione. Ed il Supremo è anche una Deità in corso d’attuazione ed incorporante una volontà creativa che abbraccia un proposito universale in evoluzione.
(1285.5) 117:5.2 Gli io intellettuali, potenzialmente personali, del finito emergono dalla Terza Sorgente e Centro e raggiungono la sintesi di Deità del tempo-spazio finito nel Supremo. Quando la creatura si sottomette alla volontà del Creatore non annulla né abbandona la sua personalità; i singoli partecipanti come personalità all’attuazione del Dio finito non perdono la loro individualità volitiva agendo in tal modo. Piuttosto tali personalità sono progressivamente accresciute dalla partecipazione a questa grande avventura della Deità. Mediante tale unione con la divinità l’uomo eleva, arricchisce, spiritualizza ed unifica il suo io in evoluzione fino alla soglia stessa della supremazia.
(1286.1) 117:5.3 L’anima immortale in evoluzione dell’uomo, la creazione congiunta della mente materiale e dell’Aggiustatore, ascende come tale al Paradiso, e poi, quando è arruolata nel Corpo della Finalità, è collegata in un modo nuovo al circuito di gravità spirituale del Figlio Eterno mediante una tecnica d’esperienza chiamata trascendazione finalitaria. Tali finalitari divengono così dei candidati ammissibili al riconoscimento esperienziale come personalità di Dio il Supremo. E quando questi intelletti mortali, nelle future destinazioni non rivelate del Corpo della Finalità, raggiungeranno il settimo stadio d’esistenza spirituale, tali menti duali diverranno trine. Queste due menti sintonizzate, l’umana e la divina, saranno glorificate in unione con la mente esperienziale dell’Essere Supremo ormai attuato.
(1286.2) 117:5.4 Nell’eterno futuro Dio il Supremo sarà attuato — creativamente espresso e spiritualmente descritto — nella mente spiritualizzata, nell’anima immortale, dell’uomo ascendente, allo stesso modo in cui il Padre Universale fu rivelato nella vita terrena di Gesù.
(1286.3) 117:5.5 L’uomo non si unisce al Supremo e non annulla la sua identità personale, ma le ripercussioni universali dell’esperienza di tutti gli uomini formano così una parte dell’esperienza divina del Supremo. “L’atto spetta a noi, le conseguenze a Dio.”
(1286.4) 117:5.6 La personalità in progresso lascia una scia di realtà attuata mentre passa per i livelli ascendenti degli universi. Siano esse di mente, spirito od energia, le creazioni in crescita del tempo e dello spazio sono modificate dalla progressione della personalità attraverso i loro domini. Quando l’uomo agisce, il Supremo reagisce, e questa operazione costituisce il fatto della progressione.
(1286.5) 117:5.7 I grandi circuiti di energia, mente e spirito non sono mai proprietà permanente della personalità ascendente; questi ministeri restano per sempre parte della Supremazia. Nell’esperienza del mortale l’intelletto umano risiede nelle pulsazioni ritmiche degli spiriti aiutanti della mente e mette in atto le sue decisioni nel quadro prodotto dalla sua messa in circuito in questo ministero. Al momento della morte l’io umano viene separato per l’eternità dal circuito aiutante. Anche se questi aiutanti non sembrano mai trasmettere l’esperienza da una personalità ad un’altra, possono trasmettere, e trasmettono, le ripercussioni impersonali di decisione-azione tramite Dio il Settuplo a Dio il Supremo. (Ciò è almeno vero per gli aiutanti dell’adorazione e della saggezza.)
(1286.6) 117:5.8 E la stessa cosa avviene per i circuiti spirituali: l’uomo li utilizza nella sua ascensione attraverso gli universi, ma non li possiede mai come parte della sua personalità eterna. Ma questi circuiti di ministero spirituale, si tratti dello Spirito della Verità, dello Spirito Santo o delle presenze spirituali superuniversali, sono ricettivi e reattivi ai valori emergenti in una personalità ascendente, e questi valori sono fedelmente trasmessi tramite il Settuplo al Supremo.
(1286.7) 117:5.9 Benché tali influenze spirituali, quali lo Spirito Santo e lo Spirito della Verità, siano ministeri dell’universo locale, la loro guida non è interamente confinata nei limiti geografici di una data creazione locale. Quando l’ascendente mortale passa al di là delle frontiere del suo universo locale d’origine non viene interamente privato del ministero dello Spirito della Verità che lo ha così costantemente istruito e guidato attraverso i labirinti filosofici dei mondi materiali e morontiali, in ogni crisi dell’ascensione, dirigendo infallibilmente il pellegrino del Paradiso, dicendogli sempre: “Ecco la via.” Quando lascerete i domini dell’universo locale, grazie al ministero dello spirito dell’Essere Supremo emergente e mediante i dispositivi della riflettività universale sarete ancora guidati nella vostra ascensione al Paradiso dallo spirito direttivo confortante dei Figli di Dio che si conferiscono dal Paradiso.
(1287.1) 117:5.10 Questi molteplici circuiti di ministero cosmico come registrano i significati, i valori ed i fatti dell’esperienza evoluzionaria nel Supremo? Non ne siamo del tutto certi, ma crediamo che questa registrazione avvenga tramite le persone dei Creatori Supremi di origine paradisiaca, che forniscono direttamente questi circuiti del tempo e dello spazio. Le accumulazioni di esperienza mentale dei sette spiriti aiutanti della mente, nel loro ministero verso il livello fisico dell’intelletto, sono parte dell’esperienza della Divina Ministra nel suo universo locale, e tramite questo Spirito Creativo vengono probabilmente registrate nella mente della Supremazia. Similmente le esperienze dei mortali con lo Spirito della Verità e con lo Spirito Santo sono probabilmente registrate per mezzo di tecniche similari nella persona della Supremazia.
(1287.2) 117:5.11 Anche l’esperienza dell’uomo e dell’Aggiustatore deve trovare un’eco nella divinità di Dio il Supremo, perché, quando gli Aggiustatori fanno le loro esperienze, sono simili al Supremo, e l’anima in evoluzione dell’uomo mortale è creata grazie alla possibilità preesistente di tale esperienza nel Supremo.
(1287.3) 117:5.12 In questo modo le molteplici esperienze di tutta la creazione divengono parte dell’evoluzione della Supremazia. Le creature utilizzano semplicemente le qualità e le quantità del finito mentre ascendono al Padre; le conseguenze impersonali di tale utilizzazione restano per sempre parte del cosmo vivente, della persona del Supremo.
(1287.4) 117:5.13 Ciò che l’uomo porta con sé come possesso di personalità sono le conseguenze sul suo carattere dell’esperienza acquisita utilizzando i circuiti mentali e spirituali del grande universo nella sua ascensione al Paradiso. Quando un uomo decide e quando traduce questa decisione in azione fa un’esperienza, ed i significati e i valori di questa esperienza fanno per sempre parte del suo carattere eterno su tutti i livelli, da quello finito a quello finale. Un carattere cosmicamente morale e divinamente spirituale rappresenta il capitale accumulato dalle decisioni personali della creatura che sono state illuminate da un’adorazione sincera, glorificate da un amore intelligente e completate in un servizio fraterno.
(1287.5) 117:5.14 Il Supremo in evoluzione compenserà alla fine l’incapacità delle creature finite di stabilire un contatto esperienziale più che limitato con l’universo degli universi. Le creature possono raggiungere il Padre del Paradiso, ma la loro mente evoluzionaria, essendo finita, non è capace di comprendere realmente il Padre infinito ed assoluto. Ma poiché tutta l’esperienza delle creature si registra nel Supremo e ne è parte, quando tutte le creature raggiungeranno il livello finale dell’esistenza finita e lo sviluppo totale dell’universo renderà loro possibile raggiungere Dio il Supremo quale presenza effettiva di divinità, allora, per il fatto stesso di tale contatto, avviene il contatto con l’esperienza totale. Il finito del tempo contiene in se stesso i germi dell’eternità; e ci viene insegnato che, quando la pienezza dell’evoluzione vedrà l’esaurimento della capacità di crescita cosmica, il finito totale entrerà nelle fasi absonite della carriera eterna in cerca del Padre come Ultimo.
(1287.6) 117:6.1 Noi cerchiamo il Supremo negli universi, ma non lo troviamo. “Egli è l’interno e l’esterno di tutte le cose e di tutti gli esseri, in movimento ed in quiete. Inconoscibile nel suo mistero, benché lontano è anche vicino.” L’Onnipotente Supremo è “la forma di ciò che è ancora informe, il modello di ciò che è ancora non creato”. Il Supremo è la vostra dimora universale, e quando lo troverete sarà come tornare a casa. Egli è il vostro genitore esperienziale, e come nell’esperienza degli esseri umani, egli è cresciuto nell’esperienza della parentela divina. Egli vi conosce perché è simile alla creatura così come è simile al creatore.
(1288.1) 117:6.2 Se voi desiderate veramente trovare Dio, non potete evitare che nasca nella vostra mente la coscienza del Supremo. Come Dio è il vostro Padre divino, così il Supremo è la vostra Madre divina, nella quale siete nutriti per tutta la vostra vita di creatura dell’universo. “Quanto è universale il Supremo — egli è in tutti i luoghi! Le cose della creazione illimitata dipendono dalla sua presenza per vivere, ed a nessuna viene rifiutata.”
(1288.2) 117:6.3 Ciò che Micael è per Nebadon, il Supremo lo è per il cosmo finito. La sua Deità è il grande canale attraverso il quale l’amore del Padre scorre verso tutta la creazione, ed è la grande via attraverso la quale le creature finite procedono verso l’interno nella loro ricerca del Padre, che è amore. Anche gli Aggiustatori di Pensiero sono collegati a lui; in natura ed in divinità originali essi sono simili al Padre, ma quando fanno l’esperienza delle attività del tempo negli universi dello spazio divengono simili al Supremo.
(1288.3) 117:6.4 L’atto della scelta della creatura di fare la volontà del Creatore è un valore cosmico ed ha un significato universale cui reagisce immediatamente una qualche forza di coordinazione non rivelata ma onnipresente, probabilmente il funzionamento dell’azione in continua espansione dell’Essere Supremo.
(1288.4) 117:6.5 L’anima morontiale di un mortale in evoluzione è realmente la figlia dell’azione dell’Aggiustatore del Padre Universale e la figlia della reazione cosmica dell’Essere Supremo, la Madre Universale. L’influenza materna domina la personalità umana per tutta l’infanzia dell’anima in sviluppo nell’universo locale. L’influenza dei genitori divini diviene più uguale dopo la fusione con l’Aggiustatore e durante la carriera superuniversale, ma quando le creature del tempo iniziano la traversata dell’universo centrale eterno, la natura paterna diviene sempre più manifesta, raggiungendo il suo culmine di manifestazione finita al momento del riconoscimento del Padre Universale e dell’ammissione al Corpo della Finalità.
(1288.5) 117:6.6 Nell’esperienza e con l’esperienza del raggiungimento dello status di finalitario, le qualità eperienziali materne dell’io ascendente sono enormemente influenzate dal contatto e dall’infusione della presenza spirituale del Figlio Eterno e della presenza mentale dello Spirito Infinito. Poi, in tutti i regni di attività finalitaria del grande universo, compare un nuovo risveglio del potenziale materno latente del Supremo, una nuova realizzazione dei significati esperienziali ed una nuova sintesi dei valori esperienziali di tutta la carriera d’ascensione. Sembra che questa realizzazione dell’io continuerà nella carriera universale dei finalitari del sesto stadio fino a quando l’eredità materna del Supremo non raggiunga la sincronia finita con l’eredità paterna dell’Aggiustatore. Questo misterioso periodo di funzionamento nel grande universo rappresenta il prosieguo della carriera adulta del mortale ascendente perfezionato.
(1288.6) 117:6.7 Al completamento del sesto stadio d’esistenza e all’entrata nel settimo ed ultimo stadio di status spirituale, seguiranno probabilmente le ere progressive di arricchimento esperienziale, di maturazione della saggezza e di realizzazione della divinità. Nella natura del finalitario ciò equivarrà probabilmente alla conclusione definitiva della lotta mentale per l’autorealizzazione spirituale, al completamento della coordinazione della natura umana ascendente con la natura divina dell’Aggiustatore entro i limiti delle possibilità del finito. Tale magnifico io universale diviene così il figlio finalitario eterno del Padre del Paradiso come pure il figlio universale eterno della Madre Suprema, un io universale qualificato a rappresentare sia il Padre sia la Madre degli universi e delle personalità in ogni attività o impresa concernente l’amministrazione finita delle cose e degli esseri creati, creatori o in evoluzione.
(1289.1) 117:6.8 Tutti gli uomini la cui anima si evolve sono letteralmente i figli evoluzionari di Dio il Padre e di Dio la Madre, l’Essere Supremo. Ma fino a quando l’uomo mortale non diventa cosciente nella propria anima della sua eredità divina, questa assicurazione di parentela con la Deità deve essere realizzata mediante la fede. L’esperienza della vita umana è il bozzolo cosmico nel quale i doni universali dell’Essere Supremo e la presenza nell’universo del Padre Universale (nessuno dei quali è una personalità) stanno evolvendo l’anima morontiale del tempo ed il carattere finalitario umano-divino di destino universale e di servizio eterno.
(1289.2) 117:6.9 Gli uomini dimenticano troppo spesso che Dio è la più grande esperienza dell’esistenza umana. Le altre esperienze sono limitate nella loro natura e nel loro contenuto, ma l’esperienza di Dio non ha altri limiti che la capacità di comprensione delle creature, e questa esperienza è in se stessa un ampliamento della capacità. Quando gli uomini cercano Dio, cercano tutto. Quando trovano Dio, hanno trovato tutto. La ricerca di Dio è una diffusione illimitata d’amore accompagnata da scoperte stupefacenti di un amore nuovo e più grande da donare.
(1289.3) 117:6.10 Ogni vero amore proviene da Dio, e l’uomo riceve l’affetto divino nella misura in cui egli stesso effonde questo amore sui suoi simili. L’amore è dinamico. Non può mai essere catturato; esso è vivo, libero, elettrizzante e sempre in movimento. L’uomo non può mai prendere l’amore del Padre ed imprigionarlo nel suo cuore. L’amore del Padre può divenire reale per l’uomo mortale solo passando per quella personalità dell’uomo che a sua volta effonde questo amore sui suoi simili. Il grande circuito dell’amore parte dal Padre, si espande tramite i figli ai fratelli, e quindi al Supremo. L’amore del Padre appare nella personalità del mortale grazie al ministero dell’Aggiustatore interiore. Un tale figlio che conosce Dio rivela questo amore ai suoi fratelli dell’universo e questo affetto fraterno è l’essenza dell’amore del Supremo.
(1289.4) 117:6.11 Non esiste alcun approccio al Supremo se non attraverso l’esperienza, e nelle epoche attuali della creazione ci sono soltanto tre vie di approccio delle creature alla Supremazia:
(1289.5) 117:6.12 1. I Cittadini del Paradiso discendono dall’Isola eterna passando per Havona, dove acquisiscono la capacità di comprendere la Supremazia osservando le differenze di realtà tra il Paradiso ed Havona e scoprendo per esplorazione le molteplici attività delle Personalità Creatrici Supreme, che vanno dagli Spiriti Maestri ai Figli Creatori.
(1289.6) 117:6.13 2. Gli ascendenti del tempo-spazio, che salgono dagli universi evoluzionari dei Creatori Supremi, si avvicinano molto al Supremo quando attraversano Havona come preliminare all’apprezzamento crescente dell’unità della Trinità del Paradiso.
(1289.7) 117:6.14 3. I nativi di Havona acquisiscono una comprensione del Supremo grazie ai contatti con i pellegrini discendenti del Paradiso e con i pellegrini ascendenti dei sette superuniversi. I nativi di Havona sono per natura in condizione di armonizzare i punti di vista essenzialmente differenti dei cittadini dell’Isola eterna e dei cittadini degli universi evoluzionari.
(1290.1) 117:6.15 Per le creature evoluzionarie vi sono sette grandi vie di approccio al Padre Universale e ciascuna di queste vie d’ascensione al Paradiso passa per la divinità di uno dei Sette Spiriti Maestri; e ciascuno di questi approcci è reso possibile da un accrescimento della ricettività esperienziale conseguente al fatto che la creatura ha servito nel superuniverso che riflette la natura di quello Spirito Maestro. La somma totale di queste sette esperienze costituisce i limiti attualmente conosciuti della coscienza che una creatura ha della realtà e dell’attualità di Dio il Supremo.
(1290.2) 117:6.16 Non sono soltanto i limiti propri dell’uomo che gli impediscono di trovare il Dio finito; è anche l’incompletezza dell’universo. Anche l’incompletezza di tutte le creature — passate, presenti e future — rende il Supremo inaccessibile. Dio il Padre può essere trovato da ogni individuo che ha raggiunto il livello divino di somiglianza con Dio, ma Dio il Supremo non sarà mai personalmente scoperto da una singola creatura prima dell’epoca molto lontana in cui, con il raggiungimento universale della perfezione, tutte le creature lo troveranno simultaneamente.
(1290.3) 117:6.17 Nonostante che voi non possiate trovare personalmente il Supremo in quest’era dell’universo come potete trovare e troverete il Padre, il Figlio e lo Spirito, ciò nonostante l’ascensione al Paradiso e la susseguente carriera universale creeranno gradualmente nella vostra coscienza il riconoscimento della presenza universale e dell’azione cosmica del Dio di ogni esperienza. I frutti dello spirito sono la sostanza del Supremo qual è realizzabile nell’esperienza umana.
(1290.4) 117:6.18 Il raggiungimento, un giorno, del Supremo da parte dell’uomo è conseguente alla sua fusione con lo spirito della Deità del Paradiso. Negli Urantiani questo spirito è la presenza dell’Aggiustatore del Padre Universale. E benché il Monitore del Mistero provenga dal Padre e sia simile al Padre, noi dubitiamo che anche tale dono divino possa adempiere l’impossibile compito di rivelare la natura del Dio infinito ad una creatura finita. Noi sospettiamo che ciò che gli Aggiustatori riveleranno ai futuri finalitari del settimo stadio sarà la divinità e la natura di Dio il Supremo. E questa rivelazione sarà per una creatura finita quello che la rivelazione dell’Infinito sarebbe per un essere assoluto.
(1290.5) 117:6.19 Il Supremo non è infinito, ma ingloba probabilmente tutta l’infinità che una creatura finita potrà mai realmente comprendere. Comprendere più che il Supremo è essere più che finito!
(1290.6) 117:6.20 Tutte le creazioni esperienziali sono interdipendenti nella loro realizzazione del destino. Solo la realtà esistenziale è autocontenuta ed autoesistente. Havona ed i sette superuniversi hanno bisogno gli uni degli altri per raggiungere il massimo del compimento finito. Similmente essi dipenderanno un giorno dagli universi futuri dello spazio esterno per la trascendenza finita.
(1290.7) 117:6.21 Un ascendente umano può trovare il Padre; Dio è esistenziale e perciò reale indipendentemente dallo status d’esperienza nell’universo totale. Ma nessun singolo ascendente troverà mai il Supremo prima che tutti gli ascendenti abbiano raggiunto quel massimo di maturità universale che li qualificherà per partecipare simultaneamente a questa scoperta.
(1290.8) 117:6.22 Il Padre non fa eccezione di persone; tratta ciascuno dei suoi figli ascendenti come individui cosmici. Anche il Supremo non fa eccezione di persone; tratta i suoi figli esperienziali come un solo totale cosmico.
(1290.9) 117:6.23 L’uomo può scoprire il Padre nel suo cuore, ma dovrà cercare il Supremo nel cuore di tutti gli altri uomini; e quando tutte le creature riveleranno perfettamente l’amore del Supremo, allora egli diverrà un’attualità universale per tutte le creature. E questo è semplicemente un altro modo di dire che gli universi saranno stabilizzati in luce e vita.
(1291.1) 117:6.24 Il raggiungimento di una perfetta autorealizzazione da parte di tutte le personalità ed il raggiungimento di un equilibrio perfezionato in tutti gli universi, equivale al raggiungimento del Supremo e testimonia la liberazione di tutta la realtà finita dai limiti dell’esistenza incompleta. Tale esaurimento di tutti i potenziali finiti porta al raggiungimento completo del Supremo e può essere altrimenti definito come l’attuazione evoluzionaria compiuta dell’Essere Supremo stesso.
(1291.2) 117:6.25 Gli uomini non trovano il Supremo in modo improvviso e spettacolare come un terremoto apre fenditure nelle rocce, ma lo trovano lentamente e pazientemente come un fiume erode dolcemente il terreno su cui scorre.
(1291.3) 117:6.26 Quando troverete il Padre, troverete la grande causa della vostra ascensione spirituale negli universi. Quando troverete il Supremo, voi scoprirete il grande risultato della vostra carriera di progressione verso il Paradiso.
(1291.4) 117:6.27 Ma nessun mortale che conosce Dio può mai essere solo nel suo viaggio attraverso il cosmo, perché sa che il Padre procede al suo fianco ad ogni passo del suo cammino, mentre la via stessa che sta percorrendo è la presenza del Supremo.
(1291.5) 117:7.1 La realizzazione completa di tutti i potenziali finiti equivale al completamento della realizzazione di tutta l’esperienza evoluzionaria. Ciò suggerisce l’emersione finale del Supremo in quanto presenza di una Deità onnipotente negli universi. Noi crediamo che il Supremo, in questo stadio di sviluppo, sarà distintamente personalizzato come lo è il Figlio Eterno, concretamente dotato di potere come l’Isola del Paradiso, completamente unificato come lo è l’Attore Congiunto, e tutto ciò entro i limiti delle possibilità finite della Supremazia al culmine della presente era dell’universo.
(1291.6) 117:7.2 Benché questo sia un concetto assolutamente appropriato del futuro del Supremo, noi vorremmo richiamare l’attenzione su alcuni problemi inerenti a questo concetto:
(1291.7) 117:7.3 1. I Supervisori Non Qualificati del Supremo potevano difficilmente essere deitizzati ad uno stadio anteriore alla sua evoluzione completa, e tuttavia questi stessi supervisori esercitano già in modo qualificato la sovranità di supremazia concernente gli universi stabilizzati in luce e vita.
(1291.8) 117:7.4 2. Il Supremo potrebbe difficilmente funzionare nell’Ultimità della Trinità prima di aver raggiunto la sua attualità completa di status universale, e tuttavia l’Ultimità della Trinità è già una realtà qualificata, e voi siete stati informati dell’esistenza dei Vicegerenti Qualificati dell’Ultimo.
(1291.9) 117:7.5 3. Il Supremo non è completamente reale per le creature dell’universo, ma ci sono molte ragioni per dedurre ch’egli sia del tutto reale per la Deità Settupla, che si estende dal Padre Universale del Paradiso ai Figli Creatori ed agli Spiriti Creativi degli universi locali.
(1291.10) 117:7.6 Può darsi che ai limiti superiori del finito, dove il tempo si congiunge al tempo trasceso, vi sia una specie di sfumatura e di mescolanza delle sequenze. Può darsi che il Supremo sia capace di prevedere la sua presenza nell’universo su questi livelli supertemporali e poi di anticipare ad un grado limitato la sua evoluzione futura riflettendo questa previsione del futuro sui livelli creati come Immanenza dell’Incompleto Progettato. Tali fenomeni si possono osservare ogni volta che il finito entra in contatto con il superfinito, come nelle esperienze degli esseri umani abitati dagli Aggiustatori di Pensiero, che sono delle vere predizioni dei compimenti universali futuri dell’uomo in tutta l’eternità.
(1292.1) 117:7.7 Quando gli ascendenti mortali sono ammessi al corpo finalitario del Paradiso prestano giuramento alla Trinità del Paradiso, e prestando questo giuramento di fedeltà promettono con ciò fedeltà eterna a Dio il Supremo, che è la Trinità qual è compresa da tutte le personalità delle creature finite. In seguito, quando le compagnie di finalitari funzionano in tutti gli universi in evoluzione, sono sottomesse solo agli ordini emanati dal Paradiso fino ai tempi memorabili della stabilizzazione degli universi locali in luce e vita. Via via che le nuove organizzazioni governative di queste creazioni perfezionate cominciano a riflettere la sovranità emergente del Supremo, noi osserviamo che le compagnie finalitarie lontane riconoscono allora l’autorità giurisdizionale di questi nuovi governi. Sembra che Dio il Supremo si stia evolvendo come unificatore del Corpo evoluzionario della Finalità, ma è altamente probabile che il destino eterno di questi sette corpi sarà diretto dal Supremo in quanto membro della Trinità Ultima.
(1292.2) 117:7.8 L’Essere Supremo contiene tre possibilità superfinite di manifestazione universale:
(1292.3) 117:7.9 1. La collaborazione absonita nella prima Trinità esperienziale.
(1292.4) 117:7.10 2. La relazione coassoluta nella seconda Trinità esperienziale.
(1292.5) 117:7.11 3. La partecipazione coinfinita nella Trinità delle Trinità, ma noi non abbiamo alcun concetto soddisfacente di che cosa ciò significhi in realtà.
(1292.6) 117:7.12 Questa è una delle ipotesi generalmente accettate del futuro del Supremo, ma vi sono anche numerose speculazioni concernenti le sue relazioni con l’attuale grande universo susseguenti al raggiungimento di quest’ultimo dello status di luce e vita.
(1292.7) 117:7.13 La meta attuale dei superuniversi, quali sono e nei limiti dei loro potenziali, è di divenire perfetti come Havona. Questa perfezione concerne il completamento fisico e spirituale, ed anche lo sviluppo dell’amministrazione, del governo e dello spirito fraterno. Noi crediamo che nelle ere future le possibilità di disarmonia, di disadattamento e di sregolatezza avranno finalmente termine nei superuniversi. I circuiti dell’energia saranno in perfetto equilibrio e completamente sottomessi alla mente, mentre lo spirito, in presenza della personalità, avrà raggiunto il dominio della mente.
(1292.8) 117:7.14 S’ipotizza che in quest’epoca molto lontana la persona spirituale del Supremo ed il potere acquisito dell’Onnipotente avranno raggiunto uno sviluppo coordinato, e che entrambi, unificati nella e dalla Mente Suprema, diverranno fattuali come Essere Supremo, un’attualità completata negli universi — un’attualità che sarà osservabile da tutte le intelligenze delle creature, che provocherà la reazione di tutte le energie create, che sarà coordinata in tutte le entità spirituali, e di cui faranno l’esperienza tutte le personalità dell’universo.
(1292.9) 117:7.15 Questo concetto implica la sovranità effettiva del Supremo nel grande universo. È del tutto probabile che gli attuali amministratori della Trinità proseguiranno nelle loro funzioni quali suoi vicegerenti, ma noi crediamo che le attuali demarcazioni tra i sette superuniversi scompariranno gradualmente e che l’intero grande universo funzionerà come un insieme perfezionato.
(1292.10) 117:7.16 È possibile che il Supremo possa allora risiedere personalmente su Uversa, la capitale di Orvonton, da dove dirigerà l’amministrazione delle creazioni del tempo, ma questa in realtà è solo un’ipotesi. Certamente, tuttavia, la personalità dell’Essere Supremo sarà contattabile in modo definito in un luogo specifico, sebbene l’ubiquità della sua presenza di Deità continuerà probabilmente a permeare l’universo degli universi. Quale sarà la relazione dei cittadini del superuniverso di quell’epoca con il Supremo non lo sappiamo, ma potrebbe essere qualcosa di simile all’attuale relazione tra i nativi di Havona e la Trinità del Paradiso.
(1293.1) 117:7.17 Il grande universo perfezionato di quei tempi futuri sarà notevolmente differente da quello che è ora. Le entusiasmanti avventure dell’organizzazione delle galassie dello spazio, l’impianto della vita sui mondi incerti del tempo e lo sviluppo dell’armonia dal caos, della bellezza dai potenziali, della verità dai significati e della bontà dai valori, saranno finiti. Gli universi del tempo avranno raggiunto il completamento del loro destino finito! E forse vi sarà un intervallo di riposo, di distensione, nell’interminabile lotta per la perfezione evoluzionaria. Ma non per lungo tempo! Certamente, sicuramente ed inesorabilmente l’enigma della Deità emergente di Dio l’Ultimo stimolerà questi cittadini perfezionati degli universi stabilizzati, esattamente come i loro antenati evoluzionari in lotta furono un tempo stimolati dalla ricerca di Dio il Supremo. Il sipario del destino cosmico si aprirà per rivelare la grandiosità trascendente dell’affascinante ricerca absonita per il raggiungimento del Padre Universale su quei nuovi e più elevati livelli, rivelati nell’esperienza ultima delle creature.
(1293.2) 117:7.18 [Patrocinato da un Possente Messaggero in soggiorno temporaneo su Urantia.]
(1294.1) 118:0.1 RIGUARDO alle diverse nature della Deità, si può dire che:
(1294.2) 118:0.2 1. Il Padre è l’io autoesistente.
(1294.3) 118:0.3 2. Il Figlio è l’io coesistente.
(1294.4) 118:0.4 3. Lo Spirito è l’io esistente congiuntamente.
(1294.5) 118:0.5 4. Il Supremo è l’io esperienziale-evoluzionario.
(1294.6) 118:0.6 5. Il Settuplo è la divinità autodistributiva.
(1294.7) 118:0.7 6. L’Ultimo è l’io trascendentale-esperienziale.
(1294.8) 118:0.8 7. L’Assoluto è l’io esistenziale-esperienziale.
(1294.9) 118:0.9 Mentre Dio il Settuplo è indispensabile al completamento evoluzionario del Supremo, il Supremo è pure indispensabile all’emersione finale dell’Ultimo. E la presenza duale del Supremo e dell’Ultimo costituisce l’associazione basilare della Deità subassoluta e derivata, perché essi sono interdipendenti e complementari nel compimento del destino. Insieme essi costituiscono il ponte esperienziale che collega gli inizi ed i completamenti di ogni crescita creativa nell’universo maestro.
(1294.10) 118:0.10 La crescita creativa è incessante, ma sempre soddisfacente; è infinita in estensione, ma sempre punteggiata da quei momenti di soddisfazione della personalità nel raggiungimento di mete provvisorie che servono così efficacemente da preludio alla mobilitazione per nuove avventure di crescita cosmica, di esplorazione universale e di raggiungimento della Deità.
(1294.11) 118:0.11 Benché il dominio della matematica sia costellato di limiti qualitativi, esso offre alla mente finita una base concettuale per contemplare l’infinità. Non c’è alcun limite quantitativo per i numeri, anche nella comprensione di una mente finita. Per quanto grande sia il numero concepito, voi potete sempre immaginare di aggiungervi un’unità. Ed inoltre potete comprendere che esso è al di sotto dell’infinità, perché per quante volte voi ripetiate questa addizione al numero, potete sempre aggiungerne uno di più.
(1294.12) 118:0.12 Allo stesso tempo le serie infinite possono essere totalizzate ad un dato punto qualunque, e questo totale (o più esattamente un subtotale) procura ad una data persona, in un dato momento e status, la pienezza della dolcezza di aver raggiunto una meta. Ma presto o tardi questa stessa persona comincia a desiderare ed a bramare mete nuove e più grandi, e tali avventure di crescita si rinnoveranno eternamente nella pienezza dei tempi e nei cicli dell’eternità.
(1294.13) 118:0.13 Ogni era successiva dell’universo è il preludio dell’era seguente di crescita cosmica, ed ogni epoca dell’universo fornisce un destino immediato a tutti gli stadi precedenti. Havona, in sé e per sé, è una creazione perfetta ma limitata nella sua perfezione. La perfezione di Havona, che si estende nei superuniversi evoluzionari, vi trova non soltanto un destino cosmico, ma anche la liberazione dai limiti dell’esistenza preevoluzionaria.
(1295.1) 118:1.1 È utile, per il suo orientamento cosmico, che l’uomo giunga a tutta la comprensione possibile della relazione della Deità con il cosmo. Mentre la Deità assoluta è eterna per natura, gli Dei sono collegati al tempo in quanto esperienza nell’eternità. Negli universi evoluzionari l’eternità è la perpetuità temporale — l’eterno ora.
(1295.2) 118:1.2 La personalità della creatura mortale può divenire eterna autoidentificandosi con lo spirito interiore mediante la tecnica consistente nello scegliere di fare la volontà del Padre. Tale consacrazione della volontà equivale alla realizzazione di un proposito di realtà eterna. Ciò significa che il proposito della creatura è divenuto stabile in rapporto alla successione dei momenti; in altri termini, che la successione dei momenti non subirà alcun cambiamento nel proposito della creatura. Un milione o un miliardo di momenti non fanno alcuna differenza. I numeri hanno cessato di avere un significato riguardo al proposito della creatura. In tal modo la scelta della creatura, aggiungendosi alla scelta di Dio si traduce nelle realtà eterne dell’unione senza fine tra lo spirito di Dio e la natura dell’uomo, nel servizio perpetuo dei figli di Dio e del loro Padre del Paradiso.
(1295.3) 118:1.3 In ogni dato intelletto esiste una relazione diretta tra la maturità e la coscienza di un’unità di tempo. Questa unità di tempo può essere un giorno, un anno od un periodo più lungo, ma è inevitabilmente il criterio con il quale l’io cosciente valuta le circostanze della vita e con il quale l’intelletto che concepisce misura e valuta i fatti dell’esistenza temporale.
(1295.4) 118:1.4 L’esperienza, la saggezza ed il giudizio sono gli elementi concomitanti del prolungamento dell’unità di tempo nell’esperienza dei mortali. Quando la mente umana ritorna al passato, valuta l’esperienza precedente allo scopo di confrontarla con una situazione presente. Quando la mente si volge al futuro tenta di valutare il significato futuro di un’azione possibile. Ed avendo così considerato con esperienza e saggezza, la volontà umana esercita un giudizio-decisione nel presente, ed il piano d’azione nato in tal modo dal passato e dal futuro diviene esistente.
(1295.5) 118:1.5 Nella maturità dell’io in sviluppo il passato ed il futuro sono riuniti per illuminare il vero significato del presente. Via via che l’io matura si rivolge sempre più all’esperienza del passato, mentre le sue sagge previsioni cercano di penetrare sempre più profondamente nel futuro sconosciuto. E a mano a mano che l’io che concepisce si estende sempre più nel passato e nel futuro il suo giudizio dipende sempre meno dal presente momentaneo. In questo modo la decisione-azione comincia a sfuggire ai legami del presente in svolgimento, mentre comincia ad assumere gli aspetti del significato passato-futuro.
(1295.6) 118:1.6 La pazienza è esercitata dai mortali le cui unità di tempo sono brevi; la vera maturità trascende la pazienza mediante una tolleranza originata da una reale comprensione.
(1295.7) 118:1.7 Divenire maturi è vivere più intensamente nel presente ed allo stesso tempo sfuggire ai limiti del presente. I piani della maturità, fondati sull’esperienza passata, si realizzano nel presente in modo da elevare i valori del futuro.
(1295.8) 118:1.8 L’unità di tempo dell’immaturità concentra i significati-valori nel momento presente in maniera tale da separare il presente della sua vera relazione con il non presente — il passato-futuro. L’unità di tempo della maturità è proporzionata per rivelare la relazione coordinata del passato-presente-futuro in modo tale che l’io comincia ad acquisire la visione della totalità degli eventi, comincia a vedere l’insieme del tempo dalla prospettiva panoramica degli orizzonti ampliati, e comincia forse a sospettare il continuum eterno senza inizio e senza fine, i cui frammenti sono chiamati tempo.
(1296.1) 118:1.9 Sui livelli dell’infinito e dell’assoluto il momento del presente contiene tutto il passato così come tutto il futuro. IO SONO significa anche IO ERO e IO SARÒ, e ciò rappresenta il nostro concetto migliore dell’eternità e dell’eterno.
(1296.2) 118:1.10 Sul livello assoluto ed eterno la realtà potenziale è significativa quanto la realtà attuale. Solo sul livello finito e per le creature legate al tempo sembra esserci una grande differenza. Per Dio, in quanto assoluto, un mortale ascendente che ha preso la decisione eterna è già un finalitario del Paradiso. Ma il Padre Universale, grazie agli Aggiustatori di Pensiero interiori, non è limitato in questo modo nella sua consapevolezza, ma può anche essere a conoscenza di ogni lotta temporale concernente i problemi dell’ascensione delle creature dai livelli dell’esistenza in cui assomigliano ad animali a quelli in cui assomigliano a Dio, e può partecipare a questa lotta.
(1296.3) 118:2.1 L’ubiquità della Deità non deve essere confusa con l’ultimità dell’onnipresenza divina. È volontà del Padre Universale che il Supremo, l’Ultimo e l’Assoluto compensino, coordinino ed unifichino la sua ubiquità nel tempo-spazio e la sua onnipresenza nel tempo-spazio trasceso con la sua presenza assoluta ed universale senza tempo e senza spazio. Voi dovreste ricordarvi che, mentre l’ubiquità della Deità può essere molto spesso associata allo spazio, non è necessariamente condizionata dal tempo.
(1296.4) 118:2.2 In quanto ascendenti mortali e morontiali voi discernete progressivamente Dio grazie al ministero di Dio il Settuplo. Per mezzo di Havona voi scoprite Dio il Supremo. In Paradiso lo trovate come persona e poi come finalitari tenterete subito di conoscerlo come Ultimo. Essendo finalitari, sembrerebbe esserci una sola via da seguire dopo aver raggiunto l’Ultimo, e cioè quella di cominciare la ricerca dell’Assoluto. Nessun finalitario sarà disturbato dalle incertezze del raggiungimento dell’Assoluto della Deità, poiché alla fine dell’ultima e suprema delle ascensioni egli avrà incontrato Dio il Padre. Tali finalitari crederanno certamente che, anche se riuscissero a trovare Dio l’Assoluto, scoprirebbero solo lo stesso Dio, il Padre del Paradiso che manifesta se stesso su livelli più vicini all’infinito e all’universale. Indubbiamente il raggiungimento di Dio nell’assoluto rivelerebbe l’Antenato Primordiale degli universi così come il Padre Finale delle personalità.
(1296.5) 118:2.3 Dio il Supremo può non essere una dimostrazione dell’onnipresenza della Deità nel tempo-spazio, ma è letteralmente una manifestazione dell’ubiquità divina. Tra la presenza spirituale del Creatore e le manifestazioni materiali della creazione esiste un vasto dominio del divenire ubiquitario — l’emersione universale della Deità evoluzionaria.
(1296.6) 118:2.4 Se Dio il Supremo assumerà il controllo diretto degli universi del tempo e dello spazio noi siamo convinti che questa amministrazione divina funzionerà sotto il supercontrollo dell’Ultimo. In tal caso Dio l’Ultimo comincerebbe a divenire manifesto agli universi del tempo in quanto Onnipotente trascendentale (l’Onnipotente) esercitante il supercontrollo del supertempo e dello spazio trasceso relativo alle funzioni amministrative dell’Onnipotente Supremo.
(1297.1) 118:2.5 La mente del mortale può chiedersi, come facciamo noi: se l’evoluzione di Dio il Supremo nell’autorità amministrativa del grande universo è accompagnata da accresciute manifestazioni di Dio l’Ultimo, un’emersione corrispondente di Dio l’Ultimo negli universi postulati dello spazio esterno sarà accompagnata da rivelazioni simili ed elevate di Dio l’Assoluto? In realtà noi non lo sappiamo.
(1297.2) 118:3.1 Solo per mezzo dell’ubiquità la Deità ha potuto unificare le manifestazioni del tempo-spazio con la concezione finita, perché il tempo è una successione d’istanti mentre lo spazio è un sistema di punti associati. Dopotutto voi percepite il tempo per analisi e lo spazio per sintesi. Voi coordinate ed associate questi due concetti dissimili mediante il discernimento integratore della personalità. In tutto il mondo animale soltanto l’uomo possiede questa facoltà di percepire il tempo-spazio. Per un animale il movimento ha un significato, ma il movimento acquista un valore soltanto per una creatura avente status di personalità.
(1297.3) 118:3.2 Le cose sono condizionate dal tempo, ma la verità è fuori del tempo. Più voi conoscete la verità, più siete la verità, più potete intendere il passato e comprendere il futuro.
(1297.4) 118:3.3 La verità è incrollabile — eternamente esente da tutte le vicissitudini transitorie, sebbene mai inerte e formale, ma sempre vibrante e adattabile — fulgidamente viva. Ma quando la verità è legata ai fatti, allora il tempo e lo spazio condizionano i suoi significati e mettono in correlazione i suoi valori. Queste realtà della verità unite ai fatti divengono dei concetti e sono di conseguenza relegate nel dominio delle realtà cosmiche relative.
(1297.5) 118:3.4 Il legame della verità assoluta ed eterna del Creatore con l’esperienza effettiva della creatura finita e temporale fa apparire un nuovo valore emergente del Supremo. Il concetto del Supremo è essenziale per la coordinazione del mondo superiore divino ed immutabile con il mondo inferiore finito e sempre mutevole.
(1297.6) 118:3.5 Tra tutte le cose non assolute lo spazio è il più vicino ad essere assoluto. Lo spazio è in apparenza assolutamente ultimo. La vera difficoltà che noi abbiamo a comprendere lo spazio sul livello materiale è dovuta al fatto che, mentre i corpi materiali esistono nello spazio, lo spazio esiste anche in questi stessi corpi materiali. Anche se ci sono molte cose dello spazio che sono assolute, ciò non significa che lo spazio sia assoluto.
(1297.7) 118:3.6 Per comprendere le relazioni dello spazio può essere utile immaginare che, relativamente parlando, lo spazio è dopotutto una proprietà di tutti i corpi materiali. Quindi, quando un corpo si muove nello spazio, porta con sé anche tutte le sue proprietà, anche lo spazio che è in questo corpo in movimento e ne fa parte.
(1297.8) 118:3.7 Tutti i modelli della realtà occupano spazio sui livelli materiali, ma i modelli spirituali esistono soltanto in relazione allo spazio; essi non occupano né spostano spazio, né lo contengono. Ma per noi l’enigma principale dello spazio concerne il modello di un’idea. Quando entriamo nel dominio mentale noi incontriamo molti enigmi. Il modello — la realtà — di un’idea occupa spazio? In realtà non lo sappiamo, benché siamo certi che un modello d’idea non contiene spazio. Ma non sarebbe prudente postulare che l’immateriale è sempre non spaziale.
(1298.1) 118:4.1 Molte delle difficoltà teologiche e dei dilemmi metafisici dell’uomo mortale sono dovuti alla sua errata collocazione della personalità della Deità ed alla conseguente assegnazione di attributi infiniti ed assoluti alla Divinità subordinata e alla Deità evoluzionaria. Voi non dovete dimenticare che, mentre esiste certamente una vera Causa Prima, c’è anche una moltitudine di cause coordinate e subordinate, cause sia associate che secondarie.
(1298.2) 118:4.2 La distinzione essenziale tra cause prime e cause seconde è che le cause prime producono effetti originali che sono privi dell’eredità di fattori derivati da una qualunque causalità antecedente. Le cause secondarie producono effetti che rivelano invariabilmente l’eredità di un’altra causa precedente.
(1298.3) 118:4.3 I potenziali puramente statici inerenti all’Assoluto Non Qualificato reagiscono alle cause dell’Assoluto della Deità che sono prodotte dall’azione della Trinità del Paradiso. In presenza dell’Assoluto Universale questi potenziali statici impregnati di causalità diventano subito attivi e sensibili all’influenza di certi agenti trascendentali, le cui azioni portano alla trasmutazione di questi potenziali attivi nello status di vere possibilità universali di sviluppo, di capacità attualizzate di crescita. È su questi potenziali maturati che i creatori ed i controllori del grande universo recitano il dramma senza fine dell’evoluzione cosmica.
(1298.4) 118:4.4 Se non si tiene conto degli esistenziali, la causalità ha una triplice costituzione di base. Come essa opera in quest’era dell’universo e concernendo il livello finito dei sette superuniversi, può essere concepita come segue:
(1298.5) 118:4.5 1. Attivazione dei potenziali statici. Stabilire il destino nell’Assoluto Universale mediante le azioni dell’Assoluto della Deità, operante nel e sull’Assoluto Non Qualificato, in conseguenza degli ordini volitivi della Trinità del Paradiso.
(1298.6) 118:4.6 2. L’eventuarsi delle capacità universali. Ciò implica la trasformazione dei potenziali indifferenziati in piani separati e definiti. Questo è l’atto dell’Ultimità della Deità e dei molteplici agenti del livello trascendentale. Questi atti anticipano perfettamente i bisogni futuri dell’intero universo maestro. È in connessione con la segregazione dei potenziali che gli Architetti dell’Universo Maestro esistono in quanto vere personificazioni del concetto di Deità degli universi. I loro piani sembrano essere estremamente limitati in estensione nello spazio dal concetto della periferia dell’universo maestro, ma in quanto piani essi non sono condizionati altrimenti dal tempo o dallo spazio.
(1298.7) 118:4.7 3. Creazione ed evoluzione degli attuali universali. È su un cosmo impregnato dalla presenza dell’Ultimità della Deità produttrice di capacità che i Creatori Supremi operano per effettuare nel tempo le trasmutazioni dei potenziali maturi in attuali esperienziali. All’interno dell’universo maestro ogni attuazione della realtà potenziale è limitata dalla capacità ultima di sviluppo ed è condizionata dal tempo-spazio negli stadi finali della sua emersione. I Figli Creatori che escono dal Paradiso sono in attualità dei creatori trasformatori in senso cosmico. Ma ciò non invalida in alcun modo il concetto dei creatori che gli uomini se ne fanno; dal punto di vista finito essi certamente possono creare e lo fanno.
(1299.1) 118:5.1 L’onnipotenza della Deità non implica il potere di fare ciò che non si può fare. All’interno del tempo-spazio e dal punto di vista intellettuale della comprensione umana, anche il Dio infinito non può creare cerchi quadrati o produrre del male che sia per natura buono. Dio non può fare cose non divine. Questa contraddizione di termini filosofici equivale ad una non entità ed implica che niente è stato creato in questo modo. Un tratto di carattere di una personalità non può essere allo stesso tempo divino e non divino. La co-possibilità è innata nel potere divino. E tutto ciò deriva dal fatto che l’onnipotenza non solo crea cose aventi una natura, ma dà anche origine alla natura di tutte le cose e di tutti gli esseri.
(1299.2) 118:5.2 All’inizio il Padre fa tutto, ma via via che il panorama dell’eternità si dispiega in risposta alla volontà e ai mandati dell’Infinito, diventa sempre più evidente che le creature, anche gli uomini, devono divenire collaboratori di Dio nella realizzazione della finalità del destino. E ciò è vero anche nella vita nella carne; quando l’uomo e Dio entrano in associazione, nessun limite può essere posto alle possibilità future di questa associazione. Quando l’uomo si rende conto che il Padre Universale è il suo partner nella progressione eterna, quando si fonde con la presenza interiore del Padre, egli ha spezzato in spirito i legami del tempo ed è già entrato nelle progressioni dell’eternità alla ricerca del Padre Universale.
(1299.3) 118:5.3 La coscienza del mortale passa dai fatti ai significati e poi ai valori. La coscienza del Creatore procede dal valore dell’idea, passa per il significato della parola e giunge al fatto dell’azione. Dio deve sempre agire per superare il punto morto dell’unità non qualificata inerente all’infinità esistenziale. La Deità deve sempre fornire l’universo modello, le personalità perfette, la verità, la bellezza e la bontà originali che tutte le creazioni subdivine si sforzano di raggiungere. Dio deve sempre trovare prima l’uomo perché l’uomo possa poi trovare Dio. Deve sempre esserci un Padre Universale prima che possa esistere una filiazione universale e la conseguente fratellanza universale.
(1299.4) 118:6.1 Dio è veramente onnipotente, ma non è onnifacente — egli non fa personalmente tutto ciò che viene fatto. L’onnipotenza ingloba il potenziale di potere dell’Onnipotente Supremo e dell’Essere Supremo, ma gli atti volitivi di Dio il Supremo non sono le azioni personali di Dio l’Infinito.
(1299.5) 118:6.2 Sostenere l’onnifacenza della Deità primordiale equivarrebbe a privare delle loro competenze quasi un milione di Figli Creatori Paradisiaci, senza menzionare le innumerevoli schiere di vari altri ordini di assistenti creativi che collaborano con loro. Nell’intero universo c’è soltanto una Causa non causata. Tutte le altre cause sono derivate da quest’unica Prima Grande Sorgente e Centro. E niente di questa filosofia fa violenza al libero arbitrio delle miriadi di figli della Deità disseminati in un immenso universo.
(1299.6) 118:6.3 In un quadro locale la volizione può sembrare funzionare come causa non causata, ma essa presenta infallibilmente dei fattori ereditari che stabiliscono delle relazioni con la Causa Prima unica, originale ed assoluta.
(1299.7) 118:6.4 Ogni volizione è relativa. In senso originario solo il Padre-IO SONO possiede finalità di volizione; in senso assoluto solo il Padre, il Figlio e lo Spirito esercitano le prerogative di una volizione non condizionata dal tempo e non limitata dallo spazio. L’uomo mortale è dotato di libero arbitrio, del potere di scelta, e benché tale scelta non sia assoluta, tuttavia è relativamente finale sul livello finito ed in ciò che concerne il destino della personalità che sceglie.
(1300.1) 118:6.5 La volizione, su qualunque livello che non raggiunge l’assoluto, incontra dei limiti che sono inerenti alla personalità stessa che esercita il potere di scelta. L’uomo non può scegliere oltre il dominio di ciò che è sceglibile. Non può, per esempio, scegliere di essere una cosa diversa da un essere umano, salvo che può decidere di divenire più che un uomo. Può scegliere d’intraprendere l’ascensione dell’universo, ma questo avviene perché la scelta umana e la volontà divina vengono a coincidere su questo punto. E ciò che un figlio desidera e che il Padre vuole certamente avverrà.
(1300.2) 118:6.6 Nella vita dei mortali si aprono e si chiudono continuamente delle linee di condotta opzionali, e durante i periodi in cui la scelta è possibile la personalità umana decide costantemente tra queste numerose linee d’azione. La volizione temporale è legata al tempo e deve attendere lo scorrere del tempo per trovare l’occasione di esprimersi. La volizione spirituale ha cominciato a gustare la liberazione dai limiti del tempo, perché è riuscita a sfuggire parzialmente alla sequenza del tempo, e ciò avviene perché la volizione spirituale si autoidentifica con la volontà di Dio.
(1300.3) 118:6.7 La volizione, l’atto di scegliere, deve funzionare nel quadro universale che si è attuato in risposta a scelte superiori e precedenti. L’intero campo della volontà umana è strettamente limitato al finito, salvo che per un particolare: quando l’uomo sceglie di trovare Dio e di essere simile a lui, tale scelta è superfinita; solo l’eternità può rivelare se questa scelta è anche superabsonita.
(1300.4) 118:6.8 Riconoscere l’onnipotenza della Deità è godere la certezza nella vostra esperienza di cittadinanza cosmica, è possedere l’assicurazione della sicurezza nel lungo viaggio verso il Paradiso. Ma accettare il sofisma dell’onnifacenza è abbracciare l’errore colossale del panteismo.
(1300.5) 118:7.1 La funzione della volontà del Creatore e della volontà della creatura nel grande universo è esercitata nei limiti e secondo le possibilità stabilite dagli Architetti Maestri. La predeterminazione di questi limiti massimi, tuttavia, non sminuisce minimamente la sovranità della volontà della creatura all’interno di questi confini. Né la preconoscenza ultima — il pieno riconoscimento di ogni scelta finita — costituisce un’abrogazione della volizione finita. Un essere umano maturo e lungimirante può essere in grado di prevedere molto esattamente la decisione di un associato più giovane, ma questa preconoscenza non toglie nulla alla libertà e all’autenticità della decisione stessa. Gli Dei hanno saggiamente limitato il campo d’azione della volontà immatura, ma ciò nonostante, all’interno di questi limiti definiti, essa resta una vera volontà.
(1300.6) 118:7.2 Anche la correlazione suprema di ogni scelta passata, presente e futura non invalida l’autenticità di tali scelte. Essa indica piuttosto la tendenza preordinata del cosmo e rivela la preconoscenza di quegli esseri volitivi che possono scegliere o meno di divenire parti contributive dell’attuazione esperienziale di tutta la realtà.
(1300.7) 118:7.3 L’errore nella scelta finita è legato al tempo e limitato dal tempo. Essa può esistere soltanto nel tempo e all’interno della presenza in evoluzione dell’Essere Supremo. Questa scelta errata è possibile nel tempo e indica (oltre all’incompletezza del Supremo) quella certa gamma di scelta di cui le creature immature devono essere dotate per beneficiare della progressione nell’universo prendendo contatto per loro libero arbitrio con la realtà.
(1301.1) 118:7.4 Il peccato, nello spazio condizionato dal tempo, prova chiaramente la libertà temporale — ed anche la licenza — della volontà finita. Il peccato indica l’immaturità abbagliata dalla libertà della volontà relativamente sovrana della personalità, che non riesce a percepire gli obblighi e i doveri supremi della cittadinanza cosmica.
(1301.2) 118:7.5 L’iniquità nei domini finiti rivela la realtà transitoria di ogni individualità non identificata con Dio. Soltanto quando una creatura s’identifica con Dio diviene veramente reale negli universi. La personalità finita non è creata da se stessa, ma nel quadro superuniversale della scelta determina essa stessa il proprio destino.
(1301.3) 118:7.6 Il conferimento della vita rende i sistemi materiali-energetici capaci di autoperpetuarsi, di autopropagarsi e di autoadattarsi. Il conferimento della personalità trasmette agli organismi viventi prerogative addizionali di autodeterminazione, autoevoluzione ed autoidentificazione con uno spirito della Deità capace di fusione.
(1301.4) 118:7.7 Gli organismi viventi subpersonali rivelano una mente attivante l’energia-materia, prima come controllori fisici e poi come spiriti aiutanti della mente. Il dono della personalità viene dal Padre e trasmette al sistema vivente prerogative uniche di scelta. Ma se la personalità ha la prerogativa di esercitare la scelta volitiva dell’identificazione con la realtà, e se questa è una scelta sincera e libera, allora la personalità in evoluzione deve anche avere la scelta possibile di autoconfondersi, autodisgregarsi ed autodistruggersi. La possibilità cosmica di autodistruzione non può essere evitata se si vuole che la personalità in evoluzione sia veramente libera nell’esercizio della sua volontà finita.
(1301.5) 118:7.8 Perciò la sicurezza è accresciuta se si restringono i limiti della scelta personale su tutti i livelli inferiori dell’esistenza. La scelta diviene sempre più libera via via che si ascende negli universi. La scelta infine si avvicina alla libertà divina quando la personalità ascendente raggiunge lo status della divinità, la supremazia della consacrazione ai propositi dell’universo, il raggiungimento della saggezza cosmica e l’identificazione finale della creatura con la volontà e le vie di Dio.
(1301.6) 118:8.1 Nelle creazioni del tempo-spazio il libero arbitrio è vincolato da restrizioni, da limitazioni. L’evoluzione della vita materiale è prima meccanica, poi attivata dalla mente, e (dopo il conferimento della personalità) può essere governata dallo spirito. L’evoluzione organica sui mondi abitati è fisicamente limitata dai potenziali degli impianti originali di vita fisica dei Portatori di Vita.
(1301.7) 118:8.2 L’uomo mortale è una macchina, un meccanismo vivente; le sue radici sono veramente nel mondo fisico dell’energia. Molte reazioni umane sono di natura meccanica; gran parte della vita è simile ad una macchina. Ma l’uomo, che è un meccanismo, è molto più di una macchina; egli è dotato di una mente ed è abitato dallo spirito. E benché nel corso della sua vita materiale non possa mai sfuggire al meccanismo chimico ed elettrico della sua esistenza, può imparare a subordinare sempre di più questo meccanismo di vita fisica alla saggezza direttrice dell’esperienza mediante il processo consistente nel consacrare la mente umana ad eseguire gli incitamenti spirituali dell’Aggiustatore di Pensiero interiore.
(1301.8) 118:8.3 Lo spirito libera, ed il meccanismo limita, la funzione della volontà. La scelta imperfetta, non controllata dal meccanismo e non identificata con lo spirito, è pericolosa ed instabile. Il dominio meccanico assicura stabilità a spese del progresso. L’alleanza con lo spirito libera la scelta dal livello fisico ed allo stesso tempo assicura la stabilità divina prodotta da un accresciuto discernimento universale e da una maggiore comprensione cosmica.
(1302.1) 118:8.4 Il grande pericolo che minaccia la creatura quando giunge a liberarsi dai legami del meccanismo vitale è che non riesca a compensare questa perdita di stabilità effettuando un collegamento funzionale armonioso con lo spirito. La scelta della creatura, quando è relativamente liberata dalla stabilità meccanica, potrebbe tentare un’ulteriore liberazione, indipendentemente da una maggiore identificazione con lo spirito.
(1302.2) 118:8.5 L’intero principio di evoluzione biologica rende impossibile per l’uomo primitivo apparire sui mondi abitati dotato di un grande autodominio. Perciò lo stesso piano creativo che ha proposto l’evoluzione fornisce anche quelle restrizioni esteriori di tempo e di spazio, di fame e di paura, che circoscrivono efficacemente il campo delle scelte subspirituali di queste creature non istruite. Via via che la mente dell’uomo riesce a superare barriere sempre più difficili, questo stesso piano creativo ha anche disposto la lenta accumulazione dell’eredità razziale di saggezza esperienziale faticosamente acquisita — in altri termini, il mantenimento di un equilibrio tra le restrizioni esterne in diminuzione e le restrizioni interne in aumento.
(1302.3) 118:8.6 La lentezza dell’evoluzione, del progresso culturale umano, testimonia l’efficacia di questo freno — l’inerzia materiale — che agisce così potentemente per rallentare le velocità pericolose del progresso. In tal modo il tempo stesso smorza e ripartisce le conseguenze altrimenti letali dello sfuggire prematuro alle barriere che circondano da vicino l’attività umana. Perché, quando la cultura progredisce troppo rapidamente, quando i risultati materiali superano l’evoluzione della saggezza adoratrice, allora la civiltà contiene in se stessa i germi della recessione. A meno che questa civiltà non sia rafforzata dal rapido accrescimento di saggezza esperienziale, tali società umane recederanno dai livelli elevati ma prematuri che hanno raggiunto, e le “ere oscure” dell’interregno della saggezza vedranno l’inesorabile ritorno dello squilibrio tra l’autolibertà e l’autocontrollo.
(1302.4) 118:8.7 L’iniquità di Caligastia fu di bypassare il regolatore del tempo della liberazione umana progressiva — di distruggere arbitrariamente le barriere restrittive, barriere che le menti dei mortali di quel tempo non avevano esperienzialmente superato.
(1302.5) 118:8.8 La mente che può abbreviare parzialmente il tempo e lo spazio prova, con questo stesso atto, che possiede in se stessa i germi della saggezza che possono efficacemente servire in luogo della barriera trascesa della restrizione.
(1302.6) 118:8.9 Lucifero cercò similmente di frantumare il regolatore del tempo che operava da freno al raggiungimento prematuro di certe libertà nel sistema locale. Un sistema locale stabilizzato in luce e vita ha acquisito esperienzialmente quei punti di vista e quelle prospettive che rendono possibile la messa in atto di molte tecniche che sconvolgerebbero e distruggerebbero lo stesso regno nelle ere che precedono la stabilizzazione.
(1302.7) 118:8.10 Via via che l’uomo si libera dai vincoli della paura, che collega i continenti e gli oceani con le sue macchine e le generazioni ed i secoli con i suoi scritti, deve sostituire ogni restrizione trascesa con una restrizione nuova e volontariamente assunta in accordo con i dettati morali della saggezza umana in espansione. Queste restrizioni autoimposte sono ad un tempo i più potenti ed i più modesti di tutti i fattori della civiltà umana — i concetti di giustizia e gli ideali di fratellanza. L’uomo qualifica anche se stesso per sopportare le restrizioni della misericordia quando osa amare i suoi simili, mentre raggiunge gli inizi della fratellanza spirituale quando decide di accordare loro il trattamento che egli vorrebbe fosse accordato a lui, lo stesso trattamento ch’egli ritiene che Dio accorderebbe loro.
(1303.1) 118:8.11 Una reazione automatica dell’universo è stabile e, sotto certe forme, continuativa nel cosmo. Una personalità che conosce Dio e desidera fare la sua volontà, che ha intuizione spirituale, è divinamente stabile ed eternamente esistente. La grande avventura dell’uomo nell’universo consiste nel transito della sua mente mortale dalla stabilità della statica meccanica alla divinità della dinamica spirituale, e raggiunge questa trasformazione mediante la forza e la perseveranza delle proprie decisioni di personalità, in ciascuna delle situazioni della vita, dichiarando: “È mia volontà che sia fatta la tua volontà.”
(1303.2) 118:9.1 Il tempo e lo spazio sono un meccanismo congiunto dell’universo maestro. Essi sono i dispositivi che consentono alle creature finite di coesistere nel cosmo con l’Infinito. Le creature finite sono efficacemente isolate dai livelli assoluti per mezzo del tempo e dello spazio. Ma questi mezzi d’isolamento, senza dei quali nessun mortale potrebbe esistere, operano direttamente per limitare il campo dell’azione finita. Senza di essi nessuna creatura potrebbe agire, ma per mezzo di essi gli atti di ogni creatura sono nettamente limitati.
(1303.3) 118:9.2 I meccanismi prodotti dalle menti superiori funzionano per liberare le loro sorgenti creative, ma in una certa misura limitano invariabilmente l’azione di tutte le intelligenze subordinate. Per le creature degli universi questa limitazione diviene apparente come meccanismo degli universi. L’uomo non dispone di un libero arbitrio senza limiti; ci sono dei limiti alla sua gamma di scelta, ma nell’ambito di questa scelta la sua volontà è relativamente sovrana.
(1303.4) 118:9.3 Il meccanismo vitale della personalità dei mortali, il corpo umano, è il prodotto di un disegno creativo supermortale; perciò non può mai essere perfettamente controllato dall’uomo stesso. Soltanto quando l’uomo ascendente, in collegamento con l’Aggiustatore fuso, creerà da se stesso il meccanismo d’espressione della personalità, giungerà a controllarlo perfettamente.
(1303.5) 118:9.4 Il grande universo è un meccanismo come pure un organismo; esso è meccanico e vivente — un meccanismo vivente attivato da una Mente Suprema, che si coordina con uno Spirito Supremo e che trova espressione sui livelli massimi di unificazione del potere e della personalità come Essere Supremo. Ma negare il meccanismo della creazione finita è negare il fatto e disconoscere la realtà.
(1303.6) 118:9.5 I meccanismi sono il prodotto della mente, della mente creativa che agisce sui e nei potenziali cosmici. I meccanismi sono cristallizzazioni stabili del pensiero del Creatore e funzionano sempre conformemente al concetto volitivo che ha dato loro origine. Ma la ragion d’essere di un meccanismo qualunque è nella sua origine, non nella sua funzione.
(1303.7) 118:9.6 Non bisognerebbe pensare che questi meccanismi limitano l’azione della Deità; è piuttosto vero che con questi stessi meccanismi la Deità ha raggiunto una fase d’espressione eterna. I meccanismi fondamentali dell’universo sono venuti all’esistenza in risposta alla volontà assoluta della Prima Sorgente e Centro, e perciò funzioneranno eternamente in perfetta armonia con il piano dell’Infinito; essi sono in verità i modelli non volitivi di questo stesso piano.
(1303.8) 118:9.7 Noi comprendiamo qualcosa di come il meccanismo del Paradiso è in correlazione con la personalità del Figlio Eterno; questa è la funzione dell’Attore Congiunto. Ed abbiamo delle teorie sulle operazioni dell’Assoluto Universale concernenti i meccanismi teorici del Non Qualificato e la persona potenziale dell’Assoluto della Deità. Ma nelle Deità in evoluzione del Supremo e dell’Ultimo noi osserviamo che certe loro fasi impersonali si stanno attualmente unendo con le loro contropartite volitive, ed in tal modo si stabilisce una nuova relazione tra l’archetipo e la persona.
(1304.1) 118:9.8 Nell’eternità del passato il Padre ed il Figlio trovarono l’unione nell’unità d’espressione dello Spirito Infinito. Se nell’eternità del futuro i Figli Creatori e gli Spiriti Creativi degli universi locali del tempo e dello spazio dovessero giungere ad un’unione creativa nei regni dello spazio esterno, che cosa creerebbe la loro unità come espressione congiunta delle loro nature divine? Potrebbe darsi che assisteremmo ad una manifestazione non ancora rivelata della Deità Ultima, all’apparizione di un nuovo tipo di superamministratore. Tali esseri ingloberebbero prerogative uniche di personalità, perché sarebbero l’unione del Creatore personale, dello Spirito Creativo impersonale, dell’esperienza delle creature mortali e della personalizzazione progressiva della Divina Ministra. Questi esseri potrebbero essere finali, nel senso che ingloberebbero la realtà personale ed impersonale, mentre congiungerebbero le esperienze del Creatore e delle creature. Quali che siano gli attributi di tali terze persone di queste ipotetiche trinità funzionali delle creazioni dello spazio esterno, esse manterrebbero con i loro Padri Creatori e le loro Madri Creative qualcosa della stessa relazione che lo Spirito Infinito ha con il Padre Universale ed il Figlio Eterno.
(1304.2) 118:9.9 Dio il Supremo è la personalizzazione di tutta l’esperienza dell’universo, la focalizzazione di tutta l’evoluzione finita, il massimo di tutte le realtà della creatura, il completamento della saggezza cosmica, l’incorporazione delle bellezze armoniose delle galassie del tempo, la verità dei significati della mente cosmica e la bontà dei valori spirituali supremi. E Dio il Supremo sintetizzerà nell’eterno futuro queste molteplici diversità finite in un insieme esperienzialmente significativo, così come esse sono ora esistenzialmente unite sui livelli assoluti nella Trinità del Paradiso.
(1304.3) 118:10.1 Provvidenza non significa che Dio ha deciso ogni cosa per noi in anticipo. Dio ci ama troppo per fare questo, perché ciò non sarebbe che una tirannia cosmica. L’uomo ha poteri relativi di scelta. Né l’amore divino è quell’affetto miope che vizierebbe e guasterebbe i figli degli uomini.
(1304.4) 118:10.2 Il Padre, il Figlio e lo Spirito — in quanto Trinità — non sono l’Onnipotente Supremo, ma la supremazia dell’Onnipotente non può mai manifestarsi senza di loro. La crescita dell’Onnipotente è incentrata sugli Assoluti di attualità e fondata sugli Assoluti di potenzialità. Ma le funzioni dell’Onnipotente Supremo sono collegate alle funzioni della Trinità del Paradiso.
(1304.5) 118:10.3 Sembrerebbe che nell’Essere Supremo tutte le fasi di attività dell’universo siano parzialmente riunite dalla personalità di questa Deità esperienziale. Quando perciò noi desideriamo immaginare la Trinità come un solo Dio, e se limitiamo questo concetto all’attuale grande universo conosciuto ed organizzato, scopriamo che l’Essere Supremo in evoluzione è il ritratto parziale della Trinità del Paradiso. E scopriamo poi che questa Deità Suprema si sta evolvendo come sintesi di personalità della materia, della mente e dello spirito finiti nel grande universo.
(1304.6) 118:10.4 Gli Dei hanno attributi, ma la Trinità ha funzioni, e similmente alla Trinità la provvidenza è una funzione, il composto del supercontrollo altro-che-personale dell’universo degli universi, che si estende dai livelli evoluzionari del Settuplo e si sintetizza nel potere dell’Onnipotente ed oltre, attraverso i regni trascendentali dell’Ultimità della Deità.
(1304.7) 118:10.5 Dio ama ogni creatura come un figlio, e questo amore avvolge ogni creatura per tutto il tempo e l’eternità. La provvidenza opera rispetto al totale e si occupa della funzione di ogni creatura nella misura in cui questa funzione è collegata al totale. L’intervento della provvidenza nei confronti di ciascun essere indica l’importanza della funzione di questo essere in ciò che concerne la crescita evoluzionaria di un dato insieme. Questo insieme può essere la razza totale, la nazione totale, il pianeta totale od anche un totale superiore. È l’importanza della funzione della creatura che provoca l’intervento provvidenziale, non l’importanza della creatura in quanto persona.
(1305.1) 118:10.6 Tuttavia il Padre, in quanto persona, può interporre in ogni momento una mano paterna nella corrente degli avvenimenti cosmici che si svolgono secondo la volontà di Dio ed in consonanza con la saggezza di Dio, e quali sono motivati dall’amore di Dio.
(1305.2) 118:10.7 Ma ciò che l’uomo chiama provvidenza è troppo spesso il prodotto della sua stessa immaginazione, la giustapposizione fortuita di circostanze dovute al caso. Esiste tuttavia una provvidenza reale ed emergente nel regno finito dell’esistenza universale, una vera correlazione in corso d’attuazione delle energie dello spazio, dei movimenti del tempo, dei pensieri dell’intelletto, degli ideali del carattere, dei desideri delle nature spirituali e degli atti volitivi intenzionali delle personalità in evoluzione. Le circostanze dei regni materiali trovano la loro integrazione finita definitiva nelle presenze congiunte del Supremo e dell’Ultimo.
(1305.3) 118:10.8 Man mano che i meccanismi del grande universo si perfezionano fino ad un punto di precisione finale grazie al supercontrollo della mente, e via via che la mente delle creature si eleva alla perfezione di raggiungimento della divinità mediante l’integrazione perfezionata con lo spirito, e via via che il Supremo emerge conseguentemente come unificatore attuale di tutti questi fenomeni dell’universo, allo stesso modo la provvidenza diviene sempre più discernibile.
(1305.4) 118:10.9 Alcune delle condizioni sorprendentemente fortuite che prevalgono di quando in quando sui mondi evoluzionari possono essere dovute alla presenza gradualmente emergente del Supremo; la pregustazione delle sue attività universali future. La maggior parte di ciò che un mortale chiama provvidenziale non lo è; il suo giudizio su tali materie è fortemente ostacolato dalla mancanza di una visione lungimirante nei veri significati delle circostanze della vita. Molto di ciò che un mortale chiamerebbe buona sorte può in realtà essere cattiva sorte. Il sorriso della fortuna che dona agi non guadagnati e ricchezze immeritate può rivelarsi la più grande delle afflizioni umane. L’apparente crudeltà di un destino perverso, che accumula tribolazioni su un mortale sofferente, può in realtà essere il fuoco temprante che trasmuta il duttile ferro della personalità immatura nell’acciaio temperato di un vero carattere.
(1305.5) 118:10.10 Esiste una provvidenza negli universi in evoluzione e può essere scoperta dalle creature nell’esatta misura in cui esse hanno raggiunto la capacità di percepire il proposito degli universi in evoluzione. La capacità completa di discernere i propositi dell’universo equivale al completamento evoluzionario della creatura e può essere espressa altrimenti come raggiungimento del Supremo nei limiti del presente stato degli universi incompleti.
(1305.6) 118:10.11 L’amore del Padre agisce direttamente nel cuore dell’individuo indipendentemente dalle azioni e dalle reazioni di tutti gli altri individui; la relazione è personale — uomo e Dio. La presenza impersonale della Deità (Onnipotente Supremo e Trinità del Paradiso) manifesta l’attenzione per il tutto, non per la parte. La provvidenza del supercontrollo della Supremazia diviene sempre più apparente via via che le parti successive dell’universo progrediscono nel compimento dei destini finiti. A mano a mano che i sistemi, le costellazioni, gli universi ed i superuniversi si stabilizzano in luce e vita, il Supremo emerge sempre più come correlatore significativo di tutto ciò che accade, mentre l’Ultimo emerge gradualmente come unificatore trascendentale di tutte le cose.
(1306.1) 118:10.12 Agli inizi, su un mondo evoluzionario, gli avvenimenti naturali d’ordine materiale e i desideri personali degli esseri umani sembrano spesso essere antagonistici. Molti dei fatti che avvengono su un mondo in evoluzione sono piuttosto difficili da comprendere per l’uomo mortale — la legge naturale è così spesso apparentemente crudele, impietosa e indifferente a tutto ciò che è vero, bello e buono nella comprensione umana. Ma via via che l’umanità progredisce nello sviluppo planetario, noi osserviamo che questo punto di vista è modificato dai seguenti fattori:
(1306.2) 118:10.13 1. L’ampliamento della visione dell’uomo — la sua comprensione migliore del mondo in cui vive, la sua capacità accresciuta di comprendere i fatti materiali del tempo, le idee significative della mente e gli ideali validi dell’intuizione spirituale. Fintantoché gli uomini misurano soltanto con il metro delle cose di natura fisica, non possono mai sperare di trovare l’unità nel tempo e nello spazio.
(1306.3) 118:10.14 2. L’accresciuto controllo dell’uomo — l’accumulazione graduale della conoscenza delle leggi del mondo materiale, dei propositi dell’esistenza spirituale e delle possibilità di coordinazione filosofica di queste due realtà. L’uomo, il selvaggio, era impotente davanti alle devastazioni delle forze naturali, era servile di fronte al dominio crudele delle sue paure interiori. L’uomo semicivilizzato comincia a svelare il deposito dei segreti dei regni naturali e la sua scienza sta lentamente ma efficacemente distruggendo le sue superstizioni, offrendo allo stesso tempo una nuova base fattuale ampliata per la comprensione dei significati della filosofia e dei valori della vera esperienza spirituale. L’uomo civilizzato raggiungerà un giorno la padronanza relativa delle forze fisiche del suo pianeta; l’amore di Dio che porta nel suo cuore sarà efficacemente effuso come amore per i suoi simili, mentre i valori dell’esistenza umana si avvicineranno ai limiti della capacità dei mortali.
(1306.4) 118:10.15 3. L’integrazione dell’uomo nell’universo — l’accrescimento del discernimento dell’uomo e dei suoi compimenti esperienziali lo porta ad un’armonia più stretta con le presenze unificanti della Supremazia — la Trinità del Paradiso e l’Essere Supremo. E questo è ciò che stabilisce la sovranità del Supremo sui mondi stabilizzati da lungo tempo in luce e vita. Questi pianeti evoluti sono in verità dei poemi d’armonia, dei quadri stupendi di bontà acquisita, raggiunta mediante la ricerca della verità cosmica. E se queste cose possono accadere ad un pianeta, allora cose ancora più grandi possono accadere ad un sistema ed alle più vaste unità del grande universo via via che anch’esse pervengono ad una stabilità indicante l’esaurimento dei potenziali di crescita finita.
(1306.5) 118:10.16 Su un pianeta di quest’ordine avanzato la provvidenza è divenuta una realtà, le circostanze della vita sono armonizzate. Ma ciò non avviene soltanto perché l’uomo è giunto a dominare i problemi materiali del suo mondo, ma anche perché ha cominciato a vivere conformemente alla tendenza degli universi; egli sta seguendo il sentiero della Supremazia che porta al raggiungimento del Padre Universale.
(1306.6) 118:10.17 Il regno di Dio è nel cuore degli uomini, e quando questo regno diviene attuale nel cuore di ogni individuo di un mondo, allora la legge di Dio è divenuta attuale su quel pianeta; e questo è l’accesso alla sovranità dell’Essere Supremo.
(1306.7) 118:10.18 Per realizzare la provvidenza nel tempo l’uomo deve completare il compito di raggiungere la perfezione. Ma l’uomo può già avere un’anticipazione di questa provvidenza nei suoi significati eterni meditando sul fatto universale che tutte le cose, buone e cattive, concorrono all’avanzamento dei mortali che conoscono Dio nella loro ricerca del Padre di tutti.
(1306.8) 118:10.19 La provvidenza diviene sempre più discernibile via via che gli uomini si elevano dal materiale allo spirituale. L’acquisizione di un’intuizione spirituale completa permette alla personalità ascendente di scoprire l’armonia in ciò che era prima caos. Anche la mota morontiale rappresenta un progresso reale in questa direzione.
(1307.1) 118:10.20 La provvidenza è in parte il supercontrollo del Supremo incompleto manifestato negli universi incompleti, e deve perciò essere sempre:
(1307.2) 118:10.21 1. Parziale — dovuta all’incompletezza dell’attuazione dell’Essere Supremo, e
(1307.3) 118:10.22 2. Imprevedibile — dovuta alle fluttuazioni nel comportamento delle creature, che varia sempre di livello in livello, causando in tal modo una risposta reciproca apparentemente variabile nel Supremo.
(1307.4) 118:10.23 Quando gli uomini pregano per l’intervento della provvidenza nelle circostanze della loro vita, molte volte la risposta alla loro preghiera è il loro stesso mutato atteggiamento verso la vita. Ma la provvidenza non è capricciosa, né è fantastica o magica. Essa è la lenta e sicura emersione del possente sovrano degli universi finiti, di cui le creature in evoluzione scoprono occasionalmente la maestosa presenza nel corso della loro progressione nell’universo. La provvidenza è il marchio sicuro e certo delle galassie dello spazio e delle personalità del tempo verso gli scopi dell’eternità, prima nel Supremo, poi nell’Ultimo e forse nell’Assoluto. Noi crediamo che vi sia la stessa provvidenza nell’infinità, e che sia la volontà, le azioni ed il proposito della Trinità del Paradiso, che motiva in tal modo il panorama cosmico di universi su universi.
(1307.5) 118:10.24 [Patrocinato da un Possente Messaggero in soggiorno temporaneo su Urantia.]
(1308.1) 119:0.1 QUALE capo degli Astri della Sera di Nebadon, io sono stato assegnato ad Urantia da Gabriele con la missione di rivelare la storia dei sette conferimenti di Micael di Nebadon, Sovrano dell’Universo; il mio nome è Gavalia. Nel fare questa presentazione io mi atterrò strettamente alle limitazioni imposte dal mio mandato.
(1308.2) 119:0.2 L’attributo di conferimento è inerente ai Figli Paradisiaci del Padre Universale. Nel loro desiderio di venire a contatto con le esperienze di vita delle creature viventi loro subordinate, i vari ordini di Figli Paradisiaci riflettono la natura divina dei loro genitori del Paradiso. Il Figlio Eterno della Trinità del Paradiso ha aperto la via in questa pratica, essendosi autoconferito sette volte sui sette circuiti di Havona ai tempi dell’ascensione di Grandfanda e dei primi pellegrini provenienti dal tempo e dallo spazio. Ed il Figlio Eterno continuò a conferire se stesso negli universi locali dello spazio nelle persone dei suoi rappresentanti, i Figli Micael ed i Figli Avonal.
(1308.3) 119:0.3 Quando il Figlio Eterno conferisce un Figlio Creatore ad un universo locale progettato, questo Figlio Creatore assume la piena responsabilità di completare, controllare e pacificare quel nuovo universo; egli fa inoltre il solenne giuramento alla Trinità eterna di non assumere la piena sovranità della nuova creazione prima che i suoi sette conferimenti sotto forma di creatura siano stati completati con successo e certificati dagli Antichi dei Giorni aventi giurisdizione sul superuniverso interessato. Questo obbligo è assunto da ogni Figlio Micael che si offre volontario per uscire dal Paradiso ed impegnarsi nella creazione e nell’organizzazione di un universo.
(1308.4) 119:0.4 Il proposito di queste incarnazioni sotto forma di creatura è di permettere a questi Creatori di divenire dei sovrani saggi, affettuosi, giusti e comprensivi. Questi Figli divini sono per natura giusti, ma divengono di una comprensione misericordiosa in conseguenza di queste esperienze successive di conferimento. Essi sono misericordiosi per natura, ma queste esperienze li rendono misericordiosi in modo nuovo e maggiore. Tali conferimenti sono le ultime tappe della loro educazione e formazione per il compito sublime di governare gli universi locali in rettitudine divina e con giusto giudizio.
(1308.5) 119:0.5 Sebbene questi conferimenti portino numerosi vantaggi accessori ai vari mondi, sistemi e costellazioni, come pure ai differenti ordini d’intelligenze universali interessati e beneficati, tuttavia essi sono principalmente destinati a completare la formazione personale e l’educazione universale di un Figlio Creatore stesso. Questi conferimenti non sono indispensabili alla conduzione saggia, giusta ed efficace di un universo locale, ma sono assolutamente necessari per un’equa, misericordiosa e comprensiva amministrazione di tale creazione, formicolante delle sue varie forme di vita e delle sue miriadi di creature intelligenti ma imperfette.
(1308.6) 119:0.6 I Figli Micael cominciano il loro lavoro di organizzazione di un universo con una piena e giusta comprensione per i vari ordini di esseri che hanno creato. Essi hanno immense riserve di misericordia per tutte queste creature differenti, ed anche pietà per quelle che sbagliano e si dibattono nelle difficoltà da loro stesse prodotte. Ma tali dotazioni di giustizia e di rettitudine non basteranno nel giudizio degli Antichi dei Giorni. Questi dirigenti trini dei superuniversi non confermeranno mai un Figlio Creatore come Sovrano d’Universo prima che abbia realmente acquisito il punto di vista delle sue creature mediante un’esperienza effettiva nell’ambiente in cui esistono e nella forma di queste stesse creature. In tal modo questi Figli divengono dei sovrani avveduti e comprensivi; essi arrivano a conoscere i vari gruppi sui quali regnano ed esercitano un’autorità universale. Per mezzo di un’esperienza vivente essi acquisiscono una misericordia pratica, un giudizio equo e la pazienza nata da un’esistenza come creatura esperienziale.
(1309.1) 119:0.7 L’universo locale di Nebadon è ora governato da un Figlio Creatore che ha completato il suo servizio di conferimento. Egli regna con una giusta e misericordiosa supremazia su tutti i vasti regni del suo universo in corso di evoluzione e di perfezionamento. Micael di Nebadon è il 611.121° conferimento del Figlio Eterno agli universi del tempo e dello spazio ed ha cominciato l’organizzazione del vostro universo locale circa quattrocento miliardi di anni fa. Micael si è preparato per la sua prima avventura di conferimento circa all’epoca in cui Urantia stava prendendo la sua forma attuale, un miliardo di anni fa. I suoi conferimenti sono avvenuti ad intervalli di circa centocinquanta milioni di anni; l’ultimo è avvenuto su Urantia millenovecento anni fa. Io procederò ora a descrivervi la natura ed il carattere di questi conferimenti nella misura in cui lo permette il mio incarico.
(1309.2) 119:1.1 Fu un avvenimento solenne su Salvington, quasi un miliardo di anni fa, quando i direttori ed i capi riuniti dell’universo di Nebadon ascoltarono Micael annunciare che suo fratello maggiore, Emanuele, avrebbe assunto presto l’autorità in Nebadon, mentre lui (Micael) si sarebbe assentato per una missione non spiegata. Nessun altro annuncio fu fatto su questa operazione, eccetto il messaggio di commiato trasmesso ai Padri delle Costellazioni che, tra altre istruzioni, diceva: “E durante questo periodo vi pongo sotto la custodia e la cura di Emanuele, mentre io vado ad eseguire il mandato di mio Padre del Paradiso.”
(1309.3) 119:1.2 Dopo aver inviato questi saluti di commiato, Micael apparve sul campo di partenza di Salvington, esattamente come aveva fatto in molte occasioni precedenti in cui si preparava a partire per Uversa o per il Paradiso, salvo che venne da solo. Egli concluse la sua allocuzione di partenza con queste parole: “Vi lascio solo per un breve periodo. Molti di voi, lo so, vorrebbero venire con me, ma dove vado io voi non potete venire. Quello che sto per fare, voi non potete farlo. Io vado a compiere la volontà delle Deità del Paradiso e quando avrò terminato la mia missione ed acquisito questa esperienza riprenderò il mio posto tra voi.” Dopo aver detto questo Micael di Nebadon scomparve dalla vista di tutti coloro che erano riuniti e non riapparve per vent’anni del tempo standard. In tutto Salvington soltanto la Divina Ministra ed Emanuele conoscevano quanto stava accadendo, e l’Unione dei Giorni partecipò il suo segreto solo al capo esecutivo dell’universo, Gabriele, il Radioso Astro del Mattino.
(1309.4) 119:1.3 Tutti gli abitanti di Salvington e coloro che abitavano sui mondi capitale delle costellazioni e dei sistemi si riunirono attorno alle loro rispettive stazioni per la ricezione delle informazioni universali, sperando di ricevere qualche notizia sulla missione e sul luogo di soggiorno del Figlio Creatore. Non fu ricevuto alcun messaggio di qualche importanza fino al terzo giorno successivo alla partenza di Micael. In questo giorno fu registrata su Salvington una comunicazione proveniente dalla sfera Melchizedek, sede di quell’ordine in Nebadon, che descriveva semplicemente la seguente operazione straordinaria e senza precedenti: “Oggi a mezzogiorno è apparso sul campo d’arrivo di questo mondo uno strano Figlio Melchizedek, che non è del nostro gruppo, ma che è del tutto simile ai membri del nostro ordine. Egli era accompagnato da un onniafino solitario che portava credenziali da Uversa e che presentava istruzioni indirizzate al nostro capo da parte degli Antichi dei Giorni e concordate con Emanuele di Salvington. Esse ordinavano che questo nuovo Figlio Melchizedek fosse ricevuto nel nostro ordine ed assegnato al servizio d’emergenza dei Melchizedek di Nebadon. Così è stato ordinato e così è stato fatto.”
(1310.1) 119:1.4 Questo è quasi tutto ciò che si trova negli archivi di Salvington circa il primo conferimento di Micael. Nient’altro vi appare per cento anni del tempo di Urantia, quando fu registrato il fatto del ritorno di Micael e della sua improvvisa riassunzione della direzione degli affari dell’universo. Si può tuttavia trovare sul mondo Melchizedek una strana iscrizione, un racconto del servizio di questo eccezionale Figlio Melchizedek del corpo d’emergenza di quell’era. Questo rapporto è conservato in un modesto tempio che occupa ora la posizione antistante la dimora del Padre Melchizedek, e comprende la narrazione del servizio di questo Figlio Melchizedek transitorio in relazione alla sua assegnazione a ventiquattro missioni d’emergenza nell’universo. Questo rapporto, che ho recentemente riletto, termina così:
(1310.2) 119:1.5 “Oggi a mezzogiorno, senza preavviso ed in presenza di soli tre membri della nostra fratellanza, questo Figlio visitatore del nostro ordine è scomparso dal nostro mondo come era venuto, accompagnato soltanto da un onniafino solitario. E questo resoconto termina ora con l’attestazione che questo visitatore è vissuto come un Melchizedek, nelle sembianze di un Melchizedek, ha lavorato come un Melchizedek ed ha fedelmente compiuto tutte le sue missioni come Figlio d’emergenza del nostro ordine. Per consenso universale egli è divenuto capo dei Melchizedek, avendo guadagnato il nostro amore e la nostra adorazione con la sua incomparabile saggezza, il suo amore supremo e la sua splendida consacrazione al dovere. Egli ci ha amati, ci ha compresi ed ha servito con noi, e noi saremo per sempre i suoi leali e devoti compagni Melchizedek, perché questo straniero sul nostro mondo è ora divenuto per l’eternità un ministro universale di natura Melchizedek.”
(1310.3) 119:1.6 Questo è tutto ciò che mi è permesso raccontarvi sul primo conferimento di Micael. Noi, beninteso, comprendiamo pienamente che questo strano Melchizedek, che ha servito così misteriosamente con i Melchizedek un miliardo di anni fa, non era altri che il Micael incarnato durante la missione del suo primo conferimento. Gli archivi non attestano specificamente che questo straordinario ed efficiente Melchizedek fosse Micael, ma si ritiene universalmente che lo fosse. Probabilmente il resoconto effettivo di questo fatto non può essere trovato fuori degli archivi di Sonarington, e gli archivi di quel mondo segreto non sono aperti a noi. Soltanto su questo mondo sacro dei Figli divini sono interamente conosciuti i misteri dell’incarnazione e del conferimento. Noi tutti conosciamo i fatti dei conferimenti di Micael, ma non comprendiamo come sono stati effettuati. Noi non sappiamo come il governatore di un universo, il creatore dei Melchizedek, possa così improvvisamente e misteriosamente divenire uno di loro e, come tale, vivere tra di loro e lavorare come un Figlio Melchizedek per cento anni. Ma così è avvenuto.
(1310.4) 119:2.1 Per quasi centocinquanta milioni di anni dopo il conferimento Melchizedek di Micael tutto andò bene nell’universo di Nebadon, poi cominciarono ad insorgere dei disordini nel sistema 11 della costellazione 37. Questi disordini erano dovuti ad un malinteso da parte di un Figlio Lanonandek, un Sovrano di Sistema, che era stato giudicato dai Padri della Costellazione con l’approvazione del Fedele dei Giorni, il consigliere del Paradiso per quella costellazione, ma il Sovrano di Sistema protestatario non si era del tutto rassegnato al verdetto. Dopo più di cento anni di malcontento egli portò i suoi associati ad una delle ribellioni più estese e disastrose contro la sovranità del Figlio Creatore mai insorte nell’universo di Nebadon, una ribellione giudicata e terminata da lungo tempo grazie all’azione degli Antichi dei Giorni di Uversa.
(1311.1) 119:2.2 Questo Sovrano di Sistema ribelle, Lutentia, regnò supremo sul suo pianeta sede per più di venti anni del tempo standard di Nebadon; dopo di che gli Altissimi, con l’approvazione di Uversa, ordinarono la sua segregazione e chiesero ai dirigenti di Salvington di designare un nuovo Sovrano di Sistema che assumesse la direzione di quel sistema di mondi abitati turbato e lacerato dai conflitti.
(1311.2) 119:2.3 Simultaneamente al ricevimento di questa richiesta su Salvington, Micael fece la seconda di quelle straordinarie dichiarazioni d’intenzione di assentarsi dalla capitale dell’universo per il proposito di “eseguire gli ordini di mio Padre del Paradiso”, promettendo di “ritornare al momento dovuto” e concentrando ogni autorità nelle mani di suo fratello del Paradiso, Emanuele, l’Unione dei Giorni.
(1311.3) 119:2.4 Poi, con la stessa tecnica seguita al momento della sua partenza per il conferimento Melchizedek, Micael prese di nuovo congedo dalla sua sfera capitale. Tre giorni dopo questo congedo inspiegato, un nuovo membro sconosciuto apparve in mezzo al corpo di riserva dei Figli Lanonandek primari di Nebadon. Questo nuovo Figlio apparve a mezzogiorno, senza preavviso ed accompagnato da un terziafino solitario latore di credenziali degli Antichi dei Giorni di Uversa, certificate da Emanuele di Salvington, le quali ordinavano che questo nuovo Figlio fosse assegnato al sistema 11 della costellazione 37 come successore del deposto Lutentia e con piena autorità quale Sovrano di Sistema facente funzioni, in attesa della nomina di un nuovo sovrano.
(1311.4) 119:2.5 Per più di diciassette anni del tempo dell’universo questo strano e sconosciuto sovrano temporaneo amministrò gli affari e risolse saggiamente le contese di questo sistema locale turbato e demoralizzato. Nessun Sovrano di Sistema fu mai più ardentemente amato o più estesamente onorato e rispettato. Questo nuovo sovrano rimise in ordine con giustizia e misericordia il turbolento sistema, portando assiduamente il suo ministero a tutti i suoi sudditi, ed offrendo inoltre al suo predecessore ribelle il privilegio di condividere il trono dell’autorità del sistema se solo si fosse scusato con Emanuele per i suoi affronti. Ma Lutentia respinse queste offerte di misericordia, sapendo bene che questo nuovo e strano Sovrano di Sistema altri non era che Micael, il governatore stesso dell’universo che egli aveva così recentemente sfidato. Ma milioni di suoi seguaci ingannati e delusi accettarono il perdono di questo nuovo governatore, conosciuto in quell’epoca come il Sovrano Salvatore del sistema di Palonia.
(1311.5) 119:2.6 E giunse poi il giorno memorabile in cui arrivò il nuovo Sovrano di Sistema titolare, designato dalle autorità dell’universo come successore permanente del deposto Lutentia, e tutto Palonia pianse la partenza del capo di Sistema più nobile e più benevolo che Nebadon avesse mai conosciuto. Egli era amato da tutto il sistema e adorato dai suoi compagni di tutti i gruppi di Figli Lanonandek. La sua partenza non avvenne senza cerimonie; fu organizzata una grande celebrazione quando egli lasciò la capitale del sistema. Anche il suo predecessore deviato gli inviò questo messaggio: “Tu sei giusto e retto in tutte le tue vie. Anche se io continuo a respingere il governo del Paradiso, sono costretto ad ammettere che tu sei un amministratore giusto e misericordioso.”
(1312.1) 119:2.7 E poi questo sovrano temporaneo di un sistema ribelle si congedò dal pianeta del suo breve soggiorno amministrativo e tre giorni dopo Micael riapparve su Salvington e riprese la direzione dell’universo di Nebadon. Seguì subito il terzo proclama di Uversa che annunciava l’estensione giurisdizionale dell’autorità e della sovranità di Micael. Il primo proclama fu fatto al momento del suo arrivo in Nebadon, il secondo fu emanato subito dopo il completamento del conferimento Melchizedek, ed ora seguiva il terzo al termine della seconda missione, o missione Lanonandek.
(1312.2) 119:3.1 Il consiglio supremo di Salvington aveva appena terminato l’esame di una richiesta dei Portatori di Vita del pianeta 217 nel sistema 87 della costellazione 61 per l’invio in loro aiuto di un Figlio Materiale. Ora questo pianeta era situato in un sistema di mondi abitati in cui un altro Sovrano di Sistema aveva deviato, la seconda ribellione di tal genere fino ad allora in tutto Nebadon.
(1312.3) 119:3.2 Su richiesta di Micael l’intervento riguardante l’istanza dei Portatori di Vita di questo pianeta fu rimandato in attesa che Emanuele potesse esaminarla e riferire in merito. Questa era una procedura irregolare e mi ricordo bene che noi tutti ci aspettavamo qualcosa d’insolito, e non dovemmo attendere a lungo. Micael rimise la direzione dell’universo nelle mani di Emanuele, mentre affidava il comando delle forze celesti a Gabriele. Dopo aver disposto in questo modo delle sue responsabilità amministrative egli si congedò dallo Spirito Madre d’Universo e scomparve dal campo di partenza di Salvington esattamente come aveva fatto nelle due precedenti occasioni.
(1312.4) 119:3.3 E come ci si poteva aspettare, tre giorni dopo apparve senza preavviso sul mondo capitale del sistema 87 nella costellazione 61 uno strano Figlio Materiale accompagnato da un seconafino solitario, accreditato dagli Antichi dei Giorni di Uversa e certificato da Emanuele di Salvington. Immediatamente il Sovrano di Sistema in funzione nominò questo nuovo e misterioso Figlio Materiale come Principe Planetario reggente del mondo 217, e questa designazione fu subito confermata dagli Altissimi della costellazione 61.
(1312.5) 119:3.4 Così questo straordinario Figlio Materiale cominciò la sua difficile carriera su un mondo in quarantena, in secessione ed in ribellione, situato in un sistema assillato, senza alcuna comunicazione diretta con l’universo esterno, lavorando da solo per un’intera generazione del tempo planetario. Questo Figlio Materiale d’emergenza portò al pentimento e alla redenzione il Principe Planetario deviato e tutto il suo personale e vide il ritorno del pianeta al servizio leale del governo del Paradiso qual è stabilito negli universi locali. A tempo debito un Figlio ed una Figlia Materiali arrivarono su questo mondo ringiovanito e redento, e quando furono debitamente installati come governatori planetari visibili, il Principe Planetario provvisorio o d’emergenza si congedò ufficialmente, scomparendo un giorno a mezzodì. Tre giorni dopo Micael apparve al suo consueto posto su Salvington e subito le trasmissioni del superuniverso emisero il quarto proclama degli Antichi dei Giorni che annunciava l’ulteriore avanzamento della sovranità di Micael in Nebadon.
(1312.6) 119:3.5 Mi rincresce di non avere il permesso di raccontarvi la pazienza, la forza d’animo e l’abilità con le quali questo Figlio Materiale affrontò le situazioni difficili su questo pianeta confuso. La riabilitazione di questo mondo isolato è uno dei capitoli più splendidamente toccanti degli annali della salvezza in tutto Nebadon. Alla fine di questa missione risultò evidente a tutto Nebadon perché il loro amato governatore avesse scelto d’impegnarsi in questi ripetuti conferimenti nelle sembianze di qualche ordine subordinato di esseri intelligenti.
(1313.1) 119:3.6 I conferimenti di Micael come Figlio Melchizedek, poi come Figlio Lanonandek e poi come Figlio Materiale sono tutti ugualmente misteriosi ed inspiegabili. In ciascun caso egli è apparso improvvisamente e come un individuo pienamente sviluppato del gruppo di conferimento. Il mistero di queste incarnazioni non sarà mai conosciuto, tranne che da quelli che hanno accesso al cerchio interno degli archivi sulla sfera sacra di Sonarington.
(1313.2) 119:3.7 Dopo questo conferimento meraviglioso come Principe Planetario di un mondo in isolamento ed in ribellione, mai nessuno dei Figli e delle Figlie Materiali di Nebadon è stato tentato di lamentarsi per la sua assegnazione o di trovare da ridire sulle difficoltà della sua missione planetaria. I Figli Materiali sanno una volta per tutte che nel Figlio Creatore dell’universo hanno un sovrano comprensivo ed un amico affettuoso, uno che è “stato tentato e provato sotto tutti i punti”, come anch’essi devono essere tentati e provati.
(1313.3) 119:3.8 Ciascuna di queste missioni fu seguita da un’era di servizio e di lealtà accresciuti tra tutte le intelligenze celesti originarie dell’universo, ed ogni era successiva al conferimento fu caratterizzata da un progresso e da un miglioramento in tutti i metodi di amministrazione dell’universo ed in tutte le tecniche di governo. Dopo questo conferimento nessun Figlio o Figlia Materiali si è mai unito intenzionalmente ad una ribellione contro Micael; essi lo amano e lo onorano con troppa devozione per respingerlo coscientemente. Solo attraverso inganni e sofismi gli Adami dei tempi recenti sono stati sviati da personalità ribelli di tipo superiore.
(1313.4) 119:4.1 Fu alla fine di uno dei periodici appelli nominali millenari di Uversa che Micael procedette a rimettere il governo di Nebadon nelle mani di Emanuele e di Gabriele. E naturalmente, ricordando ciò che era avvenuto in passato a seguito di una tale azione, ci preparammo tutti ad assistere alla scomparsa di Micael per la sua quarta missione di conferimento, e non dovemmo attendere a lungo, perché egli si recò presto sul campo di partenza di Salvington e scomparve dalla nostra vista.
(1313.5) 119:4.2 Il terzo giorno dopo questa partenza per il conferimento, osservammo nelle trasmissioni universali destinate ad Uversa questa significativa notizia proveniente dal quartier generale serafico di Nebadon: “Riportiamo l’arrivo imprevisto di un serafino sconosciuto, accompagnato da un supernafino solitario e da Gabriele di Salvington. Questo serafino non registrato possiede i requisiti dell’ordine di Nebadon e porta credenziali degli Antichi dei Giorni di Uversa, certificate da Emanuele di Salvington. Detto serafino si rivela appartenere all’ordine supremo degli angeli di un universo locale ed è già stato assegnato al corpo dei consiglieri dell’insegnamento.”
(1313.6) 119:4.3 Micael rimase assente da Salvington in questo conferimento serafico per un periodo di oltre quarant’anni del tempo standard dell’universo. Durante questo tempo egli fu assegnato come consigliere serafico dell’insegnamento, quello che si potrebbe definire un segretario particolare, a ventisei istruttori maestri successivi, lavorando su ventidue mondi differenti. Il suo ultimo incarico fu quello di consigliere ed assistente assegnato ad una missione di conferimento di un Figlio Istruttore Trinitario sul mondo 462 del sistema 84 della costellazione 3 nell’universo di Nebadon.
(1314.1) 119:4.4 Nei sette anni di tale incarico, questo Figlio Istruttore Trinitario non fu mai del tutto persuaso dell’identità del suo associato serafico. In verità, durante quest’epoca, ogni serafino fu osservato con un interesse ed una cura particolari. Noi tutti sapevamo benissimo che il nostro amato Sovrano era fuori nell’universo, celato nelle sembianze di un serafino, ma non potemmo mai essere certi della sua identità. Egli non fu mai chiaramente identificato prima della sua assegnazione alla missione di conferimento di questo Figlio Istruttore Trinitario. Ma per tutto questo periodo i serafini supremi furono sempre trattati con sollecitudine speciale per timore che qualcuno di noi scoprisse che avevamo inconsapevolmente ospitato il Sovrano dell’universo in missione di conferimento sotto forma di creatura. E così è divenuto per sempre vero, per quanto concerne gli angeli, che il loro Creatore e Sovrano è stato “in tutti i punti tentato e provato nelle sembianze di una personalità serafica”.
(1314.2) 119:4.5 Via via che questi conferimenti successivi parteciparono sempre più della natura delle forme inferiori di vita universale, Gabriele fu sempre più associato a queste avventure d’incarnazione, operando come agente di collegamento universale tra il Micael conferito ed Emanuele, il governatore interinale dell’universo.
(1314.3) 119:4.6 Micael è ora passato per l’esperienza di conferimento di tre ordini di Figli universali da lui creati: i Melchizedek, i Lanonandek ed i Figli Materiali. Poi accondiscende a personalizzarsi nelle sembianze della vita angelica come serafino supremo, prima di rivolgere la sua attenzione alle varie fasi delle carriere ascendenti della forma più bassa delle sue creature dotate di volontà, i mortali evoluzionari del tempo e dello spazio.
(1314.4) 119:5.1 Poco più di trecento milioni di anni fa, secondo la misurazione del tempo su Urantia, noi fummo testimoni di un altro trasferimento dell’autorità universale ad Emanuele ed osservammo i preparativi di Micael per la partenza. Questa occasione fu differente dalle precedenti, nel senso che egli annunciò che la sua destinazione era Uversa, capitale del superuniverso di Orvonton. A tempo debito il nostro Sovrano partì, ma le trasmissioni del superuniverso non fecero mai menzione dell’arrivo di Micael alla corte degli Antichi dei Giorni. Poco dopo la sua partenza da Salvington comparve nelle trasmissioni di Uversa questa significativa dichiarazione: “È arrivato oggi, senza preavviso e privo di numero, un pellegrino ascendente di origine mortale proveniente dall’universo di Nebadon, certificato da Emanuele di Salvington ed accompagnato da Gabriele di Nebadon. Questo essere non identificato presenta lo status di un vero spirito ed è stato accolto nella nostra comunità.”
(1314.5) 119:5.2 Se voi visitaste oggi Uversa, ascoltereste il racconto del tempo in cui vi soggiornò Eventod, perché questo pellegrino particolare e sconosciuto del tempo e dello spazio fu conosciuto su Uversa con questo nome. E questo ascendente mortale, a dir poco una stupenda personalità nelle esatte sembianze dello stadio spirituale dei mortali ascendenti, visse e lavorò su Uversa per un periodo di undici anni del tempo standard di Orvonton. Questo essere ricevette gli incarichi ed assolse i compiti di un mortale spirituale assieme ai suoi simili provenienti dai vari universi locali di Orvonton. In “tutti i punti egli fu tentato e provato, come i suoi compagni”, ed in tutte le occasioni si mostrò degno della fiducia dei suoi superiori, meritandosi infallibilmente il rispetto e la leale ammirazione degli spiriti suoi compagni.
(1315.1) 119:5.3 Su Salvington noi seguimmo la carriera di questo pellegrino spirituale con estremo interesse, sapendo perfettamente, per la presenza di Gabriele, che questo modesto spirito pellegrino senza numero non era altri che il governante conferitosi del nostro universo locale. Questa prima apparizione di Micael incarnato nel ruolo di uno stadio di evoluzione mortale fu un avvenimento che appassionò ed affascinò tutto Nebadon. Noi avevamo inteso parlare di queste cose, ma ora potevamo osservarle. Egli apparve su Uversa come un mortale spirituale pienamente sviluppato e perfettamente istruito, e come tale continuò la sua carriera fino al momento dell’avanzamento di un gruppo di ascendenti mortali ad Havona. Egli ebbe allora un colloquio con gli Antichi dei Giorni ed immediatamente, in compagnia di Gabriele, prese improvviso e discreto congedo da Uversa, apparendo poco dopo al suo posto consueto su Salvington.
(1315.2) 119:5.4 Fu solo dopo il completamento di questo conferimento che noi cominciammo a sospettare che Micael si sarebbe probabilmente incarnato nelle sembianze dei suoi vari ordini di personalità universali, dai più alti Melchizedek fino all’ultimo gradino dei mortali di carne e sangue dei mondi evoluzionari del tempo e dello spazio. In quest’epoca i collegi Melchizedek cominciarono ad insegnare che era probabile che Micael s’incarnasse un giorno come un mortale della carne, e si formularono molte ipotesi sulla possibile tecnica di un tale conferimento inspiegabile. Il fatto che Micael abbia svolto di persona il ruolo di un mortale ascendente diede un nuovo ed accresciuto interesse all’intero piano di progressione delle creature lungo tutto il tragitto attraverso l’universo locale ed il superuniverso.
(1315.3) 119:5.5 Tuttavia la tecnica di questi conferimenti successivi rimase un mistero. Gabriele stesso confessa che non comprende il metodo con il quale questo Figlio Paradisiaco e Creatore di un universo può, a volontà, assumere la personalità e vivere la vita di una delle sue creature subordinate.
(1315.4) 119:6.1 Ora che tutta Salvington aveva familiarità con i preliminari di un conferimento imminente, Micael convocò coloro che risiedevano sul suo pianeta-sede e per la prima volta espose il resto del piano d’incarnazione, annunciando che avrebbe lasciato presto Salvington allo scopo di assumere la carriera di un mortale morontiale presso la corte degli Altissimi Padri sul pianeta capitale della quinta costellazione. Poi ascoltammo per la prima volta l’annuncio che il suo settimo ed ultimo conferimento avrebbe avuto luogo su un mondo evoluzionario nelle sembianze della carne mortale.
(1315.5) 119:6.2 Prima di lasciare Salvington per il suo sesto conferimento, Micael parlò agli abitanti riuniti della sfera e partì sotto lo sguardo di tutti gli astanti, accompagnato da un serafino solitario e dal Radioso Astro del Mattino di Nebadon. Mentre la direzione dell’universo era stata di nuovo affidata ad Emanuele, vi fu una più ampia ripartizione delle responsabilità amministrative.
(1315.6) 119:6.3 Micael apparve sulla capitale della quinta costellazione come un mortale morontiale di status ascendente nel pieno possesso dei suoi mezzi. Mi dispiace che mi sia proibito rivelare i dettagli di questa carriera di un mortale morontiale senza numero, perché fu una delle epoche più straordinarie e stupefacenti nell’esperienza di conferimento di Micael, non escluso il suo soggiorno drammatico e tragico su Urantia. Ma tra le molte restrizioni impostemi quando accettai questo incarico, ce n’è una che mi proibisce di rivelare i dettagli di questa meravigliosa carriera di Micael come mortale morontiale di Endantum.
(1316.1) 119:6.4 Quando Micael ritornò da questo conferimento morontiale fu evidente a noi tutti che il nostro Creatore era divenuto una creatura simile a noi, che il Sovrano dell’Universo era anche l’amico e l’aiuto affettuoso persino delle forme più basse delle intelligenze create dei suoi regni. Noi avevamo già notato questa acquisizione progressiva del punto di vista delle creature nell’amministrazione dell’universo, perché essa era apparsa gradualmente; ma divenne più evidente dopo il completamento del suo conferimento come mortale morontiale ed ancora di più dopo il suo ritorno dalla carriera di figlio del carpentiere su Urantia.
(1316.2) 119:6.5 Noi fummo informati in anticipo da Gabriele sul momento in cui Micael avrebbe terminato il conferimento morontiale, e di conseguenza preparammo un’accoglienza appropriata su Salvington. Milioni e milioni di esseri si erano riuniti dai mondi capitali delle costellazioni di Nebadon, e la maggior parte dei soggiornanti sui mondi adiacenti a Salvington fu riunita per dargli il benvenuto al suo ritorno al governo del suo universo. In risposta ai nostri numerosi indirizzi di benvenuto ed espressioni di apprezzamento per un Sovrano interessato in modo così vitale alle sue creature, egli si limitò a rispondere: “Mi sono semplicemente occupato degli affari di mio Padre. Sto solo facendo quello che piace ai Figli Paradisiaci che amano le loro creature e che anelano a comprenderle.”
(1316.3) 119:6.6 Ma da quel giorno e fino al momento in cui Micael s’imbarcò per la sua avventura su Urantia in quanto Figlio dell’Uomo, tutto Nebadon continuò a discutere sulle numerose imprese del suo Governatore Sovrano mentre operava su Endantum incarnato, mediante il conferimento, come un mortale morontiale d’ascensione evoluzionaria, venendo sottoposto in tutti i punti a prove come i suoi compagni riuniti dai mondi materiali dell’intera costellazione in cui soggiornava.
(1316.4) 119:7.1 Per decine di migliaia di anni noi tutti attendemmo con impazienza il settimo ed ultimo conferimento di Micael. Gabriele ci aveva informati che questo conferimento terminale sarebbe stato fatto nelle sembianze della carne mortale, ma noi ignoravamo totalmente il momento, il luogo ed il procedimento di questa avventura culminante.
(1316.5) 119:7.2 L’annuncio pubblico che Micael aveva scelto Urantia come teatro del suo conferimento finale fu fatto poco dopo che avemmo notizia del fallimento di Adamo ed Eva. E così, per più di trentacinquemila anni, il vostro mondo ha occupato un posto molto rilevante nei consigli dell’intero universo. Non vi fu alcun segreto (a parte il mistero dell’incarnazione) relativo alle varie fasi del conferimento su Urantia. Dall’inizio alla fine, sino al ritorno finale e trionfale di Micael su Salvington come Sovrano supremo d’Universo, ci fu la pubblicità universale più completa di tutto ciò che avvenne sul vostro piccolo ma altamente onorato mondo.
(1316.6) 119:7.3 Anche se ritenevamo che questo sarebbe stato il metodo impiegato, noi non abbiamo mai saputo, fino al momento dell’avvenimento stesso, che Micael sarebbe apparso sulla terra come un bambino inerme del regno. In precedenza egli era sempre apparso come un individuo pienamente sviluppato del gruppo di personalità scelto per il conferimento, e fu una notizia entusiasmante quella trasmessa da Salvington che annunciava che il bambino di Betlemme era nato su Urantia.
(1316.7) 119:7.4 Noi allora non solo capimmo che il nostro Creatore ed amico stava facendo il passo più precario di tutta la sua carriera, rischiando apparentemente la sua posizione e la sua autorità in questo conferimento sotto forma di un bambino inerme, ma comprendemmo anche che la sua esperienza in questo conferimento finale in veste di mortale l’avrebbe insediato per l’eternità sul trono come sovrano indiscusso e supremo dell’universo di Nebadon. Per un terzo di secolo del tempo terrestre tutti gli sguardi in tutte le parti del nostro universo locale furono focalizzati su Urantia. Tutte le intelligenze si resero conto che era in corso l’ultimo conferimento, e poiché noi sapevamo da lungo tempo della ribellione di Lucifero in Satania e della disaffezione di Caligastia su Urantia, comprendevamo bene l’intensità della lotta che avrebbe avuto luogo quando il nostro governatore avesse accondisceso ad incarnarsi su Urantia nelle umili forme e sembianze della carne mortale.
(1317.1) 119:7.5 Joshua ben Joseph, il bambino ebreo, fu concepito e venne al mondo esattamente come tutti gli altri bambini prima e dopo di lui, salvo che questo bambino particolare era l’incarnazione di Micael di Nebadon, un divino Figlio Paradisiaco ed il creatore di tutto questo universo locale di cose e di esseri. Questo mistero dell’incarnazione della Deità nella forma umana di Gesù, la cui origine era peraltro naturale nel mondo, resterà per sempre insoluto. Anche nell’eternità voi non conoscerete mai la tecnica ed il metodo dell’incarnazione del Creatore nella forma e nelle sembianze delle sue creature. Questo è il segreto di Sonarington, e tali misteri sono proprietà esclusiva dei Figli divini che sono passati per l’esperienza del conferimento.
(1317.2) 119:7.6 Certi uomini saggi della terra sapevano dell’arrivo imminente di Micael. Mediante i contatti tra i mondi questi uomini saggi dotati d’intuizione spirituale ebbero notizia del prossimo conferimento di Micael su Urantia. Ed i serafini lo annunciarono, tramite le creature intermedie, ad un gruppo di sacerdoti caldei il cui capo era Ardnon. Questi uomini di Dio fecero visita al bambino appena nato. Il solo evento soprannaturale associato alla nascita di Gesù fu questo annuncio ad Ardnon ed ai suoi compagni da parte dei serafini in precedenza assegnati ad Adamo ed Eva nel primo giardino.
(1317.3) 119:7.7 I genitori umani di Gesù erano persone comuni della loro epoca e della loro generazione, e questo Figlio di Dio incarnato nacque quindi da una donna e fu allevato alla maniera ordinaria dei bambini di quella razza e di quell’epoca.
(1317.4) 119:7.8 La storia del soggiorno di Micael su Urantia, il racconto del conferimento umano del Figlio Creatore sul vostro mondo, è una questione che oltrepassa la portata e lo scopo di questa esposizione.
(1317.5) 119:8.1 Dopo il conferimento finale di Micael su Urantia, coronato da successo, egli non solo fu accettato dagli Antichi dei Giorni come governante sovrano di Nebadon, ma fu anche riconosciuto dal Padre Universale come direttore stabile dell’universo locale che aveva creato. Al suo ritorno su Salvington questo Micael, Figlio dell’Uomo e Figlio di Dio, fu proclamato governatore permanente di Nebadon. Da Uversa giunse l’ottavo proclama della sovranità di Micael, mentre dal Paradiso arrivò una dichiarazione congiunta del Padre Universale e del Figlio Eterno che costituiva questa unione di Dio e di uomo come solo capo dell’universo, e che ordinava all’Unione dei Giorni stazionato su Salvington di comunicare la sua intenzione di ritirarsi in Paradiso. I Fedeli dei Giorni sulle capitali delle costellazioni ricevettero anch’essi istruzione di ritirarsi dai consigli degli Altissimi. Ma Micael non volle acconsentire che i Figli della Trinità lo privassero del loro consiglio e della loro collaborazione. Egli li riunì su Salvington e chiese loro personalmente di rimanere per sempre a servire in Nebadon. Essi espressero ai loro direttori in Paradiso il desiderio di aderire a questa richiesta, e poco dopo furono emessi i mandati di separazione dal Paradiso che assegnavano per sempre questi Figli dell’universo centrale alla corte di Micael di Nebadon.
(1318.1) 119:8.2 C’era voluto quasi un miliardo di anni del tempo di Urantia per completare la carriera di conferimento di Micael e per effettuare l’instaurazione definitiva della sua autorità suprema nell’universo da lui creato. Micael era nato creatore, fu educato come amministratore, formato come dirigente, ma gli fu necessario conquistare la sua sovranità mediante l’esperienza. Così il vostro piccolo mondo fu conosciuto in tutto Nebadon come l’arena in cui Micael completò l’esperienza richiesta ad ogni Figlio Creatore Paradisiaco prima di ricevere il controllo e la direzione illimitata dell’universo di propria creazione. A mano a mano che vi eleverete nell’universo locale, apprenderete di più sugli ideali delle personalità coinvolte nei conferimenti precedenti di Micael.
(1318.2) 119:8.3 Completando i suoi conferimenti come creatura, Micael non solo stabilì la sua sovranità, ma accrebbe anche la sovranità in evoluzione di Dio il Supremo. Nel corso di tali conferimenti il Figlio Creatore non solo s’impegnò in un’esplorazione discendente delle diverse nature della personalità delle creature, ma compì anche la rivelazione delle volontà variamente diversificate delle Deità del Paradiso, la cui unità sintetica, qual è svelata dai Creatori Supremi, è rivelativa della volontà dell’Essere Supremo.
(1318.3) 119:8.4 Questi vari aspetti della volontà delle Deità sono eternamente personalizzati nelle differenti nature dei Sette Spiriti Maestri, e ciascuno dei conferimenti di Micael fu particolarmente rivelatore di una di queste manifestazioni della divinità. Nel suo conferimento come Melchizedek egli manifestò la volontà congiunta del Padre, del Figlio e dello Spirito. Nel suo conferimento come Lanonandek egli manifestò la volontà del Padre e del Figlio. Nel conferimento adamico egli rivelò la volontà del Padre e dello Spirito e nel conferimento serafico la volontà del Figlio e dello Spirito. Nel conferimento come mortale su Uversa egli presentò la volontà dell’Attore Congiunto, e nel conferimento come mortale morontiale presentò la volontà del Figlio Eterno. Infine nel conferimento materiale su Urantia egli visse la volontà del Padre Universale, proprio come un mortale di carne e di sangue.
(1318.4) 119:8.5 Il completamento di questi sette conferimenti portò alla liberazione della sovranità suprema di Micael ed anche alla creazione della possibilità della sovranità del Supremo in Nebadon. In nessuno dei suoi conferimenti Micael rivelò Dio il Supremo, ma la somma dei suoi sette conferimenti è una nuova rivelazione dell’Essere Supremo in Nebadon.
(1318.5) 119:8.6 Nell’esperienza della discesa da Dio all’uomo, Micael sperimentò contemporaneamente l’ascesa dalla parzialità della manifestabilità alla supremazia dell’azione finita e alla finalità della liberazione del suo potenziale per funzioni absonite. Micael, Figlio Creatore, è un creatore nel tempo-spazio, ma Micael, Figlio Maestro di conferimento settuplo, è un membro di uno dei corpi divini costituenti l’Ultimità della Trinità.
(1318.6) 119:8.7 Facendo l’esperienza di rivelare le volontà dei Sette Spiriti Maestri della Trinità, il Figlio Creatore è passato per l’esperienza di rivelare la volontà del Supremo. Operando come rivelatore della volontà della Supremazia, Micael, insieme con tutti gli altri Figli Maestri, ha identificato se stesso con il Supremo per l’eternità. Durante quest’era dell’universo egli rivela il Supremo e partecipa all’attuazione della sovranità della Supremazia. Ma nella prossima era dell’universo noi crediamo che egli collaborerà con l’Essere Supremo nella prima Trinità esperienziale negli universi dello spazio esterno ed a favore di essi.
(1319.1) 119:8.8 Urantia è il santuario sentimentale di tutto Nebadon, il più importante di dieci milioni di mondi abitati, la dimora mortale di Cristo Micael, sovrano di tutto Nebadon, ministro Melchizedek presso i regni, salvatore di un sistema, redentore adamico, compagno serafico, associato degli spiriti ascendenti, progressore morontiale, Figlio dell’Uomo nelle sembianze della carne mortale e Principe Planetario di Urantia. E le vostre Scritture dicono la verità quando affermano che questo stesso Gesù ha promesso di ritornare un giorno sul mondo del suo conferimento terminale, il Mondo della Croce.
(1319.2) 119:8.9 Questo fascicolo, che descrive i sette conferimenti di Cristo Micael, è il sessantatreesimo di una serie di presentazioni patrocinate da numerose personalità, che narrano la storia di Urantia fino al tempo dell’apparizione di Micael sulla terra nelle sembianze della carne mortale. Questi fascicoli sono stati autorizzati da una commissione di Nebadon di dodici membri agenti sotto la direzione di Mantutia Melchizedek. Noi abbiamo redatto queste esposizioni e le abbiamo trascritte in lingua inglese, mediante una tecnica autorizzata dai nostri superiori, nell’anno 1935 d.C. del tempo di Urantia.