IL RIPOSO - DI RAFFAELLO BORGHINI
Raffaello Borghini (Firenze, 1537 – 1588) è stato un commediografo, poeta e critico d'arte italiano contemporaneo di Bartolomeo Ammannato. Chiaramente e con dovizia parla della fontana del Nettuno (“il Biancone”) e degli Uffizi. Bartolomeo Ammannato e non Ammannati come la critica, sbagliando, ormai classifica come autore di entrambi. Il Borghini scrisse le Commedie, che espongono casi tragici e romanzeschi: L'amante furioso ( 1583 ); La donna costante; Diana pietosa, favola pastorale, ( 1586 ) e Il Riposo, opera composta da dialoghi riguardanti le arti, avvenuti nella villa Il Riposo di Bernardo Vecchietti, dalla quale prende il nome l'opera.
Estratto da “Il Riposo (pag. 590-595)”
E
Di Bartolomeo cominciando dico, che egli nacque a Firenze l’anno della Christiana salute 1511, e dal Cavaliere Bandinello apparò i primi principi del disegno, e poscia in Vinegia sotto gli ammaestramenti di Iacopo Sansovino si fece valentuomo nella cultura: e dopo ritornato a Firenze si diede a studiare sopra le statue di Michelagnolo, che sono nella sacrestia di San Lorenzo. Le prime figure che egli facesse di marmo furono nel Duomo di Pisa a una sepoltura di corpi Santi, un Dio Padre con alcuni Angnoli di mezzo rilievo: e in Firenze una Leda alta due braccia , che si trova hoggi in mano del Duca d'Urbino, e tre figure di marmo grandi quanto il naturale che furono portate a Napoli, e poste sopra il sepolcro del Senazaro.
Trasferitosi poscia ad Urbino diede principio a una sepoltura, e lavorò molte historie di stucco, ma in questo tempo morendo il Duca, se ne tornò a Firenze e fece quella sepoltura di marmo che doveva andare alla Nunziata di Mario Nari Romano, che combatté con Francesco Musi, in cu egli haveva fatto la Vittoria, che aveva sotto una prigione, due fanciulli e una statua di Mario sopra la cappa; ma quest’opera (perché fu stimata incerta da qual parte fosse la Vittoria e perché non fu l’Ammannato in ciò molto favorito dal Bandinello) non si scoperse altrimenti e le statue furono portate in vari luoghi e i due fanciulli di marmo sono hoggi rappresentando due Agnoli dinanzi all’altar maggiore della Chiesa de’ Servi, […]
In quel medesimo tempo lavorò un Marte, una venere e due fanciulli tutti insieme di bronzo. Poscia lavorando a fare il Nettuno che è in mezzo alla ricca fontana di piazza, egli ha concorrenza di Benvenuto Cellini, di Vincenzo Danti e di Giambologna fece il modello e a lui dal Duca Cosimo fu allocata la statua e tutta l’opera della Fontana. Ma perché il marmo gli risultò stretto alle spalle non potè egli come desiderava far mostrare alla sua figura attitudine con le braccia alzate; ma fu costretto a farla con gran difficoltà, come hoggi si vede. Il qual nettuno, come sapete, è alto braccia 10 e fra le gambe tre tritoni di marmo posando sopra una gran conca marina, che gli serve come carro, in cui sono in atto di tirare quattro cavalli due di marmo bianco e due di mistio; il gran vaso in cui l’acqua cristallina (che per molti zampilli salendo, ricade) è fatto di otto facce di marmo mistio, di cui le quattro minori di bambini di bronzo con molte cose marine, d’alcuni Cornucopi, e d’uno Epitaffio in mezzo sono fatte adorne: e sopra il piano d’esse (che più d’ogni altro s’innalza) posano quattro statue di metallo più grandi del naturale, due femmine figurate per Teti e per Dori, e due maschi rappresentanti due Dei marini e a piè di quelle facce, otto Satiri di bronzo seggono in varie attitudini: le faccie poi maggiori son fatte basse, acciò che l’acque chiare che nella gran conca vanno ondeggiando, si possan vedere. Ma troppo lungo sarei se i gradini di marmo, se le pile basse, e se gli infiniti ornamenti di quella fontana, che per settanta bocche manda fuori l’acque sue, volessi raccontare.
Però seguendo l’altre opere dell’Ammannato dico che a richiesta di Papa Gregorio XIII oggi regnante, ha fatto in Campo Santo di Pisa la sepoltura del Signor Giovanni Buoncompagno dove si vede Christo in mezzo alla Giustizia e alla Pace, che mostra le sue piaghe. Le quali statue di marmo sono alte 4 braccia l’una. Molte altre opere di scultura, per quello che io stimo, harebbe egli fatto, se non si fosse dato all’architettura, di cui divero molto vale, come ne posson far fede le fabbriche di cui egli è il capo, fra le quali è il superbo e maraviglioso Palagio del Granduca Francesco, chiamato il palagio de’ Pitti e il bellissimo ponte di Santa Trinità, che con suo disegno e ordine fu edificato.
Maggiormente ancora farà in ciò nota al mondo la virtù sua, se Dio gli presta tanta di vita che egli possa mandare in luce un’utile e bel libro da lui composto d’Architettura nel quale egli figura un’ampia e perfetta Città facendo vedere in disegni (e sopra essi discorrendo) al palagio reale con tutte sue apparenze, gli Uffici, i Tempi, l’arti, le case de Gentilhuomini, e quelle degli artieri, le piazze, le strade, le botteghe, le fontane e tutte l’altre cose appartenenti ad una benintesa Città e poscia descrive ancora e disegna il palagio regio con giardini e con tutte le comodità che si ricercano e gli habituri dei Genthiluomini; e de contadini con tutti gli avertimenti necessari e belli che si posson nelle ville disiderare: e ha già il tutto disegnato e descritto, tal che non gli manca se non rivederlo e farlo stampare. Ma egli essendo hoggi di età 72 e della vista e della testa non molto sano, attende più che ad altra cosa a procacciarsi con opere sante e per l’eterna salute.