Dalla vita di Benvenuto Cellini
(Restituita esattamente alla lezione originale, con osservazioni filologiche e brevi note dichiarative ad uso dei non toscani)
NUOVA EDIZIONE A CURA DI B. BIANCHI CON VARJ DOCUMENTI IN FINE, CONCERNENTI LA VITA E LE OPERE DELL* AUTORE.
FIRENZE. 1866.
[...] XGIX. In questo tempo il gran marmo del Nettunno si era stato portato per il fiume d’Arno, e poi condotto per la Grieve in sulla strada del Poggio a Caiano, per poterlo poi meglio condurre a Firenze per quella strada piana , dove io lo andai a vedere. E sebbene io sapevo certissimo che la duchessa l’aveva per suo propio favore fatto avere al cavalièr Bandinello, non per invidia che io portassi al Bandinello, ma sì bene mosso a pietà del povero mal fortunato marmo (guardisi, che qual cosa e’ si sia, la quale sia sottoposta a mal destino, che un la cerchi scampare da qualche evidente male, gli avviene che la cade in molto peggio, come fece il detto marmo alle man di Bartolomeo Ammannato, del quale si dirà ’l vero al suo luogo ), veduto che io ebbi il bellissimo marmo, subito presi la sua altezza e la sua grossezza per tutti i versi, e tornatomene a Firenze, feci parecchi modellini approposito.
Dappoi io andai al Poggio a Caiano, dove era il duca e la duchessa, e il principe lor figliuolo; e trovandogli tutti a tavola, il duca con la duchessa mangiava ritirato, di modo che io mi missi a trattenere il principe. Ed avendolo trattenuto un gran pezzo, il duca che era in una stanza ivi vicino, mi sentiva, e con molto favore e’ mi fece chiamare; e giunto che io fui alle presenze di Loro Eccellenzie, con molte piacevole parole la duchessa cominciò a ragionar meco: con il quale ragionamento a poco a poco io cominciai a ragionar di quel bellissimo marmo che io avevo veduto, e cominciai a dire come la lor nobilissima Scuola i loro antichi l'avevano fatta così virtuosissima, solo per far fare a gara tutti i virtuosi nelle lor professione; ed in quel virtuoso modo ei s’era fatto la mirabil cupola, e le bellissime porte di Santo Giovanni, e tant’ altri bei tempj, e statue, le quali facevano una corona di tante virtù alla lor città, la quale dagli antichi in qua la non aveva mai auto pari.
Subito la duchessa con istizza mi disse, che benissimo lei sapeva quello che io volevo dire, e disse che alla presenza sua io mai più parlassi di quel marmo, perchè io gnele facevo dispiacere. Dissi: Adunque vi fo io dispiacere per volere essere procuratore di Vostre Eecellenzie, farcendo ogni opera perchè le sieno servite meglio? Considerate, signora mia: se Vostre Eecellenzie Illustrissime si contentano., che ognuno facci un modello di un Nettunno, sebbene voi siate resoluti che l'abbia il Bandinello, questo sarà causa che 'l Bandinello per onor suo si metterà con maggiore studio a fare un bel modello, che e’ non farà sapendo di non avere concorrenti : ed in questo modo voi, signori, sarete molto meglio serviti e non torrete l’animo alla virtuosa Scuola, e vedrete chi si desta al bene, io dico al bel modo di questa mirabile arte, e mostrerrele voi signori di dilettarvene e d’ intendervene.
La duchessa con gran collora mi disse che io l’avevo fradicia , e che voleva che quel marmo fussi del Bandinello, e disse: Dimandane il duca, che anche Sua Eccellenzia vuole che e’ sia del Bandinello. Detto che ebbe la duchessa, il duca, che era sempre stato cheto, disse: Gli è venti anni che io feci cavare quel bel marmo apposta per il Bandinello, e così io voglio che il Bandinello l'abbia, e sia suo. Subito io mi volsi al duca, e dissi : Signor mio, io priego Vostra Eccellenzia Illustrissima che mi faccia grazia che io dica a Vostra Eccellenzia quattro parole per suo servizio. Il duca mi disse che io dicessi tutto quello che io volevo, e che e’ mi ascolterebbe. Allora io dissi: Sappiate, signor mio, che quel marmo, di che ’l Bandinello fece Ercole e Gacco, e’ fu cavato per quel mirabil Michelagnolo Buonarroti , il quale aveva fatto un modello di un Sansone con quattro figure, il quale saria stato la più bella opera del mondo, ed il vostro Bandinello ne cavò dua figure sole , mal fatte e tutte rattoppate : il perchè la virtuosa Scuola ancor grida del gran torto che si fece a quel bel marmo.
Io credo che e’ vi fu appiccato più di mille sonetti, in vitupero di cotesta operacela, ed io so che vostra Eccellenzia Illustrissima benissimo se ne ricorda. E però, valoroso mio signore, se quegli uomini che avevano cotal cura, funo tanto insapienti, che loro tolsono quel bel marmo a Michelagnolo , che fu cavato per lui, e lo dettono al Bandinello, il quale lo guastò, come si vede, oh! comporterete voi mai che questo ancor molto più bellissimo marmo, sebbene gli è del Bandinello, il quale lo guasterebbe, di non lo dare ad uno altro valentuomo che ve lo acconci? [...]
CI. (pag 472...) Il detto Bandinello aveva inteso, come io avevo fatto quel Crocifisso che io ho detto di sopra: egli subito messe mano in un pezzo di
Dove Bernardone sensale mi disse un giorno, incontrandoci in villa, che la duchessa aveva dato il marmo; al quale io dissi: Oh sventurato marmo! certo che alle mani del Bandinello egli era capitato male , ma alle mani dell’ Ammannato gli è capitato cento volle peggio.
CV. Trovandomi in quel modo afflitto, a ogni modo andavo a lavorare alla ditta Loggia il mio gigante, tanto che, in pochi giorni appresso, il gran male mi sopraffece tanto, che ei mi fermò nel letto. Subito che la duchessa sentì che io ero ammalato, la fece dare la opera del disgraziato marmo libera a Bartolomeo dell’Ammannato, il quale mi mandò a dire per messer.... abitante in via del..., che io facessi quel che volessi dei mio cominciato modello, perchè lui si aveva guadagnato il marmo.
(Nel Codice vedesi in gran parte cancellato questo periodo. Forse fu il Cellini stesso che lo cancellò, pentito o vergognato dell’ inguria fatta all' onore della Laura Battiferra moglie dell’Ammannato, alla quale tutto il mondo dava lode di onesti costumi. Io ho rimesso le parole cassate, perchè diversamente rimanevano senza senso le altre che seguono)
Quando e’ si cominciò a ragionare dello sventurato gran marmo , io mi feci innanzi come buon suo servitore ed amatore dell’ arte e dell’ onore ed utile di Sua Eccellenza Illustrissima , e con parole e con fatti mostravo e dicevo , che , se quell’ altro bel marmo si era capitato male per le mane del Bandinello , che questo Sua Eccellenza Illustrissima doverrebbe voler vedere più modelli, e che con il suo buono iudicio quella dappoi di tanti potria scerne il meglio: dove questo mio consiglio molto gli piacque.
Espressamente mi comandò che io ne facessi un modello, il quale solo per ubbidienza , come i buoni servitori fanno , io lo feci piccolo di cera e di legno; e dipoi domandai a Sua Eccellenza Illustrissima che mi dessi le comodità , acciò che io lo facessi della grandezza che gli usciva di quel povero sventurato marmo. Il quale comandò a Francesco di ser Iacopo, che mi accomodassi del tutto, da’ lavoranti in fuori; ed io ubbidientissimamente lo cominciai con tre lavoranti pagati del mio, povero sventurato , e con quella vera arte che si fanno tali imprese.
Io lo cominciai con la vera regola, ricrescendo dal piccolo al grande, quale in ne’ mia grandi studii ho imparata, la quale questi imperiti ciabattoni non sanno, nè la credono, per la qual cosa gli hanno guasto il povero sventurato marmo affatto, e starà molto peggio di un cento che quello di Ercole del Bandinello. Io vidi il modello di terra dell’Ammannato, quando lui per saccenteria aperse alla Piazza, e molto mi maravigliai che lui avessi così poca sperienza, e cotanto poco sapere d’ogni cosa, con sì mirabil fortuna cieca. Di modo che io non conosco mai di avere in modo nissuno disubbidito, ma sì bene fedelissimamente ed ubbidientissimamente servito, e non mi doglio d’altro, se non che io non sono stato da Sua Eccellenza illustrissima in tanti anni adoperato a nulla , che s’è priva Sua Eccellenza e me di quello che tanto cortesemente mi aveva donato Iddio.