Intervista al dott. Paolo Di Lazzaro
Perché un lenzuolo di lino rettangolare lungo 4,4 metri e largo 1,1 metri, che porta impressa un’immagine frontale e dorsale di un uomo flagellato e morto in croce, è divenuto uno degli oggetti più studiati al mondo? Secondo la tradizione cristiana la Sindone ha avvolto il corpo di Gesù e l’immagine impressa sarebbe, quindi, quella del Cristo; eppure a interessarsi della Sindone non è solo il mondo storico-religioso, ma anche quello scientifico. “La Sindone è un enigma scientifico a molte facce.”
Ci spiega il dott. Paolo Di Lazzaro, responsabile del Laboratorio Eccimeri del Centro Ricerche ENEA di Frascati. E in effetti le domande sono numerose. “La misura di radio datazione effettuata con il carbonio 14, per esempio, ha collocato l’origine del telo in pieno medioevo (1260 – 1390) ma questa misura sembra aver sofferto sia di errori materiali di calcolo sia di problemi di contaminazione, ed è in contrasto con molti indizi tessili, iconografici, storici che suggeriscono che questo telo sia più antico di quanto dica la radio datazione”.
Il principale interrogativo, però, sembra riguardare la realizzazione di questa immagine che ha caratteristiche chimiche e fisiche praticamente impossibili da replicare oggi, e a maggior ragione nel medioevo o in tempi più remoti. “Fra le tante caratteristiche peculiari, l’immagine si presenta come un negativo fotografico; il colore risiede solo in uno strato molto superficiale dei fili del tessuto e le sue sfumature contengono informazioni tridimensionali.
Le numerose tracce ematiche (sangue, siero, birilubina) sul telo sono pienamente rispondenti ad un uomo crocefisso e fortemente traumatizzato e la mancanza di immagine sotto le macchie di sangue suggerisce che il sangue stesso abbia schermato il lino dalla causa dell’immagine, quindi il sangue si è depositato prima della formazione dell’immagine. Queste caratteristiche sono talmente difficili da riprodurre, anche con la tecnologia attuale, che rendono assai improbabile l’ipotesi del falsario medioevale in grado di creare questa immagine”.
Dott. Di Lazzaro perché vi siete interessati alla Sindone?
La curiosità è una delle caratteristiche principali degli scienziati. Di fronte all’immagine sindonica, invece di porci la domanda sul “quando?” a Frascati ci siamo chiesti “come?”. Tempo fa abbiamo visto alcune foto al microscopio del tessuto della Sindone di Torino e abbiamo notato una somiglianza con le fibre di tessuto che avevamo colorato con i nostri Laser per conto di alcune industrie tessili. Ci siamo chiesti se era possibile, con le nostre conoscenze e tecnologie, produrre una immagine simil-sindonica.
In cosa consistono i vostri esperimenti e cosa siete riusciti a dimostrare?
I risultati ottenuti sono andati oltre ogni nostra aspettativa. Abbiamo dimostrato che un impulso di luce ultravioletta estremamente breve (pochi miliardesimi di secondo) in un intervallo ristrettissimo di valori di energia e densità di potenza è in grado di colorare con la stessa cromaticità dell’immagine sindonica il tessuto di lino in modo molto superficiale, in pratica solo gli strati più esterni del singolo filo di lino.
Più precisamente, ciascun filo di lino (che ha un diametro di circa 0,3 millimetri) è composto da circa 200 fibrille3. Noi siamo riusciti a colorare il primo strato di fibrille esposto alla luce laser, il cosiddetto “primary cell wall” della fibrilla di lino, una pellicola sottilissima spessa 0,2 micrometri che circonda la fibrilla, lasciando la parte interna della stessa fibrilla non colorata.
Questa è una delle caratteristiche dell’immagine sindonica più difficili da replicare. Inoltre abbiamo osservato che bastava variare di pochissimo il valore di intensità per ottenere una colorazione sempre superficiale, ma molto più profonda di 0,2 micrometri.4 Si tratta della prima volta che, in analogia con l’immagine sindonica, si riesce a colorare solo il “primary cell wall” della fibrilla di lino tramite radiazione, un risultato mai ottenuto sinora con metodi chimici a contatto (coloranti, paste chimiche, polveri, acidi, vapori, ecc) e avvicinato solo da una tecnica che utilizza la cosiddetta “scarica ad effetto corona”5 e che emette luce ultravioletta.
Questi risultati sono stati riassunti in tre articoli pubblicati sulle riviste scientifiche statunitensi Applied Optics nel 2008 e 2012 e Journal of Imaging Science and Technology nel 2010, e nella rivista Pattern Recognition nel 2013.
Con il vostro laser siete riusciti a colorare in modo superficiale un telo di lino dopo anni di studi per capirne i meccanismi fisico-chimici.
L’idea iniziale era di sfruttare l’elevato assorbimento nell’ultravioletto della cellulosa, che costituisce il 75% delle fibre di lino, per ottenere una colorazione estremamente superficiale, in uno spessore micrometrico o sub-micrometrico. Di conseguenza la scelta è ricaduta sui sistemi laser a eccimero perché sono i laser con maggiore potenza emessa nell’ultravioletto. Abbiamo inviato gli impulsi di luce ultravioletta emessi dai nostri laser ad eccimeri a bombardare vari tessuti di lino, sia grezzi che sbiancati, fabbricati recentemente ma con antiche tecniche, come quella del telaio a mano.
Non avendo trovato in letteratura esperimenti di colorazione di lino tramite luce laser ultravioletta, abbiamo iniziato gli esperimenti in cieco, variando tutti i parametri laser (durata temporale, intensità, numero di impulsi consecutivi) in un ampio intervallo di valori. Questa procedura ha richiesto circa due anni per essere completata. Alla fine siamo riusciti a trovare i parametri laser adatti a colorare in modo simile alla sindone i tessuti di lino, con una sorpresa: è sufficiente, infatti, una piccola variazione dei parametri laser per non ottenere più la colorazione.
Un ulteriore effetto che avete ottenuto è stata un’ “immagine latente”, di cosa si tratta?
Appena al di sotto dell’intensità minima per generare la colorazione, è possibile ottenere una colorazione invisibile, che “appare” solo dopo un invecchiamento naturale del lino di circa due anni, oppure dopo un invecchiamento artificiale ottenuto con pochi secondi di riscaldamento del tessuto a 190 gradi centigradi. Anche in questo caso siamo riusciti a individuare i principali meccanismi fisico-chimici che sottendono la generazione di queste immagini latenti.
Ma allora, in base ai vostri risultati, è possibile riprodurre l’immagine sindonica con le stesse dimensioni?
Diciamo che è molto difficile. Se consideriamo la densità di potenza di radiazione che noi abbiamo utilizzato per ottenere la colorazione di un solo centimetro quadrato di lino, per riprodurre l’intera immagine con un singolo flash di luce sarebbero necessari quattordicimila laser, pensate ad un intero palazzo pieno di laser.
Il nostro è l’ultimo di centinaia di tentativi di riproduzione, i primi hanno utilizzato tecniche a contatto con risultati simili all’originale ad occhio nudo, ma molto diversi se osservati al microscopio. In tempi recenti si è pensato di utilizzare irraggiamenti sia tramite particelle (protoni) sia tramite radiazione ultravioletta emessa da scariche elettriche tipo corona o direttamente da sorgenti laser, come nel nostro caso.
I risultati che avete ottenuto possono essere una risposta a uno dei misteri della Sindone?
Quando si parla di un flash di luce che riesce a colorare un telo di lino in modo simile alla sindone è facile portare il discorso nell’ottica del miracolo e della resurrezione. Ma come scienziati, noi ci occupiamo solo di eventi scientificamente riproducibili, e la resurrezione non lo è. Quello che posso dire con assoluta certezza è che il nostro risultato è riproducibile in laboratorio, lo abbiamo verificato più volte con attenzione. Se i nostri risultati scientifici possono aprire un dibattito filosofico e teologico, le conclusioni le lasciamo agli esperti dei rispettivi campi, e in definitiva alla coscienza di ciascuno di noi.