La Sacra Sindone

L'uomo più buono del mondo

Analisi dei risultati

Profilo unidimensionale dell’intensità di un fascio laser misurata da una camera CCD, con una risoluzione di singolo pixel pari a 22 μm = 0.022 mm. L’inserto mostra un ingrandimento delle fluttuazioni spaziali di alta frequenza. Figura tratta dall’articolo [Di Lazzaro 2010a].

Ricapitolando, siamo riusciti ad ottenere una colorazione del lino avente sia la tonalità di colore sia uno spessore di colorazione che si avvicinano a quelle della immagine impressa sulla Sindone di Torino (figure 1 e 2). Inoltre abbiamo dimostrato che la radiazione laser UV e VUV produce una fragilità e uno stress alle fibrille di lino equivalenti ad un invecchiamento accelerato del tessuto (figura 4). 

Abbiamo anche ottenuto una colorazione latente (figura 3), cioè che appare a distanza di tempo dall’irraggiamento laser grazie ad un doppio meccanismo sinergico di colorazione (la luce UV e VUV che spezza alcuni legami chimici favorendo l’effetto ossidante e disidratante del calore). Infine, abbiamo dimostrato che la colorazione non è dovuta ad un effetto termico, in analogia con le caratteristiche dell’immagine sindonica [Schwalbe, Jumper, Fanti 2010b, Rogers 2002].

Ovviamente, nessuno può ipotizzare che l’immagine corporea della Sindone sia stata prodotta da una serie di lampi di luce nel VUV emessi da un laser. Piuttosto, i nostri risultati mostrano come il laser eccimero è un potente strumento di indagine per simulare i processi chimici e fisici che potrebbero aver causato la peculiare colorazione dell’immagine sindonica. Allo scopo di comprendere meglio questi processi, è necessario ora entrare nel dettaglio dell’interazione della luce UV e VUV con il lino.


Processi chimici Un filo di lino è formato da circa 200 fibre elementari aventi una struttura cilindrica con lunghezza media di 30 millimetri e diametro medio di 20 micrometri, chiamate fibrille. Le fibrille sono costituite da una parte interna (medulla) di pura cellulosa, e da una sottile (0,2 μm) pellicola esterna composta da emicellulosa, cellulosa e altri componenti minori, chiamata “parete primaria cellulare” [Perez]. Ricordiamo che l’emicellulosa è un polisaccaride simile alla cellulosa, ma consiste di catene più corte (da 500 a 3000 unità di glucosio) in confronto alle 7.000 – 15.000 molecole di glucosio per polimero osservate nella cellulosa.

Le differenti profondità di colorazione ottenute con luce UV e VUV (vedi figura 2) possono essere dovute alla differente lunghezza d’onda λ. Tuttavia, nell’articolo [Di Lazzaro 2010b] abbiamo mostrato sperimentalmente che c’è solo una differenza dell’11% nell’assorbimento del lino tra λ = 0,193 μm e λ = 0,308 μm. Allora è necessario individuare un meccanismo addizionale per spiegare i differenti spessori di penetrazione e colorazione, cioè giallo o giallo-seppia dopo irraggiamento VUV a 0,193 μm e marronechiaro dopo irraggiamento UV a 0,308 μm. Questo meccanismo addizionale potrebbe essere causato dal picco di assorbimento spettrale al di sotto di 0,26 μm dei gruppi carbonili chetonici (−C=O) che promuovono l’ingiallimento della emicellulosa nella parete primaria cellulare [Bos, Perez]. In altre parole, la luce a λ = 0,193 μm è assorbita dai carbonili chetonici e conduce alla degradazione fotolitica dell’emicellulosa, causando la dissociazione dei legami molecolari che promuove le reazioni chimiche necessarie alla formazione del cromoforo. A livello macroscopico, tali reazioni producono la colorazione gialla simil-sindonica (figura 1).

Si noti che la radiazione a 0,308 μm non rientra nella banda di assorbimento dei carbonili chetonici, mentre può essere assorbita dai gruppi aldeidi (−CHO) [Bos]. Quindi, la radiazione a 0,308 μm non è in grado di iniziare il processo a molti passi sopra descritto che conduce all’ingiallimento della cellulosa ed emicellulosa. Infatti, sperimentalmente la radiazione UV produce una colorazione marroncina del lino e una maggiore fragilità evidenziata dalla birifrangenza (figura 4). In questo contesto, la formazione delle immagini latenti può essere spiegata dalla ossidazione della cellulosa (causata del calore) che produce strutture coniugate insature che vanno a rinforzare l’effetto disidratante della radiazione UV e VUV. Infatti il processo di colorazione iniziato dalla esposizione alla radiazione UV e VUV è accelerato e rinforzato dal calore, come descritto nell’articolo [Yatagai].


Processi fisici

Cerchiamo ora di comprendere perché è difficile ottenere la colorazione della sola parete primaria cellulare della fibrilla di lino. Il profilo di intensità del fascio del laser eccimero non è uniforme, e mostra fluttuazioni spaziali di frequenza elevata, che possono essere misurate da una camera CCD ad alta risoluzione spaziale, come illustrato nella figura precedente.

Le fluttuazioni di intensità in figura 5 hanno un periodo irregolare, con gradienti di intensità (derivata spaziale dell’intensità) fino a 350 MW/cm2 per centimetro. In altre parole, il valore di intensità laser incidente su due punti del lino distanti un solo millimetro può variare fino a 35 MW/cm2. Questo enorme valore del gradiente di intensità può spiegare il motivo per cui sia possibile ottenere il “giusto” valore di intensità per una colorazione sub-micrometrica solamente in una zona limitata, difficile da individuare tramite microfotografie.

Passiamo ora a discutere le principali differenze tra la nostra colorazione del lino tramite luce laser e l’immagine sindonica Le microfotografie della Sindone mostrano che il passaggio da zone più colorate a zone meno colorate (la sfumatura dell’immagine) è il risultato della diversa concentrazione di fibrille colorate gialle alternate a fibrille non colorate [Pellicori, Rogers 2002, Fanti 2010a, Fanti 2010b] e NON da fibrille colorate in modo diverso. Inoltre la colorazione dell’area di immagine possiede una distribuzione discontinua lungo i fili intrecciati della Sindone, e sono presenti striature [Pellicori]. Queste caratteristiche non si riscontrano nei tessuti irraggiati con laser, che presentano fluttuazioni di colorazione su distanze più ampie delle singole fibrille.

Tuttavia, sarebbe possibile ottenere queste caratteristiche tramite impulsi laser aventi una peculiare forma spaziale di intensità, simile al profilo a “dente di sega” con periodo variabile. Grazie all’attuale stato dell’arte dell’ottica diffrattiva, è possibile oggi modulare la distribuzione spaziale dei fasci laser in modo da creare un profilo di intensità in grado di riprodurre striature e una distribuzione discontinua di fibrille colorate lungo la trama dei lini. In linea di principio, dunque, un esperimento condotto con luce laser VUV associata a opportune ottiche diffrattive collegate ad un computer e a un sistema di movimentazione micrometrica consentirebbe di replicare con grande precisione le caratteristiche dell’immagine della Sindone. 

Uno sforzo in tal senso, però, andrebbe ben oltre lo scopo delle nostre ricerche. Infatti il nostro obiettivo non è la perfetta riproduzione della intera immagine sindonica con un laser, ma vuole piuttosto essere un contributo alla migliore comprensione dei processi fisici e chimici che hanno portato all’immagine impressa sulla Sindone.