Ravasi
Cardinale Ravasi
(Fino al 25 novembre 2022, presidente della Pontificia commissione di archeologia sacra)[…] Tra i fogli copti ritrovati a Nag Hammadi, c’era un testo apocrifo parzialmente già noto in greco in tre papiri rinvenuti tra il 1897 e il 1904 nella località di Ossirinco, un centro a 180 km a sud del Cairo, da due studiosi inglesi, Bernard P. Grenfell e Arthur S. Hunt, e databili attorno al 200-250, antichi di oltre 100-150 anni rispetto ai più ampi paralleli copti di Nag Hammadi.
Ma che cosa conteneva questo scritto che solo nel "colofon" finale è definito «Vangelo secondo Tommaso»? Si tratta di 114 lóghia, cioè "detti" di Gesù, alcuni presenti nei Vangeli canonici, altri ignoti ma spesso non privi di una loro attendibilità storica.
Ora, da tempo gli esegeti hanno isolato all'interno dei Vangeli di Matteo e Luca una fonte usata da questi evangelisti denominata Q (dal tedesco Quelle, "fonte') e costituita anch'essa di frasi pronunciate da Gesù.
Si trattava, dunque, di qualcosa di parallelo rispetto al Vangelo secondo Tommaso: sappiamo, infatti, che i Vangeli ebbero alcuni "predecessori", orali e scritti, ossia stesure parziali di detti e fatti di Gesù e memorie su di lui.
Certo, il nostro apocrifo è di redazione tarda, ma custodisce al suo interno frasi nuove o analoghe e talora identiche a quelle della fonte Q.
Nonostante l'«alone caliginoso» che avvolge il testo di Tommso a causa di una sua ipotetica dipendenza dalle mitologie gnostiche, cioè appartenenti a un'ideologia cristiana deviata fiorita soprattutto in Egitto, l'opera rivela una sua originalità sia contenutistica sia stilistica sia strutturale, acutamente vagliata da una studiosa statunitense, April D. DeConick (The Original Gospel of Thomas, T&T Clark, London - New York 2006).
Il modello di composizione risultante è dinamico, è quello di un rolling corpus che intreccia tradizioni orali e cristallizzazione scritta e che opera «un continuo e progressivo incorporamento di materiale nuovo», destinato a «inframmezzarsi e compenetrarsi con quello precedente, trasfigurandolo nella forma e riorientandone il significato».
Tre sono gli attori che entrano in scena. C'è innanzitutto una voce narrante che introduce i vari lòghia con la formula: «Dice Gesù...». Si ha poi l'apostolo Tommaso che reca anche il nome di Giuda e la resa greca del significato di Thômàs, "gemello", quindi Didimo, termine usato nei suoi confronti anche dal Vangelo di Giovanni (11,16; 20,24; 21,2).
Quest'ultimo lo presenta come personaggio centrale in una delle apparizioni di Cristo risorto, sotto lo scorcio simbolico del dubbioso (20,19-29), al contrario di quanto accade nell'apocrifo ove è l'emblema del vero discepolo.
Infine, ecco il protagonista Gesù che sorprendentemente non è mai chiamato né Cristo né Figlio di Dio, ma soprattutto «il Vivente». Infatti, nel testo è di grande rilievo la dialettica tra vita e morte, tesa verso l'orizzonte escatologico per cui il fedele è destinato a «non gustare la morte» in quel paradiso ove gli alberi «non cambiano né d'estate né d'inverno», le cui foglie sono perenni, divenendo così simbolo d'immortalità (n.19).
Perciò, sarà «beato colui che sarà saldo all'inizio: egli conoscerà la fine e non gusterà la morte» (n.18).
A questo punto non resta che percorrere i 114 detti di questo stupefacente Vangelo […]. Tanto per far pregustare qualche perla di questa collana spirituale, citeremo tre lòghia.
Il primo reca il n. 25 ed è un'esaltazione del precetto dell'amore: “Dice Gesù: Ama tuo fratello come la tua anima; custodiscilo come la pupilla del tuo occhio”.
Il secondo è in realtà l'ultimo della raccolta (n.114) ed è sconcertante per il suo aspro antifemminismo, testimonianza di ambiti estremi del cristianesimo delle origini […]
In un altro detto, il 22, si aveva invece il superamento della divisione dei sessi, un po' nella linea di quanto affermava san Paolo: «Non c'è giudeo né greco, non c'è schiavo né libero, non c'è maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Galati 3,28).
Infine, un terzo detto che è, invece, senza riscontri diretti nei Vangeli canonici, ma è dotato di una potenza espressiva straordinaria:
“Dice Gesù: Mi sono levato in mezzo al mondo e mi sono manifestato loro nella carne; li ho trovati tutti ubriachi e non ho trovato nessuno tra loro assetato. E la mia anima ha sofferto per i figli degli uomini, poiché essi sono ciechi nel loro cuore e non vedono bene; infatti vuoti sono venuti nel mondo e vuoti cercano di uscire dal mondo. Ma in questo momento sono ubriachi; quando scuoteranno via il loro vino, allora si convertiranno” (n.28).