La ricchezza perduta

Testi e Vangeli non canonici

L'Apocalisse di Paolo

(Visio Pauli)

L’Apocalisse di Paolo (conosciuta anche come Visio Pauli) è un testo apocrifo del Nuovo Testamento appartenente al genere visionario e apocalittico, in cui viene descritto, in una prospettiva escatologica, il presunto viaggio di Paolo di Tarso nei regni ultramondani; lo spunto da cui il testo si sviluppa è dato da un passaggio della seconda lettera ai Corinzi, nel quale l’apostolo accenna di essere stato rapito fino al terzo cielo, senza però procedere con la descrizione del suo viaggio celeste (2 Cor. 12, 2-5). Composta originariamente in lingua greca tra il II e il III sec. d.C. in Egitto, l’Apocalisse di Paolo fu oggetto di numerose traduzioni e rielaborazioni successive, sulla base delle quali è possibile ricostruire la struttura narrativa del modello greco perduto. Il testo esercitò nel corso dei secoli, grazie anche alla sua eccezionale popolarità e diffusione, una grande influenza su tutte le visioni medievali successive, delle quali può giustamente ritenersi il prototipo.



INIZIA LA VISIONE
Passerò alle visioni e rivelazioni del Signore. Conosco un cristiano che quattordici anni addietro, se con il corpo o se fuori del corpo non lo so - lo sa Dio - fu rapito fino al terzo cielo; so che quest'uomo, se con il corpo o se fuori del corpo non lo so - lo sa solo Dio - fu rapito in paradiso e udì le parole arcane che agli uomini non è lecito pronunciare. Mi glorierò di costui. Quanto a me non ho nulla da gloriarmi all'infuori delle mie debolezze.


Quando divenne di pubblico dominio? Sotto il console Teodosio Augusto, il Giovane, e Cinegio, a una persona onorata abitante a Tarso nella casa che fu di san Paolo apparve una notte un angelo del Signore per rivelargli di scavare le fondamenta della casa manifestandogli ciò che avrebbe poi trovato; ma quegli ritenne che si trattasse di una illusione.


Ma quando l'angelo venne per la terza volta, lo fustigò e lo costrinse a scavare le fondamenta Dopo aver scavato trovò uno scrignetto di marmo con iscrizioni sui lati: in esso si trovava la rivelazione di san Paolo e i sandali con i quali camminava allorché insegnava la parola di Dio. Quegli però non ardì aprire lo scrignetto e lo portò al giudice; il giudice lo prese e, così come si trovava, lo sigillò con il piombo e l'inviò all'imperatore Teodosio, temendo che vi fosse qualcosa d'altro. Appena lo ricevette, l'imperatore l'aprì e trovò la rivelazione di san Paolo: ne inviò un esemplare a Gerusalemme, e ritenne per sé l'originale.


ACCUSE DEL CREATO CONTRO L'UOMO
Trovandomi tuttora nel corpo, come quando fui rapito fino al terzo cielo, mi fu rivolta in questi termini la parola del Signore. "Dì a questo popolo: Fino a quando seguiterete a peccare aggiungendo peccato a peccato tentando il Signore che vi ha fatto? Voi siete figli di Dio, ma a motivo degli ostacoli del mondo compite opere del diavolo con fiducia in Cristo. Ricordatevi dunque e riconoscete come ogni essere creato serva Dio, e come sia soltanto il genere umano a peccare; ha il dominio su ogni creatura, e pecca più di tutta la natura.” Molte volte, il sole, il grande luminare, fece appello al Signore dicendo: "Signore, Dio onnipotente, io osservo le empietà e le ingiustizie degli uomini; concedimi di fare loro quanto è proprio delle mie qualità, affinché riconoscano che tu solo sei Dio". Ma gli fu rivolta questa voce: "Conosco bene tutto ciò! Infatti, i miei occhi vedono, le mie orecchie odono, ma la mia pazienza li sopporta fino a quando si pentiranno e convertiranno. Se poi non ritorneranno a me, li giudicherò tutti io".


Spesso sia la luna sia le stelle si rivolsero al Signore dicendo: "Signore, Dio onnipotente, hai concesso a noi la sovranità sulla notte, ma fino a quando contempleremo le empietà, le fornicazioni e gli omicidi che compiono i figli degli uomini? Permettici di eseguire su di essi quanto è proprio delle nostre qualità, affinché riconoscano che tu solo sei Dio". Ma fu rivolta loro questa voce: "Conosco bene queste cose! I miei occhi vedono, le mie orecchie odono, ma la mia pazienza li sopporta fino a quando si pentiranno e convertiranno. Se poi non ritorneranno a me, li giudicherò io". Spesso anche il mare esclamò: "Signore, Dio onnipotente, gli uomini hanno profanato in me il tuo santo nome. Permettimi di insorgere e coprire ogni selva, gli alberi e il mondo intero fino a che elimini dal tuo cospetto tutti i figli degli uomini, e riconoscano che tu solo sei Dio". Ma si udì nuovamente una voce che disse: "Conosco ogni cosa! I miei occhi vedono tutto e le mie orecchie odono, ma la mia pazienza li sopporta fino a quando si pentiranno e convertiranno. Se poi non si convertiranno, li giudicherò io".


A volte anche le acque si rivolsero a me contro i figli degli uomini, esclamando: "Signore, Dio onnipotente! Tutti i figli degli uomini profanano il tuo santo nome". Ma si udì la voce: "Io conosco tutte queste cose prima che accadano, giacché il mio occhio vede e il mio orecchio ode ogni cosa, ma la mia pazienza li sopporta fino a quando si convertiranno. Se no, io li giudicherò". Spesso anche la terra si rivolse al Signore contro i figli degli uomini, dicendo: "Signore, Dio onnipotente, io sono in pena più d'ogni altra tua creatura giacché sopporto fornicazioni, adulteri, omicidi, furti, spergiuri, magie e malefici dagli uomini e tutte le cattiverie che compiono, come un padre che insorge contro il figlio, un figlio contro il padre, uno straniero contro uno straniero, ognuno profana la moglie del prossimo; il padre sale sul letto di suo figlio, il figlio sale sul letto del padre. E con ogni malvagità di tal genere profanano il luogo santo, quelli che offrono sacrifici al tuo nome. Per questo io sono in pena più di ogni altra creatura giacché non vorrei offrire le mie proprietà e i miei frutti ai figli degli uomini. Permettimi di annientare le qualità dei miei prodotti". Ma s'udì una voce: "Io conosco ogni cosa, e nessuno può celare a sé stesso il suo peccato. Conosco le loro empietà, ma la mia santità li sopporta fino a quando si pentiranno e convertiranno. Se però non si convertiranno, io li giudicherò"".


ANGELI MESSAGGERI TRA DIO E L'UOMO
Vedete, figli degli uomini! Ogni creatura è sottomessa a Dio. Soltanto il genere umano pecca. Or dunque, figli degli uomini, benedite il Signore Dio, incessantemente ogni ora e ogni giorno. Soprattutto al tramonto del sole: in quest'ora, infatti, tutti gli angeli se ne vanno dal Signore per adorarlo e offrirgli le opere degli uomini, ciò che ogni uomo ha fatto dal mattino alla sera sia di bene che di male. Un angelo se ne parte contento dall'uomo nel quale abita, mentre un altro se ne parte con il volto rattristato. Quando, dunque, il sole tramonta, nella prima ora della notte, in quell'ora se ne parte l'angelo di ogni popolo, di ogni uomo, di ogni donna, che lo protegge e lo custodisce, perché l'uomo è un'immagine di Dio. Così al mattino, alla dodicesima ora della notte, tutti gli angeli degli uomini e delle donne corrono ad adorare Dio e a offrirgli ogni opera, sia buona che cattiva, compiuta da ogni uomo. Ogni giorno e ogni notte gli angeli presentano a Dio il resoconto di tutte le azioni del genere umano. A voi, dunque, figli degli uomini, dico: "Benedite il Signore Dio, senza mai arrestarvi, per tutti i giorni della vostra vita".


All'ora stabilita, tutti gli angeli, ognuno con gioia, vanno insieme al cospetto di Dio per presentarsi ad adorarlo nell'ora fissata. Ecco giunta l'ora dell'adunanza: gli angeli vennero ad adorare al cospetto di Dio, e lo spirito andò loro incontro. S'alzò una voce che diceva: "Donde siete giunti, nostri angeli, ambasciatori carichi di notizie?". Essi risposero e dissero: "Veniamo da quelli che rinunciarono a questo mondo per il tuo santo nome: pellegrini, raminghi, abitanti in caverne rocciose, piangenti in ogni ora della loro dimora sulla terra, affamati e assetati per il tuo nome, (gli abiti) cinti ai fianchi, hanno in mano gli incensi del loro cuore, oranti e benedicenti in ogni ora, sofferenti e dediti al dominio di sé stessi, in pianti e lamentazioni più di ogni altro abitatore della terra. Noi, loro angeli, piangiamo con essi; ordinaci, dunque, di andare a servire ovunque tu vorrai; ordina, Signore, che essi rimangano nella tua giustizia fino alla fine". Da Dio venne loro una voce, dicendo: "Sappiate che d'ora in avanti la mia grazia sarà con voi e così il mio aiuto, cioè il mio dilettissimo Figlio sarà con loro per dirigerli in ogni ora; li servirà e non li abbandonerà mai, giacché il loro luogo è la sua dimora".


Ritiratisi questi angeli, altri angeli vennero per adorare al cospetto della maestà, per incontrarsi con lei: piangevano. Lo spirito andò loro incontro; s'alzò una voce che diceva: "Donde siete giunti, nostri angeli, ambasciatori carichi di notizie del mondo?". Risposero e dissero al cospetto di Dio: "Veniamo da coloro che invocarono il tuo nome, ma gli ostacoli del mondo li resero miseri. Ogni ora ebbero molte occasioni, ma in tutto il tempo della loro vita non innalzarono neppure una preghiera pura con tutto il cuore. Perché dobbiamo restare con uomini peccatori?". Fu rivolta a loro la parola di Dio: "È necessario che li serviate fino a tanto che faranno penitenza e si convertiranno; se non si convertiranno, io li giudicherò". Sappiate dunque, figli degli uomini, che gli angeli presentano a Dio tutte le vostre azioni, sia le buone che le cattive.


MORTE DEI GIUSTI E DEI PECCATORI
Dopo queste cose vidi uno degli spirituali venire da me: mi rapì in spirito e mi trasportò fino alla terza parte del cielo, che è il terzo cielo. L'angelo prese a parlare dicendomi: "Seguimi e ti mostrerò il luogo ove sono condotti i giusti dopo la morte. Dopo ti condurrò nell'abisso e ti mostrerò il luogo ove sono condotte le anime dei peccatori, dopo la morte". Partii dietro all'angelo che mi condusse in cielo; guardai il firmamento e vidi la potenza; là c'era l'oblio che inganna e attrae i cuori degli uomini, lo spirito di detrazione, lo spirito di fornicazione, lo spirito del furore, lo spirito dell'insolenza; là c'erano anche i prìncipi delle malvagità. Questo è quanto vidi sotto il firmamento del cielo. Guardai di nuovo e vidi angeli senza misericordia, sprovvisti di qualsiasi pietà, dal volto pieno di collera e dai denti che fuoriuscivano dalla bocca; i loro occhi brillavano come la stella mattutina dell'Oriente; dai capelli della loro testa e dalla loro bocca uscivano scintille di fuoco. Interrogai l'angelo, dicendo: "Chi sono costoro, signore?". L'angelo rispose, dicendomi: "Questi sono destinati alle anime dei peccatori nel momento del bisogno. Costoro non credettero di avere aiuto dal Signore e non sperarono in lui". Guardai in alto e vidi altri angeli il cui volto splendeva come il sole: i loro fianchi erano stretti da cinture di oro, le loro mani stringevano palme e il segno di Dio; indossavano abiti sui quali era scritto il nome del Figlio di Dio, ed erano ripieni di ogni dolcezza e misericordia. Interrogai l'angelo, dicendo: "Chi sono costoro, signore, con tanta bellezza e misericordia?". L'angelo rispose e mi disse: "Questi sono gli angeli della giustizia, sono inviati ad accogliere le anime dei giusti nell'ora del bisogno, di quelli cioè che credettero di avere aiuto dal Signore".


Domandai: "Le anime dei giusti e dei peccatori dopo la loro morte incontrano necessariamente dei testimoni?". L'angelo mi rispose: "La via per la quale passano tutti coloro che sono diretti verso Dio è una sola; ma i giusti hanno con sé un aiuto santo e non avranno paura presentandosi al cospetto di Dio". Dissi all'angelo: "Vorrei vedere le anime dei giusti e dei peccatori nel momento in cui escono dal mondo". L'angelo rispose e mi disse: "Guarda giù in terra!". Dal cielo guardai in terra e vidi tutto il mondo: era quasi un nonnulla ai miei occhi! Vidi i figli degli uomini: sparivano come un nonnulla! Rimasi stupito e domandai all'angelo: "È tutta qui la grandezza degli uomini?". L'angelo mi rispose: "Tutta qui! Costoro sono quelli che nuocciono dal mattino alla sera". Guardai e vidi una gran nube diffondersi su tutto il mondo, e domandai all'angelo: "Che cos'è questo, signore?". Mi rispose: "Questa è l'ingiustizia combinata dai prìncipi dei peccatori".


Udito questo, io sospirai, piansi e dissi all'angelo: "Vorrei osservare le anime dei giusti, e dei peccatori, e vedere in qual modo escano dal corpo". L'angelo mi rispose: "Guarda nuovamente sulla terra". Guardai, e vidi tutto il mondo. Tutti gli uomini sparivano come un nonnulla. Osservai e vidi un moribondo. L'angelo mi disse: "Costui che stai osservando è un giusto". Osservai ancora, e vidi tutte le azioni da lui compiute per il nome di Dio, tutti i suoi piani sia quelli dei quali aveva serbato memoria sia quelli che aveva dimenticato: nell'ora del bisogno, tutte erano al suo cospetto. Vidi il giusto partire e trovare sollievo e fiducia; prima che uscisse dal mondo gli si presentarono angeli santi insieme ad altri empi. Li osservai tutti; ma gli empi non trovarono in lui alcun luogo da abitarvi, mentre i santi presero possesso della sua anima e la ressero fino alla sua uscita dal corpo. Ammonirono l'anima, dicendo: "Abbi conoscenza, anima, del tuo corpo dal quale sei uscita! Nel giorno della risurrezione dovrai, infatti, ritornare nello stesso corpo per ricevere le promesse fatte a tutti i giusti". Presa, dunque, l'anima dal corpo la baciarono subito, come se fosse stata loro ben nota da una quotidiana consuetudine, e le dissero: "Coraggio! Mentre eri sulla terra hai compiuto la volontà di Dio". Le andò incontro l'angelo che ogni giorno l'aveva custodita, e le disse: "Coraggio, anima! Io mi rallegro di te, poiché sulla terra hai compiuto la volontà di Dio. Io riferivo a Dio tutte le tue azioni, così come sono". Così pure lo spirito le andò incontro, e le disse: "Non temere, anima, non turbarti, al tuo ingresso in un luogo che non hai mai conosciuto! Sarò il tuo aiuto. In te, infatti, trovai un luogo di ristoro per tutto il tempo in cui abitai dentro di te, allorché ti trovavi sulla terra". Il suo spirito la fortificò e il suo angelo l'accolse e la condusse in cielo.


Ma le andarono incontro potenze malvagie, quelle che sono sotto il cielo; andò a lei quello spirito di aberrazione e le disse: "Dove corri, anima, che osi entrare in cielo? Aspetta che vediamo se in te c'è qualcosa di nostro. Ma ecco che in te non troviamo nulla. Scorgo anche l'aiuto divino e il tuo angelo; lo spirito è contento di te, giacché in terra hai compiuto la volontà di Dio". E la condussero al cospetto di Dio per compiere l'adorazione. Quando finirono, Michele e tutto l'esercito degli angeli si prostrarono ad adorare lo sgabello dei suoi piedi e le sue porte; nel mentre dicevano all'anima: "Questo è il Dio di tutti, colui che (ti) fece a sua immagine e somiglianza". L'angelo poi ritornò e si espresse così: "Ricordati, Dio, dei suoi travagli! Questa, Signore, è l'anima sulla quale, in conformità del tuo ordine, ti facevo rapporto". Anche lo spirito disse: "Io sono lo spirito vivificante che soffiavo in lei. Per tutto il tempo in cui abitai in lei ebbi in lei ristoro poiché agiva in conformità del tuo giudizio".


Si udì la voce di Dio che diceva: "Siccome questa non mi rattristò, anch'io non la rattristerò! Siccome lei ebbe misericordia, anch'io avrò misericordia! Sia affidata, dunque, a Michele, angelo dell'alleanza, la conduca nel paradiso della gioia e sia coerede insieme a tutti i santi". Dopo udii le voci di mille e mille angeli, arcangeli, cherubini e dei ventiquattro vegliardi, che cantavano inni e glorificavano il Signore, gridando: "Sei giusto, Signore, giusti sono i tuoi giudizi, non fai alcuna differenza di persone, ma ricompensi ognuno secondo il tuo giudizio". L'angelo riprese a dirmi: "Hai, dunque, creduto e constatato come ognuno di voi, nell'ora del suo bisogno, vedrà tutto quanto ha fatto?". Risposi: "Sì, signore". E mi disse: "Guarda di nuovo sulla terra e attendi che esca dal corpo l'anima di un malvagio che giorno e notte irritò il Signore, dicendo: "Al di là di questo mondo non conosco altro; mangio, bevo e godo di quanto si trova nel mondo. Chi mai, infatti, discese agli inferi e ne risalì per comunicarci che laggiù ha luogo un giudizio?"". Osservai nuovamente e vidi tutto il disprezzo del peccatore e tutto quanto fece; nell'ora del bisogno tutto gli stette davanti. E mentre (l'anima) era condotta fuori del suo corpo per il giudizio, io esclamai: "Meglio per lui se non fosse nato!". Dopo, giunsero insieme presso l'anima del peccatore gli angeli santi e i cattivi; ma gli angeli santi non trovarono in lei luogo alcuno, mentre i cattivi se ne impadronirono. Mentre la menavano fuori dal corpo, gli angeli l'avvertirono tre volte dicendo: "Anima miserabile, guarda bene la carne dalla quale sei uscita! Nel giorno della risurrezione dovrai, infatti, ritornare nella tua carne per ricevere il corrispettivo dei tuoi peccati e delle tue empietà".


Dopo che la trassero fuori, l'angelo consueto le si pose davanti e le disse: "Anima miserabile, io sono l'angelo che ti fu vicino e riferii ogni giorno al Signore le opere malvagie che hai compiuto di notte e di giorno. Se fosse stato in mio potere, non ti avrei servito neppure un sol giorno: ma non lo potei fare. Il giudice misericordioso e giusto, ci ha ordinato di non desistere dal servire un'anima fino a quando si pentirà; ma tu hai perso il tempo della penitenza. Per te, io sono divenuto un estraneo, e tu per me. Andiamo allora dal giudice giusto. Non ti lascerò prima di sapere che da oggi per te io sono un estraneo". Lo spirito la svergognava e l'angelo la confondeva. Quando giunsero dalla potenza, mentre stava già per entrare in cielo, le fu imposta una fatica sopra l'altra: l'errore, l'oblio, la mormorazione le andarono incontro con lo spirito di fornicazione e le altre potenze, dicendole: "Dove vai, anima miserabile? Osi proseguire verso il cielo? Aspetta! Vediamo se in te c'è qualcosa di particolarmente nostro; vediamo, infatti, che con te non c'è l'aiuto santo".


Ma l'angelo rispose e disse: "Sappiate che è un'anima del Signore: egli non la caccerà, né io permetterò che l'immagine di Dio cada in mano del malvagio. Il Signore mi ha sostenuto in tutti i giorni della vita dell'anima: egli può ancora sostenermi e aiutarmi. Io non la scaccerò fino a quando non sarà giunta davanti al trono del Dio altissimo. Quando la vedrà, egli che ha potere su di lei, la manderà dove vuole". Dopo udii delle voci nel più alto dei cieli, che dicevano: "Presentate a Dio quest'anima miserabile affinché sappia che c'è un Dio da lei disprezzato". Quando entrò in cielo, la videro mille e mille angeli ed esclamarono a una voce: "Guai a te, anima miserabile, a causa delle azioni che hai compiuto in terra. Che cosa risponderai allorché ti appresserai a lui per adorarlo?". L'angelo che era con lei rispose e disse: "Piangete con me, carissimi; in quest'anima, infatti, non trovai riposo". Gli risposero gli altri angeli e dissero: "Sia eliminata quest'anima di mezzo a noi! Da quando è entrata, infatti, la sua puzza giunse fino a noi angeli". Fu poi presentata al cospetto di Dio affinché compisse l'adorazione; l'angelo gli fece vedere il Signore Dio che l'aveva fatta a sua immagine e somiglianza. Il suo angelo l'aveva preceduta, dicendo: "Signore, Dio onnipotente, io sono l'angelo di quest'anima della quale ti offrivo le azioni giorno e notte, e non agiva conforme al tuo giudizio". Così pure disse lo spirito: "Io sono lo spirito che abitava in lei, dacché fu fatta. La conosco intimamente: non seguì la mia volontà. Giudicala, Signore, secondo il tuo giudizio".


La voce divina si rivolse a lei, e disse: "Dov'è il frutto che tu hai riportato, degno dei favori ricevuti? Forse che per un sol giorno io feci una differenza tra te e un giusto? Non ho forse fatto sorgere il sole su di te come sul giusto?". Lei rimase zitta, non avendo nulla da rispondere. E si udì nuovamente una voce che diceva: "Il giudizio di Dio è giusto, Dio non guarda in faccia le persone, egli avrà misericordia di chiunque avrà praticato la misericordia: presso Dio non troverà misericordia colui che non sarà stato misericordioso. Sia dunque consegnata all'angelo Tartaruco, sovrintendente ai tormenti, affinché la cacci nelle tenebre esteriori ove è pianto e stridore di denti, e quivi resti fino al gran giorno del giudizio". Dopo di ciò udii una voce di angeli e di arcangeli che diceva: "Tu sei giusto, Signore, e giusto è il tuo giudizio!".


Guardai ancora. Ecco un'anima portata da due angeli mentre piangeva e diceva: "Abbi pietà di me, Dio giusto, giudice giusto! Sono oggi sette giorni dacché sono uscita dal mio corpo e sono stata affidata a questi due angeli i quali mi condussero in luoghi da me mai visti prima". Dio, giudice giusto, le disse: "Che cosa hai fatto? Non hai mai praticato la misericordia, per questo sei stata consegnata a questi angeli che non hanno misericordia; non hai agito rettamente, per questo non ebbero di te pietà nell'ora del tuo bisogno. Confessa dunque i tuoi peccati, commessi allorché ti trovavi nel mondo". Rispose e disse: "Signore, non ho peccato!". A questa affermazione menzognera "non ho peccato", il Signore, Dio giusto, andò in collera. Dio le disse: "Credi di trovarti ancora nel mondo? Là ognuno di voi peccatori occulta e nasconde il proprio peccato al suo prossimo; ma qui non si può nascondere nulla: quando le anime vengono ad adorare davanti al trono, si palesano le opere buone e i peccati di ognuna". Udito questo, l'anima restò in silenzio non sapendo che rispondere. Udii allora il Signore Dio, giudice giusto, proseguire: "Vieni, angelo di quest'anima, mettiti qui in mezzo". L'angelo dell'anima peccatrice si fece avanti con in mano un chirografo, e disse: "Questi, Signore, nelle mie mani, sono tutti i peccati di quest'anima dalla sua gioventù fino a oggi, a cominciare dal decimo anno della sua età. Se tu l'ordini, Signore, posso elencare le sue azioni dal suo quindicesimo anno di età". Il Signore Dio, giudice giusto, disse: "Non aspetto, angelo, che tu mi elenchi le sue azioni dal quindicesimo anno, bensì i peccati commessi cinque anni prima della sua morte e della sua venuta quassù". E proseguì ancora Dio, giusto giudice: "Per me stesso, per i miei angeli santi e per la mia potenza, io giuro che se cinque anni prima della morte si fosse pentita, anche per un solo anno di conversione, ora sarebbero nell'oblio tutti i suoi peccati e le cattive azioni passate, ed ella godrebbe dell'indulgenza e della remissione dei peccati. Ora invece perisca!". L'angelo dell'anima peccatrice rispose e disse: "Ordina, Signore, che quell'angelo introduca quelle anime!".


Furono subito introdotte delle anime, e l'anima del peccatore le riconobbe. Il Signore, allora, disse all'anima del peccatore: "Dico a te, anima! Confessa ciò che hai compiuto contro queste anime che vedi allorché si trovavano nel mondo". Lei rispose: "Signore, non è ancora trascorso un anno dacché uccisi costei e versai in terra il suo sangue; con l'altra ho commesso fornicazione, non solo, ma le ho recato pure molto nocumento sottraendole il patrimonio". Il Signore, giudice giusto, disse: "Ma non sapevi che quando uno commette violenza contro un altro, se l'offeso muore prima viene mantenuto in questo luogo fino alla morte dell'offensore, e allora sono posti ambedue al cospetto del giudice il quale dà a ognuno in proporzione di ciò che fece?". E udii una voce che diceva: "Quest'anima sia consegnata nelle mani del Tartaro; deve essere trascinata giù negli inferi; la si porti giù nella prigione degli inferi; la si consegni ai tormenti e quivi la si lasci fino al gran giorno del giudizio". Udii nuovamente la voce di mille e mille angeli che cantavano un inno al Signore, dicendo: "Sei giusto, Signore, e giuste le tue sentenze!".


VISIONE DEL PARADISO
L'angelo mi interrogò dicendo: "Hai compreso tutte queste cose?". Risposi: "Sì, signore!". Soggiunse: "Seguimi ancora, e ti porterò a vedere i luoghi dei giusti. Seguii l'angelo, che mi innalzò fino al terzo cielo e mi pose presso l'uscio di una porta. Guardai attentamente e vidi che la porta era d'oro; davanti a essa c'erano due colonne d'oro e due tavole d'oro piene di lettere, sulle due colonne. L'angelo si rivolse di nuovo a me e mi disse: "Beato te, se entrerai da queste porte! Per esse, infatti, possono entrare soltanto coloro che hanno conservato verso tutti la bontà e l'innocenza corporea". Domandai all'angelo: "Signore, per qual motivo ci sono queste lettere sulle tavole?". L'angelo mi rispose: "Questi sono i nomi dei giusti che servono Dio di tutto cuore e abitano sulla terra". Domandai ancora: "Signore, i loro nomi sono già scritti quando essi sono ancora sulla terra?". Egli mi rispose: "Non sono scritti soltanto i loro nomi, ma anche il volto e la somiglianza di coloro che servono Dio si trovano in cielo ed essi sono noti agli angeli: questi, infatti, sanno chi sono coloro che servono Dio di tutto cuore, prima ancora che abbandonino il mondo". Allorché oltrepassai la porta del paradiso, mi venne incontro un uomo anziano il cui volto splendeva come il sole. Mi abbracciò e disse: "Salve, Paolo, a Dio dilettissimo!". Mi baciò con il volto sereno, ma poi prese a piangere. Gli domandai: "Fratello, perché piangi?". Tra sospiri e pianti, mi rispose: "Siamo offesi molto dagli uomini e rattristati! Molti sono i beni preparati dal Signore e grande è la sua promessa, ma molti non li ricevono". Domandai all'angelo: "Signore, chi è costui?". Mi rispose: "Questi è Enoc, lo scriba della giustizia".


Penetrai in quel luogo, ed ecco venirmi subito incontro Elia salutandomi, allegro e gioioso. Dopo avermi visto, si voltò e, piangendo, mi disse: "Paolo, possa tu ricevere la ricompensa dei travagli sopportati nell'uman genere! Per quanto mi riguarda, ho visto i grandi e molteplici beni che Dio preparò per tutti i giusti - grandi sono le promesse di Dio! -, ma la maggior parte non li ricevono. E a stento e con molta fatica che uno o l'altro entra in questi luoghi". L'angelo prese a dirmi: "Tutto ciò che ti farò qui vedere e tutto ciò che udrai non manifestarlo ad alcuno sulla terra. Poi mi guidò là ove mi mostrò e udii parole che all'uomo non è lecito proferire". Indi proseguì: "Seguimi ancora, e ti mostrerò quanto devi apertamente narrare e riferire". Mi portò giù dal terzo cielo nel secondo cielo, e poi nel firmamento e dal firmamento alle porte del cielo: qui, sul fiume che irriga tutta la terra, vi era l'inizio delle sue fondamenta.


Interrogai l'angelo, dicendogli: "Che cos'è questo fiume d'acqua, signore?". Mi rispose: "Questo è l'oceano". Improvvisamente uscii dal cielo e compresi che è la luce del cielo quella che illumina tutta la terra. Là però la terra è sette volte più splendente dell'argento. Domandai: "Che luogo è questo, signore?". Mi rispose: "Questa è la terra promessa. Non hai ancora udito ciò che sta scritto: "Beati i mansueti poiché erediteranno la terra?". Dunque, le anime dei giusti dopo che sono uscite dal corpo vengono, nel frattempo, mandate in questo luogo". Domandai all'angelo: "Perciò questa terra apparirà prima del tempo?". L'angelo mi rispose, dicendo: "Quando verrà per regnare il Cristo che tu predichi, allora, per ordine di Dio, la prima terra si dissolverà e apparirà questa terra promessa, e sarà come una rugiada o una nube; poi si manifesterà il Signore Gesù Cristo, re eterno: verrà ad abitare in essa con tutti i suoi santi, regnerà su di essi per mille anni, mangeranno dei prodotti che ora ti mostrerò". Con lo sguardo abbracciai quella terra e vidi un fiume di latte e miele. Sulle sponde del fiume vi erano alberi pieni di frutti: ogni albero portava dodici frutti all'anno, e questi erano vari e diversi. Vidi la natura di quel luogo e tutta l'opera di Dio; vidi là palme di venti cubiti e altre di dieci cubiti; quella terra era sette volte più splendente dell'argento. Gli alberi erano carichi di frutta dalle radici fino ai rami più alti. Dalla radice di ogni albero fino alla cima c'erano diecimila rami con decine di migliaia di grappoli, ogni ramo aveva diecimila grappoli, e c'erano diecimila datteri per ogni grappolo. Così era pure per le viti. Ogni vite aveva diecimila rami, ogni ramo diecimila grappoli d'uva, e ogni grappolo diecimila acini.


Vi erano anche altri alberi, miriadi e miriadi, e i loro frutti avevano le stesse proporzioni. Domandai all'angelo: "Perché ogni albero porta migliaia di frutti?". L'angelo mi rispose dicendo: "Perché il Signore Dio offre doni sovrabbondanti a coloro che ne sono degni. Essi, infatti, di loro spontanea volontà, mentre si trovavano nel mondo, afflissero sé stessi facendo ogni cosa per il suo santo nome". Domandai ancora all'angelo: "Queste sole, signore, sono le promesse fatte dal santissimo Signore Dio?". Egli mi rispose: "No! Ve ne sono altre sette volte più grandi. Io ti assicuro che quando i giusti usciranno dal corpo vedranno le promesse e i beni che Dio preparò loro. E anzi sospireranno e piangeranno dicendo: "Perché la nostra bocca proferì anche una sola parola irritando il prossimo anche per un sol giorno?"".


Io l'interrogai ancora dicendo: "Solo queste sono le promesse di Dio?". L'angelo mi rispose: "Ciò che tu vedi è per gli sposati e per coloro che mantengono la castità del matrimonio, conservandosi continenti. Ai vergini, agli affamati e assetati di giustizia e a quanti che si affliggono per il nome del Signore, Dio darà cose sette volte più grandi di queste, ed ora te le mostrerò". Dopo mi portò via da quel luogo ove avevo visto queste cose, ed ecco un fiume dalle acque più candide del latte; domandai allora all'angelo: "Che è questo?". Mi rispose: "Questo è il lago Acherusia ove è la città di Cristo, ma non a ogni uomo è permesso entrare in quella città. Questa è la strada che conduce a Dio: se uno da fornicatore ed empio si converte, fa penitenza e porta frutti degni della penitenza, appena esce dal corpo viene condotto ad adorare Dio, poi per ordine del Signore è affidato all'angelo Michele che lo battezza nel lago Acherusia. E così l'introduce nella città di Cristo, presso coloro che non commisero peccati". Io restai meravigliato e benedissi il Signore Dio per tutto ciò che avevo visto. L'angelo riprese il discorso, dicendomi: "Seguimi! Ti introdurrò nella città di Cristo". Ritto presso il lago Acherusia, mi pose su di una nave d'oro, mentre circa tremila angeli cantavano un inno fino a quando non giunsi fino alla città di Cristo. Gli abitanti della città di Cristo si rallegrarono molto del mio arrivo presso di loro. Entrato, vidi la città di Cristo: era tutta d'oro, circondata da dodici mura; dentro aveva dodici torri; tra un muro e l'altro, tutt'intorno, c'era la distanza di uno stadio. Domandai all'angelo: "Quanto è lungo, signore, uno stadio?". L'angelo mi rispose dicendo: "Tanto quanto è la distanza tra il Signore Dio e gli uomini che si trovano in terra, poiché la grande città di Cristo è unica". Lungo il perimetro della città v'erano dodici porte di grande bellezza e tutt'intorno a esso quattro fiumi: un fiume di miele, un fiume di latte, un fiume di vino e un fiume di olio.


Domandai all'angelo: "Che fiumi sono questi che circondano la città?". Mi rispose: "Questi sono i quattro fiumi che scorrono abbondanti per quanti sono in questa terra promessa; i loro nomi sono: il fiume di miele, Fison; il fiume di latte, Eufrate; il fiume di olio, Ghion; il fiume di vino, Tigri. A coloro, dunque, che quand'eran nel mondo non si valsero del loro potere su queste cose, ma se ne astennero e si afflissero per il Signore Dio, quando entrano in questa città, il Signore darà queste cose senza misura e al di là di ogni modo". Mentre entravo per la porta, davanti agli usci della città vidi alberi grandi e alti che non avevano frutti, ma foglie. Sparsi tra gli alberi, vidi pochi uomini, che piangevano allorché vedevano qualcuno entrare in città: quegli alberi facevano penitenza per essi umiliandosi e abbassandosi, e poi rialzandosi.


Allorché vidi, piansi con essi, e interrogai l'angelo dicendo: "Chi sono costoro, signore, ai quali non è concesso d'entrare nella città di Cristo?". Mi rispose: "Sono coloro che digiunando giorno e notte rinunciarono seriamente al mondo, ma avevano un cuore superbo più degli altri uomini, onde vantavano e lodavano se stessi non facendo alcun conto dei loro vicini: salutavano alcuni amichevolmente, mentre ad altri non dicevano neppure: salve!; aprivano a chi volevano e quando facevano al prossimo, sia pure un piccolo servizio, subito si inorgoglivano". Io domandai: "Ma come, signore? La loro superbia impedì loro di entrare nella città di Cristo?". L'angelo mi rispose: "La radice di tutti i mali è la superbia. Sono, forse, migliori del Figlio di Dio che venne tra gli Ebrei con molta umiltà?". Interrogai ancora: "Perché dunque gli alberi si abbassano e poi si rialzano?". L'angelo mi rispose dicendo: "Nel tempo che costoro trascorsero in terra al servizio di Dio, per un certo tempo arrossirono e si umiliarono a motivo della confusione e degli insulti di cui erano oggetto da parte degli uomini, senza tuttavia addolorarsi e pentirsi, allontanandosi così dalla superbia che avevano. È per questo che gli alberi si abbassano e poi si rialzano". Domandai ancora: "Per quale motivo furono ammessi agli usci della città?". L'angelo mi rispose dicendo: "A motivo della grande bontà di Dio, e perché questo è l'ingresso per tutti i suoi santi che entrano in questa città: sono dunque lasciati in questo luogo affinché quando Cristo, re eterno, entra con i suoi santi, i giusti intercedano per costoro e possano poi entrare con essi nella città. Tuttavia nessuno di costoro può avere tanta fiducia quanta ne hanno quelli che nel servizio di Dio si umiliarono per tutta la loro vita".


Io intanto proseguivo sotto la guida dell'angelo che mi portò fino al fiume di miele; qui vidi Isaia, Geremia, Ezechiele, Amos, Michea e Zaccaria, cioè i profeti maggiori e i minori, i quali mi salutarono nella città. Domandai all'angelo: "Che via è questa?". Mi rispose: "Questa è la via dei profeti. Quanti per amore di Dio afflissero la loro anima e non fecero la propria volontà, allorché escono dal mondo, dopo essere stati condotti davanti al Signore Dio e dopo averlo adorato, per ordine di Dio saranno affidati a Michele il quale li condurrà nella città, in questo luogo dei profeti: questi lo saluteranno come amico e compagno, avendo egli fatto la volontà di Dio". Mi condusse poi dove c'era il fiume di latte: in questo luogo vidi tutti i bimbi uccisi dal re Erode per il nome di Cristo; questi mi salutarono, e l'angelo mi disse: "Tutti quelli che custodiscono la castità e la purezza, usciti dal corpo, dopo che avranno adorato il Signore Dio, vengono affidati a Michele e condotti presso questi bambini, i quali li salutano dicendo: "Sono nostri fratelli, nostri amici e nostre membra. Con essi erediteranno le promesse divine"".


Mi prese nuovamente e mi portò nella parte settentrionale della città, ove c'era il fiume di vino. Qui vidi Abramo, Isacco e Gabriele, Lot, Giobbe e altri santi i quali mi salutarono. Io domandai: "Che luogo è questo, signore?". L'angelo mi rispose e disse: "Tutti coloro che accolgono i pellegrini, quando usciranno dal mondo, prima adoreranno il Signore Dio, poi sono affidati a Michele e, per questa via, sono introdotti nella città; tutti i giusti li salutano come figli e fratelli, dicendo: "Poiché hai praticato l'umanità e l'accoglienza dei pellegrini, vieni e accogli la tua eredità nella città del Signore Dio nostro". In proporzione delle sue azioni, ogni giusto riceverà nella città i beni divini". Mi portò poi a oriente della città, presso il fiume d'olio. Qui vidi uomini esultanti, che cantavano salmi, e domandai: "Chi sono costoro, signore?". L'angelo mi rispose: "Sono quelli che si votarono di tutto cuore a Dio, e nei quali non albergò superbia. Infatti, tutti coloro che gioiscono nel Signore Dio e di tutto cuore salmeggiano al Signore sono condotti qui, in questo settore della città". Mi portò in mezzo alla città, presso il dodicesimo muro. In quel luogo il muro era più alto, e io domandai: "Nella città di Cristo c'è un muro più onorabile di questo luogo?". L'angelo mi rispose: "Il secondo è migliore del primo, e così il terzo è migliore del secondo, poiché uno supera l'altro fino al dodicesimo muro". Domandai: "Dimmi, signore, per quale motivo, uno supera la gloria dell'altro?". L'angelo mi rispose: "Tutti coloro che si macchiarono di una pur piccola detrazione, invidia o superbia, perdono qualcosa della loro gloria, sebbene si trovino nella città di Cristo. Guardati dietro!".


Mi voltai e vidi troni d'oro, posti a ogni porta, e su di essi degli uomini con diademi d'oro e pietre preziose. Guardai e vidi, tra i dodici uomini, troni posti in un ordine diverso, che parevano dotati di molta gloria, tanto che nessuno è capace di tessere le loro lodi. Interrogai l'angelo e gli dissi: "Signore, chi è sul trono?". L'angelo mi rispose: "Questi sono i troni di coloro che possedevano la bontà e l'intelligenza del cuore e si fecero stolti per amore del Signore Dio; non avevano la conoscenza delle Scritture né sapevano molti salmi, ma si ricordavano unicamente del capitolo dei comandamenti di Dio: uditili, li eseguirono con molta diligenza e attenta cura davanti al Signore Dio. Costoro desteranno l'ammirazione di tutti i santi al cospetto del Signore Dio, i quali diranno tra loro: "Osservate e guardate gli illetterati che non sanno nulla e si sono meritati un abito così splendido e una gloria così grande in virtù della loro innocenza!"".


In mezzo alla città vidi un altare grande e molto alto; presso l'altare c'era una persona dal volto splendente come il sole, aveva tra le mani un salterio e un'arpa, e salmeggiava dicendo: "Alleluia". La sua voce riempiva tutta la città. Quando l'udirono coloro che si trovavano sulle torri e alle porte, rispondevano: "Alleluia". Tanto che ne erano scosse le fondamenta della città. Allora interrogai l'angelo, dicendo: "Chi è costui, signore, che ha tanto potere?". L'angelo mi rispose: "Costui è David, e questa è la città di Gerusalemme. Quando verrà Cristo, re eterno, nel pieno possesso del suo regno, egli lo precederà nuovamente salmeggiando, e i giusti salmeggeranno tutti insieme rispondendo: Alleluia!". Domandai: "Signore, perché a preferenza di tutti i santi, l'inizio al salmeggiare lo dà soltanto David?". L'angelo mi rispose: "Perché Cristo, Figlio di Dio, siederà alla destra del Padre suo, e David salmeggerà al suo cospetto nel settimo cielo; e come avviene nei cieli, così sarà pure in basso. Non è lecito, infatti, offrire un sacrificio a Dio senza David: nell'ora dell'oblazione del corpo e del sangue di Cristo è necessario che David salmeggi. E come si usa nei cieli, così si pratica anche sulla terra". Domandai all'angelo: "Signore, che vuol dire "alleluia""? L'angelo mi rispose dicendo: "Tu scruti e indaghi ogni cosa! Mi disse poi: "Alleluia è nella parola ebraica, lingua di Dio e degli angeli. Il significato poi di alleluia è il seguente: tecel - cat - marith - macha". Domandai: "Che significa, signore, tecel - cat - marith - macha?". L'angelo mi rispose: "Ecco il significato di tecel - ca t- marith - macha: benediciamo Dio tutt'insieme".


Interrogai l'angelo, dicendogli: "Signore, tutti coloro che dicono alleluia benedicono Dio?". L'angelo mi rispose: "Sì! Perciò se uno canta alleluia e i presenti non si uniscono a lui fanno male perché non cantano insieme". Domandai: "Signore, pecca anche colui che è incerto o molto vecchio?". L'angelo mi rispose, dicendo: "No! Ma chi è capace e non si unisce a chi canta, sappiate che costui è sprezzante della parola; giacché è superbo e indegno che egli non benedica il Signore Dio, suo creatore".


VISIONE DELL'INFERNO
Quand'ebbe finito di parlare con me, mi condusse fuori della città attraverso gli alberi, lungi dai luoghi della terra dei buoni, e mi pose sulla sponda del fiume di latte e miele; dopo mi condusse sull'oceano che regge le fondamenta del cielo. Poi l'angelo prese a dirmi: "Comprendi tu che te ne vai di qui?". Risposi: "Sì, signore!". Egli proseguì: "Vieni, seguimi e ti mostrerò le anime degli empi e dei peccatori, e così vedrai il luogo loro assegnato". Partii con l'angelo il quale mi condusse lungo la via del tramonto; vidi l'inizio del cielo le cui fondamenta sono in un grande fiume d'acqua. Domandai: "Che cos'è questo fiume d'acqua?". Mi rispose: "Questo è l'oceano che avvolge tutta la terra". Giunto al di là dell'oceano, guardai: in quel luogo non c'era luce, ma solo tenebre, tristezza e malinconia, ed io sospirai.


Vidi un fiume di fuoco ardente, nel quale si trovava una moltitudine di uomini e donne, alcuni immersi fino alle ginocchia, altri fino all'ombelico, altri fino alle labbra e altri ancora fino ai capelli. Interrogai l'angelo dicendo: "Signore, chi sono costoro nel fiume di fuoco?". Mi rispose: "Sono quelli né caldi né freddi, quelli che non sono stati annoverati nel numero dei giusti, ma neppure nel numero dei peccatori. Costoro trascorsero il tempo della loro vita sulla terra dedicando qualche giorno alla preghiera e gli altri giorni ai peccati e alle fornicazioni fino alla morte". Domandai: "Chi sono, signore, costoro immersi fino alle ginocchia?". Egli mi rispose: "Sono coloro che, usciti di chiesa, si perdono in discorsi frivoli. Quelli immersi fino all'ombelico sono coloro che dopo aver preso il corpo e il sangue di Cristo se ne andavano a fornicare, e non desistettero dai loro peccati fino alla morte. Quelli immersi fino alle labbra sono coloro che praticano la maldicenza, allorché sono raccolti in chiesa. Sono poi immersi fino alle sopracciglia quelli che si fanno cenni l'un l'altro e tramano malignità contro il prossimo". Nella parte settentrionale, vidi un luogo ove erano diversi e svariati tormenti, pieno di uomini e donne, nel quale scorreva un fiume di fuoco. Guardai e vidi fosse molto profonde nelle quali si trovavano insieme molte anime: la profondità di quel luogo era di circa tre mila cubiti; le sentii gemere e piangere mentre dicevano: "Abbi pietà di noi, Signore!". Ma nessuno aveva di loro pietà.


Interrogai l'angelo, dicendo: "Chi sono costoro, signore?". L'angelo mi rispose: "Sono quelli che non sperarono di potere avere aiuto dal Signore". Domandai ancora: "Signore, se si seguita a gettare queste anime così l'una sull'altra, penso che di qui a trenta o quaranta generazioni, anche se verranno spinte nelle più alte profondità, le fosse non le potranno più contenere". Mi rispose: "L'abisso non ha alcuna misura; dietro di questo ne viene un altro e un altro ancora. Come quando un uomo robusto scaglia un sasso dentro un pozzo molto profondo, sicché solo dopo molte ore raggiunge il suolo, così è l'abisso Per quante anime vi si gettino, a stento dopo cinquecento anni raggiungono il fondo". A queste parole io piansi e gemetti sul genere umano. L'angelo mi rispose dicendo: "Perché piangi? Sei, forse, tu più misericordioso di Dio? Dio è buono, sa che ci sono i tormenti, e perciò sopporta con pazienza il genere umano, lasciando che ognuno, nel tempo in cui abita sulla terra, si regoli secondo la propria volontà".


Guardai ancora nel fiume di fuoco e vidi un uomo preso per la gola dagli angeli custodi del Tartaro, che avevano in mano un tridente con il quale perforavano le viscere di quel vecchio. Interrogai l'angelo, dicendogli: "Chi è questo vecchio, signore, al quale sono inflitti simili tormenti?". L'angelo mi rispose: "Questo che tu vedi fu un sacerdote che non adempì bene il suo ministero: mangiava, beveva, fornicava, e offriva il sacrificio al Signore sul suo santo altare". Non lungi, vidi un altro vecchio portato correndo da quattro veloci angeli cattivi; poi lo immersero nel fiume di fuoco fino alle ginocchia e presero a percuoterlo e a tempestargli il volto di ferite senza permettergli neppure di esclamare: "Abbi pietà di me!". Interrogai l'angelo il quale mi rispose: "Questo che tu vedi fu vescovo, ma non adempì bene il suo ministero episcopale: ebbe sì un gran nome, ma per tutta la sua vita non entrò mai nella santità di colui che gli aveva dato quel nome; non giudicò con giustizia, non ebbe pietà delle vedove e degli orfani: ora è ricompensato in proporzione della sua iniquità e delle sue azioni". Vidi un altro uomo immerso nel fiume di fuoco fino alle ginocchia; aveva le mani tese e sanguinanti, gemeva e piangeva, gridando: "Abbi pietà di me! Io, infatti, soffro più di tutti gli altri che sono in questo tormento".


Domandai: "Chi è costui, signore?". Mi rispose: "Questo che vedi fu diacono; mangiava le offerte, fornicava e non si comportava rettamente al cospetto di Dio: perciò ne sconta la pena senza tregua". Osservai e vidi che al suo fianco c'era un altro uomo, che essi avevano portato in fretta e gettato nel fiume di fuoco ove rimase immerso fino alle ginocchia; venne poi l'angelo preposto ai tormenti, con un coltello grande, affilato e rosso di fiamma e prese a tagliare le labbra e la lingua di quell'uomo. Io sospirai e piansi, e domandai: "Chi è costui, signore?". Mi rispose: "Questo che tu vedi fu lettore; leggeva al popolo, ma egli non osservava i precetti di Dio: ora sconta la sua pena". Vidi, nello stesso luogo, un'altra quantità di fosse: nel mezzo c'era un fiume pieno di una moltitudine di uomini e donne divorati dai vermi. Io piansi, sospirai, e interrogai l'angelo: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Sono coloro che estorsero usura su usura, ebbero fiducia nelle loro ricchezze e non sperarono in Dio, che era il loro aiuto".


Poi osservai e vidi un altro luogo molto angusto: c'era come un muro e tutt'intorno del fuoco; vidi che dentro c'erano uomini e donne che si mangiavano la lingua. Domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Sono coloro che in chiesa motteggiano la parola di Dio, non la valutano, bensì giudicano pressappoco un nonnulla Dio e i suoi angeli: perciò ora ne scontano in tal modo la pena dovuta". Guardai e vidi in fondo al baratro un'altra fossa che pareva di sangue. Domandai: "Signore, che è mai questo luogo?" Mi rispose: "In questa fossa convergono tutti i tormenti". Vidi uomini e donne immersi fino alle labbra, e domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Sono i fattucchieri, che diedero incantesimi a uomini e donne, e non cessarono fino a quando non li colse la morte". Vidi ancora, in una fossa di fuoco, altri uomini e donne dal volto molto nero. Sospirai, piansi e domandai: "Signore, chi sono costoro?". Mi rispose: "Sono i fornicatori e gli adulteri: avevano la propria moglie e commisero adulterio. Così è pure delle donne: avevano il proprio marito e commisero adulterio. Perciò ne scontano le pene, senza fine". Vidi là delle fanciulle vestite di nero, e quattro terribili angeli aventi tra le mani catene infuocate che gettavano attorno al loro collo e le conducevano così tra le tenebre. Nuovamente in lacrime, interrogai l'angelo: "Queste chi sono, signore?". Mi rispose: "Sono le vergini che macchiarono la loro verginità all'insaputa dei loro genitori. Perciò scontano senza tregua le loro pene". Là, in un luogo di ghiaccio e neve, osservai ancora uomini e donne nudi, con le mani e i piedi tagliati, che venivano divorati dai vermi. A quella vista piansi, e domandai: "Chi sono questi, signore?". Mi rispose: "Sono quelli che fecero del male agli orfani, alle vedove e ai poveri, e non avevano fiducia nel Signore. Perciò scontano senza posa le loro pene".


Osservai e vidi altri sospesi su di un corso d'acqua: le loro lingue erano straordinariamente secche, davanti a loro vi erano molti frutti, ma a loro non era permesso di prenderne. Io domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Sono quelli che rompono il digiuno. Perciò ne scontano senza posa le pene". Vidi altri uomini e donne sospesi per le sopracciglia e per i capelli trascinati dal fiume di fuoco. Domandai: "Chi sono questi, signore?". Mi rispose: "Sono quelli che non si offrivano ai propri mariti o alle proprie mogli, ma ad adulteri. Perciò scontano le loro pene senza fine". Vidi altri uomini e donne ricoperti di polvere: il loro aspetto era come il sangue; erano immersi in una fossa di pece e zolfo, e scorrevano giù lungo il fiume di fuoco. Domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Sono coloro che praticarono l'empietà di Sodoma e di Gomorra, maschi con maschi. Perciò ne scontano senza posa le pene".


Osservai e vidi uomini e donne in una fossa; indossavano abiti chiari e i loro occhi erano ciechi. Io domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Sono i pagani che fecero elemosine, ma non conobbero il Signore Dio: perciò scontano senza posa le loro pene". Osservai e vidi altri uomini e donne sopra un obelisco di fuoco, mentre delle bestie li dilaniavano tanto che non riuscivano neppure a dire: "Abbi pietà di noi, Signore!". Vidi l'angelo preposto ai tormenti, che addossava contro di loro pena su pena, esclamando: "Riconoscete il Figlio di Dio! Vi è stato, infatti, annunziato, ma quando vi si leggevano le Scritture divine non prestavate attenzione. È dunque giusto il giudizio divino. Le vostre azioni cattive si impadronirono di voi e vi condussero tra queste pene". Io sospirai, piansi e domandai: "Chi sono questi uomini e queste donne che vengono strangolati nel fuoco e scontano le pene?". Mi rispose: "Sono le donne che macchiarono la creatura di Dio, allorché dal loro seno estrassero i bimbi; e gli uomini che giacquero con esse. I loro bimbi invocano il Signore Dio e gli angeli preposti alle pene, dicendo: "Vendicaci dei nostri genitori poiché macchiarono la creatura di Dio; pur avendo il nome di Dio non ne osservarono i comandamenti, ci gettarono in cibo ai cani, ci fecero calpestare dai porci e ne gettarono altri nel fiume". Questi bimbi furono affidati agli angeli del Tartaro, sovrapposti alle pene, affinché li conducessero nel vasto luogo della misericordia, mentre i loro padri e le loro madri sono sottoposti in perpetuo alla pena dello strangolamento". Dopo vidi uomini e donne indossanti panni pieni di pece e di zolfo infuocato: draghi si avvinghiavano al loro collo, alle spalle e ai piedi, e angeli li tenevano fermi con corna infuocate, li percuotevano e chiudevano loro le narici, dicendo: "Perché non avete compreso il tempo nel quale dovevate fare penitenza e servire Dio?".


Domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Sono quelli che apparentemente rinunziavano al mondo, indossando il nostro abito, ma gli ostacoli del mondo li resero miseri: non mostrarono carità, non ebbero pietà delle vedove e degli orfani, non accolsero lo straniero e il pellegrino, non fecero offerta alcuna, né ebbero pietà del prossimo; neppure per un solo giorno la loro preghiera s'alzò pura verso Dio. Furono trattenuti da molti ostacoli del mondo e furono incapaci di comportarsi rettamente al cospetto di Dio". Gli angeli andavano con loro intorno al luogo delle pene, e quanti si trovavano nei tormenti li vedevano ed esclamavano: "Quando eravamo nel mondo noi trascurammo Dio, e anche voi avete agito allo stesso modo; quando eravamo nel mondo sapevamo di essere peccatori, mentre di voi si diceva: "Questi sono giusti e servi di Dio!". Ora sappiamo che quando vi si chiamava con il nome del Signore, era solo di nome! Perciò anch'essi scontano le loro pene".


Sospirai e piansi, dicendo: "Guai agli uomini! Guai ai peccatori! Perché mai sono nati?". L'angelo mi rispose: "Perché piangi? Sei, forse, tu più misericordioso del Signore Dio, sia benedetto nei secoli! Chi ha stabilito il giudizio e lasciò alla volontà di ognuno la scelta del bene e del male e il compimento di ciò che ognuno preferisce?". Piansi ancora moltissimo, ma egli mi disse: "Piangi, mentre non hai ancora visto i maggiori supplizi? Seguimi, e ne vedrai di sette volte più grandi". Mi trasportò nella parte settentrionale, mi pose su di un pozzo e io vidi che era sigillato con sette sigilli. L'angelo che era con me rivolse la parola all'angelo di quel luogo, dicendo: "Apri la porta del pozzo, affinché Paolo, amatissimo da Dio, possa guardare; gli è stato, infatti, concesso di vedere tutte le pene dell'inferno". L'angelo mi avvertì: "Sta' lontano, per potere reggere al fetore di quel luogo". Appena il pozzo fu aperto, ne venne fuori un fetore così orribile e pessimo da superare tutte le pene. Guardai nel pozzo e vidi una massa incandescente da ogni lato. L'apertura del pozzo era tanto angusta e stretta da accogliere un sol uomo. L'angelo riprese a parlarmi, dicendo: "Chiunque viene gettato in questo pozzo dell'abisso, ed esso è sigillato dietro di lui, non sarà più ricordato al cospetto del Padre, del Figlio e dello Spirito santo e degli angeli santi". Domandai: "Chi sono, signore, coloro che vengono gettati in questo pozzo?". Mi rispose: "Tutti coloro che non confessano che Cristo è venuto nella carne e che lo generò Maria vergine, e chiunque non confessa che il pane e il calice della benedizione sono il corpo e il sangue di Cristo".


Guardai da Settentrione a Occidente, e vidi là il verme che non dorme; in quel luogo v'era anche lo stridore di denti; i vermi avevano la grossezza di un cubito ed erano dotati di due teste; quivi c'erano uomini e donne al gelo che stridevano i denti. Interrogai dicendo: "Signore, chi sono quelli che si trovano in questo luogo?". Mi rispose: "Sono quelli che asseriscono che Cristo non risuscitò dai morti e che questa carne non risorge". Domandai ancora: "In questo luogo, signore, non c’è né fuoco né calore?". Mi rispose: "In questo luogo non c'è altro che gelo e neve". Aggiunse: "Anche se su di loro sorgesse il sole non si scalderebbero a causa dello straordinario gelo di questo luogo, e della neve".


All'udire tali cose, stesi le mie mani, piansi e sospirai, dicendo: "Sarebbe stato meglio che non fossimo mai nati, noi tutti che siamo peccatori!". Giorno di riposo dalle pene. Ma allorché quelli che erano in quel luogo mi videro piangere, con l'angelo, gridarono e piansero anch'essi, dicendo: "Signore, abbi di noi pietà!". Dopo vidi il cielo aperto, l'arcangelo Michele discendere dal cielo, con lui c'era pure tutto l'esercito degli angeli, e andare da coloro che erano tra i tormenti. Al vederlo, piansero ancora, gridarono e dissero: "Abbi pietà di noi, arcangelo Michele, abbi pietà di noi e dell'umano genere, giacché la terra si regge per le tue preghiere. Ora abbiamo visto il giudizio e abbiamo riconosciuto il Figlio di Dio; prima di entrare in questo luogo ci era stato impossibile pregare per questo. Avevamo udito che ci sarebbe stato un giudizio, prima dell'uscita da questo mondo, ma gli ostacoli e la vita del mondo non ci consentirono di pentirci". Michele rispose dicendo: "Udite Michele che parla! Io sono colui che sta sempre al cospetto di Dio. Viva il Signore al cospetto del quale io sto! Né un giorno né una notte desisto dal pregare incessantemente per il genere umano. Io prego sì per quanti si trovano sulla terra, ma essi non desistono dal compiere iniquità e fornicazioni, e mentre sono sulla terra non mi portano nulla di buono; ed anche voi avete sprecato il tempo in cose vane delle quali avreste dovuto pentirvi. Io però ho sempre pregato e anche ora supplico affinché Dio mandi sulla terra rugiada e pioggia, e supplico fino a quando la terra produrrà i suoi frutti. Affermo che se uno fa un po' di bene io combatterò per lui, proteggendolo fino a quando sfuggirà la condanna alle pene. Or dunque dove sono le vostre preghiere? Dove sono le vostre penitenze? Avete perduto tempo vergognosamente. Ora piangete e anch'io piangerò con voi, con gli angeli che sono con me, e con il dilettissimo Paolo, se mai Dio misericordioso abbia misericordia di voi e vi dia refrigerio".


All'udire queste parole, essi esclamarono tra molte lacrime dicendo tutti con un'unica voce: "Abbi pietà di noi, Figlio di Dio!". Io, Paolo, sospirai e dissi: "Signore Dio, abbi pietà della tua creatura, abbi pietà dei figli degli uomini, abbi pietà della tua immagine!". Guardai e vidi il cielo scosso come un albero mosso dal vento. Subito essi si prostrarono faccia a terra al cospetto del trono. Vidi i ventiquattro seniori e i quattro animali che adorano Dio, vidi l'altare, il velo e il trono: tutto era esultante. Accanto all'altare del trono di Dio s'alzò un fumo dall'odore soave e udii una voce che diceva: "Per qual motivo supplicate, angeli nostri e nostri ministri?". Esclamarono: "Ti supplichiamo conoscendo la tua grande bontà verso il genere umano". Dopo vidi il Figlio di Dio discendere dal cielo con il diadema sul capo. A quella vista quelli che erano tra i tormenti esclamarono tutti a una sola voce: "Abbi pietà, eccelso Figlio di Dio! Sei tu che offristi il refrigerio a tutti, in cielo e in terra: abbi pietà anche di noi. Da quando ti abbiamo visto sentimmo un refrigerio".


Tra tutti i tormenti risuonò la voce del Figlio di Dio, dicendo: "Che cosa avete compiuto per chiedermi un refrigerio? Il mio sangue fu sparso per voi, ma voi non vi pentiste! Per voi portai sul capo una corona di spine, per voi ricevetti schiaffi sulle guance, ma voi non vi pentiste! Appeso alla croce, chiesi dell'acqua, ma mi diedero aceto mescolato con il fiele! Aprirono il mio lato destro con la lancia! A causa del mio nome uccisero i profeti miei servi e i giusti! E in tutti questi eventi vi concessi il tempo per la penitenza, ma lo rifiutaste. Ora però in favore di Michele, arcangelo del mio testamento, degli angeli che sono con lui, per il mio dilettissimo Paolo, ch'io non voglio rattristare, per i vostri fratelli che sono nel mondo e offrono oblazioni, e per i vostri figli tra i quali si trovano i miei comandamenti e più ancora per la mia bontà, nel giorno in cui risorsi da morte, a voi tutti che siete nei tormenti concedo in perpetuo un refrigerio della durata di una notte e di un giorno". Esclamarono tutti dicendo: "Ti benediciamo, Figlio di Dio, perché ci hai concesso una notte e un giorno di riposo. Per noi, infatti, val più il refrigerio di un giorno che tutto il periodo della nostra vita trascorso sulla terra. Se avessimo saputo chiaramente che ai peccatori è destinato questo luogo, non avremmo certo fatto alcuna opera iniqua, non avremmo commerciato né compiuto alcuna iniquità. A che cosa ci ha giovato l'alterigia quando eravamo nel mondo? Qui, infatti, è stata imprigionata la nostra superbia che dalla nostra bocca si ergeva contro il prossimo; il tormento, le molteplici nostre angustie, le lacrime e i vermi stesi sotto di noi, tutto ciò è per noi molto peggiore delle pene che...". Mentre parlavano così, gli angeli cattivi e gli angeli dei tormenti andarono in collera contro di essi, dicendo: "A che pro piangere e sospirare? Non vi è stata concessa misericordia: questa, infatti, è la sentenza di Dio che non concesse misericordia. Vi fu accordata questa grande grazia: per la notte e per il giorno della domenica avrete un refrigerio a motivo di Paolo, a Dio dilettissimo, disceso fino a voi".


NUOVA VISIONE DEL PARADISO

Dopo, l'angelo mi disse: "Hai visto tutte queste cose?". Risposi: "Sì, signore". Egli proseguì: "Seguimi e ti condurrò in paradiso affinché ti vedano i giusti che colà si trovano; sperano, infatti, di vederti e sono pronti a venirti incontro con gioia ed esultanza". Sotto l'impulso dello Spirito santo seguii l'angelo il quale, trasportandomi nel paradiso, mi disse: "Questo è il paradiso nel quale mancò Adamo e sua moglie". Entrai nel paradiso e vidi l'origine delle acque. L'angelo mi fece un cenno e poi mi disse: "Guarda le acque! Questo è il fiume Fison, che avvolge tutta la regione di Evila, l'altro è il Ghion che avvolge tutta la regione d'Egitto e d'Etiopia, l'altro è il Tigri che è di fronte agli Assiri, e il quarto è l'Eufrate che irriga la regione della Mesopotamia". Quando penetrai dentro vidi che c'era piantato un albero dalle cui radici scaturiscono acque: qui si trova l'inizio dei quattro fiumi. Su quell'albero riposava lo spirito di Dio, e quando lo spirito soffiava scaturivano le acque.


Domandai: "Signore, è questo stesso albero che fa scaturire le acque?". Mi rispose: "In principio, prima che apparissero il cielo e la terra, dato che tutte le cose erano invisibili, lo spirito di Dio si librava sulle acque; ma da quando per ordine di Dio apparve il cielo e la terra, lo spirito si posò su quest'albero. Perciò quando lo spirito soffia le acque scaturiscono dall'albero". Mi prese poi per mano, mi condusse presso l'albero della conoscenza del bene e del male, e mi disse: "Questo è l'albero per mezzo del quale entrò nel mondo la morte: prendendone da sua moglie, Adamo ne mangiò e nel mondo entrò la morte". Mi mostrò un altro albero in mezzo al paradiso, e mi disse: "Questo è l'albero della vita". Mentre io osservavo ancora l'albero, vidi che da lontano veniva una vergine, davanti alla quale duecento angeli cantavano inni. Io domandai: "Chi è, signore, costei che sta venendo con tanta gloria?". Mi rispose: "Questa è la vergine Maria, madre del Signore".


Quando giunse vicino, mi salutò dicendo: "Salve, Paolo, amatissimo da Dio, dagli angeli e dagli uomini! Tutti i santi supplicarono, infatti, il mio Figlio Gesù, il mio Signore, affinché tu venissi qui corporalmente per vederti prima che tu te ne andassi dal mondo. Il Signore rispose loro: "Aspettate e abbiate pazienza! Ancora un poco e lo vedrete e sarà poi eternamente con voi". Ma tutti insieme replicarono: "Non ci rattristare! Vogliamo vederlo mentre è tuttora nel corpo; da lui, infatti, ebbe molta gloria il tuo nome nel mondo e vediamo che egli ha sorpassato tutte le opere sia dei piccoli sia dei grandi. A quelli che vengono qui noi domandiamo: Chi è colui che vi ha guidato nel mondo? Ed essi ci rispondono: Nel mondo c'è uno che si chiama Paolo il quale annunzia e predica Cristo, e pensiamo che per la potenza e la dolcezza delle sue parole siano molti quelli che sono entrati in questo regno". Ecco che tutti i giusti sono qui dietro di me per venirti incontro.


A te, Paolo, dico ch'io sono la prima ad andare incontro a coloro che hanno fatto la volontà del Figlio mio e del mio Signore Gesù Cristo. Sono la prima ad andare incontro, non permettendo che siano come pellegrini fino a che incontrino in pace il mio diletto Figlio". Mentre lei stava ancora parlando vidi che da lontano venivano tre uomini: erano molto belli, avevano l'aspetto di Cristo, le loro forme erano raggianti, e con essi c'erano i loro angeli. Io domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Non li conosci?". Risposi: "Non li conosco, signore". Mi disse: "Sono i padri del popolo: Abramo, Isacco e Giacobbe". Quando giunsero vicino, mi salutarono, dicendo: "Salve, Paolo, amatissimo da Dio e dagli uomini! Beato colui che, per amore del Signore, resiste alla violenza". Abramo prese poi a dirmi: "Qui c'è mio figlio Isacco, e Giacobbe, il mio prediletto. Abbiamo conosciuto il Signore e l'abbiamo seguito. Beati tutti coloro che credettero alla tua parola! Con la sofferenza, l'abnegazione, la santità, l'umiltà, la carità, la mansuetudine e una fede retta nel Signore erediteranno il regno di Dio. Anche noi abbiamo avuto devozione verso il Signore, che tu predichi, con la promessa di assistere ogni anima che crede in lui e di servirla come i padri servono i loro figli". Mentre essi stavano ancora parlando vidi che da lontano venivano dodici persone. Domandai: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Questi sono i patriarchi". Quando giunsero vicino, mi salutarono, dicendo: "Salve, Paolo, amatissimo da Dio e dagli uomini! Il Signore non volle rattristarci e ci concesse di vederti mentre sei tuttora con il corpo, prima che tu esca dal mondo".


Ognuno, per ordine, mi manifestava il suo nome da Ruben fino a Beniamino. Giuseppe mi disse: "Io sono quello che fu venduto. Ma ti assicuro, Paolo, che per tutto ciò che i miei fratelli fecero contro di me, io non mi comportai mai maliziosamente verso di essi nonostante tutto il tormento che mi imposero; in nessuna cosa ho agito contro di essi dal mattino alla sera. Beato colui che è leso per amore del Signore e sa sopportare; il Signore lo ricompenserà in molti modi quando uscirà dal mondo". Mentre egli stava ancora parlando vidi che da lontano veniva una bella persona accompagnata dai suoi angeli al canto di inni. Io domandai: "Chi è, signore, costui dal bell'aspetto?". Mi disse: "Non lo conosci?". Risposi: "No, signore".


Rispose: "Questi è Mosè, il legislatore, al quale il Signore diede la Legge". Quando mi giunse vicino, prese subito a piangere; poi mi salutò. Gli domandai: "Perché piangi? Ho udito che la tua mansuetudine supera quella di ogni altro uomo". Rispose: "Piango per coloro che piantai con molta fatica, giacché non portano frutto, né alcuno di loro agisce bene. Ho visto che tutte le pecore che pascolavo si sono disperse e sono diventate come se non avessero un pastore; tutte le fatiche che sostenni per i figli di Israele non valsero a nulla; tutti i prodigi che compii in mezzo a loro non li compresero; mi stupisco che stranieri, incirconcisi e cultori degli idoli si siano convertiti e abbiano avuto adito alle promesse di Dio, ed Israele non sia entrato.


Ti confesso, fratello Paolo, che nell'ora in cui il popolo appese Gesù, che tu predichi, il Padre, Dio di tutti, che mi diede la legge, Michele, tutti gli angeli e gli arcangeli, Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i giusti piansero sul Figlio di Dio, appeso alla croce. In quell'ora, tutti i santi fissavano gli sguardi su di me e dicevano: "Guarda, Mosè, che cosa fecero al Figlio di Dio quelli del tuo popolo!". Te beato, dunque, Paolo, e beata la generazione e la gente che credette alla tua parola!". Mentre egli stava ancora parlando giunsero altri dodici, e appena mi videro, dissero: "Sei tu Paolo celebrato in cielo e sulla terra?". Io domandai: "Chi siete voi?". Rispose il primo e disse: "Io sono Isaia, colui al quale Manasse segò la testa con una sega di legno". Il secondo disse: "Io sono Geremia: fui lapidato e ucciso dai figli di Israele". Il terzo disse: "Io sono Ezechiele, colui che i figli di Israele trascinarono per i piedi su di un monte pietroso fino a farne schizzare fuori il cervello. Tutti questi dolori li sopportammo con la volontà di salvare i figli di Israele. Ti assicuro che dopo i dolori che mi facevano sopportare mi prostravo bocconi al cospetto del Signore pregando per loro e curvavo le mie ginocchia fino alla seconda ora del giorno del Signore, quando veniva Michele e mi sollevava da terra. Te beato, Paolo, e beata la gente che credette per mezzo tuo!".


Mentre questi se ne andavano, vidi un altro dal bell'aspetto. Domandai: "Chi è costui, signore?". Quello, intanto, appena mi vide gioì. L'angelo mi rispose: "Costui è Lot, colui che a Sodoma fu trovato giusto". Avvicinatosi mi salutò, dicendo: "Te beato, Paolo, e beata la generazione nella quale hai svolto il tuo ministero". Io risposi: "Sei tu Lot, colui che in Sodoma è stato trovato giusto?". Mi rispose: "Io accolsi gli angeli peregrini in casa mia e allorché quelli della città volevano abusare di loro, offrii loro le mie due figlie vergini, che ancora non conoscevano uomo, e dissi loro: "Servitevi di loro come volete, ma non fate però alcun male a questi uomini"; per questo appunto entrarono sotto il tetto di casa mia. Perciò dobbiamo avere fiducia e sapere che Dio ricompenserà abbondantemente ognuno per quello che ha compiuto, allorché si andrà da lui. Te beato, Paolo, e beata la gente che credette alla tua parola".


Quando ebbe finito di parlare vidi che da lontano stava venendo un altro molto bello d'aspetto, sorridente, e con lui i suoi angeli al canto di inni. Domandai all'angelo che era con me: "Ogni giusto, dunque, ha per compagno un angelo?". Mi rispose: "Ogni santo ha il proprio assistente che canta inni, e uno non s'allontana mai dall'altro". Domandai: "Chi è costui, signore?". Rispose: "Costui è Giobbe". Avvicinatosi, mi salutò e disse: "Fratello Paolo, presso Dio e presso gli uomini grande è la tua lode! Io sono Giobbe. Soffersi molto, per un periodo di trent'anni, a causa di una piaga purulenta. All'inizio le pustole che si propagavano nel mio corpo erano come un chicco di frumento; ma nel terzo giorno divennero come la zampa di un asino, e i vermi che cadevano avevano la lunghezza di quattro dita; per tre volte mi apparve il diavolo e mi disse: "Dì una qualche parola contro il Signore, e morrai". Io gli risposi: "Se è volontà di Dio ch'io resti con questa piaga per tutto il tempo della mia vita, fino alla morte, non cesserò di benedire il Signore Dio, e ne avrò una ricompensa maggiore. So che le sofferenze di questo mondo sono un nulla rispetto al refrigerio che verrà dopo". Perciò, beato te, Paolo, e beata la gente che crederà per mezzo tuo". Mentre egli ancora parlava, venne un altro da lontano gridando: "Beato te, Paolo, e beato anch'io che ho visto te, amato dal Signore". Io domandai all'angelo: "Chi è costui, signore?". Mi rispose: "Costui è Noè, quello del tempo del diluvio". Subito ci salutammo l'un l'altro. Strapieno di gioia, mi domandò: "Tu sei Paolo, amatissimo da Dio?". Io gli domandai: "Tu chi sei?". Mi rispose: "Io sono Noè, quello del tempo del diluvio. A te, Paolo, dico che per cento anni lavorai all'arca: non deposi la tunica che indossavo né tagliai i capelli del mio capo; osservai la continenza al punto che non mi avvicinai neppure a mia moglie; in quei cent'anni i capelli del mio capo non crebbero, né si sporcarono le mie vesti. In quel tempo scongiuravo gli uomini dicendo: "Pentitevi! Verrà, infatti, su di voi un diluvio di acque".


Ma essi mi schernivano e deridevano le mie parole e mi ripetevano: "Questo tempo è per quelli che possono divertirsi e vogliono peccare a volontà; ora è possibile fornicare a piacimento. Dio, infatti, non guarda questo, non sa quello che si fa da noi uomini; inoltre non c'è alcun diluvio d'acqua che stia per venire in questo mondo". Non cessarono dai peccati fino a quando Dio non distrusse ogni carne che aveva in sé uno spirito vitale. Sappi, comunque, che Dio ama più un giusto che un intero mondo di empi. Perciò, te beato, Paolo, e beata la gente che credette per opera tua". Voltandomi vidi altri giusti venire da lontano. Domandai all'angelo: "Chi sono costoro, signore?". Mi rispose: "Questi sono Elia ed Eliseo".


Mi salutarono, e io domandai loro: "Chi siete voi?". Uno di loro mi rispose: "Io sono Elia, profeta di Dio. Io sono Elia che pregò e per la mia parola non piovve per tre anni e sei mesi, a causa delle ingiustizie degli uomini. Dio è giusto e verace, e compie la volontà dei suoi servi. Spesso, infatti, gli angeli pregarono il Signore per ottenere la pioggia, ed egli rispondeva: "Abbiate pazienza fino a quando il mio servo Elia pregherà e supplicherà per questo: allora io manderò la pioggia sulla terra..."".


TERMINA LA VISIONE DI SAN PAOLO
"Dio ricompensa doppiamente i travagli che uno sopporta per amore suo. Benedetto te, Paolo, e benedetta la gente che crederà per opera tua". Stava ancora parlando quando giunse Enoc, mi salutò e mi disse: "Colui che soffre per amore di Dio, non sarà afflitto da Dio allorché lascerà il mondo". Stava ancora parlando, allorché apparvero due angeli dietro dei quali ve n'era un terzo che li chiamava dicendo: "Aspettate che giunga io pure a vedere Paolo, amico di Dio, del quale preannunciammo la salvezza potendolo vedere mentre si trova ancora nel corpo". Domandai all'angelo: "Chi sono costoro, mio signore?". Mi rispose: "Costui è Zaccaria con suo figlio Giovanni". Domandai ancora: "E l'altro che corre dietro a loro?". Egli rispose: "È Abele, quello che fu ucciso da Caino". Mi salutarono e dissero: "Te benedetto, Paolo, uomo giusto in tutte le tue opere!". Giovanni seguitò: "Io sono colui al quale tagliarono la testa mentre ero in carcere a motivo della donna che danzò durante il banchetto". Zaccaria disse: "Io sono colui che fu ucciso quando innalzavo l'oblazione a Dio: allorché gli angeli giunsero per l'oblazione, presero il mio corpo e lo portarono davanti a Dio, e nessuno trovò il luogo ove fu posto". Abele disse: "Io sono colui che fu ucciso da Caino mentre stavo offrendo un sacrificio al cospetto di Dio. Le sofferenze sopportate per Dio sono poca cosa; abbiamo dimenticato quanto abbiamo fatto per amor suo".


Intanto io ero circondato da tutti i giusti e dagli angeli che si congratulavano con me, avendomi visto nel mio corpo. Guardai e vidi una persona più grande e molto più bella di tutti gli altri. Domandai all'angelo: "Signore, chi è mai costui?". Mi rispose: "È Adamo, padre di tutti voi". Giunto da me, Adamo mi salutò pieno di gioia, e disse: "Coraggio, Paolo, prediletto da Dio! Hai condotto alla fede e alla penitenza molta gente! Anch'io mi pentii e ricevetti la mia gloria dal misericordioso e compassionevole". L'angelo del Signore mi prese e mi portò sul monte degli Ulivi ove io, Paolo, incontrai gli apostoli radunati. Li salutai e narrai loro quanto m'era accaduto e ciò che avevo visto: la gloria che è serbata per i giusti e il disastro e la catastrofe dei peccatori. Gli apostoli ne furono contenti ed esultarono benedicendo Dio; poi a me, a Marco e a Timoteo, discepolo di Paolo e dottore della Chiesa, ordinarono di scrivere questa santa apocalisse per il bene e l'utilità di chi l'ascolterà.


Mentre si discorreva con gli apostoli, sul carro dei cherubini apparve Cristo nostro salvatore, e ci disse: "Salve, santi discepoli ch'io scelsi dal mondo! Salve, Pietro, corona degli apostoli! Salve, apostoli tutti! Sia con tutti voi la pace del mio Padre buono!". Rivoltosi poi a nostro padre, disse: "Salve, Paolo, glorioso portatore di lettere! Salve, Paolo, mediatore del testamento! Salve, Paolo, propugnacolo e fondamento della Chiesa! Hai attinto coraggio dalle cose viste? Sei tu pienamente convinto delle cose udite?". Paolo rispose: "Sì, mio Signore! La tua grazia e il tuo amore hanno operato in me cose meravigliose". Il Salvatore rispose, dicendo: "Prediletto del Padre, in verità in verità ti dico che le parole di questa apocalisse saranno annunziate in tutto il mondo a vantaggio di quanti le ascolteranno. In verità in verità ti dico, Paolo, che a quanti avranno cura di questa apocalisse, la scriveranno e la tramanderanno come una testimonianza per le future generazioni, io non farò vedere gli inferi, con il suo amaro pianto, fino alla seconda generazione della sua discendenza. Io benedirò, con la sua casa, colui che la legge con fede. Io castigherò colui che disprezza le parole di questa apocalisse.


Non la si deve leggere che nei giorni sacri, giacché io vi ho rivelato, mie sante membra, tutt'intero il mistero della mia divinità. Ecco, io vi ho già annunziato ogni cosa! Andate ora, partite, predicate il vangelo della mia sovranità, giacché è ormai vicina (al termine) la vostra corsa e la vostra santa battaglia. Tu, Paolo, mio eletto, compirai la tua corsa con il mio amato Pietro, il cinque del mese di epep, e poi sarai nel mio regno, nell'eternità. Sarà con voi la mia forza". E subito comandò alla nube di prendere i discepoli e di trasportarli nei paesi ai quali egli li aveva destinati. Essi dovevano predicare in ogni luogo il vangelo del regno celeste per sempre, a motivo della grazia e dell'amore verso gli uomini del Signore nostro Gesù Cristo, al quale con il suo buon Padre e con lo Spirito santo sia gloria per tutta l'eternità. Così sia.


Questo bene fu procurato dal fratello filoteo Psate, della città di Mekra del nomo di Ermont. Il Signore Dio del santo arcangelo Raffaele e del santo apostolo Paolo benedica Psate, sua moglie, i suoi figli, la sua attività, e lo faccia erede con i santi del regno celeste per sempre. Così sia.