Vangelo della Verità
Il Vangelo della Verità è un Vangelo non-canonico, scritto in lingua copta verso la metà del II secolo a partire da un proto-testo greco perduto. Ritenuto perduto e noto solo attraverso citazioni dei Padri della Chiesa (Ireneo di Lione lo attribuisce a Valentino), nel 1945 è stato ritrovato tra i Codici di Nag Hammâdi. In base ai riferimenti ad altri scritti del Nuovo Testamento si può forse datare al II secolo, anche se per alcuni studiosi gli elementi stilistici e l'organizzazione del testo farebbero pensare ad una datazione più tarda. D'altra parte, la stessa testimonianza di Ireneo di Lione dichiara il Vangelo come abbastanza recente («non olim conscriptum», Adv. haeres III 2,9), quindi non posteriore all'anno 180. Esso appare come l'introduzione e il commento di un vero Vangelo, che però è tuttora ignoto. Questa ipotesi sembra confermata dalle testimonianze di Ireneo e Tertulliano, i quali sembrano alludere nei loro scritti ad un vero e proprio Vangelo.
IL VANGELO
1) Il Vangelo della Verità è gioia per coloro che hanno ricevuto dal Padre della Verità la grazia di conoscere Lui per mezzo della potenza della Parola, uscito dal Pleroma [mediatrice tra l'assoluta realtà del principio ideale e divino e l'assoluta irrealtà della materia] e immanente nel Pensiero e nella mente del Padre. Questi è colui che è chiamato "il Salvatore", perché tale è il nome dell'opera che egli deve compiere per la salvezza di coloro che non hanno conosciuto il Padre. Perciò il termine "Vangelo" è rivelazione di speranza: esso è una scoperta per coloro che cercano Lui.
2) Il Tutto si è dato alla ricerca di Lui, dal quale è uscito. Il Tutto si trovava dentro di Lui, l'inafferrabile, l'impensabile, al di sopra di ogni concetto. E l'ignoranza sul Padre produsse angoscia e terrore. L'angoscia divenne densa come nebbia, tanto che nessuno poteva più vedere. Per questo motivo l'Errore divenne potente: plasmò la sua sostanza con il vuoto, ignorando la verità, e prese dimora in una finzione, creando con bell'artificio qualcosa che sostituisse la verità.
3) Questo non ha comportato un'umiliazione per Lui, l'inafferrabile, l'impensabile, perché l'angoscia, l'oblio e la finzione dell'Errore non erano nulla, mentre la Verità è salda, inalterabile, e non suscettibile di bellezza. Disprezzate pertanto l'Errore. Così è di esso: non avendo radice, si è trovato immerso in una nebbia, a proposito del Padre, dedicandosi a preparare opere, oblii e terrori per fuorviare quelli del mezzo e farli prigionieri. Ma l'oblio che è proprio dell'Errore non era manifesto: l'oblio non è entrato nell'esistenza per mezzo del Padre, benché sia stato generato a causa di lui. Invece, ciò che è entrato nell'esistenza per mezzo del Padre è la conoscenza, la quale fu manifestata perché l'oblio scomparisse ed essi potessero conoscere il Padre. L'oblio infatti esisteva perché essi non conoscevano il Padre. Ma appena il Padre sarà conosciuto, immediatamente l'oblio non esisterà più.
4) E questo è il Vangelo di colui che è cercato; Vangelo che Gesù Cristo ha rivelato ai perfetti, mistero nascosto, per la misericordia del Padre. Per mezzo di esso, egli ha illuminato coloro che erano nelle tenebre a causa dell'oblio. Li ha illuminati e ha mostrato loro la Via. E la Via è la verità che egli ha insegnato loro. Per questo motivo l'Errore si è irritato con lui, l'ha perseguitato, l'ha oppresso e l'ha annientato. Egli è stato inchiodato ad un legno ed è divenuto frutto della conoscenza del Padre, senza causare rovina per il fatto che se ne è mangiato. Anzi, chi ne ha mangiato lo ha fatto gioire per la scoperta.
5) Egli ha trovato loro in sé stesso, ed essi hanno trovato in sé Lui, l'inafferrabile, l'impensabile, il Padre. Questi è la perfezione: è quello che ha prodotto il Tutto, in cui il Tutto si trova e di cui il Tutto ha bisogno, poiché egli ne ha tenuto in sé stesso la perfezione, quella che non ha concesso al Tutto. Non che il Padre fosse geloso: quale gelosia ci può mai essere tra Lui e le sue membra? Ma se l'Uno presente avesse ricevuto la loro perfezione, esse non si rivolgerebbero al Padre, il quale conserva in sé stesso la loro perfezione e la concede loro perché ritornino a lui e lo conoscano con una conoscenza unica in perfezione. Egli è colui che ha prodotto il Tutto, in cui il Tutto esiste e di cui il Tutto ha bisogno.
6) Come accade di qualcuno, che se altri non lo conoscono, egli suole desiderare che lo conoscano e lo amino, per la stessa ragione - e di che cosa il Tutto aveva bisogno se non della conoscenza del Padre? - egli si è fatto guida sollecita e sicura. Egli si è presentato in mezzo ai luoghi di istruzione, e ha insegnato la Parola come Maestro. Là si sono avvicinati a lui coloro che erano sapienti secondo la propria opinione, mettendolo alla prova, ma egli li ha confusi, perché essi erano sciocchi. Essi lo hanno odiato, perché non erano davvero assennati. Dopo costoro, si sono avvicinati a lui i piccoli, ai quali appartiene la conoscenza del Padre. Ammaestrati, essi appresero gli aspetti della faccia del Padre. Conobbero e furono conosciuti, glorificarono e furono glorificati.
7) Si è rivelato nel loro cuore il Libro della vita dei vivi, che è scritto nel Pensiero e nella Mente del Padre e che, ancor prima della fondazione del Tutto, era nella parte di lui che è incomprensibile, e che nessuno aveva possibilità di prendere, poiché era decretato che chi lo avrebbe preso sarebbe stato immolato. Nessuno poteva essere manifestato, di coloro che credevano nella salvezza, finché quel libro non avesse fatto la sua apparizione. Per questo motivo il misericordioso e fedele Gesù ebbe compassione e accettò le sofferenze, perché sapeva che la sua morte era vita per molti.
8) Allo stesso modo che, fin quando un testamento non è ancora stato aperto, i beni del padrone rimangono nascosti, così era nascosto il Tutto, mentre era invisibile il Padre del Tutto, l'unico, l'esistente di per sé stesso, colui dal quale procedono tutti gli spazi. Perciò è apparso Gesù e ha preso su di sé quel libro. Egli è stato inchiodato ad un legno, ha affisso alla croce l'editto del Padre. Oh, quale grande insegnamento! Egli si è abbassato fino alla morte, sebbene rivestito di vita immortale. Spogliatosi di questi cenci corruttibili, si è rivestito di incorruttibilità, che nessuno ha la possibilità di levargli. Penetrato nei luoghi vuoti a causa del terrore e passato attraverso quelli spogli a causa dell'oblio, è divenuto conoscenza e perfezione, proclamando ciò che era nel cuore del Padre, per istruire chi era privo di insegnamento.
9) Quelli che ricevono l'insegnamento sono i vivi, iscritti nel libro dei vivi. Essi ricevono l'insegnamento per sé stessi e sono ricevuti dal Padre quando nuovamente si rivolgono a Lui. Infatti la perfezione del Tutto si trova nel Padre ed è necessario che il Tutto risalga a lui. Pertanto, se uno riceve la conoscenza, riceve ciò che gli è proprio e l'attira in sé stesso. Invece chi è ignorante è privo, ed è una cosa importante che gli manca: gli manca infatti ciò che può farlo perfetto.
10) Poiché la perfezione del Tutto è nel Padre ed è necessario che il Tutto risalga a lui e che ognuno riceva ciò che gli è proprio, Egli li ha registrati in anticipo, avendoli preparati per essere uniti a quelli che sono usciti da lui. Coloro i cui nomi Egli ha conosciuto in anticipo alla fine vengono chiamati: e così, chi conosce è colui del quale il Padre ha pronunciato il nome. Invece colui il cui nome non è stato pronunciato è l'ignorante. E, infatti, come potrebbe uno udire, se il suo nome non è stato pronunciato? Chi rimane ignorante fino alla fine è una creatura dell'oblio e sarà distrutto con esso. Altrimenti, per quale ragione questi miserabili non ricevono alcun nome, non sentono l'appello?
11) Dunque, se uno possiede la conoscenza, è un essere dall'alto. Se è chiamato, ode, risponde e si volge verso chi lo chiama, per risalire a lui, poiché sa per quale scopo è chiamato. Poiché possiede la conoscenza, egli compie la volontà di colui che lo ha chiamato. Desidera piacergli e riceve il Riposo. Egli può conoscere il nome di ogni cosa. Chi possiede così la conoscenza sa di dove viene e dove va. Egli sa, allo stesso modo di uno che essendo stato ubriaco si è liberato dell'ubriachezza ed essendo tornato in sé mette in ordine le cose che gli appartengono.
12) Molti sono stati fatti uscire dall'errore, sono stati preceduti fino ai luoghi a loro propri, da cui si erano allontanati e ricevendo l'errore a causa della profondità di Colui che circonda ogni luogo, senza che cosa alcuna lo circondi. Gran meraviglia che essi fossero nel Padre senza conoscerlo e che abbiano avuto la possibilità di uscire fuori da soli, non potendo comprendere e conoscere Colui nel quale si trovavano! Così era, perché la sua volontà non si era ancora rivelata fuori di lui. Egli l'ha manifestata a favore di una conoscenza in cui convengono tutte le sue emanazioni.
13) Essa è la conoscenza del libro vivo, che egli alla fine ha rivelato agli intermedi [tra Dio e il mondo]. Non sono lettere e segni tali che, leggendoli, uno possa pensare a qualcosa di vano, ma sono le lettere della Verità: chi le pronuncia riconosce sé stesso. Ciascuna lettera è verità assoluta, ed è un libro perfetto, poiché si tratta di segni scritti dall'Uno. Li ha scritti il Padre, affinché gli intermedi, per mezzo di queste sue lettere, conoscessero il Padre.
14) La sua Sapienza ha meditato il Verbo. La sua Dottrina lo ha preferito. La sua Conoscenza lo ha rivelato. La sua compiacenza si è posata su di lui come corona. La sua gioia si è unita a lui. La sua gloria lo ha esaltato. La sua somiglianza lo ha reso noto. Il suo Riposo lo ha ricevuto in sé. Il suo amore si è incarnato in lui. La sua fiducia lo ha circondato. Così il Verbo del Padre procede dentro il Tutto, frutto del suo cuore ed espressione della sua volontà. Ed egli sostiene il Tutto, lo sceglie, e anzi rende l'immagine del Tutto, purificandolo e promuovendone il ritorno al Padre e alla Madre, egli, Gesù dall'infinita dolcezza. Il Padre mostra il suo seno, e il suo seno è lo Spirito Santo. Egli rivela ciò che di sé stesso era nascosto - ciò che di Lui era nascosto è suo Figlio - di modo che, grazie alla sua misericordia, gli intermedi possano conoscerlo e cessare di tormentarsi nella ricerca del Padre, trovando riposo il Lui, sapendo che Egli è il Riposo.
15) Colmando la deficienza Egli ne ha abolito la figura. La figura di questa è il mondo, che ad essa era soggetto. Infatti, nel luogo in cui c'è invidia e disaccordo, là c'è deficienza; mentre nel luogo in cui c'è unità, là c'è perfezione. Siccome la deficienza è venuta nell'esistenza perché non si conosceva il Padre, così, appena si conoscerà il Padre, all'istante la deficienza scomparirà. Proprio come nel caso dell'ignoranza di uno: appena egli viene a conoscenza, la sua ignoranza si disperde da sola, come si dissipano le tenebre quando appare la luce: così anche la deficienza viene meno a causa della perfezione. Di conseguenza, dunque, la figura non si mostrerà più, ma sparirà nella fusione dell'unità. Pertanto le loro azioni si presentano simili l'una all'altra. Ciò accadrà nel momento in cui l'unità perfezionerà il luogo. Per mezzo dell'unità ognuno ritroverà sé stesso. Per mezzo della conoscenza ciascuno purificherà sé stesso dalla diversità all'unità, consumando la materia dentro sé stesso, come un fuoco: le tenebre per mezzo della luce, la morte per mezzo della vita.
16) Se dunque queste cose sono successe a ciascuno di noi, è necessario che noi provvediamo prima di tutto che la casa sia santificata e silenziosa per l'unità. Come di persone che hanno lasciato un luogo dove possedevano, in qualche angolo, vasi che non erano buoni, e questi sono stati spaccati, tuttavia il padrone di casa non soffre per la perdita anzi ne è lieto: invece di quei brutti vasi, vi sono quelli pieni che divengono perfetti. Tale è il giudizio che viene dall'alto e che ha giudicato ognuno: una spada sguainata, a doppio taglio, che recide da una parte e dall'altra. Quando è apparso il Verbo, che è nel cuore di coloro che lo hanno scelto, e non era soltanto un suono, ma aveva preso un corpo, una grande confusione avvenne tra i vasi: alcuni erano stati svuotati, altri riempiti, perché, ecco: alcuni erano lì pronti, altri rovesciati; alcuni furono purificati, altri fatti a pezzi. Tutti i luoghi furono scossi e sconvolti e non ebbero né consistenza né saldezza. L'Errore ne è turbato e non sa che cosa dovrà fare. Affliggendosi e lamentandosi, egli si lacera, perché non capisce niente. Dopo che la conoscenza, che è la rovina sua e delle sue emanazioni, gli si è avvicinata, esso è vuoto. D'altronde nell'Errore non c'è nulla.
17) La Verità si è fatta avanti. Tutte le emanazioni l’hanno conosciuta. Esse hanno veracemente salutato il Padre, con una potenza perfetta che le unisce a Lui. Ognuno infatti ama la verità, perché la verità è la bocca del Padre e la sua lingua è lo Spirito Santo, il quale congiunge ciascuno alla Verità, unendolo alla bocca del Padre per mezzo della sua lingua, quando riceve lo Spirito Santo.
18) Questa è la manifestazione e la rivelazione del Padre ai suoi intermedi: Egli ha rivelato ciò che di sé era nascosto e l'ha spiegato. Chi è infatti colui che esiste, se non il Padre solo? Tutti i luoghi sono sue emanazioni. Essi hanno conosciuto che sono usciti da Lui. Prima essi lo conoscevano come figli in un uomo perfetto, perché non avevano ancora ricevuto una forma né avevano ancora ricevuto un nome, che il Padre produce per ciascuno. Lo conoscono allorché ricevono una forma dalla conoscenza. In realtà, benché siano in Lui, non lo conoscono. Invece il Padre è perfetto e conosce ogni cosa che è in sé. Egli, se vuole, manifesta chi vuole, dandogli una forma e dandogli un nome. Egli dà un nome e fa entrare nell'esistenza coloro che prima dell'esistenza erano ignoranti di chi li aveva prodotti. Certamente non dico che siano un niente coloro che ancora non sono entrati nella esistenza: essi si trovano in Colui che vorrà che esistano, quando vorrà, cioè in un tempo futuro. Prima che ogni cosa sia manifestata, Egli conosce ciò che produrrà; ma il frutto che ancora non si è manifestato, non sa niente e neppure opera in qualche modo. Così, ogni cosa, che pure è nel Padre, proviene da Lui che esiste e che l'ha fatta esistere dal nulla. Chi non ha radici non ha nemmeno frutto, e se dovesse pensare a proprio riguardo: - Io sono stato fatto... - scomparirebbe per sé stesso. Pertanto, ciò che non esiste per nulla non esisterà mai.
19) Che cosa dunque vuole il Padre che si pensi di sé stessi? Questo: "Io sono diventato come le ombre e i fantasmi della notte". Quando la luce illumina il terrore che lo ha colpito, quel tale capisce che esso non è niente. Così essi ignoravano il Padre: Egli è ciò che essi non vedevano. Poiché questo significava spavento, confusione, instabilità, dubbio e incertezza, esistevano molti inganni, attivi per le cause suddette, e vuote finzioni, come se la gente si fosse abbandonata al sonno e si trovasse in preda a sogni agitati: o si presenta loro un luogo in cui essi trovano scampo o si sentono senza forze, dopo essere stati inseguiti da qualcuno; o sono coinvolti in risse o stanno essi stessi ricevendo colpi; o stanno cadendo da grandi alture o volano per aria, sebbene non abbiano ali. Altre volte ancora è come se qualcuno tentasse di ucciderli, anche se nessuno li insegue, o essi stessi stanno uccidendo i loro vicini, perché sono imbrattati del loro sangue. Fino al momento in cui non si ridesta, colui che passa attraverso queste cose, immerso in tutte queste confusioni, non si accorge che esse non significano nulla. Così è per coloro che hanno allontanato da sé l'ignoranza, come un sonno cui essi non danno alcun valore. Ugualmente non danno alcun valore alle sue opere, ma le abbandonano, al pari di un sogno nella notte, e considerano la conoscenza del Padre come la luce.
20) È così che ognuno ha agito, da addormentato, nel tempo della sua ignoranza, ed è così che conosce, come se si ridestasse. Felice l'uomo che torna in sé e si ridesta, e beato chi ha aperto gli occhi dei ciechi! Lo Spirito è corso rapidamente su di lui; quando l'ha fatto risorgere: ha steso la mano a chi giaceva per terra e ha rimesso sui suoi piedi quello che ancora non si era rialzato. A costoro ha dato la possibilità di apprendere la conoscenza del Padre e la rivelazione del Figlio. Perché quando essi hanno veduto e udito costui, il Padre ha permesso loro di gustare sé stesso, di sentirne il profumo, di toccare il Figlio diletto.
21) Dopo che egli fu apparso, istruendoli sul Padre, l'incomprensibile, dopo che ebbe soffiato in loro ciò che è nel Pensiero, eseguendone il volere, dopo che molti ebbero ricevuto la luce, alcuni si rivolsero contro di lui, perché erano estranei e non vedevano la sua immagine. Gli uomini ilici [fatti di materia] non avevano capito che egli si era presentato sotto una somiglianza di carne, a cui nessuno poteva impedire il cammino, essendo dotata di incorruttibilità e incoercibilità.
22) Insegnando dunque cose nuove, col proferire ciò che è nel cuore del Padre, egli ha pronunciato la parola senza imperfezioni. Dalla sua bocca ha parlato la Luce e la sua voce ha generato la vita. Egli ha dato loro pensiero e intelletto, misericordia e salvezza, e il potere di uno spirito proveniente dall'infinità e bontà del Padre. Ha fatto cessare punizioni e tormenti - perché erano questi che distoglievano da Lui molti, bisognosi di misericordia, verso l'errore e le catene - e con potenza li ha debellati e li ha coperti di vergogna per mezzo della conoscenza. Egli è diventato la via per quelli che erravano, conoscenza per quelli che ignoravano, scoperta per quelli che cercavano, sostegno per quelli che vacillavano, purezza per quelli che erano contaminati.
23) Egli è il pastore che ha lasciato le novantanove pecore che non si erano sviate ed è andato alla ricerca di quella che si era smarrita. E quando l'ha trovata ne ha gioito; perché il novantanove è un numero contenuto nella mano sinistra, che lo conteggia, ma appena è stato trovato l'uno, l'intero numero passa alla destra. Perché questa attira ciò che è mancante: lo prende dalla sinistra e lo passa alla destra, e in questo modo diventa cento.
24) Con il suono della loro voce esse indicano il Padre. Egli ha lavorato anche di sabato per la pecorella che ha trovato caduta nella fossa. Egli ha salvato la pecora viva, riportandola fuori della fossa, affinché voi poteste capire - voi, figli della conoscenza – qual è il sabato in cui non bisogna che l'opera di redenzione rimanga inattiva, e affinché possiate parlare del giorno che è di sopra, in cui non c'è notte, e della luce che non tramonta mai, perché è perfetta.
25) Parlate dunque, dal vostro cuore, perché siete voi questo giorno perfetto e in voi dimora la luce che non ha fine. Parlate della verità a quelli che la cercano e della conoscenza a quelli che nel loro errore hanno peccato. Consolidate il piede di coloro che hanno incespicato e imponete le vostre mani ai malati. Nutrite gli affamati e date pace ai sofferenti. Rialzate quelli che vogliono levarsi e ridestate coloro che dormono. Voi siete la saggezza che viene brandita. Se la potenza si comporta in questo modo, essa diviene ancora più potente. Abbiate cura di voi stessi. Non vi preoccupate di ciò che resta, che avete gettato via: non fate ritorno a ciò che avete vomitato, per riprenderlo. Non fatevi rodere dalla tarma o dal verme: vi siete già liberati da questa condizione. Non diventate un luogo per il diavolo: l'avete già annientato. Non consolidate i vostri ostacoli: essi crollano, perché sono macerie. Ciò che è senza una legge non è nulla, tanto da poter reprimere più della legge. Esso compie le sue opere da solo, perché è ingiusto. Invece chi è giusto compie le sue opere in mezzo agli altri. Voi, dunque, fate la volontà del Padre: gli appartenete. Il Padre è amorevole e ciò che procede dalla sua volontà è buono. Egli ha conosciuto ciò che è vostro, affinché là voi troviate la vostra Quiete. Dai frutti si conosce ciò che vi appartiene.
26) I figli del Padre, sono essi la sua fragranza, e la manifesta in ogni luogo. Se essa si mescola con la materia, Egli affida la propria fragranza alla luce e la fa sollevare nel suo Silenzio, al di sopra di ogni forma e di ogni rumore. Perché non sono le orecchie che fiutano l'odore, ma è lo Spirito che può odorarlo, e lo attira in sé stesso e lo immerge nella fragranza del Padre. Lo riconduce dunque in porto, lo riporta al luogo di dove è uscito, alla nostra fragranza originale, che ora è fredda. Essa è una sostanza psichica; è come acqua fredda che si è condensata su un suolo non liscio e a proposito della quale chi la vede pensa: è solo terra. In seguito essa esala di nuovo: se lo Spirito l'attira, essa diviene calda. Gli odori freddi provengono dunque dalla separazione.
27) Per questo è venuta la Fede. Abolita la separazione, essa ha portato la calda pienezza dell'amore perché non esista più il freddo, ma l'unità del pensiero perfetto. E questa è la parola della buona novella, che riguarda la venuta della pienezza per coloro che aspettano la salvezza che viene dall'alto. Intanto la loro speranza è in attesa: verso di essa sono rivolti coloro la cui immagine è la luce in cui non c'è ombra.
28) Se in quel momento sopraggiunge la pienezza, la deficienza della materia non proviene dall'infinità del Padre, che arriva al tempo della deficienza (benché nessuno possa dire che l'incorruttibile giunga in quel modo): infatti la profondità del Padre si è estesa e con Lui non c'era il pensiero dell'errore. La deficienza è una cosa debole, una cosa nell'inerzia, che si leva quando trova ciò che è giunto da Colui che vuole ripristinare nello stato precedente. Questo ripristino, infatti, si chiama conversione. Perciò l'incorruttibilità è emanata fuori. Essa ha seguito colui che aveva peccato, perché egli possa trovare la Quiete. Il perdono è appunto ciò che rimane per la luce, nella deficienza: è la parola della pienezza.
29) Il medico accorre nel luogo dove c'è un malato, perché quello è il desiderio che è in lui. Allora colui che soffre di qualche deficienza non lo nasconde, perché quegli ha ciò che a lui manca. Così la pienezza, che non manca di nulla, completa la deficienza: la pienezza, che Egli ha dato di sé stesso per completare chi ne ha bisogno, in modo che possa ricevere la grazia. Infatti, dal momento in cui egli fu mancante, non possedeva la grazia. Per questo, nel luogo in cui non c'era la grazia, c'era deficienza. Appena viene ricevuto ciò di cui egli era privo, ciò di cui aveva deficienza, il Padre lo ha manifestato come pienezza: questo significa la scoperta della luce della verità che l'ha illuminato, perché essa è immutabile. Questo è il motivo per cui in mezzo a loro è stata assegnata a Cristo la parola: perché quelli che erano fuorviati ritrovino il ritorno ed egli li unga con il crisma.
30) Il crisma è la misericordia del Padre, il quale avrà misericordia per loro, perché coloro che Egli ha unto sono quelli che sono divenuti perfetti. Sono i vasi pieni quelli che si è soliti ungere. Quando però l'unzione di uno scompare, esso si svuota. La causa che lo fa divenire mancante sta nel fatto che la sua unzione scompare da lui. In quel momento un solo soffio lo può attirare, secondo la forza di ciò che lo emette. Nel caso invece di chi è mancante, nessun sigillo gli è tolto e nulla viene svuotato. Se c'è però qualcosa di cui egli è mancante, il Padre, perfetto, suole di nuovo colmarlo con essa. Egli è buono, conosce la sua semenza, perché egli stesso, l'ha seminata nel suo Paradiso. Ora, il Paradiso è il Luogo del Riposo.
31) Questa è la perfezione che procede dalla Mente del Padre e quelle sono le parole della sua meditazione. Ciascuna delle sue parole è espressione della sua indeclinabile volontà, nella rivelazione della Parola, uscita fuori per prima, le rese manifeste, e la Mente parlante fu detta il pensiero. Era qui, infatti, il luogo dove esse esistevano prima che fossero manifestate.
32) È accaduto dunque che egli è proceduto per primo nel momento che è piaciuto alla volontà di chi l'ha voluto. Ora, la volontà è ciò in cui il Padre si riposa e di cui si compiace. Nulla può succedere senza di Lui e nessuna cosa accade senza la volontà del Padre. Essa però è inconoscibile. La volontà è l'orma di Lui, ma nessuno può conoscerla né è possibile alla gente stare in agguato per afferrarla. Ma ciò che vuole è nel momento che lo vuole, anche se il suo mostrarsi non è affatto di loro gradimento. La volontà è in Dio.
33) Il Padre conosce così l'inizio di tutti loro, come la loro fine. Quando questa giungerà, li interrogherà su quello che hanno fatto. Ora la fine consiste nel prendere conoscenza di chi è nascosto. E questi è il Padre: Colui dal quale è uscito l'inizio e al quale ritorneranno tutti quelli che sono usciti da Lui, perché essi sono stati manifestati per la gloria e la gioia del suo nome.
34) Ora, il nome del Padre è il Figlio. È lui che all'inizio ha dato nome a quello che è uscito da Lui, e che era Egli stesso, e che Egli ha generato come Figlio. Egli gli ha dato il suo nome, che apparteneva a Lui, poiché è Lui, il Padre, colui al quale appartengono tutte le cose che sono con Lui. Egli possiede il nome, egli possiede il Figlio: questo è possibile che sia visto, il nome invece è invisibile, poiché esso solo è il mistero dell'invisibile, il quale giunge a orecchi che sono tutti pieni di lui.
35) Il nome del Padre, invero, non si può pronunciare, ma Egli si è rivelato per mezzo del Figlio. Così grande è dunque il nome! Chi, pertanto, sarà in grado di pronunciare il nome di Lui, il grande nome, se non Egli solo, al quale appartiene il nome, e i figli del nome, quelli su cui si è riposato il nome del Padre e che, a loro volta, si sono essi pure riposati nel suo nome?
36) Poiché il Padre non è venuto nell'esistenza, ma di sé ha generato lui solo come nome, prima di produrre gli intermedi, affinché a loro capo quale signore, vi fosse il nome del Padre, cioè il nome vero, saldo nella sua autorità e nella sua perfetta potenza. Questo nome non si trova tra i vocaboli, né il suo nome compare tra gli appellativi. Esso è invisibile.
37) Egli ha dato un nome a sé stesso, perché vede sé stesso ed Egli solo è in grado di darsi un nome. Colui che non esiste non ha un nome. Quale nome si può dare a colui che non esiste? Invece chi esiste, esiste pure il suo nome e conosce sé stesso. Dare un nome a sé stesso significa essere il Padre. Il suo nome è il Figlio. Egli non l'ha dunque nascosto nell'agire: ma il nome esisteva, ed Egli lo dava al Figlio, a lui solo. Il nome, quindi, è quello del Padre, così come il nome del Padre è il Figlio, sua misericordia. Costui, infatti, dove troverebbe un nome, fuori del Padre?
38) Ma certamente qualcuno potrebbe dire al suo vicino: - Chi può dare un nome a chi preesisteva prima di lui? Come se, a dire il vero, i bambini non ricevessero un nome da chi li ha generati. La prima cosa da fare, allora, è riflettere su questo punto: "Che cos'è il nome?”. Poiché esso è il nome autentico, è senza dubbio il nome che proviene dal Padre, perché è Lui il signore del nome. Non è uno pseudonimo, che egli abbia ricevuto, come altri, secondo la maniera in cui ciascuno ne viene fornito. Ma è Lui il signore del nome. Non c'è nessun altro a cui Egli lo abbia concesso, ed Egli stesso è stato innominabile e ineffabile fino al momento in cui Egli stesso, che è perfetto, lo ha pronunciato, ed è Lui che ha il potere di pronunciare il suo nome e di vederlo.
39) Quando dunque gli piacque che il suo Figlio diletto divenisse il suo nome, Egli gli diede il suo nome. Uscito dalla profondità, questi ha parlato dei segreti di Lui, sapendo che il Padre è bontà assoluta. Proprio per questo motivo, Egli lo ha mandato: perché potesse parlare del Luogo e del luogo del Riposo, da cui egli era uscito, e glorificare il Pleroma [la Pienezza] e la grandezza del Suo nome e la dolcezza del Padre. Ed egli parlerà del Luogo da cui ciascuno è venuto, e ciascuno si affretterà a tornare di nuovo alla religione dalla quale ha derivato la sua vera condizione e a liberarsi da quel luogo in cui si è trovato da quando ha gustato quel Luogo e ne ha ricevuto nutrimento e crescita. Il luogo suo proprio di riposo è la sua pienezza.
40) Tutte le emanazioni del Padre sono pienezze e tutte le sue emanazioni hanno la propria radice il Lui, il quale le ha fatte sorgere tutte da sé stesso e ha assegnato loro il proprio destino. Ciascuno, pertanto, è stato manifestato affinché per mezzo del proprio pensiero, il Luogo a cui essi rivolgono questo pensiero, quel luogo è la loro radice, che li solleva in alto, a tutte le altezze, presso il Padre. Essi raggiungono il suo capo, che è per loro la Quiete. È loro dato accesso in avanti e vengono a trovarsi tanto vicini da poter dire che sono stati messi in comunione con il volto di Lui, per mezzo dei baci.
41) Forse che essere simili non sono stati manifestati perché non sono usciti fuori di sé stessi e perché non hanno menomato la gloria del Padre e non hanno pensato che Egli fosse piccolo o che fosse aspro o che fosse irascibile, ma che Egli è assolutamente buono, incrollabile, dolce, che conosce tutti gli spazi prima che essi entrino nell'esistenza, e che non ha bisogno di istruzione?
42) Questa è la condizione di coloro che posseggono qualche cosa dall'alto, grazie a quella incommensurabile grandezza, in cui essi si trovano, stretti insieme a quell'Uno, unico e perfetto, che è là per loro. Costoro non discendono nell'Ade; essi non hanno né invidia né lamenti; non c'è più in mezzo a loro la morte, ma riposano in Colui che riposa. Essi non penano, né sono preoccupati nella ricerca della verità, perché essi stessi sono la verità. Il Padre è in loro ed essi sono nel Padre, perfetti e inseparabili da quell'autenticamente Buono. Essi non sono causa di alcun danno, anzi elargiscono benessere. Ventilati dallo Spirito, essi si accorgeranno della loro radice, e quelli in cui Egli avrà trovato la sua radice, saranno oggetto di particolare sollecitudine, ed Egli eviterà ogni danno alle loro anime. Questo è il Luogo dei beati, questo è il loro luogo.
43) Quanto agli altri sappiano essi, nei luoghi in cui si trovano, che non è conveniente per me, dopo che sono stato nel Luogo del riposo, parlare di altre cose. Ma là io dimorerò e dedicherò me stesso, in ogni momento, al Padre del Tutto e ai veri fratelli, sui quali si riversa l'amore di Lui e in mezzo ai quali nulla di Lui fa difetto. Sono essi, che sono manifestati nella verità, poiché essi sono in quella vita vera ed eterna e parlano della Luce perfetta, ripiena del seme del Padre, e che è nel suo cuore e nella Pienezza, mentre il Suo Spirito gioisce in Lui e glorifica Lui, nel quale esso esisteva, perché Egli è buono e i suoi figli sono perfetti e degni del suo nome. Sono proprio figli di questo genere che Egli, il Padre, ama.