Natività di Maria (codice Arundel)
Il Codice Arundel 404, noto anche come Liber de Infantia Salvatoris (Libro dell'infanzia del Salvatore) o Natività di Maria e di Gesù è un Vangelo apocrifo scritto in latino verso il XIV secolo. Costituisce una variante del ProtoVangelo di Giacomo (II secolo). Il codice è conservato presso il British Museum. Descrive la nascita miracolosa di Maria; la sua infanzia al tempio di Gerusalemme; il matrimonio miracoloso con Giuseppe; la nascita di Gesù.
I GENITORI DI MARIA
Nella terra di Gerusalemme ci fu un uomo molto ricco, di nome Gioacchino, della tribù di Giuda, della stirpe di Davide. Costui temeva il Signore con semplicità e pascolava le sue pecore. Di altro non ci curava, se non di amministrare il frutto dei suoi greggi nel timore di Dio. Nel timore di Dio e nella dottrina, i suoi doni li offriva doppi, dicendo in cuor suo: "Quanto per me è abbondante lo si deve dare a tutto il popolo della terra. Ciò che vi è di più grande e di meglio tra le primizie della mia abbondanza costituirà una oblazione al Signore. Anzi tutto affinché il Signore mi sia propizio". Di ogni cosa faceva tre parti: una parte la dava alle vedove, agli orfani, ai pellegrini e ai poveri; l'altra parte ai timorati di Dio; la terza parte poi la teneva per sé e per tutta la sua casa. Comportandosi egli così, Dio moltiplicò i suoi greggi e la sua ricchezza, sia negli agnelli e capretti, che nelle lane e in tutte le cose sue, tanto che nel popolo di Israele non v'era alcuno che lo uguagliasse. Egli aveva cominciato a comportarsi così quando aveva quindici anni. All'età di vent'anni prese in moglie Anna, figlia di Issacar, della tribù di Giuda. Convisse con lei vent'anni, ma non ebbe figli. Si avvicinava il grande giorno del Signore, la Pasqua, e ogni figlio di Israele offriva i suoi doni. E mentre Gioacchino stava preparando i suoi doni davanti al Signore, gli si avvicinò uno scriba del tempio, di nome Ruben, e gli disse: "A te non è lecito offrire i tuoi doni con i sacrifici di Dio, giacché Dio non ti ha benedetto dandoti una discendenza in Israele".
GIOACCHINO CON I PASTORI
Molto addolorato e svergognato davanti al popolo, si allontanò dal tempio piangendo, e non ritornò a casa sua. Ricordatosi del patriarca Abramo che nella sua vecchiaia ebbe da Dio il figlio Isacco, non si fece più vedere da sua moglie, bensì si recò segretamente dai suoi greggi e pose la sua tenda tra i monti per il lungo spazio di cinque mesi, pensando: "Non discenderò di qui né per cibo né per bevanda fino a quando non mi abbia visitato il Signore mio Dio. La mia preghiera mi servirà da cibo e le mie lacrime da bevanda".
ANNA
Alzando il suo lamento, sua moglie Anna piangeva, dicendo: "Piangerò la mia vedovanza, piangerò anche la mia sterilità, essendo senza figli". Mentre pregava, diceva: "Signore Dio, non mi hai dato figli, e perché mi hai tu preso anche mio marito, e non so dove cercarlo. Se io lo sapessi morto, gli darei almeno sepoltura". E piangendo dirottamente, discese nel giardino di casa sua. Mentre camminava, alzò gli occhi al cielo e pregava il Signore, dicendo: "Signore Dio dei miei padri, ascolta la mia preghiera e benedicimi come hai benedetto il ventre di Sara dandole il figlio Isacco. Guarda così la tua ancella!". Così dicendo, si voltò verso il cielo e vide un nido di passeri su di un albero di alloro; e alla vista della loro madre, si riempì di lacrime e gemette acerbamente esclamando verso il Signore: "Ahi me, Signore, quale madre mi ha generato? O qual ventre mi ha portato? Mi dolgo infatti di essere nata per essere oggetto di maledizione e di improperio per i figli di Israele. Mi hanno disprezzata e mi hanno scacciata via dal tempio del Signore, mio Dio. Ahi me, a chi sono stata io assimilata? Non ho potuto essere paragonata agli uccelli del cielo. Poiché anche i volatili del cielo hanno figli e, davanti a te, ti benedicono sempre con le loro voci. Ahi me, a chi sono stata io paragonata? Alle bestie della terra? Ma anche queste si moltiplicano e sono davanti al tuo cospetto e ti benedicono, Signore. Ahi me, a chi sono resa simile? Alle acque del mare o ai fiumi della terra? Ma anche le acque hanno tutte un frutto in sé stesse e si moltiplicano al tuo cospetto e le loro proli ti benedicono sempre, Signore. Ahi me, a chi sono resa simile? A questa terra? Ma anche la terra dà vita al suo germoglio, gli alberi fruttiferi che si succedono secondo le stagioni ed esultano al suo cospetto, mentre la terra ti glorifica, Signore. Avendo tu fatto così tutte queste cose nella tua sapienza, ricordati infine che all'inizio, per creare e rinnovare la massa del genere umano, hai benedetto i padri e li hai preposti a tutto questo".
E alzò nuovamente la voce piangendo, e disse: "Signore, Dio onnipotente, tu hai dato prole a tutte le tue creature, alle fiere, agli animali domestici, ai rettili, ai pesci e agli uccelli, e tutte gioiscono dei loro figli, soltanto me tu escludi dai doni della tua benevolenza. Ma a te, Signore, sono possibili tutte le cose. Spetta a te essermi propizio: tu, Signore, sai che fin dall'inizio della mia unione ho fatto voto che, qualora tu mi avessi dato un figlio o una figlia, io l'avrei offerto a te, nel tuo tempio santo". E mentre parlava così, apparve improvvisamente davanti al suo viso un angelo del Signore che le disse: "Anna, non temere, il Signore ha esaudito la tua preghiera e ha annuito alla tua domanda; è infatti intenzione di Dio che la tua discendenza e ciò che da te nascerà costituisca l'ammirazione di tutti i secoli, e la tua discendenza sarà celebrata in tutta la terra fino alla fine". Mentre così diceva sparì dai suoi occhi. Ma lei temendo per aver visto un tale prodigio, entrò nella sua camera e si gettò, quasi morta, sul suo lettuccio. Atterrita da immensa paura, rimase tutto il giorno e la notte in preghiera piena di timore. Dopo ciò, chiamò a sé la sua domestica Lutin, e le disse: "Mi hai visto vedova e con l'anima in estremo travaglio, e tu non hai voluto venire da me". Allora lei rispose, mormorando: "Se Dio ti ha chiuso l'utero e ha sottratto da te il tuo marito, io che ti posso fare?”. All'udire ciò, Anna piangeva ancora di più.
APPARIZIONE DELL’ANGELO A GIOACCHINO
Nello stesso tempo, tra i monti dove Gioacchino pascolava i suoi greggi, apparve un giovane e gli disse: "Perché non ritorni da tua moglie?”. Gioacchino rispose: "L'ho avuta per venti anni. Ora, siccome Dio non volle darmi da lei dei figli, pieno di vergogna me ne sono uscito dal tempio di Dio. Perché ritornare da lei? Una volta scacciato, me ne resterò qui con le mie pecore fino a quando Dio vorrà che io viva. Per mano dei miei ragazzi, restituirò la loro parte ai poveri, alle vedove, agli orfani e agli adoratori di Dio". Quel giovane gli rispose: "Io sono un angelo di Dio, oggi sono apparso a tua moglie piangente e orante, e l'ho consolata. Sappi dunque che essa, dal tuo seme, ha concepito una figlia. Questa sarà tempio di Dio, su di lei riposerà lo Spirito santo, e la sua beatitudine, superiore a quella di tutte le altre sante donne, sarà di tal genere e così grande quale non fu mai alcuna altra prima di lei. Ma anche dopo di lei, nessuna le assomiglierà, sicché nessuno potrà dire che vi fu una come lei. Discendi dunque dai monti e ritorna da tua moglie; la troverai incinta. Dio, infatti, ha risvegliato il seme in lei e l'ha fatta madre di una benedizione eterna".
Gioacchino adorò e disse: "Benedetto il Signore Dio, che non abbandonò i suoi servi, ma difenderà ogni suo servo nelle difficoltà e nelle afflizioni, e proteggerà coloro che sperano in lui". E, colmo di gioia, disse all'angelo: "Se ho trovato grazia al tuo cospetto, entra un poco nella tenda, siediti e benedici il tuo servo". E l'angelo a lui: "Non dire "servo", ma conservo. Tutti e due siamo, infatti, servi di un unico Signore. Non prendo il cibo al quale mi inviti, poiché il mio cibo e la mia bevanda sono invisibili, non possono essere visti da alcun mortale. Non voglio dunque questo e non pregarmi di entrare nella tua tenda. Quanto tu volevi darmi, offrilo in olocausto al Signore". Gioacchino, allora, preso un agnello immacolato, disse all'angelo: "Io non avrei presunto questo, se il tuo comando non mi avesse conferito il potere sacerdotale di offrire". E l'angelo a lui: "Né io ti inviterei a offrire se non conoscessi, in questo, la volontà di Dio". E avvenne che mentre egli offriva il sacrificio al Signore, l'angelo andò in cielo con il soavissimo odore del sacrificio, come trasformato in fumo. Allora Gioacchino cadde faccia a terra e vi rimase dall'ora sesta del giorno fino al vespero. Giunti i ragazzi e i mercenari, ignari di quanto era accaduto, ebbero paura: pensavano che si volesse uccidere e a stento riuscirono a alzarlo. Avendo poi narrato loro quanto aveva visto, furono presi da stupore grande e ammirazione e lo esortarono affinché, senza indugio, obbedisse al comando dell'angelo e ritornasse presto da sua moglie.
IL RITORNO DI GIOACCHINO
Avvenne così che, mentre Gioacchino si accingeva a pensare al ritorno e su questo discuteva in cuor suo, fu preso da un sopore: allora quell'uomo che gli era apparso quand'era sveglio, gli apparve in sogno, per dirgli: "Io sono l'angelo che Dio ti ha dato come custode. Discendi tranquillo e ritorna da Anna, poiché le opere di misericordia fatte da te e da tua moglie sono state presentate al cospetto dell'Altissimo, e vi è stata concessa una discendenza tale, quale dall'inizio non ebbero mai né i profeti né i giusti". Risvegliatosi, chiamò tutti i suoi gregari e manifestò loro il sogno. Essi adorarono il Signore e gli dissero: "Guardati dal sottovalutare l'angelo di Dio. Alzati e partiamo, andiamo lentamente mentre pascoliamo". Chiamati, dunque, i suoi pastori, disse loro: "Portatemi dieci agnelli immacolati che offrirò a Dio". Chiamati i pastori dei buoi, disse: "Portatemi dodici vitelli saginati, dal ventre immacolato; questi saranno per i sacerdoti e per i servi al servizio del Signore". Chiamò anche i pastori delle capre, e disse loro: "Anche voi portatemi cento capretti. Questi saranno per un festino in favore di tutto il popolo". Chiamato a sé il capo dei pastori, gli disse: "Portami anche il capro immacolato delle mie pecore sul quale vi è il carattere, cioè il segno. Lungo il cammino, questo sarà il capo dei miei greggi e la guida di tutte le pecore; e portami il vitello primo, particolare e immacolato. Questo sarà una oblazione al Dio Altissimo". I pastori condussero i diversi capi di bestiame e l'ariete era alla guida di tutto il bestiame e i pastori le seguivano.
LA PORTA AUREA
Dopo avere camminato per trenta giorni, l'angelo del Signore apparve a Anna che perseverava nella preghiera, e le disse: "Anna, vai alla porta detta aurea ad incontrare tuo marito giacché oggi viene da te con i suoi greggi". Allora Anna, con le sue ancelle, andò in fretta e si pose a pregare e a piangere alla stessa porta in lunga attesa. Quando già stava venendo meno, alzò gli occhi e vide Gioacchino che veniva con il suo bestiame. Allora corse e gli si appese al collo e, ringraziando il Signore, lo baciò e disse tra le lacrime: "Ora so con certezza che il Signore mi ha benedetto e ha tolto da me la maledizione degli uomini. Ecco, infatti, io ero vedova e ora non sono più vedova. Io che ero sterile, ecco che ho concepito". E Gioacchino ringraziò l'Altissimo. Vi fu una grande gioia tra tutti i loro amici e parenti, tanto che tutta la terra di Israele si rallegrò a questa notizia. Gioacchino entrò dunque in casa sua e, nel primo giorno, si riposò. Il giorno dopo, prese le sue offerte, e andò al tempio del Signore pensando tra sé: "Se il Signore mi è propizio, lo manifesterà al sacerdote, il Signore darà un segno e me lo farà conoscere". Offrì, dunque, le sue offerte e osservava la bocca del sacerdote. Salirono sull'altare di Dio e il sacerdote non trovò in lui alcun peccato. Gioacchino disse allora: "Ora so che il Signore, mio Dio, mi è propizio e ha perdonato ogni mio peccato". Dal tempio del Signore discese così giustificato a casa sua.
LA NASCITA DI MARIA
Terminati che furono i nove mesi del concepimento, Anna generò una figlia e, passati sette giorni, lavò la solennità più del suo parto, offrì alla bambina abbondanza di latte, invitò a casa sua tutta la moltitudine dei sacerdoti, tutti gli inservienti dell'altare del Signore, e tutti i maggiorenti di Israele per l'imposizione del nome alla bambina. Gioacchino poi supplicò l'Altissimo dicendo: "Signore, Dio dei nostri padri, tu che hai tolto da me la maledizione degli uomini, che assisti i disprezzati e ascolti il muggito del peccatore, in questo giorno dà tu il nome alla bambina". Tutti si appressarono al banchetto. Ed ecco che improvvisamente, mentre stavano mangiando, si udì dal cielo una voce, che diceva: "Gioacchino, Gioacchino, dal Signore, Dio altissimo, "Maria" è stato il nome indicato per questa bambina". Tutta la folla presente ne rimase stupita e, a una sola voce, tutti risposero: "Amen". Terminata la festa si allontanarono con gioia ringraziando Dio. Giunta all'età di sei mesi, sua madre la pose in terra per vedere se poteva reggersi in piedi. Rimase in piedi, fece sette passi e ritornò sul petto di sua madre. Allora Anna la sollevò da terra, dicendo: "Viva il Signore, Dio mio! Non camminerai sulla terra fino a quando ti condurrò nel tempio del Signore". Anna poi santificò la sua casa, allontanò da essa ogni cosa contaminata e impura; chiamò a sé delle figlie immacolate di Ebrei per assisterla.
E giunse il primo anno della bambina. Gioacchino e sua madre festeggiarono il compleanno con magnificenza: anche in questo giorno invitarono tutti i principi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani del popolo. Gioacchino offrì la bambina ai sacerdoti i quali la benedissero, dicendo: "Dio dei nostri padri, benedici questa fanciulla come già le desti un nome che sarà celebrato in eterno. Benedicila con l'ultimissima e suprema benedizione, quella che non ebbe alcun precedente né più avrà eguale in tutte le nazioni". E tutti risposero: "Amen!". Sua madre poi la prese, le diede la mammella e, mentre la teneva così, innalzò questo cantico al Signore, dicendo: "Ora canterò al Signore mio Dio un cantico santo, poiché mi ha visitato e ha tolto da me l'improperio di tutti i miei nemici. Giacché il Signore mi ha dato la singolare e abbondantissima unità della sua ricchezza al suo cospetto. Chi ha annunziato a Ruben e ai figli di Israele che Anna allatta? Udite, udite, dodici tribù di tutta la terra, ammirate e lodate il Signore Dio che ha avuto misericordia di me e mi ha visitato, e io ho generato e allattato mia figlia e il mio latte è abbondante: io che ero senza figli sono divenuta madre. Questa figlia che mi è nata ha superato il numero di migliaia di mille". La pose nel santuario di casa sua e poi esultante di gioia uscì fuori e, piena di gloria, serviva i sacerdoti e tutto il popolo. Terminata la cena, tutti se ne andarono a casa loro ringraziando il Dio di Israele. Mentre i sacerdoti e tutti coloro che temono Dio andarono nel tempio del Signore Dio.
MARIA NEL TEMPIO
Intanto, ogni mese cresceva l'età della fanciulla e la sua salute era buona. Quando giunse all'età di due anni, Gioacchino disse a Anna: "Mettiamo questa fanciulla nel tempio del Signore adempiendo così il voto che abbiamo fatto al Signore, affinché non capiti che il Signore mandi a noi e il nostro dono non sia gradito". Anna gli rispose: "Aspettiamo ancora un anno. Raggiunta l'età di tre anni, la porremo nel tempio del Signore, affinché non cerchi il padre e la madre". Allora questo era un uso tra i figli di Israele. E non senza difficoltà gli Ebrei osservavano anche questo in riferimento al Salvatore, come era d'altronde di tutto ciò che riguardava il suo mistero. Gioacchino rispose a Anna: "Amen, sia così". Giunse il terzo anno della bambina, e Anna svezzò sua figlia Maria. Gioacchino disse: "Chiamiamo delle figlie ebree che siano pure, ognuna prenda una fiaccola accesa, e faccia luce davanti alla fanciulla, affinché sia attratta dalla luce delle fiaccole e non si volti indietro, e così non venga meno il suo animo nel tempio del Signore".
E così fecero. Gioacchino andò con sua moglie Anna al tempio del Signore e, offrendo sacrifici al Signore, lasciarono la loro bimbetta Maria. Prendendola dalle mani della madre, il sacerdote la baciò e la benedisse, dicendo: "Ti benedica il Signore Dio e renda grande il tuo nome in tutte le nazioni. Negli ultimi giorni egli manifesterà su di te la sua salvezza ai figli di Israele". E la pose sul terzo gradino dell'altare del Signore. Il Signore le infuse la sua grazia sicché salì i quindici gradini senza neppure voltarsi indietro né cercare i genitori, come sogliono fare i bambini. Per questo furono presi tutti da stupore e i pontefici del tempio erano pieni di ammirazione. Allora Anna, ripiena di Spirito santo, esclamò davanti a tutti: "Il Signore Dio degli eserciti si è ricordato della sua santa parola e ha visitato il suo popolo con la sua visita santa per umiliare le genti che si ergevano contro di noi, e rivolgere a sé il cuore di tutti. Aprì le sue orecchie alle nostre preghiere e allontanò da noi gli insulti dei nostri nemici. Una donna sterile è diventata madre, e generò in Israele l'esultanza e la gioia. Ecco che ora potrò offrire doni al Signore e i miei nemici non me lo potranno proibire. Il suo Dio li ha infatti allontanati da me e mi ha dato un gaudio sempiterno". Affidarono allora Maria alla dimora comune delle Vergini che restano giorno e notte a lodare Dio; e lei suscitava ammirazione per il fatto che, pur avendo solo tre anni, camminava con un passo così maturo, parlava in modo così corretto e era così assidua nelle lodi a Dio che la si sarebbe creduta non una bimbetta, ma una persona grande. Nelle preghiere era perseverante quasi fossero trent'anni che era nel tempio del Signore; meditava come una colomba e riceveva il cibo dalla mano di un angelo. La sua faccia risplendeva improvvisamente, sicché difficilmente qualcuno poteva mirare il suo volto.
LA GIORNATA DI MARIA
Era così perseverante nella tessitura che, nella sua tenera età, eseguiva quanto non riuscivano a fare le donne. Si era imposta questa regola: dalla prima ora del giorno fino alla terza perseverava nella lettura e nella preghiera; dalla terza fino alla nona si dedicava al lavoro della tessitura; dall'ora nona in poi seguitava la preghiera fino a quando non le appariva l'angelo del Signore dalla cui mano prendeva il cibo. Proseguiva di meglio in meglio nella lode a Dio e progrediva nel suo amore. Vedendo poi le vergini più anziane di lei che lodavano Dio, era spinta da un ardente anelito di bontà e faceva in modo di essere più pronta nelle vigilie, più profonda nella conoscenza della Legge di Dio, più devota nell'umiltà, più elegante nei carmi davidici, più generosa nella carità, più pura nella purezza, più perfetta in ogni virtù. Era costante e decisa a progredire ogni giorno verso il meglio. Nessuno l'aveva mai vista adirata, nessuno l'aveva mai udita maledire. Ogni suo dire era così pieno di grazia e da esso appariva che sulla sua bocca c'era sempre Dio. Perseverante nella preghiera e nello studio della Legge di Dio, era attenta affinché nessuna delle sue compagne mancasse anche soltanto in una parola, affinché nessuna alzasse la voce ridendo o si dimostrasse ingiuriosa o superba verso le sue pari. Benediceva Dio senza posa, e per non essere distolta dalla lode divina anche quando era soltanto salutata, lei rispondeva al saluto con un "Dio sia lodato!". È da lei che iniziò, per la prima volta, l'uso invalso in seguito tra gli uomini santi di salutarsi con "Dio sia lodato".
Con il cibo che riceveva ogni giorno dalla mano dell'angelo saziava esclusivamente sé stessa; dava invece ai poveri quanto riceveva dai pontefici del tempio. Frequentemente si vedevano angeli parlare con lei e le obbedivano come i suoi carissimi alla carissima. Se qualche malato, anelante alla sanità, la toccava, nello stesso istante ricuperava la salute. Allora uno dei pontefici di nome Abiatar offrì ai pontefici una infinita ricchezza per poterla dare in moglie a suo figlio. Maria però allontanava ciò da sé, dicendo: "Non può essere che io conosca un uomo o che un uomo conosca me". Ma i pontefici e i suoi parenti dicevano: "Dio è venerato nei figli, e onorato nei posteri come è sempre stato nel popolo di Dio, Israele". Maria, al contrario, rispondeva loro: "Dio si rivela e è adorato anzitutto con la castità. Infatti, nessun uomo fu giusto prima di Abele, e con la sua oblazione piacque a Dio, suscitò invidia e fu ucciso crudelmente da colui che invece dispiacque. Ricevette così da Dio due corone, una per l'oblazione, l'altra per la verginità essendo vissuto nell'innocenza e non avendo mai ammesso nella sua persona alcuna contaminazione. Anche Elia fu assunto perché, quando il suo corpo era quaggiù, serbò sempre Vergine la sua persona. Anche nel tempio di Dio fin dalla mia infanzia ho imparato che la verginità può essere molto gradita a Dio. Perciò, in cuor mio, ho deciso di non conoscere assolutamente alcun uomo". Quando ella raggiunse l'età di quattordici anni, i sacerdoti tennero un consiglio, dicendo: "Ecco che Maria ha raggiunto i quattordici anni. Ormai, a motivo dell'abitudine muliebre, non può più restare nel tempio. Che facciamo di lei, affinché non le capiti di contaminare il tempio del Signore nostro?”. Zaccaria rispose: "Il Signore avrà cura di lei". Ma gli risposero: "Tu presto, ti avvicinerai all'altare del Signore. Entra dunque nel santuario di Dio e prega per lei: faremo quello che ti sarà rivelato dal Signore".
MARIA AFFIDATA A GIUSEPPE
Presa questa decisione, un banditore fu mandato a tutte le tribù di Israele affinché, dopo tre giorni, si radunassero tutti nel tempio del Signore. Quando il popolo fu tutto radunato, si alzò il pontefice Issacar e salì sui gradini più alti per potere essere udito e visto da tutto il popolo. E, fattosi un grande silenzio, disse: "Ascoltatemi, figli di Israele, odano le vostre orecchie le mie parole. Dopo che questo tempio fu edificato da Salomone, vi furono figlie di re e di profeti, di sacerdoti e di pontefici; furono grandi e ammirevoli e, giunte all'età legittima, presero marito, seguirono la condotta dei loro predecessori e piacquero al Signore. Solamente Maria ha trovato una nuova linea di condotta promettendo a Dio di mantenersi vergine. Mi pare dunque che con la nostra domanda si abbia a conoscere da Dio a chi si debba affidarla in custodia. Così fece Davide quando era in dubbio, allorché fece prendere l'efod, interrogò Dio, e venne a conoscenza della vittoria. È necessario che anche noi facciamo così e godremo per avere compiaciuto il Dio dei nostri padri". Questo parlare piacque a tutta l'assemblea. Dai sacerdoti fu gettata la sorte sulle dodici tribù.
Zaccaria entrò allora nel santuario di Dio con i dodici campanelli e la veste sacerdotale, e offrì a Dio un sacrificio. Mentre stava pregando, apparve un angelo del Signore e gli disse: "Raduna tutti gli uomini vedovi della tribù di Giuda, ognuno porti il suo bastone, e la affiderai a quello sul quale il Signore manifesterà un segno". Furono allora avvertiti tutti quelli della tribù di Giuda affinché, il giorno seguente, coloro che erano senza moglie, venissero portando in mano il proprio bastone. Avvenne così che Giuseppe, gettata l'ascia di mano, prese il bastone e, lui vecchio, partì con persone più giovani. Tutti si radunarono presso il sacerdote ognuno con il bastone e glielo porsero. Il sacerdote li prese e entrò nel santuario a interrogare il Signore: offrì un sacrificio e pregò. Terminata la preghiera, l'angelo del Signore gli disse: "Introduci tutti i bastoni nel santo dei santi, e restino là fino al mattino. Ordina loro che domattina vengano da te a riprendere i bastoni. Quando ognuno avrà ricevuto il suo bastone, dalla cima di un bastone uscirà una colomba e volerà in cielo. Affiderai la custodia di Maria a colui in mano del quale il bastone restituito darà questo segno". Il giorno seguente tutti vennero più presto di quanto era stato detto loro.
IL BASTONE DI GIUSEPPE
Il pontefice, entrato nel santo dei santi, offrì l'oblazione dell'incenso, prese con le sue mani i bastoni per distribuirli, tralasciando quello di Giuseppe: ed egli, avvilito, se ne uscì fuori. Portati fuori i bastoni, a ognuno dava il suo: ma in essi non v'era alcun segno, non essendo uscita la colomba da alcun bastone. Allora il pontefice Abiatar indossò i dodici campanelli sacerdotali, entrò nel santo dei santi, accese un sacrificio, e ripeté‚ la preghiera. Mentre pregava sopraggiunse un angelo del Signore e gli disse: "Quel bastoncino corto che hai abbandonato qui senza tenerne alcun conto e non hai portato fuori con gli altri, proprio quello non appena tu l'avrai portato fuori e restituito dimostrerà il segno di cui ti ho parlato". Questo era il bastone di Giuseppe. Il sacerdote l'aveva tralasciato perché lo trascurava a motivo dell'abito modesto e, essendo egli vecchio, quasi che non potesse riceverla, né richiederla. Standosene egli ultimo e umile, il pontefice Abiatar gli gridò a gran voce: "Su, vieni Giuseppe, a prendere il tuo bastone poiché tu sei destinato alla gloria dell'incorruttibilità perenne". All'udire, si stupì delle parole del sacerdote che ormai non dissimulava più nulla. Ultimo di tutti, Giuseppe si avvicinò, prese il suo bastone e apparve il segno: ecco, una colomba bellissima più candida della neve uscì dal bastone di Giuseppe e si pose sul suo capo. Poi, dopo avere svolazzato a lungo sulla cornice del tempio, si diresse in cielo. Allora tutto il popolo si rallegrava con il vecchio, dicendo: "Nella tua vecchiaia sei stato felice, avendoti Dio reso idoneo a ricevere Maria".
Quando i sacerdoti gli dissero: "Prendila, poiché in tutta la tua tribù tu solo sei stato scelto" egli prese a adorare e a supplicarli con vergogna, dicendo: Io sono vecchio e ho figli. Perché affidare a me questa fanciulla che è più giovane dei miei nipoti? Non la prenderò, per non essere deriso dai figli di Israele". Allora gli disse il pontefice Abiatar: "Temi il Signore, tuo Dio, Giuseppe, e ricorda quanto fece a Datan e a Abiram, all'Oreb, come cioè si sia spalancata la terra e li abbia inghiottiti a causa della loro disobbedienza, avendo essi vilipeso la volontà del Signore. Che non capiti così anche a te, qualora tu vilipenda questo che Dio ti ordina". Rispose Giuseppe: "Io non vilipendo di certo la volontà di Dio, ma sarò suo custode fino a tanto che la volontà di Dio farà conoscere quale dei miei figli la debba prendere in moglie. Le siano date, nel mentre, alcune delle sue compagne vergini con le quali intrattenersi". Abiatar rispose: "Le saranno assegnate delle vergini per sua compagnia fino a quando giungerà il giorno stabilito in cui tu la prenderai. Non potrà, infatti, unirsi in matrimonio con altri". Giuseppe prese allora Maria con altre cinque vergini affinché fossero in casa con lei. Queste erano: Rebecca, Sefora, Susanna, Abietgea e Zachele. Alle quali fu dato dai pontefici, seta e giacinto, cocco e bisso, porpora e lino. Il sacerdote le adunò, e disse: "Davanti a me, tirate la sorte affinché io sappia quale di voi terrà il bisso o la seta o il giacinto, la vera porpora e il lino per tessere i veli per il tempio del Signore".
Gettarono dunque le sorti per vedere che cosa doveva fare ogni vergine, e quando si estrasse chi doveva tessere la vera porpora, la sorte cadde su Maria. E partirono. Questo fu il tempo nel quale Zaccaria divenne muto, e in sua vece fu fatto sacerdote Simeone fino a quando Zaccaria non parlò. E avvenne che quando Maria prese la porpora per tessere il velo del tempio del Signore, quelle vergini le dissero: "Tu ti fai umile e ultima e hai meritato di ottenere la porpora?”. E ripetendo questo e altre cose giunsero fino alle parole motteggiatrici, e presero a chiamarla "regina delle vergini". Mentre tra loro facevano tali cose, in mezzo a esse apparve improvvisamente un angelo, che disse: "Queste parole non sono state dette per motteggiare, ma sono verissime parole profetiche di approvazione". Le vergini ebbero paura dell'aspetto dell'angelo e delle sue parole, e la pregarono di perdonare loro e di pregare per loro. Maria poi filò quella porpora e la pose linda in casa.
ANNUNCIAZIONE
Il giorno seguente, presa una brocca, andò a riempirla di acqua. Mentre se ne stava presso la fontana per riempirla, le apparve un angelo, dicendo: "Salve, Maria! Beata te, perché nella tua mente vi è dimora del Signore preparatagli da te. Ecco che verrà dal cielo una luce ad abitare in te e, per mezzo tuo, splenderà su tutto il mondo". Di nuovo, nel terzo giorno, mentre con le sue dita lavorava la porpora, entrò da lei un giovane di ineffabile bellezza. Alla sua vista, Maria ebbe paura e tremò. L'angelo però le disse: "Non temere, Maria, hai infatti trovato la grazia del Signore. Concepirai e partorirai il re dei re che regnerà nei secoli dei secoli, colui che non solo comanda sulla terra, ma anche nei cieli". Ciò udendo, Maria prese a pensare tra sé, dicendo: "Non partorirò io come tutte le altre donne?”. Gli domandò allora: "Come accadrà questo, non conoscendo io alcun uomo?”. L'angelo le rispose: "Non partorirai come tu hai pensato, Maria! Ma lo Spirito santo scenderà su di te, e la forza dell'Altissimo ti adombrerà, perciò il santo che nascerà da te sarà detto Figlio di Dio, e il suo nome sarà Gesù. Egli salverà, infatti, il suo popolo dai suoi peccati. Ecco che Elisabetta, tua parente, anche lei, nella sua vecchiaia, concepì un figlio, e questo è il sesto mese di colei che era detta sterile: a Dio, infatti, non è impossibile cosa alcuna". Maria rispose all'angelo: "Ecco, sono l'ancella del Signore, al suo cospetto. Si adempia in me la sua volontà secondo la tua parola". E l'angelo si allontanò da lei. Terminata la porpora, la portò al sacerdote. E il sacerdote la benedisse, dicendo: "O Maria, tu sei benedetta, e il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le nazioni della terra". Concepì dunque, ma lo ignorava; ed era piena di gioia perché il sacerdote del Signore l'aveva benedetta.
MARIA ED ELISABETTA
In quel tempo dunque andò da sua cugina Elisabetta e picchiò alla sua porta. Quando Elisabetta udì la sua voce lasciò andare ciò che teneva in mano, le corse incontro e la benedisse, dicendo: "Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo ventre. E donde mi è dato che venga a me la madre del mio Signore? Non appena è giunta alle mie orecchie la voce del tuo saluto, esultò quello che è concepito nel mio utero". Udito ciò, Maria si ricordò dei misteri dei quali le aveva parlato l'angelo Gabriele, e rivolta al cielo, esclamò: "Chi sono io, Signore, che tutti mi magnificano?”. E aggiunse: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore. Poiché ha rivolto gli occhi alla pochezza della sua ancella". Restò da Elisabetta tre mesi, e di giorno in giorno il suo ventre si ingrossava.
MARIA TORNA DA GIUSEPPE
Gonfia se ne ritornò a casa e si celava allo sguardo dei figli di Israele. Sei mesi dopo il suo concepimento, mentre capitavano tali cose, Giuseppe ritornò in casa dal suo lavoro; essendo falegname, era stato occupato in Cafarnao marittima e vi era rimasto otto mesi. Trovata Maria incinta, tremò tutto e, nell'angoscia, si batteva la faccia, si gettava a terra e piangeva amaramente, dicendo: "Prendi, Signore, il mio spirito! Preferisco morire piuttosto che vivere". E esclamò: "Con che faccia guarderò il Signore? O come lo potrò pregare per questa fanciulla? L'ho ricevuta Vergine dal tempio del Signore, Dio mio, e non l'ho custodita. Chi avrebbe pensato che mi sarebbe capitata una cosa simile? Chi è che mi ha insidiato, chi ha osato perpetrare tali cose in casa mia distogliendo dalle vergini la Vergine immacolata Maria? O Signore, il tuo nome è da lodare in tutta la terra! Tu sai, Signore, che io sono innocente del suo sangue". Quelle vergini che erano con lei gli risposero: "Noi sappiamo che nessun uomo l'ha mai toccata. Sappiamo che in lei l'integrità e la verginità sono state custodite con immacolata perseveranza. Infatti restò sempre in preghiera con Dio. Ogni giorno riceveva il cibo dalle mani di un angelo. Come può essere che in lei vi sia un qualche peccato? Se vuoi che ti manifestiamo il nostro pensiero: nessuno la può aver resa incinta se non un angelo di Dio".
GIUSEPPE NON CREDE
Rispose Giuseppe: "Perché volete che io creda quanto voi mi dite, e cioè che l'abbia ingravidata un angelo di Dio? È vero, anche questo può accadere. Ma un angelo di Dio santifica la persona che ingravida, non le rimane corruzione alcuna, nessuna contaminazione, ma è l'espressione della parola divina. E se qualcuno si fosse finto, in modo credibile, un angelo per ingannarla?”. Così dicendo pianse e pensò: "Con che coraggio andrò io al tempio di Dio, che dirò ai sacerdoti, con che faccia li potrò guardare? Si è forse ripetuta in me, o Signore, la storia di Adamo? Mentre egli era in contemplazione al cospetto del tuo splendore, ringraziandoti, il serpente andò da Eva, la trovò sola, la sedusse, lei trasgredì il comandamento e cadde nella corruzione della morte. Così è avvenuto anche a me? Che debbo fare?”. Mentre così parlava in preghiera davanti al Signore, si alzò, chiamò Maria e le disse: "Maria, amata dal Signore, perché hai fatto questo e hai voluto manifestare la debolezza della tua anima davanti ai figli di Israele? Perché hai fatto questo, tu che sei stata nutrita nel tempio di Dio e fatta crescere nel santo dei santi, tu benedetta dal santo sacerdote dell'Altissimo, da tutti i sacerdoti del Signore e da tutte le tribù di Israele?”.
Così dicendo, gemette amaramente, rivolse gli occhi al cielo e disse: "Signore Dio, tu sai donde abbia avuto origine questo fatto". Maria, allora, piena di lacrime, disse: "Viva il Signore Dio mio, io ignoro donde provenga ciò che ho nell'utero". Udito ciò, Giuseppe ebbe timore, stette zitto e prese a riflettere che cosa doveva fare. Diceva, infatti, tra sé: "Se nasconderò il suo peccato sarò considerato come uno che si oppone alla Legge di Dio, e se lo manifesterò ai figli di Israele, temendo che ciò che è nel suo utero sia opera di un angelo, sarò considerato come uno che offre sangue innocente a un giudizio di morte. Dunque, che debbo fare? La manderò indietro di nascosto. E mentre pensava di mandarla via, cadde la notte. Stava ordinando affinché, levatasi, fuggisse di notte. Ma ecco che proprio in quella notte, in sogno, gli apparve un angelo del Signore, dicendo: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere a proposito di questa fanciulla! Prendila in moglie, giacché ciò che è in lei viene dallo Spirito santo. Dal suo utero partorirà un figlio al quale darai nome Gesù. Egli sarà grande e sarà chiamato figlio dell'Altissimo. Egli stesso, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati". Alzatosi dal sonno, Giuseppe ringraziò il Dio di Israele di avergli manifestato il suo segreto, parlò con le vergini, narrò a Maria la sua visione e si rallegrò a suo riguardo, dicendo: "Ho peccato, nutrendo un sospetto su di te".
GIUSEPPE E MARIA INDAGATI
Avvenne poi che si propagasse la notizia della gravidanza di Maria. Lo scriba Anna venne in casa di Giuseppe, e gli disse: "Perché mai da così lungo tempo non ti fai vedere nella nostra assemblea?”. Rispose Giuseppe: "Mi sono stancato nel viaggio e mi sono quindi riposato un poco". E, voltatosi, Anna guardò Maria: la vide incinta, se ne meravigliò e andò a dire al sacerdote: "Sacerdote beatissimo, ascoltatemi". Gli rispose il sacerdote: "Dì pure, se hai qualcosa da dire". Anna riprese: "Giuseppe al quale hai reso testimonianza, si è comportato in un modo assai iniquo". "Che ha commesso?”., gli domandò il sacerdote. Rispose: "Ha violato Maria Vergine che aveva preso in custodia dal tempio del Signore, le ha carpito le nozze senza fare sapere nulla ai figli di Israele". Il sacerdote rispose: "Giuseppe non ha fatto questo. È infatti incredibile quanto tu affermi". Ma Anna ribatté: "Manda dei messi in casa sua, e vedrai che lei è incinta". Andarono dunque dei messi in casa di Giuseppe e la trovarono come aveva detto Anna. La condussero allora al tempio del Signore e la posero davanti al sacerdote, a tutti i maggiorenti e a tutto il popolo della sinagoga affinché fosse giudicata. Presero anche Giuseppe e lo condussero dal pontefice; costui, con i sacerdoti, lo rimproverò, dicendo: "Perché hai carpito le nozze di una Vergine così grande e singolare, che fu nutrita nel tempio dagli angeli come una colomba? Che mai volle vedere neppure un uomo, che aveva un'ottima conoscenza della Legge del Signore? Se tu non le avessi usato violenza, essa ancora oggi seguiterebbe a essere vergine". Giuseppe imprecava a sé stesso giurando di non averla mai toccata.
Rivolto a Maria, il sacerdote le disse: "Perché hai fatto ciò? Che hai visto per avvilire così l'anima tua? O Maria, tu che sei stata nutrita nel santuario santissimo, che hai ricevuto il cibo dalla mano di un angelo e hai ascoltato l'inno dei santi, perché hai fatto ciò?”. E versò lacrime a causa di lei, e con lui era tutto il giudizio dei figli di Israele. Tutti gli Ebrei miravano alla condanna di Maria. Ora Maria, mentre stava in giudizio, guardò in cielo, mandò un gemito con lacrime e disse: "Viva il Signore mio Dio, giacché sono pura al suo cospetto, e non ho conosciuto maschio. Tu sai tutto, Signore Dio mio. Ecco che sto in giudizio. Aiutami perché tu sei il conoscitore delle cose occulte e dei segreti sapendo ogni cosa prima della generazione umana, tu ricompensi ognuno secondo il suo agire. Tu sai, Signore, che sono stata condotta in giudizio senza motivo, ma ecco che tutti mi guardano sostenendo la mia condanna. Guarda dal cielo e vedi la mia pochezza e a chi, senza motivo, mi è contrario, rivela che io non ho commesso nulla di ciò". I principi dei sacerdoti dissero a Giuseppe: "Che cos'è ciò che vediamo? Hai preso una fanciulla Vergine da custodire in casa tua, e ecco che è incinta". Rispose Giuseppe, dicendo: "Viva il Signore Dio, ch'io sono puro a suo riguardo". Gli disse il sacerdote: "Non invocare il Signore con una bugia; Dio infatti è verace! Dì piuttosto la verità! Tu hai, invero, carpito le sue nozze senza notificarlo ai figli di Israele, e non hai voluto piegare il tuo capo sotto la mano del Dio onnipotente affinché benedicesse la tua discendenza. Ora, rendi Maria Vergine come l'hai ricevuta dal tempio del Signore Dio". Udito questo, Giuseppe restò zitto. Celava infatti il segreto che gli era stato svelato da Gabriele, angelo di Dio, e rivolto al cielo rendeva grazie a Dio.
LA PROVA DELL’ACQUA DI GIUSEPPE
Gli disse il pontefice Abiatar: "Viva il Signore! Ora vi farò bere l'acqua della prova del Signore affinché quando bevete si manifesti il vostro peccato". Diede dunque ordine e portarono dal santuario un'idria data da Mosè ai figli di Israele piena dell'acqua di cui si parla nella Legge del Signore. Questa è l'acqua che denuncia i peccatori: a chi la assaggia dopo aver mentito, Dio gli farà apparire un segno sulla faccia e un tumore sul femore destro. Si radunò allora una moltitudine senza numero dei figli di Israele, e anche Maria fu condotta al tempio del Signore. I sacerdoti, i suoi genitori e i parenti, piangendo, dicevano a Maria: "Confessa ai sacerdoti il tuo peccato, tu che eri come una colomba nel tempio di Dio e ricevevi il cibo dalle mani di un angelo". Giuseppe fu dunque chiamato nuovamente all'altare e gli fu data l'acqua della prova. La bevette sicuro, fece per sette volte il giro dell'altare senza che apparisse in lui alcun segno di peccato. Allora lo santificarono sacerdoti e ministri, assieme al popolo, dicendo: "Beato te, giacché in te non fu trovato reato alcuno". Così, chiamarono Maria e le dissero: "Che scusa puoi addurre? Se no, qual segno potrà apparire in te maggiore del concepimento apparso nel tuo ventre? Essendo Giuseppe apparso puro, a te domandiamo soltanto questo: confessa chi è colui che ti ha ingannato. È meglio che ciò sia manifestato dalla tua stessa confessione, piuttosto che l'ira di Dio ti tradisca in mezzo al popolo, facendo scaturire un segno sulla tua faccia".
LA PROVA DELL’ACQUA D MARIA
Maria allora con fermezza e senza paura, disse: "Se in me vi è qualche macchia o qualche peccato, se vi è stata in me qualche concupiscenza, il Signore mi smascheri davanti a tutto il popolo, di modo che io mi possa purificare da tutto, quale esempio di emendamento". E avvicinatasi all'altare del Signore, prese, sicura, l'acqua della prova, dicendo: "Sicura e allegra mi avvicino a quest'acqua vera". La bevette, compì i sette giri e non fu trovato in lei né segno né vestigio di peccato. Dritta davanti a tutti, si dice che abbia pronunciato queste parole: "Acqua giusta, acqua vera, acqua buona e amabile, che palesi chiaramente i peccatori, mentre liberi da morte gli innocenti, acqua soccorritrice della mia vita, in me sei acqua pura e senza macchia, e bevanda piacevole, ti ringrazio della mia casta verginità e dell'immacolato concepimento. Acqua perenne, io madre Vergine ti benedico, giacché fu riservato a me il segno di Dio, il battesimo di luce". Detto questo, un improvviso splendore apparve sulla sua faccia, e il suo volto fu così trasformato che i figli di Israele non potevano guardarla.
Allora tutti i principi e il popolo, vedendo la sua bellezza, restarono ammirati dall'esito del processo, stupirono e guardando il concepimento del suo ventre presero ad agitarsi con discorsi diversi. Alcuni riferivano questo alla santità, mentre altri l'accusavano di cattiva coscienza. Maria allora, vedendo che il sospetto del popolo non era stato completamente fugato, con voce alta affinché tutti potessero sentire, disse: "Viva il Signore Dio degli eserciti in cospetto del quale sto; fin dalla mia fanciullezza io non ho mai conosciuto uomo, né lo conoscerò, poiché già anteriormente avevo stabilito questo in cuor mio e fin dalla mia infanzia avevo fatto voto al mio Dio di restare in quella integrità nella quale egli mi ha creato; in lui confido per vivere soltanto per lui, per servire soltanto lui senza macchia, fino a quando vivrò". Tutti allora baciavano le sue ginocchia e la supplicavano di perdonare i loro maligni sospetti. Disse dunque il sacerdote a Giuseppe: "Dio ti ha dimostrato giusto, in te infatti è apparsa la giustizia". Così disse pure a Maria: "L'Altissimo ti ha dimostrata giusta, Maria, e in te si è constatata la verità e la virtù di Dio. Ora, avendo il Signore, che conosce le cose occulte, manifestato in voi tutta la verità e allontanato da voi un falso crimine, anch'io non vi condanno". Tutto il popolo esaltò Maria e i sacerdoti, i principi del popolo e le vergini la condussero, con esultanza e gioia, in casa sua, acclamando e dicendo: "Sia benedetto il nome del Signore poiché ha reso manifesta la sua verità a tutto il popolo di Israele".
NASCITA DI GESÙ
Uscì in quei giorni un editto di Cesare Augusto affinché ognuno partisse in fretta per il suo paese per il censimento di tutti i beni tanto suoi che della moglie, dei figli, dei servi e delle serve, e per la indicazione dei poderi, degli armenti e del denaro a essi dovuto, e della mobilia della loro casa, e affinché ognuno si iscrivesse nel luogo ove era nato e desse il censo e il tributo. Uscito questo ordine in tutta la Giudea sotto il preside della Siria Cirino, Giuseppe, fabbro, che prima si chiamava Moab, dovette partire per recarsi a Betlemme con i suoi figli e con Maria, sua sposa, che egli aveva ricevuto dal tempio del Signore. Giuseppe, infatti, e Maria erano della tribù di Giuda e del paese. Mentre erano in cammino, lungo la strada, Maria disse a Giuseppe: "Davanti a me vedo due popoli, uno che piange e l'altro che ride". Giuseppe le rispose: "Resta seduta sul giumento e non dirmi parole inutili". Dinanzi a loro, apparve allora un ragazzo grazioso che indossava uno splendido abito, e disse a Giuseppe: "Perché hai detto che erano parole inutili quelle che hai udito a proposito dei due popoli? Lei ha visto il popolo giudaico che piangeva perché si è allontanato da Dio, e il popolo gentile che rideva perché si è avvicinato al suo Dio; come Dio aveva promesso ai nostri padri Abramo, Isacco e Giacobbe. Poiché è giunto il tempo nel quale, per mezzo della discendenza di Abramo, la benedizione è data a tutte le genti!". E così dicendo, si sottrasse ai loro occhi.
A BETLEMME
Giuseppe poi andò innanzi verso la città, e lasciò Maria con suo figlio Simone, poiché, essendo incinta, camminava più lentamente. Entrato in Betlemme, suo paese, mentre stava in mezzo alla città, disse: "Nulla di più giusto dell'amore verso la propria città! Essa è, infatti, il riposo di ogni uomo: Betlemme, buona casa di Davide, re e profeta di Dio!". E girando, vide una stalla isolata e disse: "Bisogna che io alloggi in questo luogo; mi pare che sia il ricovero di pellegrini. Qui io non ho né ospizio né albergo dove possiamo fermarci". Osservandola attentamente, disse: "Certo, l'abitazione è piccola, ma è adatta ai poveri; soprattutto è lontana dai rumori degli uomini e non può quindi nuocere a una donna partoriente. È dunque necessario che io mi fermi in questo luogo con tutti i miei". Così dicendo, uscì fuori, guardò sulla strada ed ecco che stavano avvicinandosi Maria con Simone. Quando lo raggiunsero, Giuseppe disse: "Figlio, Simone, perché sei giunto così tardi?”. Rispose: "Se non ci fossi stato io, signor padre, Maria avrebbe indugiato ancora di più; essendo gravida, si fermava spesso lungo la strada per riposarsi. Lungo il cammino ho sempre avuto la preoccupazione che la sorprendesse il parto. E ringrazio l'Altissimo che le ha concesso di resistere. Poiché, a quanto suppongo e come ella stessa afferma, il suo parto è imminente". Detto questo, fece fermare il giumento e Maria discese dalla bestia.
Giuseppe disse allora a Maria: "Hai sofferto molto per causa mia; entra dunque e abbi cura di te. E tu, Simone, porta l'acqua, lava i suoi piedi, e poi le darai il cibo e farai ciò di cui avrà bisogno secondo il desiderio dell'anima sua". Simone fece quanto gli aveva ordinato suo padre e la condusse nella grotta che all'ingresso di Maria assunse la luce del giorno, illuminandosi quasi fosse l'ora sesta. Lei poi, dentro sé stessa, non cessava mai di rendere grazie. E Simone disse a suo padre: "Che pensiamo che succeda a questa fanciulla? Parla per tutto il tempo tra sé e sé". Rispose Giuseppe: "Non può parlare con te perché è stanca del cammino. Perciò parla con sé stessa: ella rende grazie". Avvicinatosi a lei, disse: "Alzati, sali sul lettuccio, e riposa". Così dicendo, uscì fuori. Poco dopo, Simone lo seguì e gli disse: "Affrettati, signor padre, vieni al più presto! Maria chiede di te, ti desidera molto. Penso che il suo parto sia vicino". Giuseppe gli rispose: "Io non mi allontano da lei. Ma tu, che sei giovane, corri presto, entra in città e cerca un'ostetrica che venga dalla fanciulla; a una donna partoriente è molto utile un'ostetrica". Rispose Simeone: "In questa città io sono sconosciuto: come posso trovare un'ostetrica? Ascoltami, signor padre: so e sono certo che il Signore ha cura di lei ed egli le procurerà un'ostetrica, una balia e tutto quanto le è necessario".
Mentre dicevano queste cose, ecco venire una ragazza con il seggiolone con il quale si soleva prestare aiuto alle donne partorienti, e rimanere lì ferma. Al vederla, si meravigliarono, e Giuseppe le disse: "Figliola, dove vai con questo seggiolone?”. Rispose la ragazza: "La mia maestra mi ha mandato in questo luogo, essendo andato da lei un giovane con grande fretta, a dirle: Vieni presto ad accogliere un nuovo parto, poiché una fanciulla partorisce il primogenito. Udito questo, la mia maestra mi ha mandato innanzi a sé. Ecco, infatti, che lei mi segue". Giuseppe guardò e la vide venire. Le andò incontro e si salutarono a vicenda. La ostetrica gli disse: "Uomo, dove vai?”. Egli rispose: "Cerco un'ostetrica ebrea". Gli domandò la donna: "Sei tu di Israele?”. E Giuseppe: "Io sono di Israele". La donna domandò: "Chi è la fanciulla che partorisce in questa grotta?”. Rispose Giuseppe: "Maria, che mi è stata data in sposa e che è stata allevata nel tempio del Signore". Gli domandò l'ostetrica: "Non è tua moglie?”. E Giuseppe: "Mi è stata data in sposa, ma ha concepito dallo Spirito santo". L'ostetrica insiste: "È vero ciò che tu affermi?”. E Giuseppe a lei: "Vieni e vedi!".
L'OSTETRICA
E entrarono nella grotta. Giuseppe le disse: "Va, visita Maria". Volendo penetrare nell'interno della grotta, ebbe paura perché vi splendeva una grande luce, che non venne mai meno, né di giorno né di notte, per tutto il tempo che Maria restò là. Giuseppe, dunque, disse a Maria: "Ecco che ti ho condotto l'ostetrica Zachele che sta fuori, davanti alla grotta e per il troppo splendore non osa e non può entrare". All'udire ciò, Maria sorrise. E Giuseppe le disse: "Non sorridere, sii prudente. È venuta infatti per visitarti, caso mai avessi bisogno di medicina". Le ordinò di entrare e si fermò davanti a lei. Avendo Maria permesso di essere visitata per più ore, l'ostetrica a gran voce esclamò: "O Signore, gran Dio, abbi pietà! Poiché non si è ancora mai udito né visto né sospettato che le mammelle siano piene di latte e il nato maschietto dimostri che sua madre è vergine. Nel neonato non vi è alcuna contaminazione di sangue, nessun dolore appare nella partoriente. Ha concepito vergine, Vergine ha partorito, e dopo avere partorito rimane vergine".
Siccome l'ostetrica tardava nella grotta, Giuseppe entrò e l'ostetrica gli andò incontro. Uscirono fuori tutti e due e trovarono Simone che se ne stava là ritto; le domandò dunque Simone: "Signora, come va dunque la fanciulla? Può avere qualche speranza di vita?”. Gli rispose l'ostetrica: "Uomo, che dici mai? Siedi e ti narrerò una cosa meravigliosa". E, alzati gli occhi verso il cielo, con voce chiara, disse l'ostetrica: "Padre onnipotente, com'è che ho visto un miracolo che mi stupisce? O quali sono le mie opere per le quali sono stata resa degna di vedere i tuoi santi misteri? Tu hai predisposto che la tua serva giungesse qui proprio in quel momento per vedere le meraviglie dei tuoi beni, Signore. Che cosa farò? Come posso raccontare le cose viste?”. Simone le disse: "Ti prego di accennarmi quanto hai visto". E l'ostetrica a lui: "Non ti sarà celata la sintesi di molti beni. Sta dunque attento alle mie parole e conservale in cuor tuo. Quando entrai per visitare la fanciulla, la trovai con la faccia volta verso l'alto, fissa al cielo, e parlava tra sé. Penso che pregasse e benedicesse l'Altissimo. Mi accostai a lei, le dissi: "Dimmi, figlia, senti qualche dolore o c'è qualche punto delle tue membra che è dolente?”. Ma come se non sentisse nulla e fosse un solido masso, se ne stava immobile guardando fissa in cielo.
LO STUPORE DELLA NATURA
Nel più grande silenzio, in quel momento si sono fermate tutte le cose, con timore: infatti, cessarono i venti, non dando più il loro soffio, non s'è più mossa alcuna foglia degli alberi, non s'è più udito alcun rumore di acque, non scorsero più i fiumi, non ci fu più il flusso del mare, tacquero tutte le fonti di acqua, non risuonò più alcuna voce umana: c'era un grande silenzio. In quel momento, lo stesso polo cessò l'agilità del suo corso. Le misure delle ore erano quasi tramontate. Con timore grande, tutte le cose tacevano stupite, mentre noi eravamo nell'attesa della venuta della maestà del termine dei secoli. Approssimandosi, dunque, il momento, la potenza di Dio apparve palesemente. La fanciulla che stava guardando verso il cielo diventò bianca come la neve: si approssimava, infatti, il compimento dei beni. Uscì fuori la luce, e lei adorò colui che aveva partorito. Il bambino rifulgeva tutt'intorno come il sole e il suo aspetto era puro e giocondo, perché apparve solo come pace che tutto placa. Nel momento in cui nacque, si udì la voce di molti esseri invisibili che dicevano all'unisono: "Amen".
Questa luce nata, si è moltiplicata e ha oscurato, con lo splendore del suo chiarore, la stessa luce del sole, e questa grotta si è riempita di uno splendido chiarore e di un odore soavissimo. Questa luce è nata così come discende dal cielo la rugiada sopra la terra. Il suo profumo è olezzante più di ogni profumo di aromi. Io rimasi stupita, meravigliata, e fui presa dal timore: guardavo infatti nel mirabile splendore della luce che era nata. Questa luce, concentrandosi a poco a poco, si è fatta simile a un bambino: subito si è prodotto un bambino come sogliono nascere i bambini. Allora mi feci ardita, mi chinai e lo toccai, lo presi, con gran timore, nelle mie mani; ma rimasi esterrefatta perché in lui non c'era il peso di un uomo nato. L'ho guardato: in lui non c'era alcuna macchia, bensì come una rugiada dell'Altissimo aveva il corpo tutto nitido; leggero a portare, splendido a vedere. Mentre grandemente mi stupivo che non piangesse come sono soliti piangere i bambini appena nati, e lo tenevo, guardandolo in volto, egli mi sorrise con un sorriso giocondissimo. Aprì gli occhi, mi fissò acutamente e subito, dai suoi occhi, uscì una grande luce come un grande lampo".
UN PARTO MERAVIGLIOSO
All'udire queste cose, Simone disse: "Donna beata, che sei stata degna di vedere e annunziare questa nuova visione e santità! Io sono felice di avere udito questo e anche se non ho visto, ho tuttavia creduto". L'ostetrica gli disse: "Ho ancora da manifestarti una cosa meravigliosa da suscitare il tuo stupore". Simone rispose: "Manifestala, signora, perché io godo all'udire tali cose". L'ostetrica gli disse: "Nel momento in cui ho preso il bambino con le mie mani, ho visto che aveva un corpo pulito e non macchiato con sudiciume come suole accadere agli uomini quando nascono; e in cuor mio ho pensato se per caso non fossero rimasti altri feti dentro la matrice della fanciulla. Ciò, infatti, suole accadere alle donne nel parto, correndo così pericoli e venendo meno. Subito perciò chiamai Giuseppe e consegnai il bambino nelle sue mani; mi sono poi accostata alla fanciulla, l'ho toccata, e l'ho trovata monda dal sangue. Come riferirò? Che dirò? Non trovo il bandolo! Non so come posso raccontare tanto splendore del Dio vivo. Ma tu, Signore, mi sei testimone che l'ho toccata con le mie mani e ho trovata questa fanciulla che ha partorito, non solo Vergine dal parto, ma anche... dal sesso di un uomo maschio. In quel momento ho gridato a gran voce glorificando Dio, e sono caduta bocconi ad adorarlo. Dopo sono uscita fuori, mentre Giuseppe avvolse il bambino nelle fasce e lo depose nella mangiatoia".
Simone domandò: "Ti ha dato una qualche mercede?”. Rispose l'ostetrica: "Sono io piuttosto che le debbo mercede, ringraziamento e preghiera; e ho promesso di offrire a Dio un sacrificio immacolato poiché si è degnato fare sì che io fossi spettatrice conscia di questo mistero. Io, infatti, offro il dono di me stessa, in luogo dei doni che si offrono nel tempio del Signore". Così dicendo, ordina alla sua discepola: "Prendi il seggiolone, figliola, e andiamo. Poiché oggi la mia vecchiaia ha visto una partoriente senza dolori e una che ha partorito vergine, se pure questo si ha da dire un parto! Nel mio animo io suppongo, invero, che lei si sia abbandonata alla volontà di Dio che perdura nei secoli". E così dicendo, se ne andò con quella.
LAMANO INARIDITA
Ed ecco che mentre camminavano si fece loro incontro un'altra ostetrica di nome Salome, e si salutarono. L'ostetrica le disse: "Ho una cosa nuova da dirti, Salome!". Quella rispose: "Di che si tratta?”. L'ostetrica le disse: "Una Vergine ha partorito un maschio e la natura della Vergine rimase chiusa, il che una volta parve difficile". Salome le rispose: "Viva il Signore! Se proprio non constaterò io stessa, non crederò che una Vergine partorisca". E quella, all'ostetrica: "Andiamo assieme da lei". Entrate da Maria, Salome le disse: "Allargati, figlia, affinché io ti esamini e sappia se è vero quanto mi ha riferito Zachele". Avendo Maria acconsentito, quella scrutò diligentemente e trovò che era proprio come le aveva detto l'ostetrica. Quando però estrasse la sua mano destra dall'ispezione, per il grandissimo splendore, subito le si inaridì; iniziò a dolersi con veemenza e, piangendo, gridava: "Guai alla mia iniquità e incredulità! Io infatti ho tentato il Signore, ed ecco che la mia mano brucia dal fuoco".
Piegate poi le ginocchia davanti al Signore, disse: "Signore, Dio dei miei padri, ricordati di me, poiché io sono della stirpe di Abramo, Isacco e Giacobbe. Non compiere ora questo prodigio per i figli di Israele, e restituiscimi ai tuoi poveri, Signore. Tu sai che io ti ho sempre temuto e nel tuo nome ho sempre prestato loro ogni cura e ho sempre curato tutti i poveri senza eccezione e ogni volta che ebbi a sopportare delle tribolazioni, la mia ricompensa l'aspettai sempre da te. Dalla vedova e dall'orfano non ricevetti mai nulla e non ho mai rimandato un povero a mani vuote. Ed ecco che io sono stata resa misera per la mia incredulità, avendo audacemente provato la tua Vergine che partorì una grande luce, che dopo il parto restò vergine".
Mentre diceva queste cose, apparve davanti a lei uno splendido giovane, e le disse: "Salome, avvicinati al fanciullo e adoralo. Allunga la tua mano e toccalo, ed egli la risanerà. Egli è, infatti, colui che ti salverà, il salvatore del mondo e la speranza di tutti coloro che credono in lui". Salome si avvicinò subito al fanciullo e gli disse: "Signore, ti posso toccare o prima ti devo adorare?”. Mentre adorava il bambino, toccò le frange dei panni che lo fasciavano, e subito la sua mano fu risanata. Uscita di fuori, prese a magnificare i grandi prodigi che aveva visto e sperimentato, e come era stata guarita, sicché molti credettero alla sua predicazione, e dicevano: "Questo fanciullo è figlio di Dio! In Israele è nato un re!". Ma mentre l'ostetrica e Salome camminavano lungo la strada, si udì una voce che diceva: "Salome, guardati bene dal dire le cose meravigliose che hai visto, fino a quando il ragazzo entrerà a Gerusalemme". Giuseppe, avanzandosi dalla grotta nell'atrio, disse: "O città nuova! O parto peregrino! Come io sia diventato padre non lo so! Perché ecco che oggi mi è nato un figlio che è il Signore di tutti".
Così dicendo, uscì fuori sulla strada affermando: "È giusto che io oggi cerchi qualcosa per il nostro vitto, tanto più che è il natale di questo ragazzo. Credo, infatti, che questo giorno sia celebrato nei cieli con grande gloria e che ci sia gioia per tutti gli arcangeli e per tutte le virtù dei cieli. È dunque giusto che io solennizzi questo giorno nel quale è apparsa in tutta la terra la gloria di Dio".
I PASTORI
Mentre parlava così, vide venire dei pastori che parlavano l'un l'altro, dicendo: "Ecco che abbiamo girato attorno a tutta Betlemme e non abbiamo trovato, al di fuori, quanto ci è stato detto. Entriamo dunque e cerchiamo qui nelle vicinanze". Giuseppe domandò loro: "Avreste un agnello da vendere, o delle galline o delle uova?”. Essi risposero: "Con noi non abbiamo nulla del genere". Neppure erbe di campi o formaggio?”., domandò ancora Giuseppe. Gli risposero: "Uomo, perché ci deridi? Siamo venuti per un'altra grande cosa e tu ci interroghi su cose venali!". Disse loro Giuseppe: "Qual è il motivo per cui siete venuti?”. Risposero: "Se l'ascolti, ne rimarrai stupito". Disse loro Giuseppe: "Se me lo direte, io vi dirò una cosa meravigliosa che ho nel mio ricovero".
I pastori gli dissero: "La notte scorsa, mentre sedevamo a fare la guardia sul monte, la luna si è levata fulgida come un giorno sereno. Come d'abitudine, noi badavamo alle nostre greggi per via dei ladri e dei lupi e ci raccontavamo delle storielle, altri cantava, e ci si distraeva vicendevolmente. In quel momento, eravamo molto allegri. Mentre, tra noi, le cose andavano così, ci è apparso un personaggio grande e potente che veniva dall'Oriente. Venne a noi rifulgente di splendore divino e attorno a lui abbiamo visto una grande moltitudine di quadrighe; a questa vista, fummo presi da grande spavento e siamo caduti bocconi. Ma quello, con grande voce, ci ha detto: "Non temete, pastori! Perché ecco che io sono venuto da voi ad annunziarvi lo splendore di Dio e un grande gaudio, non solo per voi, ma per tutti i popoli; perché oggi è nato Cristo il Signore, che è il salvatore di tutte le potestà dei cieli e degli uomini. Ecco, si è manifestato oggi in Betlemme, città di Davide. Andate dunque e lo troverete avvolto in fasce e posto in una mangiatoia. Egli è il figlio di Dio venuto a dare la vita eterna alle genti e a tutti coloro che credono in lui". Dopo che egli ci disse queste cose, abbiamo udito le voci di molti angeli che nei cieli cantavano e dicevano: "Gloria a Dio negli altissimi e pace in terra agli uomini di buona volontà".
Cantando, dicevano queste e molte altre cose; perciò siamo venuti qui per ammirare questo e vedere il dono di Dio, secondo quanto ci è stato detto". All'udire ciò, Giuseppe disse: "Non mi accadrà che io vi celi questo mistero. Venite dunque e vedete. Ecco che questo ragazzo che è nato si trova nel mio ricovero. Egli è Cristo, il Signore!". Gli dicono i pastori: "Uomo benedetto, mostraci codesto ragazzo". "Venite e vedete", dice loro Giuseppe "dove è stato posto, in una mangiatoia". E andarono insieme. Guardarono nella mangiatoia, videro il fanciullo e, prostratisi, l'adorarono.
Dissero poi a Giuseppe: "Abbiamo visto il ragazzo pieno della grazia di Dio, e abbiamo adorato il suo arcano. Egli, guardandoci, ha sorriso amabilissimamente, mutando sempre aspetto con espressioni diverse. Prima si è mostrato giocondissimo, poi austero e tremendo, poi soavissimo e umano, e poi di nuovo piccolo e grande. Appena aprì gli occhi una gran luce emanò da essi e un soavissimo profumo dalla sua bocca". Gli dissero dunque: "O felicissimo uomo, quale figlio ti è nato per salvarti! Siccome ti sei degnato di riceverci in pace, ci hai permesso di entrare in casa tua e vedere lo splendore di Dio, ti preghiamo di venire in compagnia di tutti noi, per gioire insieme, poiché noi tutti, pastori, offriamo doni a Dio onnipotente. Ti preghiamo perciò: non ti sia oneroso venire a banchettare con noi".
Giuseppe disse loro: "Avete fatto bene a parlare così. Io ringrazio, ma non è giusto che io venga con voi lasciando il ragazzo con sua madre; sappiate però che io sono con voi". I pastori gli risposero: "Poiché così ti è piaciuto, noi partiamo e ti manderemo un abbondante dono di latte e formaggi freschi". "Andate in pace!" disse loro Giuseppe. E quelli se ne andarono pieni di gioia glorificando Dio e asserendo di avere visto angeli nel mezzo della notte che inneggiavano a Dio, e di avere udito da loro che era nato il salvatore degli uomini, che è Cristo il Signore per mezzo del quale sarà ristabilita la salvezza di Israele.
PRESEPIO E MAGI
Era allora il terzo giorno. Alla mangiatoia si trovavano il bue e l'asino che, genuflessi, l'adoravano. Si adempì allora quanto era stato detto dal profeta Isaia: "Il bue riconobbe il suo padrone, e l'asino la mangiatoia del suo Signore". Questi stessi animali lo mantenevano in mezzo e, genuflessi, l'adoravano; e si adempì così quanto era stato detto dal profeta Abacuc: "Ti manifesterai in mezzo a due animali". E rimasero in quello stesso luogo tre giorni con il bambino. Nel sesto giorno entrarono in Betlemme e quivi terminarono il settimo giorno. Nell'ottavo giorno fu eseguita la circoncisione ed ebbe il nome con il quale il fanciullo era stato chiamato dall'angelo. Quando giunse il giorno della purificazione ebbe luogo l'offerta dei poveri, dato che per loro non era possibile l'abbondanza dei ricchi. Dopo pochi giorni, cioè nel tredicesimo giorno, guardando lungo la strada, Giuseppe vide una folla di viandanti diretti alla grotta.
C'era, infatti, anche un'enorme stella che splendeva sulla grotta dalla sera al mattino: una stella così grande non era mai stata vista dall'inizio del mondo. Gli stessi profeti che si trovavano a Gerusalemme asserivano che questa stella segnalava la nascita del Cristo promesso per la restaurazione non solo di Israele, ma di tutte le genti. Dall'Oriente, i magi vennero a Gerusalemme portando grandi doni, e subito interrogarono gli Ebrei dicendo: "Dov'è il nato re degli Ebrei? In Oriente è, infatti, apparsa la sua stella; noi abbiamo conosciuto la sua apparizione e siamo venuti per adorarlo". Questa notizia venne alle orecchie del re Erode, lo turbò e lo atterrì così fortemente che mandò una missione dagli scribi, dai farisei, e dai dottori del popolo per domandare dove, secondo i profeti, doveva nascere il Cristo. Quelli gli risposero secondo quanto è scritto, e cioè che il capo che ha da reggere il popolo di Israele, uscirà da Betlemme di Giuda che non è la più piccola fra le grandi città di Giuda.
ERODE
Erode li chiamò a sé e domandò loro attentamente come era loro apparsa la stella. Li congedò poi, pregandoli di indagare attentamente e di tenerlo informato del ritrovamento affinché anche lui potesse andare ad adorarlo con molti e diversi doni importanti. Ripresa la strada, apparve la stella e quasi li guidò, precedendoli, fino a quando giunsero ove si trovava il fanciullo. Vedendo la stella provarono la più grande gioia. Al vederli, Giuseppe disse: "Chi sono costoro che vengono qui da noi? Mi sembra che vengano da lontano e che si avvicinino qua. Mi alzerò e andrò incontro a loro". E, mossosi, disse a Simone: "Costoro che vengono mi pare che siano àuguri: non stanno fermi un momento, osservano e discutono tra loro. Ma mi pare anche che siano forestieri: il vestito è diverso dal nostro vestito, anzi la loro veste è amplissima e di colore scuro; hanno berretti sul capo e sarabare alle gambe. Ecco, si sono fermati, mi hanno guardato, vengono di nuovo qua".
Quando giunsero alla grotta, Giuseppe disse loro: "Chi siete? Ditemelo". Ma quelli, audacemente, volevano passare, dirigendosi all'ingresso. Disse loro Giuseppe: "Per la vostra salvezza, ditemi: chi siete, perché vi dirigete così dentro il mio ricovero?”. Essi risposero: "Perché la nostra guida è entrata qui davanti a noi. A proposito di quello su cui ci interroghi, ci ha mandato qui”. Giuseppe disse loro: "Vi prego di dirmi per qual motivo siete venuti qui". Quelli gli risposero: "Ti diciamo che è la comune salvezza. Abbiamo visto in cielo la stella del re degli Ebrei e siamo venuti a adorarlo, perché sta scritto nei libri antichi a proposito del segno di questa stella: quando sarà apparsa questa stella, nascerà il re eterno che darà ai giusti la vita immortale". Giuseppe disse loro: "Era conveniente che prima faceste ricerche a Gerusalemme, poiché il santuario del Signore è là". "Siamo stati a Gerusalemme" gli risposero, "e abbiamo reso noto al re che è nato il Cristo e che lo cercavamo. Ma questo ci rispose: "Io non so dove sia nato".
Subito però mandò a chiamare tutti gli interpreti delle Scritture, tutti i maghi, i principi dei sacerdoti e i dottori. Giunti da lui, li interrogò dove sarebbe nato il Cristo. Quelli risposero: "In Betlemme di Giuda. Così infatti è scritto a suo proposito: e tu Betlemme terra di Giuda, non sarai la più piccola tra i principi di Giuda, perché da te uscirà un capo che reggerà il mio popolo Israele". All'udire questo, noi abbiamo capito e siamo venuti a adorarlo. Poiché anche la stella che ci era apparsa, ci ha preceduto da quando siamo partiti.
Uditi quei discorsi, Erode però ebbe paura e occultamente si informò da noi sul tempo dell'apparizione della stella; e alla nostra partenza ci disse: "Fate diligente ricerca, e quando lo avrete trovato, fatemelo sapere affinché anch'io venga e l'adori". Lo stesso Erode ci diede il diadema che portava sul capo, questo diadema ha una mitra bianca, e l'anello regale ornato da una gemma, sigillo incomparabile, mandatogli in dono dal re dei Persiani, ordinandoci di offrire questo dono al ragazzo. Lo stesso Erode promise di offrirgli un dono, se ritorneremo da lui. Presi i doni, siamo partiti da Gerusalemme. Ed ecco la stella, che ci era apparsa, ci ha preceduto da quando siamo partiti da Gerusalemme sino a questo luogo, entrando poi in questa grotta nella quale stai ma non ci permetti di entrare". Giuseppe disse loro: "Io non mi oppongo più. Seguitela perché Dio è la vostra guida; e non solo la vostra ma di tutti coloro ai quali volle manifestare la sua gloria". All'udire questo, i magi entrarono e salutarono Maria dicendo: "Salve, piena di grazia!". E accostatisi alla mangiatoia, guardarono e videro il bambino.
GIUSEPPE, SIMONE E I MAGI
Giuseppe disse poi: "Sta attento, figlio Simone, e guarda quello che fanno questi pellegrini là dentro; a me non conviene infatti che io li spii". E così fece. E disse a suo padre: "Ecco, all'ingresso hanno salutato il ragazzo e si sono prostrati a terra; l'adorano secondo il costume dei barbari e uno alla volta baciano i piedi del bambino. Che cosa stanno facendo? Non vedo bene". Giuseppe gli disse: "Guarda bene". Rispose Simone: "Ecco che aprono i loro tesori e gli offrono doni". "Che cosa gli offrono?”, domandò Giuseppe. Simone rispose: "Suppongo che gli offrano quei doni che ha mandato il re Erode. Però ecco che dalle loro bisacce gli offrirono oro, incenso e mirra. Hanno offerto molti doni anche a Maria".
Gli disse Giuseppe: "Questi uomini hanno fatto molto bene a non baciare gratis il bambino, e non come quei nostri pastori che vennero qui senza doni". Gli disse nuovamente: "Ecco che hanno adorato nuovamente il ragazzo. Ecco che se ne escono". Quelli uscirono e dissero a Giuseppe: "O beatissimo uomo, ora saprai chi è questo fanciullo che tu allevi!". Rispose Giuseppe: "Suppongo che sia mio figlio". Gli risposero: "Il suo nome è più grande del tuo. Ma forse è così: tu sei degno di essere chiamato suo padre, perché lo servi non come un tuo figlio, ma come tuo Dio e Signore; toccandolo con le tue mani tu ne hai riguardo con grande timore e cura.
Non volere dunque considerarci degli ignoranti. Da noi, sappi questo: colui al quale tu sei stato assegnato come nutritore, è il Dio degli dèi, il dominatore dei dominanti, Dio e re di tutti i principi e potenti, Dio degli angeli e dei giusti. È lui che nel suo nome libererà tutte le genti, perché sua è la maestà e l'impero, ed egli spezzerà l'aculeo della morte e sbaraglierà la potenza dell'inferno. A lui saranno soggetti i re, tutte le tribù della terra l'adoreranno, e lo confesserà ogni lingua dicendo: "Tu sei Cristo Gesù, nostro liberatore e salvatore. Tu, infatti, sei Dio, la potenza e lo splendore del Padre eterno”.
I MAGI E LA STELLA
A loro disse Giuseppe: "Donde avete saputo questo che mi dite?”. I magi gli risposero: "Presso di voi ci sono delle Scritture antiche dei profeti di Dio, nelle quali si parla del Cristo, come ha da essere la sua venuta in questo mondo. Così pure presso di noi ci sono delle scritture più antiche delle Scritture nelle quali si parla di lui. Del resto, poiché ci hai domandato donde mai possiamo sapere ciò, ascoltaci. L'abbiamo saputo dal segno della stella: ci è apparsa infatti più sfolgorante del sole, sul cui fulgore nessuno ha mai potuto dire nulla.
Questa stella, che è sorta, significa che nello splendore del giorno regnerà la stirpe di Dio. Essa non girava nel centro del cielo come sogliono fare le stelle fisse e i pianeti, che quantunque osservino un certo corso di tempo, essendo immobili e di incerta provenienza sono sempre dette erranti: solo questa non è errante. Pareva, infatti, che tutto il polo, cioè il cielo, non potesse contenerne la grandezza; ma anche il sole non ha potuto oscurare lo splendore della sua luce come fa per quello delle altre stelle. Anzi lo stesso sole si è fatto più debole di fronte allo splendore della sua venuta. Questa stella, infatti, è parola di Dio. Quante sono le stelle, altrettante sono le parole di Dio. E la parola di Dio è ineffabile.
Come ineffabile è questa stella: essa appunto ci fu compagna lungo la via che abbiamo percorso per venire a Cristo". Disse dunque loro Giuseppe: "Con tutte queste cose che mi avete dette, mi avete rallegrato moltissimo. Ora vi prego che oggi vi degniate di restare con me". Gli risposero: "Ti preghiamo di permetterci di proseguire il nostro viaggio. Il re, infatti, ci ha ordinato di tornare da lui quanto prima". Ma egli li trattenne. Essi aprirono i loro tesori e regalarono a Maria e a Giuseppe doni ingenti. Volendo essi ripassare dal re Erode, in quella stessa notte furono ammoniti in sogno dall'angelo del Signore di non ripassare da Erode. Adorarono il bambino e, con grande gioia, se ne ritornarono al loro paese per un'altra strada.
L'IRA DI ERODE CONTRO I BAMBINI
Erode vedendo che era stato illuso dai magi, ebbe il cuore rabbioso e, pieno di veemente ira, mandò a cercarli su tutte le vie per prenderli. Ma non potendoli assolutamente trovare, ordinò che si andasse a Betlemme a uccidere tutti i bambini proporzionalmente al tempo che era venuto a conoscere dai magi. Ma un giorno prima che ciò avvenisse, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe, dicendo: "Prendi il fanciullo e sua madre e fuggi in Egitto per la via del deserto, poiché Erode cerca la vita del fanciullo". Allora Giuseppe si levò dal sonno e fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore. Elisabetta, udendo che Giovanni era ricercato dai sicari per ucciderlo, lo prese, salì su di un monte altissimo, e cercò con lo sguardo tutt'intorno il luogo ove poterlo nascondere. Poi gemette e in lacrime esclamò, rivolta al Signore, dicendo: "Signore Dio, offri tu un riparo affinché questo monte accolga la madre con il figlio". Il monte era altissimo e lei non se la sentiva più di salire. Improvvisamente il monte si spaccò e accolse lei con il figlio; e in quello stesso luogo ebbero una grande luce, giacché l'angelo del Signore era con loro, li custodiva e nutriva.
MARTIRIO DI ZACCARIA
Erode cercava, difatti, Giovanni e mandò i suoi servi da Zaccaria, dicendo: "Dove hai nascosto tuo figlio?”. Zaccaria rispose loro: "Io sono un ministro di Dio e dimoro nel suo tempio. Non so dove sia mio figlio". I ministri, ritornati, riferirono a Erode. Erode dunque, adirato, disse a coloro che gli avevano riferito questo: "Zaccaria si beffa di noi perché suo figlio sta per regnare in Israele con il Cristo". Li rimandò di nuovo da Zaccaria per dirgli: "Dimmi la verità, dov'è tuo figlio? Non sai che il tuo sangue è in mio potere?”. Giunti dunque i ministri, dissero a Zaccaria le parole che aveva comunicato loro Erode. Zaccaria rispose: "Dite a Erode: Zaccaria dice queste cose: io sono un martire del Signore Dio. Se verserai sangue innocente dentro la dimora del Signore, sarà in testimonianza di Dio. Dio, infatti, accoglierà il mio spirito".
Alle prime luci, mentre parlava così, Zaccaria fu ucciso. E i suoi figli ignoravano che egli fosse stato ucciso. Ora i sacerdoti avevano la consuetudine di accorrere al sorgere del sole per il saluto: entrati nel tempio del Signore aspettavano che Zaccaria uscisse verso di loro per salutarlo e rivolgere la preghiera e l'inno all'Altissimo. Giunti che furono, si stupirono che non venisse loro incontro, ed ebbero paura. Uno degli stessi sacerdoti, d'animo coraggioso, entrò nel santuario di Dio, e davanti all'altare del Signore vide il sangue coagulato di Zaccaria.
Nel tempio si udì poi una voce che diceva: "Zaccaria è stato ucciso e il suo sangue non sarà cancellato fino a quando non verrà colui che lo vendicherà". Il sacerdote che era entrato a vedere, dopo aver visto questo, fuggì fuori intimorito e manifestò a tutti gli altri sacerdoti quanto aveva visto e udito. Allora entrarono tutti e, alla vista di quanto era accaduto, fecero un grande pianto stracciando le loro vesti dall'alto al basso. Ma il corpo di Zaccaria, a tutt'oggi, non è stato trovato, mentre il suo sangue si trasformò in pietra sanguigna. Usciti, comunicarono il fatto a tutte le tribù del suo popolo, e lo piansero per tre giorni. Dopo il terzo giorno, i sacerdoti fecero un consiglio per vedere chi eleggere al posto di Zaccaria. Gettarono la sorte: e la sorte per il sommo sacerdozio cadde su Simeone. Era infatti un profeta giusto dell'età di centododici anni. Egli aveva avuto dal Signore il responso che non avrebbe gustato la morte senza avere visto prima il Cristo figlio di Dio, in carne.
Quando vide il bambino, esclamò a gran voce: "Il Signore ha visitato il suo popolo. Dio ha adempiuto la promessa giurata a Abramo, Isacco e Giacobbe". E, sollecito, l'adorò. Dopo lo prese sul suo mantello e, in adorazione, baciava i suoi piedi, dicendo: "Adesso congeda in pace il tuo servo, Signore, secondo la tua parola. Poiché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparato davanti alla faccia di tutti i popoli; luce per illuminare le genti, e gloria del tuo popolo Israele". Nel tempio del Signore c'era pure una certa profetessa di nome Anna, figlia di Fanuel, che aveva vissuto con suo marito sette anni dalla sua verginità. Era vedova e aveva già ottantaquattro anni, e non si era mai allontanata dal tempio del Signore, dandosi a digiuni e a preghiere. Questa, dunque, avvicinatasi, adorava il bambino asserendo che per mezzo suo doveva realizzarsi la redenzione del mondo e la salvezza di Israele. Giovanni si trovava con sua madre Elisabetta nel deserto, nella fessura del monte altissimo, e l'angelo di Dio li nutriva.
Nel deserto, Giovanni si irrobustiva. Il suo cibo era poi costituito da locuste di campo e miele selvatico; il suo vestito era fatto di peli di cammello, e portava ai fianchi una cintura di pelle. Non beveva vino né birra poiché il santo messo del Signore, Gabriele, aveva detto a Zaccaria che egli doveva chiamarsi "Giovanni" giacché sarebbe stato il profeta del Signore, il primo a essere costituito esortatore delle genti, colui che avrebbe ricondotto il cuore dei padri verso i figli, e gli increduli al senno dei giusti. E predicava nel deserto, dicendo: "Preparate la strada per il Signore, raddrizzate i sentieri del nostro Dio!".