Il Libro dell'Apocalisse


Secondo quanto ci riportano le fonti antiche, Giovanni, il prediletto di Gesù e fratello di Giacomo il Maggiore, fu l’unico degli apostoli che non morì subendo il martirio, ma per morte naturale, in età veneranda. 

Dopo la resurrezione di Gesù fu il primo, insieme a Pietro, a ricevere da Maria Maddalena l’annuncio del sepolcro vuoto, e fu il primo a giungervi, entrandovi poi dopo Pietro. Dopo l’ascesa al cielo di Gesù, gli Atti degli Apostoli ce lo mostrano accanto a Pietro in occasione della guarigione dello storpio al Tempio di Gerusalemme e poi nel discorso al Sinedrio, dopo il quale fu catturato e poi con Pietro incarcerato. 

Sempre insieme a Pietro si reca in Samaria. Nel 53 Giovanni si trova ancora a Gerusalemme: Paolo infatti lo nomina (Gal 2, 9) insieme a Pietro e a Giacomo come una delle «colonne» della Chiesa. Ma verso il 57 Paolo nomina a Gerusalemme solo Giacomo il Minore: dunque Giovanni non c’è più, trasferitosi a Efeso, come concordemente testimoniano le fonti antiche, fra le quali basterà citare, per tutte, Ireneo (Contro le eresie, III, 3, 4): «La Chiesa di Efeso, che Paolo fondò e in cui Giovanni rimase fino all’epoca di Traiano, è testimone veritiera della tradizione degli apostoli».

La permanenza di Giovanni a Efeso, dove scrive il Vangelo (secondo quanto afferma ancora Ireneo), è interrotta, come le stesse fonti antiche ci dicono, dalla persecuzione subita sotto Domiziano (imperatore dall’81 al 96), probabilmente verso l’anno 95. La fonte più antica che ce ne parla è Tertulliano, intorno all’anno 200: «Se poi vai in Italia, trovi Roma, da dove possiamo attingere anche noi l’autorità degli apostoli. Quanto è felice quella Chiesa, alla quale gli apostoli profusero tutta intera la dottrina insieme con il loro sangue, dove Pietro è configurato al Signore nella passione, dove Paolo è incoronato della stessa morte di Giovanni il Battista, dove l’apostolo Giovanni, immerso senza patirne offesa in olio bollente, è condannato all’esilio in un’isola» (La prescrizione contro gli eretici, 36). 

Eusebio ci dice che da Domiziano Giovanni «venne condannato al confino nell’isola di Patmos a causa della testimonianza resa al Verbo divino» (Storia ecclesiastica, III, 18, 1), e riprende questa notizia dalle parole dello stesso Giovanni nell’Apocalisse, dove l’apostolo dice di se stesso di essere deportato «a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù» (Ap 1, 9). 

Lì, in quell’isola delle Sporadi a circa settanta chilometri da Efeso, Giovanni scrive l’Apocalisse. Dopo la morte di Domiziano nel 96, l’apostolo torna a Efeso, come testimonia ancora Eusebio: «In quei tempi Giovanni, il prediletto di Gesù, insieme apostolo ed evangelista, era ancora in vita in Asia, dove, ritornato dall’esilio nell’isola per la morte di Domiziano, dirigeva le Chiese di quella regione» (Storia ecclesiastica, III, 23, 1). 

A Efeso Giovanni muore forse nel 104, e lì viene sepolto. Intorno al 190 Policrate, vescovo di Efeso, in una lettera indirizzata a papa Vittore dice: «Anche Giovanni, colui che si abbandonò sul petto del Signore, che fu sacerdote e portò l’insegna, martire [qui forse nel senso di testimone] e maestro, giace a Efeso» (il brano è citato in Eusebio, Storia ecclesiastica, V, 24, 2). La sua tomba, tuttora visibile, si trova in una camera funeraria sotterranea sulla collina di Ayasuluk, a un chilometro e mezzo dall’antica Efeso.