Pace e Guerra

Origini della guerra

Le guerre moderne

Cause energetiche
Abbiamo visto come molteplici sono le cause che generano le guerre a partire dal mito di Caino e Abele; ora vediamo da più vicino queste cause generatrici, in tempi più recenti, più a noi vicini.

Secondo l’Heidelberg Institute for International Conflicts, nel solo 2015 ci sono stati 223 conflitti violenti. Una silente e seminascosta terza guerra mondiale, sfociata in una vera e propria guerra internazionale in questi tempi recentissimi (vedi successivamente).

Anche i motivi di queste più recenti guerre sono, sempre generati, secondo l’Heidelberg Institute, dalla conquista del potere, a livello nazionale o internazionale, dal controllo di territori, da tentativi di secessione o conquista di autonomia e indipendenza, dall’ideologia o dall’accesso alle risorse.

Mentre fino a ieri potevamo dire che le guerre erano causate principalmente dall’accaparramento delle riserve di petrolio, oggi, dopo l’invasione dell’Ucraina, dobbiamo purtroppo dire che le cause si sono allargate al controllo da altre sorgenti energetiche, per esempio il gas metano (data l’accelerata de-enfasi all’utilizzo del petrolio, almeno nel settore del trasporto).

Sconcertante novità tra queste nuove cause, rientra anche il controllo della produzione di alimenti base come il grano con l’evidente intento di “affamare” quelle nazioni (perlopiù povere) che non sono ancora sotto l’influenza del paese affamatore.

Come sintetizza Jeff D.Colgan, professore alla Brown University: “Il petrolio è spesso una causa che contribuisce all'insorgenza o alla condotta dei moderni conflitti internazionali”. Un successivo articolo di P.Hunziker e Cederman pubblicato nel 2017 è ancora più netto: “Gli studi precedenti hanno sottovalutato l'ampiezza dell'effetto generatore di conflitti della produzione di petrolio. I nostri risultati indicano che il petrolio ha un notevole impatto sulla probabilità di un conflitto secessionista”.

Tra un quarto e metà dei conflitti tra gli stati avvenuti tra il 1973 (inizio dell’età moderna del petrolio) e il 2007, ha un legame con il petrolio. Nel dettaglio possono essere identificati questi 6 (su 20):

• Angola (1975-76)
• Iran e Iraq (1980-88)
• Striscia di Aozou (1986-87)
• Guerra del Golfo (1990-91)
• Yom Kippur (1973)
• Uganda-Tanzania (1978-79)

In altri tre conflitti, il petrolio avrebbe avuto solo un effetto indiretto:

• Libano (1982)
• Nato in Afghanistan (2001)
• Invasione americana dell’Iraq (2003)

Altre, inoltre, possono essere classificate come “guerre energetiche” anche se inizialmente non in maniera evidente:

ISIS
Il primo caso è la guerra internazionale contro l’Isis in Iraq e in Siria, visto che senza i proventi del petrolio la formazione terroristica “non avrebbe mai potuto sperare di realizzare i suoi ambiziosi obiettivi”.

Sudan
Per quanto riguarda la guerra nel Sud del Sudan, la stessa nascita del Paese “è figlia delle politiche petrolifere”. Quando furono scoperti i giacimenti del Sud, infatti, i governanti della parte Nord del Paese ripudiarono molte delle concessioni fatte al Sud e tentarono di prendere il controllo dei pozzi, scatenando una seconda guerra civile (1983-2005). Da qui la decisione di indire un referendum per l’indipendenza del Sud, vinto nel 2011, e le tensioni legate all’attraversamento del territorio del Nord per esportare il petrolio.

In sintesi è indubbio che, fino a pochi anni fa, nessun altro bene, petrolio o gas, ha avuto un tale impatto sulla sicurezza internazionale.

Cause climatiche
Non va comunque sottovalutato il ruolo dei cambiamenti climatici che rappresentano ormai in molte aree la causa scatenante, perché stanno creando condizioni generalizzate d’inabitabilità in molti territori; siccità, prosciugamento delle risorse idriche, desertificazione, riduzione dell’accesso alle terre fertili e devastazioni meteorologiche provocano povertà, crisi alimentari, esodi e migrazioni di milioni di persone a corto e lungo raggio, in cui si creano tensioni del tutto nuove e su cui si innesta il commercio di armi, che sta creando le condizioni perché ogni crisi diventi subito un conflitto armato.

Quante e quali sono le guerre nel mondo?
Secondo quanto riportato da Armed conflict location & event data project (Acled, una organizzazione non convenzionale che si occupa di raccogliere dati non aggregati per monitorare i conflitti) al momento ci sono 61 guerre nel mondo.

Alcune di queste guerre vanno avanti da decenni e trovano le loro cause in lotte per il possesso di risorse strategiche, come molti dei conflitti che impoveriscono ulteriormente il continente africano, altre nei giochi geopolitici delle potenze globali, come quelle in Afghanistan e Libia, altre ancora nei commerci di sostanze illegali, come la guerra dei Narcos in Messico.

Secondo una classificazione (anche se poco indicativa) che suddivide le guerre in base al numero di persone che perdono ogni anno la vita a causa di esse, esistono tre categorie di conflitti: le guerre maggiori, le guerre, i conflitti minori. I conflitti principali o guerre maggiori, sono quelle guerre nel mondo in cui perdono la vita oltre diecimila persone ogni anno. Riporta Wikipedia che esistono al momento cinque guerre di questo tipo in corso nel mondo:

• Conflitto in Afghanistan
• Guerra civile in Myanmar
• Crisi dello Yemen
• Guerra russo-ucraina
• Conflitto del Tigray, in Etiopia


Come mai tante guerre nel mondo?
I motivi alla base dei conflitti possono essere i più svariati, ma sono perlopiù riconducibili ad alcuni fattori chiave:

• possesso delle risorse e dell’energia
• economia fiorente
• pressione demografica
• aspetti culturali
• cambiamenti nel contesto e crisi climatica


Possesso di risorse ed energia
L’istinto primordiale è la sopravvivenza: propria, della famiglia, della tribù di appartenenza, della propria razza. Sopravvivenza vuole anche dire presidiare un territorio sufficiente per fornire le risorse necessarie. Ma l’aumento del numero della famiglia, della tribù, della propria razza fa scattare automaticamente la necessità di un territorio più grande; non sempre libero da altri esseri umani. Da qui la necessità di dover competere con altre specie (spesso meglio attrezzate dal punto di vista delle armi) per accaparrarsi il cibo e sopravvivere, condizione tipica della savana africana dove la nostra specie si è evoluta.

Da questa crescita e la conseguente necessità di espansione del proprio spazio vitale, si sviluppa la necessità di conquista verso altri territori. Conquiste che non sono mai state di convivenza pacifica poiché quel territorio forniva risorse a un numero ben definito di persone; era a numero chiuso. Chi ne restava fuori furono sempre i conquistati e mai i conquistatori.

Sebbene oggi lo sviluppo del progresso abbia fatto progredire buona parte della popolazione mondiale dalla pura lotta della sopravvivenza umana, queste antiche caratteristiche sono rimaste nel nostro DNA, sebbene non più necessarie a livello individuale; ma a livello di gruppo, di paese, ancora oggi continuiamo a lottare per le risorse, che non sono più frutta o animali; ma petrolio, gas, acqua, grano e terre fertili.

E così come una scarsità di risorse interne può portare un paese a fare la guerra al paese vicino, un aumento del costo delle risorse di base può portare una popolazione a insorgere contro il proprio governo. È noto come la Primavera Araba veda fra le sue principali cause, l’aumento del prezzo del grano e dei generi alimentari di base. Così come molte altre rivolte recenti sono legate all’aumento del costo dell’energia.

Paesi ricchi
Sono stati i paesi ricchi che hanno innescato guerre non più locali, negli anni recenti. La guerra infatti è un’attività molto costosa. Servono molte riserve finanziarie per poter fare una guerra, perché significa impiegare le migliori risorse del paese per macchinari, industrie, tecnologie etc.


Pressione demografica
Anche l’aumento della popolazione è un fattore spesso determinante nelle guerre. Più persone significano più risorse necessarie, che non sempre riescono ad essere reperite all’interno del proprio territorio. Per esempio durante la Primavera Araba in tutta l’area del Medio Oriente e Nord Africa (MENA) tra il 1950 e il 1980, il tasso di natalità, nonostante le guerre, rimase molto alto andando ad aumentare il conseguente tasso di crescita generale, creando una generazione di giovani senza lavoro, data la povertà del proprio paese. La combinazione di una concentrazione delle risorse in mano a pochi e un mondo troppo densamente popolato da esseri umani a cui viene precluso l’utilizzo di tali risorse, è il motivo esplosivo per veder scoppiare frequenti guerre di rivendicazione.

Cambiamenti climatici
A volte sono i vistosi cambiamenti climatici di questi tempi a determinare l’esplosione di un conflitto. Una stagione particolarmente arida, un disastro naturale che costringe una popolazione a emigrare in massa nei territori limitrofi, a causa dell’esaurimento di una o più risorse. È un fenomeno che su scala globale è concausa di tutta questa instabilità: il cambiamento climatico e più in generale la crisi ecologica, modificando profondamente gli equilibri naturali all’interno dei quali la nostra specie si è evoluta, causando fenomeni di massa come migrazioni e nuovi conflitti per le risorse e il diritto ad abitare i territori rimasti fertili.

Fattori culturali
La propensione alla guerra dipende inoltre anche dal tipo di cultura che caratterizza determinate società. Nella storia del genere umano sono esistite molte culture profondamente pacifiche, che non conoscevano nemmeno la parola o il concetto di guerra; ma non costruendosi un sistema di difesa erano facilmente conquistabili da società più aggressive e bellicose. Intere antiche civiltà a causa di ciò, sono completamente sparite dalla faccia della terra. Ritorna allora utile un antico ammonimento di Cicerone: “Si vis pacem, para bellum” (se vuoi la pace, preparati per la guerra).