La Pace Minore
La pace minore non è una pace che sia meno importante, o meno significativa della Pace (P maiuscola); è quella non gridata, quella che non pretende di insegnare, ma insegna, che non vuole essere inculcata, ma si fa spazio nel cuore. È la Pace dei piccoli gesti quotidiani, che non insegue le grandi imprese. E per questo le realizza. La pace minore non è laica e non è religiosa. La pace minore nasce dal silenzio e al silenzio torna.
L’umiltà e la Pace camminano insieme e si sostengono l’una con l’altra sapendo che l’umanità non è in grado di avere risposte immediate, ma non si ferma a questo e ricerca continuamente anche piccolissime risposte ai grandi temi.
Quello che seminiamo oggi sarà il raccolto di domani e non tutti i semi germoglieranno nell’animo degli uomini. La pace, allo stesso modo, va seminata per produrre frutti nel futuro. Ma in questa società che tutto vuole, subito e senza sforzo, si continua a credere che la Pace possa ottenersi non con una lenta e difficile maturazione interiore.
Così come dovremmo parlare “con” amore più che “dell’amore”, così dovremmo parlare “con” la pace nel cuore piuttosto che parlare “della” pace. La Pace dovrebbe provocare emozioni nel cuore e pensieri nella mente. E quando la Pace e l’amore diventano un modo di vivere, anche i gesti perdono la loro aggressività per farsi carezza.
Tuttavia dove non c’è pace, non c’è giustizia; dove non c’è giustizia non c’è pace. Dove non c’è Pace né giustizia regna la diseguaglianza: fame, sete, miseria, ingiustizie, violenze, e menzogne costringono un numero di persone sempre maggiore a concentrarsi sulla sopravvivenza del giorno per giorno, senza alcuna speranza per il futuro.
Ma la “pace minore” è alla portata di tutti e in tutte le più svariate situazioni; significa non paroloni o proclami, ma il rimboccarsi umilmente le maniche per ridare speranza e fiducia cominciando dai piccoli gesti della vita quotidiana. La Pace senza un impegno quotidiano, costante e concreto, rischia di essere soltanto una dichiarazione d’intenti, piena di belle parole ma vuota di fatti.
Ciò che segue non richiede l’iscrizione ad una università, né competenze specifiche, né lo sperpero di tempo né di denaro. Sono attività che possono essere fatte da subito se vogliamo contribuire alla costruzione, anche se per il momento, di una “pace minore”. Seguono alcune riflessioni sulla Pace nel quotidiano.
15 piccole azioni quotidiane
- 1. Isola, ma non allontana, chi vuole la guerra
- 2. Non cercare di avere sempre ragione; comincia ad ascoltare di più e non pensare immediatamente ad una replica che ti dia ragione
- 3. Meno principi astratti più valori concreti; stringere una mano tesa vale molto di più di tonnellate di carta sui diritti umani
- 4. L’egocentrismo è violenza perché l’egocentrico non si accorge di chi gli sta intorno e delle sue necessità
- 5. Staccati un poco dalle preoccupazioni di ogni giorno; potrebbero essere una nebbiolina che pian piano ti nascondo il vero scopo della tua vita
- 6. Se vuoi la Pace nel mondo inizia a far Pace con te stesso e con chi ti sta intorno
- 7. Piuttosto che confessare una tua mancanza inginocchiato davanti ad uno sconosciuto, confessala apertamente a chi hai recato offesa
- 8. La Pace a volte vale più dell’aver ragione; comincia a riconoscere il tuo torno anche quando non ce l’hai. Avrai molti più amici, meno nemici
- 9. Riprendi ogni tanto il Vangelo di Gesù; è sempre fonte di nuove risposte anche per i problemi dell’era moderna
- 10. Se vuoi la Pace nel mondo, comincia a mantenere la Pace nel condominio della tua casa
- 11. Impara a perdonare. Inizia da te stesso, ma prima vai al punto 7
- 12. La Pace è dentro, non fuori. La Pace del mondo dipende solamente da noi
- 13. Essere Pace non significa rimanere inermi: significa essere “violenti” come Gesù con chi voleva lapidare l’adultera
- 14. Dai un abbraccio a chi ti ama, si stupirà. Ma sorridi anche a chi ti odia, rimarrà sconvolto
- 15. La Pace non viene spontanea, è un allenamento che si costruisce mattoncino per mattoncino; programmati un mattoncino al giorno
Partecipazione
Facciamo sentire la nostra voce. La disillusione della politica a volte ci relega nella condizione di abbandonare ogni forma di partecipazione ritenuta, spesso a ragione, partecipazione formale, paravento per chi poi ha in mano tutto il potere di decidere. Costruire la pace, per i costruttori di pace, vuole anche dire cominciare a riprovare a partecipare; ma questa volta con spirito più indipendente e non remissivo, più audace e non nel solco del “abbiamo sempre fatto così”. Riunioni di condominio, del quartiere, della parrocchia, delle associazioni. Se abbiamo a cuore la pace, se riteniamo che ci siano moltissime cose da cambiare, partecipiamo e battiamo i pugni sul tavolo.
Nonviolenza attiva
Non combattere non equivale ad arrendersi o a rimanere inermi, significa non usare la violenza (che non è la stessa cosa della forza). Non è semplice rifiuto o pura astensione dalla violenza, né resistenza passiva. Al contrario, è qualcosa di positivo, un fare ma «in un certo modo». Si dice che l'azione nonviolenta sia debole o che rifiuti il conflitto. Al contrario, l'azione nonviolenta apre e gestisce i conflitti. Cammina nel conflitto, sfida l'ingiustizia e lavora per il cambiamento. Assume su di sé dolore o situazioni spiacevoli senza infliggerli ad altri. La reazione violenta non fa altro che far crescere altra violenza e la repressione. Il potere della nonviolenza viene invece dalle qualità spirituali dell'amore, della comprensione, dell'abilità comunicativa, del coraggio, e della perseveranza. Il modo nonviolento è considerare l'intero mondo come la propria famiglia: considerare che i diversi punti di vista sono un reciproco arricchimento perché sono uno stimolo a rivedere le nostre idee e posizioni, magari congelate e impietrite da molto tempo.
Responsabilità
È più facile gettare la croce sugli altri piuttosto che prendersi la più piccola responsabilità. Non funziona così per i costruttori della pace. Non tiriamoci indietro ma dobbiamo rischiare anche prendendosi delle responsabilità che ci possono sembrare più grandi di noi. Spesso s’impara più dagli errori che dai successi. Il cammino verso responsabilità sempre maggiori è irto, faticoso ma costruire la Pace significa anche far emergere il meglio di noi, farsi largo tra i venditori di fumo, esprimere con forza e fermezza la bontà delle nostre idee.
Imparare dalla storia
Spesso i nostri desideri di Pace sono stati anche quelli di tanti personaggi che hanno combattuto per ottenerla. Ripercorriamo la loro storia come apprendimento e incoraggiamento. Rileggendo per esempio le storie dei più noti vincitori del Premio Nobel per la Pace: Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta, Dalai Lama, Nelson Mandela, Shimon Peres, Ernesto Teodoro Moneta (la lista completa fin dal 1901 è a piè di libro).
Comunicazione
L’odierna comunicazione è oggi al servizio di questo o di quello. È difficile farsi un’opinione corretta su informazioni che non lo sono: “rubbish in, rubbish out”: spazzatura in ingresso e spazzatura in uscita. Se le informazioni che riceviamo sono spazzatura, spazzatura saranno anche le nostre opinioni che si sono basate su queste informazioni. Bisognerebbe ricercare fonti sicure su cui basare le nostre idee. Fonti che in realtà non esistono; tuttavia esistono fonti diversificate che, anche se di parte, ci permettono tutte insieme di formarci una nostra personale opinione. Se leggi sempre lo stesso giornale o vedi sempre il solito TG, fai attenzione alle tue idee che piano piano possono essere state completamente plagiate. È il più efficace strumento della propaganda.
Parlare ai bambini
Soprattutto in questi giorni, dedichiamo più tempo a parlare con i nostri bambini per rassicurarli e aiutarli a comprendere gli eventi che stiamo vivendo; rendiamoli protagonisti della Pace e consapevoli della necessità di agire ciascuno con le proprie risorse per garantire un mondo senza più guerre. Con parole elementari Gianni Rodari spiega la guerra ai bambini come una lista delle cose “da fare” e “da non fare”, di cose giuste e non giuste, e tra quelle sbagliate la guerra è l’unica da non fare mai.
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno, né di notte,
né per mare, né per terra:
per esempio, la guerra.
Imparare a dialogare
Il dialogo è un incontro, non uno scontro. E chi si incontra vuol anche dire che proviene da strade diverse. Dialogare non significa cercare a tutti i costi che l’altro ti dia ragione per sentirti rassicurato delle tue idee. È una forma di debolezza. Più le opinioni dell’altro sono diverse dalle tue, più lo devi ringraziare per averti fatto vedere le cose da un altro punto di vista. La verità è uno specchio andato in frantumi e i diversi punti di vista ne sono i frammenti che piano piano si ricompongono. Allora ci rendiamo aperti al confronto, diventa così un nuovo stile di vita e il mondo diventa un piccolo villaggio dove popoli e culture si intrecciano.
Educhiamo alla pace
Ci sono tre strade da percorrere per la costruzione di una Pace duratura:
- il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi
- l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo
- il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana.
Tre elementi imprescindibili per dare vita ad un patto sociale, senza il quale ogni progetto di Pace si rivela inconsistente. Stiamo attualmente vivendo una situazione di guerra che scuote le nostre vite e anche se per il momento non ne siamo geograficamente coinvolti, lo siamo da un punto di vista emotivo.
Mettersi in modalità di ascolto, partire da queste emozioni, chiedere cosa si prova, è uno sforzo collettivo che va distribuito in tutti i settori coinvolti: scuole, organizzazioni, enti, istituzioni pubbliche e private perché è un compito che riguarda tutti. Sviluppare in ognuno di noi un senso di appartenenza universale, promuovendo azioni pratiche in tutti i vari contesti senza perdere di vista quelli generali.
Università della Pace
Il Costa Rica è uno Stato che crede nella costruzione della Pace fin da quando abolì la pena di morte nel 1882 e il suo esercito nel 1948. Dalla fine del 1800 offre asilo a coloro che subiscono persecuzioni politiche e fu lo Stato che, dal 1907 al 1918, ospitò il primo tribunale internazionale permanente (la Corte di giustizia centroamericana) per dare voce alle questioni di diritto internazionale e diritti umani. Nel 1980 le Nazioni Unite hanno accettato la proposta di istituire proprio in Costa Rica l’università per la Pace (UPEACE) per contribuire, attraverso centri internazionali, all’educazione alla pace. La Pace in sostanza non è un sentimento acquisito dall’umanità, ma può e deve diventare un orientamento che coinvolge la vita umana in ogni suo aspetto. La Pace è un moto dell’animo che deve essere alimentato, educato e nutrito quotidianamente e non solo risvegliato nei momenti di maggiore crisi. La costruzione della Pace è anche un compito educativo permanente e non solo politico-sociale.
Nuova economia
Il 90% delle guerre, in maniera esplicita o molto più spesso in maniera implicita, ruota intorno all’attuale modello economico mondiale. Bisogna quindi lavorare per costruire un modello economico in grado di superare la logica di regole commerciali ingiuste, degli scambi disuguali, dello sfruttamento di suoli, territori e persone. Commercio equo e cooperazione tra gli Stati sono ben più di un dovere morale,
sono imperativi di buon governo, di buona economia:
- economia al servizio dell’essere umano e dell’ambiente, attori fondamentali, entrambi, per la sopravvivenza su questo pianeta
- nuovi modelli di stili di vita, nuovi modelli di economia improntati alla sobrietà, al riuso, alle piccole produzioni, all’auto-mutuo aiuto, a nuove e più umane relazioni di mercato e di convivenza
- aiuto ai paesi impoveriti che non riescono ad uscire dalla loro condizione di fragilità attraverso gli investimenti necessari per assicurare il benessere dei loro abitanti
- necessità di una economia diversa, fondata sul bene comune, sui bisogni essenziali, sui diritti di ogni persona, e rispettosa della natura. Una economia che non produca “umanità di scarto” e non lasci nessuno indietro.
In altre parole, vogliamo passare da una economia di predazione tra individui, imprese e nazioni, ad una economia della responsabilità, prendendosi cura della qualità della vita degli altri e delle generazioni che verranno.