Ineffabilis Deus
Pio IX tuttavia si trovava di fronte ad un’accanita, anche se minoritaria, opposizione teologica, ad elaborare questo dogma che sembrava non avere dei fondamenti biblici.
Pio IX, su consiglio di Antonio Rosmini, interrogò tutti i vescovi sulla opportunità di definire il dogma, il risultato fu una convergenza plebiscitaria da parte dei vescovi, tutti favorevoli a definire subito il dogma dell’Immacolata Concezione: su 603 vescovi che risposero, 546 si espressero sulla opportunità della immediata definizione del dogma.
Il testo della definizione fu molto discusso, rimaneggiato, e alla fine Pio IX decise, nella sua bolla “Ineffabilis Deus”, per questa formulazione:
“….Perciò, dopo aver offerto senza interruzione, nell’umiltà e nel digiuno, le Nostre private preghiere e quelle pubbliche della Chiesa a Dio Padre, per mezzo del suo Figlio, affinché si degnasse di dirigere e sostenere la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato il soccorso di tutta la corte celeste, e invocato con gemiti lo Spirito consolatore, per sua ispirazione, a onore della Santa e indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica, e a incremento della religione cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo: La dottrina, che sostiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabilmente da tutti i fedeli.
Quindi, se qualcuno (che Dio non voglia!) deliberatamente presumerà di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito, conosca e sappia di essere condannato dal suo proprio giudizio, di aver fatto naufragio nella fede, di essersi separato dall’unità della Chiesa, e di essere inoltre incorso da sé, «per il fatto stesso», nelle pene stabilite dalle leggi contro colui che osa manifestare oralmente o per iscritto, o in qualsiasi altro modo esterno, gli errori che pensa nel suo cuore.”