Chi era Caterina
Caterina, vita semplice e trasparente. Ciò che vi è di meraviglioso in Caterina sono le apparizioni con il loro prestigio e i loro frutti.
Il segreto di Santa Caterina non consiste tanto nell'aver nascosto la sua identità di veggente, ma piuttosto nel meraviglioso equilibrio che ha saputo stabilire tra lo splendore delle apparizioni e l'umiltà del suo servizio: gli anziani dell'ospizio, i poveri del quartiere e tutti gli afflitti, i funestati, gli emarginati, gli esclusi.
Ha donato generosamente lavoro, veglie, affetto; tutto ciò che possedeva, non lasciando quasi nulla alla sua morte al punto che ci si trovò in imbarazzo nel «dare dei ricordi» all'infuori dei suoi occhiali e dei suoi indumenti.
Non aveva complessi: parlava con noncuranza di Dio a tutti coloro che soccorreva. Donare Dio e donare il pane, oppure donare Nostro Signore e donare il proprio affetto ai sofferenti, erano i due atteggiamenti che sgorgavano da uno stesso cuore.
La gloria non ha «sfiorato Caterina neppure con la più piccola estremità della sua grande ala selvaggia». Fu trattata da stupida e sempliciotta. In lei non vi era altro che un amore presente ed efficace. Tutta di Dio solo, e per questo tutta per gli uomini: il segreto di Caterina sta nell'alleanza di questi due amori in un unico amore, nell'armonia tra le visioni e il servizio. Sebbene robusta, soffrì giovanissima di un’artrite che la obbligò a ricoverarsi in ospedale a soli 35 anni e causò la sua morte per insufficienza cardiaca.
La Missione ricevuta dalla Madonna, incontrò una costante opposizione che chiamò senza esagerare, «il suo martirio», poiché era straziata dal conflitto interiore tra l'obbedienza al suo confessore e la luce di Dio che la illuminava e ripagava nei momenti più difficili.
Supererò questi tormenti, non con la sola forza di volontà, ma ricorrendo alle profonde sorgenti della grazia che era stata invitata a trovare ai piedi dell'altare nella cappella della Rue du Bac.
Il suo segreto non consiste tanto nelle apparizioni; non sta nell'aver saputo nascondere la sua identità; identità che era stata intuita da lunga data, ma svelata solo dopo la sua morte per suo volere; ma consiste nella sua semplicità che ha sconcertato parte di chi visse accanto a lei. La vita di Caterina, senza enfasi né romanticismo, è impregnata anzitutto di vera semplicità.
Le ragazze delle nostre campagne, diceva S. Vincenzo proponendole come esempio alle sue Figlie della Carità, vogliono soltanto ciò che Dio vuole e si accontentano della loro vita e dei loro abiti.
Così trascorre la vita di suor Caterina, in un susseguirsi di azioni modeste: “le mani al lavoro e il cuore a Dio!”. Passava continuamente dagli anziani al pollaio, la cui manutenzione rientra nei suoi compiti; poi, costretta dall’età ad un lavoro più sedentario, diventa portinaia dell’ospizio, sempre di umore uguale, col viso atteggiato a quella serenità che colpisce le persone attorno a lei.
Vivrà l’epoca sanguinosa della Comune: ma conserverà dentro di sé l’eco delle parole profetiche: “Verrà il momento in cui il pericolo sarà grande. Tutto sembrerà perduto ma abbiate fiducia!”
Aiutata dalle altre Sorelle, proteggerà la Superiora perseguitata, favorirà la fuga di due gendarmi feriti e distribuirà Medaglie agli insorti, che le accetteranno. Passata la tormenta, suor Caterina, riprende il suo posto in portineria, le mani all’opera, le labbra chiuse sul suo segreto, il cuore volto all’Essenziale.
Al di là delle visioni eccezionali, limitate ai pochi mesi del Seminario (aprile-dicembre 1830), il dono della veggenza per Caterina consisté nel vedere Gesù nella vita quotidiana: soprattutto nei poveri e nei peccatori: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Ero in prigione e mi avete visitato. Quello che avrete fatto ai più piccoli dei miei, l'avrete fatto a me.”.
Caterina aveva orrore del peccato, ma amava i peccatori e sperava da Dio la loro conversione che li avrebbe uniti a Gesù, attraverso la loro personale via crucis.
Fu questa la sua santità, una bella icona del Vangelo stesso.
Il segreto di Santa Caterina non consiste tanto nell'aver nascosto la sua identità di veggente, ma piuttosto nel meraviglioso equilibrio che ha saputo stabilire tra lo splendore delle apparizioni e l'umiltà del suo servizio: gli anziani dell'ospizio, i poveri del quartiere e tutti gli afflitti, i funestati, gli emarginati, gli esclusi.
Ha donato generosamente lavoro, veglie, affetto; tutto ciò che possedeva, non lasciando quasi nulla alla sua morte al punto che ci si trovò in imbarazzo nel «dare dei ricordi» all'infuori dei suoi occhiali e dei suoi indumenti.
Non aveva complessi: parlava con noncuranza di Dio a tutti coloro che soccorreva. Donare Dio e donare il pane, oppure donare Nostro Signore e donare il proprio affetto ai sofferenti, erano i due atteggiamenti che sgorgavano da uno stesso cuore.
La gloria non ha «sfiorato Caterina neppure con la più piccola estremità della sua grande ala selvaggia». Fu trattata da stupida e sempliciotta. In lei non vi era altro che un amore presente ed efficace. Tutta di Dio solo, e per questo tutta per gli uomini: il segreto di Caterina sta nell'alleanza di questi due amori in un unico amore, nell'armonia tra le visioni e il servizio. Sebbene robusta, soffrì giovanissima di un’artrite che la obbligò a ricoverarsi in ospedale a soli 35 anni e causò la sua morte per insufficienza cardiaca.
La Missione ricevuta dalla Madonna, incontrò una costante opposizione che chiamò senza esagerare, «il suo martirio», poiché era straziata dal conflitto interiore tra l'obbedienza al suo confessore e la luce di Dio che la illuminava e ripagava nei momenti più difficili.
Supererò questi tormenti, non con la sola forza di volontà, ma ricorrendo alle profonde sorgenti della grazia che era stata invitata a trovare ai piedi dell'altare nella cappella della Rue du Bac.
Il suo segreto non consiste tanto nelle apparizioni; non sta nell'aver saputo nascondere la sua identità; identità che era stata intuita da lunga data, ma svelata solo dopo la sua morte per suo volere; ma consiste nella sua semplicità che ha sconcertato parte di chi visse accanto a lei. La vita di Caterina, senza enfasi né romanticismo, è impregnata anzitutto di vera semplicità.
Le ragazze delle nostre campagne, diceva S. Vincenzo proponendole come esempio alle sue Figlie della Carità, vogliono soltanto ciò che Dio vuole e si accontentano della loro vita e dei loro abiti.
Così trascorre la vita di suor Caterina, in un susseguirsi di azioni modeste: “le mani al lavoro e il cuore a Dio!”. Passava continuamente dagli anziani al pollaio, la cui manutenzione rientra nei suoi compiti; poi, costretta dall’età ad un lavoro più sedentario, diventa portinaia dell’ospizio, sempre di umore uguale, col viso atteggiato a quella serenità che colpisce le persone attorno a lei.
Vivrà l’epoca sanguinosa della Comune: ma conserverà dentro di sé l’eco delle parole profetiche: “Verrà il momento in cui il pericolo sarà grande. Tutto sembrerà perduto ma abbiate fiducia!”
Aiutata dalle altre Sorelle, proteggerà la Superiora perseguitata, favorirà la fuga di due gendarmi feriti e distribuirà Medaglie agli insorti, che le accetteranno. Passata la tormenta, suor Caterina, riprende il suo posto in portineria, le mani all’opera, le labbra chiuse sul suo segreto, il cuore volto all’Essenziale.
Al di là delle visioni eccezionali, limitate ai pochi mesi del Seminario (aprile-dicembre 1830), il dono della veggenza per Caterina consisté nel vedere Gesù nella vita quotidiana: soprattutto nei poveri e nei peccatori: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Ero in prigione e mi avete visitato. Quello che avrete fatto ai più piccoli dei miei, l'avrete fatto a me.”.
Caterina aveva orrore del peccato, ma amava i peccatori e sperava da Dio la loro conversione che li avrebbe uniti a Gesù, attraverso la loro personale via crucis.
Fu questa la sua santità, una bella icona del Vangelo stesso.