eFamiglia: La Nuova Famiglia Cristiana

20/01/2015 Cambiare le cose che sembrano impossibili


Gentile Direttore,
tanti pezzettini di un puzzle sul tavolo, ‘amatevi come io vi ho amato’, ‘se aveste la fede di un granellino di senape, spostereste le montagne’, ‘le lacrime del Getsemani’ etc., ognuno chiaro ed evidente ma è come se mancasse un quadro d’insieme. È come se intuissimo quale potrebbe essere la figura finale del puzzle, ricomposti insieme i singoli pezzi, ma ci manca la ‘via’, il metodo da seguire per la ricomposizione.

Cambiare le cose che sembrano impossibili. Quasi un miracolo.

Pregare, pregare e pregare perché le cose cambino. Incessantemente, senza perdere fiducia e pazienza.
Poi qualche cosa avviene, qualche cosa si muove. E non è detto che questo qualche cosa sia positivo. Anzi spesso arrivano segnali negativi.
Ma è comunque un sasso nello stagno.

“Un uomo stava morendo di fame nel suo casolare sperduto tra le montagne. Chiuso nel suo dolore e nella impossibilità di uscire.
Venuto a conoscenza della situazione, pregai che il Signore lo aiutasse. Improvvisamente la situazione precipitò, e l’uomo si ammalò gravemente rischiando la morte.”


Si muove qualche cosa ed hai la sensazione, direi la sicurezza, che il problema sia stato preso in considerazione.
Tuttavia nulla si muoverà se non c’è qualcuno che si prende l’impegno di pagare il biglietto. Che si alza dalla comoda sedia, o dalla poltrona, o dal trono alla destra del Padre.
È lui che ha deciso di prendersi gli oneri dell’azione. Si muove incontro al problema sapendo che dovrà metterci e rimetterci qualche cosa di suo. Del suo tempo, della sua faccia, del suo prestigio, della sua fatica, e Qualcuno anche della sua vita.

“Allora decisi di fare qualche cosa per lui. Andai da tutti gli abitanti dei villaggi vicini a chiedere aiuto, che gli portassero davanti casa ognuno quel poco o tanto che avevano per sfamarlo, dissetarlo, curalo. Ho trovato strade impervie e faticose, ho trovato il sole ma anche la pioggia, ho trovato case accoglienti ma anche case ostili e violente.”

Ti sembra di aver fatto tutto quello che era possibile fare, ma ancora le cose non cambiano. Hai pregato, ti sei mosso, ti sei preso la responsabilità ed il rischio di metterci e rimetterci qualche cosa di tuo. Ma la porta rimane chiusa. È il libero arbitrio. È il diritto di ognuno di noi di rifiutare tutto, anche l’aiuto; di rinnegare chiunque, anche chi ti vuole salvare; è la libertà, il più grande dono che Dio ci ha dato; anche quello di rifiutarlo, di rinnegarlo. Pietro che rinnega tre volte è la più grande dimostrazione d’amore di Dio; non vuole cagnolini al guinzaglio, non vuole automatismi, ma persone che pensano, ragionano, soppesano, che accettano e poi rifiutano, o rifiutano e poi accettano nella logorante e infinita dialettica dell’anima tra il male e il bene.

“Alla fine, davanti alla sua porta furono portate vivande e medicine sufficienti per rimetterlo in sesto. Ma la porta rimase volutamente chiusa. Rimasi lì fuori, seduto ad aspettare.”

Manca ancora qualche cosa. Puoi fare tutto e di tutto per la persona che vedi nel bisogno, ma non puoi forzare la sua scelta. La decisione finale rimane nelle sue mani. Hai pregato perché il problema fosse preso in esame, hai agito e ti sei mosso in prima persona; ma non puoi forzargli la mano, non puoi prendere la decisone al suo posto. Gesù arrivò al Getsemani avendo compiuto la sua missione. Sapendo quello a cui sarebbe dovuto andare incontro come suggello finale. Ma forse tutto sarebbe stato inutile se le nostre porte fossero rimaste o rimangono chiuse. La sua incarnazione, le sue prediche, i suoi miracoli, il suo sacrificio finale. Tutto vano. E allora sgorgarono le sue lacrime, intense, dolorose; lacrime per noi. Di preghiera al Padre affinché ci aiutasse e ci aiuti a fare la nostra scelta. Tutto sarebbe stato vano se noi avessimo o non aprissimo il nostro cuore per accettare questa grande offerta, liberamente, anzi con immenso desiderio.

“L’uomo, ormai in fin di vita, si meravigliava sempre di più nel vedere tanta gente, sconosciuta, che si era presa cura di lui. Di chi insistentemente, caparbiamente non voleva andarsene via e lasciarlo solo nel suo dolore e con la sua salvezza a portata di mano. Qualche cosa si mosse dentro di lui, a fatica si alzò e aprì la porta. Mi invitò, portammo tutto dentro e mangiammo in silenzio.”

Il nostro rapporto con Dio è straordinariamente complesso e affascinante. Tuttavia ce ne ha dato la chiave di lettura con la vita di Gesù, quando disse ‘Io sono la via, la vita e la verità’. È una chiave che possiamo applicare sempre e per ogni opportunità, ad esempio “cambiare le cose, ovvero come avvengono i miracoli”:

1) La preghiera (costante, insistente, paziente) sgorgata dal cuore e non dalla mente; è la presentazione di un problema complesso a cui si vuole dare una soluzione.
2) L’azione. Perché il nostro desiderio di cambiare le cose non rimanga un semplice desiderio aereo. È impegno in prima persona. Non c’è amore vero (quello che genera frutti concreti) se non c’è il movimento del cuore seguito dal movimento dell’ azione.
3) Ancora la preghiera. Perché quando tutto è pronto, quando la tavola è imbandita, c’è ancora bisogno che l’invito venga accettato.

Un abbraccio.