26/06/2014 Una storia diversa
UNO
Quando il cuore comincia a prendere il sopravvento sul ragionamento, molte cose cominciano a non tornate più.
Ammettiamo che il Paradiso sia la casa bella e accogliente dove si fanno continue feste, in allegria e buona compagnia. Che il purgatorio sia la strada difronte, piena di gente triste e silenziosa in attesa che arrivi il proprio turno per entrare in questa casa. Che l'inferno sia la casa dirimpetto alla Casa della Gioia, piena di gente senza alcuna speranza, in tristezza, in pena, casa di profondo dolore.
E tu sei figlio del Padrone della Casa della Gioia. La testa, il ragionamento, il senso di profonda giustizia, tutto ti dice che è giusto che tu faccia festa con le persone che se la sono meritata.
Ma il cuore comincia a dirottare la tua mente verso tutta quella gente là fuori, sulla strada, in attesa; in lunga attesa. La cosa non ti fa sentire molto bene perché comunque sono tuoi amici, fratelli che ancora non possono condividere la festa. È giusto che aspettino fuori ma intanto ti viene voglia di uscire e stare in mezzo a loro per sentire come va, per portare la tua solidarietà e parole di speranza. E semplicemente lo fai.
Mentre sei nella strada, scorgi dall'altro lato la casa del dolore e senza speranza. E ti si stringe il cuore. Sono anch'essi figli di tuo Padre, tuoi fratelli che si sono persi per sempre. La parola 'per sempre' ti fa gelare il sangue. Come puoi tornare dentro la Casa della Gioia e continuare a far festa? La giustizia è giustizia e non ci sono deroghe; le regole furono date, scongiurato di seguirle, minacciato di terribili castighi, pregato di non sottovalutarle, profetizzate le conseguenze; ma il loro cuore rimase di pietra.
Tuttavia tu, figlio del Padrone della Casa della Gioia, senza nulla togliere alla giustizia, ti senti spinto a portare comunque una parola di conforto in quella casa di dolore, di condividere la loro pena, le loro sofferenze. Potresti anche, in un momento di pazzia d'amore, chiedere al Padre di fare uno scambio, di restare tu là in cambio della liberazione dei tuoi fratelli, di pagare tu il prezzo del riscatto e farli tornare almeno tra quelli che attendono sulla strada.
Di fatto questo strano Figlio potrebbe passare più tempo con gli altri che con gli eletti; più fuori casa che a casa; più attento agli imperdonabili che ai santi. E questo non mi fa tornare i conti; almeno con tutto ciò che ho imparato, con tutto ciò che mi è stato insegnato. Allora ho cambiato la storia.
DUE
La storia comincia nell'Orto degli Ulivi quando Gesù suda gocce di sangue e chiede al Padre che quel calice gli venga allontanato. Quale calice? Di morire sulla croce come un delinquente? È già successo a tanti ed ancora succederà. Di essere frustato a morte? Di essere deriso? Di essere abbandonato dagli amici? Certo cose dolorosissime, tristissime e laceranti; ma purtroppo rientrano nella nostra natura e comprensione umana. È una grandissima dimostrazione d'amore, ma che rientra nei nostri schemi. Possiamo comprendere questo atto d'amore. Quale doveva essere allora il calice da bere, tanto amaro da far sudare sangue?
Era quello di andare sì tra i perduti degli inferi, ma di accettare il rischio di restarvi per sempre, sotto il controllo del padrone della Casa della Disperazione, senza certezza del ritorno, toccando con mano la profondità e la violenza del male, condividendo le loro pene, sofferenze e disperazione, per strapparli ad uno ad uno, fino al riscatto finale dell'ultimo degli ultimi, nell'ultimo giorno.
Il calice amaro da bere era che lui, figlio dell'Eterno, per amore dei suoi fratelli avrebbe potuto rischiare di non tornare più alla Casa del Padre, pur di liberare, riscattare tutta l'umanità, dall'inizio alla fine dei tempi. L'Agnello si era reso disponibile a diventare merce di scambio, senza condizioni, senza promesse, ma nel totale abbandono nel Padre. Ma sia fatta la tua volontà.
Dopo tre giorni (o tre anni o tre miliardi di anni perché Dio è senza tempo), finalmente Gesù tornò. Irriconoscibile; nessuno, da Maria ai suoi Discepoli, lo riconobbe. La lunga battaglia lo aveva visibilmente segnato. Ma è tornato per dirci che la battaglia era stata vinta, il riscatto era stato definitivamente pagato, per le generazioni passate e per quelle future, per tutti.
TRE
Se questa storia fosse vera, cosa potrebbe significare per ciascuno di noi? Prima cosa stupirebbe e ci confonderebbe l'infinità dell'amore che ha per noi, infinità d'amore che avrebbe potuto costargli il ritorno alla Casa Paterna. Non riusciremo mai a comprendere l'infinita profondità di un pozzo. Ciò che è finito, anche se grandissimo o profondissimo, lo comprendiamo, l'infinito no. Anche l'amore che abbiamo per noi stessi , comunque grande, è finito; eppure Lui ci ama di più, di più di quanto noi amiamo noi stessi.
Torna alla mente il nuovo comandamento: "Amatevi come Io vi ho amato". Ora possiamo capirne il valore e la portata: immensa. Non è morire per gli amici (possiamo comprenderlo, è umanamente successo), non è l'agnello sacrificale, morto innocente in croce, che paga per tutti (possiamo arrivarci, è un amore umanamente concepibile): è amare a tal punto da rischiare il proprio bene eterno purchè lo possano avere, in cambio, gli altri.
E tutto questo amore per noi? Deboli, falsi, bugiardi, incostanti, cattivi, barbari, violenti, presuntuosi e tutto quello che possiamo dirci di male vedendo le cose di questo mondo.
Sì, questo amore è per noi. Allora probabilmente valiamo più di quello che noi stessi crediamo. Per meritare questo amore di difficile definizione e comprensione, noi siamo allora qualche cosa di molto prezioso di cui ancora noi stessi non ci rendiamo conto. Probabilmente non abbiamo ancora capito nulla. La nostra divinità (la cosa più preziosa in assoluto a cui possiamo pensare) è ancora racchiusa in noi, in bozzolo, è ancora nascosta, è ancora tutta da scoprire.
Gesù ha rischiato il suo diritto di essere per l'eternità alla destra di suo Padre, per salvare e preservare qualche cosa di altrettanto prezioso di cui noi non ne siamo ancora consapevoli: la nostra divinità.
QUATTRO
Cosa fare? Gesù ce lo dice con tre semplici parole: Io sono la Vita, la Verità e la Via. La Vita e la Verità siamo arrivati a comprenderle; ma la Via, se tutto questo fosse vero, allora non è così semplice come potremmo pensare. Se la nostra Via è quella tracciata dalla Sua Via, allora per scoprire la nostra divinità, la cosa così preziosa che potrebbe giustificare tutto questo amore, allora ci dobbiamo preparare ad attraversare anche noi i nostri inferi per arrivare al punto di amare gli altri da accettare perfino il rischio di restare fuori dalla Ricompensa Celeste in cambio della liberazione dei non meritevoli, di barattare la nostra per l'altrui salvezza. Di annullarci, azzerarci per gli altri.
Se questa è la strada, allora prepariamoci e la ricetta non è molto complicata a dirsi : dentro di noi ci deve essere sempre meno di "IO" e sempre più di "LUI". Per attraversare il deserto alleggeriamo la macchina di tutto ciò che non è necessario e la riempiamo solo di ciò che serve, acqua e benzina.
Per attraversare il nostro deserto (la Via) alleggeriamo fin da ora il nostro corpo di tutto ciò che non serve e lasciamo spazio a Gesù per guidarci fuori. Oltre il deserto. Là dove sgorga l'acqua viva (la Vita), là dove probabilmente scopriremo finalmente il nostro bene più prezioso: la nostra discendenza Divina (la Verità).