29-11-2015 La Corsa
Gentile Direttore,
da mezzo eretico qual sono, non credo molto a: ‘ prendete la vostra croce e seguitemi’; a: ‘la vita come veloce passaggio in una valle di lacrime’; a: la sofferenza come espiazione o miglior condizione per avvicinarsi a Dio etc. Questo modo di vedere la religione porta a non amare la vita, grandissimo dono di Dio, per quello che è: luce, profumi, suoni, bellezza, gioia, amore.
Dopo anni di completa lontananza, un uomo dà appuntamento alla sua famiglia su una lunga spiaggia. È scalzo e la spiaggia non è quella di un resort, quindi piena di sassi, legni, alghe, tutto ciò che si può trovare in una spiaggia invernale. Intravede da lontano delle persone che si stanno avvicinando ma ancora non riesce a distinguerle; via via che si avvicina crede di poter riconoscere la moglie con i figli ed allora comincia piano piano a correre. Certo i sassi fanno male a piedi nudi ma comincia a correre di più perché ne intravede le facce e i sorrisi. Allora comincia a correre all’impazzata e non si accorge nemmeno che i piedi cominciano a sanguinare per le schegge di legno, i sassi appuntiti, i frammenti di vecchie bottiglie. Inciampa su un tronco, cade, si fa male, ma si rialza immediatamente e finalmente raggiunge e abbraccia l’oggetto del suo amore infinito; nulla più conta. Tutto il suo mondo è in quel metro quadro di spiaggia. Il dolore, se c’è mai stato, è ora dimenticato. La gioia, il desiderio dell’abbraccio finale, il calore della pelle sulla pelle, è una calamita che tutto travolge.
Con Dio è la stessa cosa.
Certo la sofferenza c’è, ma è la conseguenza dell’amore. Amare vuol dire spesso anche soffrire per l’ oggetto amato. Più si ama e spesso più si soffre. Un grande dolore è la riprova di un grandissimo amore. Ma deve essere la sofferenza del travaglio di un parto, che si dimentica al primo vagito; deve essere la sofferenza del percorso accidentato, prima della magnificenza delle vette.
Chiedere a Dio di amare sempre di più, di allargare il proprio cuore a tutto il mondo, vuol anche dire predisporsi a sentire dentro di sé i dolori delle sue ingiustizie e delle sue sofferenze. Ma amare è la nostra unica natura, il nostro scopo, il nostro programma, il Suo progetto; e amare sempre di più vuol dire realizzarsi sempre di più; e amare sempre di più vuol dire vedere in tutti gli altri i propri figli, i propri amici, i propri fratelli; e amare sempre di più vuol dire correre sempre più velocemente e leggeri verso l’Oggetto del nostro amore. Il resto, tutto il resto, è vento e polvere
da mezzo eretico qual sono, non credo molto a: ‘ prendete la vostra croce e seguitemi’; a: ‘la vita come veloce passaggio in una valle di lacrime’; a: la sofferenza come espiazione o miglior condizione per avvicinarsi a Dio etc. Questo modo di vedere la religione porta a non amare la vita, grandissimo dono di Dio, per quello che è: luce, profumi, suoni, bellezza, gioia, amore.
Dopo anni di completa lontananza, un uomo dà appuntamento alla sua famiglia su una lunga spiaggia. È scalzo e la spiaggia non è quella di un resort, quindi piena di sassi, legni, alghe, tutto ciò che si può trovare in una spiaggia invernale. Intravede da lontano delle persone che si stanno avvicinando ma ancora non riesce a distinguerle; via via che si avvicina crede di poter riconoscere la moglie con i figli ed allora comincia piano piano a correre. Certo i sassi fanno male a piedi nudi ma comincia a correre di più perché ne intravede le facce e i sorrisi. Allora comincia a correre all’impazzata e non si accorge nemmeno che i piedi cominciano a sanguinare per le schegge di legno, i sassi appuntiti, i frammenti di vecchie bottiglie. Inciampa su un tronco, cade, si fa male, ma si rialza immediatamente e finalmente raggiunge e abbraccia l’oggetto del suo amore infinito; nulla più conta. Tutto il suo mondo è in quel metro quadro di spiaggia. Il dolore, se c’è mai stato, è ora dimenticato. La gioia, il desiderio dell’abbraccio finale, il calore della pelle sulla pelle, è una calamita che tutto travolge.
Con Dio è la stessa cosa.
Certo la sofferenza c’è, ma è la conseguenza dell’amore. Amare vuol dire spesso anche soffrire per l’ oggetto amato. Più si ama e spesso più si soffre. Un grande dolore è la riprova di un grandissimo amore. Ma deve essere la sofferenza del travaglio di un parto, che si dimentica al primo vagito; deve essere la sofferenza del percorso accidentato, prima della magnificenza delle vette.
Chiedere a Dio di amare sempre di più, di allargare il proprio cuore a tutto il mondo, vuol anche dire predisporsi a sentire dentro di sé i dolori delle sue ingiustizie e delle sue sofferenze. Ma amare è la nostra unica natura, il nostro scopo, il nostro programma, il Suo progetto; e amare sempre di più vuol dire realizzarsi sempre di più; e amare sempre di più vuol dire vedere in tutti gli altri i propri figli, i propri amici, i propri fratelli; e amare sempre di più vuol dire correre sempre più velocemente e leggeri verso l’Oggetto del nostro amore. Il resto, tutto il resto, è vento e polvere
Un abbraccio
Maurizio Ammannato