La Passione e la Sindone

Racconti della Passione e confronto con la Sindone

Degradazione del sangue


Torino, 23 settembre 2017 - È un mistero che perdura da secoli quello della Sindone, il lenzuolo di lino tessuto a spina di pesce che contiene la doppia immagine accostata per il capo del cadavere di un uomo. Secondo la tradizione cristiana, la Sindone altro non sarebbe che il telo, citato nei Vangeli, che servì per avvolgere il cadavere di Gesù Cristo nel sepolcro. Numerosi sono i riscontri scientifici a suffragio di questa interpretazione che tuttavia non può ancora dirsi definitivamente provata. 

Le esposizioni pubbliche della Sindone sono chiamate ostensioni (dal latino ostendere, ‘mostrare’). Le ultime si sono avute nel 1978, 1998, 2000, 2010, 2013 (questa soltanto televisiva) e, più di recente, dal 19 aprile al 24 giugno 2015. Dopo la recente scoperta di una sostanza spia della degradazione di sangue e fibre muscolari nel lino della Sindone, l’identificazione di un altro composto, anche questo legata alla degradazione del sangue, avvalora l’ipotesi che nella tela conservata a Torino dal 1578 sia stato avvolto un uomo torturato. Il risultato, pubblicato sulla rivista ‘Applied Spectroscopy’, è nato dalla collaborazione tra Giulio Fanti, del dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova, e Jean-Pierre Laude, dell’azienda francese Horiba Jobin-Yvon, specializzata in tecniche di analisi.


L'intervista - di LORENZO GUADAGNUCCI
L'uomo che fu avvolto nel lenzuolo di lino noto come Sacra Sindone fu sottoposto a tortura: è la conclusione raggiunta da due nuovi studi scientifici, che aggiungono dunque elementi all’ipotesi che quell’uomo fosse davvero Gesù Cristo, come la tradizione cattolica tramanda. Il professor Giulio Fanti, docente di Misure meccaniche e termiche al Dipartimento di ingegneria industriale dell’Università di Padova, e autore dello studio che fa risalire la Sindone al I secolo dopo Cristo, ha promosso e reso pubbliche le nuove analisi.

Professore, qual è la novità?
«Le novità sono due, frutto di due analisi diverse condotte su campioni prelevati nel 1978 da Raymond Rogers, che mise dei nastri adesivi a contatto con la Sacra Sindone e poi sigillò tutto su dei vetrini. Io recentemente ne ho avuti a disposizione due: uno corrisponde a una ferita del polso, l’altro riguarda l’immagine dei piedi insanguinati. Quest’ultimo è quello che ha dato i frutti più interessanti, con fibre contenenti materiali che ho fatto studiare al Cnr di Trieste e in Francia. I risultati sono convergenti: l’uomo avvolto nel telo fu sottoposto a violentissime torture».

Come è stato possibile accertarlo?
«Al Cnr di Trieste, grazie a un TEM, un nanoscopio che riesce a individuare dettagli del milionesimo di millimetro, sono state rilevate notevoli quantità di creatinina con ferritina, secrezioni tipiche di chi è sottoposto a violenze estreme che mettono in difficoltà i reni. Violenze cioè che non sono semplici percosse. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati dalla rivista Plos One».

E in Francia che cosa hanno accertato?
«Lì il dottor Jean-Pierre Laude ha analizzato spettri rilevati all’Università di Padova. Una fibra, presa anche questa nella zona del piede, è ricoperta di un materiale che è risultato essere biliverdina, la sostanza che determina le macchie verdastre che si formano attorno a zone del corpo colpite con molta violenza. Anche questa analisi, pubblicata sulla rivista Applied Spectroscopy, conferma che l’uomo avvolto nel telo fu altamente torturato».

Queste ricerche dicono qualcosa in merito alla datazione?
«No, queste analisi avevano altre finalità. Sulla datazione sappiamo che l’analisi al carbonio 14 del 1988, secondo la quale il lenzuolo sarebbe di epoca medievale, non è attendibile; lo dimostra un importante lavoro statistico recentemente pubblicato dal professor Marco Riani. Qui all’Università di Padova le nostre ricerche sulle datazioni alternative, con analisi di tipo meccanico e di tipo chimico, hanno confermato che la Sindone è databile all’epoca in cui Gesù Cristo visse in Palestina. E abbiamo anche ulteriori prove».

Ad esempio?
«In un importante convegno sulla Sindone negli Stati Uniti ho presentato una datazione numismatica basata su monete bizantine coniate a partire dal 692 dopo Cristo. La coincidenza fra il volto di Cristo raffigurato sulle monete e il volto della Sindone è strabiliante: un’analisi statistica dei dettagli di una moneta dice che ci sono 7 probabilità su un miliardo di miliardi che il volto coniato sia stato ottenuto senza aver visto la Sindone. Quel volto sindonico all’epoca era conosciuto ed era considerato un modello iconografico».

Tutto questo basta per dire che il telo avvolse il corpo di Gesù Cristo?
«No, non basta. Quello che possiamo dire, da un punto di vista scientifico, è che il telo ha avvolto un uomo che fu duramente flagellato, inchiodato a una croce, coronato di spine e in condizione di rigidità cadaverica. I nuovi elementi si sommano a molti altri e indicano una notevole coerenza fra gli indizi raccolti e quello che dice la religione cattolica».

Dove può arrivare la scienza per dimostrare l’autenticità della Sindone?
«C’è ancora chi nega la datazione e c’è anche chi sostiene che la figura umana è stata dipinta, ma io sfido chiunque a confrontarsi sui dati scientificamente accertati. La scienza si ferma di fronte al fatto che l’immagine corporea non è spiegabile né riproducibile. Non sappiamo come si sia potuta formare. Un’ipotesi scientifica è quella che fa riferimento a un’esplosione di energia estremamente breve ed intensa proveniente dall’interno del cadavere, che potremmo anche pensare fosse correlata alla Risurrezione».