Postfazione
Gesù ha voluto vivere una normale vita mortale sulla Terra. La morte è parte della vita. La morte è l’ultimo atto del dramma della vita.
Gesù è venuto per superare l’idea di Dio che aveva il popolo Ebreo: Mosè insegnò la dignità e la giustizia di un Dio Creatore, ma Gesù descrisse l’amore e la misericordia di un Padre Celeste.
Gesù illuminò per tutti la via della salvezza; la sua morte e resurrezione rese evidente la certezza della sopravvivenza dopo la morte. Rese per sempre la via della salvezza più chiara e certa.
Il cuore del messaggio di Gesù è che Dio è una Padre vero, amorevole e che ci ama in maniera incondizionata; non un monarca offeso, un sovrano severo ed onnipotente il cui principale piacere è di scoprire i suoi sudditi mentre commettono delle cattive azioni e nel verificare che siano adeguatamente puniti.
Le idee di redenzione, la vita come un pellegrinaggio in una valle di lacrime e di espiazione dei peccati, sono totalmente incompatibili con il concetto di Dio quale fu insegnato, e dimostrato attraverso lui stesso, da Gesù di Nazareth.
L’amore infinito e incondizionato di Dio è l’essenza della sua natura divina. Gesù insegnò che l’amore verso i propri simili è la porta d’ingresso per il Cielo. La salvezza è acquisita da coloro che credono nella fratellanza universale, che è l’essenza di Dio, e operano di conseguenza.
Quando si ama come Gesù, la nostra principale preoccupazione non dovrebbe essere quella egoista della salvezza personale, ma piuttosto il desiderio, la necessità altruista di amare, negli atti e nei pensieri, i propri simili; come Gesù ha amato e servito l’umanità nel suo passaggio terreno. Non dovremmo nemmeno tanto preoccuparci delle nostre debolezze, quanto della distanza che ancora ci divide da Dio.
È poco realistica l’idea della venuta di Gesù come riscatto dell’umanità. La salvezza dipende solo da noi e risiede nel riconoscere la paternità di Dio, padre buono, e nella naturale fratellanza tra tutti gli uomini e le donne del mondo: “i nostri debiti saranno rimessi nella misura in cui noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Gesù descrisse il rapporto tra Dio e l’uomo come simile alla sollecitudine di un padre amorevole per il benessere dei suoi figli, e fece poi di questo insegnamento la pietra angolare della Buona Novella. Gesù introdusse lo spirito d’azione positiva nelle dottrine passive delle religioni.
Al posto della sottomissione alle esigenze cerimoniali, Gesù prescrisse di fare positivamente ciò che la sua nuova Novella richiedeva a coloro che l’accettavano. La religione di Gesù non era una religione ma una “Eu-anghélion” una “Buona Notizia” consistente semplicemente nell’amare Dio incondizionatamente come lui ci ama.
Non insegnava che l’essenza della sua Buona Notizia consisteva nel servizio sociale, ma piuttosto che il servizio sociale era uno degli effetti certi del possesso dello spirito del vero Vangelo. Gesù non esitò ad appropriarsi della parte migliore di una Scrittura scartando la parte meno importante.
La sua grande esortazione: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, la prese dalla Scrittura che dice: “Non ti vendicherai contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso.”
Gesù sottolineò sempre che il vero bene è invariabilmente più potente del male più cattivo. Insegnò un modello positivo di rettitudine: “Chiunque desidera essere mio discepolo non si curi di sé stesso ma assuma la piena misura delle sue responsabilità quotidiane per seguirmi.”
E ne diede l’esempio egli stesso “andando in giro facendo del bene”. Concludo questo breve commento finale con un bellissimo passo prelevato da Joshua ben Joseph; “Mentre Gesù passava”:
“Gesù spargeva conforto ovunque andasse. Egli era pieno di grazia e di verità. I suoi discepoli non cessarono mai di meravigliarsi delle parole amorevoli che uscivano dalla sua bocca. Si può coltivare l’amabilità, ma la benevolenza è l’aroma dell’amicizia che emana da un’anima satura d’amore. La bontà induce sempre al rispetto, ma quando è priva di grazia essa respinge spesso l’affetto. La bontà è universalmente attrattiva solo quando è benevola. La bontà è efficace solo quando è attrattiva.
Gesù comprendeva realmente gli uomini; per questo egli poteva manifestare una vera simpatia e mostrare una sincera compassione. Ma raramente indulgeva alla pietà. Mentre la sua compassione era illimitata, la sua simpatia era pratica, personale e costruttiva. La sua familiarità con la sofferenza non generò mai indifferenza, e sapeva portare il suo conforto alle anime angosciate senza accrescere la loro autocommiserazione.
Gesù poteva aiutare così tanto gli uomini perché li amava sinceramente. Egli amava veramente ogni uomo, ogni donna e ogni bambino. Egli poteva essere un tale vero amico a causa della sua notevole percezione; conosceva pienamente quello che c’era nel cuore e nella mente dell’uomo. Egli era un osservatore interessato ed acuto. Era un esperto nella comprensione dei bisogni umani, abile nello scoprire i desideri umani.
Gesù non era mai impaziente. Egli aveva tempo per confortare i suoi simili “mentre passava”. E faceva sempre sentire i suoi amici a proprio agio. Era un ascoltatore affascinante. Egli non s’impegnò mai in un’indagine indiscreta dell’anima dei suoi ascoltatori.
Quando confortava delle menti affamate e curava delle anime assetate, i beneficiari della sua misericordia non avevano tanto l’impressione di confessarsi a lui quanto di conferire con lui. Essi avevano una fiducia illimitata in lui perché vedevano che egli aveva così tanta fede in loro.
Egli non sembrò mai essere curioso verso la gente e non manifestò mai il desiderio di comandarli, di dirigerli o di approfittare di loro. Egli ispirava una profonda fiducia in sé stessi ed un fermo coraggio in tutti coloro che godevano della sua amicizia. Quando sorrideva ad un uomo, quel mortale sperimentava un’accresciuta capacità di risolvere i suoi molteplici problemi.
Gesù amava così tanto e così saggiamente gli uomini che non esitava mai ad essere severo con loro quando la situazione esigeva tale disciplina. Frequentemente egli portava aiuto ad una persona chiedendogli aiuto. In questo modo egli suscitava interesse e faceva appello alle cose migliori della natura umana.
Egli era sempre pronto e disposto ad interrompere un discorso o a fare attendere una moltitudine mentre provvedeva ai bisogni di una singola persona, anche di un bambino. Accaddero grandi cose non solo perché le persone avevano fede in Gesù, ma anche perché Gesù aveva così tanta fede in loro.
La maggior parte delle cose realmente importanti che Gesù disse o fece sembrarono accadere per caso, “mentre egli passava”. Ci fu così poco di professionale, di prestabilito o di premeditato nel ministero terrestre del Maestro.
Egli dispensò salute e sparse felicità con naturalezza e grazia mentre viaggiava attraverso la vita. Era letteralmente vero che “egli andava in giro facendo del bene”.
Fare del bene non è un obbligo, né un comandamento, né il biglietto d’ingresso al Paradiso; fare del bene è l’atteggiamento naturale, un desiderio impellente da soddisfare, di coloro che hanno Gesù nel cuore così come Gesù aveva Dio nel cuore.
Sarebbe bello che anche noi potessimo facilmente “vedere” chi cammina sull’altro marciapiede; ci fosse naturale non voltare lo sguardo a chi ci tende la mano; donassimo con gioia un sorriso gratuito, prendessimo cura dello sconosciuto, mentre “passiamo”; sarebbe bello che riuscissimo a fare del bene mentre ci occupano dei nostri doveri quotidiani.
Cosa chiede infine Dio a ognuno di noi? Essere dei santi? Imboccare la via del sacrificio? Abbandonare tutte le cose materiali a cui siamo abituati? A onorare, santificare, pregare, genufletterci, e cos’altro?
No. Ma che, come Maria Maddalena, allontanandosi piangente dal suo sepolcro vuoto, chiamata dolcemente per nome da Gesù, ci voltiamo anche noi e vedendolo negli occhi rispondiamo: “Mio Signore, mio Dio”.
Maurizio