Le fonti cristiane extra-bibliche
Per avere una documentazione storica completa è indispensabile attingere anche all’immensa mole di scritti cristiani dei primissimi secoli. Ci troviamo di fronte a decine di autori credenti che hanno testimoniato l’attendibilità dell’evento cristiano. Le loro opere sono documenti di prim’ordine anche per le frequenti citazioni di passi neotestamentari, che risultano così confermati ulteriormente. Esaminiamo brevemente alcuni degli autori più importanti per la critica storica neotestamentaria.
Papia, vescovo di Gerapoli, discepolo diretto di Giovanni, scrive intorno al 120. Definisce l’evangelista Marco come “traduttore” di Pietro relativamente alle opere divine di Cristo. Afferma inoltre che Matteo raccolse “in lingua ebraica” i fatti su Cristo e li tradusse poi in lingua greca, come ne era capace.
Ireneo, vescovo di Lione, scrive nel 180 circa: “Matteo pubblicò presso gli ebrei, nella loro lingua, un testo del Vangelo, all’epoca in cui Pietro e Paolo evangelizzavano Roma e vi fondavano la Chiesa”. Conferma che Marco era discepolo e traduttore di Pietro.
Panteno, contemporaneo di Ireneo, dice di avere trovato in India il vangelo in ebraico (Eusebio di Cesarea, in Storie ecclesiastiche, V,9).
Clemente alessandrino, (150-215) afferma che Marco, durante la predicazione di Pietro a Roma, ha scritto gli “Atti del Signore”.
Origene, (185-253), ha redatto la prima edizione critica del Nuovo Testamento. Secondo lui, Matteo è il primo evangelista ed ha scritto in ebraico. Il secondo vangelo è quello di Marco, redatto su indicazioni di Pietro.
Eusebio di Cesarea, autore della prima storia della Chiesa, composta tra il 315 e il 320, afferma che Matteo scrisse il Vangelo nella lingua materna.
S. Epifanio e S. Girolamo, conoscitori dell’ebraico, attribuiscono a Matteo la redazione del Vangelo in ebraico.
Dunque quasi ventimila citazioni, delle quali circa settemila nei primi 190 anni dopo la resurrezione di Cristo. La loro concordanza costituisce un altro strumento di controllo della fedeltà dell’originale dei testi che possediamo.