Vangelo di Giovanni

Intorno al vangelo di Giovanni esiste un’antica tradizione, risalente almeno ad Ireneo vescovo di Lione, che ne colloca la composizione in un’epoca lontana dagli eventi, non prima del tempo di Domiziano. Robinson osserva però che non esistono prove interne di una datazione tardiva. Anzi, il racconto del processo a Gesù, rispetto ai sinottici, appare più vicino agli eventi e meglio informato, e i sogni di restaurazione del regno di Israele sembrano ancora vivi. L’autore inoltre conosce Gerusalemme e la sua atmosfera negli anni precedenti la guerra giudaica.

Anche Io. 4, 46-53, dove è narrata la guarigione del figlio del funzionario regio e la conseguente conversione di tutta la sua famiglia, non presuppone un’apertura ai gentili: il protagonista è un funzionario di Erode, non dell’imperatore, e gli e[qnh (i pagani) in Io. non sono mai nominati. Inoltre c’è una serie di detti che si mostrano correttamente inquadrati in un’epoca precedente la scomparsa del tempio: 7, 23 presuppone la perdurante osservanza del sabato; 14, 3 e 16, 16 predicono una parousia immediatamente collegata alla pasqua e ancora priva di coloriture apocalittiche; 6, 14 s. (Gesù profeta e re), 7, 40-42 (Gesù profeta e messia), 4, 19 e 9, 17 (Gesù profeta), 4, 25 (Gesù messia), 3, 2 (Gesù maestro inviato da Dio) sono altrettanti segni di una cristologia arcaica e non ancora trasformata (come in Mc. 6, 1-5. 14-16; 8, 28).

Inoltre Gesù non è discendente di Davide e non è originario di Betlemme (7, 42). Per sostenere una datazione tardiva si è data molta importanza, osserva Robinson, al tema, presente in Io., della cacciata dei seguaci di Gesù dalle sinagoghe e al linguaggio fortemente antigiudaico esibito dal quarto vangelo: ma non si è tenuto conto del fatto che la cacciata dalle sinagoghe è uno spunto che si incontra già negli scritti di Qumran, che sono sicuramente precedenti il 70, e che il linguaggio antigiudaico è già in Paolo.

Io. 2, 19 predice la distruzione del tempio e la sua ricostruzione in tre giorni: si riferisce quindi alla morte e resurrezione dell’anno 30, non alla scomparsa irrimediabile del tempio nel 70: si tratta dunque del detto originario di Gesù, non a caso collegato in Io. alla purificazione del tempio, e non alla passione.

Anche la predizione dell’intervento romano, formulata da Caiphas in Io. 11, 48 («Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i romani e distruggeranno il luogo e la nazione»), è stata considerata un argomento a favore di una datazione post-70; ma, osserva ancora Robinson, si tratta di una predizione non realizzata (i giudei non lasciarono continuare Gesù, ma i romani vennero ugualmente), e quindi non è definibile come una profezia post eventum. Due indizi che il tempio di Gerusalemme è ancora in piedi all’epoca della stesura del quarto vangelo sembrano essere Io. 2, 20 («In quarantasei anni fu costruito questo santuario, e tu in tre giorni lo farai risorgere?») e 5, 2 («A Gerusalemme, presso la porta delle pecore, c’è una piscina, chiamata in ebraico Betesda, con cinque portici»).

La costruzione del nuovo tempio, iniziata da Erode il Grande, al momento in cui si situa il dibattito riferito dall’evangelista, durava precisamente da 46 anni, e, come sappiamo da Giuseppe Flavio, sarebbe durata ancora molti anni, fin quasi alla vigilia della sua distruzione: perciò è probabile che l’autore, indicando tale cifra, non ne conoscesse il destino. E la piscina di Betesda, insieme al portico che la circondava, fu distrutta al momento della conquista romana della città, per cui l’autore difficilmente avrebbe usato il presente («c’è») nel farvi riferimento.

Robinson nota che nel cap. 21 si allude alla crocifissione di Pietro, quindi la redazione risale ad un momento successivo all’anno 65; ma nel corpo del quarto vangelo (ved. in particolare 18, 28-19, 16) i rapporti con Roma sono raffigurati come ancora buoni, per cui la stesura sembra da collocarsi piuttosto in un’epoca precedente la persecuzione neroniana: il prologo (1, 1-5, di cui si riconosce una bozza in 1 Io. 1, 1-3) e il cap. 21 dovrebbero essere aggiunte posteriori, mentre il vangelo originario, come i sinottici, probabilmente iniziava col Battista (1, 6). 

Il ritrovamento della letteratura di Qumran, conclude Robinson, ha dimostrato che alcune delle caratteristiche peculiari di Io. rispetto ai sinottici non sono né ellenistiche, né tardive, e il ritrovamento della biblioteca gnostica di Nag-Hammadi ha dimostrato che Io. si differenzia profondamente dallo gnosticismo del secondo secolo.