Epistola ai Romani

Edmundson si serve dell’epistola ai Romani per acquisire dati utili alla conoscenza della comunità di Roma, ritenendo di poter individuare tre gruppi: giudeo-cristiani, gentili, giudei indifferenti (la maggioranza). Il primo gruppo a sua volta si divideva tra seguaci della dottrina predicata da Paolo e seguaci dell’osservanza giudaica. 

A questa situazione è dovuta la forma apologetica di Rom. 2, 17-11, 36, nella quale l’apostolo si rivolge appunto ai giudei. Il cap. 16 della lettera, contenente i saluti a ventisei persone diverse, è considerato da Edmundson un espediente diplomatico messo in atto da Paolo per esibire le proprie credenziali e le relazioni personali esistenti tra lui e la comunità da cui desiderava essere accolto.

L’individuazione dei più antichi luoghi di riunione dei cristiani di Roma, cioè la casa di Prisca e quella di Pudente, è compiuta da Edmundson mediante l’identificazione, sulla scorta di epigrafi e testimonianze letterarie, con le catacombe di santa Priscilla e la chiesa di santa Pudenziana. La rassegna dei personaggi nominati da Paolo nei saluti finali permette di riconoscere tra i cristiani di Roma una percentuale di schiavi e liberti ellenofoni, accanto ai quali erano alcuni suggenei' (‘della stessa stirpe’) di Paolo, cioè giudeo-cristiani. Andronico e Giunia, ricordati da Paolo come convertiti della prima ora, erano probabilmente esponenti della ‘sinagoga dei liberti’ evangelizzata da Stefano (Act. 6, 9).