Il problema centrale

Si riporta ora l'attenzione, da un’angolazione diversa rispetto a quella scelta da Robinson, sul nucleo iniziale del discorso escatologico, tenendo conto delle acquisizioni più recenti della critica. Questo approccio potrà fornire un esempio della stratificazione dei materiali utilizzati, confermando sia l’antichità delle tradizioni a disposizione degli evangelisti, sia la natura composita dei testi giunti fino a noi.

La profezia sul tempio contenuta in Mc. 13, 1 s. («Non resterà qui [w|de] pietra su pietra») sembra presupporre la distruzione del tempio, perché reca traccia di un adattamento al fine di farla corrispondere ad eventi già accaduti: w|de (‘qui’) sembra alludere precisamente alla parte edificata del tempio, e non alla sua spianata, che in effetti nel 70 non fu distrutta. Altre varianti della stessa profezia, invece, risultano composte di due parti, che predicono la distruzione del tempio e la sua ricostruzione: ved. Mc. 14, 58 («L’abbiamo sentito noi mentre diceva: “ Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne ricostruirò un altro, non fatto da mani d’uomo ”»); Io. 2, 19 («Distruggete questo santuario e in tre giorni lo farò risorgere»).

La ripresa a Mc. 13, 29 («quando vedrete accadere queste cose, sappiate che è vicino, alle porte») di quanto detto, utilizzando una fonte più antica, a 13, 14 («Quando vedrete l’abominazione della desolazione, ecc.») indica che l’evangelista aspetta la fine del mondo entro l’arco della sua vita, mentre la distruzione del tempio è già avvenuta. In Mc. 13, dunque, il redattore incorpora una tradizione anteriore di 30 anni, ma non l’avrebbe utilizzata se non fosse apparsa plausibile nelle circostanze che egli stava vivendo. È possibile che egli abbia fatto delle aggiunte qua e là, come a 13, 9-13 (esperienze della sua comunità con l’ausilio di loghia tradizionali) e a 13, 21-24 (attese della comunità per il futuro). Ciò che era stato detto trent’anni prima in occasione della crisi di Caligola, sembrava realizzarsi con la distruzione romana del tempio e l’abolizione del culto. Il riferimento a falsi messia e falsi profeti può anche riferirsi alla propaganda vespasianea, basata su profezie e miracoli.

Un’eco della distruzione di Gerusalemme si può riconoscere anche in Mt. 22, 1-14 (ved. il v. 7): solo l’interpretazione cristiana della distruzione di Gerusalemme come punizione per il rifiuto del messaggio di Gesù poteva rendere verosimile l’immagine, usata nella parabola, di una guerra usata come punizione alla mancata accettazione di un invito a pranzo. Gli adattamenti di Matteo alla parabola si rilevano, oltre che dalle tracce di distanza dalla guerra giudaica, anche dagli interventi miranti a trasferire alla polemica su giudei e gentili o contro farisei e peccatori quello che doveva essere in origine un testo sul problema di poveri e ricchi.

Anche il trattamento dell’apocalisse sinottica di Mc. 13 da parte di Matteo rivela una maggiore distanza dagli eventi del 70: quello che più rappresenta un pericolo per la comunità è il collasso interno, cioè l’odio scambievole e il raffreddamento dell’amore. La fonte "Q" aspetta la venuta del Figlio dell’uomo in un mondo che è in pace; Marco aspetta una parousia che salverà la comunità da un mondo in guerra; il vangelo di Matteo abbina queste due immagini del futuro aggiungendo i detti apocalittici di "Q" al discorso di Mc. sul tempo della fine; Luca riprende l’apocalisse sinottica storicizzando l’interpretazione della grande tribolazione a Lc. 21, 20-24 e rompendo così la sequenza temporale degli eventi. L’introduzione (Lc. 21, 8-11) diventa un riferimento rivolto ad un tempo futuro, mentre le persecuzioni descritte a Lc. 21, 12-19, avvenute prima della guerra giudaica, nella prospettiva lucana appartengono al passato. Perciò alla fine di questa sezione non troviamo la promessa che “colui che resisterà fino alla fine sarà salvato” (Mc. 13, 13), poiché le persecuzioni sono state seguite non dalla “fine”, ma dalla distruzione di Gerusalemme come evento storico. Se questa interpretazione è giusta, i mutamenti redazionali a Lc. 21, 8 s. 10 s. e a Lc. 21, 20-24 devono essere stati fatti alla luce della guerra giudaica.

Lc. 21, 9 profetizza non solo guerre, ma anche ajpokatastasivai, che significa qualcosa come ‘insurrezioni’ o ‘anarchia’: sta parlando dunque di qualcosa che è vicino alla sua comunità più della guerra giudaica. Si rilevano quindi in Marco e in Luca due diverse interpretazioni della guerra giudaica:


nell’interpretazione di Marco
13, 5-8: guerra giudaica come “ inizio delle doglie ”
13, 9-13: tempo di persecuzione durante e dopo la guerra giudaica come tempo presente
13, 14-23: dissacrazione del tempio come temuto evento futuro
13, 24-27: parousia del Figlio dell’uomo


nell’interpretazione di Luca
21, 8-9: messa in guardia contro un’interpretazione escatologica delle guerre
21, 10-11: preannuncio della guerra giudaica
21, 12-19: tempo di persecuzione prima che la guerra giudaica passi
21, 20-24: distruzione di Gerusalemme come fatto; i “ tempi dei pagani ” come tempo presente
21, 25-28: parousia del Figlio dell’uomo


Luca prima mette in guardia contro un’interpretazione escatologica delle guerre, poi associa queste guerre a circostanze che invece sembrano invitare proprio ad una interpretazione escatologica: ma “la fine non verrà subito”. Quelle circostanze sembrano essere da lui collegate alla guerra giudaica. A 21, 20-24 c’è una raffigurazione possibile dell’assedio e della caduta di Gerusalemme (sia pure con espressioni veterotestamentarie): la maggior parte delle differenziazioni da Mc. si spiegano come adattamenti ad eventi reali. Luca mostra di sapere che, a suo tempo, la guerra giudaica aveva suscitato attese escatologiche nelle comunità protocristiane, e di volerle respingere. Anch’egli aspetta la fine da un momento all’altro, ma non più alla fine della guerra: la guerra è finita, è arrivato il “tempo dei pagani”. Tuttavia non è trascorso molto tempo: Luca include se stesso nella terza generazione dopo Gesù (ved. Lc. 1, 1-3), ma ha conosciuto la Gerusalemme precedente il 70 ed ha incontrato alcuni testimoni oculari dei fatti da lui narrati.