Conclusione sui Sinottici
Sulla base di queste osservazioni Robinson ritiene di poter dichiarare che in nessun luogo dei vangeli sinottici si trova un indizio certo di composizione posteriore all’anno 70. Egli pensa che sia esistita una ‘tradizione comune’ alla base di tutti e tre i vangeli, e che questa si sia conservata nella sua forma più antica ora in Marco, ora in Matteo, ora in Luca.
I sinottici non sono dunque tre documenti in sequenza cronologica, ma sviluppi paralleli di materiale comune destinato ad ambienti diversi della missione cristiana: la comunità romana fondata da Pietro nel caso di Mc., i giudeo-cristiani e i pagani convertiti di Antiochia nel caso di Mt., i sudditi pagani nell’area mediterranea dell’impero nel caso di Lc.
I sinottici non sono dunque tre documenti in sequenza cronologica, ma sviluppi paralleli di materiale comune destinato ad ambienti diversi della missione cristiana: la comunità romana fondata da Pietro nel caso di Mc., i giudeo-cristiani e i pagani convertiti di Antiochia nel caso di Mt., i sudditi pagani nell’area mediterranea dell’impero nel caso di Lc.
Nella tradizione comune dovevano coesistere storie di fatti e raccolte di detti, destinate al kerygma (la proclamazione) e alla didachè (l’istruzione). A questo ‘vangelo primitivo’ (un ‘proto-Matteo’?) sembra alludere, secondo Robinson, 1 Cor. 15, 1-4 (memoria dell’istituzione della eucarestia): un vangelo nato per servire ai missionari e ai predicatori, probabilmente nella seconda metà degli anni 40, gli anni pieni di fervore descritti nei capp. 13 e 14 del libro degli Atti.