Cielo e Inferno

Emanuel Swedenborg

W E B   L I B R O

(43) LA GIOIA E LA FELICITÀ CELESTI


(395) Rarissimi sono coloro che al giorno d’oggi sanno che cos’è il Cielo e in che cosa consistono le gioie celesti. Coloro che vi hanno riflettuto, se ne sono fatti un’idea così comune e grossolana che non si avvicina affatto alla realtà. Essi hanno riflettuto in base alle gioie esterne dell’uomo naturale; siccome l’uomo interiore è loro ignoto, non potevano farsi un’idea dei suoi piaceri e delle sue beatitudini. Se la gioia celeste fosse stata loro spiegata da coloro che la vivono, la spiegazione non sarebbe stata capita, perché sarebbe risultata estranea e ignota. Ognuno tuttavia può sapere che l’uomo, quando lascia il suo uomo esterno o naturale, si trova nel suo uomo interno o spirituale, il che fa capire che il piacere celeste è un piacere interno o spirituale, e non esterno e naturale. In quanto tale, è più puro e squisito e viene avvertito dall’anima e dallo spirito. Ciò che è nello spirito dell’uomo, permane anche dopo la morte, perché allora l’uomo vive come uomo-spirito.

(396) Tutti i piaceri derivano dall’amore e da nessun’altra cosa; ne risulta quindi che come è l’amore, così è il piacere. I piaceri del corpo o della carne derivano tutti dall’amore di sé e del mondo; da questi derivano le concupiscenze e le voluttà. Invece i piaceri dell’animo o dello spirito derivano tutti dall’amore per il Signore e per il prossimo; da questo amore deriva l’attrazione per il bene e per il vero che produce felicità interiore.

(397) Il Cielo in se stesso è colmo di piaceri, al punto che consiste soltanto di beatitudini e piacere. E’ così perché il divino amore vuole la salute e la felicità di tutti. Di conseguenza dire Cielo e dire gioia celeste, è la stessa cosa.

(398) I piaceri del Cielo sono ineffabili e innumerevoli. L’uomo che vive nei piaceri del corpo o della carne non può conoscere uno solo di questi innumerevoli piaceri né crederci, perché la sua anima non guarda il Cielo ma il mondo. Questa persona gioisce soltanto nell’onore, nel lucro e nelle voluttà del corpo e dei sensi. Questi ultimi spengono e soffocano i piaceri interiori che appartengono al Cielo e persino la credenza nella loro realtà. Una simile persona sarebbe molto stupita di sapere che esistono piaceri diversi da quelli terreni, ed è per questo che la gioia celeste non è conosciuta.

(399) Il maggior piacere del Cielo consiste nel fatto che tutti vogliono comunicare le proprie beatitudini agli altri. Nel Cielo infatti c’è comunicazione di tutti con ciascuno e di ciascuno con tutti, voluta dal Signore per comunicare il reciproco amore. L’amore di se e del mondo è invece ben lontano da questo atteggiamento, essendo un amore distruttivo e opposto agli amori celesti. Se uno spirito che è sempre vissuto nell’amore di sé e del mondo si avvicina alle società celesti, la gioia e il piacere di questa società diminuiscono - mentre lo spirito ne gode.

(400) E’ bene sapere tuttavia che di rado tali spiriti osano avvicinarsi alle società celesti, e ora dirò qualcosa a questo proposito. Gli spiriti che arrivano nell’altra vita desiderano ardentemente entrare in Cielo. Quasi tutti credono che per vivere in Cielo sia sufficiente esservi introdotti e ricevuti. Avendo questo desiderio, essi vengono indirizzati verso qualche società dell’ultimo Cielo. Ma quando vi giungono, coloro che sono pieni d’amore per sé e per il mondo cominciano a provare angoscia, ad essere tormentati interiormente e sentono in se l’inferno piuttosto che il Cielo. Così finiscono per precipitarsi in basso e non hanno pace finché non sono coi loro simili, all’inferno. Spesso è capitato che tali spiriti abbiano desiderato di conoscere la gioia celeste. Dopo aver sentito dire che essa risiede nell’interiorità degli angeli, hanno chiesto che questa gioia fosse loro comunicata, il che è avvenuto perché ciò che desidera uno spirito che non è ancora entrato in Cielo, gli viene accordato, se ciò può essere utile. Una volta ottenuta questa comunicazione, essi però cominciano a tormentarsi e ad essere tormentati da dolori tali da costringerli a rotolarsi per terra come serpenti. Il piacere celeste produce questo effetto in coloro che sono nei piaceri di sé e del mondo, perché questi amori sono assolutamente opposti a quelli del Cielo, e quando gli opposti si incontrano, ne derivano queste sofferenze. Questo spiega anche la separazione del Cielo e dell’inferno. In effetti coloro che sono all’inferno, in vita hanno nutrito esclusivamente l’amore per sé e il mondo, mentre coloro che sono in Cielo hanno nutrito in vita l’amore per il Signore e per il prossimo. Essendo questi amori opposti, l’inferno e i Cieli sono stati interamente separati, al punto che lo spirito di chi è all’inferno non osa uscirne neppure con un dito, in quanto se lo fa prova dei tormenti e delle torture: cosa di cui sono stato più volte spettatore.

(401) Chi nella vita terrena vive nell’amore di sé e del mondo, prova dei piaceri derivanti da questi amori e tutte le voluttà che ne provengono. Al contrario, chi nella vita terrena vive nell’amore di Dio e del prossimo, non sente in maniera manifesta il piacere proveniente da questi amori e i buoni effetti che ne derivano. Sente soltanto una beatitudine quasi impercettibile, in quanto essa è nascosta nella sua interiorità e resta come velata dal corpo esteriore e dalle preoccupazioni del mondo. Dopo la morte questo stato viene completamente cambiato, i piaceri di sé e del mondo divengono dolori e tormenti, chiamati fuoco infernale, e a volte sporcizie e orrori che corrispondono alle loro voluttà impure, e che sorprendentemente sono loro gradite. Al contrario il piacere oscuro e la beatitudine quasi impercettibile di cui avevano goduto nel mondo coloro che vivevano nell’amore verso Dio e il prossimo sono allora trasformati in un piacere celeste che diviene percettibile e sensibile in tutte le maniere. Questa beatitudine che nel mondo era nascosta a causa delle sensazioni esterne, si rivela quando l’uomo vive nello spirito.

(402) Tutti i piaceri del Cielo sono congiunti alle utilizzazioni e in queste consistono, perché sono esse i beni dell’amore e della carità in cui si trovano gli angeli. Un paragone coi cinque sensi del corpo umano mostrerà che i piaceri del Cielo sono quelli degli usi. A ogni senso è stato dato un piacere a seconda dell’uso. Il piacere della vista consiste nella bellezza e nelle forme, quello dell’udito nella armonia, quello dell’odorato negli odori, quello del gusto nei sapori. Il piacere coniugale, che è il piacere più puro e squisito del tatto, è superiore a tutti gli altri a causa appunto dell’uso, che è la procreazione del genere umano e di conseguenza degli angeli del Cielo. Tali piaceri sono insiti negli organi dei sensi per influsso del Cielo, dove ogni piacere consiste nell’uso ed è proporzionato all’uso.

(403) Qualche spirito, a causa di un’opinione concepita nel mondo, aveva creduto che la felicità celeste consistesse in una vita oziosa, dove si fosse servito degli altri. Fu loro detto che la felicità non consiste mai nel vivere nel riposo e che se così fosse ciascuno vorrebbe avere per sé la felicità degli altri e nessuno ne gioirebbe. Una vita simile non sarebbe attiva, ma oziosa, e senza attività non c’è felicità nella vita. L’arresto della vita attiva è giustificato solo dal vantaggio di dare nuove forze per poi riprendere con più vigore l’attività della vita. Mi fu poi mostrato che la vita angelica consiste nel praticare il bene della carità. Per spiegare a coloro che avevano creduto che la gioia celeste consistesse nel vivere oziosi gustando una gioia eterna nel riposo, fu loro concesso di rendersi conto qual era una tal vita. Essi compresero che ben presto ne sarebbero stati disgustati, perché sarebbe stata una vita senza gioie e molto triste.

(404) Certi spiriti che si credevano più istruiti degli a ltri, dicevano che avevano creduto, quando vivevano nel mondo, che la gioia celeste e la vita attiva in Cielo consistessero soltanto nel lodare e celebrare Dio. Fu loro risposto che non è così, Dio non ha bisogno né di lodi né di celebrazioni, ma vuole che si sia operosi nel bene della carità. Questi spiriti però non riuscivano a capire che la gioia celeste risiede nel bene della carità, in quanto loro non vi trovano che l’idea di servizio. Tuttavia gli angeli spiegarono loro che l’esercizio della carità è accompagnato dalla più grande libertà, perché questa libertà proviene dall’amore interiore ed è congiunta ad una ineffabile felicità.

(405) Quasi tutti quelli che arrivano nell’altra vita si immaginano che l’inferno sia uguale per tutti e che il Cielo sia anch’esso uguale per tutti. Esistono invece varietà e diversità infinite nell’uno e nell’altro, in nessun caso il Cielo e l’inferno di uno sono uguali al Cielo e all’inferno di un altro. Ugualmente mai un uomo, uno spirito o un angelo è simile a un altro, neppure nel volto. Anche le attività del Cielo sono parimenti varie e diversificate. L’utilizzazione dell’una non è mai uguale a quella dell’altra, e lo stesso vale per i piaceri, che sono anch’essi quanto mai diversi. Tuttavia sono uniti in un ordine tale che si completano reciprocamente, così come si completano le varie funzioni del corpo, le vene, le fibre, gli organi e le viscere. Tutti, in generale e in particolare, sono stati talmente consociati che ognuno vede il proprio bene nel bene dell’altro, quindi ognuno si riflette in tutti e tutti si riflettono in uno. Per questa ragione generale e particolare agiscono come se fossero una persona sola.

(406) Qualche volta mi sono intrattenuto sulle condizioni della vita eterna con spiriti di recente arrivati dall’altro mondo, spiegando loro l’importanza di conoscere chi è il Signore del regno e qual è la forma di governo. Quando, nel mondo, si viaggia da un paese all’altro, ci si preoccupa di informarsi del carattere del suo governo e delle sue particolarità. A maggior ragione si deve fare la stessa cosa, nel regno dove si deve vivere eternamente. Questi spiriti dovevano allora sapere che il Signore è colui che governa il Cielo e anche l’universo, perché chi governa l’uno governa anche l’altro. Essi dovevano allora sapere di trovarsi nel regno del Signore. Le leggi di questo regno sono le verità eterne, tutte fondate su questa legge: bisogna amare il Signore al di sopra di tutte le cose e il prossimo come se stessi. Anzi, se volevano essere come gli angeli, dovevano amare il prossimo più di se stessi. Essi non furono in grado di rispondere nulla perché in terra, sebbene queste cose fossero state loro insegnate, non le avevano credute. Essi si stupivano che in Cielo esistesse un tale amore e che si possa amare il prossimo più di se stessi. Fu loro spiegato che quando si lascia il corpo, l’amore si purifica, diviene angelico e consiste nell’amare il prossimo più di se stessi. In Cielo si gode nel fare del bene agli altri, mentre non se ne prova alcuno nel fare del bene a se stessi, e questo è amare il prossimo più che se stessi. Anche nel mondo un tale amore è possibile: certe persone, per esempio, hanno preferito morire che veder danneggiati i propri congiunti. L’amore materno induce una madre a patire la fame piuttosto che vedere i suoi figli mancare di cibo. L’amicizia fa sì che ci si esponga a dei pericoli per gli amici. Infine è la natura stessa dell’amore che fa sì che si provi gioia nell’adoperarsi per gli altri, non per profitto personale, ma a vantaggio della persona amata. Coloro che amano se stessi più degli altri non possono capire questo, e neppure coloro che nel mondo sono stati avidi di guadagno, in particolare gli avari.

(407) Uno spirito che nella sua vita terrena aveva esercitato il potere sugli altri, aveva conservato nell’altra vita l’abitudine e la volontà di comandare. Gli fu detto che ora si trovava nel regno eterno, dove non poteva più esercitare alcun potere e dove ognuno è stimato in base al bene e al vero secondo la vita che ha condotto nel mondo. In questo regno, come in quelli della terra, si è apprezzati in ragione delle ricchezze che si possiedono e del favore di cui si gode presso il principe; qui però le ricchezze sono il bene e il vero, e il favore del principe la misericordia del Signore. Questo spirito fu colto da confusione quando apprese che sarebbe stato considerato ribelle se avesse voluto comandare sugli altri, dato che si trovava nel regno di un altro sovrano.

(408) Ho parlato con spiriti che immaginano che il Cielo e la gioia celeste consistano nell’essere grandi. Fu loro detto che in Cielo il più grande è colui che è più piccolo, perché è chiamato più piccolo colui che non ha per se stesso alcun potere e alcuna saggezza, e non ne vuole avere, ma le riceve dal Signore. Costui gode della più grande felicità e di conseguenza è il più grande perché così, grazie al Signore, ha più potere e saggezza degli altri. Il Cielo consiste nel volere con tutto il cuore il bene degli altri più del proprio e desiderare di essere utile al prossimo per la sua felicità, senza alcuna idea di ricompensa, ma solo per amore.

(409) La gioia celeste, come è nella sua essenza, non può essere descritta, perché compenetra l’intimità degli angeli, la loro vita, ogni loro pensiero e affetto e di conseguenza il loro linguaggio e le loro azioni. Gli spiriti buoni che non sono ancora stati innalzati al Cielo e non godono ancora di questo piacere, quando lo percepiscono dalla sfera d’amore degli angeli sono pervasi da una tale gioia che cadono in un dolce svenimento. Coloro che desiderano sapere cos’è la gioia celeste, qualche volta l’hanno provata.

(410) Dato che certi spiriti desideravano sapere in che cosa consiste la gioia celeste, ne poterono avere una certa percezione, ma non furono in grado di sostenerla. La gioia che era stata loro concessa non era che una pallida parvenza della gioia angelica, tanto lieve che sembrava un po’ fredda, e tuttavia la dicevano celeste al massimo grado. Questo dimostra che nella gioia celeste ci sono dei gradi, ognuno riceve gioia per quanta ne può sopportare e non potrebbe ricevere un grado più elevato di gioia per ché ne proverebbe dolore.

(411) Certi spiriti non malvagi ebbero in sorte di cadere in un riposo simile al sonno e di essere trasportati mentalmente in Cielo. Qui furono istruiti sulla felicità che vi godono coloro che vi abitano. Rimasero in questo stato una mezz’ora e poi tornarono al loro stato abituale. Ricordando ciò che avevano visto, dicevano di essere stati tra gli angeli del Cielo e di avere visto e sentito delle cose meravigliose, tutte risplendenti d’oro, d’argento e pietre preziose, di forme ammirevoli e sorprendentemente varie. Dissero che gli angeli ricavavano il loro piacere non da queste cose esteriori, ma da ciò che esse rappresentavano, cioè cose divinamente ineffabili, non descrivibili col linguaggio umano. Dissero anche di aver visto innumerevoli cose di cui sulla terra non si ha alcuna idea, perché non contengono in sé alcunché di materiale.

(412) Quasi tutti quelli che giungono nell’altra vita sono nella più grande ignoranza sulla beatitudine e la felicità celesti, perché non sanno in che cosa consiste la gioia interiore e la sua autentica qualità. Se ne fanno un’idea solo sulla base delle gioie corporali e mondane. Di conseguenza considerano inesistente ciò che non conoscono. Per far sì che conoscano la gioia celeste, gli spiriti buoni sono dapprima condotti in soggiorni paradisiaci che superano ogni immaginazione. Essi credono allora di trovarsi nel paradiso celeste, però vengono a sapere che non sono ancora nella felicità veramente celeste. In seguito sono posti in uno stato di pace completa, e confessano che niente potrebbe esprimere questo stato né darne un’idea. Infine sono messi in uno stato di innocenza, e così possono sapere in che cosa consiste il bene spirituale e celeste.

(413) Mi è stato concesso dal Signore di ricercare sovente e a lungo la felicità delle gioie celesti, affinché potessi sapere in che cosa consistono il Cielo e la gioia celeste. Conosco dunque questa felicità per esperienza viva, ma pur conoscendola non posso descriverla. Mi limiterò a dirne qualcosa per darne un’idea. La gioia del Cielo è un insieme di piaceri e gioie innumerevoli, fatto di armonie ineffabili legate da un ordine che non sarei mai capace di descrivere. Tutto deriva da quest’ordine, che giunge fino alle cose più piccole e fa sì che ogni cosa contribuisca a creare un’unità generale. Le gioie e le delizie celesti partono dal cuore e si diffondono in ogni fibra con estrema soavità, così che ogni fibra è fatta solo di gioia e delizia. Tutto sembra fatto di felicità. Le gioie della voluttà del corpo, paragonate alle gioie celesti, sono come una nebbia fitta e opaca paragonata all’aria dolce e pura. Mi sono anche reso conto che questa gioia procede dal Signore.

(414) Coloro che sono nel Cielo avanzano continuamente verso la primavera della vita; più vivono migliaia di anni, più avanzano verso una primavera gradevole e felice, che si accresce eternamente secondo i progressi e i gradi dell’amore, della carità e della fede. Le persone di sesso femminile che sono morte vecchie e decrepite e che sono vissute nella fede del Signore, nella carità verso il prossimo e nell’amore coniugale felice col proprio marito, ritrovano sempre più il fiore degli anni, e raggiungono una bellezza che supera ogni idea di bellezza percepibile alla vista. Sono la bontà e la carità che costituiscono la forma e la fanno risplendere in maniera incommensurabile. Certi spiriti, avendo visto qualcuno di questi angeli di sesso femminile, sono stati colti da ammirazione. In una parola, invecchiare in Cielo significa ringiovanire. Tutti gli angeli godono di queste felicità, le cui varietà sono innumerevoli.