Cielo e Inferno

Emanuel Swedenborg

W E B   L I B R O

(58) IL SIGNORE NON PRECIPITA NESSUNO ALL’INFERNO; È LO SPIRITO CHE VI SI PRECIPITA DA SOLO


(545) Certe persone credono che Dio distolga il suo volto dall’uomo, lo getti lontano da sé, lo precipiti all’inferno e resti in collera con lui a causa del male. Altri vanno più lontano ancora e credono che Dio punisca l’uomo e gli faccia del male. Costoro si confermano in questa opinione in base al senso letterale della Scrittura, dove in effetti si trovano espressioni simili, e non sanno che il senso spirituale della Scrittura spiega il senso della lettera in maniera del tutto diversa. Essi ignorano che la dottrina autentica della Chiesa, che deriva dal senso spirituale della Scrittura, insegna che Dio non distoglie mai il volto dall’uomo, non lo getta lontano da sé, non precipita mai nessuno all’inferno e non è mai in collera. Chiunque ragioni chiaramente, leggendo la Scrittura si rende conto che Dio è il bene stesso, l’amore stesso, la misericordia stessa. Il bene non può far del male a nessuno, l’amore e la misericordia non possono rifiutare nessuno perché ciò sarebbe contro l’essenza stessa della misericordia e l’amore, e quindi contro il divino stesso. Chi dunque ragiona con chiarezza vede che il senso letterale della Scrittura che contiene queste espressioni racchiude un senso spirituale che lo spiega, lo integra e lo completa.

(546) Chi ragiona vede anche che il bene e il male sono due opposti come sono opposti il Cielo e l’inferno, che tutto il bene viene dal Cielo e tutto il male dall’inferno. Continuamente il Signore distoglie l’uomo dal male e lo conduce al bene, e continuamente l’inferno induce l’uomo al male. Se l’uomo non fosse tra l’uno e l’altro, non avrebbe alcun pensiero e alcuna volontà, e a maggior ragione alcuna libertà e alcuna scelta. L’uomo ha tutto dall’equilibrio tra il bene e il male. Se il Signore si distogliesse dall’uomo e l’abbandonasse soltanto al male, l’uomo non sarebbe più uomo. Da questa spiegazione è evidente che il Signore influisce attraverso il bene presso tutti gli uomini, presso il malvagio come presso il buono, con la differenza però che continuamente distoglie dal male l’uomo malvagio e continuamente conduce al bene quello buono; la causa di questa differenza è presso l’uomo stesso, perché egli è un recipiente.

(547) Dato che l’uomo crede che tutto quello che fa lo faccia per virtù propria, ne risulta che il male che commette rimane in lui come se fosse suo proprio. L’uomo quindi è la causa del proprio male, e non il Signore. Il male presso l’uomo è l’inferno in lui, perché male e inferno sono la stessa cosa. Poiché l’uomo è la causa del proprio male, è lui stesso che si dirige verso l’inferno, e non è il Signore a condurvelo. Il Signore, ben lontano dal condurre l’uomo all’inferno, lo libera da esso nella misura in cui l’uomo non vuole né ama il suo male. Tutta la volontà e tutto l’amore dell’uomo restano con lui dopo la sua morte. Colui che vive e ama un male nel mondo, vuole e ama lo stesso male nell’altra vita e non vuole esserne separato. Così un uomo che è nel male è legato all’inferno, e già vi è col suo spirito, e dopo la morte non desidera altro che essere là dove è il suo male. E’ dunque l’uomo che dopo la morte si precipita da solo all’inferno, non il Signore che ve lo precipita.

(548) Ecco come questo avviene: quando l’uomo entra nell’altra vita, è dapprima ricevuto da angeli che gli rendono tutti i servizi possibili, gli parlano del Signore, del Cielo, della vita angelica, lo istruiscono nel vero e nel bene. Se l’uomo ha ricevuto nel mondo degli insegnamenti su queste cose, ma in cuor suo li ha negati o disprezzati, dopo qualche incontro con gli angeli desidera che se ne vadano e cerca lui stesso di andarsene. Quando gli angeli se ne accorgono, lo lasciano e lui, dopo qualche incontro con altri, si associa con coloro che si trovano in un male simile al suo. Quando questo avviene, si distoglie dal Signore e rivolge il volto verso l’inferno al quale era stato congiunto nel mondo e dove risiedono coloro che sono in un simile amore del male. E’ evidente che il Signore attira a sé ogni spirito, attraverso gli angeli e l’influsso del Cielo. Però gli spiriti che sono nel male resistono con tutta la loro forza, si staccano dal Signore e sono trascinati dai loro mali, cioè dall’inferno, come da una corda. E’ quindi evidente che si gettano da soli, liberamente, nell’inferno. Nel mondo, in base all’idea che si ha dell’inferno, non si può credere che le cose stiano così; invece ognuno si precipita da solo all’inferno, sia mentre vive nel mondo che dopo la morte, quando giunge tra gli spiriti.

(549) Il male e il falso sono come nubi che si interpongono tra il sole e l’occhio dell’uomo, togliendo lo splendore e la serenità della luce. Lo stesso avviene nel mondo spirituale: chi è nel falso e nell’errore, ha intorno a sé una nube nera e densa, proporzionata al grado del suo male. Questa nube oscura la luce che proviene dal Signore, la quale risplende sempre allo stesso modo, ma viene ricevuta in maniera diversa.

(550) Gli spiriti malvagi sono puniti con severità nel mondo degli spiriti, affinché attraverso i patimenti siano distolti dal male. Sembra che siano puniti dal Signore, ma non è così; la punizione viene dal male stesso, perché il male è talmente unito alla sua punizione che non può esserne separato. In effetti gli spiriti malvagi desiderano e amano fare il male più di ogni altra cosa, e soprattutto infliggere pene e tormenti, e quindi ne infliggono a coloro che non sono sotto gli auspici del Signore. Quando un cuore malvagio commette un male, dato che questo male allontana ogni protezione del Signore, gli spiriti infernali si gettano su chi ha fatto un tale male e lo puniscono. Lo stesso avviene nel mondo, in quanto chi fa il male viene punito dalla legge. Nel mondo però il male può essere nascosto, mentre nell’altra vita questo non può avvenire. Da questo è evidente che li Signore non fa del male a nessuno, e che nell’altra vita è come nel mondo, dove il re, il giudice e la legge non sono le cause della punizione del colpevole in quanto non sono le cause del male da lui commesso.