Cielo e Inferno

Emanuel Swedenborg

W E B   L I B R O

L’opera religiosa

Nel 1747 appariva a Londra il primo degli otto volumi (dodici nelle edizioni moderne) dell’opera latina intitolata Arcana Coelestia (= Segreti celesti). L’autore non era menzionato (Swedenborg pubblicò anonime le sue opere religiose per parecchio tempo. 

Quando però nel 1756 si verificò l’episodio dell’incendio di Stoccolma che lo rese famoso, non gli fu più possibile continuare a mantenere l’anonimato e cominciò a pubblicare col proprio nome.), ma fin dall’inizio, in prima persona, veniva dichiarato lo scopo del libro: «Posso subito testimoniare che per la divina grazia del Signore mi è stato concesso già da alcuni anni di essere costantemente e ininterrottamente in compagnia di spiriti e angeli, sentendoli parlare e a mia volta parlando con loro. In questo modo mi è stato dato di sentire e vedere cose meravigliose nell’altra vita, che prima non erano mai venute a conoscenza di alcuno, e neppure nel pensiero. Sono stato istruito sui diversi tipi di spiriti, la condizione delle anime dopo la morte, l’inferno o la lamentevole condizione di chi non ha fede, il cielo o la condizione beata di chi ha fede; e specialmente sulla dottrina della fede che è riconosciuta nell’universo cielo. Sui quali soggetti, per la divina grazia di Dio, di più sarà detto nelle pagine seguenti».

Swedenborg si rendeva perfettamente conto che non sarebbe stato facile per i lettori accettare senz’altro il suo contatto col mondo spirituale, ed è con estrema consapevolezza che scrive nelle prime pagine di questa sua opera: «Molti obietteranno che nessuno può parlare con spiriti e angeli finché vive nel proprio corpo... Ma questo non mi preoccupa, perché io ho visto, udito e sentito...».

L’autore di queste righe non aveva mai cercato di mettersi volontariamente in contatto con spiriti e angeli: tutto - diceva - avveniva per grazia e volere di Dio. Come ai veggenti della Bibbia, anche a Swedenborg la visione veniva concessa in stato di veglia, così che subito dopo poteva trascrivere ciò che aveva visto e udito. Migliaia di visioni e audizioni costituiscono infatti Arcana Coelestia e tutte le successive opere religiose.

Dopo la pubblicazione, avvenuta tra il 1747 e il 1758, di Arcana Coelestia, che rappresenta da sola più di un terzo dell’intera opera teologica di Swedenborg, i libri successivi furono presentati in volumi singoli su temi specifici: nel 1758 apparve a Londra il suo libro più famoso, uno dei bestseller religiosi di tutti i tempi: De coelo et inferno ex auditis et visis (Del cielo e dell’inferno sulla base delle cose udite e viste), comunemente noto come Cielo e Inferno; e nel 1771 fu pubblicata la sua ultima opera, Vera Christiana Religio (La vera religione cristiana). L’opera religiosa completa di Swedenborg comprende però moltissimi altri titoli, tra cui ricordiamo: 

  • L’apocalisse rivelato
  • L’amore coniugale
  • Il divino amore
  • La divina provvidenza
  • La dottrina della vita
  • La nuova Gerusalemme e la sua dottrina celeste
  • La divina saggezza

e molte altre.

La sua opera più vasta, Arcana Coelestia, è la spiegazione metodica del significato interiore e allegorico dei testi sacri: i libri della Genesi e dell’Esodo, la storia biblica della creazione, la caduta dell’uomo, il diluvio, i patriarchi fino a Mosè. Tra i vari capitoli troviamo brevi trattati su temi religiosi, ad esempio «Della resurrezione dell’uomo dalla morte e il suo ingresso nella vita eterna», «La natura della vita dell’anima o spirito», e altri ancora. Per dare un’idea di questa «interpretazione interiore» della Bibbia, che costituisce la massima parte di Arcana Coelestia, riportiamo a titolo di esempio i primi versetti della Genesi: a sinistra il testo biblico, a destra l’interpretazione di Swedenborg, cioè il suo significato spirituale:

In principio Dio creò il cielo e la terra.
La vita inizia quando Dio crea l’uomo interiore (cielo, l’aspetto più alto) e l’uomo esteriore (terra, corpo, aspetto inferiore).

La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso.
L’uomo esteriore inizia in uno stato di grande ignoranza e istintualità (buio sull’abisso).

E lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
E la vita di Dio anima le tendenze inconsce dell’uomo (l’acqua esprime tutte le potenzialità della mente).

Dio disse: «Sia la luce !». E la luce fu. 
E Dio creò la coscienza.Dio vide che la luce era cosa buona. E il Divino è consapevole della bontà (o dell’uso) della sua creazione, e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte, che fa una distinzione di base tra ciò che è piena coscienza che viene da Dio (giorno), e coscienza umana limitata (notte).

E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Dal buio dell’inconscienza al mattino della coscienza: il primo giorno della creazione...


Arcana Coelestia, e in generale l’opera religiosa di Swedenborg, consente una vastissima visione dell’universo, che viene descritto come un tutto armonico, costituito da ciò che il veggente chiama «il grande uomo»: proprio come il corpo umano consiste di miriadi di parti, organi e cellule, così l’universo nel suo complesso è costituito da infinite «società» distinte, che lavorano armoniosamente assieme, ognuna essenziale a tutte le altre. In tutto l’universo esiste un unico Dio, il Dio dell’eternità, che ha preso forma umana in Gesù Cristo. Egli è il «sole spirituale», il centro di irradiazione di tutta la vita spirituale e naturale. Tutti gli abitanti del mondo spirituale, di cui noi fin d’ora siamo cittadini potenziali, sono stati una volta uomini sul nostro pianeta o su uno degli altri infiniti pianeti abitati. Angeli e demoni, le creature di cui tutte le religioni parlano, sono quello che siamo noi, solo in misura estremamente potenziata, nel bene e nel male.

Dopo la morte, che distrugge solo il corpo materiale, si raggiunge il mondo spirituale, cioè l’altro livello di esistenza, come Gesù insegna nel Nuovo Testamento. Il destino ultimo dell’uomo dipende dalla sua situazione interiore, dal suo «amore», dal suo desiderio di servire Dio oppure di farsi servire, dall’essere un elemento costruttivo oppure distruttivo. La vita terrena, dice Swedenborg, comincia qui e adesso, non nell’aldilà: per questo è importantissimo il modo in cui viviamo questa nostra vita. «La terra», fu dettato al veggente, «è il vivaio del mondo spirituale»: una volta lasciata la terra, l’uomo raggiunge la sua vera destinazione. Dopo la morte l’uomo è più uomo di prima, è più intensamente uomo: ha un corpo spirituale con membra e sensi, può pensare e volere, ha una memoria, è uomo o donna - perché il sesso è più di un semplice strumento per la riproduzione della specie. L’aldilà di Swedenborg è, in altre parole, molto concreto. Quando per esempio descrive i compiti degli angeli, non parla di eterno pregare, cantare e suonare l’arpa, non parla di eterna contemplazione di Dio, ma dice che la loro massima gioia è giovare al regno divino e che le loro occupazioni sono infinite.

Il mondo spirituale descritto da Swedenborg è molto simile a quello terreno (però il cielo è infinitamente più bello e l’inferno più brutto e distorto...): però quello che vediamo in quel mondo - precisa il veggente - non è materiale. Noi vediamo ciò che potremmo chiamare «corrispondenze». Un bel giardino corrisponde alla serenità dell’animo. Se vediamo animali o uccelli, essi rappresentano i nostri affetti. Alberi, case, panorami e città rappresentano le nostre idee, e gli abiti che indossiamo corrispondono a qualità della nostra personalità. Il tema delle «corrispondenze» è molto vasto e importante in Swedenborg, e va tenuto ben presente specialmente da chi trova che il suo aldilà sia troppo simile alla terra.

Nella creazione esistono due dimensioni, o due «mondi». L’uomo è, per così dire, «cittadino di entrambi i mondi»: attraverso il corpo è cittadino di quello materiale, attraverso lo spirito di quello spirituale. Di questa sua doppia cittadinanza l’uomo però si rende conto di rado, in quanto i sensi materiali lo fanno di preferenza rivolgere al mondo materiale. I veggenti invece, per volere di Dio, usano anche i loro «sensi spirituali», così che già sulla terra possono vedere e sentire ciò che di solito viene percepito solo dopo la morte del corpo. Il mondo spirituale non è quindi al di là del mondo spaziale, ma soltanto al di là dei nostri sensi corporei: è in noi e intorno a noi. Tutte queste cose Swedenborg, scienziato e ricercatore, sa esprimerle con precisione, anche se è ben consapevole che non è possibile riprodurre con parole umane le cose del mondo spirituale così come esse veramente sono: le parole terrene risultano infatti inadeguate. 

E ciò che Swedenborg dice della pace in cielo vale per tutte le sue descrizioni della vita ultraterrena: «Chi non ha vissuto la pace del Cielo, non può comprendere la pace in cui si trovano gli angeli. Fintanto che l’uomo vive nel corpo, non può capire questa pace, perché la conoscenza umana è legata alle cose naturali. Chi vuole capirla, deve poter elevare il suo pensiero e allontanarlo dal corpo, finché giunge accanto agli angeli. Dato che io appunto in questo modo ho sperimentato la pace del Cielo, posso descriverla - però non come essa è, perché le parole umane non sono sufficienti, ma soltanto attraverso il confronto con la pace spirituale di coloro di cui si dice che sono lieti in Dio» (da Cielo e Inferno, n. 284).

Un altro concetto basilare di Swedenborg è che l’uomo è in realtà uno spirito che vive dentro un corpo materiale. L’anima nascendo si riveste di sostanze materiali fornite dalla madre e poi, dopo la nascita, continua a svilupparsi fisicamente e al tempo stesso anche mentalmente e spiritualmente. Alla morte questo essere spirituale viene liberato dall’involucro materiale e trova la sua collocazione nel mondo degli spiriti. Chi ha vissuto bene, raggiunge uno stato felice di pura armonia con la propria natura, chi ha scelto il disordine e l’egoismo non sarà capace di tollerare la sfera celeste e cercherà i suoi simili: il che - commenta Swedenborg - è già una sufficiente punizione.

La vita sulla terra (Swedenborg lo fa notare con frequenza) è una preparazione a quella che verrà, e tra i due mondi c’è una inter-relazione che è la fonte delle nostre emozioni e delle nostre idee. Tra coloro che vivono nel mondo spirituale e quelli che vivono ancora sulla terra c’è un continuo rapporto: noi siamo costantemente in compagnia di esseri invisibili, i quali possono influenzarci in modi a noi sconosciuti. Esistono spiriti buoni e spiriti cattivi, e tutti fanno sforzi incessanti per indurci nella loro sfera e operano in modi che noi neppure sospettiamo, però evitano assolutamente d’agire in modo da toglierci la nostra libertà: noi nella nostra vita siamo in grado di incoraggiare la presenza degli spiriti buoni e di allontanare quelli cattivi, indirizzandoci quindi al meglio. L’uomo è stato creato dalla sapienza e dall’amore divino affinché sia sempre consapevole di essere lui stesso a controllare e configurare il proprio destino.

Swedenborg afferma anche che Dio ha sempre comunicato con l’uomo attraverso la rivelazione diretta e l’opera meravigliosa della natura: ma l’uomo non ha mai prestato orecchio troppo attento ai divini insegnamenti. Gli scritti di Swedenborg affrontano moltissimi temi e dibattono i più importanti problemi filosofici, quelli con cui da sempre le menti più speculative della storia dell’umanità si sono confrontate. Solo la lettura delle opere può rendere ragione al veggente svedese. In più nei suoi libri, specie Cielo e Inferno, si trova una completa descrizione dell’aldilà, sono riportate conversazioni con persone morte, visite a popoli di tempi passati e di pianeti diversi dal nostro. E a certi amici che lo sconsigliavano dal mettere nei suoi libri queste visioni per timore del discredito, Swedenborg dichiarò semplicemente che gli era stato ordinato di includere anche questo, e lui doveva quindi ubbidire.

A dimostrazione della buona fede con cui Swedenborg operava, sta il fatto che per sostenere le sue idee egli mise a repentaglio la sua posizione di uomo stimato e onorato e corse il rischio di mettersi in serio disaccordo con la Chiesa: il motivo dei suoi lunghi viaggi all’estero e della pubblicazione in paesi stranieri delle sue opere dipende dall’impossibilità di far apparire i suoi libri nella Svezia luterana. Neppure era alla ricerca di onori e fama, ché anzi da quando fu certo della sua missione si ritirò da ogni incarico e condusse una vita modestissima, dedita soltanto all’opera che sapeva di dover portare a termine. Un’opera che durò ben 28 anni e comprende oltre trenta volumi, tutti estremamente armonici, logici e razionali, quali difficilmente avrebbero potuto essere concepiti da un visionario pazzo o da un ciarlatano.

Resta, ovviamente, l’impossibilità di dimostrare i contenuti dei libri di Swedenborg: problema che per altro si presenta ogni volta che abbiamo a che fare con scritti che trattano temi trascendenti. Riteniamo in ogni caso che valesse veramente la pena di proporre all’attenzione del pubblico italiano, in occasione del trecentenario della sua nascita (Swedenborg, lo ricordiamo, nacque nel 1688) questa originalissima figura di scienziato-veggente, le cui opere ormai da oltre due secoli continuano a suscitare curiosità e interesse.


Cielo e Inferno
E’ questa l’opera più popolare di Swedenborg. Apparve nel 1758 a Londra in latino e ha avuto da allora centinaia di edizioni nelle lingue più diverse. Una bibliografia dell’opera risalente al 1906 cita ben 95 diverse edizioni inglesi, 11 tedesche, 8 francesi, 6 svedesi, 2 danesi, più altre in arabo, indostano, polacco, russo, gallese; in più una quantità di estratti. Non sappiamo quale sia la situazione aggiornata, ma certamente il numero sarà cresciuto. Stranamente, il paese dove l’opera di Swedenborg sembra essere meno conosciuta è l’Italia: alcuni suoi libri (non Cielo e Inferno) sono stati pubblicati molti anni fa, addirittura alla fine dell’Ottocento, e sono esauriti da tempo. La presente traduzione viene quindi a colmare una lacuna. 

Il tema dell’opera - «cielo e inferno», cioè quello che ci attende dopo la morte, è oggi più che mai attuale: anche se la morte è forse l’ultimo tabù della nostra società tutta tesa verso ciò che è giovane, l’interesse per ciò che ci attende dopo quella soglia non è mai venuto a mancare. Quanto sia importante confrontarsi per tempo con questo problema lo attesta Jung il quale aveva notato come molte delle nevrosi dei suoi pazienti di mezza età dipendessero appunto dall’aver trascurato il tema della morte, col risultato di non avere ancora una soluzione in questo campo. Giustamente Jung scrive nei suoi Ricordi: «L’uomo dovrebbe poter dire di aver fatto del suo meglio per formarsi una concezione della vita dopo la morte, o per farsene un’immagine - anche se poi deve confessare la sua impotenza. Non averlo fatto è una perdita vitale...».

L’opera di Swedenborg, Cielo e Inferno in particolare, fornisce una quantità di indizi illuminanti in questo senso, e presenta inoltre – come avremo modo di osservare - straordinarie analogie con una modernissima ricerca, quella sulle esperienze in punto di morte: in altre parole, le descrizioni che Swedenborg fa sulla base delle sue visioni non sono molto dissimili da quelle delle persone che sono vicine alla morte e sono poi state riportate in vita. 

In Cielo e Inferno, che è un vero «vademecum» nel mondo spirituale, Swedenborg fornisce varie descrizioni del risveglio dell’uomo nella dimensione ultraterrena, e la sua testimonianza permette una notevole comprensione di una esistenza al di là di spazio e tempo, libera dal peso del corpo fisico e dai problemi di questa vita materiale. Pubblicando le sue rivelazioni sulla vita dopo la morte, Swedenborg affrontava anche il problema della vera natura dell’uomo. Egli affermò infatti in un’infinità di occasioni che la vita che viviamo sulla terra è una preparazione alla vita vera, eterna, per la quale siamo stati creati. Il corpo fisico non è che un vuoto involucro destinato a morire e ad essere abbandonato per liberare la persona reale nella quale ci trasformeremo dopo questa vita. A titolo di esempio riportiamo un paio di brani in cui il veggente descrive il «risveglio» nell’aldilà dopo la morte:

  • «Quando un corpo non può più svolgere le sue funzioni nel mondo naturale... si dice che l’uomo muore. Questo avviene quando polmoni e cuore cessano la loro attività. Tuttavia l’uomo in realtà non muore, ma viene soltanto separato dal corpo che gli è servito nel mondo. L’uomo in se stesso continua a vivere. Ho detto “l’uomo in se stesso” perché l’uomo non è tale per il suo corpo, ma per il suo spirito, in quanto è appunto lo spirito che pensa nell’uomo ed è il pensiero insieme all’inclinazione che fa l’uomo. Ne deriva che nella morte l’uomo passa soltanto da un mondo all’altro. Per questo motivo “morte” nel senso interiore del termine significa resurrezione e proseguimento della vita» (n. 445).
  • «Parlai con alcune persone il terzo giorno dopo la loro morte. Tre di loro le avevo conosciute quando vivevano in questo mondo. Raccontai loro che si stava appunto provvedendo al loro funerale per seppellire il loro corpo. Quando loro udirono queste cose, restarono stupiti e spiegarono che erano ben vivi e che veniva sepolto soltanto quello che era servito loro sulla terra.
  • Espressero poi il loro stupore perché in vita non avevano creduto a una simile vita dopo la morte: tutti coloro che nel mondo non avevano creduto in alcuna forma di sopravvivenza dopo la morte del corpo sono molto vergognosi non appena si rendono conto che nonostante tutto continuano a vivere...» (n. 552).

Il mondo descritto da Swedenborg non è qualcosa di astratto ed etereo, ma un regno di sensazioni più acute di quelle terrene e in cui si vive una vita non dissimile da quella terrena, però senza spazio e tempo. Swedenborg afferma spesso che la luce di quella vita è incommensurabilmente più luminosa della luce che conosciamo, non luminosa nel senso che acceca, ma di quella bellezza, brillantezza e chiarità che è indicata in qualche modo dal sole che riappare dopo un temporale estivo: «Sono stato innalzato dentro la luce che brillava come la luce che irradia dai diamanti; mentre ero trattenuto in essa, mi sembrava di essere strappato dalle idee corporali e mondane e di essere condotto verso le idee spirituali...».

Il veggente riferisce di comunicazioni non verbali, di scambi di idee e sentimenti a livello telepatico. Nell’altro mondo ipocrisia e simulazioni non sono possibili e l’anima non può esprimere un’idea che non sia del tutto in armonia coi suoi autentici sentimenti interiori. Swedenborg parla anche del nostro «libro della vita», dice cioè che dopo morti vediamo la nostra vita passata in ogni dettaglio, e questo ha un ruolo fondamentale per insegnarci chi veramente siamo. Descrive l’aldilà, osservando che in quella dimensione si è attratti da coloro che sono simili a noi, e in un certo modo allontanati da coloro coi quali non siamo in armonia.

Swedenborg afferma che dopo la morte non veniamo a trovarci improvvisamente nella vita alla quale siamo definitivamente destinati: importante è il processo di transizione. Spiega che ci sono cure e attenzioni speciali per la persona che conclude la sua vita terrena e inizia quella spirituale. Anche se la morte è stata dovuta a circostanze tragiche e accompagnata da angoscia fisica e mentale, il nuovo arrivato viene aiutato a ritrovare uno stato di calma e serenità. Swedenborg scrive anche che certi spiriti hanno il «compito» di ricevere i nuovi arrivati. La loro natura e personalità sono costituite in modo che vengono incaricati di occuparsi di chi passa da un mondo all’altro, e lo fanno con grande delicatezza, facendo sempre in modo di consentire piena libertà al nuovo arrivato; soprattutto gli trasmettono un sentimento di grande amore, e gli fanno sentire la presenza di un amico, di uno che sa e può spiegare ogni cosa. Swedenborg spiega anche che non si vede realmente Dio, il Padre ineffabile, ma che lo spirito di Dio pervade ogni cosa, espresso dalla vivida luce.

Una delle cose più importanti delle rivelazioni di Swedenborg è che l’uomo non viene immediatamente ammesso nel cielo (per il quale è totalmente impreparato), o gettato all’inferno come punizione per i suoi peccati. Non guadagna il paradiso per la «grazia», né è condannato per i suoi peccati. Lo stadio iniziale del mondo spirituale non è né cielo né inferno: la transizione può esser breve, ma può anche durare finché la persona non fa una scelta netta tra bene o male. La dimensione in cui tutti arriviamo subito dopo la morte è ciò che Swedenborg chiama il «regno degli spiriti»: qui regna una grande libertà, così che ognuno può vivere secondo le proprie inclinazioni, facendo il bene oppure operando il male. Questo appunto è il tribunale: Dio, che è puro amore, non condanna nessuno: i malvagi si dirigono di propria volontà all’inferno, i buoni al paradiso, e di lì a una delle innumerevoli «società» di loro simili. E’ per amore che Dio dà anche la libertà di fare il male, altrimenti l’uomo sarebbe un automa, incapace di stabilire con Dio il patto di reciproca alleanza.

In questa esistenza spirituale non esiste né spazio né tempo: spazio nel senso di distanza significa semplicemente che siamo «vicini» a coloro che sono simili a noi, e «lontani» da coloro che non hanno niente, o ben poco, in comune con noi. Il tempo non ha più significato perché siamo in un regno eterno: i livelli che l’anima attraversa possono essere paragonati più a «stati» che a spazi temporali. Per Swedenborg inoltre non vale quello che in genere si dice, cioè che la fantasia umana riesce a immaginare meglio l’inferno che il paradiso: nel suo libro infatti due terzi delle descrizioni riguardano il cielo e un terzo «il regno degli spiriti», cioè lo stadio di transizione, e l’inferno.

Una cosa va tenuta presente: Swedenborg sapeva bene che non è possibile descrivere i fenomeni del mondo spirituale come realmente sono, ma soltanto attraverso immagini tratte dal mondo e dai concetti umani. Nella lettura di Cielo e Inferno è importante aver sempre presente questo, per non correre il rischio di fraintendere o di non capire fino in fondo le descrizioni del veggente svedese. Quello che egli disse a proposito della «pace del cielo»  vale, in ultima analisi, per tutte le descrizioni della vita dell’aldilà. Le descrizioni di Swedenborg sono radicalmente diverse da miti e leggende, diverse dalle descrizioni dantesche, diverse anche - per certi aspetti - da quanto ci hanno tramandato le religioni. Presentano invece, come si diceva, molte analogie con i risultati della moderna ricerca sulla morte, cioè con le esperienze dei rianimati, di coloro che sono stati per un attimo «sulla soglia» e sono poi stati richiamati in vita grazie alle moderne tecniche di rianimazione. 

Chi ha dimestichezza con l’ormai vasta letteratura esistente in questo campo (13), non può non aver notato somiglianze ben precise tra le cose che dice Emanuel Swedenborg, e che succintamente ho riportato, e le descrizioni di coloro che sono stati vicini alla morte. Anche questi ultimi, come il veggente svedese, parlano di una condizione di pace e benessere, parlano di una luce infinitamente più luminosa di quella terrena, parlano di una sorta di «film della vita» nel quale rivedono tutte le proprie azioni, di cui sono in grado di dare una valutazione etica. Swedenborg parla di «libro della vita». Tra le varie opere disponibili in italiano citiamo le più recenti: Giovetti Paola: Qualcuno è tornato (Armenia 1981 e 1988) e Inchiesta sul paradiso (Rizzoli 1986); Jankovich Stefan: Vi racconto la mia morte (Edizioni Mediterranee 1985); Moody Raymond: La vita oltre la vita (Mondadori 1977); Osis e Haraldson: Nel momento della morte (Armenia 1978); Sabom Michael: Dai confini della vita (Longanesi 1983).

Al pari di Swedenborg, i rianimati parlano di incontri con persone care precedentemente defunte, parlando di un aldilà che non è astratto ed etereo, ma è un mondo di sensazioni più vivide di quelle terrene e in cui si vive una vita non dissimile da quella terrena, priva però dei condizionamenti spaziali e temporali. Una vita che si svolge in un ambiente di straordinaria bellezza, dolcezza e serenità. Nessuno di coloro che sono stati riportati in vita ha parlato di un paradiso o di un inferno nel senso tradizionale del termine: tutti invece concordano nel descrivere una sorta di stazione intermedia, caratterizzata appunto da pace e bellezza; e anche Swedenborg, come abbiamo visto, afferma che dopo la morte non si va subito nella vita alla quale si sarà poi definitivamente destinati, ma si attraversa un processo di transizione in una dimensione in cui si viene accolti con amore e predisposti spiritualmente alla nuova vita. Dopo morti quindi non c’è stasi, ma un lungo cammino da percorrere prima di raggiungere la meta definitiva.

In un’altra caratteristica le descrizioni di Swedenborg e quelle di chi è stato prossimo alla morte concordano pienamente: nell’affermazione che le parole umane sono inadeguate, non bastano a descrivere la dimensione spirituale, che è di per sé inesprimibile. La lettura completa dell’opera di Swedenborg e delle opere prima indicate consentirà di mettere in luce un numero molto maggiore di analogie: analogie che contribuiscono a convalidare e confermare sia le descrizioni del veggente che quelle di chi ha visto in faccia la morte.

Non va infine dimenticato - e chi conosce la materia non faticherà a sincerarsene - che le descrizioni di Swedenborg concordano anche con molte descrizioni giunte per via medianica relative al passaggio all’altra vita e all’Aldilà. Queste conferme e concordanze indipendenti meritano di essere tenute in seria considerazione perché ci fanno leggere con occhi diversi quanto Swedenborg ci dice sul mondo ultraterreno conosciuto attraverso le sue visioni: un mondo che ci appare così più vero, concreto e reale.