Cercare Lavoro

Conservare, Cercare, Cambiare, Trovare  Lavoro  v. 6.1

Esempi

Avviare un’attività su internet: le strade possibili

Ci sono tante potenzialità che ancora non vengono utilizzate appieno: il web è uno strumento potentissimo non solo per essere visibili e per farsi pubblicità ma anche per costruire collegamenti, per incontrare potenziali partner, per promuoversi e per vendere. Navigando nella rete si trovano tantissime storie di chi si è inventato un lavoro online oppure è riuscito a rilanciare la propria attività offline attraverso un sito o un blog. Ciascuna storia è diversa dall’altra, tanto che non è facile orientarsi e trovare quelle indicazioni che servono a chi vuole esplorare le possibilità offerte da internet ma non sa da che parte iniziare! Per questo dopo aver conosciuto (in particolare sul sito dei Wwworkers e al Camp di Bologna) numerose forme di lavoro online ed aver analizzato diversi casi di successo, ho deciso di raccoglierle in 4 macro categorie a seconda dell’uso che viene fatto della piattaforma web.

1) Web come vetrina sul mondo: Il sito e ancora di più il blog diventa una sorta di curriculum aperto e sempre aggiornato che serve a farsi conoscere, per raccontare le proprie idee e descrivere i propri progetti. Sei appassionato ed esperto di un ambito specifico? Cinema? Alimentazione? Scrittura? Tecnologia? Viaggi? Puoi aprire un blog settoriale in cui non solo puoi esprimerti e condividere gli argomenti che ti stanno più a cuore ma puoi anche essere contattato da potenziali clienti o datori di lavoro. Come è successo ad esempio di Francesca Sanzo, bolognese, laureata in lettera che ha iniziato per “hobby” il suo blog personale “Panzallaria” scrivendo storie ed aneddoti, che è diventato, come lo definisce le stessa, “un curriculum vitae”, il suo “personal branding”. Da quel blog iniziato per gioco poi Francesca è passata ad un sito professionale dove si propone come blogger e Digital PR, gestendo l’identità online delle aziende. Un’altra bella storia è quella di Claudia Porta, che dopo essere diventata mamma ed essersi trasferita in campagna ha aperto un blog personale per tenersi in contatto con amici e parenti lontani. Raccontando loro la crescita dei suoi figli…ed anche le sue passioni (Yoga, maglia, cucito), è stata notata anche da lettori esterni alla cerchia personale, si è creata una buona reputazione fino ad attirare l’attenzione di case editrici che le hanno proposto di pubblicare dei libri. Nel frattempo ha iniziato a collaborare come blogger e community manager con aziende che vendono prodotti per l’infanzia.

2) Artigiani digitali: Per chi svolge un lavoro manuale e/o artistico partecipare alle fiere o mettere volantini nella buca della posta ormai non è più sufficiente per farsi conoscere e battere la concorrenza. E’ così che la famiglia Mulfari, colpita in pieno dalla crisi, è diventata una ditta di imbianchini 2.0, aprendo un sito per farsi trovare dai propri clienti. Diego, il più giovane della famiglia, che cura il sito, lo descrive come “una sorta di diario di bordo” della loro attività dove vengono pubblicate le foto dei loro lavori e le referenze dai loro clienti. Altra storia di artigianato digitale è quella di Luca, giovane pavimentista esperto nella lavorazione alla veneziana, che pochi anni fa, mentre i colleghi si contendevano i pochi clienti, ha deciso di aprire un sito per promuoversi. Un bel giorno un cliente tedesco, grazie ad una ricerca su Google, ha trovato il suo sito e, avendone apprezzato la professionalità, gli ha commissionato importanti lavori in Germania. Secondo Luca ora internet è come “le pagine gialle negli anni ’70″.

3) Professionisti che offrono un servizio: Il mercato dei servizi è sempre più nutrito e concorrenziale: per questo non basta più mettere una targa fuori dalla porta del proprio studio per trovare dei clienti. Invece grazie ad internet si allarga infinitamente il proprio potenziale bacino di clientela. Tra i primi ad essersi “messi in rete” ci sono proprio i professionisti del web: pensiamo ad esempio agli esperti di copywriting, editing di testi, web marketing e social media, per non parlare di grafici e webmaster. Aprire un sito e/o un blog è fondamentale per mettere in pratica direttamente su di sé ciò che si propone ai clienti, per far vedere “di cosa si è capaci”. E’ il caso della sarda Claudia Zedda, che si definisce “web writer, scrittrice, ricercatrice indipendente, creativa” con il suo blog esserefreelance.it Inoltre sono sempre più attivi su internet consulenti specializzati in vari tipi di servizi personalizzati: si va dal Personal shopping per chi vuole rifarsi il look, al Personal Trainer per gli sportivi, al Wedding o Event Planner per l’organizzazione di eventi speciali, fino al Coach o al Counsellor. 

I professionisti si rivolgono anche alle aziende proponendosi come consulenti aziendali. Ad esempio un piccolo ma dinamico gruppo di giovani economisti di Fabriano ha da poco creato New LTG, per fornire alle aziende che vogliono crescere e internazionalizzarsi un servizio di consulenza sul business, sull’innovazione e sul marketing. Nell’ambito dei servizi, una nicchia interessante è quella dedicata alle mamme e ai loro pargoli: si tratta di siti gestiti da mamme stesse che conoscono meglio di chiunque altro le esigenze della maternità e della genitorialità. Ecco quindi che Francesca Camerota di Babyplanner offre servizi di consulenza, organizzazione eventi tutti dedicati ai bambini e ai loro genitori, oltre che consigli per gli acquisti di prodotti. Servizio affine è quello di Cheforte.it, che propone consulenze di psicologi, neonatologi, naturopati per l’educazione e la crescita dei figli. Ma c’è anche chi, nello stesso settore, strizza l’occhio alle aziende che vendono prodotti per le mamme, offrendo consulenza e servizi di marketing e pubblicità per il business coma FattoreMamma.

4) Web come negozio sempre aperto: Sta crescendo sempre di più nel mondo (e più lentamente anche in Italia) l’e-commerce, ossia la vendita di merci online. Sulla rete si possono trovare sia dei veri e propri centri commerciali online che offrono una vasta gamma di prodotti, sia dei negozi molto specializzati (dedicati ad esempio all’artigianato, alla cosmesi, ai prodotti eco-bio, ecc.). C’è ad esempio lo shop “Ecocorner” di Maria Taverna per acquisti ecologici ed ecocompatibili e quello di Silvia Bertolucci che produce e vende online cuscini in pula di farro e altri prodotti artigianali. Altra proposta davvero interessante è quella del giovane Paolo Ferraris che si definisce un contadino digitale: il cliente può crearsi un suo orto virtuale che poi verrà riprodotto “terra terra” e da cui attingere per la propria spesa di frutta e verdura genuina. Un altro canale interessante è quello di prodotti “immateriali”, i cosiddetti infoprodotti: nella società della conoscenza le persone ricerca sempre di più informazioni e formazione sulla rete: ecco allora che è possibile vendere su internet guide, ebook, videocorsi e webinar. Gianluca Diegoli ad esempio attraverso il suo sito, oltre ad offrire consulenza promuove anche i suoi libri in formato cartaceo e digitale dedicati al minimarketing e all’e-commerce (appunto!). Ma i settori possono essere i più svariati, come quello dedicato alla crescita personale di Efficacemente e quello dedicato ai rapporti uomo-donna di Seduzionevera.


Una storia…fuori da ogni categoria! L’ultima storia che voglio presentarvi non è solo un esempio di business su internet ma anche e soprattutto di coraggio e resilienza. Sto parlando di imprenditori (uomini e soprattutto donne) emiliani colpiti dalla tragedia del terremoto di maggio scorso, che in un attimo ha distrutto quanto costruito in una vita. Queste persone dal cuore forte hanno “tenuto botta” e sono ripartiti anche grazie al web. Paola, Susanna, Rossella e altri imprenditori di Modena e provincia hanno creato il consorzio EmiliAMO per fare rete e raccogliere fondi. Nel Paese di Cavezzo Emanuela Zavatti, insieme ad altri commercianti ha dato vita a Cavezzo 5.9 (il numero indica la magnitudo del sisma che li ha colpiti). Si sono messi insieme per ricostruire da zero i loro negozi, pizzerie, bar, gelaterie, saloni di estetica, inserendoli in container collocati al centro del loro paese ed aprendo uno Shopbox, piattaforma online per promuovere le loro attività. Perché, parafrasando le parole di Emanuela, non bisogna permettere neppure ad un terremoto di metterci in ginocchio!


Perché l’intraprendenza e l’innovazione (su Internet) possono cambiare il mondo (del lavoro)

Una storia, si dice, vale più di mille parole…E quanto valgono allo le 60 storie di lavoratori della rete che si sono raccontati durante il WWWorkers camp di Bologna (tra le quali c’era anche la storia di Coach Lavoro)? Per non parlare delle altre 2mila e più storie raccolte negli ultimi 3 anni dai giornalisti Giampaolo Colletti e Luca Tremolada. Si tratta di storie di liberi professionisti, freelance, artigiani che hanno utilizzato la rete per vendere online e posizionarsi, storie di piccoli imprenditori che hanno deciso di internazionalizzare la loro azienda grazie alle nuove tecnologie. La Internet Economy pesa in Italia solo il 2% del Pil (contro un valore tra il 4% e il 7% dei paesi europei) ed in 15 anni ha creato, secondo gli studi di Confindustria, 700mila posti di lavoro. Si potrebbe dire che sono pochi, rispetto al numero delle aziende che chiudono in un giorno e dei lavoratori licenziati, cassintegrati e in mobilità. Assolutamente sì, se guardiamo meramente ai numeri… Eppure c’è qualcosa di più che traspare da queste persone che si sono create un lavoro online, in un periodo di piena crisi economica: c’è l’intraprendenza, la voglia di fare e di cambiare, la determinazione e soprattutto c’è la speranza di cui siamo davvero affamati in questo momento! Non solo, questi piccoli imprenditori o lavoratori autonomi che lavorano con e dentro la rete, spesso iniziano da soli o insieme ad un amico o familiare, per poi allargare la propria attività attivando più collaborazioni. Pensiamo ad esempio a GialloZafferano, uno dei più noti portali dedicati agli amanti della cucina, nella cui redazione ora lavorano circa 20 persone, oppure, sempre restando in ambito alimentare, a laZazie che produce preparati a base di frutta e verdura fresche: sta per aprire un secondo negozio a Bologna e sogna di aprirne altri in diverse città italiane


Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo

Purtroppo lo scenario economico ed il mercato del lavoro in Italia non danno segnali di ripresa e sappiamo bene che qualunque riforma per quanto illuminata (…) possa essere avrà bisogno di tempo per andare a regime. Quindi piuttosto che aspettare che il carrozzone si muova, è possibile salire sul super treno di internet che va davvero veloce! In Italia, chissà come mai, siamo sempre più lenti rispetto agli altri Paesi nel cambiamento, nell’adozione delle nuove tecnologie e ancora prima nella cultura dell’innovazione. Perché, lo sappiamo, qualunque cambiamento prima di poter essere realizzato deve essere pensato, immaginato, creduto nella mente di qualcuno…o di più di uno! Il punto è che è facile (per quanto giusto e sacrosanto) dire che la società, la cultura, la politica, la burocrazia, ecc., dovrebbero cambiare, aprirsi, innovarsi per facilitare la nascita di nuove realtà imprenditoriali... 

Ma quanto è difficile invece guardare in faccia noi stessi e decidere davvero di cambiare, abbandonare le nostre paure e le nostre giustificazioni, superare le nostre resistenze, creare una nuova idea e poi impegnarci per realizzarla! Quanto restiamo ancorati ad una vecchia visione di noi stessi, oltre che del lavoro? Quanta fatica facciamo a lanciarci o a rischiare? Quanto tempo passiamo a rimuginare senza fare? E queste difficoltà, questi vizi nostri, non sono forse (amplificati e complicati), le stesse che vediamo nella società, nella politica, nell’industria? Quante opportunità vengono perse restando fermi, bloccati, arenati nello status quo? Ecco allora che le storie di questi lavoratori della rete ampliano il nostro ristretto campo visivo, ci testimoniano che possono essere percorse nuove strade che possono essere raggiunti risultati importanti se si unisce una passione ad una competenza, una competenza ad un’idea, un’idea ad un’azione ed un’azione…ad una connessione internet! Certo che i risultati non sono immediati! Come si dice, “Roma non fu costruita in un giorno“…e neppure un mese o un anno. Però è anche vero che se mai si inizia, mai si vedranno i risultati, che invece si producono lavorando giorno dopo giorno, posando mattone su mattone, post dopo post, contatto dopo contatto… “Un viaggio di mille miglia inizia sempre con il primo passo” (Lao Tzu)


E’ davvero possibile trasformare la propria passione in lavoro?

Couple Working Together at HomeQuesta è una domanda che molti mi pongono, tra speranza e disillusione… Se dessi una risposta positiva ed entusiasta, come mi verrebbe naturale fare, sarebbe facile replicare che in realtà si tratta solo di un lusso che in pochi si possono permettere, ossia solo chi ha un patrimonio su cui puntare, non ha famiglia da mantenere né tantomeno un mutuo da pagare… Ma se dicessi che lavorare con la propria passione è impossibile, negherei la mia stessa esperienza di CoachLavoro e quella di tanti wwworkers come me!

Chi sono i wwworkers?

Ne avevamo già parlato a marzo 2011, a poca distanza dall’uscita dell’omonimo libro di Giampaolo Colletti, giornalista, collaboratore del Sole24ore, che ha coniato il termine per definire i world wide workers, i nuovi lavoratori della rete. Non sono alieni, non sono geni, non sono eroi, ma persone comuni di tutte le età e di varie estrazioni sociali, che hanno deciso di puntare su sé stessi, crearsi una propria attività e aprirla al mondo tramite il web. Sognatori assolutamente realisti, hanno scelto di aprire un business online dopo attenta riflessione su sé stessi prima ancora che sul mercato esterno. Tramite il web promuovono i propri servizi, come fanno coach (ebbene sì, ci sono anche io tra i wwworkers!), consulenti, personal trainer, wedding planner, editori o copywriter, oppure vendono i loro prodotti, che possono essere enogastronomici (formaggi, pane, vino), artigianali (borse, gioielli) o di altro tipo (dai giochi per bambini ai manti erbosi…). Di solito lavorano da casa propria e, differentemente da quanto si potrebbe pensare, sono impegnati più delle classiche 8 ore al giorno in ufficio, ma riescono a lavorare meglio perchè gestiscono i propri tempi con flessibilità. 

I wwworkers sono gli esempi viventi di quanto abbiamo scritto nel precedente articolo, sulla nuova tipologia di “lavoratori”. Infatti, per quanto questo sia ancora un fenomeno poco visibile, in occidente la natura del lavoro si sta evolvendo, trasformandosi in un “lavoro creativo, nel senso che crea qualcosa di nuovo, un lavoro emozionale e originale, un lavoro che ci realizza perché realizza qualcosa che ha un senso, uno scopo”. Colletti definisce i lavoratori della rete “appassionati, visionari, intraprendenti e fantasiosi”: sicuramente sono persone che ci hanno creduto e che continuano a crederci. Ma questo non li ha esentati (prima) e non li esenta (poi) da dubbi, difficoltà e fatiche. Alcuni sono riusciti nel tempo a far crescere il business, altri sono ancora nella fase di start-up, ma tutti continuano ad andare avanti, senza mai voltarsi indietro.


Cosa spinge a diventare wwworkers?

L’idea nasce nella maggior parte dei casi dalla ricerca di una soluzione di fronte ad una una necessità, dettata da un licenziamento, dalla precarietà oppure dalla maternità. Per molti altri invece il lavoro continua ad esserci, ma rende insoddisfatti, compressi, svuotati. Per uscire da quella che ormai è diventata una prigione si cerca un’alternativa, ripescando dalle proprie passioni, dai propri interessi e dalle proprie capacità e talenti personali. Comunque, sia che si tratti di necessità o di libera scelta, la decisione di mettersi in proprio non è mai istintiva ed improvvisa (questa sì, è un’illusione!), ma è frutto di un percorso interiore, che può durare anche molto tempo, che poi un bel giorno viene messo su carta per essere concretizzato. Un vago desiderio diventa così un piano con attività, tempi e costi, che si mette in atto giorno dopo giorno.

Chi un lavoro ce l’ha deve per forza di cose pianificare una exit strategy, ossia un processo graduale di allontanamento dalla sua situazione attuale: utilizza tutto il tempo libero a disposizione per costruire, mattone dopo mattone, il proprio progetto, e nel frattempo raccoglie i soldi che serviranno nella fase di start-up. Chi un lavoro non ce l’ha, ha meno budget a disposizione ma ha tutto il tempo e l’energia da dedicare alla creazione del proprio business, che spesso inizia molto in piccolo per poi crescere e svilupparsi gradualmente, grazie ad un costante lavoro di cura dei propri utenti/clienti (o potenziali tali) e di promozione della propria attività. Quindi possiamo dire che tutti possono diventare wwworker… se si ha una profonda motivazione, una forte voglia di cambiare, un grande sogno da realizzare o anche semplicemente una piccola idea in cui credere.


Lavorare online: una possibile risposta alla crisi

La crisi economica in Italia vede piccoli lampi di ripresa, ma molti sono gli imprenditori che stanno pensando di chiudere la propria attività. Non si tratta solo di piccole e medie imprese, ma di grandi nomi dell’industria, che puntano al profitto dei piani alti e che trovano una soluzione solo nello spostare la produzione in altri paesi, lasciando lavoratori in mobilità, in cassa integrazione o a casa con lettera di licenziamento, pur di sopravvivere. Lo fanno perché le tasse da pagare allo Stato sono ingenti, soprattutto per quanto riguarda quelle che ruotano intorno all’assunzione o al mantenimento di un lavoratore, per questo si spostano verso paesi in via di sviluppo dove il prezzo della manodopera e del lavoro è più basso. Dai call center alle industrie che hanno fatto la storia dell’economia del paese, la delocalizzazione delle aziende è un fenomeno sempre più diffuso in Italia. L’emigrazione è verso al Cina, il Vietnam, la Thailandia e ultimamente anche verso i paesi dell’Est e quelli Nordafricani. La Fiat, ad esempio, ha stabilimenti perfettamente funzionati e produttivi in Polonia, Serbia, Russia, Brasile, Argentina, anche la Geox ha spostato la produzione in Brasile mentre Tim, Vodafone, Sky Italia hanno call center in Albania, la Stefanel e la Benetton sono in Croazia. Qui rimangono in pochi e ultimamente il terremoto in Emilia ha danneggiato molte aziende del settore farmaceutico che stanno ipotizzando la possibilità di delocalizzare a breve termine.

Alcune di queste occupazioni potrebbero essere svolte in modo diverso grazie al lavoro online, inoltre utilizzando le nuove tecnologie il prezzo per ogni lavoratore potrebbe diminuire notevolmente, considerando che lavorare da casa è un vantaggio anche per le aziende in quanto è possibile ridurre i costi di ufficio, assicurazioni sul posto di lavoro, assicurare orari flessibili e ridurre lo stress dell’assunto. Chi vuole lavorare online seriamente, effettuando ad esempio lavori di contabilità, gestione clienti/fornitori, marketing può utilizzare le nuove tecnologie che assicurano una comunicazione continua e di qualità eliminando quindi la necessità di una presenza fisica sul posto di lavoro. Inoltre per alcune tipologie di aziende, ad esempio quelle impiegate nel mondo ICT, il lavoro sul web è ormai una realtà. Ad esempio un programmatore (che sviluppa un progetto che non richiede un lavoro in team ) non ha alcuna necessità di recarsi sul posto di lavoro riducendo così il costo per l’azienda ed aumentando, in alcuni casi, la propria produttività e le ore di lavoro svolte.


Fare un percorso di Coaching: una testimonianza

Molte persone si chiedono in che cosa consista veramente un percorso di Coachinge in che modo questo possa aiutarle ad orientarsi nel mondo del lavoro, a valorizzare le proprie competenze, a fare chiarezza sul proprio obiettivo professionale…e anche su sè stessi! Per questo ho pensato di chiedere ad un mio cliente, che ha svolto con entusiasmo e soddisfazione un percorso di Coaching breve (5 sessioni) di raccontare la sua esperienza per i Lettori di CoachLavoro. Questo è il testo originale e integrale che, come noterete, mette in luce una delle sue principali competenze trasversali: quella di scrivere! Innanzitutto due parole di presentazione: sono un cinquantenne disoccupato con moglie e due figli, forzatamente costretto ad abbandonare l’azienda familiare che gestivo con mia moglie. In breve la nostra parabola: colpiti dalla crisi, drastica riduzione di fatturato, taglio spietato dei costi (incluso, con sommo dispiacere, il personale), infine (mutuo un’espressione dall’inglese il cui significato risulterà piuttosto chiaro) valutazione che tenere tutte le uova nello stesso paniere era un rischio inaccettabile, per cui io mi metto alla ricerca di altra occupazione (mia moglie si occupava delle vendite, settore chiave dell’azienda).

Dopo un’esperienza lavorativa al nero, interrottasi perché non possedevo i requisiti richiesti per la ristrutturazione dell’attività predisposta dal titolare, mi sono infine fermato a valutare TUTTE le opzioni. Che fare? Percorro le strade tradizionali: curriculum consegnato a tutte le agenzie interinali della zona, risposte agli annunci in linea con il curriculum, passaparola, ecc. ecc.  Risultati? Quelli credo che siano sotto gli occhi di tutti coloro che si trovano nella mia situazione: limiti di età (max. 30 anni) richiesti espressamente negli annunci, contratti solo temporanei per sostituzione maternità, qualifiche richieste non in linea con quelle possedute, migliaia di informazioni su come rendere il curriculum più efficace, sull’importanza di scrivere una lettera di presentazione ottimale, di come prepararsi a un colloquio, l’ansia cresce a dismisura, l’autostima scende in proporzione … poi all’improvviso la domanda? Hey, ferma un attimo! Non sarà che sto affrontando il problema dal lato “sbagliato”, cioè sto cercando di adeguarmi alla situazione anziché tentare di partire da quello che io posso offrire, voglio, a cui aspiro? Perché non cercare la MIA strada?

Mi metto alla ricerca e mi imbatto nel sito coachlavoro.com e qui cominciano le domande più svariate. La fiducia è scarsa: ai colloqui presso le agenzie ti fanno compilare il modulino, ti fanno due domande messe in croce e arrivederci … non sarà mica una di quelle “fregature” online, dove si fanno tante chiacchiere per spillare quattrini? E allora leggo gli articoli, osservo attentamente i commenti dei lettori ai post di Mariangela e le sue risposte, controllo le fonti che cita e mi convinco che è genuina, dalla mia parte: facciamo una prova prima di gettarsi nella disperazione! Sondo il terreno per email, ci sentiamo al telefono e stabiliamo di partire: cinque colloqui esplorativi tramite skype per definire un progetto di lavoro. Un paio di domandine chiave da parte di Mariangela durante la prima sessione e parto, qualcosa si schiude, è un flusso inarrestabile: credo che per tutti noi semplicemente parlare di sé sia una sufficiente motivazione ma, sintetizzando, è l’opportunità che ti viene offerta di affrontare un viaggio alla SCOPERTA di te stesso che dà un senso all’avventura.

Nelle sessioni successive, attraverso il colloquio con Mariangela (sempre attenta al giusto equilibrio tra inviti alla riflessione e la tua libertà di esposizione) e una serie di schede da compilare, si arrivano a analizzare e rivalutare una serie di esperienze e conoscenze professionali del tutto sepolte e trascurate nella fretta di rispondere alle richieste “standardizzate” del mondo del lavoro. Tutto il tuo percorso lavorativo, nel mio caso composto da esperienze disparate in diversi settori, assume una luce più chiara e anche le attività professionali più risalenti nel tempo concorrono alla formazione di un quadro di competenze e qualità che non sospettavi di avere: tutto fa brodo! Alla fine del percorso si giunge alla predisposizione di uno specifico piano di azione che tu stesso hai creato, aderente alle tue aspirazioni e che, volente o nolente, si pone come irrinunciabile.

A questo punto credo che la domanda che tutti si porranno è “OK! Bello … allora com’è andata? Hai trovato il lavoro dei tuoi sogni?”. La risposta è articolata: sono ancora alla ricerca, non ci sono soluzioni miracolose, i miei obiettivi sono ambiziosi e si pongono parzialmente fuori dal “sistema”. Per chi abbia già le idee più chiare delle mie ed esperienze diverse, magari il progetto sarà immediatamente applicabile e vi consentirà di trovare immediatamente lavoro: non vi resta che provare. Del percorso da me compiuto rimangono la consapevolezza del mio valore, dei miei punti di forza, delle mie capacità, un progetto ambizioso e un’ipotesi di VIAGGIO: credo che già solo questo valga il prezzo del biglietto, non è forse vero che noi “esondati” (ebbene sì, tecnicamente non lo sono ma mi sento tale) ci sentiamo fermi, quando avremmo un dannato bisogno di sentirsi in movimento? Forza e coraggio, ancora non siamo dei relitti!

P.S. Un solo consiglio, per quello che vale: durante il percorso lasciate andare la parte conscia, abbiate il coraggio di progettare sogni … a distruggerli siete sempre in tempo, basta un attimo ;-)


Il disagio e la speranza di chi perde il lavoro: la storia di Mara

Sono una donna sola di 57 anni compiuti. Non ho un lavoro. Non usufruisco di mobilità né di cassa integrazione. Non ho una casa. Non posseggo un’autovettura. Non ho risparmi. Alla fine del 2010 ho dovuto lasciare Roma e la mia famiglia (due figlie e un nipotino) per tornare da mia madre, in qualità di ospite questa volta, ad un centinaio di chilometri di distanza. Il mio primo lavoro “vero”, cioè con tanto di assunzione, di contributi versati, di tredicesime e ferie, l’ho trovato a 46 anni, sempre per conoscenza. Era presso una multinazionale americana dell’informatica.

Subito prima lavoravo presso un negozio del centro di Roma. Lavoravo tutti i giorni inclusi il Sabato e la Domenica. Poi ho lasciato il negozio e ho lavorato nella multinazionale per cinque anni, fino a quando la Microsoft non l’ha acquisita lasciando a casa il 70% dei dipendenti, me compresa. Da allora ho lavorato a fasi alterne fino all’ultimo lavoro, presso uno studio medico in condizioni pietose e inumane con vessazioni psicologiche e minacce quotidiane.

A Luglio del 2010 ho dovuto comunque lasciare questo lavoro. Mia madre era caduta rovinosamente fratturandosi il femore e in qualche modo ho dovuto occuparmi di lei. Per poter tirare avanti, ho contratto dei debiti che ho sempre pensato, fiduciosamente, di poter ripagare. Ma il mio stipendio bastava solo a pagare l’affitto della casa…. Il disagio di non avere un lavoro è un disagio indescrivibile. Immagino come tutti gli altri disagi, per chi li vive. Ma penso sinceramente che dalla mancanza di lavoro si generino altre situazioni deficitarie (penso alla mancanza di soldi, di cibo, di vestiti, di divertimento, di benessere) che possono realmente condurre a forme profonde di sconforto…


Un sogno…un progetto

A questo punto ho tirato fuori un vecchio sogno che avevo nel cassetto, fin dal 2006, quando lo avevo redatto nel corso di un seminario per manager di impresa sociale. Una casa editrice digitale, Officine Editoriali, che pubblichi il disagio scritto da chi il disagio lo vive: persone svantaggiate, anziani, immigrati di seconda generazione del nostro paese e persone che, con i tempi attuali, da “normali” sono diventate o stanno diventando “povere”. Persone che non riescono a farsi sentire e alle quali vogliamo dare voce con l’affiancamento di scrittori professionisti. E’ un sogno nel quale voglio credere e che sto cercando di trasformare nel mio lavoro. Con molta fatica ma anche con molta determinazione. E a breve questo progetto sarà realizzato, grazie anche ad una campagna di raccolta fondi che stiamo effettuando su un sito di sottoscrizione popolare: Produzioni dal basso.

Dopo aver raccolto i soldi sufficienti, il passo successivo sarà quello di pubblicare il materiale di cui siamo già in possesso e di iniziare l’attività di promozione dell’attività che abbiamo già intrapreso e che intendiamo portare avanti. Officine Editoriali è una espressione della forza e della collaborazione tra persone e non solo nella fase preliminare e propedeutica alle attività future ma anche nella fase di consolidamento di tutto il lavoro. I proventi delle vendite degli e-book, con la tracciabilità delle copie vendute, verranno ripartiti in percentuale tra gli autori degli stessi e gli scrittori che avranno contribuito alla loro realizzazione. In questo modo il progetto intende creare una fonte di reddito, seppure estemporanea, per gli autori degli e-book.

A margine dell’attività principale, importeremo scrittori emergenti da aree svantaggiate del mondo (per esempio l’Africa e l’Est Europa) e da aree strategiche (vedi la Cina). Le opere verranno tradotte in lingua straniera per essere presenti a livello internazionale. Ognuno di noi può contribuire alla realizzazione di questo progetto. Possiamo visitare il sito di sottoscrizione popolare http://www.produzionidalbasso.com/pdb_706.html e prenotare consapevolmente le nostre quote. Tutti i sottoscrittori avranno diritto a scaricare gli ebook editati da Officine Editoriali durante il primo anno di attività e potranno partecipare ad un laboratorio di scrittura on line. Per chiunque volesse approfondire, potete contattare Mara all’indirizzo kikash16@hotmail.com


Lavorare e formarsi dopo i 40 anni

Come gli over-40 possono destreggiarsi al meglio nella ricerca del lavoro? Quando e come è opportuno seguire corsi di formazione ed aggiornarsi? Di questo abbiamo parlato con la giornalista del settimanale Diva&Donna che mi ha intervistato la scorsa settimana e con Stefano Giusti, Presidente dell’Associazione ATDAL – Over 40 con cui mi sono confrontata per avere anche il suo punto di vista sulle domande che mi sono state poste. Visto l’interesse di questo tema per i lettori di Coach Lavoro, ho pensato che fosse utile pubblicare sul sito le mie risposte integrali per poi avere la possibilità di condividere idee ed esperienze nei commenti! 

1) Quali sono le maggiori difficoltà che si trovano ad affrontare gli over 40/50 anni quando perdono il lavoro, nel riciclarsi? Hanno più difficoltà gli uomini o le donne?

Ci sono due ordini di difficoltà: quelle interne, psicologiche e quelle esterne, collegate a fattori economici ma soprattutto culturali del mercato italiano. Per quanto riguarda le prime, essere estromessi dal mercato del lavoro dopo i 40 anni, avendo di solito alle spalle un’esperienza di lavoro ultradecennale, può portare ad un vissuto di depressione: ci si sente non più utili alla società, esclusi, con minore valore. Nella ricerca di un nuovo lavoro si parte di solito con una certa sfiducia nelle possibilità di reinserimento e con una scarsa consapevolezza di come muoversi e pro-muoversi in maniera efficace nella ricerca! Alcuni over-40 si trovano a rimettersi a cercare lavoro dopo tanti anni, a compilare il curriculum, a redigere la lettera di presentazione, a consultare i siti internet, senza sapere bene come fare! Il mondo del lavoro infatti negli ultimi 20 anni è cambiato notevolmente e sistemi che funzionavano benissimo prima, adesso sono totalmente inefficaci…. Il mercato del lavoro è sempre più una giungla dove è facile perdersi senza una guida ed un orientamento.

E’ anche vero che alcuni over 40 riescono a vivere questo momento di crisi come un’opportunità per tirare fuori dal cassetto le loro passioni ed i loro sogni e trasformarli in un’attività remunerativa (leggi anche questo articolo e quest’altro)! Sia gli uomini che le donne si trovano ad affrontare le medesime difficoltà. Se è vero che le donne pagano in molti casi una discriminazione di genere, è anche vero che facilmente si mettono in discussione, chiedono aiuto sia alle “amiche” che a professionisti e si muovono con maggiore flessibilità. Gli uomini invece spesso vivono molto male la perdita del lavoro e la frustrazione di fronte agli inevitabili insuccessi iniziali nella ricerca di un nuovo lavoro. Inoltre corrono il rischio di chiudersi in loro stessi, vivendo la richiesta di aiuto come un’ammissione di debolezza, anziché una prova di coraggio!

2) Investire del tempo (potendo) a studiare per apprendere qualcosa di nuovo che serva a voltare pagina professionalmente è una scelta giusta o no?

Sì, viviamo ormai in un’era in cui il cambiamento è continuo e rapidissimo e c’è sempre bisogno di imparare ed aggiornarsi, in una prospettiva di life-long learning (apprendimento per tutta la vita). Detto questo la scelta dei corsi non deve essere né casuale né compulsiva.Quando infatti i corsi sono gratuiti (perché finanziati dalla regione o dai fondi europei), c’è il rischio che la persona, un po’ per curiosità, un po’ per colmare il vuoto lasciato dal lavoro, si iscriva ad un corso di formazione/aggiornamento dopo l’altro, senza una meta né una direzione precisa. Quindi bisogna scegliere i corsi in maniera mirata, facendo prima un’analisi delle proprie competenze e di quelle richieste dal mondo del lavoro. Il corso inoltre deve essere erogato da enti formativi validi e riconosciuti ed avere quanto più possibile contatti con il mondo aziendale.

3) La crisi sta lasciando a casa molti lavoratori, operai ma anche impiegati e manager. Chi fa più fatica a riciclarsi, gli operai o i manager?

Entrambe le categorie incontrano delle difficoltà e re- immettersi nel mondo del lavoro. Gli operai sono richiesti in numero maggiore rispetto ai manager e per questo hanno maggiori possibilità, soprattutto se qualificati. D’altro canto possono essere penalizzati se non hanno curato il proprio aggiornamento professionale e se non sanno usare efficacemente gli strumenti della ricerca del lavoro. I Manager hanno subito fortemente l’impatto della crisi. Solitamente hanno un significativo bagaglio professionale ma anche altrettanto elevate aspettative a cui non è facile che il mercato risponda. D’altro canto i Manager possono fare leva sulle loro competenze e sul loro network per trovare una nuova collocazione, che in alcuni casi può essere sotto forma di temporary manager o di consulente esterno.


4) Quali sono le 3-4 mosse giuste da fare per reinventarsi la vita ai 50 anni dopo aver perso il lavoro, senza cadere nella depressione?

Per prima cosa bisogna prendere consapevolezza di sé stessi in termini sia di caratteristiche personali che di capacità e conoscenze, acquisite nel corso delle diverse esperienze professionali. Questo aiuta a riacquisire fiducia in sé stessi e nel proprio valore come persone, in primo luogo, e poi come professionisti. In secondo luogo bisogna definire un obiettivo professionale che sia al tempo stesso specifico, motivante e realistico. Terzo punto, bisogna dedicarsi attivamente alla ricerca di una nuova occupazione o alla costruzione di una nuova attività professionale, senza farsene completamente assorbire. Il rischio è che questo porti all’isolamento della persona e ad una forte frustrazione. E’ importante pertanto continuare a curare la propria vita sociale, coltivare i propri hobby e interessi extra professionali: questo non solo favorisce il benessere della persona ma può anche favorire la creazione di contatti utili a trovare nuove opportunità. In caso di forti difficoltà, mai chiudersi in sé stessi ma chiedere aiuto! Esistono professionisti sia pubblici che privati che si occupano di orientamento e di sostegno alla ricerca del lavoro, come Coach Lavoro, ovviamente!


WWWORKERS ovvero: come inventarsi un lavoro online

CB043199Smettere di lavorare e mettersi in proprio, magari usando le potenzialità del web, è una scelta che necessita di una dose di coraggio, spirito d’iniziativa e creatività. Complice anche la crisi, in Italia questa decisione sta trovando sempre più seguaci: società di catering, organizzazione di eventi, vendita di prodotti biologici, attività di cucito/riparazioni e lavori redazionali sono soltanto alcune declinazioni delle nuove professioni della Rete. Probabilmente non è un caso se “inventarsi un lavoro” è una delle parole chiavi più ricercate su Google per arrivare sul nostro sito! Giampaolo Colletti nel 2010 conia il termine wwworkers per definire i nuovi lavoratori del web. Sul suo sito ha raccolto le testimonianze (condividendo in primis la sua esperienza personale di ex dipendente) di coloro che hanno intrapreso un’attività imprenditoriale, ribaltando lo stereotipo del posto fisso e sfruttando le potenzialità della rete. Continua a leggere »


Trovare lavoro dopo i 40 anni

Il tema del lavoro “over 40″ è di grande rilevanza e nonostante la presenza di tutele normative, necessita di maggiore sensibilizzazione e soprattutto di un nuovo approccio culturale che valorizzi l’individuo come risorsa. La crisi del mercato del lavoro è un fenomeno trasversale che non riguarda più soltanto operai e impiegati generici, ma anche quadri e dirigenti e a farne le spese non sono solo i giovani che hanno difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro, ma anche i lavoratori con età compresa tra i 40 e i 50 anni che, improvvisamente, vengono licenziati con ovvie difficoltà per un reinserimento lavorativo. Si assiste ad un proliferare di stereotipi negativi, che tendono a dequalificare coloro che hanno superato la soglia degli “anta”, tale da far porre in primo piano una data di nascita a discapito di esperienza e professionalità della persona. Se è vero che molto si potrebbe fare a livello culturale e a livello politico, come può il lavoratore over 40 affrontare in maniera efficace la sua situazione? Tom Rath autore del libro “Strengths Finder 2.0” ci fornisce una riflessione molto utile: “se non è possibile essere tutto ciò che vogliamo essere, di sicuro possiamo essere molto più di ciò che già siamo”. La maggior parte delle persone è destinata a cambiare molti incarichi e diverse carriere nell’arco del proprio percorso professionale. Per mantenere una vita equilibrata e soddisfacente, ogni qualvolta siamo di fronte ad una scelta o ad un cambiamento, diventa importante focalizzare l’atten­zione sulle nostre risorse, le nostre passioni, i nostri valori e i nostri obiettivi (più o meno chiari e stabili), che ci contraddistinguo­no e a cui dovremmo mantenerci connessi. Continua a leggere »


Conoscere le proprie competenze per trovare lavoro

L’idea di affrontare il tema delle competenze nasce come spunto dalla storia di Maria (il nome è fittizio), una casalinga di 40 anni del Sud Italia, alla ricerca di un lavoro dopo anni di totale dedizione verso la sua famiglia e la casa. Apparentemente Maria non aveva alcuna chance di inserirsi nel mondo del lavoro per la mancanza di esperienze professionali. Analizzando insieme le attività che svolgeva, le sue abilità e attitudini, abbiamo scoperto che possedeva una risorsa tanto utile quanto scontata: l’abilità nel cucito. Questa competenza diventa per Maria la risorsa che le ha permesso di trovare un lavoro in un’azienda del settore tessile che era alla ricerca di un’operaia! Una breve testimonianza che rappresenta una dimostrazione di come ogni individuo sia ricco di Stock Photosdi cui è molto spesso inconsapevole! Partendo da questo presupposto, la chiave del successo sta nel saper riconoscere e far fruttare le risorse che già si possiedono. Ecco che il tema delle competenze assume un ruolo fondamentale nel campo dell’orientamento e delle consulenza di carriera, grazie alle quali è possibile fare un’analisi ed una valutazione (in termini tecnici un “bilancio”) delle competenze possedute

Ma cosa sono effettivamente le competenze?

Secondo la definizione ufficiale, la competenza è “la qualità professionale di un individuo in termini di conoscenze, capacità e abilità, doti professionali e personali” (Quaglino, 1990). Le competenze vengono così articolate in tre diverse categorie:

  • le competenze di base costituiscono il “sapere minimo” di un individuo (un tempo si diceva “leggere, scrivere e far di conto”), il prerequisito necessario per l’accesso nel mondo del lavoro;
  • le competenze tecnico-professionali raccolgono invece tutti quei saperi specifici, quelle tecniche operative e conoscenze procedurali relative ad una determinata attività, che il soggetto deve conoscere per poter agire con professionalità;
  • vorremmo focalizzare la nostra attenzione sulla terza tipologia, ossia le competenze trasversali (life skills) definibili come quelle abilità per la vita, non espressamente richieste nell’esercizio di un lavoro, ma che consentono di svolgerlo in modo esperto, rilevante e che fanno la differenza tra i candidati durante un processo di selezione o tra lavoratori con i medesimi titoli e/o competenze tecnico-professionali.
A tal proposito, possiamo citarne alcune: le capacità relazionali, comunicative, di ascolto, organizzative, di problem solving, di lavorare in gruppo o di tolleranza allo stress.


Adesso basta: mollo tutto e cambio vita! facile? per niente…ma c’è chi lo ha fatto

Navigando sul web alla ricerca di storie…ho trovato questa (veramente l’ho ritrovata perchè ne avevo sentito parlare!): 
Un manager con 20 anni di esperienza capisce che quella carriera, anche se ricca di soddisfazioni, non era più fatta per lui: aveva bisogno di altro, di dedicare più tempo alle sue passioni, di cambiare e riscoprire la vita “vera”.

Ecco per voi la storia di Simone Perotti, che ora fa lo skipper e lo scrittore, presa dalle pagine del suo stesso blog

“Per 19 anni ho fatto il manager, di giorno (e spesso di sera). La mattina presto scrivevo romanzi, più o meno dalle 6.00 alle 9.00. Durante la pausa del pranzo, nelle feste, in ogni altro momento utile, organizzavo corsi di vela, uscite in barca. Per anni è andata così. Ed è stato un gran vivere. Molta fatica, soprattutto negli ultimi tempi. Poi ho deciso di cambiare. L’ordine è stato: sovvertire i pesi. Poco tempo per il lavoro, molto per la vita. Ho lasciato soldi, carriera, quel piccolo potere conquistato, e ora scrivo, il motivo per cui sono nato. E navigo, per vivere, ma anche per non perdermi. Scrivere è la la mia vita. Navigare il mio sostentamento. A chi sta pensando: “E’ facile, se sei ricco…. Altrimenti come campi?” vorrei spiegare tante cose, ma non è facile.

So che desidererebbero che io fossi ricco.

Se così fosse, tanta gente sarebbe salva, non dovrebbe sperare e fare fatica tentando. Ma il punto non è quello. Bisogna consumare poco, vivere con poco, accontentarsi, cercare l’equilibrio. I soldi non sono un buon motivo per fare, non sono un buon motivo per non fare. Io non sono ricco…. Vivo in una casetta di pietra che ho ristrutturato da me. La riscaldo con la legna che taglio e spacco da solo. I mobili, invece che comprarli, li ho costruiti con vecchio legno trovato nel bosco. Ho l’orto….Vivo con 700 euro al mese. Per campare mi basta poco o niente. Per guadagnare i soldi che mi servono faccio il lavabarche, faccio manutenzione, aiuto al porto, dico sì a qualunque cosa mi si chieda (e che mi va di fare…). Costruisco pesci di legno e ferro zincato, ne ho venduti alcuni. Faccio sculture di legno e ardesia. Faccio anche la guida turistica per vacanzieri americani. Naturalmente lo skipper, l’istruttore di vela. Scrivo articoli per qualche giornale, naturalmente scrivo i miei romanzi. Ma ho fatto qualunque lavoro, non solo questi.

Vivo così per la libertà, perché non sono sicuro di campare così tanto da poter sprecare il mio tempo, e non volevo aspettare di essere libero ma vecchio. L’ho fatto per cambiare, perché il cambiamento fa parte dell’avventura della vita. Ho cambiato tutto perché volevo vivere altre vite, non perché non mi piacesse la mia. Era bellissima, ma adesso è meravigliosa. Domani non so cosa accadrà, ho smesso di chiedermelo. Mi basta che oggi, ora, in ogni momento, nessuno abbia più l’autorità di chiamarmi al telefono e dirmi cosa devo fare. Nessuno. Tranne chi mi vuole bene, e per qualche ottima ragione.

Ho scritto un libro su come cambiare. (www.chiarelettere.it).

Intanto mi godo il tempo, tornato lento, tornato mio. Quando morirò, che sia domani o tra chissà quanto, nessuno potrà dire che non ho vissuto tutto fino all’ultima goccia. Soprattutto, questo dubbio, questo rimpianto, non ce l’avrò io.” Il significato della storia di quest’uomo per me è questa: non importa che tu sia un impiegato, un operaio, un manager…se vuoi cambiare vita, se vuoi darci un nuovo significato puoi farlo! Puoi decidere di cambiare semplicemente azienda…puoi cambiare professione… puoi cambiare ambiente, città, continente….ma puoi cambiare sempre se lo vuoi veramente! La vita è una e va vissuta pienamente, in maniera libera ed autentica!


Re-inventarsi un lavoro a 50 anni: la storia vera di Roberto

Ho chiesto a Roberto, un assiduo lettore di CoachLavoro, di raccontarmi la sua esperienza di vita, su come sia riuscito ad inventarsi un nuovo lavoro dopo la crisi che lo ha messo fuori dal mercato del lavoro a 50 anni. Ecco la sua storia:

“Non augurerei a nessuno di perdere il posto di lavoro intorno ai 50 anni! Sì,perché anch’io faccio parte della schiera di persone alle quali è capitato di trovarsi in questa situazione… Nel 2006 sono tra gli esuberi della grande azienda tessile di Como, nella quale lavoravo da soli sei anni. Si sa che gli ultimi arrivati,sono i primi ad andarsene,in caso di tagli. Riesco,comunque, a lavorare subito in un’altra azienda con tre contratti a termine,via via rinnovati. Finché, scaduto il terzo contratto,sono rientrato nelle liste di mobilità. Alla “tenera” età di 52 anni e dopo oltre trenta di lavoro nel settore tessile,mi ritrovo ancora con un futuro da riscrivere!  Nel frattempo,misi a disposizione molte domeniche, tra il 2007 e il 2008, per frequentare un corso di dizione e recitazione a Milano. Perso il posto,alla fine di luglio 2008,con un grosso sforzo economico, realizzai un book fotografico che mi sarebbe poi servito per i numerosissimi casting e provini che ho sostenuto nelle varie agenzie per spot e fiction televisivi. Sono riuscito a fare la controfigura nel recente film di Ezio Greggio ed Enzo Jacchetti, ho girato due spot pubblicitari, ho partecipato anche ad una diretta su rete4, come protagonista, per la trasmissione “Forum” e quest’anno ho realizzato delle foto pubblicitarie e nelle prossime settimane girerò un nuovo spot. Dal punto di vista economico, quel che ho guadagnato con questo lavoro, è servito solo a pagare qualche bolletta e ad ammortizzare la spesa per il book ! La situazione rimane comunque non facile ed io non smetto di cercare un lavoro stabile, ovviamente… Ma la mia vita sarebbe stata diversa se non avessi cercato altre opportunità che, anche se poche, sono arrivate! Perché se è vero che esistono i problemi, è altrettanto vero che esistono le soluzioni. Se non sempre può andare tutto bene, non sempre può andare tutto male.


Non sono più soddisfatto del mio lavoro ma ho paura di cambiare: il Coaching può aiutarti!

Spesso ci chiediamo se abbiamo fatto la scelta giusta, se il settore in cui lavoriamo è quello che più ci piace, se abbiamo realmente rispettato e ascoltato i nostri interessi e inseguito i nostri sogni. O altre volte accade che gli interessi cambino durante il nostro percorso personale/professionale… cosa fare? Si può cambiare ? E fino a quale età è possibile reinventarsi? Credo personalmente in qualunque momento! La chiave di tutto è la passione per il lavoro unita ad una sana fiducia in sè stessi! Hai superato i 40 anni e ti sei accorto di essere demotivato e spento…non hai più voglia di andare a lavorare..vorresti cambiare lavoro, inseguire quel sogno lasciato troppo a lungo nel cassetto ma…da dove cominciare?! La sfida sembra impossibile!

Nei casi di riconversione professionale, é frequente la tendenza a voler cambiare vita, gettando il passato alle ortiche, senza riuscire a valorizzare le esperienze fatte. In questi casi sorgono resistenze, perché inconsciamente diventa inaccettabile cancellare il bagaglio acquisito. E’ possbile in questi casi intraprendere un percorso di Career coaching, individuare gli obiettivi appaganti, esplorare le motivazioni al cambiamento, cercando “il senso” che dia la direzione al proprio percorso, lavorando sulla consapevolezza del presente e del passato e sui risultati acquisibili nel futuro.

Con il Coaching è possibile concretizzare i sogni e trasformarli in realtà attraverso un piano fatto di passi progressivi e di azioni specifiche. Il compito del career coach è anche quello di fare esplorare la possibilità della conciliazione, della fusione delle esperienze e competenze per progettare un cambiamento professionale. Ogni esperienza ha un suo valore, contribuisce a sviluppare conoscenze, competenze e a rinforzare qualità personali. Per ottenere risultati sostenibili nel tempo vanno rispettati tutti i segnali che il cliente esprime. Un buon bilancio di competenze in questi casi offre maggiore consapevolezza delle proprie risorse, in modo da poterle utilizzare. Il coraggio di mettersi o “rimettersi” in gioco è un ingrediente essenziale per avere successo nella propria vita e rispettare le proprie aspirazioni. Il coaching è uno strumento importante che può aiutarti in questa impresa!


50enni stressati sul lavoro: cause e prospettive

I ricercatori del “British Institute of Work, Health and Organisations” hanno pubblicato un report sullo stress correlato al lavoro nei cinquantenni. Tra le diverse fasce d’età, quella fra i 50 e i 55 anni risulta la più colpita. Pare che questo livello di stress sia tale da poter persistere e far sentire i suoi effetti anche dopo l’entrata in pensione. Un altro dato rilevante è che questa sarebbe la più importante causa di assenze dal posto di lavoro, superiore ad ogni altra, malattie organiche comprese. Risulta ovvio che in una situazione in cui l’età lavorativa diventa sempre più alta e la pensione un orizzonte sempre più lontano non possiamo ignorare questi risultati che tuttavia si limitano ad essere puramente descrittivi. Secondo Ballarini, le ragioni possono essere diverse. In primis l’angoscia correlata alla paura di perdere il posto, associata alla consapevolezza della difficoltà del rientro. Nel momento in cui un soggetto potrebbe capitalizzare sulla sua esperienza, in cui studio e pratica costituiscono un solido mix capace di dare solidità, la paura di essere surclassati dai più giovani fa tremare il terreno…sotto la scrivania! Può esistere anche un secondo fattore, che Ballarini definisce “plafonamento“. Può accadere che superati i cinquantanni sia ormai chiaro che le possibilità di carriera o non ci sono mai state o si sono bruciate. Non resta quindi che immaginarsi altri dieci, quindici anni nelle stesse esatte condizioni, allo stesso posto con gli stessi compiti. Non si può certo parlare di prospettive rosee…la motivazione può scendere e il morale precipitare.

Ma quali le soluzioni possibili, allora?

I ricercatori di Nottingham fanno delle proposte interessanti:
•permettere ai dipendenti più avanti con gli anni una maggior possibilità di controllo sui loro compiti,
•fornire un riconoscimento più evidente al contributo che danno
•aumentare la flessibilità del loro lavoro.

Sono tutte buone soluzioni che tuttavia intervengono solo dall’esterno. ccorre anche un passo di pensiero da parte del soggetto. Pensare “non sono finito”, questo il primo passo da fare. E da questo passo partire per generare grinta nell’agire e potenza nel far valere la forza della propria esperienza. Accompagnate dalla certezza che se dovesse poi accadere il temuto esistono comunque possibilità di rimettersi in gioco, magari ripensando il proprio ruolo e profilo professionale. Magari valutare la possibilità di fare un percorso di coaching e di consulenza di carriera per scoprire le proprie competenze e come poterle valorizzare….ma anche come ri-scoprire la bellezza della propria sfera personale e relazionale, cercando il cosiddetto work-life balance, l’equilibrio sano e benefico tra il lavoro e la vita privata


“Cosa vuoi fare davvero?”…ovvero come cambiare vita e lavoro a 40 anni

“Adesso basta – Lasciare il lavoro e cambiare vita”, questo il titolo di un libro scritto dall’ex manager della Boston Consulting, Simone Perotti. Fra le sue ultime occupazioni: capo delle relazioni esterne Sisal e direttore della comunicazione di Rcs; incarichi prestigiosi e ben pagati. Ora Simone abita nelle vicinanze di La Spezia e si guadagna da vivere spostando barche, dipingendo le facciate delle case, navigando e scrivendo, ma gli ci sono voluti dodici anni, da quando ha cominciato a pensare di cambiare vita, prima di mettere in pratica i suoi sogni… Che cosa ti piacerebbe fare? Domanda banale, ma alla quale i più non sanno rispondere su due piedi: “la nostra sfera dell’immaginazione è atrofizzata perché ci hanno detto che dobbiamo fare qualcosa attinente al dovere e non al piacere.”

E qui entra in gioco il paradigma culturale, la filosofia, discorsi apparentemente alti ma che ci riguardano eccome poichè tracciano le linee della nostra esistenza. Fatta di riunioni, appuntamenti, pranzi di lavoro, reperibilità; tutte cose che sottraggono tempo agli affetti, agli amici, ai propri interessi. A se stessi. Chiaro, per smettere di lavorare occorre aver messo da parte un certo gruzzolo, e poi saperlo amministrare, senza timore di “erodere il capitale” ma dovendo comunque rinunciare alle scarpe firmate e al ristorante. Rinunce per qualcuno impossibili. Perotti afferma: “Tutti noi sappiamo fare molte più cose rispetto a quel che crediamo, e le nostre passioni molto spesso sono monetizzabili. Ma ci hanno convinti che dobbiamo fare per tutta la vita una sola cosa, perché nel curriculum c’è scritto che sappiamo fare quella.” 

Ho pubblicato questa storia non tanto come un modello da seguire….non è detto che tutti debbano mollare tutto per andare a vivere in campagna…quanto piuttosto perchè è un bell’esempio di come non sia mai troppo tardi per rimettersi in discussione, per dare una svolta al proprio percorso di vita e di lavoro.

Lo scopo è uno solo, fare ciò che si VUOLE davvero fare, realizzando profondamente noi stessi, liberandoci da ruoli e consuetudini che non ci appartengono!

Cambiare significa trovare il tempo per un’elaborazione che, una volta pensata, richiede altro tempo. “Non si nasce liberi, lo si diventa. Non basta sperare, è necessario osservare una certa disciplina per realizzare i propri sogni”. E’ un pensiero dello scrittore Bjorn Larsson, riportato da Perotti.