In Cielo e Ritorno

NDE:Esperienze di morte e ritorno in vita

I N D I C E

Carlo T.


"Avevo 24 anni e da quel tempo ne sono trascorsi più di altrettanti senza che il ricordo si sia offuscato. 

Ero a letto da un paio di giorni per una febbre attribuita a una banale influenza, ma la mattina del terzo giorno peggiorai improvvisamente. Polso veloce, brividi e caldane, sintomi di febbre altissima, difficoltà di respiro, punture dolorose nei polmoni e una gran debolezza. Capii che le cose si mettevano male. Però cominciai a stupirmi accorgendomi che le condizioni psichiche si andavano evolvendo in senso contrario a quelle fisiche. 

Le percezioni dell'ambiente divenivano più vivide, l'ideazione accelerava e diventava più limpida. Mi chiesi se non stessi delirando, ma la realtà non si distorceva, anzi sembrava più reale, le capacità intellettuali ingigantivano, pareva che la consapevolezza di esistere si dilatasse. 

Cadevano le barriere fisiche, potevo vedere fuori dalla stanza, come se i muri non esistessero. Vedevo mia madre affaccendata in cucina, ignara della mia crisi; vedevo contemporaneamente una certa ragazza per strada, assai lontano da casa mia, e “sapevo " che stava venendo a farmi visita. Infatti arrivò dopo mezz'ora, e tanto basta, credo, per provare un autentico episodio di chiaroveggenza. Nonostante tutto, la faccenda mi appariva normale! 

Poi cominciai a percepire qualcosa al di fuori della realtà normale. Una luminosità crescente e diffusa, di un colore indefinibile, fra l'azzurro e l'oro; e una musica stupenda, dolcissima, che pareva tutt'uno con la luce. Mi pervadeva una gioia mai provata fino ad allora. D'un tratto mi avvidi che tutte le sofferenze fisiche erano scomparse, insieme alla consapevolezza di avere un corpo; fu a questo punto che un pensiero mi attraversò la mente: io stavo morendo! 

Non ne provai alcun dispiacere, nessuna paura: procedeva verso la luce, con uno sconfinato senso di libertà, di potere e di gioia. Ma fu di breve durata. Un'altra idea mi colpì. Mi raffigurai con straordinaria evidenza i miei genitori avviarsi tristi e soli (sono figlio unico) verso la vecchiaia. Mi attanagliò un senso di colpa: mi giudicai egoista per quell'abbandonarmi ad una esperienza meravigliosa e cominciai a tornare indietro, rinunciando consapevolmente. Si affievolirono le musiche, scomparve la luce, non vidi più oltre i muri; ritrovai il mio respiro affannoso, mille aghi ripresero a trafiggermi i polmoni. 

In questo stato mi trovò mia madre. Fu chiamato d'urgenza il medico, ma quando giunse stavo già meglio: lo sentii parlare di polmonite, di crisi ormai superata."