In Cielo e Ritorno

NDE:Esperienze di morte e ritorno in vita

I N D I C E

Paul Anton Keller


Il professor Paul Anton Keller, scrittore e uomo di cultura, descrive un’esperienza vissuta all’età di trent’anni a causa di un incidente che per poco non gli costò la vita. Insieme ad alcuni ragazzi del paese stava rizzando l’albero della cuccagna quando la situazione uscì di controllo e il pesante palo piombò su di lui. Ecco la realistica, bellissima descrizione: 

"Io guardavo la punta dell’albero. Di colpo mi assalì la sensazione di un pericolo che mi minacciava. In quel momento, un momento di incredibile lucidità, l’alberò si piegò. Sibili e fragore… Urla e grida. Un colpo spaventoso mi scaraventò a terra. Dolore lancinante in tutto il corpo. Poi ogni rumore svanì. E tuttavia io sentivo ancora, percepivo, vedevo, comprendevo l’evento con una chiarezza e una limpidezza che non avevo mai sperimentato prima in vita mia… 

Vedevo me stesso, vedevo il mio corpo giacere sul prato calpestato, accanto alla buca destinata all’albero della cuccagna. Una zolla di terra si era appiccicata alla mia tempia destra, lo notai con molta chiarezza… Non soltanto potevo vedere il mio corpo, che conoscevo così bene, giacere tutto imbrattato nell’erba e osservarlo senza alcuna partecipazione, quasi con ripugnanza, ma assistevo anche allo spavento dei miei amici e alla disperazione della maestra, che invece dell’albero della cuccagna si trovava sul prato davanti alla finestra un moribondo.

Arrivò in bicicletta il dottore. Il mio corpo fu sollevato. Ora vedevo soltanto le larghe spalle del dottore che si chinava sul mio corpo. Arrivarono altri curiosi. Qualcuno mi aveva tolto la giacca, il barbiere del paese la posò accanto alla botte dell’acqua piovana. La sua mano scivolò nel taschino, le sue dita si strinsero intorno al mio orologio. Io gli afferrai il braccio, ma fu come stringere il vuoto… Mi misi allora nel cerchio dei curiosi, non incontravo alcuna resistenza. Che gli altri non mi vedessero mentre io ero vivo come non mai, era cosa che mi stupiva e mi turbava… 

Poi tutto ciò che mi circondava svanì e io mi ritrovai solo. Indescrivibile è la sensazione di pace e felicità che provavo: tutto ciò che mi aveva turbato era lontanissimo, non riuscivo neppure a richiamarlo alla memoria. Pensieri; avevo ancora la capacità di pensare? Mi sembrava che tutto si fosse dissolto in sentimento, in una limpida percezione che mi si rivelava come una realtà potenziata e trasfigurata. Avevo già sperimentato svenimenti e anestesie, ma il mondo sensibile in cui mi trovavo ora era infinitamente più chiaro e tuttavia indipendente da organi e nervi. 

Improvvisamente udii della musica. Suoni che non assomigliavano in nulla ad una musica come la intendiamo noi. Da qualche parte, al di là di questa divina melodia, doveva essere il regno dell’eterna pace e dell’eterna chiarezza, verso il quale io ora mi stavo muovendo con assoluta fiducia e confidenza… 

Improvvisamente però mi ritrovai accanto al dottore. La copia di cera del mio “io” gli giaceva immobile davanti. Ero enormemente stupito che quella figura fosse appartenuta a me, che in qualche modo quel corpo pallido mi appartenesse. Quel viso cadaverico che aveva i miei lineamenti suscitava in me soltanto repulsione. I capelli erano appiccicati alla fronte, una narice era strappata e sanguinava abbondantemente. Il labbro superiore era alzato. Tra i denti era conficcato un pezzetto di legno: la maestra lo tolse piano con le sue dita sottili. Il medico riempì una siringa: non senza curiosità lo stetti ad osservare mentre con grande abilità ed attenzione conficcava l’ago nel braccio. 

Un’oscura paura mi colse: in essa persi il mio senso di pace assoluta… La luce che stava per schiudersi su di me si offuscò, mi sembrò che una forza priva di amore trascinasse il mio Io in quella profondità in cui sapevo che si trovava il mio corpo, di cui ricordavo senza alcuna gioia l’esistenza. Sì, non c’era dubbio, sprofondavo, venivo risucchiato, e non potevo resistere a questa forza anche se mi opponevo ad essa con tutto me stesso. 

Di nuovo un’ondata di violento dolore mi pervase. Fui strappato da quella luce come da un pugno brutale e ora mi sembrava di sentire odore di medicine, tabacco, animali. E c’erano anche delle persone. Ora anche la luce del giorno colpiva le mie palpebre, ed era ben misera in confronto al mondo di luce che io ora conoscevo. China su di me vedevo la fronte del dottore, che ora alzò il viso, si rivolse alle persone che ci circondavano e con una voce che mi parve di non riconoscere disse: “È vivo…”.