In Cielo e Ritorno

NDE:Esperienze di morte e ritorno in vita

I N D I C E

Raymond Moody: "La vita oltre la vita"


In questo libro Moody parla di come è maturato il suo interesse verso le esperienze di pre-morte o NDE (Near Death Experience) . E' stato il primo libro che ha aperto una specie di vaso di Pandora su questo tipo di esperienze, possiamo dire che ne è stata la prima pietra.

Ciò che lo indusse a rivolgere i suoi studi sulla morte fu il venire a sapere di George Ritchie, un medico che «ebbe l’esperienza di essere dichiarato morto. In quello stato vide una luce, poi lasciò il suo corpo e da lì ebbe inizio la sua avventura». Era la prima volta che Moody sentiva parlare di qualcuno che era stato sulla soglia della morte ed era ritornato.

Da quel momento si prefisse di approfondire la questione. Ebbe modo di conoscere quel medico e di sentirgli raccontare la sua storia davanti a un pubblico di giovani studenti. Inizialmente ritenne che quello fosse un caso unico. Qualche tempo dopo, quando un suo studente gli parlò di una esperienza che aveva avuto in seguito ad un incidente automobilistico, si rese conto che forse il caso di Ritchie non era unico e così «iniziai a chiedermi quanto frequenti fossero tali esperienze e che cosa significassero».

In seguito a ciò iniziò a raccogliere le testimonianze di quelle che avrebbe definito esperienze perimortali o NDE (Near-Death Experience) e ne discusse con studenti e colleghi. Anche al di fuori del mondo accademico si sapeva di cosa si occupava, tanto che qualche anno dopo un editore gli propose di pubblicare un libro. Nacque così £La vita oltre la vita", del 1975, che divenne ben presto un best seller in tutto il mondo.

Questa sua ricerca fu la prima di una serie che ancora oggi suscita interesse, tanto che lo studio delle NDE, inizialmente indirizzato a fornire prove della sopravvivenza, ora viene condotto da medici e psicologi con tutt’altri interessi. Grazie al grande successo editoriale per i quattro anni successivi Moody fu invitato a tenere conferenze e a partecipare a trasmissioni televisive in ogni angolo del paese. Quindi, dopo il necessario tirocinio, si laureò in medicina, con indirizzo psicologico.

Attualmente Raymond Moody, oltre a continuare le ricerche e a scrivere libri, è spesso ospite in talk-show e programmi statunitensi, o come relatore in università e incontri a tema.

Dalla postpostfazione dell'ultima edizione del suo libro "La vita oltre la vita" del 2015:

"All'incirca quarantuno anni fa mi trovai in Georgia a parlare ai membri della Milton Antony Medical Historical Society. Raccontai loro di un fenomeno trascendente sul quale stavo indagando all'epoca e che avevo denominato « esperienza di premorte ›› (near death experience, NDE). Coloro che vivevano tale fenomeno non erano tecnicamente morti: erano arrivati a un passo dalla morte ed erano sopravvissuti. «La morte è la cessazione di tutte le funzioni corporee ›› dissi ai cinquanta e rotti medici che riempivano la rotonda. « Per lo meno di tutte le funzioni corporee a noi note. ››

Molti dei medici presenti provenivano dalla scuola di medicina da me frequentata e sapevano che ero uno studente serio e che avevo insegnato filosofia al college prima di decidermi a seguire le orme di mio padre nella professione medica. Eppure, nonostante la mia familiarità con il pubblico, le mani mi sudavano mentre cercavo di impedire che la voce tradisse il mio nervosismo e di concentrarmi sul compito che mi ero prefissato, descrivendo gli eventi straordinari che si manifestano quando una persona giunge ai confini della morte.

Ero agitato perché temevo che il pubblico mi avrebbe deriso. Ma mentre parlavo iniziai a notare qualcosa di inatteso. Uno dopo l'altro, dei guizzi di consapevolezza iniziarono a comparire negli occhi dei medici. Avevano anch'essi chiaramente ascoltato dei pazienti descrivere le esperienze extra-corporee da loro vissute e di essere stati trasportati a grande velocità in un lungo tunnel, o raccontare di aver visto « esseri di luce ›› o di aver compiuto viaggi rapidi ma indimenticabili in paradiso. 

All`epoca non erano stati in grado di rispondere alle domande rivolte loro riguardo a tali fenomeni ma adesso avevano per lo meno un nome per definirli e la promessa che erano in corso altre ricerche che avrebbero avallato le loro esperienze.

Fui entusiasta della reazione del mio pubblico di esperti. Nelle settimane successive fu come se fosse crollata una diga, tanti furono i medici che si fecero avanti per raccontarmi storie relative a eventi vissuti da pazienti che erano quasi morti. I loro resoconti diedero ulteriore impulso al mio lavoro e andarono ad aggiungersi alla massa critica di esempi sulla quale mi basai per produrre questo libro.

La "Vita oltre la Vita" fu pubblicato nel 1975. Da allora dedico la mia esistenza agli studi sulle esperienze di premorte, un campo di esame nell'ambito della medicina e della filosofia che ha avuto inizio con questo libro e che coinvolge attualmente ricercatori in ogni parte del mondo.

E stato per me emozionante osservare e prestare la mia assistenza alle ricerche portate avanti dai miei colleghi scienziati. Il nostro lavoro collettivo ha condotto a una grande varietà di risposte su una grande varietà di domande, dalle esperienze vissute dai neonati (certo,anche loro le hanno) alla natura trasformativa delle NDE (una vivida esperienza di luce può far nascere una persona nuova e migliore), fino alle risposte riguardanti l'esistenza della coscienza al di fuori del corpo fisico (sì, la coscienza può lasciare il corpo fisico e ricordare eventi accaduti durante il suo viaggio anche a grandi distanze). 

Altre risposte sono arrivate da domande sul suicidio (la NDE riduce le probabilità che una persona tenti di togliersi la vita una seconda volta), al lutto (le NDE rendono più facile accettare la perdita di una persona cara), alla frequenza con cui le NDE si verificano (coinvolgono come minimo il 15 percento dei casi di coloro che si sono trovati in punto di morte, ma forse molti di più), e così via. 

Ciò che vi è di bello negli studi sulle esperienze di premorte è che a ogni risposta si presenta un'infinità di nuove domande, ciascuna indirizzata a risolvere uno dei quesiti più assillanti per l'essere umano: Che cosa accade quando moriamo?

La pubblicazione di "La vita oltre la vita" non concentrò solamente l'attenzione del pubblico mondiale su ciò che avviene nello stato di premorte ma creò anche un contesto nel quale le persone potevano discutere liberamente delle proprie esperienze personali. 

Come conseguenza dell'uscita di questo piccolo volume re, politici, papi, imam, soldati, astronauti, contadini, poliziotti, infermieri - in pratica chiunque in ogni ambito dell'esistenza - si sentono adesso a loro agio parlando di NDE e di altre esperienze trascendenti che giocano un ruolo importante nella vita di ciascuno.

E ovviamente ciò vale anche per i medici. Una tendenza interessante in ambito editoriale è rappresentata dal gran numero di libri e articoli scritti da medici riguardo alle loro personali esperienze con la propria morte. A dimostrazione del fatto che questi professionisti, generalmente compassati e attenti alle evidenze scientifiche, si rendono conto in prima persona dell'esistenza di eventi trascendenti, nel momento in cui entrano in contatto con essi attraverso i loro pazienti. 

Penso, fra gli altri, a un neurochirurgo, a un chirurgo ortopedico, a un professore di chirurgia ortopedica, a un dermatologo e a un capo anestesista presso un importante centro cardiologico. Costoro sono arrivati al punto di dirmi che le loro esperienze indirette di premorte svelavano in modo inequivocabile una realtà al di là della morte e che la NDE fornisce la prova scientifica di una vita nell'aldilà.

Come valutare la prospettiva di una vita dopo la morte? Si tratta di una questione che lascia perplessi e la forma tradizionale in cui essa viene dibattuta ha un difetto fondamentale. A quanti dichiarano che le esperienze di premorte indicano la presenza di un aldilà, si oppongono coloro che avanzano spiegazioni neurofisiologiche, fra cui quella in base alla quale le NDE sono delle mere allucinazioni causate dalla carenza di ossigeno in un cervello morente.

Eppure ho intervistato personalmente centinaia di persone che mi hanno riferito di avere vissuto un'esperienza di morte condivisa (shared death experience, SDE) al capezzale di un moribondo. Queste persone non erano malate o ferite, eppure segnalarono la presenza dei medesimi elementi che compongono le esperienze di premorte. 

Ad esempio, questi testimoni raccontano di avere visto lo spirito di una persona in punto di morte lasciare il corpo oppure di aver essi stessi lasciato il proprio corpo e di essersi innalzati verso una luce in compagnia dello spirito dei loro cari morenti. Alcuni assistono persino alla rivisitazione della vita della persona in agonia.

In altre parole i presenti sono in grado di condividere empaticamente l'esperienza della morte di un'altra persona. E in questi casi le esperienze empatiche di morte condivisa non sono decisamente causate dalla carenza di ossigeno in un cervello morente. In che modo mettere insieme tutto ciò è una questione soggettiva, dal momento che non esiste ancora un metodo chiaro e razionale per rispondere alla domanda relativa all'aldilà.

Il mio parere soggettivo è che esista un mondo al di là della morte. Non trovo alcun valore nelle spiegazioni neurofisiologiche. Mi fido invece dei miei colleghi medici e delle migliaia di individui gentili di ogni parte del mondo che mi hanno raccontato le proprie esperienze.

Poiché secondo il loro giudizio, e proprio come negli esempi riportati in "La vita oltre la vita", essi hanno visitato un mondo ultraterreno pieno di amore e di luce."


Raymond Moody, M.D., Ph.D.