In Cielo e Ritorno

NDE:Esperienze di morte e ritorno in vita

I N D I C E

1999 Mary Neal


(“In Paradiso e ritorno”; Dott.ssa ortopedica americano, morta annegata e poi tornata in vita)


In paradiso e ritorno: La storia vera di un medico e della sua esperienza nell'Aldilà. “Mi sembrava di non sentire dolore, ma mi domandai se in realtà non stessi gridando senza accorgermene. Feci un rapido esame e decisi che no, non stavo gridando, e che non avvertivo alcun dolore. Mi sentii stranamente felice: una sensazione impressionante, dal momento che l’idea di annegare mi ha sempre spaventato a morte. 

Mentre il mio corpo veniva lentamente risucchiato fuori, sentii come se anche la mia anima lo stesse a poco a poco abbandonando. Finalmente percepii le membra liberarsi dalla canoa e scivolare via trasportate dalla corrente. Quella fu l’ultima sensazione fisica che provai. Non ricordo di aver toccato il fondale del fiume, di essere rimbalzata contro Chad e di essere stata trascinata a riva. Nel momento in cui il mio corpo si disincagliò e iniziò a essere trascinato dalla corrente, sentii uno “scoppio”. 

Era come se mi fossi finalmente scrollata di dosso il pesante strato esterno che mi ricopriva, liberando la mia anima che iniziò a salire verso l’alto, fuori dal fiume. Irrompendo dalla superficie dell’acqua, incontrai un gruppo di quindici, venti anime – spiriti umani inviati da Dio –, che mi accolsero con la gioia più irrefrenabile che io abbia mai visto e che potessi mai immaginare. Era una gioia pura ed essenziale. Era una sorta di grande comitato d’accoglienza o di enorme folla di testimoni. Era come se questo comitato d’accoglienza stesse facendo un tifo selvaggio per me mentre mi avvicinavo al “traguardo”. 

Anche se non riuscivo a dare un nome a ogni spirito – per esempio Paul, mio nonno; la signora Sivits, la mia vecchia babysitter; Steven, il mio vicino di casa, e altre persone che erano morte –, ciascuno di loro mi era familiare, sapevo che venivano da parte di Dio e che li conoscevo da sempre. Comprendevo che erano stati inviati per guidarmi attraverso quel passaggio di tempo e dimensione che separa il nostro mondo da quello di Dio. Capii anche l’implicito accordo, secondo cui non erano stati mandati solo per salutarmi e per guidarmi, ma anche per proteggermi durante il viaggio. Mi apparvero come forme distinte, ma i loro tratti non erano definiti e chiari come quelli dei corpi che abbiamo sulla Terra. 

I loro contorni erano nebulosi, perché ogni essere spirituale era radioso e abbagliante. La loro presenza aveva travolto tutti i miei sensi, come se li potessi allo stesso tempo vedere, udire, sentire, odorare e gustare. Il loro splendore da una parte era accecante e, dall’altra, rinvigorente. Il nostro non era un vero e proprio interloquire, ma una comunicazione che avveniva in una forma molto più pura. Esprimevamo contemporaneamente i nostri pensieri e le nostre emozioni, e ci capivamo alla perfezione anche se non usavamo la voce. Il mio arrivo fu festeggiato con gioia e la sensazione di amore assoluto era palpabile come lo erano quegli spiriti, e io abbracciai, salutai e danzai con ognuno di loro. 

L’intensità, la profondità e la purezza di quei sentimenti e di quelle sensazioni erano di gran lunga più grandi di quanto riuscirei mai a descrivere a parole e molto più forti di qualsiasi altra esperienza io abbia mai vissuto sulla Terra. I miei compagni e io ci mettemmo a levitare lungo un sentiero, ed ero consapevole che stavo tornando a casa. In quella che sarebbe stata la mia casa per l’eternità. Stavamo tornando da Dio ed eravamo tutti molto emozionati. Stavamo percorrendo una strada che portava a una stanza enorme e luminosa, più ampia e più bella di qualsiasi altra cosa io possa immaginare sulla Terra. Risplendeva meravigliosamente dei colori più brillanti. 

Credo che quando le persone che si sono trovate in fin di vita raccontano di «avere visto una luce bianca» o di essersi mossi «verso una luce bianca», stiano descrivendo il loro avvicinamento a questa sala splendente. È solo che il nostro vocabolario non è abbastanza ricco per rendere un’esperienza simile in modo comprensibile. Forse è per questo che Gesù spesso si esprimeva con le parabole. Percepii che la mia anima veniva attratta verso l’ingresso e, mentre mi avvicinavo, mi lasciai avvolgere da quell’immenso chiarore, percependo l’amore assoluto, puro, completo e del tutto incondizionato che quella sala irradiava. 

Non avevo mai visto né sperimentato niente di più bello e seducente. Ero assolutamente certa che rappresentasse l’ultimo passo della vita, la porta che ogni essere umano deve attraversare. Era chiaro che quella sala fosse il luogo in cui ognuno di noi ha l’opportunità di rivedere la propria vita e le proprie scelte, e dove a ciascuno è data l’ultima possibilità per scegliere Dio o allontanarsene definitivamente, per l’eternità. Mi sentivo pronta a entrare nella sala e mi riempiva il desiderio profondo di ricongiungermi a Dio.