In Cielo e Ritorno

NDE:Esperienze di morte e ritorno in vita

I N D I C E

1995 Gloria Polo


"Ero all’Università Nazionale della Colombia a Bogotà, nel maggio del 1995. Con mio nipote, dentista come me, preparavo gli esami di dottorato. Quel giorno, un venerdì pomeriggio, mio marito ci accompagnava perché dovevamo prendere dei libri alla Facoltà. Pioveva forte. Io e mio nipote stavamo sotto un piccolo ombrello mentre mio marito, coperto da un impermeabile, era ormai vicino all’edificio. Per evitare delle pozzanghere, io e mio nipote siamo passati sotto degli alberi. All’improvviso siamo stati tutti e due fulminati. 

Mio nipote è morto sul colpo. Era giovane, ma malgrado la sua età si era già consacrato a Nostro Signore. Aveva una grande devozione al Bambino Gesù. Portava sempre la sua immagine sul petto racchiusa in un cristallo di quarzo. Secondo l’autopsia, il fulmine sarebbe entrato proprio da questa immagine, avrebbe carbonizzato il cuore e sarebbe uscito dai piedi. Esteriormente non appariva nessuna traccia di bruciatura. 

Quanto a me, il mio corpo è stato carbonizzato in modo orribile, sia fuori sia dentro. Il corpo che vedete ora è stato ricostruito dalla grazia della misericordia divina. Il fulmine mi aveva carbonizzato: non avevo più il petto, e quasi tutta la mia carne e una parte dei miei fianchi erano spariti. Il fulmine è uscito dal mio piede destro dopo aver bruciato quasi del tutto il mio stomaco, il fegato, i reni e i polmoni. Praticavo la contraccezione e portavo una spirale intrauterina di rame. Ora, il rame è un ottimo conduttore di elettricità, e il fulmine ha carbonizzato le mie ovaie. Mi trovai dunque in arresto cardiaco, senza più vita; il mio corpo aveva dei sussulti a causa dell’elettricità che ancora incamerava. Tutto questo riguarda la mia parte fisica. 

Ma mentre la mia carne bruciava mi ritrovai in un istante, felice e in pace, dentro un bellissimo tunnel di luce bianca. Nessuna parola può descrivere la grandezza di quel momento di felicità. L’apoteosi di quel momento era immensa. Mi sentivo felice e piena di gioia perché non ero più soggetta alla legge della pesantezza. Alla fine del tunnel vidi come un sole da cui emanava una luce straordinaria. La direi bianca, per darvene un’idea, ma in effetti nessun colore della terra è paragonabile al suo splendore. Vi vedevo la fonte di ogni amore e di ogni pace. Mentre ascendevo mi resi conto che ero morta. 

In quel momento ho pensato ai miei bambini e mi sono detta: “Oh, mio Dio! i miei bambini cosa penseranno di me?”. Sono stata una mamma molto attiva e non avevo mai del tempo da consacrare a loro! Potevo vedere la mia vita come era stata veramente e questo mi ha rattristato. Ogni mattina lasciavo la casa per cambiare il mondo e non ero capace nemmeno di occuparmi dei miei bambini. 

Mentre stavo provando un senso di vuoto a causa dei miei bambini, vidi qualcosa di magnifico: il mio corpo non faceva più parte dello spazio e del tempo. In un solo momento potevo abbracciare con lo sguardo tutto il mondo, quello dei vivi e quello dei morti. Ho potuto abbracciare i miei nonni e i miei genitori defunti. Ho potuto stringere fra le mie braccia tutto il mondo! È stato un bel momento! Compresi allora quanto mi ero sbagliata nel credere alla reincarnazione e nell’essermene fatta l’avvocata. Avevo l’abitudine di “vedere” dappertutto mio nonno e il mio bisnonno. Ma ora li abbracciavo ed ero in mezzo a loro. In uno stesso momento ci siamo abbracciati anche con tutti gli esseri che avevo conosciuto in vita. Durante questi bei momenti fuori del mio corpo, avevo perso la nozione del tempo. 

Il mio sguardo era cambiato: sulla terra consideravo la differenza fra quello che era grasso, quello che era nero o quello che era handicappato perché avevo sempre dei pregiudizi. Fuori del corpo invece consideravo gli esseri dall’interno. Com’è bello vedere gli altri dall’interno! Potevo conoscere i loro pensieri e i loro sentimenti e abbracciarli tutti in un solo momento ed elevarmi intanto più in alto, piena di gioia. A un certo momento ho sentito la voce di mio marito che piangeva e mi chiamava: «Gloria, ti prego non andare via! Gloria, ritorna! Non abbandonare i bambini, Gloria!». L’ho guardato e non solo l’ho visto ma ho anche sentito la sua profonda tristezza. Il Signore mi ha permesso di tornare benché questo non fosse proprio il mio desiderio.

Provavo una tale gioia, una tale felicità! Ma ecco che, pian piano, scendevo verso il mio corpo che giaceva là senza vita. Era su una barella al centro medico del Campus. Vedevo che i medici mi facevano degli elettrochoc e cercavano di rianimarmi dall’arresto cardiaco in cui ero incorsa. Sono stata là per circa due ore e mezzo. All’inizio i medici non potevano toccare il mio corpo perché era ancora carico di elettricità, poi, quando poterono farlo, cercarono di riportarmi in vita. Accostatami alla mia testa sentii come uno choc che mi riportò dentro il mio corpo. Fu doloroso perché sprizzavo scintille da ogni parte. Mi pareva di entrare in qualcosa di troppo stretto. Le mie carni ferite e bruciate mi facevano male: fumavano ancora ed emanavano vapore. 

Ma la ferita più terribile fu quella fatta alla mia vanità. Ero una donna di mondo, una dirigente, una intellettuale, una studentessa schiava del suo corpo, della bellezza e della moda. Ogni giorno facevo quattro ore di ginnastica per avere un corpo agile: massaggi, terapie, cure di ogni genere. Era la mia vita, un ritmo che mi incatenava al culto della bellezza del corpo. Mi dicevo: “Ho dei bei seni, perché tenerli nascosti?”. Lo stesso per le mie gambe, perché credevo di avere delle belle gambe oltre a un bel petto! Ma in un solo momento ho capito con raccapriccio che avevo passato la vita a prendermi cura del mio corpo. L’amore del mio corpo era stato il centro della mia esistenza! 

Ora, non avevo più corpo, né petto, solo delle orribili cavità. Il mio seno sinistro, in particolare, non c’era più. Le gambe erano delle piaghe aperte, senza carne, bruciate e carbonizzate. Poi mi trasportarono all’ospedale e con urgenza alla sala operatoria dove cominciarono a raschiare e a pulire le bruciature. Mentre ero sotto anestesia, sono uscita di nuovo dal mio corpo e ho visto quello che i chirurghi mi stavano facendo. Ero inquieta soprattutto per le mie gambe. 

Ma ecco che passai un momento terribile. Dovete sapere che durante tutta la mia vita sono stata una cattolica di facciata. Il mio rapporto col Signore era limitato alla messa della domenica, non più di venticinque minuti e in una chiesa nella quale il prete tenesse un’omelia breve perché non avrei potuto sopportare di più. Questo era il mio rapporto col Signore! Tutte le teorie del mondo mi avevano influenzata come una girandola. 

Ma in quel momento, nella sala operatoria, mi sentii davvero atterrita. Vedevo dei demoni venire verso di me perché appartenevo a loro. Li vidi sorgere dai muri della sala. Di primo acchito sembravano persone normali ma in realtà avevano dei visi pieni di odio e orrendi. In quel momento capii che appartenevo a ciascuno di loro. Capii che venivano a prendermi! Immaginate la mia paura. 

Il mio spirito intellettuale e scientifico non mi era di alcun aiuto. Cercai di tornare dentro al corpo ma questo non mi lasciava entrare. Allora corsi verso l’esterno della sala sperando di potermi nascondere da qualche parte, in un corridoio dell’ospedale, ma finii per saltare nel vuoto. Caddi in un tunnel che mi attirava verso il basso. All’inizio c’era della luce e sembrava di essere in un alveare: c’era molta gente! 

Ma ben presto cominciai a scendere passando per dei tunnel completamente bui. Non c’è paragone con l’oscurità più totale della terra. Questa oscurità generava sofferenza, orrore e vergogna. C’era pure un fetido odore. Quando finii di scendere questi lunghi tunnel mi ritrovai su una piattaforma. Io che avevo l’abitudine di attribuirmi una volontà di ferro e di dire che nulla era troppo per me… la mia volontà non mi servì a niente: non riuscivo a risalire. 

Ad un certo punto vidi nel suolo aprirsi un gigantesco crepaccio che rivelò un immenso vuoto, un abisso senza fondo. Vi si sentiva l’assenza assoluta dell’amore di Dio e la mancanza di ogni speranza. Il crepaccio mi aspirava ed io ne fui terrorizzata. Capivo che se andavo a finire là dentro la mia anima ne sarebbe morta. Mi sentivo tirata per i piedi: il mio corpo stava già per entrarci! Fu un momento di estrema sofferenza e di spavento. 

Il mio ateismo si dissolse e cominciai a gridare verso le anime del Purgatorio perché mi aiutassero. Mentre urlavo, provai una sofferenza molto intensa perché mi fu dato di capire che milioni e milioni di esseri umani si trovavano là, soprattutto giovani. Sentii stridori di denti, orribili grida, lamenti che mi scossero fino al centro del mio essere. Mi sono stati necessari degli anni per liberarmene perché, ogni volta che mi ricordavo di quei lamenti, piangevo pensando alle loro indicibili sofferenze. 

Capii che era quello il luogo dove andavano i suicidi: in un momento di disperazione si ritrovavano in mezzo a quegli orrori. Ma il tormento più terribile era l’assenza di Dio. Non si poteva sentire Dio. In quella situazione mi misi a gridare: «Chi ha potuto fare una cosa simile? Io sono quasi una santa: non ho mai rubato, non ho mai ucciso nessuno, ho aiutato i poveri, ho praticato delle cure dentarie gratuitamente a delle persone bisognose: cosa faccio io qui? Sono andata alla messa alla domenica… non ho perso la messa più di cinque volte nella mia vita! Allora, perché sono qui? Sono cattolica, vi prego, sono cattolica portatemi via di qui!». 

Mentre gridavo che ero cattolica, vidi un debole chiarore. Posso assicurarvi che in quel luogo, la minima luce è il più bel dono. Vidi degli scalini al di sopra del crepaccio e riconobbi mio padre morto cinque anni prima. Vicino a lui, quattro scalini più in alto, c’era mia madre in preghiera, attorniata da una maggiore luce. Il vederli mi riempì di gioia. Dissi loro: «Papà, mamma, portatemi via di qui! Ve ne supplico, portatemi via di qui!». Quando si piegarono verso di me avreste dovuto vedere la loro tristezza. In quel luogo si possono percepire i sentimenti degli altri e vedere la loro pena. 

Mio padre si mise a piangere tenendosi la testa fra le mani: «Figlia mia, figlia mia!», diceva. Mia mamma pregava e io capii che non potevano fare nulla per portarmi via di là. La mia pena si accrebbe poiché essi la condividevano. Così mi sono messa a gridare di nuovo: «Vi supplico, portatemi via di qui! Sono cattolica! Chi ha potuto fare questo errore? Ve ne supplico, portatemi via di qui».

Questa volta si fece udire una voce tanto dolce che mi fece tremare. Tutto fu inondato di amore e di pace e tutte quelle tenebrose creature che mi circondavano fuggirono perché non potevano stare davanti all’Amore. Quella voce preziosa mi domandò: «Molto bene: se sei cattolica, dimmi, quali sono i comandamenti di Dio?». 

Sapevo che i comandamenti erano dieci, e basta. Che fare? Mia mamma parlava sempre del primo comandamento, quello dell’amore. Potevo ripetere ciò che lei mi diceva. Pensavo di poter improvvisare e nascondere così la mia ignoranza sugli altri comandamenti. Pensavo di poterne venir fuori come sulla terra dove trovavo sempre una buona scusa, e mi difendevo per nascondere la mia ignoranza. 

Dissi dunque: «Tu amerai il Signore tuo Dio sopra tutte le cose e il tuo prossimo come te stesso». Allora intesi dire: «Molto bene. E tu li hai amati?». Risposi: «Sì, li ho amati; sì, li ho amati; sì li ho amati!». Mi fu risposto: «No. Tu non hai amato il Signore tuo Dio sopra tutte le cose e ancor meno il tuo prossimo come te stessa. Tu ti sei creata un dio a tua immagine e te ne sei servita solo in caso di urgente bisogno. Tu ti sei prostrata davanti a lui quando eri povera, quando la tua famiglia era umile e quando volevi andare all’università. In queste circostanze pregavi sovente e ti mettevi in ginocchio a lungo per supplicare il tuo dio di farti uscire dalla miseria, di darti il diploma che ti avrebbe permesso di diventare qualcuno. Recitavi il rosario quando avevi bisogno di soldi. Ecco com’è stato il tuo rapporto con Dio». 

Sì, devo riconoscere che pregavo per avere dei soldi in cambio: questo era il mio rapporto col Signore. Una volta ottenuto il diploma ed essere diventata qualcuno, non ho avuto il minimo sentimento di amore verso il Signore. Non sono stata riconoscente! Al mattino, quando riaprivo gli occhi, non avevo mai un grazie per il giorno nuovo che il Signore mi dava da vivere. Non lo ringraziavo mai per la salute, per la vita dei miei figli, per la casa che mi aveva dato. Sono stata ingrata. Non avevo compassione per i bisognosi. Inoltre ponevo la mia fiducia negli oroscopi di Mercurio e di Venere, non nel Signore. Ero accecata dall’astrologia che affermava che la nostra vita è diretta dalle stelle. Vagabondavo da una dottrina all’altra del mondo. Credevo alla reincarnazione! Mi sono dimenticata della misericordia… Sono stata messa alla prova con i dieci comandamenti. Mi è stato mostrato che pretendevo di amare Dio, a parole. 

L’esame della mia vita a partire dai dieci comandamenti mi ha mostrato qual era stato il mio comportamento nei riguardi del mio prossimo. Pretendevo di amare Dio mentre avevo l’abitudine di criticare gli altri, di puntare il dito su ognuno. E mi credevo una santa. Ero invidiosa e ingrata. Non ho avuto riconoscenza verso i miei genitori, che mi avevano dato il loro amore e avevano fatto tanti sacrifici per educarmi e mandarmi all’università. Ottenuto il diploma, anch’essi sono diventati inferiori a me. Ho avuto perfino vergogna di mia mamma perché era povera, semplice e umile.

Riguardo al mio comportamento come sposa, mi è stato mostrato che mi lamentavo sempre dal mattino alla sera. Se mio marito diceva «Buongiorno» io replicavo: «Come potrà essere un buon giorno se fuori piove?». Mi lamentavo continuamente anche dei miei figli. Mi è stato mostrato che non avevo mai amato né avuto compassione dei miei fratelli e delle mie sorelle sulla terra. Il Signore mi disse: «Non hai mai avuto considerazione per i malati. Non li hai mai visitati nella loro solitudine. Non hai avuto compassione dei bambini orfani, di tutti questi infelici». 

Avevo un cuore di pietra dentro un guscio di noce. Su questo esame dei dieci comandamenti non avevo una mezza risposta corretta. È stato terribile, devastante. Ero completamente scossa. E mi dicevo: “Almeno non mi si potrà accusare di aver ucciso qualcuno!”. Per esempio: compravo dei viveri per i bisognosi, ma non era per amore ma piuttosto per apparire generosa e per il piacere che provavo nel trattare con chi si trovava nel bisogno. Dicevo loro: «Prendete questi viveri e andate voi alla riunione dei genitori e dei professori perché io non ho tempo». 

Inoltre mi piaceva essere circondata da persone che mi lodavano. Mi ero fatta di me stessa una certa bella immagine. Mi è stato detto: «Il tuo dio era il denaro. Tu sei stata condannata a causa del denaro. È per il denaro che sei caduta nell’abisso e ti sei allontanata dal tuo Signore». Effettivamente siamo stati ricchi ma alla fine siamo diventati insolvibili e indebitati e come risposta gridai: «Che denaro? Sulla terra abbiamo lasciato molti debiti!». Quando si passò al secondo comandamento, vidi con tristezza che nella mia infanzia avevo appreso in fretta che le bugie erano un eccellente mezzo per evitare le severe punizioni della mamma. 

E notate, fratelli e sorelle, che le parole non sono mai vane perché quando mia mamma non mi credeva avevo preso l’abitudine di dire: «Se mento, che il fulmine mi colpisca qui e ora». Se le parole col tempo se ne sono volate via, la realtà è che il fulmine m’ha veramente colpita e carbonizzata, ed è solo grazie alla misericordia di Dio che ora sono qui. Mi è stato mostrato come non rispettassi nessuna delle mie promesse battesimali, benché mi dichiarassi cattolica, e come usassi in modo futile il nome di Dio.

Fui sorpresa nel vedere come tutte le orribili creature che mi circondavano si prostrassero in adorazione davanti al Signore. Ho visto la Vergine Maria ai piedi del Signore che pregava e intercedeva per me. 

Mi dispiacque vedere mio padre piangere tristemente perché, benché fosse stato un buon padre che mi ha insegnato a lavorare duramente e a decidere, aveva dimenticato un dettaglio importante: che avevo un’anima e che col suo cattivo esempio la mia vita aveva cominciato a deragliare. Fumava, beveva, cercava le donne a tal punto che un giorno suggerii a mia mamma di lasciarlo: «Non devi più stare con quell‘uomo! Un po' di dignità! Fagli vedere che vali qualcosa!». Mia mamma rispose: «No, mia cara, soffro ma mi sacrifico perché ho sette figli e perché alla fine della giornata tuo papà si mostra un buon padre; non potrei andarmene e separarvi da vostro padre; di più, se me ne andassi chi pregherebbe per il suo ravvedimento?». 

È stato particolarmente doloroso vedere quanto i peccati di adulterio di mio padre avevano ferito i suoi figli. I miei tre fratelli sono diventati delle copie conformi di loro padre: lussuriosi, ubriaconi, incuranti del male che facevano ai loro figli. Ecco perché mio padre piangeva con così tanta tristezza constatando che il cattivo esempio che aveva dato si era ripercosso sui suoi figli.

Mi fece capire che avevo la mia parte di colpa per la povertà del mio Paese. Mi fece capire anche che, quando criticavo qualcuno, gli rubavo l'onore! Ora, rubare il denaro... lo si può restituire, ma la buona reputazione... Ho rubato anche ai miei figli il bene di avere una mamma tenera e piena d'amore. Abbandonavo i miei figli per andare nel mondo; li lasciavo davanti al televisore e ai giochi elettronici; e poi per soddisfare la mia coscienza compravo loro dei vestiti firmati. Che orrore! Che immensa tristezza!

Guardare il Libro della Vita è come guardare un film. I miei figli dicevano: «Speriamo che la mamma non torni troppo presto, che ci siano delle code nel traffico perché quando è qui è irritante e brontolona». In effetti avevo rubato loro la mamma, avevo rubato loro la pace che ogni mamma deve portare nella sua famiglia. Non avevo insegnato loro l'amore di Dio né l'amore del prossimo. Dunque: se non ho amato i miei fratelli, non ho nulla a che fare col Signore. Se non ho avuto compassione degli altri, non ho nulla a che fare col Signore.

Nel corso di questo esame sui dieci comandamenti mi si fece capire che tutte le mie colpe derivavano dalla cupidigia, che è un cattivo desiderio. Ho sempre pensato che sarei stata felice con molto denaro, e il denaro è diventato la mia ossessione. E veramente triste: i momenti più bui per la mia anima sono stati quelli in cui disponevo di molto denaro. Ho pensato perfino al suicidio. Avevo tanto denaro, ma mi sono ritrovata sola, vuota, amara e frustrata. Questa ossessione per il denaro mi ha allontanata dal Signore e mi ha fatto fuggire dalle sue mani.

Dopo l'esame dei dieci comandamenti mi fu mostrato il Libro della Vita. Non ho le parole giuste per descriverlo. Il mio Libro della Vita è cominciato quando le cellule dei miei genitori si sono unite. Immediatamente ci fu una scintilla, una magnifica esplosione: l‘apparizione della mia anima, creata dalle mani di Dio nostro Padre, Dio buono! È una meraviglia! Veglia su di noi 24 ore su 24. Il suo amore era il mio castigo perché non guardava il mio corpo di carne, ma la mia anima, e vedeva quanto mi stessi allontanando da lui. Nel Libro della Vita tutto appare come è stato: vi si vede perfino lo stato interiore dell'anima. Tutte le mie menzogne erano lì esposte, e ognuno poteva vederle.

Il Libro della Vita è veramente bellissimo. Per esempio: mia mamma aveva l‘abitudine di mettere nella mia cartella delle banane per la mia colazione, del dolcetti e del latte, benché durante la mia infanzia fossimo poveri. Io mangiavo le banane e buttavo per terra la buccia senza preoccuparmi che qualcuno potesse calpestarla, scivolarci sopra e farsi male. Il Signore mi fece vedere che una persona scivolò su una di queste bucce. Avrei potuto farla morire con la mia mancanza di attenzione.

Il Signore mi fece anche questa domanda: «Quali tesori spirituali porti con te?». Gli risposi: «Tesori spirituali? Le mie mani sono vuote!». Ed egli soggiunse: «A cosa ti è servito possedere due appartamenti, delle case e degli uffici, se ora non me ne puoi portare nemmeno un mucchietto di polvere? E tu credevi di aver avuto successo! Che cosa hai fatto dei talenti che ti ho dato? Tu avevi una missione: quella di difendere il Regno dell'Amore, il Regno di Dio». 

Sì, è così. Avevo dimenticato di avere un'anima, come potevo ricordarmi che avevo dei talenti? Tutto il bene che non ho fatto ha ferito il Signore! Il Signore mi ha parlato anche della mancanza di amore e di compassione, e anche della morte spirituale. Sulla terra apparivo viva ma in realtà ero morta. Se voi poteste vedere che cos‘è la morte spirituale! L’anima morta è un’anima astiosa, terribilmente amara e nauseata di tutto, riempita di peccati, e ferisce tutti. Ho visto la mia anima che esteriormente era ben vestita e profumata, ma interiormente era puzzolente e abitava le profondità dell’abisso. Non c'è da meravigliarsi se io ero inacidita e avvilita. 

Il Signore mi disse: «La tua morte spirituale è cominciata quando hai smesso di essere sensibile al tuo prossimo. Io ti avvertivo mostrandoti il loro sconforto. Quando tu vedevi delle sofferenze alla televisione dicevi: "Povera gente! com'è triste!", ma in realtà non sentivi più niente per loro nel tuo cuore. Il peccato ha cambiato il tuo cuore in una pietra».

Non potete immaginare la mia tristezza quando il mio Libro della Vita venne chiuso. Mi dispiaceva per Dio, mio Padre, di essermi comportata così male, perché malgrado tutti i miei peccati e tutte le mie indifferenze e i miei orribili sentimenti, il Signore ha sempre cercato di raggiungermi, fino alla fine. Mi ha anche mandato delle persone che hanno avuto una buona influenza su di me. Mi ha protetto fino alla fine. Dio ci chiede supplichevole di convertirci a lui!

Quando il Libro della Vita si chiuse mi accorsi che stavo scivolando verso un pozzo nel cui fondo c'era una botola. Cominciai a invocare tutti i santi del cielo perché mi salvassero. Non potete avere l'idea di tutti i santi che mi vennero in mente. Chiamai sant'lsidoro... san Francesco d'Assisi... e quando la mia lista si esaurì ci fu silenzio. Provai un gran senso di vuoto e una pena profondissima. Pensai che tutti sulla terra avrebbero creduto che ero morta in odore di santità e che forse qualcuno avrebbe chiesto la mia intercessione! 

E invece, guardate dove stavo precipitando. Alzai gli occhi e incontrai lo sguardo di mia madre. Con un intenso dolore gridai verso di lei: «Mamma, che vergogna provo! Sono stata condannata! Mamma! Là dove sto andando non ti vedrò mai più!». In quel momento le fu accordata una magnifica grazia. Stava in piedi senza muoversi. Alzò le dita verso l‘alto.

In quel momento, due scaglie si staccarono con dolore dai miei occhi: erano la cecità spirituale. Rividi allora in un istante un episodio della mia vita. Uno dei miei pazienti mi disse una volta: «Dottoressa, lei è materialista e un giorno potrebbe avere bisogno di questo: in caso di imminente pericolo si rivolga a Gesù Cristo perché non la abbandonerà». Con una immensa vergogna mi misi a singhiozzare: «Signore Gesù, abbi pietà di me! Perdonami! Dammi un'altra possibilità!». 

Allora ho vissuto il momento più bello della mia vita e non ci sono parole per descriverlo: Gesù è venuto e mi ha tratto fuori dal pozzo. Mi ha sollevato mentre tutte quelle orribili creature rimanevano attaccate al fondo. Quando mi depose, mi disse con tutto il suo amore: «Tornerai sulla terra. Ti do un’altra possibilità». Poi precisò che non era per le preghiere della mia famiglia: «È giusto che essi intercedano per te, ma è per l'intercessione di tutti quelli che non ti sono famigliari e che hanno pianto e pregato con amore per te». 

Vidi tante piccole luci accendersi, come delle piccole fiamme d'amore. Vidi delle persone che pregavano per me. Ma fra tutte c'era una fiamma più grande che dava più luce e più amore. Cercai di distinguere chi fosse. Il Signore mi disse: «Ti ama tanto ma non ti conosce nemmeno». Mi spiegò che quest’uomo aveva letto di me in un pezzetto di giornale del giorno prima. Era un povero contadino che abitava ai piedi della Sierra Nevada di Santa Marta, al nord della Colombia. Era andato in città a comprare dello zucchero di canna. 

Il commerciante glielo aveva avvolto in un pezzo di giornale sul quale c’era la foto di me tutta bruciacchiata. Quando l'uomo mi vide in quello stato, senza nemmeno leggere l'articolo si mise in ginocchio e piangendo supplicò il Signore per me: «Signore Dio, abbi pietà di questa mia sorella. Signore, salvala. Se la salverai ti prometto che andrò in pellegrinaggio al Santuario di Buga (che si trova nella Colombia sud-orientale). Ma ti prego, salvala!».

Immaginate quest'uomo che non si lamentava della sua povertà ma che aveva una grande capacità di amore perché si offriva di attraversare tutta una regione per qualcuno che non conosceva nemmeno! E il Signore mi disse: «Così si ama il prossimo!». E poi aggiunse: «Tornerai sulla terra e darai la tua testimonianza non mille volte ma mille volte mille. E coloro che non cambieranno dopo averti ascoltata saranno giudicati più severamente, come te quando tornerai qui un giorno, e anche i miei preti. Perché non c'è sordo peggiore di colui che non vuole ascoltare».

La mia testimonianza, cari fratelli e care sorelle, non è una minaccia. Il Signore non ha bisogno di minacciare nessuno. La mia testimonianza è un’occasione che vi si presenta, e io, grazie a Dio, ho vissuto quel che dovevo vivere. Quando ognuno di voi morirà e si troverà davanti al suo Libro della Vita, anch'egli vedrà tutto come ho visto io, e si vedrà così com'è. La differenza rispetto alla vita sarà che tutti i nostri pensieri saranno alla presenza di Dio. Il Signore è davanti a noi come un mendicante che chiede la nostra conversione affinché diveniamo una nuova creatura con lui. Senza Gesù non possiamo fare nulla. Che il Signore vi benedica tutti con abbondanza. Gloria a Dio! Gloria al nostro Signore Gesù Cristo! Gloria Polo"