In Cielo e Ritorno

NDE:Esperienze di morte e ritorno in vita

I N D I C E

1943 George Ritchie


George muore di polmonite il 20 Dicembre 43 all'Ospedale Militare di Richmond. Egli si aggira per l'Ospedale e vede il suo corpo trasportato nella Morgue. Resosi conto di essere morto, si ritrova a girare per una città sconosciuta; cerca di contattare la gente ma capisce di essere invisibile. Il Dr. George Ritchie é un conosciuto Psichiatra Americano. Amico di Moody, gli raccontò la sua esperienza e fu talmente convincente da indurre il ben più noto collega ad intraprendere i suoi famosissimi studi sulle NDE.

"Ad un tratto mi resi conto che c'era più luce di quanto non ce ne fosse prima. Restai attonito man mano che il chiarore aumentava, arrivava dal nulla e pareva brillare dappertutto all'istante. Tutte le lampadine del mondo non erano paragonabili ad esso, non potrebbero dare tanta luce! Era come se milioni di fotoelettriche si fossero accese all'unisono. 

Fui felice di non avere più un paio di occhi umani in quel momento e poi pensai: "Questa luce potrebbe distruggere la retina in una frazione di secondo". Poi mi corressi:"No, non la Luce, ma LUI...lui sarebbe troppo luminoso per essere guardato." Mi resi conto che non era Luce, ma un Uomo che era entrato nella stanza, un Uomo fatto di Luce, anche se ciò mi sembrava impossibile, almeno quanto la estrema intensità della luminosità che produceva la Sua figura. 

Nello stesso istante in cui Lo percepii, un ordine imperioso affiorò nella mia mente:"Alzati!" La parola veniva dal mio io, ma aveva un'autorevolezza che i miei normali pensieri non avevano mai avuto. Mi misi in piedi e come lo feci arrivò una stupenda certezza: "Sei al cospetto del Figlio di Dio." Se questo era il Figlio di Dio, allora si trattava di Gesù. 

Quest'uomo era la forza in sè stessa, più vecchio del tempo ma comunque più moderno di chiunque altri avessi mai conosciuto, ma soprattutto, attraverso quella stessa misteriosa certezza interiore, sapevo che quest'Uomo mi amava. Ben aldilà della forza, ciò che emanava la sua presenza era Amore Incondizionato. Un amore sorprendente, un amore aldilà di ogni mia più selvaggia immaginazione. Questo Amore conosceva di me ogni cosa più meschina le liti con la mia matrigna, il mio carattere intemperante, i pensieri sessuali che non avevo mai potuto controllare, qualsiasi pensiero o atto egoistico, a partire dal giorno che sono nato; e mi accettava ugualmente.

Se dico che conosceva tutto di me, ciò potrebbe sembrare semplicistico dato che, da quando fui alla Sua presenza in quella stanza, io ebbi da rivedere ogni singolo momento della mia vita, tutto ciò che mi era accaduto era lì, in piena vista e tutto sembrava prender posto allo stesso istante. Ogni dettaglio di venti anni di esistenza era mostrato là. Il buono, il brutto, le mete raggiunte, le cose ordinarie di tutti i giorni. E con questa visione totale, giunse una domanda, implicita in ogni scena, man mano che le scene sembravano procedere da quell'Essere di Luce verso me: "COSA NE HAI FATTO DELLA TUA VITA?"-

Disperatamente cercavo di trovare qualcosa che avesse valore, nella luce di quella bruciante realtà, ma vedevo solo un clamoroso, miope ed infinito interesse per me stesso. Possibile che non fossi mai andato aldilà dei miei puri immediati bisogni, che non avessi mai fatto niente di utile per gli altri? E tutt'a un tratto la domanda sorse spontanea dentro di me:"Non era giusto! Per forza che non ne avevo fatto niente della mia vita, non avevo avuto tempo! Come si può giudicare una persona che non ha nemmeno incominciato?" 

La risposta, tuttavia, non conteneva nessun cenno di giudizio: "La Morte, e la parola venne pronunciata in un modo molto affettuoso, può giungere a qualsiasi età". "Cosa diresti dei soldi dell'assicurazione che prenderò a 70 anni?" Le parole uscirono prima che potessi trattenerle, in questo strano mondo dove la comunicazione si effettua con i pensieri e non col linguaggio. 

Se in precedenza sospettavo solamente che la Presenza che era di fronte a me emanasse allegria, ora ne ero più che certo: la Luminosità sembrò vibrare e luccicare in una specie di sacra risata; ma non nei confronti miei e delle mie stupidaggini, non era una risata beffarda, quanto piuttosto una gioia che sembrava dire che, nonostante tutti gli errori e le tragedie, la gioia durava ancora. 

Nell'estasi di quella risata, capii che ero io a giudicare gli eventi in modo così severo; ero io a vederli così insignificanti, egoistici, triviali. Nessuna condanna giungeva dalla Gloria scintillante che avevo di fronte, Egli non mi stava rimproverando o biasimando....stava semplicemente amandomi, riempendo il mondo di Sé ed anche prendendosi cura di me, aspettando la mia risposta alla domanda che ancora era sospesa nell'aria scintillante. 

"Cosa hai fatto della tua vita che mi vuoi mostrare?" La domanda, al pari di ogni altra cosa che proveniva da Lui, aveva a che fare con l'amore. Quanto hai amato nella tua vita? Hai amato gli altri come io amo te? Totalmente? Senza condizioni? Ascoltando la domanda posta in questi termini, mi resi conto di come fosse pazzesco persino tentare di trovare una risposta fra le scene che erano intorno a noi. Perché....non avevo mai saputo che un simile amore fosse possibile.

Qualcuno avrebbe dovuto dirmelo, pensai in maniera indignata! "Io te l'ho detto." Ma come?" Volendo ancora giustificare me stesso, come sarebbe che me l'ha detto ed io non ho sentito? "Te l'ho detto per mezzo della vita che ho vissuto, te l'ho detto con la morte di cui son morto e se mi guarderai negli occhi, vedrai di più...."

Un sussulto e mi accorsi che ci stavamo spostando. Non mi ero reso conto di aver lasciato l'ospedale, ma ora non vedevo niente. Gli eventi della mia vita che si erano affollati intorno a noi erano svaniti, sembrava invece che fossimo in alto al disopra della terra, accelerando a gran velocità verso un distante puntino di luce. Il distante puntino luminoso si trasformò in una grande città, verso la quale sembrava stessimo scendendo.

Era ancora notte, ma fuoriusciva  fumo dalle ciminiere delle fabbriche e molti palazzi avevano le luci accese ad ogni piano. C'era un oceano o un grande lago aldilà delle luci, avrebbe potuto essere Boston o Detroit o Toronto, di certo un posto dove non ero mai stato, ma certamente mi resi conto, man mano che ci avvicinavamo abbastanza da vedere le strade affollate, che si trattava di un posto dove industrie belliche lavoravano a ciclo continuo. 

Mi accorsi ripetutamente di un fenomeno, gente che non si rendeva conto di altri che stavano al loro fianco. Vidi un gruppo di operai addetti alle catene di montaggio, riuniti in un bar. Una delle donne chiese una sigaretta ad un'altra, o semmai la scongiurava, dato che sembrava che la desiderasse più d'ogni altra cosa al mondo. Ma l'altra, continuando a parlare con i suoi amici, la ignorò completamente. Prese un pacchetto di sigarette dalla sua tuta e, senza nemmeno offrirle a quella donna che le desiderava tanto, ne prese una e l'accese. 

Rapida come un serpente nell'atto di mordere, la donna alla quale era stata rifiutata, si buttò sulla sigaretta accesa sulla bocca dell'altra. Di nuovo l'afferrò...e ancora.... Con un brivido mi resi conto che non ne era capace. Infatti, come me, era morta!

In una casa un uomo giovane seguiva uno più vecchio, di stanza in stanza. "Mi spiace, papà!" continuava a dire, "non sapevo cosa avrebbe significato per mamma! Io non lo capivo!" Sebbene io lo potessi ascoltare perfettamente, era chiaro che l'uomo con cui parlava non era in grado di sentirlo. L'uomo più anziano stava trasportando un secchio in una stanza dove una anziana donna sedeva nel letto. "Mi spiace,papà" il giovane ripeteva, "Mi spiace, mamma". Senza fine, continuamente, ad orecchie che non potevano ascoltarlo.

Ci fermammo diverse volte davanti a scene simili. Un ragazzo che seguiva una ragazzina lungo i corridoi di una scuola. "Mi spiace, Nancy!" Una donna di mezz'età che scongiurava un uomo dai capelli grigi di perdonarla.

"Gesù, perché sono così tristi? - implorai - "Perché cercano di parlare a gente che non può sentirli?" Quindi dalla Luce accanto a me venne il pensiero: "Essi sono suicidi, legati ad ogni conseguenza del loro atto."

Pian piano cominciai ad accorgermi di qualcosa. Tutte le persone viventi che stavo osservano erano circondate da un tenue e luminoso luccichio, quasi come un campo elettrico al di sopra della superficie dei loro corpi. Questa luminosità si muoveva con loro, come una seconda pelle fatta di luce pallida, tenue, ma visibile.

Dapprima pensai che fosse un riflesso della luminosità della Persona che era al mio fianco, ma i palazzi in cui entravamo non avevano nessun riflesso, nè la possedevano gli oggetti inanimati. Quindi mi accorsi come nemmeno gli esseri non fisici l'avessero. Anche il mio corpo non-solido non possedeva questa guaina raggiante.

A questo punto la Luce mi attirò verso un lurido bar-rosticceria, vicino a quella che sembrava una grossa base navale. Una folla di gente, perlopiù marinai, erano allineati al bancone del bar, mentre altri si accalcavano nei separè di legno disposti lungo il muro. Sebbene alcuni di essi stessero sorseggiando birra, molti di loro sembravano ingollare wisky tanto velocemente quanto i due sudati baristi gliene potessero mescere.

Poi notai una cosa sorprendente: un certo numero degli uomini che stavano al bancone, sembravano incapaci di alzare le loro bevande alle labbra. Diverse volte li vidi mentre tentavano di afferrare gli altrui bicchieri, le loro mani passare attraverso di essi ed attraverso il solido bancone di legno, o attraverso i corpi e le membra dei veri bevitori che stavano intorno a loro. Anche questi uomini non possedevano quell'aureola di luce che circondava gli altri. Da ciò ne consegue che il "bozzolo" di luce debba essere una proprietà del solo corpo fisico.

I morti, noi che avevamo perso la nostra materialità, avevano perso questa "seconda pelle" ed era ovvio che codesti esseri viventi, quelli cioé circondati dalla luce, gli unici che stavano effettivamente bevendo, parlando, accalcandosi l'uno sull'altro, non erano in grado non solo di vedere gli assetati esseri disincarnati in mezzo a loro, ma nemmeno di percepire il loro frenetico desiderio che li spingeva verso quei bicchieri. (Comunque, osservandoli, ero sicuro che quegli esseri "non-solidi" potessero vedersi e sentirsi fra di loro. Liti furiose scoppiavano fra di loro per quei bicchieri che nessuno poteva portare alle proprie labbra.) 

Credevo di aver assistito a grosse bevute alle feste studentesche a Richmond, ma il modo in cui civili e militari si stavano ubriacando in quel bar le batteva tutte! Vidi un giovane marinaio alzarsi da uno sgabello, fare due o tre passi e piombare pesantemente al suolo. Due suoi compagni lo tirarono su e lo lo portarono fuori dalla calca.

Ma non era questo che guardavo, io restai esterrefatto quando il guscio luminoso che era tutt'intorno al marinaio svenuto si aprì semplicemente in due! Esso si spaccò al centro della sua testa e
cominciò a scivola via da essa, dalle sue spalle... Istantaneamente, molto più in fretta di quanto avessi mai visto qualcuno muoversi,uno degli esseri immateriali che erano stati vicini a lui al bancone del bar gli era addosso. Essa aveva fluttuato come un'ombra assetata al fianco del marinaio, seguendo avidamente ogni sorso che il giovane aveva buttato giù ed ora sembrava saltargli addosso come una bestia da preda. Un attimo e l'immagine di essa che saltava era svanita! Tutto accadde ancor prima che i due uomini buttassero fuori dai piedi dei clienti del bar il loro inconscio carico, un attimo prima distinguevo bene due individui, poi appena il marinaio fu appoggiato contro il muro, ce n'era uno solo!

Ancora una volta, mentre io restavo lì ancora stupefatto, la stessa scena si ripeteva. Un altro uomo sviene, una crepa si apre nella sua aura, uno degli esseri immateriali svanisce non appena si proietta in quella apertura, come se fosse risucchiato all'interno di quell'altro uomo. Era forse quel rivestimento luminosa una specie di scudo?

Era una protezione contro...... contro gli esseri disincarnati come me? Probabilmente queste creature poco solide avevano un giorno avuto un corpo, così come lo avevo avuto io. Supponiamo che, mentre erano in questo corpo avessero sviluppato una dipendenza per l'alcool che andava al di là del piano fisico, che fosse divenuta mentale, addirittura spirituale. Una volta perso quel corpo, tranne che nei rari momenti in cui potevano per breve tempo impossessarsi di un altro, loro sarebbero sempre stati separati, per l'eternità, da quella cosa che non potevano più smettere di desiderare ardentemente.

Una simile eternità - ed il pensiero mi provocò un brivido- sarebbe certamente una forma d' Inferno! Avevo sempre pensato all'Inferno, lo avevo immaginato come un luogo pieno di fiamme, da qualche parte, sottoterra, dove uomini malvagi come Hitler bruciavano in eterno. Ma, che dire se un livello di codesto Inferno esistesse proprio qui, sulla superficie terrestre, non visibile ed insospettato dalla gente che occupa lo stesso spazio?

Oppure se l'Inferno volesse dire restare sulla terra senza mai essere capaci di prendere contatto con essa....? Pensai a quella donna che voleva la sigaretta. Desiderare ardentemente, bruciare di un così grande desiderio quando sei totalmente impotente a realizzarlo, questo sarebbe stato davvero l'Inferno! Anche io ero morto, avevo perso il mio corpo fisico. Ora facevo parte di un regno che non avrebbe più interagito con me in nessun modo.

Vi erano altre due cose chiaramente uniche in questi esseri di quella dimensione. Dato che l'ipocrisia é impossibile poiché gli altri conoscono i tuoi pensieri nello stesso istante in cui si formano, essi tendono a raggrupparsi con coloro che la pensano allo stesso modo. Sulla terra diciamo che "Gli uccelli dalle stesse piume si riuniscono in stormo". Il motivo per cui essi stanno insieme é perché é troppo pericoloso stare con esseri coi quali non vai d'accordo, dato che sanno tutto di te.

Uno dei posti che osservammo sembrava una specie di centro di accoglienza. Esseri arrivavano di tanto in tanto in un profondo sonno ipnotico. Lo chiamo ipnotico perché mi resi conto che si erano posti da soli in questo stato a causa delle loro credenze. Qui vi erano quelli che chiamerei Angeli a lavorare con loro, cercando di svegliarli ed aiutarli a capire che Dio é veramente il Dio dei viventi e che non era necessario giacere addormentati fin quando Gabriele o qualcun'altro arrivasse suonando il corno.

Ci stavamo di nuovo muovendo. Avevamo lasciato la base navale con le sue strade strette ed i suoi bar ed ora eravamo in piedi, in questa dimensione dove viaggiare sembrava non necessitare del tempo, sul bordo di un pianoro totalmente privo di rilievi. Precedentemente, durante il nostro vagabondare, avevamo visitato posti dove i morti ed i viventi esistevano fianco a fianco, posti dove esseri disincarnati, totalmente insospettati dai viventi, fluttuavano al di sopra degli oggetti materiali e della gente su cui i loro desideri si focalizzavano.

Ora, sebbene fossimo ancora apparentemente da qualche parte della superficie terrestre, non potevo vedere nessun uomo o donna vivente. Il pianoro era affollato, addirittura zeppo, di spettrali orde di esseri disincarnati, da nessuna parte si vedeva un essere solido, circondato dalla luce. Tutte queste migliaia di persone non erano molto più solide di quanto non lo fossi io. E lì c'erano i più frustrati, i più adirati, i più miserabili esseri su cui avessi mai posato gli occhi.

"Signore Gesù! - esclamai- "dove mai siamo capitati?" In un primo istante pensai che stessimo osservando un gigantesco campo di battaglia: dovunque vi erano spiriti avvinghiati in combattimenti mortali, dimenandosi, prendendosi a pugni, cavandosi gli occhi l'un l'altro. Quando detti uno sguardo più ravvicinato, vidi che non vi erano armi di nessun tipo, solo nude braccia, piedi e denti. Allora mi resi conto che nessuno sembrava essere ferito. Non c'era sangue, nessun corpo giaceva a terra. Un pugno che avrebbe dovuto far fuori l'avversario, lo lasciava esattamente nelle stesse condizioni precedenti. Se avevo sospettato di visitare l'Inferno, ora ne ero più che sicuro. 

Queste creature parevano essere bloccati da idee preconcette ed emozioni, nell'odio, nella lussuria, in percorsi mentali auto/distruttivi. Ancora più abominevoli dei morsi e dei calci che si scambiavano, erano gli abusi sessuali che molti di loro effettuavano in febbrili pantomime. Perversioni che non mi ero mai sognato esistessero, venivano inutilmente eseguite intorno a noi.

Era impossibile stabilire se le urla di frustrazione che ci raggiungevano erano i suoni reali o solo la trasmissione di pensieri disperati. Invero ciò non era molto importante in questo mondo disincarnato. Tutto quello che ognuno di loro pensasse, sia pur fugacemente o senza volerlo, era immediatamente chiaro a coloro che gli stavano vicino, molto più esaurientemente di quanto le parole potessero esprimere, molto più velocemente di quanto le onde sonore avrebbero potuto trasportare.

I pensieri più frequentemente inviati avevano a che fare con una conoscenza o capacità superiori o con la cultura. Cose come: "Io l'avevo già detto!" "Io l'avevo sempre saputo! Non t'avevo avvisato già?" ...venivano strillate echeggiando continuamente nell'aria. Con una nauseante familiare sensazione, riconobbi i miei stessi pensieri. In quelle urla di invidia e di lesa maestà, risentii me stesso, totalmente.

Ancora una volta, comunque, nessuna condanna giunse dalla Presenza che stava al mio fianco, solo compassione per queste infelici creature che gli spezzava il cuore. Cosa li tratteneva lì? Perché ciascuno di loro non si alzava e se ne andava? Non vedevo alcun motivo per cui quella persona contro cui inveiva quell'uomo dalla faccia contorta, semplicemente non se ne andava via. Oppure, perché quella giovane donna non frapponeva un migliaio di chilometri fra se stessa e quell'altra che la stava furiosamente picchiando con pugni inesistenti? 

Essi non potevano trattenere le loro vittime, nessuno di questi pazzi furiosi lo poteva. Non esistevano recinti, niente che apparentemente potesse vietar loro dall'andarsene via da soli. Del resto non esisteva il concetto di
"esser solo" in questo regno di spiriti disincarnati. Nessun angolino privato in un universo dove non vi erano muri, nessun posto che non fosse abitato da altri esseri dei quali si era totalmente in balìa, continuamente. 

Cosa significava - pensai afferrato dal panico- vivere in un posto dove i miei pensieri privati non lo sarebbero stati affatto? Nessun cammuffamento, nessuna contraffazione, nessuna possibilità di far finta di essere quel che non sono. Che cosa intollerabile. A meno che tutti quelli che avessi intorno non facessero lo stesso tipo di pensieri, come se ci fosse una specie di consolazione nel trovare gli altri altrettanto ripugnanti quanto se stessi, anche se tutto quel che avremmo potuto fare sarebbe stato scagliare, l'un contro l'altro, ognuno il proprio veleno.

Questa era forse la giustificazione per questo orribile livello di vita. Forse, nel corso di eoni o di secondi, ogni creatura aveva cercato la compagnia degli altri altrettanto superbi e pieni d'odio come se stessa, finché avevano formato tutt'insieme questo sodalizio di dannati.

Credo che non fosse stato Gesù ad abbandonarli, quanto loro stessi che erano fuggiti dalla Luce che si mostrava al di sopra della loro oscurità. C'erano esseri che disputavano su alcune visioni politiche o religiose, cercando di uccidere coloro che non erano d'accordo. Quando vidi ciò, pensai: "Nessuna meraviglia se il nostro mondo é una baraonda ed abbiamo avute tante tragiche guerre di religione. Nessuna meraviglia se tutto ciò stava spezzando il cuore di Gesù, il solo che sia venuto ad insegnarci la pace e l'amore."

Ancora una volta ci stavamo spostando. Egli mi aveva mostrato per primo un regno infernale, pieno di esseri intrappolati in una sorta di attenzione verso se stessi. Ora, dopo, aldilà di tutto ciò, cominciai a percepire un regno totalmente nuovo! Enormi palazzi si ergevano in un meraviglioso parco soleggiato, l'aria era così calma che ero meravigliato dal vedere gente camminare sui marciapiedi. Non saprei dire se fossero uomini o donne, vecchi o giovani dato che tutti erano coperti dalla testa ai piedi in vaporosi e larghi mantelli col cappuccio che mi fecero pensare vagamente a dei monaci. 

Ma l'atmosfera di quel posto era ben lontana da quella di un monastero. Era piuttosto un gigantesco centro-studi, pervaso d'eccitazione per una grande scoperta. Tutti coloro che incontravamo nelle vaste sale o per le
scale circolari sembravano immersi in una frenetica attività; fra di loro non venivano scambiate molte parole. Eppure non percepii mancanza di cortesia in questi esseri, piuttosto un riserbo causato dalla concentrazione totale. Qualsiasi cosa questa gente fosse, essi apparivano completamente altruisti, assorbiti da qualche grande progetto che andava aldilà di se stessi. 

Attraverso le porte aperte detti un'occhiata ad enormi stanze, piene zeppe di complesse apparecchiature. In diverse di esse, figure incappucciate erano chine su intricati progetti e diagrammi o sedevano ai controlli di complesse "consol" piene di luci lampeggianti. In qualche modo percepii che si stava svolgendo un qualche immenso esperimento, o forse dozzine e dozzine di sperimentazioni.

Ancora.... Nonostante la Sua ovvia soddisfazione nel guardare gli esseri che avevamo intorno a noi, io capii che nemmeno questo era l'ultimo posto che mi voleva mostrare, che Egli aveva cose più grandi da farmi vedere. E così Lo seguii in altri palazzi di questo dominio del pensiero; entrammo in uno studio dove veniva composta ed eseguita musica di una complessità che non riuscivo a capire. Vi erano ritmi intricati, toni di una scala a me sconosciuta. Pensai:" OK, Bach era solo l'inizio!"

Poi camminammo in una libreria che misurava quanto l'intera Università di Richmond, osservai stanze piene dal pavimento al soffitto di documenti di papiro, argilla, cuoio, metallo e carta. "Qui - pensai- sono riuniti i libri più importanti dell'Universo." Immediatamente seppi che non era possibile. Come potrebbero dei libri essere scritti da qualche parte lontana dalla Terra! 

Ma il pensiero insisteva, sebbene la mia mente lo rigettasse. "I lavori-chiave dell'Universo" la frase divenne ricorrente mentre gironzolavamo per le stanze coperte da una cupola, affollate di silenziosi alunni. Poi, tutt'a un tratto, sulla porta di una delle stanze più piccole, quasi uno sgabuzzino:"Qui c'é il pensiero principale di questa terra". "E' questo il Paradiso,Signore Gesù?" dissi timidamente. La calma, la luminosità, erano certamente cose degne di esso! Così pure la mancanza di egoismo. "Quando questa gente era sulla terra - aggiunsi- sono cresciuti superando i desideri personali?" "Essi sono cresciuti e continuano a crescere"- rispose. La risposta brillò come un raggio di sole in quell'atmosfera assorta e focosa, ma se la crescita può continuare, allora questo non era tutto!"

George si rese conto che anche a questi esseri però mancava qualcosa: attraverso lo studio cercavano di capire Dio e la sua Creazione, non rendendosi conto che Gesù era lì, pronto ad amare ed essere amato. In ogni modo, questo reame non era "negativo" perché ci permette di continuare a seguire la strada della conoscenza, senza accettarla per fede: Gesù anche in questo caso, non giudicava nessuno. Per questo George sente anche lui di non essere più in grado di giudicare le diverse religioni, dato che ognuno può scegliere quella che ritiene a lui più adatta per conoscere Dio.

Gesù aggiunse: "Hai ragione, se ami t'innalzi ed io trascinerò tutti gli uomini a me. Se conosci il Padre, conosci me, se conosci Me conoscerai il Padre e capirai che l'Amore abbraccia tutti gli uomini, senza riguardo alla razza, al loro credo ed al colore della pelle."

Sempre con Gesù accanto, George si sposta di nuovo a velocità incredibile, verso una città luminosissima dove, gli abitanti, a differenza degli altri finora incontrati, corsero a salutare lui e Gesù. Questi esseri erano totalmente traboccanti di amore e gioia nel vederLo. Questo, era proprio il Paradiso!

All'improvviso Egli aprì una sorta di corridoio attraverso il tempo e fece vedere a George una Terra in cui i disastri naturali aumentavano in modo spaventoso: terremoti, uragani, inondazioni,eruzioni vulcaniche, guerre.... Poi il corridoio si chiuse e se ne aprì un altro, dove invece si vedeva un pianeta che cresceva in pace. Uomo e Natura insieme per capire cosa sia l'Amore.

"E' l'uomo che deve decidere il suo futuro, Io sono venuto su questo pianeta per mostrarvi attraverso l'esempio della mia vita, come si deve amare. Senza NOSTRO PADRE, nè voi né io possiamo fare nulla. Ti ho mostrato tutto questo. Hai 45 anni." Poi gli disse di tornare indietro e ripetè: "Hai 45 anni"

George non capì in quel momento cosa significasse. George si ritrovò nel suo letto d'Ospedale con uno strano sogno da ricordare, ma un anno dopo, riconobbe la città che aveva visitato quella notte, prima che Gesù venisse al suo fianco, seppe persino indicarne le strade ed un bar agli amici che erano con lui e che, ovviamente, lo presero per pazzo.....