In Cielo e Ritorno

NDE:Esperienze di morte e ritorno in vita

I N D I C E

1944 Gustav Jung


Nel 1944 lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung, persona molto attenta ai fenomeni interiori e spirituali, visse un'esperienza che descrisse poi nel capitolo “Visioni" del suo libro autobiografico Ricordi, sogni, riflessioni raccolti ed editi dalla sua collaboratrice Aniela Jaffé. Eccola con le sue parole: 

"Al principio del 1944 mi fratturai una gamba e a questa disavventura seguì un infarto miocardico. In stato di incoscienza ebbi deliri e visioni che dovettero cominciare quando ero in pericolo di vita e mi curavano con ossigeno e iniezioni di canfora.

Mi pareva di essere sospeso nello spazio, sotto di me, lontano, vedevo il globo terrestre avvolto in una splendida luce azzurrina e distinguevo i continenti e l'azzurro scuro del mare. Proprio ai miei piedi c'era Ceylon e dinanzi a me, a distanza, l'India. La mia visuale comprendeva tutta la terra; la sua forma sferica era chiaramente visibile e i suoi contorni splendevano di un bagliore argenteo, in quella meravigliosa luce azzurra.

In molti punti il globo sembrava colorato o macchiato di verde scuro, come argento ossidato. Sulla sinistra, in fondo, c'era una vasta distesa, il deserto giallo rossastro dell'Arabia come se l'argento della terra in quel punto avesse preso una sfumatura di oro massiccio. Poi seguiva il Mar Rosso e lontano, come a sinistra in alto su una carta, potevo scorgere anche un lembo del Mediterraneo. 

Tutto il resto appariva indistinto. Vedevo anche i nevai dell'Himalaya coperti di neve, ma a quella distanza c'era nebbia e nuvole. Non guardai per nulla verso destra. Sapevo di essere sul punto di lasciare la terra. Più tardi mi informai dell'altezza a cui si dovrebbe stare nella spazio per avere una vista cosi ampia: circa 1500 chilometri! La vista della terra a tale altezza è la cosa più meravigliosa che avessi mai visto.... 

.. Quando mi avvicinai ai gradini del tempio che portavano all'entrata accadde una cosa strana: ebbi la sensazione che tutto il passato mi fosse all'improvviso tolto violentemente. Tutto ciò che mi proponeva, o che avevo desiderato o pensato, tutta la fantasmagoria dell'esistenza terrena, svanì, o mi fu sottratta: un processo estremamente doloroso. Nondimeno qualcosa rimase: era come se adesso avessi con me tutto ciò che avevo vissuto e fatto, tutto ciò che mi era accaduto intorno. Potrei dire: era tutto con me e io ero tutto ciò. 

Consistevo di tutte queste cose, per così dire: consistevo della mia storia personale e avvertivo con sicurezza: “Questo è ciò che sono. Sono questo fascio di cose che sono state e che si sono compiute ". Questa esperienza mi dava una sensazione di estrema miseria e al tempo stesso di grande appagamento. Non vi era più nulla che volessi o desiderassi. Esistevo, per cosi dire, oggettivamente: ero ciò che ero stato e che avevo vissuto... 

A questo punto il processo però si blocca perché avviene qualcosa che fa capire che bisogna tomare indietro: mentre mi avvicinavo al tempio avevo la certezza di essere sul punto di entrare in una stanza illuminata e di incontrarvi tutte quelle persone alle quali in realtà appartengo. Là finalmente avrei capito, anche questo era certezza, da quale nesso storico dipendessero il mio io e la mia vita e avrei conosciuto ciò che era stato prima di me, il perché della mia venuta al mondo e verso cosa dovesse continuare a fluire la mia vita... 

Mentre così meditavo, accadde qualcosa che richiamò la mia attenzione. Dal basso, dalla direzione dell'Europa, fluiva verso l'alto un'immagine: era il mio medico... Quando questa immagine mi fu dinanzi, ebbe luogo tra noi un muto scambio di pensieri. Il mio medico era stato delegato dalla terra a consegnarmi un messaggio, a dirmi che c'era una protesta contro la mia decisione di andarmene. Non avevo il diritto di lasciare la terra, dovevo ritornare. Non appena ebbi sentito queste parole, la visione finì... 

...Sebbene in seguito io abbia ritrovato la mia fede in questo mondo, pure da allora in poi non mi sono mai liberato completamente dall'impressione che questa vita sia solo un frammento dell'esistenza, che si svolge in un universo tridimensionale, disposto a tale scopo... 

...Posso descrivere la mia esperienza solo come la beatitudine di una condizione non temporale nella quale presente, passato e futuro siano una cosa sola. E' come se la realtà terrena sia come una sorta di prigione, fatta per scopi ignoti, come se ci sia un potere ipnotico che costringe a credere che essa sia la realtà.

Bisogna però dare un sì all'esistenza, un sì incondizionato a ciò che essa è, senza pretese soggettive. L'accettazione delle condizioni dell'esistenza così come la vedo e la intendo. L'accettazione della mia esistenza, proprio come essa è... Nel bene e nel male, quindi, nella gioia e nel dolore, e si tratta di un insegnamento profondo".