In Cielo e Ritorno

NDE:Esperienze di morte e ritorno in vita

I N D I C E

Il Tunnel scuro

Forse l’1-2% delle persone con una NDE si trova in uno spaventoso spazio scuro, incapace di fuggire. Con orrore, a volte si trovano attirate ancora più profondamente nell’oscurità. L’NDE ha termine in quest’atmosfera paurosa, da cui le persone rientrano nel corpo; l’esperienza è priva di emozioni positive e in seguito lascia profondi sensi di colpa. 

Infatti, una tale NDE terrificante produce in genere un trauma emozionale che dura a lungo. Non sorprende che sia anche conosciuta come una “esperienza infernale”. Il numero esatto delle persone che sperimentano una tale NDE è ignoto perché spesso i pazienti non ne parlano per senso di colpa o per vergogna. Pure, se le persone potessero accettare e far sì che questa esperienza negativa abbia un senso, potrebbero anche loro, alla fine, mostrare cambiamenti positivi. Non sono necessariamente persone cattive; una possibile spiegazione è che ciascuno abbia dei tratti del carattere negativi e che durante una NDE spaventosa uno o più di questi aspetti negativi vengano ingigantiti perché possano essere analizzati in seguito. Un tale tratto negativo del carattere non identifica una persona, anche se questa consapevolezza non rende certo l’esperienza meno spiacevole.

«Improvvisamente mi fermai in questo tunnel scuro e cominciai a cadere a una velocità enorme, sempre più veloce, sempre più veloce. Come se fossi letteralmente scaraventato verso il basso, a testa in giù, dentro questo buco nero. Il buio era impenetrabile, non potevo vedere niente. E stavo precipitando. Iniziai a udire urla, grida, risa agghiaccianti, terribili, da gelare il cuore, e il puzzo più disgustoso che si possa immaginare, poi il nero divenne fuoco… E lì c’erano tutti i tipi di immagini spaventose e di creature terrificanti, una peggio dell’altra, che mi ghermivano… Implorai la misericordia di Dio… E improvvisamente fui svegliato dalla voce della dottoressa dell’emergenza che mi aveva rianimato…». 

Il prossimo è il racconto di una visita all’inferno durante l’intensa NDE di George Ritchie, che fu sul punto di morire quando aveva vent’anni ed era uno studente di medicina. Il racconto mostra una somiglianza notevole con la descrizione dell’Inferno della Divina Commedia di Dante. 

«Ci muovevamo di nuovo. Avevamo lasciato la base della Marina con il suo perimetro di strade e di sbarramenti, e adesso stavamo in questa dimensione dove il viaggio sembrava non essere scandito dal tempo, sull’orlo di un pianura ampia e piatta… non vedevo nessun uomo e nessuna donna. La pianura era affollata, addirittura stipata di orde di esseri disincarnati… tutte queste migliaia di persone apparentemente non erano più consistenti di me. Ed erano gli esseri più frustrati, più arrabbiati e assolutamente infelici su cui si fossero mai posati i miei occhi. 

Gridai: “Signore Gesù! Dove siamo?”… Dovunque le persone erano impegnate in una battaglia all’ultimo sangue, contorcendosi, facendo a pugni, dilaniandosi… Anche se sembravano essere letteralmente una sull’altro, era come se ognuna stesse prendendo a pugni l’aria; alla fine compresi che naturalmente, essendo incorporee, non potevano realmente toccarsi l’un l’altra… Se all’inizio avevo sospettato di essere all’inferno, ora ne ero certo. Fino a quel momento l’infelicità che avevo osservato consisteva nell’essere incatenati a un mondo fisico cui non appartenevamo più. Ma ora vedevo che c’erano altri tipi di catene… Queste creature sembravano essere incatenate ad abitudini mentali e a emozioni, quali l’odio, la lussuria, a modelli di pensiero distruttivi. Ancora più spaventosi dei morsi e dei pugni che si scambiavano, erano le violenze sessuali che simulavano in una pantomima frenetica…

Tutto quello che ognuno pensava, per quanto fugacemente o involontariamente, appariva all’istante attorno a lui, più compiutamente di quanto le parole avrebbero potuto esprimere… E i pensieri che più frequentemente comunicavano avevano a che fare con la conoscenza superiore, o con le abilità, o con l’ambiente del pensatore… Come sarebbe stato, pensai colto da un terrore improvviso, vivere per sempre in un luogo dove i miei pensieri più privati, non fossero stati più per niente privati? 

Non poterli più mascherare, non poterli più coprire, nessun modo per poter fingere di essere qualcosa di diverso da ciò che si è davvero. Insopportabile… Forse nel corso di eoni o di secondi, ogni creatura qui aveva cercato la compagnia di altri colmi come lui di orgoglio e di odio, fino a che insieme non avevano formato questa società di dannati… Non lo sapevo. Tutto quello che vedevo chiaramente era che nessuno di questi esseri bellicosi era stato abbandonato sulla pianura. Venivano accuditi, sorvegliati, gestiti. E il fatto ugualmente osservabile, era che nessuno di loro lo sapeva».